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Troppi formalismi in Cassazione, Italia condannata (Corte Edu, Succi 2021)

29 ottobre 2021, Cporte Europea per i diritti dell'Uomo

I diritti garantiti dalla Convenzione, uivi incluso quello di accesso a un tribunale (art. 6 CEDU) devono essere concreti ed effettivi e non teorici e illusori: le norme che limitano l’accesso a un tribunale e le procedure per le impugnazioni devono essere chiare, prevedibili e proporzionate.

I criteri italiani previsti dal codice di procedura civile di redazione del ricorso in cassazione sono eccessivamente formalistici con conseguente violazione dell’art. 6/1 CEDU.

Anche se il carico di lavoro della Corte di cassazione italiana è suscettibile di causare difficoltà nel funzionamento ordinario del trattamento dei ricorsi, le limitazioni all'accesso alle corti di cassazione non devono essere interpretate in modo troppo formale per limitare il diritto di accesso a un tribunale in modo tale o in misura tale da incidere sulla sostanza stessa di tale diritto.

L'applicazione da parte della Corte di cassazione del principio di proprzionalità rivela almeno fino al 2012 una tendenza dell'Alta Corte italiana a concentrarsi su aspetti formali che non sembrano rispondere allo scopo legittimo individuato, in particolare per quanto riguarda l'obbligo di trascrivere integralmente i documenti inclusi nei motivi di ricorso, e il requisito della prevedibilità della restrizione.

La procedura davanti alla Corte di Cassazione prevede l'assistenza obbligatoria di un avvocato che deve essere iscritto in una lista speciale, sulla base di determinate qualifiche, per garantire la qualità del ricorso e il rispetto di tutte le condizioni formali e sostanziali richieste.

 (traduzione informale canestriniLex.com)

Corte Europea per i diritti dell'Uomo

PRIMA SEZIONE

CASO DI SUCCI E ALTRI contro ITALIA

(Applicazione n. 55064/11 e altri 2 -
vedi elenco in appendice)

5 - 29 ottobre 2021


GIUDIZIO

Art. 6 § 1 (civile) - Accesso ad un tribunale - Formalismo e mancanza di eccessivo formalismo da parte della Corte di Cassazione nel dichiarare inammissibili i ricorsi dei ricorrenti alla luce dei criteri di redazione dei ricorsi in cassazione

STRASBURGO

28 ottobre 2021

Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni previste dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetto a modifiche formali.

Nel caso di Succi e altri contro l'Italia,

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da :

Ksenija Turković, presidente,

Péter Paczolay,

Alena Poláčková,

Gilberto Felici,

Erik Wennerström,

Raffaele Sabato,

Lorena Schembri Orland, giudici,

e Renata Degener, cancelliere di sezione,

Visto :

i ricorsi (nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14) contro la Repubblica italiana presentati alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") da otto cittadini italiani ("i ricorrenti") nelle date indicate nella tabella allegata

la decisione di portare il reclamo ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione all'attenzione del governo italiano ("il governo")

le osservazioni delle parti,

Avendo deliberato in camera di consiglio il 5 ottobre 2021

Emette la seguente sentenza, che è stata adottata in tale data:

INTRODUZIONE

1. Le domande riguardano l'inammissibilità dei ricorsi in cassazione, che i ricorrenti considerano eccessivamente formalistici. I ricorrenti hanno invocato l'articolo 6 § 1 della Convenzione (diritto ad un tribunale).

IN FATTO

2. Le date di nascita e i luoghi di residenza dei richiedenti e i nomi dei loro rappresentanti sono riportati in appendice.

3. Il governo era rappresentato dal suo ex co-agente, la signora M.G. Civinini, e dal suo agente, il signor L. D'Ascia.

4. Per quanto riguarda il ricorso n. 26049/14, uno dei ricorrenti, il signor F. Di Dario, è deceduto dopo il deposito del ricorso alla Corte. I suoi eredi, gli altri ricorrenti nella stessa domanda, hanno informato la Corte della loro volontà di continuare il procedimento davanti al Tribunale. Il governo ha accettato la legittimazione degli eredi nel procedimento.

Domanda n. 55064/11

5. Il richiedente era il gestore di un'impresa commerciale situata a Catania. Il 19 novembre 2003 il proprietario dei negozi che affittava gli ha notificato una domanda di sfratto. Il 12 marzo 2008, il Tribunale di Catania ha ordinato la risoluzione del contratto di affitto con l'ordine di lasciare i locali. Il 12 ottobre 2009, la Corte d'appello di Catania ha confermato la sentenza.

6. Il 2 marzo 2010 il ricorrente ha presentato un ricorso in cassazione (RG n. 6688/2010), la cui esposizione dei fatti conteneva una sintesi dell'oggetto della controversia e dello svolgimento del procedimento. I motivi del ricorso e la motivazione della sentenza impugnata sono stati trascritti; i reperti e i documenti citati sono stati parzialmente trascritti o riassunti, e recano la numerazione del fascicolo di parte di primo grado.

La seconda parte del ricorso (pagine 33-51) riguardava i motivi di ricorso della sentenza. Ogni motivo di ricorso indicava la causa iniziale invocata, conformemente all'articolo 360 del codice di procedura civile ("CPC"):

"Io - Violazione o falsa applicazione degli articoli 2 della Costituzione, 1175 e 1375 del codice civile, 1455 del codice civile e del principio generale di buona fede e del divieto di abuso del diritto (art. 360, comma 1, n. 3 del CPC) - Motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo per il processo (art. 360, comma 1, n. 5 del CPC). (...)

IIo - Motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo per il processo (art. 360, comma 1, n. 5 del CPC). (...)

III - Violazione o falsa applicazione dell'articolo 34 della legge 392 del 1978 (articolo 360, comma 1, n. 3 CPC) - Motivazione contraddittoria su un fatto controverso e decisivo per il processo (articolo 360, comma 1, n. 5 CPC). (...)

IVo - Nullità della sentenza o del processo (art. 360, comma 1, n. 4 del CPC), ai sensi dell'articolo 112 del CPC - Violazione o errata applicazione degli articoli 88 e 89 del CPC (art. 360, comma 1, n. 3 del CPC). (...)

Vo - Violazione o falsa applicazione dell'articolo 91 CPC (art. 360, paragrafo 1, n. 3 CPC) - Nullità della sentenza o del processo (art. 360, paragrafo 1, n. 4 CPC). (...) "

Per quanto riguarda i documenti trascritti o riassunti nella seconda parte, la ricorrente ha fatto riferimento alla motivazione della sentenza d'appello o ai documenti del procedimento di merito (note difensive depositate in appello, verbali d'udienza, memoria del convenuto). La sentenza della Corte d'Appello e i documenti del fascicolo d'appello sono stati allegati al ricorso.

7. Su proposta del giudice relatore, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile (ordinanza n. 4977 del 2011). Ha ricordato che:

"ai sensi dell'articolo 366, n. 4 del CPC, il ricorso deve contenere i motivi di cassazione, indicare le norme su cui si basano e, ai sensi dell'articolo 366, n. 6 del CPC, menzionare espressamente le memorie e i documenti in esso menzionati.

Per quanto riguarda l'articolo 366, paragrafo 4, del TBC, bisogna ricordare che il ricorrente può invocare solo alcuni motivi di ricorso per cassazione (critica vincolata), limitatamente ai casi previsti dall'articolo 360 [del TBC], il che implica, per ogni motivo di ricorso, l'indicazione del titolo del motivo di ricorso con i motivi invocati, l'esposizione degli argomenti invocati contro la decisione impugnata e la presentazione dettagliata delle critiche che giustificano l'annullamento della decisione.

Per quanto riguarda l'art. 366, n. 6 del CPC, va ricordato che (...), ai sensi del decreto legislativo n. 40 del 2006, i documenti su cui si basa il ricorso devono essere espressamente indicati, così come la fase del procedimento in cui sono stati prodotti. La menzione esplicita di un documento prodotto nel corso del procedimento implica (...) ai sensi dell'articolo 369, secondo comma, n. 4 del CPC, che questo documento deve essere prodotto anche davanti alla Corte di Cassazione.

In altre parole, quando il ricorrente si lamenta che un documento è stato erroneamente valutato o omesso dalla decisione di merito, ha un duplice obbligo di metterlo agli atti e di specificarne il contenuto. Il primo obbligo si adempie indicando la fase del procedimento a cui appartiene il documento e in quale fascicolo si trova, e il secondo riproducendo o riassumendo il contenuto del documento nel ricorso.

(...)

Il ricorso del [ricorrente] non rispetta i principi sopra enunciati, poiché i cinque motivi di ricorso in esso contenuti non menzionano né il titolo dei vizi lamentati né i riferimenti dei documenti invocati a sostegno degli argomenti sviluppati. (...) "

Domanda n. 37781/13

8. A seguito di lavori eseguiti davanti alla sua abitazione, il ricorrente ha ottenuto dal Tribunale di Napoli la nomina di un perito che ha effettuato una perizia non riproducibile (accertamento tecnico preventivo) attestante la rottura dei pozzi e l'esistenza di una perdita d'acqua che ha causato il crollo delle fondamenta dell'edificio.

