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Termine per trattazione orale cade di festivo (Cass. 944/23)

17 gennaio 2023, Cassazione penale

Il termine di cui all'art. 172, comma 3, c.p.p. diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo, opera anche con riguardo ai termini che si computano "a ritroso" (come, nella specie, quello previsto dall'art. 23 bis, comma 4, della L. 176/2020 per la richiesta di transazione orale,  ovvero a tutti quelli contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. 

Cassazione penale

sez. IV, ud. 15 dicembre 2022 (dep. 13 gennaio 2023), n. 944
Presidente Piccialli – Relatore Pezzella

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Roma, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente S.V. , con sentenza del 23/11/2021 confermava la sentenza emessa in data 20/7/2020 dal Tribunale di Roma che -esclusa la recidiva e con le circostanze attenuanti generiche- lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 600 di multa per il reato di cui al D.P.R. n.. 309 DEL 1990 art. 73 comma 5 commesso in (omissis) .

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il S. , deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. la violazione degli artt. 23bis L. 176/2020 e degli artt. 172,602 e ss. c.p.p..

Ricorda il ricorrente che, a norma dell'art. 23 bis, comma 4, della L. 176/2020 (ex art. 23 D.L. n. 149/2020), la cui operatività era, già, stata prorogata dal D.L. n. 105 del 2021 sino al 31 dicembre 2021, "la richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l'imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all'udienza".

Ciò posto, a fronte di un'udienza fissata avanti alla Corte territoriale per il 23/11/2021, il difensore documenta di avere formulato, a mezzo PEC, richiesta di trattazione orale in data 8/11/2021 (che allega unitamente alle ricevute di accettazione e consegna), applicando il combinato disposto di cui all'art. 23 bis citato e al comma 3 dell'art. 172 c.p.p., in forza del quale "il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo".

Il termine per la richiesta di trattazione orale relativo all'udienza in questione sarebbe, infatti, scaduto domenica 7/11/2021: di talché, il difensore ha proceduto all'adempimento il giorno successivo non festivo, cioè lunedì 8/11/2021.

L'art. 172 c.p.p. definisce, invero, le norme generali per il computo dei termini processuali, come ribadito anche della Sezioni Unite, le quali, proprio in relazione al comma 3 dell'art. 172 c.p.p., hanno affermato che la regola per cui il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo, avendo carattere generale, si applica anche agli atti e ai provvedimenti del giudice, e si riferisce perciò altresì al termine per la redazione della sentenza; nei casi in cui, come nell'art. 585, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., è previsto che il termine assegnato per il compimento di una attività processuale decorra dalla scadenza del termine assegnato per altra attività processuale, la proroga di diritto del giorno festivo in cui il precedente termine venga a cadere al primo giorno successivo non festivo, determina lo spostamento altresì della decorrenza del termine successivo con esso coincidente (il richiamo è a Sez. Un. 155/2012, Ric. Rossi).

Tale regola non soffre quindi di eccezioni nel caso di termini a giorni liberi, come quello prescritto dall'art. 23 bis: nè il legislatore, nè la giurisprudenza di legittimità in sede nomofilattica, hanno, infatti, mai offerto una soluzione contraria. Solo in relazione ai termini dilatori, invero, la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso di escludere l'applicazione della regola prevista all'art. 172, comma 3, c.p.p.: "la proroga di diritto del termine stabilito a giorni che scada in un giorno festivo, prevista al comma 3 dell'art. 172 c.p.p., non si applica ai termini dilatori. Di conseguenza, la prescrizione che nel procedimento di riesame gli avvisi siano comunicati e notificati almeno tre giorni prima della relativa udienza camerale (art. 309, comma 8, c.p.p.) può dirsi osservata anche quando sia festivo l'ultimo dei tre giorni liberi rimasti a disposizione delle parti" (il richiamo è a Sez. 4 n. 38369/2003).

Insomma, per il ricorrente non sarebbe revocabile in dubbio, che anche in virtù del principio generalissimo del favor rei, le regola contemplata dall'art. 172, comma 3, c.p.p. potesse operare anche nel caso che ci occupa: ne consegue che la Corte di Appello di Roma, ritenendo tardiva la richiesta di trattazione formulata dalla difesa nell'interesse del S. e procedendo, dunque, in camera di consiglio senza l'intervento delle parti (cfr. comunicazione della Corte di Appello che viene allegata), sia incorsa nella denunciata violazione di legge.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il motivo proposto è infondato e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.

2. Il ricorrente, come illustrato in premessa, lamenta che la Corte capitolina abbia errato nel ritenere intempestiva la proposta richiesta di discussione orale e richiama il principio, pacifico, per cui, in tema di giudizio d'appello, nel vigore della disciplina emergenziale di contenimento della pandemia da Covid-19, ove il difensore dell'imputato abbia inoltrato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale, lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato determina una nullità generale a regime intermedio per violazione del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione (cfr. Sez. 5, n. 44646 del 14/10/2021 Giaconi Rv. 282172).

Tuttavia, la decisione della Corte capitolina sul punto appare immune da censure.

