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Scorta di marijuana non è reato (Cass. 37062/23)

11 settembre 2023, Cassazione penale

Il mero dato ponderale della sostanza stupefacente rinvenuta, in assenza di altri elementi indicativi di un'attività di spaccio, non è sufficiente a provare che detta sostanza fosse destinata alla cessione a terzi: lecita la detenzione di 45g + 2 g di marijuana.

 

Corte di Cassazione

 sez IV, ud. 7 giugno 2023 (dep. 11 settembre 2023), n. 37062
Presidente Piccialli – Relatore Cirese

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 25 maggio 2022 la Corte d'appello di Bari, in parziale riforma della sentenza con cui il Gup del Tribunale di Foggia aveva ritenuto D.M.R. colpevole del reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, così riqualificata la condotta originariamente contestata ex art. 73, commi 1 e 4, condannandolo alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 1400,00 di multa, ha assolto l'imputato poiché il fatto non è previsto dalla legge come reato. La Corte territoriale non ha, invero, ritenuto raggiunta la piena prova della destinazione a terzi del quantitativo di marijuana oggetto di contestazione ravvisando invece un'ipotesi di detenzione di droga per uso personale.

2. Il procedimento traeva origine da una perquisizione effettuata nell'abitazione dell'imputato sulla scorta di una informazione confidenziale. All'interno di un contenitore da tabacco venivano rinvenuti gr. 45 lordi di sostanza stupefacente del tipo marijuana ed altri 2 gr. della medesima sostanza venivano rinvenuti all'interno di un taschino in una borsa. Si accertava inoltre che dallo stupefacente si potevano ricavare n. 177 dosi.

3. Avverso detta sentenza il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Bari ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Con il primo deduce l'erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) assumendo che la Corte d'appello nel ritenere non provata la detenzione a fine di cessione a terzi non ha fatto buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in cui si afferma che il mero dato quantitativo può risultare dirimente risultando peraltro la motivazione sul punto manifestamente contraddittoria.

Con il secondo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e). Assume che l'illogicità dell'iter argomentativo emerge dal fatto che la Corte territoriale ha ritenuto: 1) che l'imputato fosse un tossicodipendente, circostanza non suffragata da alcuna prova e neppure dichiarata dal medesimo; 2) l'inesistenza di somme di denaro a supporto dell'assenza dell'attività di spaccio; 3) l'assenza di redditi dell'imputato, ritenuta dalla Corte d'appello circostanza favorevole, costituisce invece un altro indice della destinazione a terzi.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.

Va premesso che in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, viene effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604).

 Inoltre va considerato che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l'eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73-bis, comma 1, lett. a), - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione.

Ciò premesso, la Corte territoriale con motivazione logica e scevra da aporie logiche nonché supportata da dati fattuali ha ritenuto che il mero dato ponderale della sostanza rinvenuta, in assenza di altri elementi indicativi di un'attività di spaccio, non sia sufficiente a provare che detta sostanza fosse destinata alla cessione a terzi. Ne consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Sentenza a motivazione semplificata