9. Il 20 agosto 2004, il Tribunale di Napoli ha riconosciuto la responsabilità del Comune di Frattamaggiore e lo ha condannato a risarcire il ricorrente.

10. Il 2 agosto 2006, la Corte d'Appello di Napoli ha ribaltato questa sentenza, trovando che qualsiasi danno non era imputabile al comune ma alla società privata che aveva vinto l'appalto.

11. 11. Il 16 dicembre 2006 il ricorrente ha presentato un ricorso in cassazione (RG n. 652/2007). L'appello dell'appellante inizia con una sintesi del procedimento in primo grado e in appello (pagine da 1 a 4), e prosegue con l'esposizione dei cinque motivi di ricorso sollevati (pagine da 4 a 11). Le prime quattro lamentavano la violazione o la cattiva applicazione di alcune disposizioni del codice civile, e l'ultima criticava la motivazione difettosa o inadeguata della sentenza riguardo a un fatto controverso e decisivo per il processo. Il ricorrente ha contestato diversi passaggi della sentenza d'appello sulla base di documenti del procedimento principale, alcuni dei quali sono stati citati e la maggior parte dei quali sono stati riassunti nel testo dell'appello. I quattro motivi di ricorso che criticano la violazione o la cattiva applicazione di articoli del Codice Civile si concludevano con una "questione di diritto".

12. Il 14 febbraio 2013 (sentenza n. 3652 del 2013), la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ai sensi degli articoli 366, paragrafo 1, comma 4, 366 bis e 375, paragrafo 1, comma 5, del CPC. Ha affermato che:

"le questioni di diritto che concludono i motivi di ricorso non sono conformi allo schema elaborato da questa Corte (indicazione dei fatti rilevanti e della loro valutazione da parte del giudice di merito, indicazione dell'interpretazione alternativa proposta dal ricorrente). Ne consegue che sono astratti e generici e non hanno alcuna connessione con il caso. [Esse non consentono, alla semplice lettura di esse (sentenze delle sezioni unite nn. 2658/2008, 3519/2008, 7433/2009, sentenza n. 8463/2009), di individuare la soluzione adottata nella decisione impugnata e i termini della controversia (sentenze delle sezioni unite nn. 20360/2007, 11650/2008, 12645/2008), e non offrono alla [Corte di cassazione] la possibilità di limitare la sua decisione all'accettazione o al rigetto [della questione] (...).

(...)

[Il ricorso non soddisfa neppure i criteri dell'articolo 366, paragrafo 1, punto 6, del TBC, in quanto [il ricorrente fa riferimento] agli atti del procedimento principale ... ) di cui critica l'erronea valutazione o l'assenza di valutazione limitandosi a menzionarli senza riprodurne le parti pertinenti o, quando tali parti sono riprodotte, omettendo di menzionare i riferimenti che consentirebbero di reperire i documenti in questione (sentenza delle sezioni unite n. 22726/2011, sentenze nn. 29279/2008, 15628/2009 e 20535/2009).

Così le critiche del ricorrente non sono formulate in modo tale da essere comprese solo sulla base del ricorso, il che impedisce alla Corte di svolgere la sua funzione di valutare la loro fondatezza sulla base dei motivi del ricorso, ed è impossibile rimediare a queste lacune, poiché la Corte di legittimità non ha accesso agli atti del procedimento principale.

Le affermazioni del ricorrente, formulate in modo apodittico, non sono seguite da alcuna dimostrazione e non sono sufficienti (...).

Anche per il difetto di motivazione, [il ricorso non] contiene una "chiara indicazione" dei "motivi" [art. 366 bis, comma 2, CPC], come richiesto dallo schema e dai principi [della giurisprudenza di] questa Corte, - delegando inaccettabilmente (inammissibilmente) tale attività alla Corte (...)".

Applicazione n. 26049/14

13. 13. I ricorrenti sono il marito, il figlio, i genitori e il fratello della signora D.D., morta il 26 giugno 2000 in seguito a un incidente stradale.

14. 14. Il 23 ottobre 2007 il Tribunale di Teramo ha dichiarato il conducente e il proprietario del veicolo civilmente responsabili dell'incidente e li ha condannati a risarcire i ricorrenti. Il 19 ottobre 2010 la Corte d'Appello di L'Aquila ha parzialmente ribaltato la sentenza, riducendo l'ammontare dei danni materiali e degli altri danni riconosciuti.

15. Il 21 dicembre 2011 i ricorrenti hanno fatto ricorso alla Corte Suprema.

16. Il ricorso di ottanta pagine conteneva un'esposizione dei fatti e quattro motivi di ricorso contro la sentenza. In particolare, la dichiarazione (pagine da 1 a 51) consisteva essenzialmente in una trascrizione dell'atto d'appello, un riassunto dell'appello incidentale degli appellanti e delle loro richieste d'appello, le trascrizioni dell'appello di uno dei convenuti e la motivazione e il dispositivo della sentenza della corte d'appello.

17. Con ordinanza n. 21232/2013 del 17 settembre 2013, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha ritenuto che il ricorso non rispettasse il requisito di cui all'articolo 366, paragrafo 3, del TBC, in quanto riproduceva quasi integralmente gli atti del procedimento dinanzi ai giudici di merito (sentenza n. 16628 emessa nel 2009 dalle sezioni unite). L'Alta Corte ha poi ricordato che:

"L'ordinanza n. 19255/2010 ribadisce che il requisito [di cui all'art. 366, n. 3, CPC] implica un'attività redazionale da parte del difensore che, nella misura in cui è definita "sommaria" (...), comporta una dichiarazione destinata a riassumere sia la situazione in questione che lo svolgimento del procedimento.

Tale principio è stato confermato dalla sentenza n. 5698 depositata nel 2012 dalle sezioni unite, che ha ribadito che la riproduzione acritica, integrale e letterale del contenuto del procedimento è, da un lato, superflua - non essendo richiesto un resoconto minuzioso di ogni fase del procedimento - e, dall'altro, incompatibile con l'esigenza di una sommaria esposizione dei fatti in quanto equivale ad affidare alla Corte [di Cassazione il compito di selezionare] (. ...] ciò che è effettivamente importante per quanto riguarda i motivi di cassazione.

Nel caso di specie, l'esposizione sommaria dei fatti si estende per 51 pagine e riproduce integralmente una serie di atti processuali raggruppandoli (tecnica dell'assemblaggio), senza il minimo sforzo di sintesi per ricostruire la cronologia e lo svolgimento del procedimento nei suoi punti essenziali.

Né la presentazione dei motivi permette l'identificazione dei fatti rilevanti per la loro comprensione.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRATICA NAZIONALE PERTINENTE

Legislazione interna
Il codice di procedura civile

18. Con la legge n. 80 del 14 maggio 2005, il legislatore ha delegato all'esecutivo la riforma del codice di procedura civile (il "CPC"), in particolare per quanto riguarda la procedura di cassazione. Tra i principi e i criteri da rispettare, la legge afferma che:

" 3. Nell'attuazione della [legge di delega] (...) il governo rispetta i seguenti principi e criteri

a) (...) il motivo del ricorso [in cassazione] deve concludersi, a pena d'inammissibilità, con la chiara formulazione di un "quesito di diritto"; (...) [la Corte di cassazione deve rispondere ad ogni motivo enunciando] un principio di diritto; (...)".

19. Di conseguenza, il governo ha adottato il decreto legislativo n. 40 del 2006, che ha inserito l'articolo 366 bis nel TBC, aggiungendo all'articolo 366 del TBC una disposizione che prevede "la menzione espressa degli atti processuali, documenti, contratti o accordi collettivi su cui si basa il ricorso", e all'articolo 369 dello stesso codice, l'obbligo di depositare insieme al ricorso gli atti, documenti, contratti o accordi collettivi ivi citati

20. Gli articoli pertinenti del CPC, applicabili all'epoca, recitano come segue:

"Articolo 360 - Decisioni impugnate e casi di avvio

Le decisioni date in appello o in prima e ultima istanza possono essere impugnate alla Corte Suprema per i seguenti motivi

1. motivi giurisdizionali ;

2. violazione delle regole di competenza, quando la risoluzione di un conflitto di giurisdizione (regolamento di competenza) non è prescritta;

3. violazione o cattiva applicazione della legge e dei contratti collettivi nazionali e delle convenzioni sul lavoro;

4. nullità della decisione o della procedura

5. assenza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo per la controversia (...)

Articolo 360a (Inammissibilità del ricorso)[1]

Un appello è inammissibile:

1) quando la decisione impugnata si è pronunciata su punti di diritto conformemente alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non permette di confermare o modificare il suo orientamento;

2) quando un reclamo di violazione dei principi che regolano un processo equo è manifestamente infondato.

(...)

