PARTE PRIMA: I FATTI ED I PROCEDIMENTI
1.1)L'esplosione alla stazione ferroviaria di Bologna, l'istruzione preliminare e l'istruzione sommaria
1.1.1.) L'esplosione e le sue conseguenze
02/08/80Alle ore 10,25 di sabato 2 agosto 1980, un violentissimo scoppio nei locali della sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna provocava il crollo delle strutture sovrastanti la sala (adibite ad uffici `C.I.G.A.R'), di strutture sovrastanti la sala d'aspetto di prima classe, nonché della pensilina per circa 30 metri di lunghezza.
L'esplosione investiva anche due vetture del treno straordinario Ancona-Chiasso, che nella circostanza si trovava in sosta al primo binario, immediatamente antistante i locali della sala d'attesa (1).
Le conseguenze dell'esplosione erano di terrificante gravità, anche in ragione dell'affollamento della stazione, in un giorno prefestivo del mese di agosto: 85 persone perdevano la vita (2) ed i feriti si contavano nell'ordine
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(1) - Cfr. RA, V1, C1, p1. (2) - Cfr. DF, C1, contenitore non numerato con l'intitolazione "Persone decedute in seguito allo scoppio verificatosi il 2.8.1980 nella Stazione F.S. di Bologna".
delle centinaia (3); i danni materiali alle strutture ed ai mezzi si appalesavano -com'è intuibile- di imponente entità.
1.1.2) L'avvio delle indagini
1.1.2.1) Il conferimento dell'incarico ai periti chimico- esplosivistici.
Il primo problema che si poneva agli inquirenti riguardava l'accertamento della natura dell'esplosione : si trattava cioè di verificarne la dolosità o l'accidentalità.
Lo stesso 2 agosto, mentre fervevano i soccorsi ad opera delle forze dell'ordine e di numerosissimi volontari, i Sostituti Procuratori della Repubblica investiti della inchiesta affidavano ai periti SPAMPINATO e MARINO un'indagine (4) volta ad acclarare: le cause, le modalità del fatto, i mezzi che lo produssero e la capacità lesiva sulle persone singole ed indeterminate; in particolare, se risultasse che lo scoppio era stato determinato dolosamente da collocazione di ordigno, o se risultasse invece, dalle tracce rinvenute, che lo scoppio fosse da attribuirsi a cause accidentali, con specifico riguardo a guasti ed
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(3) - Cfr. DF, C1, p1, ove si riferisce di 167 persone che hanno fatto ricorso a cure ospedaliere; l'imputazione, prudentemente, fa riferimento ad "oltre 150 persone". (4) - cfr. PA, V1, C1, p1.
imprevisti nelle condotte di distribuzione del gas od all'esistenza di eventuali depositi di sostanze atte a conflagrazione .
1.1.2.2) Ulteriori attività d'indagine: in particolare, la perquisizione nell'abitazione di Mario Guido NALDI
Nell'immediatezza dei fatti si provvedeva, altresì, a compiere una serie di ulteriori attività investigative (5): in particolare, la Polizia Giudiziaria raccoglieva a verbale le dichiarazioni dei feriti e dei conducenti di taxi in servizio da o per la stazione ferroviaria; avviava gli accertamenti relativi alle numerose segnalazioni anonime pervenute; raccoglieva le rivendicazioni dell'attentato giunte in vari capoluoghi; controllava gli esercizi ricettivi bolognesi, con riguardo alle presenze nel periodo immediatamente precedente il 2 agosto; sensibilizzava le fonti informative; e provvedeva ad eseguire perquisizioni domiciliari, di cui varie ai sensi dell'art. 41 T.U.L.P.S., e numerosissime altre per ordine della Procura della Repubblica.
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(5) - cfr. RA, V1, C1, p5.
04/08/80 In particolare, il 4/8/1980 veniva perquisita, fra le altre, l'abitazione di Mario Guido NALDI, noto come estremista di destra: in casa di costui venivano rinvenute, oltre ad una rubrica alfabetica e tre numeri dell'opuscolo `QUEX', due lettere scritte ad un giovane bolognese, Luca DE ORAZI, da un cittadino francese, tale Paul DURAND, dirigente dell'organizzazione di estrema destra FANE (Fédération d'Action Nationale et Européenne); le lettere concernevano la rivista `QUEX' e la rivista `Notre Europe', e in esse figuravano anche i nomi di TUTI e MURELLI, nonché di Jeanne COGOLLI, di Rodolfo POLI, e del neofascista lucchese Marco AFFATIGATO, accusato, sulle pagine di `QUEX', di essere un delatore (6).
Le indagini, a seguito della perquisizione a carico del NALDI, si rivolgevano verso due obiettivi: la ricerca (di cui si darà conto più avanti) del NALDI stesso, che in quei giorni non era presente in città, e gli accertamenti sul conto del DE ORAZI. Di quest'ultimo si riferisce qui di seguito succintamente, a soli fini di chiarezza e
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(6) - cfr. RA, V1, C3, pp. 1 ss.
completezza, essendo stata la sua posizione definita prima del giudizio.
1.1.2.3) Luca DE ORAZI
Il 4 agosto veniva perquisita anche l'abitazione del DE ORAZI. Il giovane, sentito dal Procuratore della Repubblica nel corso della perquisizione, veniva rilasciato, mentre sul suo conto, nei giorni successivi, venivano compiuti ulteriori accertamenti. Il 16 agosto egli, già posto in istato di fermo sin dal 14, veniva tratto in arresto in esecuzione dell'ordine di cattura n. 76/80 R.G.O.C., spiccato in relazione ad alcuni fatti criminosi che il giovane aveva ammesso d'aver compiuto a Roma. Nel corso dei numerosi interrogatori succedutisi fra il 13 agosto e l'11 settembre (7), il DE ORAZI, cui, nel corso della perquisizione, era stato sequestrato il materiale indicato dai Carabinieri di Bologna nel rapporto 25/8/1980 (8), riferiva quanto dagli Istruttori in sintesi riportato nella sentenza-ordinanza: vale a dire, d'aver lasciato Bologna per
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(7) - Cfr. IA, V9/a-1, C1. (8) - Cfr. RA, V2, C49, pp 2-3.
Roma nel 1979; d'esser colà stato ospite della famiglia di Donatella BIANCHI, `leader' del movimento di estrema destra `Terza Posizione', alla ricerca di una collocazione esistenziale e politica acconcia alle sue aspirazioni "rivoluzionarie"; di essersi avvicinato agli ambienti di `Terza Posizione' tramite la BIANCHI; d'aver compiuto una rapina in Roma nel febbraio precedente; d'essersi trovato a Riccione, a far tempo dal 27-28/7/1980 e fino alla settimana successiva, in compagnia di Walter SORDI e Luca PERUCCI; di non aver avuto contatti e di non aver mai conosciuto la maggior parte delle persone, che -come si vedrà in prosieguo- vennero poi raggiunte dall'ordine di cattura del 26/8/1980; di conoscere NALDI Mario Guido, con il quale aveva collaborato alla diffusione della rivista `QUEX', diretta fondamentalmente ai detenuti `politici' di destra.
1.1.3) Gli sviluppi dell'inchiesta
1.1.3.1) Le rivelazioni di Luigi VETTORE PRESILIO
06/08/80 Con nota del 6/8/1980 (9), il Giudice diSorveglianza di Padova riferiva al Procuratore della Repubblica di Bologna
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(9) - RA, V2, C16, p1.
che in data 10/7/1980 un detenuto della Casa Circondariale di Padova, VETTORE Presilio (`sic'), gli aveva informalmente dichiarato d'esser stato contattato da esponenti di un'organizzazione di estrema destra, che gli avevano proposto di partecipare ad un attentato ai danni del Giudice STIZ di Treviso. L'attentato in questione, da compiersi nell'immediato futuro con un'`Alfetta' truccata da autovettura dei Carabinieri (il gruppo disponeva anche di divise dell'Arma), sarebbe stato preceduto -secondo quanto il VETTORE aveva appreso- da altro attentato ad opera della medesima organizzazione, di eccezionale gravità, tanto che avrebbe "riempito le pagine dei giornali". A conferma della propria attendibilità, il VETTORE aveva indicato un appuntato o brigadiere dei Carabinieri (tale SIBILIA o SCIBILIA Giacomo) con il quale si trovava da lungo tempo in rapporto confidenziale.
Nella serata dello stesso 6 agosto il VETTORE confermava tali dichiarazioni al Procuratore della Repubblica di Bologna (10), aggiungendo d'aver ricevuto le proposte di cui
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(10) - Cfr. EA, V10/a-1, C30, pp. 2-4.
sopra da un compagno di detenzione .
A distanza di cinque giorni, l'11 agosto, il VETTORE si decideva a rivelare che il compagno di detenzione autore delle riferite proposte era stato tale RINANI (11).
Il 3/9/1980, nel corso di una ricognizione personale (12) cui venne sottoposto RINANI Roberto, detenuto nel carcere di Padova nel periodo (inizio estate) cui il VETTORE faceva risalire i contatti e le rivelazioni in ordine agli attentati, il VETTORE riconobbe nel RINANI la persona da cui tali rivelazioni avrebbe ricevuto.
Nel corso delle sue dichiarazioni istruttorie, il VETTORE riferiva altresì di aver appreso dal RINANI dei contatti che costui aveva sempre intrattenuto con la cellula veneta già facente capo a FREDA e VENTURA, di cui all'epoca era principaleesponenteFACHINIMassimiliano(13).
1.1.3.2) Le rivelazioni di Giorgio FARINA
8-9/8/80La notte fra l'8 ed il 9 agosto, la direzione dell'UCIGOS riferiva (14) alla Procura della
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(11) - Cfr. la trascrizione delle deposizione registrata del VETTORE, inEA, V10/a-1, C30, p14. (12) - EA, V10/a-1, C30, p62. (13) - EA, V10/a-1, C30, p65. (14) - Se ne dà atto in SO, p42, righi 3-7.
Repubblica di Bologna di aver ricevuto notizie inerenti all'esplosione avvenuta alla stazione ferroviaria da una "fonte" della quale veniva taciuto il nome.
14/08/80 A distanza di cinque giorni, l'UCIGOS trasmetteva un'ulteriore nota (15), accompagnata da due documenti:
a) un "appunto" privo di data;
b) la trascrizione della registrazione di un colloquio avvenuto l'11/8/1980 nel carcere romano di Rebibbia tra la "fonte" ed un non meglio identificato interlocutore, che poi si apprenderà essere il dott. Elio CIOPPA, funzionario del SISDE (16)- Era accaduto che il detenuto in questione aveva contattato il dott. Silvano RUSSOMANNO (all'epoca a sua volta ristretto in relazione alla nota vicenda della divulgazione dei verbali di Patrizio PECI), confidandogli notizie relative ai fatti di Bologna; il RUSSOMANNO, tramite persona di fiducia, aveva riferito della vicenda al Servizio di appartenenza, che aveva provveduto a far contattare il FARINA dal CIOPPA, il quale aveva raccolto, l'8 e l'11/8/1980, le dichiarazioni
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(15) - RA, V1, C1, p1. (16) - Cfr. deposizione CIOPPA, in Cal., V5, C15,p2.
rispettivamente riassunte nell'appunto e riportate nella trascrizione della registrazione.
Il contenuto dell'appunto era, in estrema sintesi, il seguente: la "fonte" aveva riferito di una convergenza, delineatasi sin dagli anni '70, fra estremismo di destra e di sinistra; la "fonte" aveva altresì riferito d'aver ricevuto, nel gennaio precedente, da parte di tale PEDRETTI Dario, compagno di detenzione, la richiesta di un rilevante quantitativo di esplosivo, da utilizzare per attentati terroristici; dopo qualche tempo il PEDRETTI, in compagnia di tale Sergio CALORE, aveva insistito per ottenere esplosivo "sofisticato"; i due avevano precisato che, in caso di loro indisponibilità, per il protrarsi della detenzione, ad eseguire il progettato attentato volto a "celebrare degnamente", nel successivo mese di agosto, la strage dell' `Italicus', all'attentato avrebbe potuto provvedere tale Francesco FURLOTTI detto `Chicco', cui la "fonte" attribuiva la responsabilità degli omicidi dello studente romano Walter ROSSI e del giudice Mario AMATO.
Nel colloquio registrato -secondo quanto emerge dalla trascrizione- la "fonte" aveva dettagliato e precisato le proprie prime dichiarazioni: la richiesta di esplosivo risaliva non al gennaio, ma al maggio; la richiesta, volta ad ottenere un quantitativo di esplosivo aggirantesi sui 150 chilogrammi, veniva posta in collegamento con un attentato, da compiersi alla stazione ferroviaria di Bologna, con un anticipo di due giorni rispetto all'anniversario della strage dell'`Italicus' (che ricorreva il 4 agosto), in quanto, cadendo il giorno 2 di sabato, vi sarebbe stato particolare affollamento; intenzione degli attentatori era di utilizzare della nitroglicerina, al cui trasporto avrebbe provveduto `Chicco' FURLOTTI; il CALORE, sopraggiunto nel corso dell'abboccamento fra la "fonte" ed il PEDRETTI, era parso alla "fonte" essere a conoscenza dei progetti del PEDRETTI.
18/08/80 Con nota in data 18/8/1980, l'UCIGOS, informatone dal SISDE, riferiva al Procuratore della Repubblica che la "fonte" anzidetta rispondeva al nome di Giorgio FARINA (17).
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(17) - RA, V1, C5, pp. 23-24.
1.1.3.3) Le dichiarazioni di Mario Guido NALDI
In occasione della pequisizione nell'abitazione di Mario Guido NALDI, il fratello di costui, Elio NALDI, riferiva che Mario Guido, all'alba del 2 agosto, a mezzo di autostop, era partito da Bologna, verosimilmente diretto verso la Corsica, assieme all'amico Claudio MANCINI e a tale Giovanna COGOLLI (18), la quale ultima risulterà poi essere sentimentalmente legata al noto estremista di destra Fabrizio ZANI.
19/08/80 Il 19/08/80 Mario Guido NALDI veniva rintracciato in Santa Teresa di Gallura (SS) da un funzionario del SISMI indicato come "CALIPATTI" (19).
Nell'occasione, sentito informalmente su quanto a sua conoscenza circa i fatti del 2/8/1980 e, più in generale, sulle organizzazioni di estrema destra, il NALDI, nel corso di un colloquio registrato, riferiva ciò che, in estrema sintesi, qui di seguito si riporta: era partito da Bologna, in compagnia di tale Claudio MANCINI e di due ragazze bolognesi, fra le 7,30 e le 8 del 2 agosto, dopo aver
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(18) - EA, V10/a-1, C17, p1. (19) - RA, V13, C435, pp. 35-53.
trascorso la notte nell'abitazione delle due ragazze -indicate come Sofia BENATTI e Fiorenza IORI- in via Dell'Oro; il gruppo aveva raggiunto La Spezia, da dove, il giorno 3, era partito alla volta della Corsica; il NALDI aveva conosciuto il DE ORAZI nel 1978, nell'ambiente del `Fronte della Gioventù' di Bologna, ed aveva cercato di interessarlo alla rivista 'QUEX', che esso NALDI dirigeva; non era in grado di riferire in quale gruppo avesse militato il DE ORAZI durante il periodo in cui aveva dimorato in Roma; era "convintissimo" che l'esplosione di Bologna fosse una provocazione contro 'QUEX', e riteneva che la matrice dell'attentato fosse "senza dubbio di destra"e rientrasse "nella faida interna dei movimenti di estrema destra"; soggiungeva che gli attentatori venivano da fuori Bologna, quasi certamente da Roma, e cioè dalle organizzazioni di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale (20); alcuni mesi prima era stato contattato da un esponente dei `NAR' di Roma, che gli aveva proposto di diventare l'animatore di una sezione `NAR' in Bologna: aveva rifiutato per motivi
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(20) - RA, V13, C435, p45.
"politici" (21); Paolo SIGNORELLI era il capo indiscusso in Italia di `Ordine Nuovo', movimento che usava anche le sigle `Movimento Popolare Rivoluzionario', `Costruiamo l'Azione' e `Gruppi Popolari di Base'; un gruppo molto attivo di `Ordine Nuovo' si trovava a Padova (22).
21/08/80 Due giorni dopo il colloquio con il funzionario del SISMI, il NALDI si presentava spontaneamente al Procuratore della Repubblica di Bologna, al quale rendeva dichiarazioni (23), "per fornire chiarimenti in ordine al materiale sequestrato presso la" sua "abitazione e per dare contezza dei" suoi "rapporti con Luca DE ORAZI"; in particolare, riferiva appunto dei suoi contatti col DE ORAZI, e spiegava le ragioni della presenza nella sua abitazione, fra i documenti sequestratigli, di due polizze di pegno appartenenti alla COGOLLI, sua amica, che tali polizze gli aveva dato in custodia; faceva cenno, in chiusura di deposizione, di un suo recente contatto con un "asserito agente segreto", precisando di non avergli detto nulla di
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(21) - RA, V13, C435, p47. (22) - RA, V13, C435, p52. (23) - EA, V10/a-1, C48, pp. 1-6.
diverso o di ulteriore rispetto a quanto, in quella sede, veniva riferendo al magistrato inquirente.
1.1.3.4) Il rapporto DIGOS a firma del Vice Questore Aggiunto dott. Alfredo LAZZERINI
22/08/80 Il 22/8/1980 la DIGOS di Roma trasmetteva alla Procura della Repubblica di Bologna un rapporto di denuncia (24) a carico di Sergio CALORE e Dario PEDRETTI "per concorso ispirativo nel delitto di strage, banda armata, associazione sovversiva ed altro"; col medesimo rapporto si denunciavano per "banda armata, associazione sovversiva ed altro" anche le seguenti 24 persone: Paolo SIGNORELLI, Aldo SEMERARI, Francesco FURLOTTI, Gianluigi NAPOLI, Pierluigi SCARANO, Ulderico SICA, Marcello IANNILLI, Roberto FIORE, Gabriele ADINOLFI, Claudio MUTTI, Fabio DE FELICE, Maurizio NERI, Guido ZAPPAVIGNA, Mario CORSI, Francesco BIANCO, Francesca MAMBRO, Alessandro PUCCI, Massimo MORSELLO, Francesco CORRADO, Elio GIALLOMBARDO, Paolo PIZZONIA, Saverio MACRINA, Roberto FEMIA e Amedeo DE FRANCISCI.
Il contenuto di detto rapporto è puntualmente sintetizzato nel brano (25) della sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio
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(24) - RA, V1, C7, pp. 1-24. (25) - SO, da p65 rigo 16, a p67 rigo 13.
che di seguito testualmente si riporta:
"Il rapporto, in sintesi, riferiva che:
- dal 1977, dopo lo scioglimento ufficiale delle organizzazioni di estrema destra, Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, i resti di queste due formazioni avevano dato vita a una serie di organismi, tra i quali il Movimento Rivoluzionario Popolare, Terza Posizione, i N.A.R., che operando in clandestinità, avevano compiuto una lunga serie di attentati a cose e persone di estrema gravità, (cfr. pagg. 4, 5 e 6 del citato rapporto).
- che, a dirigere le formazioni terroristiche succitate, e in particolare i N.A.R. e il Movimento Rivoluzionario Popolare, era il centro organizzativo e politico facente capo a Ordine Nuovo, come era dimostrato in modo evidente dalla lettura dei Fogli d'Ordine sequestrati il 21.12.78 nell'abitazione di tale Napoli Gianluigi.
Il documento teorizzava non solo la lotta alle 'Multinazionali' e la pace armata con l'Autonomia Operaia, ma la strategia di puntare alla spaccatura orizzontale del paese reale, accelerando un processo di disgregazione già in atto, con partecipazione alle iniziative eversive con sigle differenziate.
Il rapporto riferiva che nel corso della perquisizione a Napoli Gianluigi erano state rinvenute copie di `Costruiamo l'Azione' e di `Terza Posizione', dove molte delle teorizzazioni dei `Fogli d'Ordine' trovavano conferma.
Inoltre il rapporto di denuncia si soffermava sui movimenti politici collegati alle pubblicazioni sopra ricordate, e sulle Comunità Organiche di Popolo, individuando i dirigenti e gli attivisti di maggior rilievo di queste ultime, del Movimento Rivoluzionario Popolare, di Terza Posizione e dell'organizzazione universitaria collegata al Movimento Sociale Italiano F.U.A.N., la cui organizzazione romana era diventata un centro importante di attivismo terroristico, e che agiva spesso in collegamento, a livello di rapporti personali,con elementi dei N.A.R. e appartenenti ad altre organizzazioni terroristiche (v. sul punto i riferimenti di fatto descritti nel rapporto pag. 16 e ss.)."
Dopo aver ribadito la centralità di Ordine Nuovo nell'area eversiva di destra in Italia, l'estensore faceva riferimento alla "fonte" -che indicava esser nota alla Procura di Bologna per precedente corrispondenza intercorsa con l'UCIGOS (si tratta della fonte FARINA)- secondo la quale il PEDRETTI, nel maggio precedente, aveva richiesto alla "fonte" stessa una grande quantità di esplosivo. Riassumeva poi quanto dalla "fonte" più compiutamente riferito (26), affermando che tali notizie si inquadravano validamente nel contesto precedentemente descritto dal rapporto. Illustrava infine la personalità ed i precedenti penali e giudiziari di coloro che veniva denunciando.
