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Condizionale per violenza sessuale di minore gravità, costituzionale percorso di recupero (Cass. 2788/24)

23 gennaio 2024, CAssazione penale

Costituzionalmente conforme subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna per il reato di cui all'art. 609-bis cod. pen., anche quando è riconosciuta l'attenuante della minore gravità del fatto, alla partecipazione al percorso di recupero presso enti o associazioni abilitati, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., è inammissibile, perché la precisata questione è manifestamente infondata.

 

Corte di Cassazione

sez. III, ud. 15 dicembre 2023 (deposito 23 gennaio 2024), n. 2788

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 11 luglio 2023, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Genova ha applicato, a norma dell'art. 444 ss. cod. proc. pen., ad T.C.E., la pena di un anno e dieci mesi di reclusione per il reato di violenza sessuale attenuata dalla minore gravità del fatto, concedendo il beneficio della sospensione condizionale subordinata alla partecipazione al percorso di recupero per la durata di almeno sei mesi presso un ente o associazione che si occupa di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per il medesimo tipo di reati, da iniziarsi entro un anno dalla esecutività della sentenza.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe T.C.E., con atto sottoscritto dall'avvocato A.M.N., articolando un unico motivo.

Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 165, quinto comma, cod. pen., a norma dell'art. 606 comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena alla partecipazione al percorso di recupero presso enti o associazioni abilitati, stante l'incostituzionalità del medesimo art. 165, quinto comma, cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost.

Si deduce che la previsione dell'art. 165, quinto comma, cod. pen. si pone in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., sia laddove non prevede alcuna distinzione tra la fattispecie "ordinaria" di cui all'art. 609-bis cod. pen. e quella attenuata per la minore gravità del fatto, sia laddove statuisce l'obbligatorietà della subordinazione della sospensione condizionale della pena a percorsi di recupero, senza riconoscere, nemmeno nelle ipotesi di minore gravità del fatto, alcun potere discrezionale al giudice.

Si osserva, in primo luogo, che l'assenza di distinzione tra la fattispecie "ordinaria" di cui all'art. 609-bis cod. pen. e quella attenuata per la minore gravità del fatto, in tema di obbligatorietà della subordinazione della sospensione condizionale della pena a percorsi di recupero, è del tutto irragionevole ed in contrasto con il principio di eguaglianza, attese: a) la divaricazione delle cornici edittali tra le due ipotesi, rispondente, secondo la giurisprudenza all'esigenza di temperare gli effetti della concentrazione in un unico reato di comportamenti tra loro assai differenziati (il riferimento è a Corte cost., sent. n. 325 del 2005); b) la diversità di trattamento esecutivo, prevista dall'art. 4-bis ord. pen., il quale prevede solo per la ipotesi attenuata la possibilità di chiedere l'applicazione di una misura alternativa alla detenzione senza subire preventivamente la reclusione.

Si rileva, in secondo luogo, che un ulteriore profilo di irragionevolezza discende dall'automatismo dell'applicazione della subordinazione della sospensione condizionale della pena a percorsi di recupero, in quanto: a) l'accertamento della gravità del reato non può formare oggetto di una presunzione assoluta basata esclusivamente sul titolo di reato (si citano, in tema di inammissibilità di presunzioni assolute di pericolosità: Corte cost., sent., n. 232 del 2013; sent. n. 213 del 2013; sent. n. 182 del 2011; sent. n. 164 del 2011; sent. n. 265 del 2010; sent. n. 139 del 2010), anche perché in violazione del principio di cui all'art. 27, terzo comma, Cost. (si citano: Corte cost., sent. n. 192 del 2007; sent., n. 183 del 2011; sent., n. 341 del 1994; sent., n. 251 del 2012);

b) le differenti condotte sussumigli nelle fattispecie di cui all'art. 609-bis cod. pen. sono diversissime anche per gravità.

Considerato in diritto

1. Il ricorso, che ha ad oggetto la proposizione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 165, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna per il reato di cui all'art. 609-bis cod. pen., anche quando è riconosciuta l'attenuante della minore gravità del fatto, debba essere sempre subordinata alla partecipazione al percorso di recupero presso enti o associazioni abilitati, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., è inammissibile, perché la precisata questione è manifestamente infondata.