Articolo 366 (Contenuto del ricorso)

Il ricorso deve contenere, a pena di non ammissione

1. i nomi delle parti ;

2. l'indicazione della sentenza o della decisione oggetto del ricorso

3. un riassunto dei fatti del caso

4. i motivi di ricorso a sostegno del ricorso in cassazione, con l'indicazione delle norme su cui si basano (...);

(...)

6. la menzione esplicita degli atti processuali, documenti, contratti o accordi collettivi su cui si basa il ricorso (...).

Articolo 366 bis - (Formulazione dei motivi di ricorso) - Nei casi previsti dall'articolo 360, primo comma, numeri 1) - 4), l'indicazione di ciascun motivo di ricorso deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di una questione di diritto.

Nel caso previsto dall'art. 360, 1° comma, numero 5), la formulazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto contestato rispetto al quale si assume che la motivazione sia inesistente o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali si assume che la motivazione sia insufficiente e inidonea a giustificare la decisione.

(...)

Articolo 369 - Presentazione del ricorso in cassazione

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte di Cassazione, a pena di inammissibilità, entro venti giorni dalla sua notifica ai convenuti al ricorso.

I seguenti documenti devono essere presentati con il ricorso, a pena di inammissibilità:

(...)

4) gli atti del processo, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi su cui si basa l'appello.

Il ricorrente chiede alla cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione impugnata o di cui si contesta la competenza di inviare il fascicolo alla cancelleria della Corte di Cassazione; questa richiesta deve essere timbrata dalla cancelleria e restituita al ricorrente, e poi archiviata con il ricorso.

Il codice di procedura amministrativa

21. L'articolo 3 del Codice del processo amministrativo (approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), intitolato "Obbligo di motivazione e sintesi degli atti", stabilisce che il giudice e le parti del procedimento devono redigere gli atti del procedimento in modo chiaro e conciso.

22. Questa disposizione è stata attuata da successive ordinanze del Presidente del Consiglio di Stato (ordinanza n. 40 del 2015, ordinanza n. 167 del 2016 e ordinanza n. 127 del 2017), che hanno fissato criteri di redazione e limiti alla durata dei ricorsi amministrativi.

Il protocollo concluso tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense il 17 dicembre 2015

23. Il protocollo concluso tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale degli Ordini degli Avvocati ("il CNF") stabilisce i criteri di redazione dei ricorsi in materia civile e fiscale. Nelle sue parti rilevanti, si legge come segue:

"La Corte di Cassazione (...) e il Consiglio Nazionale degli Avvocati (il "CNF") (...) convinti che sia giunto il momento di prendere atto congiuntamente di :

1) le difficoltà legate alla trattazione dei ricorsi in Cassazione: a) per l'aumento del numero dei ricorsi (...), b) per la difficoltà di definire in modo chiaro e definitivo il significato e i limiti del "principio di autonomia del ricorso in cassazione" sviluppato dalla giurisprudenza (...) ;

2) l'eccessiva lunghezza degli atti (...), che può ostacolare la comprensione concreta del loro contenuto (...);

3) il fatto che questa eccessiva lunghezza si spiega in parte con una legittima preoccupazione degli avvocati di evitare l'inammissibilità del ricorso per mancato rispetto del principio di autonomia (...);

4) il fatto che l'adozione di un modello di formulario di ricorso potrebbe portare a una significativa semplificazione (...);

(...)

Il principio di autonomia

Il rispetto del principio di autonomia non comporta l'obbligo di trascrivere integralmente i documenti menzionati nel ricorso o nella memoria. Il suddetto principio è rispettato (...) :

1. quando ogni motivo (...) risponde ai criteri di specificità previsti dal codice di procedura [civile] ;

2. quando ogni motivo indica, se del caso, l'atto, il documento, il contratto o il contratto collettivo su cui si basa (articolo 366, paragrafo 1, punto 6, del TBC) e le pagine, i paragrafi, le righe [dei brani citati] (...) ;

3. dove ogni motivo indica la fase (tempo) (atto di origine, ricorso, atto di costituzione, nota di difesa, ecc.) del processo o del ricorso in cui ogni documento è prodotto;

4. Quando il ricorso è accompagnato da un fascicolo [il fascicoletto], che si aggiunge al fascicolo della parte compilato in procedimenti precedenti, ai sensi dell'articolo 369, comma 2, n. 4 del CPC, gli atti, i documenti, i contratti e gli accordi collettivi cui si fa riferimento nel ricorso o nel documento difensivo.

Il piano nazionale di recupero e resilienza ("NRRP")

24. Nel suo Piano Nazionale di Recupero e di Resilienza (il "PNR") adottato nel 2021, il governo mira a rendere effettivo il principio della natura sintetica degli atti e quello della leale collaborazione tra il giudice e le parti. In particolare, prevede di concretizzare i principi di autonomia e di sintesi degli atti per la procedura davanti alla Corte di Cassazione, di adottare modalità pratiche uniformi per lo svolgimento della procedura e, infine, di estendere la procedura in camera di consiglio per semplificare il processo decisionale.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione
Il principio dell'autonomia del ricorso in cassazione

25. 25. La Corte di Cassazione ha menzionato per la prima volta il principio dell'autonomia del ricorso nella sentenza n. 5656 del 1986 (vedi anche le sentenze n. 4277/1981, 5530/1983 e 2992/1984), affermando che il "controllo di legittimità" deve essere effettuato esclusivamente sulla base degli argomenti contenuti nel ricorso e che le lacune del ricorso non possono essere colmate dal giudice. La giurisprudenza successiva ha imposto l'obbligo di specificare i fatti e le circostanze menzionate nel ricorso (sentenza n. 9712/2003), stabilendo il principio che il giudice di legittimità deve essere in grado di comprendere la portata della censura e di pronunciarsi su di essa senza esaminare altre fonti scritte (sentenza n. 6225/2005).

26. 26. Inizialmente, la Corte di Cassazione ha applicato il principio solo ai motivi che contestano un difetto di motivazione della decisione impugnata. Successivamente, ha esteso la sua applicazione ai motivi riguardanti l'errata interpretazione della legge o la nullità della decisione e della procedura (si vedano, tra le tante, le sentenze n. 8013/1998, 4717/2000, 6502/2001, 3158/2002, 9734/2004, 6225/2005 e 2560/2007).

27. Per quanto riguarda le modalità di presentazione dei documenti nel ricorso (obbligo di riproduzione), la Corte di Cassazione ha affermato che il contendente deve trascriverli integralmente (vedi, tra le tante, le sentenze 1865/2000, 17424/2005, 20392/2007 e 21994/2008) o di individuare ed esporre i passaggi pertinenti ed essenziali (cfr., tra le tante, le sentenze n. 7851/1997, 1988/1998, 10493/2001, 8388/2002, 3158/2003, 24461/2005). In particolare, nella sua sentenza n. 18661 del 2006, ha interpretato questo obbligo come un dovere di "trascrivere integralmente" ogni documento del ricorso ogni volta che la sua sintesi non permette di presentare alla Corte di Cassazione tutti gli elementi necessari per decidere la questione del ricorso.

28. In seguito alla riforma del 2006 (vedi paragrafo 19), la Corte di Cassazione ha affermato che, ai sensi dell'articolo 366, paragrafo 6, del CPC, il principio dell'autonomia del ricorso in cassazione impone al ricorrente di indicare i documenti pertinenti, sia riassumendo il contenuto, sia riproducendo i passaggi essenziali, o addirittura la totalità, quando ciò è necessario per la comprensione di un motivo (cfr., tra le tante, le sentenze nn. 19766/2008, 22302/2008, 28547/2008, 18421/2009, 6397/2010 e 20028/2011). Ha anche ritenuto che il principio di autonomia non è rispettato quando il contendente riproduce integralmente uno o più documenti, lasciando alla Corte di cassazione il compito di selezionare i passaggi pertinenti (cfr., tra le tante, le sentenze n. 4823/2009, 16628/2009 e 1716/2012).

29. Per quanto riguarda l'articolo 369, paragrafo 2, punto 4, del TBC, ha ritenuto che ogni documento citato debba essere accompagnato da un riferimento che identifichi la fase del procedimento in cui è stato prodotto (cfr., tra le tante, le sentenze n. 29729/2008, 15628/2009, 20535/2009, 19069/2011 e la sentenza delle sezioni unite n. 22726/2011).

30. Nella sentenza delle sezioni unite n. 5698 del 2012, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della riproduzione integrale dei documenti (vedi anche, sentenza delle sezioni unite n. 19255/2010). Ha ricordato che il principio dell'esposizione sommaria dei fatti implica un'attività redazionale sommaria da parte del difensore (cfr. ordinanze n. 19100/2006 e 19237/2003). Ha dichiarato in particolare che:

"la trascrizione, parziale o completa, soddisfa il principio di autonomia del ricorso ogni volta che il contendente sostiene che la decisione censurata non ha tenuto conto di un elemento e che la soluzione sarebbe stata diversa.

(...)