1.1.4) L'intervista di Amos SPIAZZI al settimanale `L'Espresso'
24/08/80 Sul numero 34/1980 del settimanale `L'Espresso', recante la data del 24 agosto (e quindi -come avviene per i settimanali- a quella data in edicola già da diversi giorni), compariva un'intervista (27) rilasciata dal Colonnello Amos SPIAZZI (all'epoca noto per le sue vicissitudini giudiziarie nel procedimento relativo alla
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(26) - Cfr. supra, sub 1.1.3.2). (27) - Il testo trovasi in RA, V7, C331, p10 ed in EA, V10/a-5, C232 bis/1, p50. `Rosa dei Venti') al giornalista Giuseppe NICOTRI.
Alle domande rivoltegli, lo SPIAZZI aveva fornito, fra le altre, le seguenti risposte:
"A Roma i N.A.R. sono divisi in quattro gruppi distinti ed in gran disaccordo tra di loro. C'è un certo `Ciccio' che cerca di metterli d'accordo. Anche il famoso Delle Chiaie è venuto più volte in Italia per tentare l'unione. Un superlatitante come lui deve essere ben protetto anche da certi apparati statali se può permettersi di girare a piacimentoper l'Italia dove è ricercato per strage...
...i N.A.R. ... hanno in comune fra di loro solo la volontà di fare `qualcosa a qualunque costo'...
...nell'arcipelago di destra non manca neppure il Movimento rivoluzionario popolare, che copia la sua sigla Mrp da un altro `spezzone' armato di sinistra, quel Mpro, Movimento proletario rivoluzionario offensivo. Insomma, un'altra conferma della volontà di `giocare alle brigate rosse'...
...è interessante notare che tutti questi gruppi stanno cercando di confluire in Terza posizione, che ha già pubblicato due o tre numeri dell'omonimo giornale...
Più che di rifioritura dei gruppi di estrema destra, parlerei di un loro riciclaggio, di un loro rinascere, adeguati ai tempi nuovi."
L'intervista era stata rilasciata nell'immediatezza della strage, in data 4 o 5 agosto 1980, ed il testo era stato registrato dall'intervistatore (28).
1.1.5) Gli ordini di cattura nn. 77/80 e 78/80
1.1.5.1) L'ordine di cattura n. 77/80
25/08/80Dopo aver proceduto, in data 25/8/1980, all'esame testimoniale (29) di Giorgio FARINA, il Procuratore della 26/08/80Repubblica, il giorno successivo, provvedeva ad emettere un ordine di cattura (30), sostanzialmente fondantesi sulle risultanze del rapporto `LAZZERINI' e sulla deposizione `FARINA', a carico di tutte le persone denunciate col detto rapporto, nonché di Luca DE ORAZI. A tutti i catturandi venivano contestati i delitti di associazione sovversiva aggravata, banda armata e detenzione e porto di armi da guerra ed esplosivi; ai soli PEDRETTI, CALORE e FURLOTTI, anche il delitto di strage ed i reati connessi.
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(28) - cfr. il teste NICOTRI, in EA, V10/a-6, C273. (29) - Il cui contenuto è sintetizzato in SO, pp. 48-49. (30) - OC, V1, C1, pp. 10-19.
1.1.5.2) L'ordine di cattura n. 78/80
27/08/80 Il 27/8/1980, il Procuratore della Repubblica, sulla scorta del `rapporto LAZZERINI' e della `testimonianzaVETTORE PRESILIO', provvedeva ad emettere ordine di cattura anche nei confronti di Roberto RINANI, al quale veniva contestato il delitto di associazione sovversiva aggravata (31).
La sussistenza dell'associazione -in termini di valutazione indiziaria- veniva fatta discendere dai fatti, documenti ed elementi d'indagine evidenziati nel rapporto, e la partecipazione del RINANI dalla sua previa conoscenza -desunta dalla`testimonianza VETTORE'- di programmi criminosi poi realizzati da altri membri dell'associazione stessa (cioè della strage alla stazione ferroviaria di Bologna, che veniva attribuita a PEDRETTI, CALORE e FURLOTTI, sulla scorta della `testimonianza FARINA').
1.1.6) La lettera anonima spedita da Alberto VOLO
30/08/80 Reca il timbro postale del 30/8/1980 (32) la busta contenente una lettera anonima (33) indirizzata al "Dottor FRANCHINI della Squadra Politica della Questura Centrale" di
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(31) - OC, V2, C28, pp. 1-3. (32) - RA, V3, C82, p140. (33) - RA, V3, C82, p139. Palermo, del seguente testuale tenore: "Caro dottore, noi ci conosciamo. Sono un estremista di destra e non sopporto i `travestiti'. E' per questo che mi sono deciso a fare il delatore anche se odio le spie. Se le interessa saperlo a Palermo vi è una tra le più importanti cellule di Terza Posizione o N.A.R. Il loro covo è in una scuola privata di via Giusti. Ne fanno parte fra gli altri Balistreri, Volo, Mangiameli ed Incardona. Si fingono professori e fanno finta di dare lezione. Il giorno della strage nessuno di loro era a Palermo. Faccia una perquisizione e ne scoprirà delle belle!!! Scusi se resto anonimo ma sono abbastanza potenti e organizzati e me la farebbero pagare perché mi conoscono anche troppo bene."
E' risultato in corso di istruttoria -perché, fra l'altro, ammesso dall'autore (34)- che la lettera era stata scritta da Alberto VOLO, personaggio su cui si dovrà ripetutamente tornare in prosieguo di trattazione.
1.1.7) Ildocumento rinvenuto in una cabina telefonica di Via Irnerio, in Bologna
31/08/80 Il 31/8/1980, in una cabina telefonica di Via Irnerio, in
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(34) - Cfr. l'interrogatorio 5/1/84 reso dal VOLO al G.I., in EA, V10/a-3, C134,pp.18-19.
Bologna, venivano rinvenuti casualmente, da un ufficiale dei Carabinieri (35), vari documenti -abbandonati da ignoti- tra cui un manoscritto formato da 26 fogli (36), recante, sul secondo foglio, l'annotazione "Da Tuti a Mario Guido Naldi".
Il documento,proveniente da Mario TUTI (37),che lo ebbe a redigerecon la collaborazione del compagno di detenzione Giorgio INVERNIZZI (38), costituisce una sorta di risoluzione strategica della destra eversiva e propone alcune fondamentali considerazioni (in parte riecheggianti il contenuto dei `Fogli d'Ordine di Ordine Nuovo'), che, nel brano della sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio che di seguito testualmente si riporta (39), sono così individuate:
"a) la necessità di approfondire, grazie a ben dirette azioni, la frattura e le tensioni tra settori politici, economici e sociali presenti nel paese;
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(35) - Cfr. RA, V2, C71, p1. (36) - RA, V2, C71, pp. 10-35; la trascrizione dattiloscritta trovasi in RA, V2, C71, pp. 48-66. (37) - Cfr. Angelo IZZO, interrogatorio reso in altro procedimento al G.I. di Bologna, in AA, V7, C41, p316, ove il TUTI è indicato come coautore dello scritto. Cfr. anche RE, pp. 84-89. (38) -Cfr. rapp. DIGOS 16/5/84, in AA, V7, C41, pp. 66-68. (39) -SO, da p82 rigo 12, a p83 rigo4.
b) la necessità di evitare, al momento, lo scontro con la sinistra (i `rossi'), per non dover combattere su due fronti;
c)la necessità di ricorrere ad azioni illegali per ottenere i mezzi finanziari e gli strumenti militari da utilizzare per la lotta rivoluzionaria;
d) l'opportunità di iniziare la lotta, fondandosi su piccoli nuclei di operativi che poi potranno, e dovranno, collegarsi tra loro."
1.1.8)Le conversazioni captate nel carcere di Ferrara ed i relativi sviluppi istruttori
Con rapporto riservato (40) in data 31/10/1980, il Maresciallo degli Agenti di Custodia del carcere di Ferrara riferiva al Direttore, il quale, a sua volta, ne rendeva edotto il Procuratore della Repubblica di Bologna, che il giorno precedente l'Agente Luciano FERRELI aveva captato un brano di conversazione intercorsa tra i detenuti Roberto FEMIA e Stefano NICOLETTI, ristretti nel reparto isolamento.
Si legge nel rapporto:
"...il FEMIA chiedeva al NICOLETTI ...di leggergli il
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(40) - EA, V10/a-2, C64, p3.
giornale con i nominativi degli arrestati inerenti al loro processo. La conversazione fra i due continuava e l'Agente di servizio FERRELI Luciano sentiva chiaramente le seguenti frasi: il NICOLETTI: `Ma come mai avete combinato un tale disastro?' il FEMIA: `non avevamo previsto né volevamo una cosa così grande, ecco cosa succede a mandare dei ragazzini a fare certe cose'...".
A distanza di pochi giorni, il 5 settembre, il Procuratore della Repubblica di Bologna provvedeva ad escutere il FERRELI (41), il quale, nel confermare puntualmente il contenuto del rapporto, spiegava che era stato un altro detenuto dello stesso braccio, certo AURORA, ad invitarlo a porsi in ascolto presso le porte delle celle vicine; e precisava che lo stesso AURORA doveva aver percepito il contenuto della conversazione. Dalla testimonianza emergeva altresì che il FEMIA aveva cercato di comunicare anche con lo IANNILLI, detenuto per gli stessi fatti.
Sentito a sua volta (42) il giorno stesso, Mario AURORA riferiva d'essersi inserito nella conversazione tra il FEMIA
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(41) - EA, V10/a-2, C64, p9. (42) - EA, V10/a-2, C64, pp. 10-11.
e lo IANNILLI, che si servivano del NICOLETTI come tramite. Tra le altre cose aveva -a suo dire- captato le seguenti espressioni, che sarebbero state pronunciate dallo IANNELLI (sic): "...portarsi dietro i ragazzini...ad ogni modo io l'avevo detto, a portarsi dietro i ragazzini succede sempre così, ad ogni modo la pagherà..."
Il giorno 9/9/1980 deponeva il NICOLETTI (43), il quale confermava d'aver fatto da tramite fra lo IANNILLI ed il FEMIA, che tentavano di comunicare fra loro; asseriva inoltre d'aver udito l'AURORA chiedere: "Perché avete fatto un casino così grande?"; e di non aver percepito la risposta del FEMIA, ma d'aver viceversa sentito il commento dello IANNILLI : "Questo succede a fidarsi dei ragazzini". Aggiungeva che lo IANNILLI "era arrabbiatissimo con gli amici di FEMIA perché si erano fidati del DE ORAZI"; che "il FEMIA era preoccupatissimo di quello che poteva dire SIGNORELLI", e che gli aveva chiesto varie volte "se il giornale radio o la televisione avevano riferito del contenuto dell'interrogatorio di SIGNORELLI".
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(43) - EA, V10/a-2, C64, pp. 15-16.
1.1.9) L'ordine di cattura n. 80/80
04/09/80Il 4/9/1980, Il Procuratore della Repubblica ordinava la cattura di Massimiliano FACHINI, contestandogli il delitto di associazione sovversiva aggravata (44).
Va chiarito che il VETTORE, oltre a ciò di cui si è già dato atto (45), aveva anche riferito agli inquirenti quanto segue:
a)che il FACHINI, per il passato, aveva svolto attività dinamitarda, all'interno di un gruppo di cui facevano parte anche tali BRANCATO e TELVE; che provvedeva al confezionamento degli ordigni esplosivi, secondo una precisa tecnica (minutamente illustrata dal teste); che per gli attentati incendiari si serviva di alcuni tipi di candelotti che sapeva preparare solo lui (46);
b)che il FACHINI, inoltre, alcuni anni prima, aveva partecipato ad una riunione al `Pino Verde' di Camposampiero, alla quale erano intervenuti, fra gli
altri anche SIGNORELLI e SEMERARO (sic) : nell'occasione, il VETTORE, addetto alla sorveglianza, aveva captato
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(44) - OC, V2, C29, pp. 1-3. (45) - Cfr. supra, sub 1.1.3.1). (46) - EA, V10/a-1, C30, pp. 9-10.
frammenti di conversazione dai quali aveva capito che la riunione era stata indetta allo scopo di incentivare le attività violente, in quanto la linea morbida della segreteria non era accettata; e dopo due o tre mesi erano iniziati gli attentati al Campidoglio, al Consiglio Superiore della Magistratura ed alla Farnesina (47);
c)che le personeche -comeil RINANI- appartengono all'organizzazione del FACHINI sono indotte a giurare su una bandiera tricolore con sopra posta una croce uncinata ed avvertite che, in caso di infedeltà, saranno uccisi i loro familiari (48).
Inoltre, un brano della deposizione resa l'11/8/1980 dal VETTORE si era svolto nei termini che qui di seguito testualmente si riportano (49):
d) P.M.N."Senta in riferimento a quell'episodio a quell'attentato che vi sarebbero stati lui" (RINANI) "parlava di sua partecipazione diretta se non a quello dei primi di agosto agli altri due?
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(47) - EA, V10/a-1, C30, p61. (48) - EA, V10/a-1, C30, p62. (49) - Si cita dalla trascrizione dattiloscritta della registrazione magnetofonica della deposizione, in EA, V10/a-1, C30, p22. La sigla "P.M.N." sta per Pubblico Ministero Nunziata e la sigla "V." per VETTORE.
No."
V. "Solo quello che le ho detto."
P.M.N. "Certo"
V. "Nella prima settimana di agosto"
P.M.N. "Le offerse un ruolo a lei di far parte..."
V. "Se lui facesse..."
P.M.N. "Se a lei VETTORE, RINALDI o RINALDINI, RINANI eccetera offerse di partecipare."
V. "No"
P.M.N. "No?"
V. "Non mi ha offerto niente perché per me era già tutto organizzato si sono già...è tutto a posto"
P.M.N. "Ma disse chi vi avrebbe partecipato, chi era lo staff che avrebbe partecipato"
V. "Non ha detto niente. Comunque io ho solo voluto chiedere, ho chiesto solo per curiosità, per vedere se sono ancora collegati insieme con queste persone."
P.M.N. "E lui come rispose?"
V. "Siamo in contatto. E basta."
P.M.N. "Voleva dire che era organizzato da questo gruppo?"
V. "E' sempre organizzato da questo gruppo perché sono loro, se io dovevo subentrare con loro vuol dire che sono...ho voluto sa...io l'ho anticipato."
P.M.N. "Io dovevo subentrare con loro, che significa?"
V. "Io l'ho anticipato su due parole. Se lui era ancora in contatto con FACCHINI, FRANCHI, BRANCATO quella gente lì, che volevano tirarmi dentro."
1.1.10) L'incontro fra Licio GELLI ed Elio CIOPPA
I decade Verso la prima decade del settembre 1980, nella `hall' dello di set- tembre del 1980 `hotel Excelsior' di Roma, vi fu un abboccamento fra Licio GELLI ed il funzionario del SISDE Elio CIOPPA (50), nel corso del quale il primo, riferendosi all'inchiesta in corso per i fatti di Bologna, avrebbe detto al secondo, pressoché testualmente: "Le indagini esperite dagli organi competenti sono errate, in quanto -secondo me- bisogna battere una pista internazionale" (51).
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(50) - Cfr. supra, sub 1.1.3.2). (51) - Esame testimoniale CIOPPA al P.M. di Roma 3/11/1984, in Cal., V2, C1, p99. Nell'esame testimoniale (segue) 1.1.11) I rapporti tra il Gen. SANTOVITO, Francesco PAZIENZA ed il giornalista Andrea BARBERI
I setti-La sentenza n. 45/85 della V Corte d'Assise di Roma, mana di settem- bre delpronunciata all'udienza del 29/7/1985, ha accertato e 1980
minutamente ricostruito nei seguenti termini un episodio sul quale dovrà soffermarsi anche questa Corte (52):
"Reato di cui al capo A. Rivelazione del contenuto di due `relazioni del SISMI':
Un giorno della prima settimana del settembre 1980 il gen. SANTOVITO" (all'epoca direttore del SISMI) "e il dott. PAZIENZA misero a disposizione del giornalista Andrea BARBERI i due documenti, destinati alla conoscenza esclusiva del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri della Difesa, degli Interni e degli Esteri, concernenti notizie qualificate come `segrete'. BARBERI compulsò il materiale, prese appunti e sulla scorta di essi pubblicò sul settimanale `Panorama' del 15/9/1980 l'articolo dal titolo `La Grande Ragnatela'. Le dichiarazioni del BARBERI
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(segue) reso al P.M. di Bologna l'8/2/85, in Cal., V5, C15, p3, la ricostruzione dell'episodio da parte del CIOPPA è pressoché identica: "GELLI mi disse più o meno testualmente che le indagini della Polizia giudiziaria sugli autori della strage erano sbagliate. Riferendosi a me disse: `ma voi avete sbagliato tutto; senz'altro la pista è internazionale'." (52) - AA, V11, C63, da p62 a p64; si riporta il testo, omettendo le note a pie' di pagina.
forniscono uno spaccato della vita del SISMI, del rigore professionale del direttore e del suo stretto collaboratore e delle preoccupazioni che li turbavano. La magistratura bolognese aveva avuto parole di elogio per il SISDE. `E' una vergogna!' -commentò PAZIENZA- `Noi del SISMI abbiamo fatto di più e sono in grado di provarlo'. Detto e fatto, accompagnò BARBERI a Palazzo Baracchini e lo presentò al gen. SANTOVITO. Il direttore manifestò al giornalista la sua irritazione per gli elogi al SISDE, esclamando che anche Michael LEDEEN era nei libri-paga del servizio segreto militare. All'imbarazzato giornalista che si era dichiarato disposto a scrivere bene del SISMI ma senza accettare una lira (PAZIENZA si era inserito nel discorso dicendo che di soldi ce ne erano quanti se ne volevano), SANTOVITO replicò che proprio perché sapeva che non era `stipendiabile' lo aveva voluto conoscere, ed aggiunse che il Servizio aveva espletato un importante lavoro riguardante il terrorismo. Al rilievo del suo `collaboratore esterno' -il quale si aggirava da padrone per l'ufficio dando l'impressione di esserne il vero titolare- che, per scrivere qualcosa, BARBERI avrebbe dovuto sapere pure qualcosa, il generale prese due fascicoli, uno di 50 fogli intestato alla Libia, e l'altro di circa 150/200 fogli concernente altri paesi, e li consegnò al giornalista che si accomodò nell'attiguo salottino per esaminare la documentazione. Pubblicato l'articolo, BARBERI (il quale ha affermato che soltanto a seguito delle reazioni delle Autorità destinatarie delle `informative' si rese conto che le notizie utilizzate avrebbero dovuto rimanere segrete) ricevette una telefonata di convocazione da parte di SANTOVITO. Costui lo invitò a dichiarare per iscritto di aver ricevuto i documenti da fonte anonima ovvero di aver collazionato le notizie da più parti; in tal modo l'inchiesta si sarebbe potuta chiudere senza rischi per nessuno. Il giornalista -al quale il direttore del SISMI aveva posto anche la sorprendente domanda da chi fosse riuscito ad avere quelle notizie- rifiutò."
Lo stesso giorno, o il giorno successivo a quello del secondo incontro con il Gen. SANTOVITO, previo appuntamento telefonico,il BARBERI incontrò nuovamente il PAZIENZA, che, in taleoccasione, era in compagnia del Col. GIOVANNONE. In merito all'episodio, il BARBERI, in istruttoria (53), riferì: "La conversazione ebbe inizio quando io riproposi la mia impressione che SANTOVITO fosse impazzito. PAZIENZA mi disse di non preoccuparmi; intervenne GIOVANNONE dicendomi che quel documento che mi aveva dato in lettura SANTOVITO e che avevo pubblicato non era poi così importante, che era stato messo in piedi in pochi giorni dal SISMI (mi disse anche che sapeva il nome del suo autore, che però non mi indicò), in pratica al solo fine di dimostrare che il SISMI si interessava attivamente alle indagini sul terrorismo; aggiunse di aver notato anche vari errori e che lui personalmente sarebbe stato in grado, anche in breve periodo, di confezionare un documento dalle basi più solide. Si parlò solo di terrorismo in generale, senza mai specificare se rosso o nero e senza mai indicare nomi né specifiche indagini. PAZIENZA sosteneva costantemente che era sua convinzione che le radici del terrorismo fossero esclusivamente a sinistra, che occorresse lavorare sui
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(53) - Cfr. la deposizione resa il 4/4/1985 al P.M. di Bologna, inEA, V10/a-6, C298, pp. 3-4. legami internazionali dei terroristi con i Paesi Socialisti ed affermava anche che era in Italia per raccogliere tutti gli elementi utili a dimostrare che quella sua convinzione rispondesse alla realtà."
1.1.12) Gli ordini di cattura nn. 82/80 e 83/80
1.1.12.1) L'ordine di cattura n. 82/80
13/09/80 Il 13/9/1980 il Procuratore della Repubblica ordinava la cattura (54) di Emanuele MACCHI, Marcello IANNILLI e Antonella MONOPOLI, contestando loro la detenzione senza autorizzazione di un'arma di fabbricazione israeliana. Era accaduto che, in occasione della cattura dello IANNILLI, in esecuzione dell'ordine di cattura n. 77/80, nel corso di una perquisizione dell'abitazione del nonno paterno del catturando, era stata sequestrata, tra l'altro, una lettera inviata dal MACCHI, nella quale, laddove si parlava di una "moto" di marca "ebrea" che lo IANNILLI ed il MACCHI erano soliti "guardare e pulire" in casa della MONOPOLI, si sarebbe inteso alludere ad un'arma da fuoco che era stata detenuta in concorso dai tre giovani (55).