Ed invero, a norma dell'art. 23 bis, comma 4, della L. 176/2020 (ex art. 23 D.L. n. 149 del 2020), la cui operatività era, già, stata prorogata dal D.L. n. 105 del 2021 sino al 31 dicembre 2021, "la richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l'imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all'udienza".

Si tratta di un termine a giorni liberi per il quale pacificamente non si calcolano nè il dies a quo e nemmeno il dies ad quem (Sez. 3, n. 30333 del 23/4/2021, Altea, Rv. 281726).

Orbene, come si anticipava, correttamente la Corte capitolina, a fronte dell'udienza fissata per il 23/11/2021, ha ritenuto che la richiesta avanzata dal difensore in data 8/11/2021 fosse intempestiva.

È vero, infatti, che il termine scadeva il 7/11/2021, festivo, in quanto domenica, e che l'art. 172. comma 3, c.p.p. prevede che "il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo".

Il termine in questione, tuttavia, è "prima dell'udienza" ed è un termine che va calcolato "a ritroso" e quindi, essendo il 7 novembre festivo, il termine di scadenza per l'impugnazione era quello del 6 novembre e non quello dell'8 novembre.

3. Il Collegio è consapevole dell'esistenza di un recente precedente di questa Corte di legittimità che, in un caso analogo a quello che ci occupa, ha opinato nel senso rivendicato dal ricorrente (Sez. 2 n. 31434 del 30/6/2022, D'Agostino, n. m.).

Quel precedente, che si ritiene non condivisibile, tuttavia, non spiega come si concili il calcolo che pure ritiene vada operato "a ritroso" (così pag. 2 di quella pronuncia) con la conclusione cui perviene di spostare in avanti, in senso opposto al computo effettuato, la data ultima per proporre l'impugnazione.

Diversamente, questa Corte di legittimità, in sede civile, ha più volte ribadito (cfr. ex multis Sez. 6 civ., ordinanza n. 21335 del 14/9/2017, Rv. 645702), a fronte di norme analoghe all'art. 172 comma 3 c.p.p.(l'art. 155, comma 4 c.p.c. che sancisce il medesimo principio diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo, ed il successivo comma 5 del medesimo articolo, introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. f), della L. n. 263 del 2005 e diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato), che le stesse operano anche con riguardo ai termini che si computano "a ritroso" (come, nella specie, quello previsto dall'art. 380 bis, comma 2, c.p.p., come novellato dal D.L. n. 69 del 2013, conv. con modif. in L. n. 98 del 2013), ovvero contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. Ma ha precisato che tale operatività deve correlarsi alle caratteristiche proprie di siffatto tipo di termine, producendo il risultato di individuare il "dies ad quem" dello stesso nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo (in senso conforme vedasi anche Sez. 3 civ., n. 14767 del 30/06/2014 Rv. 631570 e Sez. L, n. 17103 del 22/07/2009, Rv. 610320)

Tale principio, che vale per tutti i termini contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, ad avviso del Collegio trova applicazione anche in sede penale in relazione all'art. 172 comma 3 c.p.p.

Con l'unica differenza che in tale ambito non esiste una norma analoga all'art. 155 comma 5 c.p.c. e, dunque, il sabato va considerato giorno non festivo (cfr. Sez. 3, n. 34877 del 24/06/2010, G, Rv. 248373 che ha chiarito che i giorni festivi vanno individuati tra quelli menzionati dagli artt. 1 e 2 L. n. 260 del 1949, come modificati dall'art. 1 L. n. 54 del 1977 e dall'art. 1 D.P.R. n. 792 del 1985 e che non è applicabile, in via analogica, la disposizione dell'art. 155 c.p.c.).

E a tale ultimo proposito questa Corte di legittimità ha in più occasioni ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 172 c.p.p. in relazione alla diversa disciplina dettata dall'art. 155 c.p.c. - in base alla quale il termine stabilito a giorni, che scade il sabato, è prorogato al primo giorno non festivo - essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla necessità di una disciplina processuale dei termini differenziata, in considerazione dei beni e degli interessi in rilievo nel processo penale, primo tra tutti quello della libertà personale (Sez. 2, n. 13505 del 31/01/2018, Novak, Rv. 272469; Sez. 4, n. 36046 del 9/7/2015, Agasi, Rv. 264413).

Va dunque affermato il principio che il termine di cui all'art. 172, comma 3, c.p.p. diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo, opera anche con riguardo ai termini che si computano "a ritroso" (come, nella specie, quello previsto dall'art. 23 bis, comma 4, della L. 176/2020ex art. 23 D.L. n. 149/2020, norma la cui operatività è stata più volte prorogata nel tempo, ad oggi fino al 31/12/2022), ovvero a tutti quelli contraddistinti dall'assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. Ma tale operatività deve correlarsi alle caratteristiche proprie di siffatto tipo di termine, producendo il risultato di individuare il "dies ad quem" dello stesso nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza in quanto, altrimenti, si produrrebbe l'effetto contrario di una abbreviazione dell'intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo.

4. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.