L'obbligo di selezionare ciò che è pertinente alla trascrizione e di assicurare la sintesi dei fatti (...) deve essere rispettato dal difensore. Così, il [difensore] che trascrive i fatti come presentati nella decisione impugnata rischia di vedere il suo ricorso dichiarato inammissibile. La duplicazione (riproduzione), in tutto o in parte, della decisione impugnata è compatibile con l'art. 366, n. 3 del CPC solo se consente di esporre in forma sintetica i fatti necessari alla comprensione dei motivi (cfr. anche sentenza n. 5836/2011)."

31. Successivamente, nella sentenza delle sezioni unite n. 8077 del 2012, la Corte di Cassazione ha affermato che:

"(...) il giudice di legittimità (...) è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti che sono alla base del ricorso. [Ciò a condizione che il reclamo sia stato presentato dall'attore nel rispetto delle norme stabilite al riguardo (...) in particolare, nel rispetto dei requisiti dettati dagli articoli 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4 del CPC. (...) "

Giurisprudenza sull'articolo 366 bis del codice di procedura civile

32. Per quanto riguarda l'articolo 366bis del CPC, la Corte fa riferimento alla giurisprudenza citata nella sentenza Trevisanato c. Italia (n. 32610/07, §§ 21-23, 15 settembre 2016). In particolare, secondo le sentenze delle sezioni unite della Corte di Cassazione nn. 14385/2007, 22640/2007 e 3519/2008, e l'ordinanza n. 2658 del 2008, la lettura del quesito di diritto deve consentire al giudice di legittimità di comprendere l'errore di diritto che la parte lamenta e la soluzione prospettata dalla parte. Secondo questa giurisprudenza, la questione di diritto costituisce l'incrocio tra la soluzione del caso in questione e l'affermazione di un principio di diritto applicabile successivamente a casi simili.

IN LEGGE

OSSERVAZIONI PRELIMINARI

33. Il governo ha sostenuto che le credenziali relative al ricorso n. 26049/14, ad eccezione di quella firmata dal primo ricorrente, il signor S. Di Romano, non erano validamente compilate e firmate e non soddisfacevano i requisiti dell'articolo 47 del regolamento della Corte. Invita la Corte, se dovesse constatare che l'irregolarità menzionata è una realtà, a prendere provvedimenti per regolarizzare le procure.

34. I ricorrenti sostengono di aver rispettato le istruzioni pratiche fornite dal Tribunale e disponibili al momento del deposito del ricorso. Inoltre, sostengono che al momento della comunicazione del caso hanno tutti firmato nuove procure al signor Formisani e al signor Mascia. Hanno chiesto alla Corte di respingere gli argomenti del governo

35. La Corte ribadisce che l'applicazione dell'articolo 47 del suo regolamento rientra nella sua competenza esclusiva per quanto riguarda l'amministrazione dei procedimenti dinanzi ad essa, e che gli Stati contraenti non possono invocarla come motivo di irricevibilità ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione (cfr., tra le altre autorità, Gözüm c. Turchia, n. 4789/10, § 31, 20 gennaio 2015, Aydoğdu c. Turchia, n. 40448/06, § 53, 30 agosto 2016, e Müftüoğlu e altri c. Turchia, nn. 34520/10 e altri 2, § 42, 28 febbraio 2017). Nella fattispecie, osserva che i ricorrenti, ai sensi dell'art. 36, secondo comma, del regolamento del Tribunale, sono tutti validamente rappresentati dal sig. E. Formisani e dal sig. A. Mascia.

36. 36. Di conseguenza, la Corte ritiene che le credenziali dei ricorrenti nel ricorso n. 26049/14 siano debitamente compilate e firmate.

CONGIUNZIONE DELLE DOMANDE

37. 37. Data l'affinità dell'oggetto delle domande, la Corte ritiene opportuno esaminarle insieme in un'unica sentenza.

LA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

38. I ricorrenti lamentavano che la Corte di Cassazione aveva respinto i loro ricorsi in quanto i criteri di redazione dei ricorsi in cassazione erano stati applicati in modo eccessivamente formalistico. Hanno invocato l'articolo 6 § 1 della Convenzione, che recita

"Ogni persona ha diritto a un processo equo ... da parte di un tribunale ...".

Ammissibilità

39. Ritenendo che i ricorsi non siano manifestamente infondati o irricevibili per qualsiasi altro motivo ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione, la Corte li dichiara ammissibili.

I meriti
I richiedenti

(a) Domanda n. 55064/11

40. Il ricorrente ha sostenuto che l'interpretazione eccessivamente formalistica adottata dalla Corte di Cassazione ha impedito l'esame del suo ricorso. In particolare, ha sostenuto che il principio di autonomia del ricorso in cassazione (principio d'autosufficienza), come applicato all'epoca dei fatti, non era sufficientemente prevedibile, chiaro e coerente.

41. Egli ha sostenuto che il governo ha ammesso nelle sue osservazioni che il principio aveva la sua origine nella giurisprudenza (vedi paragrafo 69 sopra). A suo avviso, la Corte di cassazione aveva dovuto chiarire l'applicazione di tale principio con sentenze delle sezioni unite, in particolare la sentenza n. 8077/2012 (cfr. paragrafo 31 supra). Questa stessa esigenza di chiarimento sarebbe all'origine del protocollo del 2015 (paragrafo 23), la cui firma da parte del CNF aveva lo scopo di frenare l'approccio eccessivamente formalistico della Corte di Cassazione. In ogni caso, lo sviluppo qui descritto verrebbe dopo che l'appello è stato respinto nel 2011.

42. Il ricorrente ritiene che il rigetto del suo ricorso sia stato sproporzionato (cfr. paragrafo 7). Egli ha sostenuto che il principio di autonomia era destinato a permettere alla Corte di Cassazione di comprendere il contesto della causa e le rivendicazioni delle parti interessate senza dover fare riferimento ad altre fonti scritte, e che il suo ricorso soddisfaceva questi requisiti. Egli ha sostenuto di aver indicato, per ciascuno dei motivi invocati, la pertinente causa di apertura di cui all'articolo 360 del TBC (cfr. paragrafo 20) e le disposizioni invocate, e di aver riprodotto i documenti citati, talvolta in dettaglio, talvolta in forma sintetica, insieme all'indicazione della fase del procedimento in cui erano stati prodotti. Per quanto riguarda i documenti invocati a sostegno dell'appello, egli sostiene che il fascicolo in primo grado era identico in tutto e per tutto a quello del procedimento d'appello.

43. Per quanto riguarda le statistiche fornite dal governo nelle loro osservazioni (cfr. paragrafo 67 qui di seguito), il ricorrente ha sostenuto che erano irrilevanti per i fatti del caso e che dimostrano che le autorità giudiziarie hanno sempre avuto il vero obiettivo di interpretare il principio dell'autonomia del ricorso come un mezzo per limitare l'accesso alla Corte di cassazione e ridurre il suo arretrato.

b) Domanda n. 37781/13

44. Il ricorrente ha criticato l'approccio della Corte di Cassazione, a suo parere eccessivamente formalistico, in quanto sono stati adottati due motivi di inammissibilità del ricorso.

45. Per quanto riguarda la "questione di diritto", la ricorrente si basa sui rapporti dell'ufficio del massimario e del ruolo (nn. 25 e 89 del 2008), su alcune sentenze delle sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenze n. 16002/2007, 3519/2008, 4309/2008, 6420/2008, 8897/2008, 4556/2009 e 21672/2013) nonché sulle critiche mosse dalla dottrina e dal CNF in merito al formalismo della Corte di Cassazione. In particolare, si lamenta l'obbligo imposto al ricorrente di dimostrare il nesso tra la questione giuridica e il caso di specie, l'obbligo di indicare la norma giuridica che ritiene applicabile e l'obbligo, previsto dalla giurisprudenza, di concludere i motivi che criticano un vizio di motivazione con un paragrafo sommario equivalente a un quesito di diritto.

46. Nella fattispecie, il ricorrente sostiene che la formulazione dei quesiti di diritto era sintetica e che la Corte di Cassazione aveva tutti gli elementi necessari per comprendere le sue denunce. A questo proposito, ha sostenuto che il caso in questione è diverso da Trevisanato v. Italia (sentenza n. 32610/07, 15 settembre 2016), dove la Corte aveva sancito l'assenza di quesiti di diritto, e che, a differenza del ricorso in questione a Trevisanato, il suo ricorso era stato presentato appena nove mesi dopo l'introduzione della nuova disposizione, in un momento in cui non esisteva quindi una giurisprudenza su come formulare il quesito di diritto, motivo per cui il suo avvocato non aveva potuto valutare prima le possibilità di ammissibilità del suo ricorso. In ogni caso, ha sostenuto che anche se fosse stato possibile nel dicembre 2006 prevedere il contenuto del quesito di diritto richiesto dalla Corte di Cassazione, l'interpretazione lamentata sarebbe comunque contraria alla Convenzione.