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(54) - Cfr. OC, V1, C10, p14. (55) -Cfr. rapporto 3/9/1980, in RA, V1, C7 bis, pp. 1-10.
Interrogati sul punto, lo IANNILLI e la MONOPOLI avevano reso dichiarazioni che il provvedimento coercitivo definisce contraddittorie.
1.1.12.2) L'ordine di cattura n.83/80
19/09/80 Due giorni prima di formalizzare l'inchiesta, il Procuratore della Repubblica emetteva un ultimo ordine di cattura, contestando i delitti di associazione sovversiva aggravata e banda armata anche a Valerio FIORAVANTI, Giorgio VALE, Piergiorgio DILUVIO, Alessandro ALIBRANDI, Stefano PROCOPIO, Giuseppe BRANCATO e Giovanni MELIOLI.
La motivazione del provvedimento si fondava su "documentazione sequestrata in Roma", "specifiche testimonianze" non indicate nominativamente per ragioni di cautela istruttoria, e sull' "accertamento di nessi pregressi e tuttora perduranti di associazione con i compartecipi" di cui all'ordine di cattura 77/80 (56).
1.1.13) L'intervista di ABU AYAD a Rita PORENA
Lo stesso giorno in cui veniva emesso l'ultimo provvedimento
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(56) - Cfr. OC, V2, C32, pp. 1-3. Per orientamento, circa gli atti su cui la motivazione poggiava, può farsi riferimento a: RA, V1, C7, p16; RA, V1, C7 bis, pp. 3 e 55-68; RA, V2, C52 e C68 (trasmesse a Roma per competenza); EA, V10/a-1, C 30, C41 e C42; IA, V9/a-1, C4bis, pp. 1-3.
coercitivo, del quale si è testé detto, compariva, sul Corriere del Ticino, un'intervista rilasciata da ABU AYAD, esponente dell'O.L.P., alla giornalista Rita PORENA (57).
Sul quotidiano venivano riportate le seguentirisposte, che sarebbero state, tra le altre, testualmente fornite dall'intervistato alle domande della PORENA:
"Un anno fa siamo stati informati dell'esistenza di campi di addestramento per stranieri tenuti dai `Kataeb' nei pressi di Aqura, nella zona Est (da Beirut Nord-Est sino a 20 km. da Tripoli), controllati dalle destre maronite. Abbiamo fatto un'indagine per appurare la nazionalità degli ospiti dei campi e siamo riusciti a entrare in contatto con due Tedeschi Occidentali che avevano preso parte all'addestramento e che in questo momento si trovano a Beyrut presso di noi. Da loro abbiamo appreso che nel campo di Aqura sono stati addestrati vari gruppi, per un totale di circa 30-35 persone, tra cui Italiani, Spagnoli e Tedeschi Occidentali. Il responsabile del gruppo tedesco si chiama
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(57) - Il testo trovasi riportato in RD, V1, C5, pp. 6-9. Già il giorno 17 era comparso sul quotidiano Repubblica un trafiletto riportante una dichiarazione di SALAH KALAF di questo tenore: "Abbiamo documenti che provano il coinvolgimento falangista nell'esplosione di Bologna" (RD, V1, C5, p2).
HOFFMANN è da lui che abbiamo saputo che era in arrivo un altro gruppo di Tedeschi. Allora abbiamo deciso di tendere un agguato ed abbiamo catturato nove persone che in questo momento si trovano presso di noi, ma che non sono nostri prigionieri."...
"Dai Tedeschi abbiamo appreso che circa 11 mesi fa nel campo di Aqura il loro gruppo aveva discusso con gli Italiani la strategia per restaurare il nazifascismo nei loro paesi ed erano arrivati alla conclusione che l'unica via sarebbe stato l'attacco contro le istituzioni più importanti. I fascisti italiani hanno affermato che il maggior nemico è rappresentato dalpartito comunista e dalla sinistra in generale e che perciò avrebberoincominciato le loro operazioni con un grosso attentato nella città di Bologna, amministrata dalla sinistra. Quando è avvenuta la strage abbiamo subito messo in relazione l'attentato con quanto avevamo appreso sui progetti degli Italiani nel campo di Aqura. Al momento opportuno faremo in modo che i Tedeschi rendano pubblico tutto quello che hanno visto e udito nei campi di addestramento, compresi i nomi ed il numero degli Italiani che erano con loro. Da parte nostra abbiamo provveduto a tener al corrente le autorità italiane, alle quali abbiamo dato i nomi degli Italiani di Aqura. I nomi, probabilmente, non sono precisi perché i Tedeschi li hanno citati basandosi solamente sulla loro memoria ma credo che per le autorità italiane non sia difficile riuscire a identificare le persone. E' certo che si tratta di fascisti che appartengono a organizzazioni conosciute. Se le autorità italiane avessero messo in relazione le informazioni avute da noi con le altre in loro possesso avrebbero avuto un quadro chiaro della situazione."...
"...si tratta piuttosto di un accordo di base su una linea politica armata, che viene poi attuata dai fascisti ai quali i 'Kataeb' forniscono l'addestramento. Il progetto finale è la restaurazione del nazifascismo in Italia, Spagna e Germania Occidentale."...
"Il campo è ancora in funzione ma non sappiamo se in questo momento vi si trovino anche Italiani.Sappiamo che ci sono Tedeschi e Spagnoli ed elementi di altri paesi. Contiamo di riuscire ad avere presto altre informazioni."...
"So con certezza che circa un anno fa" (di Italiani) "ve ne sono state alcune decine che dopo l'addestramento hanno lasciato il Libano. Non so se il gruppo italiano avesse un capo."
20/09/80 Il giorno immediatamente successivo, il Procuratore Capo della Repubblica in persona, dott. Ugo SISTI, chiedeva urgentemente, a mezzo corriere (58) alle direzioni del SISDE e del SISMI, ed alla presidenza del CESIS, la trasmissione dei documenti in possesso dei Servizi, dai quali risultassero la ricezione delle notizie cui accennava la stampa in ordine a progetti criminosi di cittadini italiani all'estero (particolarmente in Libano), gli accertamenti compiuti e le iniziative adottate.
1.1.14)L'esecuzione degli ordini di cattura e gli interrogatori degli imputati
Complessivamente, nella fase sommaria dell'istruzione, erano state imputate 38 persone. Tra esse, 11 riuscivano a sottrarsi alla cattura; si trattava, per la precisione, quanto all'ordine di cattura n. 77/80, di FIORE, ADINOLFI, MAMBRO, MORSELLO, GIALLOMBARDO e DE FRANCISCI; e, quanto all'ordine di cattura n. 83/80, di FIORAVANTI, VALE,
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(58) - Cfr. RD, V1, C5, p3.
DILUVIO, ALIBRANDI e PROCOPIO.
Nei primi venti giorni del mese di settembre (i soli RINANI e DE ORAZI (59) erano già stati interrogati, la prima volta, sin dal 30 agosto), il Procuratore della Repubblica aveva provveduto ad interrogare gli imputati catturati o già precedentemente detenuti, con l'esclusione dei soli MELIOLI e BRANCATO, catturati il giorno 20, alla vigilia della formalizzazione.
Per quanto attiene al contenuto di detti interrogatori, (nel corso dei quali tutti gli imputati si arroccavano comunque su posizioni di negativa degli addebiti), occorre fare rinvio alla sintesi che se ne fa nella sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio (60), eccezion fatta per i verbali di coloro che sono tuttora imputati avanti a questa
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(59) - Quest'ultimo imputato in relazione all'ordine di cattura n. 77/80; occorre qui ricordare che l'ordine di cattura n. 76/80 afferiva a diverso procedimento (n. 2061/A/80 R.G.P.M.). (60) - Cfr. SO: da p50 rigo 5 a p53 rigo 5 per gli imputati di strage (i rispettivi verbali trovansi in IA: V9/a-1, C9 FURLOTTI; V9/a-1, C17 PEDRETTI e V9/a-1bis CALORE); da p71 rigo 15 a p79 rigo 5 per gli altri, ad eccezione del DE ORAZI (i rispettivi verbali trovansi in IA, V1: C2 RINANI; C4 SIGNORELLI; C4 bis IANNILLI; C5 SEMERARI; C6 FEMIA; C7 NAPOLI; C8 MONOPOLI; C10 MACCHI; C11 CORRADO; C12 FACHINI; C14 SICA; C15 SCARANO; C16 PUCCI; C18 ZAPPAVIGNA; C18bis DE FELICE; C19 PIZZONIA; C20 NERI; C21 MUTTI; C22 MACRINA; C23 CORSI; C24 BIANCO). Per quanto attiene al DE ORAZI, dei suoi interrogatori già s'è dato conto: cfr. supra, sub 1.1.2.3).
Corte, dei quali si deve dare brevemente contezza.
Roberto RINANI, interrogato il 30/8/1980 (61), affermava la sua totale estraneità agli addebiti contestatigli, aggiungendo che dal '77 non svolgeva più attività politica. Negava d'aver conosciuto il FACHINI, persona della quale spesso gli aveva parlato il suo amico CONTIN, che era solito frequentarla.
Nuovamente interrogato il 3/9/1980 (62), asseriva di non conoscere nè il VETTORE, né il MELIOLI, né il NAPOLI. Ammetteva d'aver incontrato, in occasione di una manifestazione in onore dei caduti della Repubblica Sociale Italiana, il Colonnello Amos SPIAZZI.
Nel successivo interrogatorio del 18/9/1980 (63), dopo che il VETTORE l'aveva riconosciuto nel corso di una ricognizione formale (64), insisteva nel negare qualunque fondatezza delle accuse del VETTORE, che sosteneva di non conoscere.
Paolo SIGNORELLI, il 5/9/1980 (65), respingeva ogni
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(61) - IA, V9/a-1, C2, pp. 1-3. (62) - IA, V9/a-1, C2, pp. 4-5. (63) - IA, V9/a-1, C2, p6. (64) - Cfr. supra, sub 1.1.3.1). (65) - IA, V9/a-1, C4, pp. 4-6.
addebito, ammettendo soltanto di aver collaborato a `Costruiamo l'Azione' e di aver concluso la sua esperienza politica, iniziata nelle file del M.S.I., con la fondazione delle Comunità Organiche di Popolo (esperienza risoltasi però in un insuccesso).
Il SIGNORELLI riconosceva inoltre di aver avuto in passato rapporti con alcuni dei coimputati (ad esempio, col FURLOTTI, presso la sezione del M.S.I. della Balduina di Roma, dove -a suo dire- avevano entrambi preso a calci il FARINA, cacciandolo dalla sezione stessa), ma asseriva d'aver sempre svolto attività politica in modi del tutto leciti.
Marcello IANNILLI, il 9/9/1980 (66), respingeva tutti gli addebiti contestati, precisando di conoscere solo pochi dei coimputati. Ammetteva peraltro d'aver tentato, nel carcere di Ferrara, ove era detenuto, di mettersi in contatto con FEMIA attraverso un altro compagno di detenzione, al fine di avere informazioni sugli arrestati e sui loro nominativi.
Massimiliano FACHINI, il 19/9/1980 (67), respingeva tutte le
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(66) - IA, V9/a-1, C4bis, pp. 1-3. (67) - IA, V9/a-1, C12, pp. 4-7.
accuse, precisando che il sodalizio con il SIGNORELLI era di carattere puramente personale. Negava d'aver conosciuto il RINANI, che però ammetteva d'aver sentito nominare in carcere, nel 1977, dal CONTIN (68).
Assumeva di conoscere il coimputato MELIOLI, già con lui giudicato nel procedimento romano contro Ordine Nuovo. Asseriva ancora d'esser stato ospite del SIGNORELLI, dall'11 al 16 agosto 1980, nella villa del SIGNORELLI stesso sul lago di Bolsena.
Fabio DE FELICE, il 20/9/1980 (69), respingeva gli addebiti contestatigli, precisando di aver cessato l'attività politica già dal 1958, e di aver mantenuto rapporti solo personali col SIGNORELLI e col SEMERARI. Asseriva di esser totalmente estraneo alla pretesa ricostituzione di Ordine Nuovo.
1.1.15) Le ulteriori attività, acquisizioni e vicende di rilievo risalenti allafase dell'istruzione sommaria
Prima di chiudere il capitolo relativo alla fase dell'istruzione sommaria occorre dar conto di quanto segue:
a) Sin da 7/8/1980, a seguito delle rivelazioni del VETTORE
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(68) - Cfr. supra, p64, rigo6. (69) - IA, V9/a-1, C18bis, pp. 1-12.
PRESILIO, la Procura della Repubblica aveva avviato gli opportuni accertamenti, investendo delle indagini la DIGOS di Padova (70).
L'ufficio interpellato aveva risposto con rapporto in data 12/8/1980 (71), che dava conto dei precedenti, in materia di eversione politica, tanto del VETTORE quanto del RINANI, entrambi militanti, per il passato, del M.S.I. padovano, ed entrambi già denunciati per gravissimi episodi di intolleranza politica. In particolare, si riferiva che il RINANI, soprannominato l''Ammiraglio', era il punto di riferimento di un gruppo di estremisti di destra padovani, fra i quali erano menzionati Maurizio CONTIN, Massimo BERTOCCO, Antonio BENELLE, Maurizio FASOLATO ed altri, tutti dediti ad attività politica violenta. Il RINANI era stato denunciato per tentato omicidio in danno di un aderente alla sinistra extraparlamentare padovana: l'episodio risaliva al 13 aprile del 1979, e l'imputato, costituitosi il 13/5/1980 dopo oltre un anno di
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(70) - RA, V2, C25, p1. (71) - RA, V2, C25, pp. 2-13. latitanza, era rimasto incarcerato sino al 18luglio dello stesso anno. Aggiungeva ancora il rapporto che il VETTORE, sul finire degli anni sessanta, era stato vicesegretario della Sezione Arcella del M.S.I. padovano, notissima per essere un punto di raccolta dell'estremismo di destra della città.
b) Il 4/9/1980 il Procuratore della Repubblica procedeva ad estrarre copia, per l'unione al presente procedimento, degli atti rilevanti dei procedimenti pendenti a Roma, riguardanti la destra eversiva e già affidati al Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Mario AMATO, assassinato il 23 giugno precedente (72).
c) Il 16/9/1980 il collegio dei periti chimico- esplosivistici veniva allargato al dott. Eugenio PELIZZA ed al dott. Omero VETTORI ed il quesito già precedentemente formulato (73) veniva ampliato, richiedendosialtresì di procedere ad ogni possibile tipo di analisi chimica, fisico-chimica, strumentale, comparativa, di saggio, per determinare "...la natura e la struttura degli esplosivi impiegati per la costruzione
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(72) - AA, V2, C2, pp. 1-10. (73) - Cfr. supra, sub 1.1.2.1).
dell'ordigno e consentire di descrivere globalmente l'ordigno ed i suoi componenti, precisarne la potenzialità, per le materie esplodenti la provenienza e tipo e forza ed ogni altra caratteristica utile" (74).
d) Sin dal 2 agosto il Procuratore della Repubblica, con provvedimento verbale (data l'urgenza) confermato per iscritto due giorni più tardi (75), aveva affidato a dieci periti le indagini necroscopiche ed autoptiche sulle salme delle vittime.
Il 16 settembre a cinque dei periti veniva affidato un nuovo incarico, da svolgere collegialmente, nei seguenti termini: "dando corso ad esame riepilogativo-comparativo-statistico delle descrizionitanatologiche sui defunti della strage del 2 agosto 80 (e per quanto necessario od utile a tutti o parte dei referti dei feriti) stabiliscano quali furono le cause dei decessi, i mezzi che le produssero, evidenziando la frequenza ed incidenza statistica delle cause terminali di decesso, il meccanismo letifero, i dati che evidenziano i mezzi
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(74) - Cfr. PA, V1, C1, p6 verso. (75) - PA, V2, C1, p1.
letiferi, o produttivi di lesioni sui feriti, non mancando di confrontare gli elementi documentali già raccolti con quanto accertato dal collegio tecnico balistico-chimico..." (76).
e) Il 4 agosto, in separato procedimento, la Procura della Repubblica aveva ordinato la cattura dell'estremista di destra Marco AFFATIGATO, contestandogli i delitti di furto di documenti e di falsificazione di uno diessi.
L'AFFATIGATO si trovava all'epoca in Francia, a Nizza: nondimeno, già il 6 agosto veniva tratto in arresto dalla polizia francese (77).
Benché il provvedimento coercitivo fosse stato emesso soltanto in relazione ai delitti di cui si è detto, nei giorni successivi il nome dell'AFFATIGATO comparve sulla stampa come quello di persona in qualche modo implicata nella strage (78).
f) L'11/9/1980, alla periferia di Roma, sulle acque di un laghetto artificiale, benché fosse stato zavorrato con 15
chilogrammi di piombi da subacquei. era affiorato il
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(76) - PA, V2, C1, p17 verso. (77) - AA, V8, C49, p22. (78) - RS, V1 e V2, saltim. cadavere di un uomo. Già il giorno successivo il cadavere veniva identificato per quello di Francesco MANGIAMELI, 'leader' siciliano di 'Terza Posizione' (79). Sul personaggio, sul suo ruolo, sui suoi legami, sull'identità degli assassini e sul loro movente si dovrà tornare ripetutamente in prosieguo di trattazione.
g) Sin dal 3 agosto, giorno successivo all'esplosione, l'UCIGOS di Roma aveva trasmesso (80) all'UCIGOS di Bologna due 'appunti' relativi ad un viaggio in Italia effettuato nel mese di luglio da Paul DURAND (81), emissario dell'organizzazione neonazista francese F.A.N.E. (Fédération d'Action Nationale et Européenne), venuto ad incontrare, in varie città della penisola, i suoi "corrispondenti" italiani, nominativamente indicati: scopo del DURAND -secondo gli appunti- sarebbe stato di smascherare i provocatori; egli avrebbe cercato di avere un quadro quanto più possibile preciso dei vari gruppi dell'estrema destra italiana; e, nel tentativo di rompere l'isolamento in cui si trovava la sua organizzazione di
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(79) - cfr. AA, V4, C21, pp. 8-9. (80) - RA, V4, C133, p2. (81) - Cfr. supra, sub 1.1.2.2).
appartenenza, avrebbe inutilmente cercato ed avrebbe avuto intenzione di continuare a cercare contatti con 'Terza Posizione'e con il Partito Nazionale del Lavoro, nonché di ottenere notizie sui N.A.R., unico movimento eversivo di destra che godesse le simpatie della F.A.N.E.; avrebbe altresì tentato di accertare la possibilità reale "di passare a concrete azioni eversive concordate contemporaneamente in Italia ed in Francia".
h)Nella seconda decade di agosto era uscito in edicola un numero del settimanale 'Panorama', contenente un articolo dal titolo "Un uomo di nome DURAND" (82). L'allusivo sottotitolo faceva riferimento allo "strano viaggio tra Roma e Bologna compiuto nei giorni che hanno preceduto la strage dal capo del più pericoloso gruppo terroristico neonazista". Dopodiché, nel corpo di un brano interamente dedicato alla tragedia di Bologna ed alle indagini in corso, si menzionava una nota informativa, all'esame di un alto funzionario del Ministero dell'Interno, in cui si parlava di Louis (sic) DURAND, neonazista della F.A.N.E.,
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(82) - Cfr. RA, V4, C133, pp. 11-15.
che, ai primi di luglio, aveva compiuto un viaggio in Italia, facendo tappa a Roma, Bologna e Firenze.
1.1.16) La formalizzazione dell'inchiesta
21/09/80 Il 21/9/1980 la Procura della Repubblica trasmetteva gli atti all'Uffico Istruzione del Tribunale, perché l'inchiesta proseguisse col rito formale (83).
La formalizzazione, già precedentemente richiesta dalle difese del SEMERARI e del MACRINA, e rifiutata sull'assunto dell'evidenza della prova (84), veniva ora indicata come necessaria: ai fini della ricostruzione tecnica dell'attentato, essendo emerso che il FURLOTTI, in data significativa, aveva acquistato contenitori metallici in ipotesi idonei come contenitori per la sostanza esplosiva (il che rendeva necessaria una perizia metallografica ed altre indagini tecniche); ai fini del completamento dell'indagine diretta a ricostruire l'intera struttura sovversiva costituita in banda armata;e aifini
dell'approfondimento dei singoli fatti addebitabili al programma delittuoso della banda armata.
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(83) - RI, C2, p1. (84) - RI, C1, p9 verso.
Nella missiva di formalizzazione è dato riscontrare una
duplice omissione materiale, laddove il Procuratore della Repubblica, che veniva evidentemente esercitando l'azione penale contro tutti gli imputati del procedimento n. 2117/A/80 R.G.P.M. (già 1733/C/80), indicava viceversa soltanto gli ordini di cattura nn. 77, 82 ed 83/80, e non anche gli ordini di cattura nn. 78 ed 80/80.
Alla data del 21/9/1980 l'incarto processuale transitava dunque verso l'Ufficio Istruzione -ove assumerà il numero di ruolo 344/A/80- proprio nel momento in cui, fervendo le indagini attorno agli spunti offerti dal rapporto 'LAZZERINI' e dalle testimonianze 'VETTORE' e 'FARINA', veniva schiudendosi quella che, fra gli addetti ai lavori, sarebbe poi stata ufficiosamente indicata come 'pista libanese'.
