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Udienza implica deposito dei documetni, ma le copie .. (Cass. 5678/97)

10 febbraio 1997, Cassazione penale

Il procedimento camerale non prescrive esplicitamente di depositare i documenti concernenti il procedimento: tuttavia, la esistenza di un tale obbligo può agevolmente desumersi dal complesso del sistema, solo che si consideri che una diversa interpretazione renderebbe pressoché inutile sul piano fattuale la comunicazione anticipata della data dell'udienza, peraltro prevista a pena di nullità, se a questa non fosse correlato il corrispondente diritto per la parte di poter prendere cognizione degli atti del procedimento.

Corte di Cassazione

SEZIONE I PENALE

(ud. 31/10/1996) 10-02-1997, n. 5678

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. Francesco SACCHETTI Presidente

" Edoardo FAZZIOLI Rel. Consigliere

" Santo BELFIORE "

" Antonio MARCHESE "

" Pietro DUBOLINO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da: RG, nato a Catania il 29 luglio 1931;

Avverso l'ordinanza del 17 novembre 1995 del tribunale di sorveglianza di Genova;

Letti gli atti, l'ordinanza impugnata ed il ricorso;

Sentita la relazione in camera di consiglio del cons. Edoardo Fazzioli;

Letta la requisitoria del Procuratore Generale che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
 

A seguito della presentazione di istanza di applicazione della misura della liberazione anticipata, RG chiedeva, a mezzo del difensore, "il rilascio con urgenza - uso studio - della copia del fascicolo (integralmente inteso) relativo al predetto (detenuto)".

Con decreto del 15 novembre 1995, il presidente del tribunale di Genova rigettava la richiesta.

Rilevava il presidente che, nel procedimento di sorveglianza, la prova, alcune volte, si forma in udienza per cui prima di tale data non vi è la formazione di alcun fascicolo, consistendo tutta la documentazione nell'istanza dell'interessato. In altri casi, invece, il rilascio delle copie è possibile, come per esempio quando il tribunale di sorveglianza è giudice di secondo grado, perché vi è già un fascicolo precostituito.

Nella fattispecie in esame, versandosi nella prima ipotesi, la richiesta non poteva che essere rigettata per la impossibilità oggettiva di adempiervi.

Il tribunale di sorveglianza, con ordinanza del 30 novembre 1995, accoglieva la richiesta di liberazione anticipata limitatamente al periodo 10 agosto 1994-10 agosto 1995; dichiarava di non doversi procedere per il periodo 10 agosto 1990-22 maggio 1991 perché sul punto già si era pronunciato il tribunale di sorveglianza di Catania.

Ricorre per cassazione il R, con atto sottoscritto personalmente, denunziando la nullità dell'ordinanza per violazione del diritto di difesa, in quanto non gli sarebbero stato consentito di esaminare le carte processuali e perché in violazione dell'art. 116 disp. att. c.p.p. non gli sarebbe stata rilasciata copia integrale del fascicolo.

Deduce ancora il ricorrente che qualora venisse ritenuto che nel procedimento di sorveglianza non trovano applicazione le stesse regole previste per i procedimenti in camera di consiglio dall'art. 127 c.p.p., regole che contemplerebbero l'obbligo di rilasciare copia integrale del fascicolo, l'art. 678 c.p.p. dovrebbe essere considerato illegittimo perché violerebbe l'art. 24 della Costituzione.

I motivi di ricorso sono infondati.

Deve preliminarmente rilevarsi che il presidente del tribunale di sorveglianza non si è rifiutato di rilasciare copia del fascicolo, ma, come risulta dal relativo provvedimento, ha dichiarato di non poter provvedere perché mancavano materialmente atti dei quali rilasciare copia.

Tanto precisato va rilevato che il ricorrente assume che, nel procedimento in camera di consiglio, regolato dall'art. 127 c.p.p., alla parte privata sarebbero riconosciute due facoltà: quella di consultare gli atti processuali prima dell'udienza camerale e quella di poterne estrarre copia integrale.

Deve, in proposito osservarsi, che, contrariamente a quanto prospettato dal R, l'art. 127, comma 1, c.p.p. pur prevedendo l'obbligo di comunicare alle parti ed ai difensori, almeno dieci giorni prima, la data dell'udienza camerale, non prescrive esplicitamente di depositare i documenti concernenti il procedimento, diversamente da quanto espressamente indicato in altri casi (art. 309, comma 8, c.p.p., art. 416, comma 2, c.p.p., art. 466 c.p.p.).

Tuttavia, la esistenza di un tale obbligo può agevolmente desumersi dal complesso del sistema, solo che si consideri che una diversa interpretazione renderebbe pressoché inutile sul piano fattuale la comunicazione anticipata della data dell'udienza, peraltro prevista a pena di nullità, se a questa non fosse correlato il corrispondente diritto per la parte di poter prendere cognizione degli atti del procedimento.

Dall'obbligo di depositare gli atti non deriva, tuttavia, necessariamente il diritto ad avere copia integrale del fascicolo.

La materia, infatti, è regolata, dagli art. 116 c.p.p. e art. 43 disp. att. c.p.p., che non prevedono un diritto generalizzato ad estrarre copia di tutti i documenti depositati, ma soltanto la possibilità di avere copia di singoli atti, il cui rilascio è subordinato ad una apposita richiesta ed ad una necessaria autorizzazione, salvo i casi in cui non sia espressamente riconosciuto "il diritto al rilascio di copie, estratti o certificati" (cfr. art. 309, comma 8, c.p.p., modifica (art. 16 della legge n. 332 del 1995) dell'art. 309, comma 8, c.p.p.

Né la mancata previsione di un siffatta generalizzata facoltà può ritenersi comprimere il diritto di difesa, in quanto questo risulta ugualmente tutelato dalla facoltà di poter avere conoscenza completa di tutti gli atti del procedimento e dal diritto di ottenere, di volta in volta, copia di quelli ritenuti più rilevanti ai fini difensivi.

Né la circostanza che il rilascio della copia dell'atto sia subordinata all'autorizzazione del giudice può ritenersi in linea di principio costituzionalmente illegittima.

Lo scopo della norma è quello, infatti, di contemperare il diritto di difesa con la tutela di altri beni primari, costituzionalmente protetti, come il segreto delle indagini, il segreto nell'interesse dello Stato, il buon costume, il diritto alla riservatezza dei testimoni o delle parti private (art. 114, comma 5, c.p.p.), per cui è compito del giudice rendersi interprete nel caso concreto della tutela di tali esigenze.

La proposta questione di legittimità costituzionale è, pertanto, manifestamente infondata sia sotto il profilo della regolamentazione del diritto ad estrarre copia degli atti, sia sotto quello della diversità di trattamento, essendo identica la disciplina del rilascio di copia degli atti nel procedimento camerale ed in quello di sorveglianza.

Il ricorso deve, quindi, essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 

P.Q.M.
 

Dichiara manifestamente infondata la proposta questione di legittimità costituzionale.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma il 31 ottobre 1996.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 10 FEBBRAIO 1997.