47. Per quanto riguarda il principio dell'autonomia del ricorso, la ricorrente ha sostenuto in primo luogo che gli esempi di giurisprudenza forniti dal governo nelle loro osservazioni riguardavano solo i difetti dei motivi del ricorso. Riteneva inoltre che la rassegna di diritto comparato delle procedure di filtraggio esistenti elaborata dal governo (cfr. paragrafo 65 qui di seguito) fosse irrilevante nella misura in cui riguardava i sistemi per accertare se il ricorso riguardava, alternativamente o cumulativamente: (a) una questione giuridica di interesse generale; (b) la protezione di un diritto fondamentale; (c) l'esistenza di un conflitto di giurisprudenza; e (d) una controversia di valore significativo.

48. Inoltre, la ricorrente sostiene che l'obiettivo della Corte di Cassazione è quello di utilizzare il principio di autonomia come mezzo per filtrare i ricorsi in cassazione.

49. Per quanto riguarda l'esigenza di prevedibilità dei criteri di redazione che derivano da questo principio, la ricorrente afferma che sono stati spesso applicati in due modi. Talvolta il giudice di legittimità li aveva interpretati in modo "flessibile", limitandosi a chiedere alla parte di presentare tutti gli elementi necessari alla comprensione delle sue allegazioni (sentenze nn. 24461/2005, 18661/2006 e 2560/2007), di indicare la fase del procedimento in cui si era verificato il vizio (sentenza n. 4741/2005), o il riferimento dei documenti prodotti a sostegno dei motivi (sentenze nn. 317/2002 e 12239/2007). In altre occasioni, tuttavia, ha dato una "lettura più rigorosa", imponendo un ulteriore obbligo di trascrizione di ogni documento citato nel ricorso a pena di inammissibilità, nonostante il deposito di documenti nel procedimento di merito (sentenze n. 17424/2005, 20392/2007 e 21994/2008).

50. La ricorrente sostiene che questa giurisprudenza contraddittoria ha portato il legislatore a intervenire, con la riforma del 2006, nel tentativo di chiarire il contenuto del principio di autonomia e quindi di accantonare l'obbligo di trascrizione. Invano, secondo il ricorrente, perché una parte della giurisprudenza ha continuato a richiedere la trascrizione degli atti citati (sentenze nn. 1952/2009, 6397/2010, 10605/2010, 24548/2010 e 20028/2011), anche dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 8077 del 2012 (cfr. supra, paragrafo 31) e il protocollo del 2015 (cfr. supra, paragrafo 23) (sentenze nn. 15634/2013, 7362/2015 e 18316/2018). Di fronte a questa giurisprudenza, gli avvocati tenderebbero a riprodurre integralmente i documenti, ma questa pratica sarebbe considerata contraria ai principi di esposizione sommaria dei fatti e di autonomia del ricorso (sentenze nn. 15180/2010, 11044/2012 e 8245/2018).

51. Per quanto riguarda le caratteristiche del suo ricorso, il ricorrente sostiene che esso conteneva una sintesi esaustiva dei fatti della causa, del procedimento di merito e, in particolare, della sentenza impugnata (cfr. paragrafo 11 sopra). I suoi primi quattro motivi riguardavano l'errata applicazione di articoli del codice civile che erano correttamente citati e accompagnati da riferimenti dettagliati ai documenti citati. Inoltre, la sentenza impugnata è stata allegata al ricorso, oltre al fascicolo della causa. In queste circostanze, il rigetto del suo ricorso sarebbe stato sproporzionato, poiché l'obbligo di riprodurre il contenuto di un documento già incluso nel fascicolo allegato al ricorso e menzionato dal ricorrente non poteva essere considerato necessario per la corretta amministrazione della giustizia e la certezza del diritto.

52. In conclusione, il ricorrente ritiene che la Corte di Cassazione sia stata eccessivamente formale e che sia stato vittima di un'interferenza eccessiva e sproporzionata nel suo diritto di accesso ad un tribunale.

c) Domanda n. 26049/14

53. 53. I ricorrenti hanno sostenuto che la restrizione in questione non era proporzionata.

54. 54. Basandosi sui principi sviluppati da questa Corte, hanno sostenuto che, per quanto riguarda le restrizioni legali all'accesso ai tribunali superiori, la Corte aveva preso in considerazione, in misura diversa, fattori quali la prevedibilità della restrizione contestata e se fosse viziata da "eccessivo formalismo".

55. Essi sostengono che la Corte di Cassazione si è basata su una giurisprudenza successiva al deposito del loro ricorso (cfr. punto 17) e che, anche dopo, non ha chiarito le esigenze del principio di autonomia dal punto di vista del principio di esposizione sommaria dei fatti e dell'obbligo di trascrizione dei documenti citati nelle memorie.

56. In queste circostanze, considerano che la restrizione contestata era incerta e imprevedibile, e quindi contraria al principio dello Stato di diritto.

57. Per quanto riguarda la legittimità dello scopo perseguito dalla restrizione, i ricorrenti hanno sostenuto che essa mirava unicamente a limitare l'accesso al tribunale superiore. Sostenevano che il governo aveva confermato ciò affermando nelle loro osservazioni che il legislatore e la giurisprudenza della Corte di cassazione "avevano rafforzato i meccanismi esistenti di limitazione procedurale dell'accesso ai tribunali di cassazione". Secondo i ricorrenti, l'obiettivo di garantire una durata ragionevole del procedimento civile non poteva tradursi in un ostacolo all'accesso al tribunale e in una limitazione del diritto a un processo equo.

58. 58. In conclusione, i ricorrenti ritenevano che il diritto di accesso alla Corte di cassazione fosse stato violato dal fatto che l'obbligo di redigere una sintesi dei fatti - imposto dall'articolo 366 § 1 n. 3 del CPC - costituiva un filtro e una barriera procedurale, il cui contenuto era determinato da una giurisprudenza incerta, contraddittoria e formalistica.

Il governo

59. Il Governo ricorda innanzitutto i principi sviluppati dalla Corte europea in relazione all'accesso ai tribunali superiori, in particolare le sentenze Zubac c. Croazia ([GC], n. 40160/12, 5 aprile 2018), Golder c. Regno Unito (21 febbraio 1975, serie A n. 18), Levages Prestations Services c. Francia (23 ottobre 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-V) e Kemp e altri c. Lussemburgo (n. 17140/05, 24 aprile 2008), nonché la decisione in Valchev e altri c. Bulgaria, ((dec.), n. 47450/11, 21 gennaio 2014).

60. Il governo ha sostenuto che le limitazioni procedurali applicate ai ricorsi dei ricorrenti rientravano nel margine di apprezzamento dello Stato ed erano compatibili con la Convenzione. A suo avviso, l'indicazione chiara dei fatti procedurali pertinenti, dei documenti citati e del nesso di causalità tra la decisione impugnata, i vizi denunciati e le disposizioni applicabili era una condizione indispensabile perché la Corte di Cassazione potesse svolgere il suo compito.

61. Per quanto riguarda il ricorso n. 55064/11, il Governo ha sostenuto che la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del ricorrente in quanto i casi di decorrenza specificamente previsti dall'articolo 360 del CPC non vi erano indicati e i documenti invocati a sostegno della tesi del ricorrente non vi erano menzionati.

62. Per quanto riguarda il ricorso n. 37781/13, egli sosteneva che le questioni di diritto non erano correttamente formulate, in violazione dell'articolo 366 bis CPC, e che, a causa degli elementi mancanti nel ricorso, era impossibile, in primo luogo, comprendere l'oggetto della contestazione, in secondo luogo, identificare la disposizione o il documento che avrebbe dovuto consentire al giudice d'appello di giungere a una conclusione diversa e, in terzo luogo, trovare i documenti citati nel fascicolo.

63. Per quanto riguarda il ricorso n. 26049/14, il Governo ha fatto notare che la Corte di Cassazione ha osservato che l'esposizione dei fatti era di 51 pagine, che riproduceva i documenti del procedimento raggruppandoli (tecnica dell'assemblaggio) e che non conteneva alcuna indicazione delle fasi essenziali del procedimento pertinenti ai motivi di ricorso. La Corte di Cassazione ha anche affermato che la motivazione non permetteva di identificare i fatti rilevanti.

64. Il governo ha sostenuto che le limitazioni applicate agli appelli perseguono uno scopo legittimo. In particolare, l'applicazione del principio dell'autonomia del ricorso mirava a garantire la buona amministrazione della giustizia, il rispetto di termini ragionevoli, l'accelerazione e la semplificazione dell'esame delle cause pendenti e il consolidamento del principio della certezza del diritto, permettendo così all'Alta Corte di rafforzare il suo ruolo di garante dell'uniformità del diritto interno.

65. 65. Il governo ha inoltre sostenuto che l'applicazione del principio di autonomia era prevedibile all'epoca e che ogni avvocato poteva conoscere i suoi obblighi in materia, se necessario con l'aiuto dell'interpretazione giudiziaria, che era sufficientemente chiara e coerente. Egli sostiene che, a differenza di altri paesi europei che limitano l'accesso alla Corte Suprema attraverso disposizioni che lasciano un'ampia discrezionalità al giudice, l'Italia ha un codice di procedura civile che stabilisce criteri precisi applicati caso per caso.