V'è da segnalare che, in calce alla missiva di
formalizzazione, sottoscritta dal Sostituto Procuratore dott. Riccardo ROSSI (uno dei quattro Sostituti incaricati dell'inchiesta), il Procuratore della Repubblica dott. SISTI, nell'apporre il visto, aggiungeva una postilla richiamante una precedente missiva in data 5/8/1980, diretta al Consigliere Istruttore dott. Angelo VELLA (85), con la quale il dott. SISTI aveva colto "a pretesto un' incauta dichiarazione alla stampa del Consigliere Istruttore" (86), per preannunciargli che l'avrebbe escusso come testimone. Si trattava del primo atto di un rapporto fra Procura ed Ufficio Istruzione che fu poi segnato da pesanti polemiche: rapporto le cui vicende sono notorie per essere state lungamente oggetto delle cronache giornalistiche locali e nazionali.
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(85) - Trovasi in RI, C1, p88. (86) - La notizia è fornita in questi termini dal Giudice Istruttore (cfr. SO, p901 righi 6-7), il quale osserva appunto che fu -guarda caso- il SISTI ad innescare, con tale iniziativa, le pesanti polemiche che seguirono.
1.2) 22 settembre 1980 - 30 aprile 1981 Dalla formalizzazione dell'inchiesta alla sentenza del Giudice Istruttore dichiarativa dell'incompetenza per territorio
1.2.1) La comunicazione giudiziaria per il delitto di strage emessa nei confronti di Roberto FEMIA e Marcello IANNILLI
06/10/80 Sulla scorta delle testimonianze raccolte dalle persone che, nel carcere di Ferrara, avevano captato le conversazioni di cui si è detto precedentemente (1), il 6/10/1980, il Procuratore della Repubblica chiedeva (2) al Giudice Istruttore di emettere comunicazione giudiziaria per il delitto di strage -così come già contestato con l'ordine di cattura n. 77/80- nei confronti di Roberto FEMIA e Marcello IANNILLI. Lo stesso giorno della richiesta il Giudice Istruttore provvedeva in conformità (3).
1.2.2)Le dichiarazioni di Stefano NICOLETTI al Giudice Istruttore
07/10/80 Il giorno successivo, il Giudice Istruttore sentiva come testimone Stefano NICOLETTI, che dichiarava (4), tra l'altro: "...Trasferito alcarcere di Rimini e cioè alcuni giorni dopo la deposizione resa a Ferrara...mi incontrai con
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(1) - Cfr. supra, sub 1.1.8). (2) - RI, C2, p58. (3) - OC, rispettivamente V2, C26, p12 e V1, C10, p16. (4) - EA, V10/a-2, C64, pp. 41-46 e C64 bis, pp41-48.
il BONAZZI...Io conoscevo bene il BONAZZI e questi, dal
canto suo, fece la conoscenza del RINANI. Preciso che il Bonazzi, detenuto in Sardegna, prese a pretesto la celebrazione di un processo a suo carico per poter venire a Bologna a carpire informazioni dai detenuti imputati della strage. Avvenne così che il Bonazzi il quale in precedenza, e cioè circa tre anni fa, era stato in cella con il Freda a Trani, e successivamente in Sardegna in cella con il Tuti e il Franci, aveva finito giovandosi degli spostamenti- che otteneva con la scusa dei processi- col fungere da collegamento tra i soprannominati ed altri elementi neofascisti più rappresentativi." Soggiungeva che il BONAZZI si era accattivato la confidenza del RINANI, riferendo poi al teste quanto il RINANI andava dicendo. E ancora, testualmente: "Ho avuto così modo di apprendere alcune circostanze, ma ciò che più interessa è il contenuto delle rivelazioni che a me personalmente ha partecipato il BONAZZI, rivelazioni che costituiscono, da quanto ho potuto capire, il compendio dei rapporti e dei contatti fino a questo momento intessuti con i personaggi con i quali era venuto in contatto durante la detenzione." Riferiva, in particolare, d'aver appreso dal BONAZZI che per l'inverno '79 o la primavera '80 era stata programmata un'azione dimostrativa che doveva colpire le città di Bologna, Milano e Genova: progetto che era stato rinviato per ragioni non note. E continuava: "a questo punto, ha aggiunto Bonazzi, qualcuno, invece di desistere, ha ritenuto di dare comunque corso ad un'azione dimostrativa ed ha provocato effetti più disastrosi di quelli programmati. Il divario fra gli obiettivi prefissati e il risultato era dovuto all'inesperienza dei `ragazzini' in quanto, secondo precise spiegazioni del Bonazzi, il Tuti era in possesso di un manuale di esplosivi...Il Bonazzi ha aggiunto anche che il Signorelli e Fachini dovevano pagare ...per essersi affidati a persone inesperte..."
Nel corso della deposizione, il NICOLETTI faceva altresì riferimentoad un articolo -a lui noto col titolo "Il Cacciatore"- di cui il BONAZZI gli aveva dato lettura. Il testo dell'articolo (5), pubblicato su `QUEX' a firma del
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(5)- Trovasi in copia in allegato alla deposizione del NICOLETTI.
TUTI e del BONAZZI col titolo "apologo", indugia sulla figura del militante nazional-rivoluzionario; e contiene affermazioni che lasciano palesemente intendere l'adesione degli autori alla lotta terroristica condotta con tutti i mezzi possibili.
Riferiva ancora il NICOLETTI di quanto avrebbe appreso dal BONAZZI sul conto di Franco FREDA; in particolare: sull'obiettivo, perseguito da costui fin dal '77, di riunire i fuoriusciti di Ordine Nuovo, costituendo i N.A.R.; sulle direttive che aveva impartito per la fondazione, a tal fine, della rivista `QUEX'; sulla provenienza anche dal FREDA dell'articolo `Il Cacciatore'; e sulle direttive strategiche impartite dal FREDA dopo la strage.
Il 15 ottobre il Giudice Istruttore provvedeva ad emettere comunicazione giudiziaria nei confronti di Mario TUTI e Franco FREDA per i delitti di strage, associazione sovversiva e banda armata (6).
1.2.3) Sviluppi della `pista libanese'
09/10/80 Il 9/10/1980 perveniva alla Procura della Repubblica una
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(6) - Cfr. OC, V2, rispettivamente C40, p1 e C39, p1.
nota (7) classificata 'riservatissima', a firma del Direttore del SISDE, Gen. GRASSINI, nella quale si riferiva che, attraverso un contatto stabilito da fonte di elevato livello, molto bene introdotta nell'ambiente della resistenza palestinese, era sembrata emergere la conferma delle dichiarazioni attribuite al Sig. SALAH KHALAF, alias
ABU AYAD, braccio destro di YASSER ARAFAT,"con la precisazione che i nominativi italiani sarebbero stati camuffati in lingua straniera." Non era stato possibile ottenere la lista dei nominativi in questione.
13/10/80Sul numero del settimanale `Panorama' recante la data del 13/10/1980 compariva un articolo (8) a firma di Corrado INCERTI, nel quale si affermava esservi un collegamento preciso tra la strage di Monaco di Baviera e quella di Bologna, in virtù delle ampie diramazioni internazionali, dei finanziamenti e della disponibilità di campi di addestramento di cui godeva il terrorismo nero.
31/10/80 Solo in data 31/10/1980 il CESIS rispondeva (9) alla
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(7) - RD, V1, C5, pp. 13-14. (8) - Trovasi in RD, V1, C5, p3. (9) - RD, V1, C5, p17. richiesta del Procuratore della Repubblica di cui si è detto precedentemente (10).
La nota era del seguente testuale tenore:
- il SISMI non è mai stato informato del contenuto delle dichiarazioni rese da ABU AYAD nell'intervista rilasciata per il `Corriere del Ticino' (allegato 1);
- la dichiarazione `abbiamo provveduto a tenere al corrente...', fatta dal leader palestinese, è dovuta ad un errore di traduzione dalla lingua araba a quella italiana, consistente nell'uso di un tempo passato al postodi un tempo futuro, come, peraltro, si evince dalle precisazioni in merito fornite dall'Agenzia Reuter in data 20 settembre
(allegato 2), dall' ANSA in data 22 settembre (allegato 3), dal 'Corriere del Ticino' del 23 settembre (allegato 4)
e dallo stesso ABU AYAD su richiesta del SISMI (allegato 5 -testi in lingua araba ed inglese-);
- da parte dello stesso Servizio sono in corso iniziative, estese anche nell'area cristiano-libanese, tendenti ad ottenere concreti elementi di informazione, con
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(10) - cfr. supra, sub 1.1.13). particolare riferimento alle affermazioni contenute nell'intervista;
- nulla risulta, infine, agli atti del SISDE, per quanto riguarda la documentazione specificata ai punti 1 e 2 della richiesta."
04/11/80 Quattro giorni più tardi, il Sostituto Procuratore della Repubblica dott. NUNZIATA, sull'assunto che si veniva documentando "una asserita smentita sostanziale alle dichiarazioni riportate a suo tempo sul periodico elvetico 'Corriere del Ticino' dalla giornalista Rita Porena", e ritenendo essenziale "una verifica sull'esatta cronologia e natura dei fatti", richiedeva (11) l'esame testimoniale della PORENA e del Sottosegretario delegato al CESIS On. MAZZOLA.
Occorre rilevare sin da ora che già dall'ottobre la Procura aveva acquisito 'aliunde' notizie sulla presenza in Libano di vari neofascisti, nominativamente identificati, che avevano colà trovato rifugio essendo ricercati in Italia, o che, comunque, soggiornavano nei campi falangisti a scopo di
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(11) - RI, C2, pp. 70-71.
addestramento (12).
30/01/81 Eppure, ancora alla data del 30/1/1981, il CESIS trasmetteva alla Procura della Repubblica di Bologna un appunto (13) del seguente testuale tenore:
"1. ABU AYAD, nell'intervista apparsa sul CORRIERE DEL TICINO, ha in strettissima sintesi affermato che:
- L'OLP aveva saputo, l'anno precedente, dell'esistenza di campi di adestramento per stranieri nei pressi di AQOURA, nel LIBANO Cristiano;
- due tedeschi occidentali che erano ad AQOURA avevano asserito che, circa undici mesi prima, italiani presenti nello stesso campo avevano espresso la volontà di colpire il PCI cominciando con azioni violente a BOLOGNA.
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(12) - La Procura aveva acquisito i propri elementi di conoscenza grazie ad intercettazioni disposte sulle utenze telefoniche di Carlo PUCCI,Paolo MIGLIORELLI, Alessandro ALIBRANDI e Simona RIDOLFI (sentimentalmente legata all'ultimo dei tre), nonché a rapporti provenienti dalla polizia giudiziaria di Trieste e Roma (cfr., per orientamento: RI, C2, p60 recto e verso; IT, V1, CC. 8-11; RD, C8, pp. 33-37; RA, V5, C212). Nei primi mesi del 1981 le indagini condotte per tale via condurranno a disegnare una mappa discretamente precisa della situazione (cfr. sul punto, SO, p797, righi 2-10), ma già nella prima decade del novembre 1980 agli inquirenti bolognesi constava che si trovassero in Libano, nei campi di addestramento, vari estremisti romani (tra cui Stefano PROCOPIO, Alessandro ALIBRANDI, Walter SORDI e Fabrizio DI IORIO) e triestini (tra cui Amerigo GRILZ, Gilberto LIPPI PARIS, Antonio AZZANO, Fausto BILOSLAVO, Livio LAI, Ciro LAI, Roberto CETTINI e Gianfranco SUTTICH). (13) -Cfr. RD, V1, C5, pp. 96-98.
2. Dai due tedeschi citati nell'intervista si è appreso quanto segue:
- nel mese di luglio 1980 essi erano in addestramento nel campo di MAIROUBA (AQOURA), situato nella zona cristiana del LIBANO, insieme con francesi, spagnoli, fiamminghi e italiani, per un totale di 35 elementi. Gli italiani erano 6-8, provenienti probabilmente da PALERMO (almeno uno che parlava un cattivo inglese) BOLOGNA (due) e MILANO. Gli istruttori erano falangisti libanesi, salvo uno, belga, di nome FREDERICK.
- Un italiano si comportava da capo gruppo (degli italiani) e veniva chiamato `ALFREDO'. Probabilmente bolognese, alto 1,75-1,80 m., snello, curato, ben rasato,baffi neri piuttosto folti, parlava inglese.
Fu loro impartito addestramento sull'uso di armi di tipo occidentale e su esplosivi; fra questi sono stati citati TNT, PLASTICO e, con molti dubbi, EXOGEN.
Durante l'istruzione politica si parlò del pericolo comunista e della penetrazione sovietica, nel cui quadro l'ITALIA e il LIBANO sarebbero i paesi maggiormente destabilizzati.
Non si parlò mai di piani preordinati né di particolari azioni da svolgere in città italiane.
Al termine del corso, `Alfredo' fece un discorso di ringraziamento e, in tale contesto, espresse il proposito di tradurre presto in pratica l'istruzione ricevuta; citò, altresì, BOLOGNA quale esempio di città in mano ai comunisti e, quindi, di situazione da combattere.
3. La discrepanza fra intervista e dichiarazioni rese dai tedeschi per quanto attiene alla data cui i fatti si riferiscono (circa undici mesi prima secondo ABU AYAD, nel luglio 80 secondo i tedeschi) è stata attribuita, negli ambienti dell'OLP, ad involontaria confusione fatta da ABU AYAD all'epoca dell'intervista.
Lo stesso ABU AYAD si è, d'altra parte, corretto in una successiva intervista apparsa sul RESTO DEL CARLINO del 27 dicembre 80 (allegato), nella quale afferma `alcune settimane prima del fatto' (di BOLOGNA)."
1.2.4) Le `informative' provenienti dal SISMI
14/10/80 Porta la data del 14 ottobre (ma pervenne alla Procura della
Repubblica soltanto il 27 ottobre) il rapporto SISMI a firma del Gen. SANTOVITO (14), recante in allegato 22 "riepiloghi delle notizie acquisite" dal servizio "nel contesto della sua attività di ricerca informativa in ordine" all'attentato alla stazione ferroviaria di Bologna. In tali riepiloghi sono indicati gli organi di polizia giudiziaria e/o di sicurezza informati e gli estremi delle relative comunicazioni.
Occorre qui fare menzione di quelli il cui contenuto sarà ripreso dal capo d'imputazione del proc. pen. n. 2/87 R.G.C.A.:
- riepilogo n. 1: vi compaiono i nomi di MACCA Antonio, MARLETTA Edoardo e SANTI Carla, indicati come presunti partecipi di un furto di 8 quintali di esplosivo in Ispagna, furto perpetrato da militanti dell'ETA il 26/7/1980 (notizia già riferita all'UCIGOS, al Comando Generale dei Carabinieri, al Comando generale della Finanza, al CESIS ed al SISDE sin dal 6/8/1980 (15);
- riepilogo n. 4: vi compaiono, fra gli altri, i nomi di
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(14) - RA, V5, C211, pp. 1-25. (15)- Sul riepilogo compare la data del 6/6/1980, ma si tratta, con tutta evidenza, di errore materiale. ERICSON, indicato come esponente del gruppo di estrema destra V.M.O. (Vlande Movimente Ordre) e di Henry BATAUSNA, idicato come militante dell'ETA; e vi si riferisce di voci raccolte nell'ambito della V.M.O. circa il "presunto coinvolgimento di una qualche organizzazione terroristica internazionale nella strage di Bologna";
- riepilogo n. 6: vi compare il nome del Prof. Giovanni ROSSI di Arezzo, del quale si riferisce che "viene indicato come possibile ideatore della strage";
- riepilogo n. 7: vi compare il nome di Mark FREDERIKSON "(indicato come capo della F.A.N.E)"; e vi si riferisce di
un incontro, che sarebbe avvenuto a Bologna il 14/7/1980, fra lo stesso FREDERIKSON, "il noto francese Paul DURAND, il noto AFFATIGATO ed altri imprecisati italiani"; si aggiunge che "due giorni prima della strage di Bologna, il citato FREDERIKSON e AFFATIGATO" (16)"sisarebbero incontrati nuovamente a Nizza".
02/11/80 Il 2 novembre il Nucleo Operativo della Legione Carabinieri di Bologna, trasmetteva (17) un appunto ad esso Nucleo
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(16) - Il nome di Marco AFFATIGATO compare altresì nei riepiloghi nn. 4, 5, 16 e 19. (17) - RA, V8, C355, p8.
rimesso da "servizio collegato" (cioè, dal SISMI).
In sintesi, l'appunto riferiva che: tale Jacques, identificantesi in Paul DURAND, ispettore della polizia francese e militante di prestigio della F.A.N.E., alla fine del giugno 1980 si era incontrato in Roma con Maurizio BRAGAGLIA, Ugo GAUDENZI, Walter SPEDICATO e Massimo TORTI, per mettere in atto due grossi attentati in Europa; del piano eversivo facevano parte i cittadini francesi Jean Luc DACHAUD, i fratelli Jean TRAN LONG e Minh TRANLONG, Philippe POTIGNJ, Marc FREDRIKSEN e Philippe DAVI (capo della F.A.N.E.); nel corso dell'incontro, Maurizio BRAGAGLIA, che è "fermo sulle sue ideologie ed è il più violento, disse che per l'Italia ci avrebbe pensato lui, mentre per l'altro doveva pensare 'Jacques'"; quest'ultimo disse che avrebbe preso contatti con Peter VILLORIN, abitante in Isvizzera, a sua volta in contatto con "il capo che dirige gli attentati e che li studia nei particolari", tale William APIKIAN, nato in Iraq e naturalizzato canadese, che "mette a disposizione la sua organizzazione solo per denaro"..."ha diretto molti attentati in Europa contro la Turchia ed ha stretto un patto di amicizia con Jacques"; in quel periodo Jacques "si incontrò anche con un tale professore ROSSI da Arezzo il quale è molto considerato nella destra eversiva tanto che molte operazioni (attentati)" le aveva dirette di persona a tavolino; le armi e l'esplosivo venivano custoditi da tali MACCA Antonio e MERLETTA Edoardo, i quali nel luglio avevano partecipato ad un grosso furto di esplosivi in Ispagna assieme ad elementi dell'ETA, due dei quali si identificavano in MUNIOZ GUREN e TARNA SORANO; l'attentato di Bologna -a dire della "fonte"- era l'inizio di molti attentati in Europa, in quanto gli "eversividi destra italiani, che al momento non hanno una sigla convenuta", erano "uniti con la FANE e l'ETA, nonché con molti eversivi di destra tedeschi".
1.2.5)La deposizione di Luigi VETTORE PRESILIO del 13/11/1980
13/11/80 Deponendo per la prima volta davanti al Giudice Istruttore, il VETTORE PRESILIO dichiarava, tra l'altro, testualmente, quanto segue (18):
"...In effetti agli inizi dell'estate, giugno-luglio 1980 si
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(18) - cfr. EA, V10/a-1, C30, p65 recto e verso.
costituì in carcere certo RINANI da me conosciuto come estremista di dx.
Poiché anch'io ho fatto parte della sezione del M.S.I. dell'Arcella e sono stato un attivista politico, avendo possibilità di muovermi agevolmente all'interno del carcere in quanto lavorante in lavanderia ebbi modo di parlare con il suddetto RINANI il quale pure da tempo mi conosceva.
Si parlò così del più e del meno e lui mi accennò di essersi costituito perché contava di avere al più presto la libertà provvisoria.
Colpassare dei giorni RINANI appariva sempre più scosso e nervoso poiché quanto gli era stato promesso dall'avvocato, cioè una pronta liberazione non si verificava.
Ad un certo punto mi pare che RINANI fosse proprio `scoppiato', parola che in gergo carcerario sta a significare un cedimento psicologico completo che si verifica soprattutto nel periodo iniziale della detenzione.
Ciò spiega perché il RINANI, forse in un momento di crisi, si sia lasciato andare ad affermazioni e confidenze nei miei confronti riguardanti cose così compromettenti che io non ne avrei parlato nemmeno ad un mio familiare.
Ripeto alla S.V. quello che appresi dal RINANI.
Egli mi disse che era rimasto sempre in contatto con l'ambiente dell'estrema dx padovana ed in particolare con la cellula veneta già facente capo a FREDA e VENTURA e di cui è attualmente principale esponente a Padova FACHINI Massimiliano.
Commentando poi il fatto che era stato fissato il processo d'appello per la strage di Catanzaro mi disse che tutttavia STIZ non avrebbe avuto il piacere di conoscere l'esito del processo, ed alla mia domanda di spiegarmi perché, disse che stavano preparando un attentato nei confronti del suddetto Magistrato.
Alle mie obiezioni in ordine alla difficoltà di realizzare un'azione del genere, posto che ritenevo che anche STIZ aveva una scorta armata, RINANI mi precisò che in realtà l'attentato sarebbe stato fatto da persone travisate da `Carabinieri' a bordo di una macchina camuffata che era già in corso di preparazione presso una carrozzeria.
Alcuni giorni dopo questa confidenza, mi pare una settimana
dopo incontrai nuovamente RINANI nel cortile del reparto femminile.
Lo avvicinai con mia sorpresa di trovarlo ancora lì perché ero convinto che fosse già uscito. Espressi infatti al RINANI la mia meraviglia di trovarlo ancora in carcere. Egli che era completamente sconvolto, disse che in effetti non capiva la ragione per cui non gli veniva concessa la libertà provvisoria che aspettava di ricevere già dalla settimana precedente.