2. La disposizione di cui all'art. 165, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna per il reato di cui all'art. 609-bis cod. pen., anche quando è riconosciuta l'attenuante della minore gravità del fatto, debba essere sempre subordinata alla partecipazione al percorso di recupero presso enti o associazioni abilitati, costituisce il risultato di una valutazione discrezionale del legislatore pienamente rientrante nell'esercizio del relativo potere.

2.1. Può essere utile considerare, come termine di partenza dell'esame della questione, l'elaborazione della giurisprudenza costituzionale in materia di generale preclusione all'applicazione della sospensione condizionale della pena per alcune categorie di reati.

Ripetutamente, infatti, sono state ritenute costituzionalmente legittime disposizioni di esclusione della concedibilità della sospensione condizionale della pena in riferimento a specifiche tipologie di reati, in particolare in ragione della specificità degli interessi tutelati, come, segnatamente, in materia di disciplina penale degli alimenti (cfr. Corte cost., sent. n. 85 del 1997), e di reati elettorali (v. Corte cost., sent. n. 48 del 1962). Si può aggiungere, inoltre, che la Consulta ha ritenuto costituzionalmente consentita l'esclusione dell'applicabilità dell'istituto della sospensione condizionale della pena con riferimento ai reati di competenza del giudice di pace (Corte cost., sent. n. 47 del 2014).

2.2. Per quanto di interesse in questa sede, poi, la legge, con riferimento al delitto di cui all'art. 609-bis cod. pen., non inibisce la concessione della sospensione condizionale della pena quando ne ricorrano i presupposti previsti in via generale per l'operatività dell'istituto, ma, diversamente, stabilisce che l'applicazione del precisato beneficio è subordinata ad una prescrizione.

Precisamente, l'art. 165, quinto comma, cod. pen., stabilisce che la concessione della sospensione condizionale della pena, per alcuni reati, tra i quali quello di cui all'art. 609-bis cod. pen., «è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati» (così l'art. 165, quinto comma, cod. pen., nel testo vigente alla data della pronuncia della sentenza impugnata; dopo la riforma recata dalla legge 24 novembre, 2023, n. 168, l'art. 165, quinto comma, cod. pen. prevede che, per i delitti indicati, «la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati»).

2.3. L'esigenza di prevedere l'adozione di misure diverse da quelle detentive o para-detentive volte a prevenire la recidiva in relazione ai reati sessuali, del resto, trova espresso riconoscimento anche in fonti e convenzioni internazionali.

In particolare, può essere utile richiamare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (c.d. "Convenzione di Istanbul"), aperta alla firma l'11 maggio 2011, e non ancora entrata in vigore, ma la cui ratifica è stata autorizzata in Italia con legge n. 77 del 2013. L'art. 8 della indicata Convenzione, segnatamente, prevede, al paragrafo 2, che «[l]e Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale», e, al paragrafo 3, che, nell'adottare tali misure, «le Parti si accertano che la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e che tali programmi, se del caso, siano stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime».

2.4. In considerazione di quanto esposto, risulta corretto concludere che l'art. 165, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che la concessione della sospensione condizionale della pena, in caso di condanna per il reato di cui all'art. 609-bis cod. pen., anche quando è riconosciuta l'attenuante della minore gravità del fatto, sia sempre subordinata alla partecipazione al percorso di recupero presso enti o associazioni abilitati, non è né irragionevole, né in contrasto con il principio di presunzione di non colpevolezza.

Ed infatti, l'irragionevolezza di tale previsione normativa è esclusa dal fatto che l'imposizione dell'obbligo di partecipare a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati: a) costituisce un vincolo limitatamente invasivo, in quanto non implica la privazione della libertà personale e neppure l'impossibilità o l'estrema difficoltà di attendere alle ordinarie necessità della vita; b) è correlata a funzioni di prevenzione, e di risocializzazione del soggetto giudicato colpevole, così da presentare una finalità pienamente coerente con quelle poste a fondamento del beneficio previsto dall'art. 163 cod. pen., anche in una prospettiva di fonti sovranazionali.

Né la indicata previsione normativa può dirsi in contrasto con il principio di presunzione di non colpevolezza, posto che l'imposizione dell'obbligo di partecipare ai corsi di recupero segue in ogni caso ad una condanna o all'applicazione della pena su richiesta delle parti.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.