66. 66. Infine, egli sostiene che l'applicazione di questo principio ha mantenuto un ragionevole rapporto di proporzionalità senza cadere in un eccessivo formalismo. Ricorda la funzione dell'Alta Corte e lo svolgimento del procedimento, che in ogni caso ha comportato un doppio esame del merito, e sostiene che la Corte di Cassazione ha concluso, dopo un ragionamento logico, completo e ben ragionato, che le condizioni previste dal codice di procedura civile non erano state soddisfatte nei tre casi.

67. Su un piano più generale, il Governo ha ricordato il ruolo della Corte di Cassazione e lo scopo del ricorso per cassazione e ha sottolineato che nel sistema italiano l'accesso al giudice di legittimità è diretto. Sostiene che le cifre ufficiali (per il periodo 2008-2018) mostrano che il numero di avvocati autorizzati a patrocinare davanti ai tribunali superiori supera attualmente i 40.000, mentre la Corte di Cassazione ha solo circa 300 giudici, di cui circa la metà siede nelle sezioni civili. Si afferma anche che la Corte di Cassazione riceve circa 30.000 ricorsi ogni anno e pronuncia in media tra 220 e 240 sentenze, mentre gli ordini di archiviazione rappresentano in media il 14% di tutte le decisioni adottate ogni anno. Infine, si dice che l'arretrato superi i 100.000 casi.

68. Secondo il governo, è in questo contesto che il legislatore, in particolare nel 2006, e la giurisprudenza di legittimità hanno rafforzato i meccanismi procedurali esistenti per limitare l'accesso alla Corte di Cassazione.

69. Quanto al principio di autonomia, il Governo riconosce che è di origine pretoriana (sentenza n. 5656/1986) e afferma che è stato "codificato" dal decreto legislativo n. 40 del 2006, che ha aggiunto all'articolo 366 del CPC l'obbligo di indicare "gli atti processuali, i documenti, i contratti o gli accordi collettivi sui quali si basa il ricorso". Sostiene che, per soddisfare i requisiti formali del ricorso, è sufficiente che il motivo sia specifico e che i documenti citati siano indicati con precisione, con i loro riferimenti, per facilitare la loro identificazione nel procedimento di merito.

70 Facendo riferimento a un passaggio della raccomandazione R(95)5 del 7 febbraio 1995 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, il governo sosteneva che, a livello europeo, la maggior parte delle corti supreme aveva adottato o rafforzato negli ultimi anni un meccanismo di "filtraggio" dei ricorsi. Sostiene che la preoccupazione di evitare che un numero eccessivo di domande ostruisca l'attività istituzionale di un tribunale è condivisa dai tribunali internazionali, e in particolare dalla Corte europea (si veda l'articolo 47 del regolamento della Corte e i criteri di ammissibilità), dal Tribunale di primo grado e dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, nonché dalla Corte interamericana dei diritti umani, che, a suo parere, hanno tutti introdotto meccanismi per limitare l'accesso.

La valutazione della Corte

a) Principi generali

71. La Corte fa riferimento ai principi applicabili alle limitazioni del diritto di accesso a un tribunale superiore (si veda, tra le tante, Zubac, citata, §§ 76-82), ricordando in particolare che il modo in cui l'articolo 6 § 1 si applica alle corti d'appello o di cassazione dipende dalle caratteristiche particolari del procedimento in questione. Per quanto riguarda le formalità da osservare per un ricorso in cassazione, la Corte fa riferimento, tra l'altro, alle sentenze Sturm c. Lussemburgo (n. 55291/15, §§ 39-42, 27 giugno 2017), Miessen c. Belgio ( n. 31517/12, §§ 64-66, 18 ottobre 2016), Trevisanato c. Italia (n. 32610/07, §§ 33-34, 15 settembre 2016), Papaioannou c. Grecia (n. 18880/15, §§ 46-51, 2 giugno 2016), e Běleš e altri c. Repubblica Ceca (n. 47273/99, § 62, CEDU 2002-IX).

72. La Corte ricorda che il suo compito in questi casi è di accertare se il rigetto di un ricorso in cassazione per inammissibilità abbia intaccato la sostanza stessa del "diritto" del ricorrente a un tribunale. A tal fine, essa esaminerà innanzitutto se le condizioni imposte alla redazione del ricorso in cassazione perseguissero uno scopo legittimo nel caso di specie, e considererà poi la proporzionalità delle restrizioni imposte (si veda Zubac, sopra citata, §§ 96-99, e Trevisanato, sopra citata, § 35, con la giurisprudenza citata).

b) Applicazione nel presente caso

Lo scopo legittimo

73. La Corte osserva che la valutazione della legittimità dello scopo perseguito dall'applicazione del principio dell'autonomia del ricorso in cassazione si presta ad un trattamento unico per i tre casi.

74.  Contestato dai ricorrenti (cfr. paragrafi 43, 48 e 57 sopra), lo scopo perseguito era, secondo il governo (cfr. paragrafo 64 sopra) e la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. paragrafo 25 sopra) per facilitare la comprensione del caso e delle questioni sollevate nel ricorso e per permettere alla Corte di Cassazione di pronunciarsi senza doversi basare su altri documenti, in modo da preservare il suo ruolo e la sua funzione di garantire in ultima istanza l'applicazione uniforme e l'interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia).

75. Alla luce di questi elementi, la Corte considera che questo principio è destinato a semplificare l'attività della Corte di Cassazione e allo stesso tempo a garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia.

76. Per quanto riguarda la "questione di diritto" oggetto del ricorso n. 37781/13, la Corte fa riferimento alla sentenza Trevisanato (citata sopra, §§ 36-37), in cui ha concluso che questa soddisfa sia i requisiti di certezza del diritto che la corretta amministrazione della giustizia.

77. Resta quindi da determinare se le conseguenze delle restrizioni all'accesso alla Corte di Cassazione siano state proporzionate.

La proporzionalità della restrizione

78. La Corte osserva che il principio di autonomia permette alla Corte di cassazione di determinare il merito delle denunce presentate e la portata della valutazione che le è richiesta sulla base del solo ricorso, e che garantisce un uso appropriato e più efficiente delle risorse disponibili.

79. La Corte ritiene che questo approccio derivi dalla natura stessa del ricorso in Cassazione, che protegge, da un lato, l'interesse del contendente a vedere accolte le sue critiche alla decisione impugnata e, dall'altro, l'interesse generale all'annullamento di una decisione che potrebbe minare la corretta interpretazione del diritto. La Corte ammette quindi che le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione possono essere più rigorose di quelle di un appello (si veda Levages Prestations Services, sopra citata, § 45, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 37, Reports of Judgments and Decisions 1997-VIII, e Kozlica c. Croazia, no. 29182/03, § 32, 2 novembre 2006; si veda anche Shamoyan c. Armenia, no. 18499/08, § 29, 7 luglio 2015).

80. La Corte ricorda anche le considerazioni fatte dal governo (cfr. paragrafo 67 sopra) riguardo al grande arretrato e al notevole afflusso di ricorsi presentati all'Alta Corte ogni anno. Questo aspetto è d'altronde una delle ragioni del protocollo firmato tra la Corte di Cassazione e il CNF nel 2015 (vedi paragrafo 23).

81. Anche se il carico di lavoro della Corte di cassazione come descritto dal governo è suscettibile di causare difficoltà nel funzionamento ordinario del trattamento dei ricorsi, resta il fatto che le limitazioni all'accesso alle corti di cassazione non devono essere interpretate in modo troppo formale per limitare il diritto di accesso a un tribunale in modo tale o in misura tale da incidere sulla sostanza stessa di tale diritto (cfr. Zubac, citato, § 98, e Vermeersch c. Belgio, n. 49652/10, § 79, 16 febbraio 2021, Efstratiou e altri c. Grecia, n. 53221/14, § 43, 19 novembre 2020, Trevisanato, citato, § 38).

82. In particolare, la Corte osserva che dalla giurisprudenza fornita dalle parti (si vedano i paragrafi 41-49-50 e 56 supra) risulta che l'applicazione da parte della Corte di cassazione del principio qui in discussione, almeno fino alle sentenze nn. 5698 e 8077 del 2012 (si vedano i paragrafi 30 e 31 supra), rivela una tendenza dell'Alta Corte a concentrarsi su aspetti formali che non sembrano rispondere allo scopo legittimo individuato (cfr. paragrafo 75 supra), in particolare per quanto riguarda l'obbligo di trascrivere integralmente i documenti inclusi nei motivi di ricorso, e il requisito della prevedibilità della restrizione.