RINANI aggiungeva che secondo lui non vi era motivo perché la libertà provvisoria non gli fosse concessa per il modo di come si erano messe le cose per il suo processo e, furente per la situazione in cui si trovava, mi disse che pensava che la colpa poteva essere di PALOMBARINI o di FABIANI, cioè del Giudice che aveva il suo processo. E dopo aver pronunciato diverse bestemmie disse più o meno testualmente la seguente frase: `POTRANNO PURE TRATTENERMI IN GALERA MA VEDRAI CHE NELLA PRIMA SETTIMANA DI AGOSTO SUCCEDERA' QUALCHE COSA DI GROSSO DI CUI PARLERA' L'OPINIONE PUBBLICA NAZIONALE E MONDIALE ED ALLORA NE RIDEREMO INSIEME'. Ricordo benissimo la frase `ne rideremo insieme' perché mi è rimasta impressa.
In quel momento dovetti allontanarmi perché era sopraggiunta una Guardia che mi fece cenno di andar via. Nel pomeriggio tuttavia ebbi modo di avvicinare nuovamente il RINANI il quale a mia richiesta di spiegarmi cosa fosse di grosso che doveva accadere, mi disse in dialetto: 'SI VEDRA''..."
1.2.6) Le dichiarazioni di Sergio TONIN
22/11/80 Deponendo come teste davanti al procuratore della Republica di Padova, Sergio TONIN, già segretario del M.S.I. di quella città,il 22/11/1980 rendeva, fra le altre, varie dichiarazioni (19) che venivano trasmesse al Giudice Istruttore di Bologna ai sensi dell'art. 165 bis C.P.P.
Il TONIN aveva riferito quanto, in estrema sintesi, di seguito si riporta:
- fra la fine del '74 e gli inizi del '75 si era costituito in Padova un gruppo capeggiato da Roberto RINANI, che aveva assunto carattere paramilitare, professava idee eversive ed operava con metodi di violenza armata;
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(19) - RA, V5, C193, pp. 1-5.
- il gruppo si ispirava all'ideologia nazista e il TONIN aveva spesso sentito alcuni degli aderenti, tra cui il RINANI, accennare alla necessità di procurarsi armi ed esplosivo;
- il gruppo adottava altresì la simbologia nazista,e vari simboli il TONIN aveva visto di persona, negli anni '76-'77, nei locali della Sezione Arcella del M.S.I. di Padova, di cui il RINANI era segretario;
- il TONIN, che aveva avuto più volte occasione di vedere il RINANI armato di pistola fra il '77 ed il '78, aveva inoltre appreso direttamente da costui e da altri membri del gruppo di una serie di gravi episodi di violenza politica di cui il RINANI era stato protagonista (episodi analiticamente indicati e dettagliatamente descritti: si tratta di pestaggi, di scontri a mano armata con gruppi della sinistra, di danneggiamenti di negozi, di incendi di vetture);
- a seguito dell'ultimo di tali episodi -culminato nel ferimento di un giovane di estrema sinistra cui il RINANI "aveva sparato"- il RINANI stesso si era dato alla latitanza.
1.2.7) Il rapporto dell' UIGOS di Rovigo del 24/11/1980
24/11/80 Perveniva negli stessi giorni al Giudice Istruttore un rapporto (20) dell' UIGOS di Rovigo, dal quale, tra l'altro, emergeva che:
- si erano verificati, nella provincia di Rovigo, vari attentati dinamitardi, attribuibili ad elementi dell'estremismo di destra; in particolare: il 12/2/1978, in danno della sede del 'Gruppo Sociale di Rovigo', formazione politica dell'ultrasinistra, di estrazione autonoma; il 22/1/1979, in danno della locale Questura e della sede del Circolo Sportivo 'Libertas'; il 4/5/1979, in danno della "costuenda villetta" di proprietà del Maresciallo dei Carabinieri MUSCATELLO; il 6/2/1980, in danno della Camera del Lavoro di Rovigo; il 15/2/1980, in danno dell'abitazione di MOTTARAN Alessandro, simpatizzante dell'estrema sinistra;
- sia gli attentati del 22/1 che quello del 4/5/1979 erano stati rivendicati, il giorno 5/5/1979, dal `Movimento
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(20) - RA, V5, C189, pp. 1-16.
Popolare Rivoluzionario'.
Il rapporto forniva inoltre una serie di informazioni sul conto di vari "giovani collegati agli ambienti di destra ed evidenziatisi in circostanze varie per il loro attivismo politico". Fra gli altri venivano presi in considerazione, ed indicati come collegati tra loro, Franco GIOMO, Gianluigi NAPOLI, Roberto FRIGATO, Gabriele DELLA GATTA, Nicola FERRARESE; sul conto del MELIOLI, in particolare, si riferiva che egli, avendo svolto sino a qualche anno prima "attiva propaganda in favore di formazioni e gruppi di estrema destra, evidenziandosi per fanatismo e faziosità", aveva "successivamente condotto vita riservata, evitando di ostentare pubblicamente il suo credo politico", ma mantenendo ed intensificando "rapporti e collegamenti con qualificati elementi dell'estrema destra tra cui Franco FREDA, Francesco INGRAVALLE, Massimiliano FACHINI..."
1.2.8) Il deposito della perizia chimico-esplosivistica
23/12/80 Il 23/12/1980 veniva depositata (21) la relazione diperizia
chimico-esplosivistica, che dava risposta ai quesiti
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(21) - Cfr. verbale di deposito in PA, V1, C1, p21. formulati il 2 agosto ed il 16 settembre precedenti.
Così avevano concluso i periti (22):
"L'esplosione, avvenuta il 2 agosto 1980 presso la Stazione C.le di Bologna, fu causata da una carica esplodente, collocata nella Sala d'aspetto di 2^ classe (appena entrati dal marciapiedi del 1^ binario, nell'angolo destro, sul tavolinetto portabagagli, a circa 50 centimetri dal suolo) e probabilmente all'interno di una borsa-valigia, del tipo con cerniera e piedini metallici. L'innesco della carica, composta da Kg. 20-25 di esplosivo gelatinato di tipo commerciale (costituenti principali: nitroglicerina, nitroglicol, nitrato ammonico, solfato di bario, Tritolo e T4 e, verosimilmente, nitrato sodico) era molto probabilmente costituito da un temporizzatore artigianale-terroristico di natura chimica...I citati componenti e le modalità di esecuzione consentono di escludere la mancanza di dolo, ovvero la accidentalità del fatto.
La capacità lesiva della carica esplodente risulta dalla seguente sintesi...:
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(22) - Cfr. relazione, pp. 122-124, in RA, V1.
- Distanza entro cui si ebbe la morte diretta: metri 4-5;
- Distanza entro cui si ebbero danni molto gravi: metri 10- 12;
- Distanza entro cui si ebbero danni seri: metri 18;
- Distanza entro cui si ebbero danni lievi: oltre i metri 20."
1.2.9) Il cosiddetto `appunto MUSUMECI'
Inizi Nei primi giorni del 1981 il Gen. Pietro MUSUMECI, capo del 1981 dell'Ufficio Controllo e Sicurezza del SISMI, consegnava 'brevi manu' al Giudice Istruttore titolare dell'inchiesta, Consigliere Istruttore Aggiunto dott. Aldo GENTILE, un appunto (23) in cui si riferiva, tra l'altro, quanto, in sintesi, qui di seguito si espone:
- alla fine del giugno '80 aveva avuto luogo un incontro tra Paul DURAND, "esponente di spicco della F.A.N.E.", e Maurizio BRAGAGLIA, "capo del NUCLEO COMBATTENTI RIVOLUZIONARI operanti nel centro-sud d'Italia" (a differenza delle "SQUADRE POPOLARI RIVOLUZIONARIE", operanti nel Nord);
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(23) - Trovasi in RA, V8, C355, pp. 1-3.
- le due organizzazioni (le ultime due nominate) erano composte per la maggior parte da elementi clandestini;
- i "direttivi" -DELLE CHIAIE, POMAR, MASSAGRNDE, AFFATIGATO, FUMAGALLI- si trovavano all'estero (pochi, come FREDA e VENTURA, erano ancora in Italia);
- l'incontro era stato promosso da DELLE CHIAIE; nel corso dello stesso il DURAND aveva comunicato al BRAGAGLIA che erano stati progettati due attentati, rispettivamente a Bologna ed a Monaco; che, per quanto riguardava il primo, il BRAGAGLIA avrebbe dovuto mettersi in contatto con RAUTI, il quale gli avrebbe impartito le direttive; che i capi avevano stretto alleanza col gruppo HOFFMANN;
- nel corso di successivi incontri, il BRAGAGLIA, giustificandosi con i controlli cui era sottoposto da parte della Polizia, aveva rifiutato di compiere "un'operazione da attuarsi alla stazione ferroviaria di Bologna" e consistente nel depositare al bagagliaio della stazione stessa una valigia carica di esplosivo (operazione inquadrantesi in una vasta strategia dinamitarda, volta a portare "lo scompiglio nelle masse" ed una conseguente richiesta d'ordine che solo la destra di RAUTI, FREDA e VENTURA avrebbe potuto garantire);
- a seguito del rifiuto del BRAGAGLIA, erano stati presi contatti con DELLE CHIAIE, ed il 24 luglio era stata fornita assicurazione al BRAGAGLIA stesso che "all'operazione avrebbe concorso il gruppo HOFFMANN" costituito da: RUDOLF KLINGER, STEPHAN FABER, BEHLE ALTER VERICH, MICHELE RUTTOR, ROLICH HORST e ROBERT FUNK;
- il gruppo HOFFMANN sarebbe giunto (a partire da questa notizia l'appunto usa il modo condizionale) a Rimini il 30 luglio a bordo di due Camper bianchi uno dei quali sembra fosse targato CD 2...;
- al gruppo si sarebbe unito un giovane francese, aderente alla F.A.N.E., di nome Philippe, che poi perdette la vita, essendo rimasto coinvolto nell'esplosione;
- a Cesenatico, da emissari italiani, erano state consegnate al gruppo straniero due lattine per olio, contenenti ciascuna 5 chilogrammi di esplosivo gommoso alla nitroglicerina del tipo 'A', ed il confezionamento dello
ordigno sarebbe stato affidato a Horst.
1.2.10) La valigia rinvenuta sul treno Taranto-Milano
09/01/81 Il 9/1/1981 rientrava dalla Francia, in compagnia di Francesco PAZIENZA, il Direttore del SISMI Gen. SANTOVITO: nella saletta vip dell'aeroporto di Fiumicino erano ad attenderlo, tra gli altri, il Gen. MUSUMECI ed il Capo della
I Divisione del Servizio, Gen. Pasquale NOTARNICOLA (24).
Alla presenza del Direttore del Servizio e del suo accompagnatore, il MUSUMECI consegnò al NOTARNICOLA un appunto (25). Esso conteneva la notizia dell'imminente attuazione di un piano eversivo, con attentati dinamitardi sui più importanti tronchi ferroviari, progettato da una "direzionestrategica" costituita da FREDA e VENTURA e portato avanti dall'organizzazione di Stefano DELLE CHIAIE, che si sarebbe avvalsa di "aderenti alla F.A.N.E. (anche tedeschi)". Sembrava che gli ordigni fossero già pronti in Italia e avrebbero dovuto "essere dati in consegna a un nucleo di terroristi (da quattro a sei elementi) tra cui un parigino a nome PHILIPPE e un tedesco, tale HORST nato a
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(24) - L'episodio è ricostruito alle pp. 116-117 della sentenza 29/7/1985 n. 45 della V Corte d'Assise di Roma, in AA, V11, C63. (25) - Trovasi in AA, V7, C43, pp. 37-38.
Heidelberg, di 40-45 anni." La consegna degli ordigni sarebbe avvenuta a bordo di un treno. "Sul piano della concretezza" si riteneva di poter comunicare la data ed il treno sul quale l'esplosivo avrebbe viaggiato.
10/01/81 L'indomani, le notizie riguardanti il trasporto degli ordigni furono trasmesse (26) al Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e all'Ucigos, con l'avvertenza che la fonte, "sollecitata a fornire elementi concreti", aveva "lasciato intendere di poter indicare, con breve margine di tempo, località e mezzi per la consegna e distribuzione dell'esplosivo."
11/01/81 Il giorno successivo gli stessi Uffici vennero allertati dal SISMI (27): "secondo ulteriori notizie fornite dalla fonte" l'esplosivo sarebbe stato consegnato a due cittadini francesi -uno dei quali a nome Philippe- a bordo di un treno in transito in una delle seguenti località: Bologna, Forlì, Ancona. La stessa fonte si era riservata di fornire precisazioni, con margine di tempo di una o due ore, sul treno e sulla posizione del vagone, che sarebbe stato
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(26) - Cfr. AA, V7, C43, p51. (27) - Cfr. AA, V7, C43, p52.
indicato a partire dalla testa del convoglio ferroviario. Era presumibile che a bordo dei vagoni precedente e seguente si trovassero "nuclei composti da una o due persone con incarico di vigilanza o di redistribuzione dell'esplosivo".
12/01/81 Il giorno dopo, con marconigramma (28) trasmesso al Comando Generale dell'Arma alle ore 20,35 ed all'UCIGOS alle ore 20,45, il SISMI riferiva che la consegna degli esplosivi -secondola fonte di cui alle precedenti comunicazioni- sarebbe avvenuta nel corso della notte "sul 13" in Ancona a bordo di un treno. Avrebbero trasportato il materiale "tali LEGRAND Raphael, altezza 1,75-1,80, corporatura molto prestante, capelli castani, colorito roseo e DIMITRIS Martin, con leggera calvizie frontale". I corrieri, dopo la consegna, sarebbero rientrati in Francia in aereo, da scalo non noto.
13/01/81Alle ore 2,55 del 13 gennaio perveniva al SISMI una telefonata, riassunta dall'addetto alla ricezione nel modo seguente (29): "Telefona Sig....dicendo che consegna avverrà
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(28) - Cfr. AA, V7, C43, p55. (29) - Cfr. AA, V7, C43, p57.
in Ancona sul treno N. 514 verso ore 5,30. Avrebbero una valigia scura con delle fibbie nuove. Salirebbero sul vagone di 2^ classe che sta subito dopo quelli di 1^ classe. Il soggetto ha soggiunto che si trovava per strada ed era diretto a Roma."
Anche di questa segnalazione furono resi edotti il Comando dei Carabinieri e l'UCIGOS (30).
Veniva predisposta, alla stazione di Ancona, un'operazione di polizia per il controllo del treno espresso n. 514 Taranto-Milano: operazione che dava esito negativo, tanto che il treno veniva fatto proseguire per il nord (31).
Dopo ulteriori vani controlli effettuati in Rimini, finalmente, nello scalo bolognese, dove il convoglio era giunto alle ore 9,26, veniva scoperta su una vettura di 2^ classe, la terza a partire dalla testa del treno, una valigia contenente, tra l'altro: un mitra `MAB', un fucile automatico da caccia, 8 lattine per generi alimentari,
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(30) - Lo si rileva dalle annotazioni in calce al documento citato alla nota che precede. Il Ministero dell'Interno-UCIGOS, frattanto, già dal giorno 10 provvedeva ad inoltrare a tutte le Questure ed agli Uffici Polfer le notizie che via via riceveva (cfr. p2 sent. G.I. Bologna 30/4/1985, in AA, V14, C75). (31) - Cfr. rapporto DIGOS Ancona 13/1/1981, in AAD, V6, C1, pp. 25-26.
riempite ciascuna con 6/7 ettogrammi di sostanze esplosive, e due biglietti aerei delle linee Alitalia, intestati rispettivamente a DIMITRIEF Martin per il volo Milano-Monaco delle ore 20 del 13 gennaio e a LEGRAND Raphael per il volo Milano-Parigi delle ore 18,15 delllo stesso giorno (32).
Nessuna traccia, peraltro, venne rinvenuta di colui o coloro che avevano organizzato il trasporto delle armi, degli esplosivi, dei biglietti e degli ulteriori reperti.
15/01/81Due giorni più tardi, il Procuratore della Repubblica di Bologna invitava i Direttori del SISMI e del SISDE a "disporre per la trasmissione" all'ufficio richiedente "di ogni utile notizia, sia sul fatto, sia su segnalazioni di organi stranieri eventuali in merito alla presenza di terroristi, nel periodo e sito che interessa, sia sull'esito dei controlli effettuati in ambienti coinvolti nell'attività terroristica." (33)
1.2.11) Gli appunti PAZIENZA-POMPO'
26/01/81 In data 26/1/1981, il Questore di Roma trasmetteva
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(32) - Cfr. rapporto DIGOS Bologna 7/2/1981,in AAD, V6, C1, pp. 47-48. (33) - Cfr. AAD, V6, C1, p19.
all'UCIGOS due "segnalazioni", comunicando che le stesse gli erano "pervenute da fonte qualificata ed attendibile".
Si trattava dell'atto conclusivo di una vicenda che l'autorità giudiziaria romana ha ricostruito nei seguenti termini (34): "Nel medesimo lasso di tempo" (cui si riferiscono i fatti esposti sub 1.2.10) "su indicazioni fornite da PAZIENZA che agiva d'accordo con SANTOVITO, il dott. POMPO', dirigente del I Distretto di Polizia della Questura di Roma, redasse, facendosi aiutare dal `collaboratore esterno' del SISMI, due appunti.
Il primo riguardava un traffico di droga e di armi in Italia ad opera di un'organizzazione con centrale a Berlino Ovest. Il capo assoluto era tale SANZON, cittadino ebraico. Vi facevano parte libanesi e siriani. Le armi -russe, ceche e belghe-, importate dalla Bulgaria, erano destinate a terroristi italiani, francesi e spagnoli.
Colui che dirigeva l'esportazione delle armi era `addirittura un ufficiale superiore dell'esercito bulgaro (sembra un generale) molto noto, di nome STIMILOFF'.
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(34) - Cfr. sentenza citata alla nota (24), pp. 117-118.
Il secondo appunto trattava di un'organizzazione, con sede a Monaco di Baviera, `composta da italo-tedeschi e con
collegamenti con le Brigate Rosse', la quale aveva eliminato, `durante le decorse feste natalizie' un certo Renato. L'esecutore materiale dell'omicidio era tale `Eros', padovano, brigatista rosso, che faceva la spola tra Monaco e Padova."
Il Questore di Roma, cui il POMPO' aveva consegnato le segnalazioni 'fuori protocollo', provvedeva poi -come si è anticipato- a trasmetterle all'UCIGOS.
Va qui rilevato che un esemplare dell'appunto sulla centrale di trafficanti di droga ed armi, recante la data del 18/1/1981 (cioè una data di otto giorni anteriore rispetto a quella di trasmissione dalla Questura all'UCIGOS) fu in seguito rinvenuto tra gli atti del soppresso Ufficio Controllo e Sicurezza del SISMI (35).
1.2.12) Il `rapporto SANTOVITO' ed i suoi sviluppi
24/02/81 Porta la data del 24/2/1981 il rapporto a firma del Gen.
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(35) - Cfr. p117, nota (2) della sentenza citata alla nota (24). In detta nota (2) si trovano altresì gli estremi della collocazione, nell'incarto di quel procedimento, dei due appunti PAZIENZA-POMPO' e dell'esemplare di uno di essi rinvenuto nell'Ufficio Controllo e Sicurezza.
SANTOVITO, con il quale il SISMI rispondeva alla richiesta 15/1/1981 della Procura della Repubblica di cui si è detto sub 1.2.10). In esso (36) il Direttore del Servizio, dopo aver riassunto le notizie già comunicate all'UCIGOS sin dal 10 gennaio, soggiungeva essersi poi riusciti ad apprendere che: "l'esplosivo avrebbe dovuto essere consegnato sul treno 514 in transito per Ancona a due cittadini francesi (tra cui il citato PHILIPPE) ad opera di tali LEGRAND Raphael e DIMITRIS Martin"; costoro, "a consegna avvenuta, sarebbero rientrati in Francia in aereo da scalo non noto"; e "detti corrieri avrebbero fatto uso di una valigia color scuro con fibie" (sic) "nuove e sarebbero saliti sul primo vagone di 2^ classe".
Il SANTOVITO riferiva ancora, tra l'altro, essere emerso, da ampia attività di ricerca svolta dal SISMI all'interno ed all'estero, quanto segue: i biglietti aerei sarebbero stati acquistati a Bari da VALE Giorgio, "indicato come la persona" avente il compito di mantenere i contatti fraTERZA POSIZIONE, F.A.N.E. ed il gruppo tedesco HOFFMANN; il VALE
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(36) - Cfr.AAD, V6, C1, pp. 10-12.
avrebbe dovuto dare esecuzione al piano di ricatto nei confronti delle autorità dello Stato; lo stesso avrebbe mantenuto contatti con terroristi altoatesini e, per l'operazione `TERRORE SUI TRENI' avrebbe appositamente affittato un appartamento ad Imperia , in via RISSO (o RIZZO) n. 11, da utilizzare come base; del gruppo di 4-6 persone utilizzato per il trasporto e per la consegna dell'esplosivo, i due stranieri DIMITRIS e LEGRAND avrebbero dovuto, in Ancona, ritirare i biglietti aerei e due armi automatiche, e recarsi poi a Milano, mentre gli altri avrebbero proseguito il viaggio alla volta di Bologna.
Aggiungeva il rapporto non esser stato possibile pervenire all'identificazione degli stranieri via via segnalati.