83. 83. Inoltre, la Corte ritiene che la ragione di questa tendenza risieda, tra l'altro, nella natura del principio di autonomia, che prevede che il ricorrente debba presentare tutti gli elementi di fatto e di diritto per ogni motivo di ricorso, affinché la Corte di cassazione possa decidere sulla base del solo ricorso. La Corte ritiene quindi che l'analisi comparativa del governo sui "sistemi di filtraggio" in vigore in altri paesi europei (cfr. paragrafi 65 e 70) non può essere rilevante in questo caso. Infatti, come giustamente sottolinea il ricorrente nel ricorso n. 37781/13 (cfr. punto 47 supra), la ricevibilità di un ricorso in cassazione in questi sistemi dipende dal fatto che il ricorso riguardi una questione giuridica di interesse generale o la tutela di un diritto fondamentale, che sollevi un conflitto di giurisprudenza o, infine, che la controversia abbia un valore significativo. Secondo la Corte, i "sistemi di filtraggio" citati dal governo sono più simili alle disposizioni dell'articolo 360bis del CPC (vedi paragrafo 20).

84. Nemmeno i criteri relativi alla redazione del ricorso possono essere comparati, come vorrebbe il governo (vedere paragrafo 70
sopra), con il sistema di filtraggio e le condizioni di ammissibilità della domanda davanti alla Corte. L'articolo 47 del Regolamento della Corte prevede che ogni domanda presentata ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione deve essere presentata sul formulario fornito dalla cancelleria, secondo criteri formali chiari e prevedibili stabiliti in documenti consultabili da ogni richiedente. Per quanto riguarda i criteri di ammissibilità, la Corte ritiene che potrebbe essere in parte paragonabile al meccanismo previsto dall'articolo 360 bis del CPC già menzionato.

85. Esaminando i fatti delle presenti cause alla luce del principio di sussidiarietà e della sua giurisprudenza sui meccanismi di filtraggio relativi ai ricorsi dinanzi alle corti supreme (si veda Papaioannou, già citata, § 42), la Corte valuterà l'applicazione del principio di autonomia in ogni caso.

α) Domanda n. 55064/11

86. La Corte osserva che il ricorso della ricorrente è stato respinto in prima istanza perché non ha rispettato l'obbligo di indicare, per ogni motivo di ricorso, i casi in cui la sentenza della Corte d'appello era ricorribile per cassazione (cfr. paragrafo 7
sopra). Ai sensi dell'articolo 360 (1-5) del CPC, tuttavia, le possibilità di ricorso per cassazione di una decisione sono limitate a cinque motivi di ricorso (vedi paragrafo 20 sopra).

87. Nella fattispecie, ogni motivo del ricorso del ricorrente (cfr. punto 6) relativo a un errore nel iudicando o a un errore nel procedendo è stato aperto con l'indicazione degli articoli o dei principi di diritto che sarebbero stati violati e ha fatto riferimento all'articolo 360, n. 3 o 4, del CPC, che sono due dei motivi per i quali può essere presentato un ricorso per cassazione.

88. Allo stesso modo, nel criticare la sentenza della Corte d'appello per insufficienza di motivazione, il ricorrente ha fatto riferimento ai motivi di ricorso per cassazione di cui all'articolo 360(5) del CPC.

89. In queste circostanze, la Corte ritiene che l'obbligo di specificare il tipo di critica fatta con riferimento alle ipotesi legislativamente limitate dei casi di inizio previsti dall'articolo 360 del CPC sia stato sufficientemente rispettato nel caso di specie. La Corte di Cassazione ha potuto accertare dall'intestazione di ogni caso quale tipo di apertura veniva sviluppata nel motivo e quali disposizioni, se del caso, venivano invocate.

90. In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il ricorso del ricorrente non menzionasse gli elementi necessari per identificare i documenti citati a sostegno delle critiche che aveva formulato nei suoi motivi (cfr. paragrafo 7).

91. Una lettura dei motivi d'appello mostra invece che quando il ricorso si riferiva ai punti criticati nella sentenza della Corte d'appello, si riferiva ai motivi della sentenza riprodotti nell'esposizione dei fatti, dove erano riprodotti i passaggi pertinenti. Inoltre, quando ha citato documenti del procedimento principale per sviluppare il suo ragionamento, il ricorrente ha trascritto i brevi passaggi pertinenti e ha fatto riferimento al documento originale, rendendo così possibile la sua identificazione tra i documenti depositati con il ricorso.

92. In queste circostanze, anche supponendo che la sentenza della Corte di Cassazione abbia correttamente fatto riferimento al ricorso del ricorrente, ritenendo che le precisazioni fornite non fossero sufficienti, la High Court ha dato prova di un eccessivo formalismo che non può essere giustificato alla luce della finalità propria del principio dell'autonomia del ricorso in cassazione (cfr. paragrafo 75 supra) e quindi dello scopo perseguito, ossia la garanzia della certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia.

93. La Corte ritiene che la lettura del ricorso del ricorrente abbia permesso di comprendere l'oggetto e lo svolgimento del procedimento dinanzi ai giudici di merito, nonché la portata dei motivi di ricorso, sia per quanto riguarda il loro fondamento giuridico (il tipo di critica rispetto ai casi previsti dall'articolo 360 del CPC) che il loro contenuto, con l'aiuto dei riferimenti ai passaggi della sentenza del giudice di appello e ai documenti pertinenti citati nel ricorso.

94. 94. In conclusione, la Corte ritiene che nella fattispecie il rigetto del ricorso del ricorrente abbia minato la sostanza del suo diritto a un tribunale.

95. C'è stata quindi una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.

(β) Domanda n. 37781/13

96. La Corte nota che il ricorso della ricorrente è stato presentato nel dicembre 2006 (cfr. paragrafo 11). All'epoca, le disposizioni applicabili prevedevano, oltre al rispetto del principio dell'autonomia del ricorso, l'obbligo o di concludere i motivi di ricorso con una questione di diritto o di indicare chiaramente i fatti contestati rispetto al motivo di ricorso che denuncia un difetto di motivazione (cfr. paragrafo 20 sopra).

97. Per quanto riguarda le questioni di diritto, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il ricorso del ricorrente fosse inammissibile perché generico e astratto. Per quanto riguarda l'ultimo motivo di ricorso, non ha indicato chiaramente il fatto contestato in relazione al presunto difetto di motivazione.

98. La Corte ricorda la sua sentenza nella causa Trevisanato (citata, § 42), in cui ha ritenuto che chiedere al ricorrente di concludere il suo ricorso in cassazione con un paragrafo sintetico che riassume il ragionamento seguito e spiega il principio di diritto che si presume sia stato violato non avrebbe richiesto alcun ulteriore sforzo particolare da parte sua.

99. Nella fattispecie, se è vero che la giurisprudenza citata nella sentenza della Corte di cassazione è posteriore alla data di presentazione del ricorso della ricorrente (cfr. punto 46), non è vero che la sentenza della Corte di cassazione si basa su una giurisprudenza non conforme al diritto.

46 supra), resta il fatto che l'articolo 366bis del TBC era entrato in vigore nove mesi prima della presentazione del ricorso e che il ricorrente era assistito da un avvocato esperto in procedimenti giudiziari e abilitato a patrocinare dinanzi alle giurisdizioni superiori (si veda Trevisanato, sopra citata, § 45). Inoltre, la Corte osserva che la legge di delegazione del 2005 (si veda il precedente paragrafo 18), con la quale il legislatore ha stabilito i principi generali che regolano i poteri dell'esecutivo ai fini dell'elaborazione della riforma del codice di procedura civile del 2006, prevedeva, tra l'altro, che ogni motivo si concludesse con un quesito di diritto e che la Corte di cassazione enunciasse, sempre per ogni motivo, un principio di diritto che fosse capace di rispondere alle critiche mosse nel caso in questione ma anche, come principio generale, di essere applicato ad altri casi simili.

100. Per quanto riguarda i requisiti per la formulazione del motivo relativo al difetto di motivazione della sentenza impugnata, la Corte osserva che, come ha osservato la Corte di Cassazione, il ricorrente non ha indicato chiaramente il fatto contestato né le ragioni per cui, a suo avviso, la motivazione della sentenza era insufficiente. Infatti, in mancanza di una chiara esposizione dei fatti che dovevano giustificare la sanzione della Cassazione per difetto di motivazione, il suo motivo si limitava a una critica della valutazione dei fatti da parte della Corte d'appello, che non poteva essere censurata dalla Cassazione.

101. Per quanto riguarda la parte della decisione dell'Alta Corte relativa alla violazione del principio dell'autonomia del ricorso in cassazione, la Corte di Cassazione ha affermato che il ricorrente si era limitato a citare, nei suoi motivi, gli atti del procedimento di merito senza presentarne le parti pertinenti e senza indicare i riferimenti necessari per trovarli nel fascicolo allegato al ricorso (si veda il precedente paragrafo 12).