28/02/81 Il giorno successivo alla ricezione del `rapporto SANTOVITO', il Sostituto Procuratore investito delle indagini sul ritrovamento della valigia incaricava (37) i Carabinieri di trasmettere ogni possibile informazione su Giorgio VALE e di compiere indagini sull'appartamento di via Rizzo o Risso n. 11 di Imperia.
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(37) - Cfr. AAD, V6, C1, p100.
05/03/81 Di lì a cinque giorni, i Carabinieri di Imperia, interessati dal Nucleo Operativo del Gruppo di Bologna, riferivano con rapporto (38) che il 31/10/1980, presso l'agenzia Trieste di quella città, un giovane dell'apparente età di 30 anni aveva preso in locazione per un mese un appartamento sito in via Rizzo n. 11. Nell'occasione il giovane aveva esibito un documento che, alla verifica, era risultato falso, ma le cui generalità corrispondevano a quelle di persona realmente esistente: tale BIGANO Mario Vittorio, residente in Torino. Verso il 20 novembre, il sedicente BIGANO aveva lasciato l'appartamento, portando con sé alcuni arredi. A causa di tale appropriazione, la titolare dell'agenzia aveva telefonato al vero BIGANO, sentendosi rispondere che egli non aveva mai preso in locazione alcun appartamento in Imperia. Il sedicente BIGANO, alla data del rapporto, non era stato identificato, benché le ricerche fossero state "a suo tempo" diramate in tutta la penisola. Non erano emersi elementi che inducessero ad identificare nel noto estremista Giorgio VALE l'appartamento in questione, e la fotografia
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(38) - Cfr.AAD, V1, C1, pp. 118-120. del VALE non era stata riconosciuta dagli occupanti dello stabile di via Rizzo 11 nè dalla titolare dell'agenzia `Trieste'.
1.2.13) Ulteriori sviluppi della `pista libanese'
07/03/81 Il 7/3/1981 perveniva all'Ufficio Istruzione, nell'ambito del procedimento per la strage -tale oramai definibile alla stregua delle risultanze peritali in ordine alla dolosità dell'evento- (39) un rapporto del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Bologna (40), nel quale si riferiva, tra l'altro, aver dato esito negativo gli accertamenti svolti per addivenire all'identificazione degli Italiani frequentatori del campo di Aqoura; in particolare, erano state vane le ricerche volte all'identificazione dell'Alfredo bolognese: i sospetti si erano in un primo tempo appuntati sulla persona di tale MOLINARI RAIMONDI Alfredo, già inquisito per ricostituzione del disciolto partito fascista, ma una perquisizione domiciliare a suo carico, in data 18/2/1981, aveva dato esito negativo.
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(39) - Vale la pena di ricordare, per chiarezza, chele indagini relative al rinvenimento della valigia si svolgevano in separato procedimento, rubricato, all'epoca, contro ignoti (n. 1349/B/81 R.G.P.M.). (40) - RD, V1, C5, pp. 99-104.
Era frattanto accaduto che una delegazione di parlamentari italiani si fosse recata in Libano ed avesse ricevuto da Abu Ayad,alias Salah Khalaf,dichiarazioni in ordine alle responsabilità che neofascisti italiani addestrati in quel paese potevano avere per la strage di Bologna.
Vari organi di stampa, il giorno 6, avevano pubblicato una notizia del seguente tenore: "L'OLP ha fornito alla magistratura italiana indizi sulla responsabilità di fascisti addestrati in Libano nella strage di Bologna, e ha messo gli investigatori del vostro Paese in condizioni di interrogare alcuni testimoni ...lo ha detto ...Abu Ayad a una delegazione di parlamentari italiani ...due settimane dopo la strage -ha rivelato Abu Ayad- abbiamo arrestato un gruppo di terroristi tedeschi...li abbiamo interrogati e hanno raccontato che si erano addestrati con altri terroristi italiani...avevano sentito progettare attentati in Italia... gli Italiani erano da 3 a 5 e venivano da Bologna. Parlavano di un 'colpo grosso' da fare nella loro città...abbiamo presentato questi tedeschi ai servizi di sicurezza italiani che hanno ascoltato la loro versione. Queste cose le abbiamo riferite poi allamagistratura." (41) Il giorno successivo alla pubblicazione di siffatta notizia, il Giudice Istruttore, facendo ad essa riferimento, richiedeva (42) al Direttore del SISDE di riferire se il suo Servizio era stato in alcun modo contattato dall'organizzazione palestinese così come riferito dalla stampa, nonché di interpellare Abu Ayad circa la sua disponibilità ad un incontro con gli istruttori.
1.2.14) Il sequestro di Castiglion Fibocchi
17/03/81 Nello stesso volger di tempo, nell'ambito di altro procedimento, pendente avanti all'autorità giudiziaria milanese per l' `affare SINDONA', i Giudici Istruttori TURONE e COLOMBO disponevano un sequestro nell'abitazione e negli uffici di pertinenza del capo della loggia massonica P2, Licio GELLI. In Castiglion Fibocchi, la Guardiadi Finanza sequestrava, tra l'altro, "oltre ad una lista degli iscritti alla Loggia P2, tutta una serie di documenti che denunciavano in quali attività e di quale rilievo la Loggia
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(41) - Gli articoli in questione (che riportano un `flash' d'agenzia) trovansi in RD, V1, C5, pp. 106-108; della notizia s'era avuta un'anticipazione nel `TG1 notte' del 5 marzo: cfr. RD, V1, C5, p106. (42) - RD, V1, C5, p126.
era implicata." (43)
Sugli sviluppi della vicenda si dovrà tornare più e più volte in prosieguo di trattazione; occorre tuttavia rilevare sin da ora che risultarono iscritti nelle liste sequestrate, fra gli altri, i seguenti nominativi: Prefetto Walter PELOSI, Capo del CESIS; Gen. Giuseppe SANTOVITO, Direttore del SISMI; Gen. Giulio GRASSINI, Direttore del SISDE; Gen. Pietro MUSUMECI, Capo dell' Ufficio Controllo e Sicurezza del SISMI (44).
1.2.15) Ancora della `pista libanese'
23/03/81 Porta la data del 23/3/1981 un articolo, comparso sul settimanale 'Panorama', a firma di Pino BUONGIORNO (45), nel quale si indicavano i nomi di alcuni neofascisti italiani che avevano trovato rifugio in Libano : GRILZ, Ciro LAI, ALIBRANDI, PROCOPIO, SORDI, Carlo PUCCI, Riccardo IORIO (sic) e Roberto FIORE. Si indicavano altresì i nomi dei
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(43) - Sono parole della relazione conclusiva di maggioranza della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla P2: trovansi alla p35 del documento, in AA, V5, C29. (44) - Cfr. documento citato alla nota che precede, pp. 80-81, nonché Cal., V6, C1, rispettivamente p22 (GRASSINI: tessera n. 1620, codice E 18.77), p35 (MUSUMECI: tessera n. 1604, codice E 18.77), p38 (PELOSI: codice E 19.79) e 42 (SANTOVITO: tessera n. 1630, codice E 18.77). (45) - Trovasi in RD, V1, C5, p143. Il settimanale era in edicola sin dal giorno 16: tant'è che fu trasmesso al G.I.dalla DIGOS il 17:cfr. RD,V1,C5, p142. neonazisti tedeschi catturati dall'OLP: DUPPNER, HEPP, BERGMAN e HAMBERGER. Si faceva riferimento ad una comune militanza fra i neofascisti italiani ed i neonazisti dell'organizzazione giovanile di Karl Heinz HOFFMAN, "ritenuta anche responsabile della strage di Monaco". E si faceva cenno del Vlaamso Militantenorde (Vmo), gruppo paramilitare di Anversa, guidato da Bert ERICKSON.
24/03/81 In data 24 marzo, il Giudice Istruttore si rivolgeva (46) al `Bundeskriminalamt' di Bonn, chiedendo a quell'autorità di volerinterrogare l'HAMBERGER,l'HEPP,il DUPPNER ed il BERGMAN, onde verificare la fondatezza delle notizie precedentemente pubblicate dalla stampa.
25/03/81 Il giorno successivo, il SISDE, con nota a firma del Gen. GRASSINI, trasmetteva la risposta (47) alla richiesta rivolta al Servizio dal Giudice Istruttore il 7 marzo (48).
Riferiva il SISDE di non esser stato in alcun modo contattato dall' O.L.P., "né in forma diretta né indiretta, in ordine a responsabilità di elementi stranieri in merito alla strage di Bologna". Non era stato possibile saggiare la
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(46) - RD, V1, C5, p149. (47) - RD, V1, C5, p128. (48) - Cfr. supra, sub 1.2.13).
disponibilità di Abu Ayad per un incontro con gli inquirenti, non disponendo il Servizio di propri uffici all'estero.
1.2.16) Il quadro degli imputati e degli indiziati
Nei primi mesi del 1981 il Giudice Istruttore aveva provveduto ad emettere una serie di mandati e comunicazioni giudiziarie di cui è necessario dare brevemente conto:
a) mandato di comparizione 6/1/81 nei confronti di CILLI Gino (49), ritenuto responsabile del delitto di favoreggiamento personale aggravato, per essere risultato che egli, nella sua qualità di funzionario del Banco di Roma, aveva consentito l'accredito della somma di £ 1.025.000 a favore del latitante Stefano PROCOPIO, aiutandolo così ad eludere le investigazioni dell'autorità che avrebbe dovuto provvedere allacattura.
b) Mandato di cattura 10/2/81 nei confronti di Franco GIOMO e Roberto FRIGATO (50), che venivano imputati dei delitti di associazione sovversiva e banda armata già contestati
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(49) - Cfr. OC, V2, C42, p1. Gli elementi a carico del CILLI sono indicati dal P.M. in RI, C2, p75. (50) -Cfr. OC, V2, rispettivamente C44, pp. 1-4, e C43, pp. 1-4. Gli elementi raccolti a carico di ciascuno sono compiutamente indicati nelle parti motive dei provvedimenti, cui occorre fare rinvio. con l'ordine di cattura n. 77/80.
c) Comunicazione giudiziaria 26/3/81 nei confronti di SAMA' Ennio Salvatore e RAPIZZA Michele (51), per i delitti di associazione sovversiva e banda armata, essendo stati costoro arrestati al valico del Brennero in possesso di £ 69.500.000 e di una rivoltella "provento di una rapina consumata a Roma il 5/8/1980 ai danni dell' Armeria Fabbrini...attribuita al gruppo di estremisti di 'destra' di cui facevano parte MAMBRO Francesca, FIORAVANTI Valerio, VALE Giorgio, BELSITO Pasquale ...CAVALLINI Gilberto e SODERINI Stefano". (52)
d) Mandato di cattura 31/3/81 nei confronti di TIRABOSCHI Stefano e SORDI Walter (53), imputati dei delitti di associazione sovversiva e banda armata già contestati con l'ordine di cattura n. 77/80.
e) Mandati di comparizione 1/4/81 e 2/4/81 rispettivamente nei confronti di PUCCI Carlo e MIGLIORELLI (54), ancora
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(51) - Cfr. OC, V2, rispettivamente C45, p3, e C46, p2. (52) - Cfr. rapporto Questura Trieste 2/3/81, in RA, V5, C202, p55. (53) - Cfr. OC, V2, rispettivamente C47, pp. 1-4, e C48, pp. 1-4. Per l'analitica indicazione degli indizi si fa rinvio alla rispettive motivazioni. (54) - Cfr.OC,V2,rispettivamente C49,pp. 1-4, e C50, pp. 2-5. Per gli elementi a carico di costoro, per i quali il P.M. aveva richiesto la cattura (RI, C3, p13), cfr. RI, C2, pp. 60 e 66-68.
per i delitti di associazione sovversiva e banda armata di cui all'ordine di cattura n. 77/80.
In esecuzione dei mandati di cattura di cui sopra, il GIOMO veniva tratto in arresto già l'11 febbraio. Il FRIGATO, il TIRABOSCHI ed il SORDI riuscivano invece a sottrarsi alle ricerche.
1.2.17) Gli interrogatori degli imputati
Subito dopo la formalizzazione dell'inchiesta e nei mesi successivi, il Giudice Istruttore aveva intanto provveduto ad interrogare gli imputati che venivano via via catturati o a reinterrogare imputati già esaminati durante la fase sommaria. Per quanto attiene al contenuto di detti interrogatori (nel corso dei quali gli imputati si attestavano comunque su posizioni di negativa degli addebiti), occorre fare rinvio alla sintesi che se ne fa nel provvedimento conclusivo dell'istruttoria (55), eccezion fatta per i verbali di coloro che sono tuttora imputati
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(55) - Cfr. SO, da p100 rigo 6, a p103 rigo 8. Per quanto riguarda i verbali di MONOPOLI, CORRADO, FEMIA, FURLOTTI, SEMERARI e ZAPPAVIGNA, la rispettiva collocazione è già stata indicata sub 1.1.14), nota (59). I verbali di BRANCATO, GIOMO, Carlo PUCCI e MIGLIORELLI trovansi in IA, rispettivamente V9/a-1, C26; V9/a-1, C3; V9/a-2, C32 e V9/a-2, C31.
avanti a questa Corte, dei quali si deve dare brevemente
contezza.
Giovanni MELIOLI, il 22/9/1980 (56), pur ammettendo la conoscenza del SIGNORELLI ed un rapporto di frequentazione ed amicizia col NAPOLI ed il FACHINI, escludeva d'aver fatto parte dell'associazione sovversiva e della banda armata di cui all'ordine di cattura 83/80.
Paolo SIGNORELLI, il 9/10/1980 (57), precipuamente in relazione alle vicende del periodico `Costruiamo l'Azione', ammetteva un suo ruolo eminentemente culturale nell'ambito dell'estrema destra, ma, pur non disconoscendo una serie di legami interpersonali, negava d'aver in qualche modo partecipato a strutture clandestine.
Roberto RINANI, il 9/12/1980 (58), nel respingere ogni addebito, affermava di non aver mai conosciuto VETTORE PRESILIO e di non aver comunque mai rivelato a chicchessia notizie (che -a suo dire- non conosceva) in ordine ad un attentato al Giudice STIZ o ad altro attentato da compiersi precedentemente.
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(56) - Cfr. IA, V9/a-1, C25, pp. 3-6. (57) - Cfr. IA, V9/a-1, C4, pp. 9-12. (58) - Cfr. IA, V9/a-1, C2, pp. 19-21.
Massimiliano FACHINI, il 3/1/1981 (59), nel ribadire le dichiarazioni precedentemente rese, precisava di non aver svolto attività politica di sorta almeno dal 1975, di non avere conoscenze nell'ambiente dei giovani dell'estrema destra e di non avere rapporti col VETTORE PRESILIO da diversi anni.
Valerio FIORAVANTI, catturato a Padova il 5/2/1981 (60), veniva interrogato prima il 24/2 e poi il 4/3/1981 (61).
Egli esordiva negando d'aver in qualsiasi modo partecipato alla strage del 2 agosto. Escludeva altresì d'aver fatto parte dell'associazione sovversiva cui veniva attribuita l'organizzazione dell'attentato, al quale affermava essere estranei anche il PEDRETTI ed il CALORE. Interpellato in
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(59) - Cfr. IA, V9/a-1, C12, pp. 17-22. (60) - La sera del 5/2/1981, mentre, in Padova, città dove aveva trovato rifugio ed ospitalità dal novembre '80, il FIORAVANTI, in compagnia del fratello CRISTIANO e di Francesca MAMBRO, stava recuperando armi sommerse nel canale `Scaricatore', sopraggiungeva una pattuglia di Carabinieri: ne nasceva un conflitto a fuoco che costava la vita all'Appuntato Andrea CODOTTO ed al Carabiniere Luigi MARONESE. Valerio, ferito, era stato accompagnato dai complici in un appartamento nella disponibilità del gruppo: di là era stato chiamato soccorso; ricoverato presso l'Ospedale Civile di Padova, il FIORAVANTI aveva declinato false generalità, ma era stato rapidamente identificato (cfr. requisitorie del P.M. e sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio, nel procedimento conseguentemente aperto dall'autorità giudiziaria padovana: in AA, V11, C66). (61) - Cfr. IA, V9/a-1, C29, rispettivamente pp. 3-10, e pp. 14-19.
ordine agli `attentati M.R.P.' (62), affermava che essi si inquadravano in una logica completamente diversa da quella dello spontaneismo armato, "portata avanti con la denominazione NAR" (nella quale, invece, egli si riconosceva). Aveva appreso dal CALORE che l'ordigno piazzato davanti al C.S.M. (63) "non aveva funzionato per motivi tecnici". Dichiarava ancora di sapere che il RINANI era il capo degli `Arcellini' di Padova,ma che non aveva mai avuto contatti con lo stesso. Quanto alla rapina all' Armeria FABRINI del 5/8/1980 (64), riferiva testualmente: "Il senso di questa impresa è il seguente:
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(62) -Si tratta della sigla del Movimento Rivoluzionario Popolare: cfr. supra, sub 1.1.3.4). (63) - Alle 19,30 del 20/5/1979, uno sconosciuto aveva telefonato alla redazione del quotidiano 'Il Tempo', a nome del Movimento Rivoluzionario Popolare, rivendicando il fallito attentato che sarebbe dovuto avvenire alle ore 14 di quel pomeriggio davanti allo edificio ove ha sede il Consiglio Superiore della Magistratura. Il personale di Polizia recatosi sul posto rinveniva una FIAT 128 blu, dal cui portabagagli un artificiere estraeva una borsa sportiva contenente 94 candelotti di esplosivo innescato da due capsule detonanti elettriche collegate ad un congegno a tempo funzionante: cfr. rapporto DIGOS Roma 22/5/79, in RA, V6, C58, pp. 58. (64) - Alle ore 16 di martedì 5/8/1980 FIORAVANTI, la MAMBRO e CAVALLINI (confessi in ordine a tale episodio), assieme ad altri complici indicati dallo stesso FIORAVANTI, avevano rapinato un ingente quantitativo di armi, munizioni e manette all'Armeria Stefano FABRINI di Piazza Menenio Agrippa n. 8, in Roma. Il gruppo rivendicò la rapina con una telefonata alla redazione delquotidiano `Vita Sera', a nome del "Nucleo Zeppelin": rivendicazione inusitata (cfr. rapporto DIGOS Roma 18/8/80, in RA, V10, C407, pp. 1-29).
poiché la strage di Bologna era stata rivendicata, o meglio
attribuita a legger sui giornali, ai NAR (65), almeno così riportavano i giornali, e devo pensare che delle telefonate di rivendicazione a nome NAR saranno pur state, pensammo io e CAVALLINI e Francesca pensammo fosse necessario dimostrare a tutti che la strage era un'azione che esulava per caratteristiche complessive dal tipo di attività attribuibile ai NAR. Pensammo che i NAR, non avendo un marchio di fabbrica né un sistema preventivo di attribuzione di paternità sicura dei vari fatti criminosi, era inutile fare un volantino di smentita. Molto più efficace, anzi indispensabile, era compiere un'azione che rientrasse nella linea classicadei NAR (cioè la quarta armeria da farsi). Così organizzammo la rapina, sia pure in soli due giorni e quindi non in termini spettacolari, anche perché oramai eravamo rimasti in pochi, e non potevamo più contare su
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(65) -In effetti le rivendicazioni a nome NAR, nel periodo immediatamente seguente la strage, furono numerose: cfr., in proposito, rapporto DIGOS Bologna, in RA, V2, C13, pp. 9-11. La prima di esse risale al giorno stesso dell'attentato: tant'è che domenica tre agosto la stampa recava la notizia della rivendicazione (cfr. sottotitoli del quotidiano `Il Mattino', in RA, V2, C13, p21). Non meno numerose, peraltro, furono le smentite a nome degli stessi NAR: ugualmente risalenti già al giorno 2 ed ugualmente segnalate dalla stampa fin dal giorno successivo.
decine di militanti come un anno prima. Rivendicammo..."
Precisava ancora il FIORAVANTI che alla rapina avevano partecipato anche Giorgio VALE, Stefano SODERINI e Pasquale BELSITO, in funzione di supporto.
Aggiungeva che effettivamente una sera, prima del Natale del 1979, era stato con Marco Mario MASSIMI a cena da Paolo SIGNORELLI (66), specificando peraltro che alla cena non aveva partecipato SEMERARI; si era trattato comunque di una riunione conviviale e non di carattere politico.
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(66) - L'interrogato rispondeva in tal modo ad una domanda del G.I. a proposito di una cena, svoltasi a casa del SIGNORELLI, di cui aveva riferito all'autorità giudiziaria tale Marco Mario MASSIMI. Il tormentato `iter' delle rivelazioni di costui prima al Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma dott. Mario AMATO, poi al funzionario di Pubblica Sicurezza dott. Giorgio MINOZZI, e quindi alle varie autorità giudiziarie che indagavano sull'omicidio del dott. AMATO e su altri delitti, è dettagliatamente ricostruito nella sentenza della Corte d'Assise di Bologna 5/4/1984 (pronunciata, appunto, nel procedimento per l'omicidio AMATO), alle pagine 223 e ss. (cfr. AA, V11, C68). Ai fini che qui interessano, giova ricordare che il MASSIMI, nell'aprile del 1980, prima al dott. AMATO, poi al dott. MINOZZI, aveva rilasciato una serie di dichiarazioni, che si era però assolutamente rifiutato di mettere a verbale. Fra l'altro, aveva riferito di una cena a casa del SIGNORELLI, del 9/12/1979, cui avevano partecipato, oltre al padrone di casa ed al di lui figlio Luca, anche Aldo SEMERARI, Sergio CALORE, lo stesso MASSIMI, Valerio FIORAVANTI e certo Gianni di Parma. Nel corso della cena -secondo le dichiarazioni del MASSIMI- era stata decisa a tavolino l' `eliminazione' dell'Avv. ARCANGELI, ritenuto responsabile dell'arresto di Pierluigi CONCUTELLI. Nella circostanza, il FIORAVANTI ed il MASSIMI si sarebbero dissociati dall'azione perché dissenzienti sull'obiettivo e le modalità dell'operazione (cfr. relazione di servizio del dott. MINOZZI, allegata al `rapporto LAZZERINI': RA, V1, C7, pp. 25-28). Nel secondo interrogatorio, il FIORAVANTI descriveva la
situazione della destra politica romana negli anni 70/80, negando peraltro che egli ed il suo gruppo fossero in qualche modo diretti da persone od organizzazioni di livello superiore.
1.2.18) Le dichiarazioni di Massimo SPARTI
26/04/81 Il 26/4/1981, la Procura della Repubblica di Roma trasmetteva al Giudice Istruttore copia di estratto del verbale d'interrogatorio reso, in un procedimento colà pendente per associazione sovversiva e banda armata, da tale Massimo SPARTI. Costui, dopo aver chiarito com'era nato il suo rapporto di frequentazione con i fratelli FIORAVANTI, Alessandro ALIBRANDI, Stefano TIRABOSCHI, Massimo RODOLFO e Francesco BIANCO, riferiva testualmente, a proposito di Valerio FIORAVANTI (67): "Questi peraltro dopo qualche tempo manifestò un carattere particolarmente violento e deciso e ha finito con il coinvolgermi contro la mia volontà in azioni che non avrei voluto fare. Ciò anche per mezzo di minaccia. Più volte mi ha minacciato di uccidere mio figlio:
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(67) - EA, V10/a-4, C163/3, pp. 2-4. precisamente due volte, la prima quando rifiutai di tenergli delle borse con armi, la seconda nello scorso agosto quando mi chiese dei documenti per la MAMBRO. Il primo fatto si è verificato quando il FIORAVANTI rubò delle bombe a mano a Pordenone: si presentò a casa mia con due borse contenenti armi, pistole e bombe a mano e mi chiese di tenergliele; ciò accadeva alle cinque di mattina. Cercai di fargli capire che non potevo accontentarlo perché avevo dei bambini in casa, ma lui prese molto male la cosa. A seguito delle minacce che in quell'occasione mi rivolse (mi disse precisamente `sai quanto mi frega di ammazzare tuo figlio') circa 10 giorni dopo non ebbi il coraggio di rifiutare di custodirgli una borsa piena di bombe a mano incartate una per una, borsa che ritirò dopo una 20 di giorni dicendomi che aveva trovato una grotta sulla Salaria dove custodirla. Il secondo episodio avvenne esattamente due giorni dopo la strage di Bologna. Subito dopo pranzo Valerio si presentò a casa mia con la MAMBRO che io non conoscevo, e mi parlò di questa in termini elogiativi dicendo che aveva trovato la donna della sua vita e che si trattava di una ragazza decisa e coraggiosa. Mi disse pure che era stata fidanzata con un `coglione' e che adesso stava con lui. Riferendosi alla strage mi disse testualmente: `hai visto che botto' e aggiunse che a Bologna si era vestito in modo da sembrare un turista tedesco, mentre la MAMBRO poteva esser stata notata per cui aveva bisogno urgentissimo di documenti falsi e le aveva anche fatto tingere i capelli. Pretendeva che in giornata gli facessi avere una patente ed una carta d'identità di cui mi fornì le generalità ma non i numeri, per cui presumo che si trattasse di generalità inventate. Feci presente l'impossibilità di procurare documenti in giornata e Valerio si infuriò dicendomi che dovevo spezzarmi ma darglieli in fretta. In questa occasione io, spaventato dalla enormità della cosa, lo pregai di non parlarmi neppure di queste cose, lui replicò che io dovevo comunque stare zitto in quanto se a lui fosse successo qualcosa ci sarebbe stato qualcuno che me l'avrebbe fatta pagare e aggiunse precisamente `te lo faccio piangere io Stefanino tuo' alludendo a mio figlio. Riuscii a procurargli, tramite Mario, i documenti per il giorno dopo e lui venne a
ritirarli verso le 10 di mattina a casa mia, dicendomi che doveva andare in Sicilia con la MAMBRO."
1.2.19) La nota CESIS 29/4/1981
Il 13 marzo il Giudice Istruttore, con riferimento alle note in data 31/10/1980 e 31/1/1981 di cui si è detto sub 1.2.3), ed in particolare all'appunto allegato alla seconda nota, aveva richiesto al CESIS (68), tra le altre, le seguenti informazioni: la data dell'acquisizione da parte del SISMI delle notizie di cui al predetto appunto; nonché se i due 'tedeschi' di cui si parla nell'appunto fossero stati contattati dal SISMI direttamente o per via indiretta, e, in ogni caso, se fossero note le generalità dei due ed il loro recapito.
29/04/81 La risposta (69) del CESIS porta la data del 29/4/1981: le notizie di cui all'appunto allegato alla nota del 30 gennaio erano state acquisite dal SISMI in data 1/11/1980; elementi del SISMI avevano avuto un colloquio diretto con i due tedeschi, ma il contatto era stato stabilito tramite intermediari e non erano noti né le generalità né l'attuale
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(68) - RD, V1, C5, p153. (69) - RD, V1, C5, p154.
recapito dei due.
1.2.20) La scarcerazione di Francesco FURLOTTI
Nei mesi seguiti alla formalizzazione dell'inchiesta, il Giudice Istruttore aveva compiuto una serie di accertamenti volti a saggiare la fondatezza delle accuse del FARINA nei confronti del PEDRETTI, del CALORE e del FURLOTTI.
L'attività all'uopo compiuta è dettagliatamente descritta nel provvedimento conclusivo dell'istruttoria, cui occorre fare rinvio (70). Qui converrà ricordare soltanto quanto segue:
- le indagini si erano mosse sostanzialmente lungo due direttrici: il riscontro dell'alibi fornito dal FURLOTTI per le giornate dal 31/7 al 2/8/80 e la verifica dell'ipotesi che tra il FARINA ed il PEDRETTI si fosse svolto, nel carcere di Rebibbia, con le modalità e gli orari indicati, il colloquio di cui si è detto sub 1.1.3.2);
-da un rapporto di polizia era risultato che il FURLOTTI, nei giorni in questione, si trovava a Fasano di Puglia e
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(70) - Cfr. SO, da p53 rigo 6, a p64 rigo 15.
la stessa mattina del 2 agosto, alle ore 10, era stato visto nella Via del Calvario di tale località;
- il 3/12/1980 al Giudice Istruttore si era presentato spontaneamente Mario AURORA (71), riferendo d'aver appreso dal FURLOTTI, nell'ottobre, nel carcere di Rimini, che lo stesso era convinto d'aver ingannato gli inquirenti: infatti -a detta dell'AURORA- aveva dichiarato d'essersi trovato a Latina qualche giorno prima della strage, e d'aver colà consegnato l'esplosivo ad un ragazzino di Roma, che l'aveva poi collocato alla stazione di Bologna; sempre secondo l'AURORA, il FURLOTTI aveva dichiarato che, a procurare l'esplosivo era stato un detenuto in semilibertà, tale FARINA;
- il 3/4/1981 l'AURORA si era poi ripresentato al Giudice Istruttore, confessandogli che il precedente racconto non era che un 'collage' di fatti e circostanze effettivamente appresi dal FURLOTTI, infarciti di illazioni personali e soggettivamente interpretati;
-già nel settembre, tale NICASTRO aveva riferito
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(71) - Si tratta della stessa persona di cui si è riferito sub 1.1.8).
all'autorità giudiziaria romana che il titolare di un `bar' da lui frequentato , avendo saputo dell'arresto del FURLOTTI per i fatti di Bologna, gli aveva confidato che lo stesso FURLOTTI, nel luglio, aveva acquistato nel suo `bar' 4 o 5 lattine (72) di birra di marca tedesca, della capacità di 5 litri ciascuna; la notizia era stata riferita all'autorità giudiziaria, che l'aveva contestata al FURLOTTI: e costui, pur ammettendo d'aver comperato le lattine in un 'bar' di Roma, aveva precisato d'averle regalate al gestore del `bar'-ristorante `La Taverna'di FASANO, il quale aveva confermato la circostanza, ulteriormente riscontrata poi dalla Polizia in sede di sopralluogo presso il suddetto locale;
- le indagini condotte presso il carcere di Rebibbia avevano evidenziato la possibilità che il FARINA avesse incontrato o parlato con detenuti 'politici' di estrema destra nei giorni 15, 16 e 17 maggio del 1980;
- ne era nata quindi la necessità istruttoria di sentire coloro che, all'epoca dei fatti riferiti dal FARINA, si
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(72) - La circostanza, come riferito sub 1.1.16, aveva dato ingresso ad una richiesta del P.M. di perizia metallografica.
trovavano ristretti presso la Sezione B del 1^ piano del braccio G9 del carcere, ove appunto -a dire del FARINA- egli aveva ricevuto le richieste del PEDRETTI.
30/04/81 Sulla scorta della verifica dell'alibi del FURLOTTI, costui veniva scarcerato per sopravvenuta mancanza di indizi con ordinanza (73) in data 30/4/1981.
1.2.21) La sentenza d'incompetenza per territorio
Sin dall'inizio dell'anno, il Giudice Istruttore aveva interpellato (74) il PUBBLICO MINISTERO circa la questione della competenza per territorio in ordine ai reati di natura associativa contestati agli imputati. Nella richiesta stessa, il Giudice Istruttore aveva preso posizione nei termini seguenti: "...Dalle considerazioni precedentemente esposte emerge la necessità di ritenere di competenza dell'autorità giudiziaria di Roma i reati di organizzazione e direzione di associazione sovversiva e di costituzione di banda armata di cui ai capi A) e B) dell'imputazione, esclusa la connessione con fatti specifici." Aveva soggiunto l'ufficio interpellante: "Per i reati di partecipazione ad
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(73) - AR, V4, C35, fascicolo atti gravame, pp. 43-52. (74) - RI, C3, pp. 1-3.
associazione sovversiva e banda armata che dovessero risultare di competenza di questa Autorità Giudiziaria si invita la S.V. a volere esercitare la relativa azione penale."
La Procura della Repubblica si era espressa (75) in proposito il 24/1/1981, concludendo nel senso che, allo stato, non doveva dichiararsi alcuna incompetenza: pendente l'istruttoria, che si trovava ancora nella fase dell'iniziale ricerca del quadro ricostruttivo dell'associazione e della banda, il criterio della prevenzione legittimava -a giudizio dell'ufficio requirente- la cognizione della sede di Bologna, anche in virtù della connessione con il più grave delitto di strage politica.
Il giorno stesso in cui scarcerava il FURLOTTI, il Giudice Istruttore si spogliava (76), in favore dell'autorità giudiziaria romana, della competenza in ordine ad ogni reato
contestato sino a quel momento, ad eccezione del delitto di strage e dei delitti strumentali. Il novero degli imputati si restringeva pertanto al CALORE, al PEDRETTI ed al
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(75) - RI, C3, p14. (76) - RI, C3, pp. 29-41. FURLOTTI (i primi due in istato di detenzione, il terzo a piede libero). Rimanevano inoltre sottoposti alla giurisdizione del Giudice Istruttore, in quanto -come si è riferito- raggiunti da comunicazione giudiziaria per il delitto di strage, Mario TUTI, Franco FREDA, Roberto FEMIA e Marcello IANNILLI.
1.2.22) Le ulteriori attività, acquisizioni e vicende di rilievo risalenti al periodo in esame
Prima di chiudere il capitolo relativo alla fase dell'istruzione formale conclusasi con la sentenza d'incompetenza per territorio, occorre ancora, a fini di chiarezza e completezza, dar conto di quanto segue:
a) il 22/10/1980, il Brigadiere Eugenio MIGLIANO e lo
Agente Pio RAMINI,della Questura di Bologna, riferivano agli inquirenti (77) che "fonte confidenziale degna di fede" aveva, tra l'altro, fatto notare loro che "l'omicidio AMATO era avvenuto in concomitanza con il ritorno, non si sa bene se a Roma o in Italia, del noto Fabio DE FELICE". La fonte aveva altresì comunicato che, "per saperne di più sul Golpe Borghese il DE FELICE
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(77) - Cfr. RA, V6, C287, p1. potrebbe chiarire molte cose".
Si chiarirà, in prosieguo di trattazione, come la `fonte' altri non fosse che Aldo SEMERARI.
b)Il 25/11/1980, Luigi VETTORE PRESILIO veniva accoltellato nel carcere di Padova (78).
Esaminato due giorni più tardi dal Giudice Istruttore, tra l'altro dichiarava (79): "...Sono stato accoltellato certamente per punizione in relazione alla pubblicazione sull'Espresso di notizie riguardanti la deposizione che ho reso a voi magistrati di Bologna. Infatti le stesse persone che mi hanno colpito mi hanno informato che la ragione della loro azione era quella di punirmi per aver parlato. Sono certo che volessero uccidermi. Non ci sono riusciti perché io mi rotolavo e mi sono difeso disperatamente gridando ed infine sono riuscito ad infilarmi sotto la branda. A questo punto è chiaro che non intendo rendere ulteriori dichiarazioni poiché sono convinto che la mia sorte sia segnata. Le comunico anzi che renderò pubblica una lettera che mi riprometto di
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(78) - Cfr. EA, V1, C30, pp. 72-74. (79) - EA, V1, C30, pp. 69-71.
inviare ai giornali nella quale intendo smentire di aver mai reso alcuna dichiarazione e che mi riprometto di ritrattare quanto ho già detto."
c) Sono acquisiti agli atti due documenti (80): l'uno, recante la data del 21/1/1981, contiene taluni quesiti che il SISMI avrebbe posto alla 'fonte'; l'altro, recante l'indicazione 7/2/1981, riporta le correlative risposte. E da esso si apprendono varie notizie che poi il SANTOVITO trasfonderà nel rapporto del 24 febbraio. Qui occorre rilevare che, alla domanda se fosse possibile che l'ordigno fatto esplodere a Bologna il 2/8/1980 fosse stato confezionato dalle stesse persone, la risposta sarebbe stata: "Non si sono potute avere notizie nel senso richiesto. L'opinione della fonte è comunque affermativa, anche se del tutto personale."
d)In corso d'istruttoria, sulla scorta dell'acquisizione -di cui si è detto (81)- di atti dei procedimenti giàin carico al dott. Mario AMATO, e del 'rapporto LAZZERINI',
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(80) - Trovansi in AA, V7,C43, rispettivamente pp. 113 e 114-115. (81) -Cfr. supra, sub 1.1.15), lettera b).
si provvedeva ad acquisire altresì, ai sensi dell'art. 165 bis C.P.P., copie di atti e/o provvedimenti da vari procedimenti penali, in corso di istruzione presso l'autorità giudiziaria romana, concernenti i principali fatti di terrorismo verificatisi nell'ambiente della capitale fra la seconda metà degli anni '70 ed i primi anni'80; in particolare dai seguenti:
- procedimento n. 1364/81 R.G.G.I.contro ADDIS Mauro + 140, concernente, tra l'altro, gli attentati contro la Prefettura di Roma, il Campidoglio, 'Regina Coeli', il Ministero degli Affari Esteri, il Consiglio Superiore della Magistratura, rivendicati dall' M.R.P. (82);
- procedimento n. 63/79 R.G.G.I., contro NERI Maurizio + altri, istruito dal dottor DESTRO (83);
- procedimento n. 2788/80 R.G.G.I. contro VOLO Alberto ed altri, concernente l'omicidio di Francesco MANGIAMELI e i reati connessi (84);
- procedimento n. 1011/81 R.G.G.I., contro ALES + 81 (cosiddetto processo N.A.R.1), concernente, tra
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(82) - AA, V1, C1. (83) - AA, V1 bis, C1 bis. (84) - AA, V4, C21.
l'altro, i maggiori episodi criminosi compiuti ad opera dei N.A.R. e di aderenti al F.U.A.N. di Roma (85);
- procedimento n. 382/83 R.G.G.I.( cosiddetto processo di `Avanguardia Nazionale bis' (86);
- procedimento n. 3735/82 R.G.G.I., contro FREGA Nicola ed altri, concernente varie attività criminose, perseguite a seguito delle dichiarazioni di Walter SORDI (87);
- procedimento n. 3017/82 R.G.G.I., contro BELSITO Pasquale ed altri, concernente attività di Terza Posizione (88);
- procedimento n. 2151/80 R.G.G.I., concernente l'omicidio dell'Appuntato di Polizia EVANGELISTA, in servizio presso il Liceo romano `Giulio Cesare' (89);
In seguito, per vari di detti procedimenti, si procederà ad acquisire taluni degli atti dibattimentali e le relative sentenze di primo grado; e, parallelamente, si acquisiranno atti e provvedimenti da altri procedimenti,
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(85) - AA, V4, C22. (86) - AA, V9, C58. (87) - AA, V10, C62. (88) - AA, V12, C71. (89) - AS, C16.
in corso d'istruzione o di giudizio, o già definiti, sia dall'autorità giudiziaria romana che da altre autorità giudiziarie della penisola.
e) Nel corso delle prime indagini, si era proceduto, tra l'altro, all'esame delle persone ferite nell'esplosione. La locale autorità di polizia aveva delegato la Questura di Roma per l'assunzione a verbale di tale VAILATI Enrico, nato a Roma l'11/11/1945 e colà residente, in via Gregorio VII n. 39, che risultava aver fatto ricorso a cure mediche presso l'Ospedale Maggiore di Bologna alle ore 11,39 del 2 agosto 1980. Senonché era emerso che il VAILATI non figurava tra i nati a Roma ed era sconosciuto al detto indirizzo (90). Evidentemente la persona che si era fatta curare aveva declinato false generalità. Le indagini all'uopo avviate avevano condotto ad identificare in Sergio PICCIAFUOCO, un pregiudicato latitante, l'individuo che usava, tra gli altri, il falso nominativo in questione (91).
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(90)- Cfr. RA, V9 bis, C383, pp. 1-8. (91) -Cfr. RA, V9 bis, C383, pp. 65, 66 e 76.
Il 1° aprile 1981 Sergio PICCIAFUOCO veniva identificato ed arrestato al valico di frontiera di Tarvisio, dove esibiva un passaporto falso recante le generalità PIERANTONI Enrico (92).
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(92)- Il PICCIAFUOCO usava alternativamente siffatte generalità, oltre a quelle di VAILATI Eraclio (cfr. riferimenti di cui alla nota che precede). Nel rapporto della Polizia di confine (cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 151 ss.) si legge: "...veniva quindi identificato, senza alcun dubbio per PICCIAFUOCO Sergio da un tatuaggio a forma di rosa dei venti con sotto due lettere C.C. che ha sul braccio e da una cicatrice sul naso, segni particolari comunicati, ai fini dell'identificazione del predetto, dalla Questura di Sondrio con telegrammacat.E/21981/Digosdel6/2/1981..."
1.3) 1° maggio 1981 - 27 novembre 1981 Il periodo compreso fra la sentenza dichiarativa d'incompetenza per territorio e l'avvio della `pista CIOLINI'
1.3.1)Le dichiarazioni rese da Mario Guido NALDI al PUBBLICO MINISTERO di Bologna
05/05/81Il 5/5/1981 Mario Guido NALDI, interrogato in un diverso procedimento penale, aveva, tra l'altro, riferito (1) che: nella primavera del 1980 erano venuti a cercarlo a Bologna Roberto FIORE e Gabriele ADINOLFI, i quali gli avevano chiesto se a Bologna vi fossero le condizioni per "togliere fuori dall'ambiente di destra dei giovani e fondare un gruppo locale di Terza Posizione e se ci fossero elementi tali, da passare poi gradualmente ad episodi di lotta del tipo di quelli di Roma"; i due si erano riferiti "come tipo di azioni, ad attentati come quello di Roma dentro una sezione del Partito Comunista, con lancio di bombe a mano";
egli si era dichiarato indisponibile ed i suoi interlocutori, nel congedarsi, lo avevano minacciato.
Sei giorni più tardi,il NALDI era stato nuovamente interrogato (2) e, con riferimento alla trascrizione, frattanto pervenuta alla Procura, del colloquio da lui avuto
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(1) - EA, V10/a-1, C48, pp. 9-14. (2) - EA, V10/a-1, C48, pp. 15-20. con l'agente `CALIPATTI' (3), nella parte in cui si leggono indicazioni sulla matrice dell'attentato di Bologna, sulla sua spiegazione e sulla provenienza, geografica e politica, degli attentatori, aveva dichiarato: "Mi sembra che la trascrizione rappresenti una forzatura del mio discorso, nel senso che io avrò perlato senza dubbio in tono più ipotetico." Il 20/5/1981, il PUBBLICO MINISTERO provvedeva a trasmettere entrambi i verbali dei suddetti interrogatori al Giudice Istruttore investito dell'inchiesta sulla strage (4), che, una settimana più tardi, procedeva ad escutere direttamente il NALDI (5). Costui, nel confermare gli interrogatori precedentemente resi, precisava ulteriormente che il FIORE e l'ADINOLFI gli avevano riferito d'aver tentato anche in altre città di dar corso ad iniziative del tipo di quella in cui avrebbero preteso di coinvolgerlo.