102. La Corte rimanda alle sue considerazioni sopra esposte (cfr. paragrafo 82) per quanto riguarda l'obbligo di riproduzione, interpretato come un obbligo di trascrizione integrale dei documenti. Detto questo, rileva che nel caso di specie il ricorso del ricorrente ha anche omesso, a più riprese, di indicare i riferimenti delle fonti scritte invocate o i passi della sentenza della Corte d'appello citati, in spregio alla giurisprudenza della Corte di cassazione su questo punto (cfr. paragrafi 28-29 sopra).

103. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza interna non controversa su questo punto, i motivi di ricorso che fanno riferimento ad atti o documenti del procedimento di merito devono indicare sia le parti del testo criticato che il contendente ritiene pertinenti sia i riferimenti ai documenti originali nei fascicoli depositati, in modo da consentire al giudice di verificarne prontamente la portata e il contenuto, tenendo conto delle risorse disponibili.

104. Di conseguenza, l'indicazione degli atti del procedimento di merito era irregolare perché ogni passaggio citato mancava del riferimento ai documenti originali richiesto dalla giurisprudenza interna (cfr. Dos Santos Calado e altri c. Portogallo, n. 55997/14 e altri 3, § 115, 31 marzo 2020, Efstratiou, già citata, § 49).

105. In considerazione della particolarità del procedimento di cassazione, dell'intero processo e del ruolo svolto in esso dalla Corte di Cassazione (cfr. Zubac, cit., 82), e del contenuto dell'obbligo specifico che il difensore del ricorrente era tenuto ad adempiere in questo caso (in particolare, indicare, la Corte ritiene che la decisione di inammissibilità della Corte di Cassazione nel presente caso non può essere considerata come un'interpretazione eccessivamente formalistica che avrebbe impedito l'esame del ricorso del ricorrente

106. Non c'è stata quindi alcuna violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.

(γ) Applicazione n. 26049/14

107. La Corte osserva che l'esposizione dei fatti nel ricorso dei ricorrenti ha offerto una ricostruzione meticolosa del procedimento di merito e delle decisioni del tribunale e della corte d'appello (cfr. paragrafo 16).

108. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha interpretato l'obbligo di esporre i fatti sulla base di due sentenze delle sezioni unite (si veda il precedente punto 17), le quali sottolineano che l'esposizione dei fatti di causa comporta un'attività da parte del difensore, il quale è tenuto a selezionare i fatti rilevanti alla luce delle critiche che intende formulare successivamente nelle sue memorie. In pratica, l'avvocato deve permettere di identificare il thema decidendum di ciò che chiede alla Corte di Cassazione, compito che, secondo la giurisprudenza interna, implica necessariamente uno sforzo di riassumere gli aspetti rilevanti del procedimento di merito (si veda il precedente paragrafo 30).

109. Inoltre, questa esigenza di sintesi è espressa molto chiaramente anche nel Codice di Procedura Amministrativa (si veda il precedente paragrafo 21), che prevede che gli atti del giudice e quelli delle parti siano redatti in modo chiaro e sintetico. La Corte nota in particolare che l'attuazione di questa disposizione ha portato alla definizione di criteri di redazione e persino di limiti alla durata dei ricorsi amministrativi (cfr. paragrafo 22). Sulla stessa linea, il governo ha recentemente fatto riferimento, nel suo piano di recupero e di resilienza (cfr. paragrafo 24 sopra), alla necessità di riformare la procedura civile, e più in particolare quella seguita davanti alla Corte di Cassazione, sviluppando i principi di autonomia e di sintesi degli atti processuali, compreso il ricorso.

110. La Corte ritiene che l'interpretazione data all'esposizione sommaria dei fatti sia d'altronde compatibile con l'applicazione del principio dell'autonomia del ricorso che, come ha già ricordato sopra (cfr. punto 75), esige che la Corte di cassazione, ad una lettura globale del ricorso, sia in grado di comprendere l'oggetto della controversia nonché il contenuto delle censure che dovrebbero giustificare l'annullamento della decisione impugnata e sia in grado di pronunciarsi.

111. La Corte osserva che, al momento della presentazione del ricorso dei ricorrenti, la giurisprudenza della Corte di cassazione prevedeva procedure chiare e definite (si vedano i paragrafi 17 e 30) per la redazione dell'esposizione dei fatti rilevanti (si veda Zubac, sopra citato, § 88).

112. La Corte osserva che i difensori dei ricorrenti si sono limitati a trascrivere gran parte dell'esposizione dei fatti della sentenza della Corte d'appello, le osservazioni dei ricorrenti in appello, parte del ricorso di un imputato e la motivazione e il dispositivo della sentenza della Corte d'appello (si veda il precedente paragrafo 16) (ibid., §§ 90 e 121).

113. A questo proposito, la Corte osserva che la procedura davanti alla Corte di Cassazione prevede l'assistenza obbligatoria di un avvocato che deve essere iscritto in una lista speciale, sulla base di determinate qualifiche, per garantire la qualità del ricorso e il rispetto di tutte le condizioni formali e sostanziali richieste. L'avvocato dei ricorrenti era quindi in grado di sapere quali fossero i suoi obblighi al riguardo, sulla base del testo dell'articolo 366 del TBC e con l'aiuto dell'interpretazione della Corte di Cassazione, che era sufficientemente chiara e coerente (cfr. Trevisanato, sopra citata, § 45).

Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che la decisione della Corte di Cassazione non ha compromesso la sostanza del diritto dei ricorrenti a un tribunale.

115. Non c'è stata quindi alcuna violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.

SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

116. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione:

"Se la Corte constata che c'è stata una violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente permette solo una riparazione parziale delle conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se necessario, una giusta soddisfazione alla parte lesa."

Danno

117. 117. Il ricorrente nel ricorso n. 55064/11 ha chiesto 26.000 euro (EUR) per i danni materiali e un importo pari ad almeno un terzo di tale somma per i danni morali che ritiene di aver subito.

118. Il governo ha ritenuto che questa richiesta fosse sproporzionata ed esorbitante, e ha criticato i parametri utilizzati dal richiedente come arbitrari.

119. La Corte non vede alcun nesso causale tra la violazione riscontrata e il danno materiale denunciato. Non spetta alla Corte speculare su quale sarebbe stato l'esito del procedimento in assenza della violazione riscontrata. Ha quindi respinto la domanda presentata a questo proposito. D'altra parte, riconosce al ricorrente 9.600 euro per il danno morale, più l'eventuale importo dovuto su tale somma a titolo di imposta.

Costi e spese

120. Il ricorrente ha chiesto 20 euro per le spese di corrispondenza e ha lasciato alla Corte il compito di valutare gli altri costi e le spese sostenute dinanzi ad essa e ai tribunali nazionali.

121. Il governo ha contestato questa affermazione.

122. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi costi e delle sue spese solo se si dimostra che sono stati effettivamente sostenuti, che erano necessari e che il loro tasso era ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto della mancanza di documenti in suo possesso e dei criteri summenzionati, la Corte respinge la domanda del ricorrente per i costi e le spese.

Interesse di default

123. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi di mora sul tasso d'interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea più tre punti percentuali.

PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

Decide di unirsi alle applicazioni;
Dichiara le domande ammissibili;
Dichiara che vi è stata una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione per quanto riguarda il ricorso n. 55064/11;
Dichiara che non vi è stata alcuna violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione per quanto riguarda le domande n. 37781/13 e 26049/14;
Regge,

(a) che lo Stato convenuto paghi al ricorrente nel ricorso n. 55064/11, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva ai sensi dell'articolo 44 § 2 della Convenzione, 9.600 euro (novemila seicento euro), più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per il danno morale

(b) che a partire dalla scadenza di detto termine e fino al pagamento, su tale importo sarà applicato un interesse semplice ad un tasso pari alle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;

Respinge il resto della richiesta di giusta soddisfazione.

Fatto in francese e notificato per iscritto il 28 ottobre 2021, ai sensi dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Renata Degener Ksenija Turković
Presidente del cancelliere

 

ALLEGATO

No.

Applicazione No.

Nome del caso

Archiviato su

Richiedente
Anno di nascita
Luogo di residenza

Rappresentato da

1.

55064/11

Succi contro Italia

13/08/2011

L. SUCCI
1949
Catania

P. Calabretta

2.

37781/13

Pezzullo contro Italia

28/05/2013

L. PEZZULLO
1951
Frattamaggiore

D. Fimmano".

3.

26049/14

Di Romano e altri contro Italia

15/03/2014

S. DI ROMANO
1959
Teramo

M. DI ROMANO
1990
Teramo

S. DI ROMANO
1989
Teramo

D. DI DARIO
1957
Teramo

F. DI DARIO[2]
1930
Teramo
(morto il 20/04/2014)

 

A. PIERMARINI
1935
Teramo

E. Formisano -

A. Mascia

 [1] Articolo introdotto dalla legge n. 69 del 18 giugno 2009, in vigore dal 4 luglio 2009.

[2] Il signor F Di Dario è morto il 20 aprile 2014, dopo la presentazione del ricorso. I suoi eredi, gli altri ricorrenti nella stessa domanda, hanno informato la Corte della loro volontà di continuare il procedimento davanti al Tribunale.