1.3.2)Gli sviluppi del procedimento relativo al ritrovamento della valigia sul treno Taranto-Milano
Nel procedimento sorto dal ritrovamento della valigia carica
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(3) - Cfr. supra, sub 1.1.3.3). (4) - RI, C3, p55. (5) - EA, V10/a-1, C48, pp. 22-23.
d'armi ed esplosivi sul treno Taranto-Milano, la Procura della Repubblica aveva effettuato "in Imperia molteplici accertamenti al fine di chiarire l'identità della persona o delle persone che avevano alloggiato in via Rizzo, 11, sul presupposto chesi trattasse di complici di Giorgio VALE, coinvolto nel febbraio 1981 nell'omicidio dei Carabinieri di Padova"(6)."La teste Anna Maria POMARELLO figlia del titolare dell'agenzia immobiliare Trieste, esaminata il 27 aprile '81 credeva di riconoscere in una foto segnaletica mostratale il dirigente di `Terza Posizione' Gabriele ADINOLFI; anche la titolare della agenzia, VIANO Jole, effettuava lo stesso riconoscimento. Entrambe le testi, sia pure con qualche titubanza, indicavano nell'ADINOLFI, che insieme al noto FIORE Roberto rappresentava il vertice politico di III Posizione, la persona che aveva affittato l'appartamento sopra indicato. Il giorno 28 aprile 1981 la Procura della Repubblica di Bologna effettuava una richiesta di indagini all' UIGOS di Imperia, e per conoscenza all'UCIGOS ...ed altra al Direttore del SISMI. La prima
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(6) - Si tratta dell'episodio di cui si è riferito sub 1.2.17), nota (60).
richiesta, al punto 6 consisteva nel `...poter conoscere dall'UCIGOS la fonte o il documento in base al quale la citata abitazione di via Rizzo o Risso, 11 di Imperia fu segnalata come ritenuta base di persona coinvolta in attività eversive...'" (7). Al riguardo si richiedeva la urgentissima trasmissione di copia autentica della segnalazione o telegramma proveniente da qualsivoglia Organo Statale. "La seconda richiesta era finalizzata a `...poter conoscere il documento originario nel quale si comunicava un nesso tra l'episodio in oggetto (rinvenimento della valigia con gli ordigni) e l'attività delle persone occupanti il noto appartamento sito nella via privata Rizzo, 11 di Imperia'" (8). Si aggiungeva come necessitasse in modo particolare conoscere espressamente la fonte della notizia che stabiliva il citato nesso con la città di Imperia, e conoscere altresì gli accertamenti che in proposito furono condotti, per conoscerne la fondatezza.
06/05/81 Il 6/5/1981 il dott. DE FRANCISCI, Direttore dell'UCIGOS,
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(7) - I fatti sono così ricostruiti nella sentenza citata sub 1.2.10), nota (30), alla pp. 9 e ss., dalle quali sono tratti i brani riportati tra virgolette. (8) - Cfr. nota che precede. rispondeva (9) semplicemente trasmettendo un appunto del SISMI contenente, fra l'altro, l'asserzione che Giorgio VALE avrebbe preso in locazione l'appartamento di via Rizzo in Imperia, appositamente per utilizzarlo come base per l'operazione "Terrore sui treni". Soggiungeva che il SISMI, interpellato in proposito, aveva fatto conoscere che le notizie di cui al detto appunto erano state comunicate all'autorità giudiziaria, in un più ampio contesto, in data 24/2/1981.
La risposta del SISMI giungeva il 15/6/1981: il Gen. Abelardo MEI, Vicedirettore del Servizio, che sostituiva temporaneamente il Gen. SANTOVITO, travolto dallo scandalo seguito al sequestro di Castiglion Fibocchi, affermava, tra l'altro (10): "...Come già riferito per le v.b. in data 29.5.u.s. da funzionari del SISMI, la fonte originatrice dell'informativa non è stata identificata in quanto la stessa, peraltro occasionale, prestò la sua collaborazione a condizione di rimanere anonima."
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(9) - Cfr.AAD, V6, C2, p60. (10) - Cfr.AAD,V6,C2, p103. 1.3.3) Le ulteriori comunicazioni giudiziarie per il delitto di strage
Nel concludere la parte motiva della sentenza dichiarativa d'incompetenza per territorio, il Giudice Istruttore aveva affermato che a tutti gli imputati e gli indiziati del delitto di strage andavano altresì attribuiti i delitti di partecipazione ad associazione sovversiva e a banda armata.
08/05/81 Coerentemente con tale impostazione, otto giorni più tardi aveva richiesto (11) al PUBBLICO MINISTERO di valutare ad ogni possibile effetto la posizione di Franco FREDA, Mario TUTI, Edgardo BONAZZI, Paolo SIGNORELLI (12), Roberto FEMIA, Marcello IANNILLI, Sergio CALORE e Dario PEDRETTI.
20/05/81 La Procura rispondeva (13) in data 20 maggio, trasmettendo i verbali d'interrogatorio del NALDI di cui s'è detto sub 1.3.1), richiedendo l'emissione di comunicazione giudiziaria per strage e delitti connessi nei confronti di Roberto FIORE e Gabriele ADINOLFI, nonché dichiarando di tener ferme le originarie rubriche associative nei confronti delle persone indicate nella richiesta.
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(11) - RI, C3, p49. (12) - Costui, peraltro, non era all'epoca ancoraraggiunto da comunicazione giudiziaria per strage. (13) - RI, C3, pp. 51-55.
21/05/81 Il giorno successivo il Giudice Istruttoreemetteva comunicazione giudiziaria per il delitto di strage ed altro nei confronti del FIORE e dell'ADINOLFI (14).
22/05/81 A distanza di 24 ore erano raggiunti da analoga comunicazione Paolo SIGNORELLI e Massimiliano FACHINI (15).
1.3.4)Le dichiarazioni di Cristiano FIORAVANTI ed il covo di Taranto
14/05/81 Il 14/5/1981 era stato esaminato (16) dal Giudice Istruttore Cristiano FIORAVANTI, catturato l' 8 aprile a seguito di un'operazione di polizia della DIGOS di Roma (17), dovendo eglirispondere di numerosi gravissimi reati.
IlFIORAVANTI sarà poi di nuovo esaminato il 9/12/1981 (18).
Tra le dichiarazioni da lui rese e rilevanti per il presente procedimento, va segnalato quanto segue: il suo gruppo, cioè i N.A.R., aveva compiuto vari attentati, utilizzando alternativamente balistite granulare, tritolo ed altri esplosivi, in danno di Sezioni del Partito Socialista, del Partito Comunista, dell'A.C.E.A. e della Centrale del Latte di Roma; nel settembre del 1980, nella disponibilità
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(14) -Cfr. OC, V1, rispettivamente C11, p18 e C12, p14. (15) -Cfr. OC, rispettivamente V1, C5, p14 e V2, C29, p11. (16) -EA, V10/a-3, C140 bis, pp. 1-6. (17) - Cfr. AA, V11, C66, p189. (18) - EA, V10/a-3, C140 bis, pp. 7-14.
del gruppo vi erano due divise da Carabiniere, un tesserino ed una divisa da finanziere, e si parlava di preparare, presso la carrozzeria ove fu in seguito ucciso il Brigadiere LUCARELLI (19), "delle auto militari"; il FACHINI era stato indicato al FIORAVANTI come uno dei capi dell' "organizzazione del Nord"; e Roberto RAHO gli era stato indicato dal CAVALLINI come depositario, per conto del gruppo, di armi murate, definite "nostre" dal CAVALLINI stesso; Egidio GIULIANI gli era noto come fornitore di documenti falsi, che procurava tramite il CAVALLINI, con il quale era in rapporti di grande amicizia, anche a Valerio FIORAVANTI; aveva appreso dalla MAMBRO che costei "aveva un alibi che non valeva niente per il 2/8/1980, perché era nel Veneto insieme a Valerio e CAVALLINI".
Riferiva ancora che: ai primi di settembre del 1980, assieme al fratello e alla MAMBRO, si era recato a Taranto, ove aveva, in compagnia dei suddetti, di Giorgio VALE e Pasquale BELSITO, alloggiato in un appartamento che descriveva con
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(19) - Cfr. AA, V2, C9. Le circostanze dell'omicidio sono descritte nel rapporto dei CC. 28/11/80. Dalla missiva di trasmissione dello stesso risulta che del delitto furono poi imputati Gilberto CAVALLINI e Stefano SODERINI.
precisione, anche quanto all'ubicazione. Sul punto, il
FIORAVANTI, testualmente riferiva: "Il fratello di CONCUTELLI, che lavora in un ospedale, al quale il CAVALLINI telefonava spesso in quel periodo, ci teneva informati sulle date previste per il trasferimento di Gigi CONCUTELLI al carcere di Taranto. Ricordo che in un primo momento si parlò di settembre, poi rinviavano sempre. CAVALLINI poi ci informòche CONCUTELLI aveva avuto un processo per minacce, ma non era transitato per il carcere di Taranto, sicché noi partimmo verso ottobre-novembre. Preciso che restai a Taranto in periodi saltuari e partii l'ultima volta da solo col treno e andai a Roma. Qundi non so cosa abbiano poi fatto gli altri...Sino a quando vi stetti io, il progetto prevedeva l'eliminazione di una prima sentinella e la sua sostituzione con uno di noi, che successivamente avremmo dovuto attendere il cambio di guardia; immobilizzare gli agenti e penetrare all'interno, con uso solo di armi. Tutto sarebbe stato fatto in silenzio. Le armi che vi erano a Taranto erano due M12, delle pistole 92 in numero di quattro, ed altro (erano molte armi) ma nulla di esplosivo. Vi erano inoltre i silenziatori che aveva costruito mio fratello."
1.3.5)L'attentato a Palazzo Marino di Milano e le dichiarazioni di Laura LAURICELLA
L'attenzione degli inquirenti si è appuntata, tra l'altro, sull'attentato a Palazzo Marino, sede del Consiglio Comunale di Milano (20).
Dal rapporto dei Carabinieri di Milano in data 30/10/1980, acquisito agli atti (21), risulta che, alle ore 1,55 del 30 luglio precedente, ignoti avevano fatto esplodere, nella Piazza San Fedele di quella città, un ordigno collocato nell'abitacolo di un'autovettura, parcheggiata nelle immediatevicinanze dell'ingresso secondario di Palazzo Marino. Altri ordigni, posti nei pressi della vettura (una 'FIAT 128 rubata ad Anzio nella notte fra il 23 ed il 24 luglio), erano rimasti inesplosi per difetto di innesco. L'attentato era stato rivendicato verso le ore 2,10 dello stesso giorno 30, mediante una telefonata anonima alla redazione del Corriere della Sera, del seguente tenore:
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(20) - Cfr. RA, V9, C372 e AA, V8, C46. (21) - In AA, V8, C46, pp. 8-12.
"Siamo i Combattenti Rivoluzionari per il Contropotere - Siamo noi che abbiamo fatto l'attentato di stanotte." Il giorno stesso era poi stato rinvenuto un volantino con la rivendicazione di paternità a nome dei "Gruppi Armati per il
Contropotere Territoriale". L'esplosione era avvenuta soltanto pochi minuti dopo che i Consiglieri Comunali avevano lasciato il palazzo, al termine di una seduta del Consiglio.
20/05/81 Nel corso di un procedimento penale pendente avanti all'autorità giudiziaria romana (che, per ragioni di connessione, si è occupata anche dell'attentato in questione),il 20/5/1981 Laura LAURICELLA, sentimentalmente legata (22) ad Egidio GIULIANI, tra l'altro dichiarava (23): "Discutendo della strage di Bologna Egidio espresse con me un apprezzamento negativo. Espresse con me l'opinione che una cosa del genere potesse esser stata fatta solo da quel `folle' di Valerio FIORAVANTI. Peraltro mi riferì di voler chiedere spiegazioni a Benito ALLATTA e Silvio POMPEI, ai quali poco tempo prima, nel luglio '80 (potrebbe anche
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(22) - Cfr. dichiarazioni LAURICELLA al G.I. del 2/6/82, in EA, V10/a-4, C163/1, p55. (23) - EA, V10/a-5, C231 bis/1, p7.
trattarsi dei primi di giugno, ma sono quasi sicura che fosse a luglio), aveva dato su loro richiesta un notevole quantitativo di esplosivo che doveva essere usato a Milano per un `grosso botto'. Benito e Silvio lo tranquillizzarono dicendogli che l'esplosivo era servito per un attentato al Comune di Milano. Non so di che esplosivo si trattasse: ritengo Egidio lo avesse prelevato dal deposito di lungotevere Sangallo."
1.3.6) Ulteriori sviluppi della `pista libanese'
Sin dal 7 maggio, il Giudice Istruttore, con riferimento alla nota CESIS di cui si è detto sub 1.2.19), aveva richiesto (24) a tale Comitato di interessare il SISMI al fine di raccogliere "ulteriori elementi utili per l'identificazione dei due tedeschi, dei loro intermediari e dei cittadini italiani" che avevano frequentato nel corso del 1980 il campo di Aqoura. Si raccomandava l'urgenza, sottolineando che notizie già in possesso del Servizio sin dal 1/11/1980 erano state trasmesse soltanto il 29/4/1981.
09/06/81La risposta (25) del CESIS giungeva il 9/6/1981. Essa recava
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(24) - RD, V1, C4, p107. (25) - RD, V1, C4, p108.
in allegato un appunto contenente vaghi elementi di identificazione dei due Tedeschi che sarebbero stati interrogati a Beirut da funzionari italiani: e si trattava di una descrizione esteriore, con l'aggiunta di qualche superficialenotazione psicologica.
25/06/81 La vicenda, dai contorni tutt'altro che chiari, si ingarbugliava ulteriormente, a far tempo dal 25 giugno. In tale data, la Questura di Bologna trasmetteva un comunicato diffuso in Italia dall'agenzia `ANSA' (26) quello stesso giorno: erano state raccolte le dichiarazioni di NAUM FARAH, esponente falangista, il quale assumeva di aver la prove del coinvolgimento palestinese nelle stragi di Monaco di Baviera e di Bologna; costui -secondo il comunicato- aveva affermato: "Accusiamo ABU AYAD di aver organizzato le stragi di Bologna e di Monaco. Karl Heinz HOFFMANN, che agiva in collaborazione con lui, ha incontrato nel luglio 1980 alcuni estremisti italiani per preparare l'attacco alla stazione, ed è implicato anche nell'attacco all' `Oktoberfest'." Soggiungeva il comunicato che i Cristiano-maroniti avevano mostrato alla stampa due giovani Tedeschi da loro catturati,
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(26) - Cfr. RD, V1, C3, pp. 26-31. Walter Ulrich BEHLE e Johannes MAINKA, appartenenti al gruppo HOFFMANN, il primo dei quali aveva rivelato che essi si erano addestrati all'uso delle armi presso il campo palestinese di Bir Hassan.
1.3.7)Sviluppi (paralleli) del procedimento per strage e del procedimento cosiddetto `della valigia'
03/07/81 Il 3/7/1981, il Sostituto Procuratore della Repubblica dott. Luigi PERSICO, che, oltre ad essere uno dei quattro magistrati del PUBBLICO MINISTERO investiti delle indagini sulla strage del 2 agosto, conduceva anche l'inchiesta relativa al ritrovamento della valigia sul treno Taranto-Milano, citava (27) come testimone in tale ultimo procedimento il Gen. Abelardo MEI, Vicedirettore Vicario del SISMI, in sostituzione del del Gen. SANTOVITO, posto in `ferie forzate' dall'inizio del giugno. Nel citarlo, il dott. PERSICO lo invitava a "recare al seguito gli atti necessari per un completo riferimento dell'intera vicenda, essendo ormai improcrastinabile trarre le conclusioni dai molti accertamenti svolti direttamente o delegati alla p.g. ed apparendo, infine, altrettanto indifferibile verificare
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(27) - Cfr. AAD, V6, C3, p91
gli eventuali nessi probatori con la indagine relativa alla stazione di Bologna, commessa in data 2 agosto 1980, per la quale altra Autorità procede a sensi dell'art. 285 C.P.".
11/07/81 Esaminato 8 giorni più tardi, il Gen. MEI, tra l'altro, riferiva (28): "...Posso confermare che, per quanto mi risulta, l'origine della segnalazione della valigia partì dall'Ufficio Controllo e Sicurezza a seguito di un'informazione occasionale, almeno così sono stato ragguagliato dal Ten. Col. BELMONTE" (29) "...Personalmente ignoro ogni e qualunque connotato e dato personale di tale fonte, né so se fosse cittadino italiano ovvero straniero..."
luglio Va rilevato che nello stesso periodo di tempo il BELMONTE 1981 si recava a Vieste dal M/llo dei Carabinieri Francesco SANAPO. Sull'episodio, che emergerà a distanza di anni, si dovrà tornare in prosieguo per chiarirne il significato. Qui vale soltanto la pena di accennarvi, per sottolinearne la coincidenza temporale con i fatti che si stanno illustrando: "secondo ledichiarazioni del primo," (cioé il SANAPO)
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(28) - Cfr. AAD,V6, C3, pp. 92-93. (29) - Il quale, appunto, avrebbe `gestito' la fonte.
"l'ufficiale, dopo alcuni mesi di silenzio, raggiunse SANAPO a Vieste proprio nel luglio 1981, parlandogli della rischiosa situazione in cui si trovava con MUSUMECI e della necessità di parare il pericolo con predisposte bugie." (30) Veniva pubblicato nello stesso periodo un numero della rivista Critica Sociale (31), che, sempre sotto il titolo "Il Grande Labirinto", descriveva in termini sostanzialmente elogiativi il Giudice Istruttore dott. GENTILE (32), definito "schivo e silenzioso...deciso a non farsi incastrare da nessuno...un uomo che non ama le conferenze stampa, che medita prima di parlare...l'unico che abbia voluto guardare dietro e cercare di battere altre piste oltre quelle indicate, risultate poi spesso fallaci...ora...impegnato a vagliare le storie rimbalzanti fra palestinesi e falangisti libanesi, anche in questo caso però con scarsa collaborazione..."; chi invece aveva considerato "come pure e semplici invenzioni di fantapolitica da strapazzo" -affermava ancora la rivista-
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(30)- Cfr.p164 sentenza citata sub 1.2.10),nota (24). (31)- Due copie della rivista (numero del giugno-luglio 1981) trovansi in SB, V12, C23. (32) - Conducevaalloral'indagine ilConsigliere Istruttore Aggiunto dott. Aldo GENTILE, affiancato dal dott. Giorgio FLORIDIA. "le piste internazionali, i collegamenti sospetti e ad
esempio, la nostra inchiesta", era stato il Sostituto
Procuratore della Repubblica dott. Luigi PERSICO.
Questi -si legge nel brano di stampa- aveva fatto capire cosa pensasse dell'inchiesta di Critica Sociale: "fantapolitica, divertimento letterario senza costrutto. I riferimenti alla P2? Solita dietrologia." Nell'articolo in questione si legge ancora che tutte le persone arrestate all'inizio dell'inchiesta erano uscite dal carcere. Dalla pista inizialmente battuta era uscita "una valigia di documenti su associazioni sovversive varie. Per la strage però, quasi nulla." Eppure PERSICO aveva accreditato e pubblicamente elogiato i servizi segreti e gli organismi internazionali. Ed aveva affermato -scriveva ancora l'estensore dell'articolo- "...che questa volta la collaborazione dei servizi di sicurezza si" era "manifestata concretamente". E si giungeva alle conclusioni, sia pure soltanto insinuate: "Un esponente democristiano bolognese...ha chiesto qualche giorno fa al dottor Luigi PERSICO cosa pensava delle nuove interpretazioni sulla strage. Risposta di Luigi PERSICO: tutte balle. I servizi segreti collaborano pienamente, sono stati gli altri a far crollare tutto il castello. Un funzionario degli stessi servizi,leggendo un articolo su Panorama in cui l'onorevole Falco ACCAME afferma che molte sono le persone nel libro paga dei servizi dice: è vero, e purtroppo anche molti giudici."
Ha scritto la Corte d'Assise di Roma (33), avendo come riferimento cronologico i fatti del periodo giugno-luglio: "Ma nello stesso lasso di tempo si sviluppava una complessa azione ispirata al criterio `del bastone e della carota': si tennero a Bologna alcune riunioni, con la partecipazione del sedicente `capitano MANFREDI' dei servizi segreti, nel corso delle quali si discusse `sulla richiesta e la correlativa promessa di procurare le prove che il P.M. dott. PERSICO era sul libro-paga del SISMI' (34). Poco dopo, il dott. PERSICO e il Procuratore della Repubblica dott. Guido MARINO furono fatti bersaglio di attacchi giornalistici, con l'accusa per
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(33) - Cfr. pp. 164-165 della sentenza citata sub 1.2.10), nota (24). (34) - La fonte di tale notizia era, per la Corte romana, lo stesso dott. PERSICO, autore d'un esposto-denuncia citato nella richiamata sentenza (p. 164, nota 1). il primo di essere stipendiato dal servizio segreto e per il
secondo di essere piduista (35); il dott. MARINO fu invitato a visitare Forte Braschi, ove ricevette `una splendida accoglienza, per cui ritornò magnificando l'efficienza, l'organizzazione ' del SISMI etc." (36).
Occorre qui ricordare che il numero di dicembre di Critica Sociale conterrà un articolo dal titolo `Appunti su due stragi' (37), in cui, dopo aver fatto cenno, nel sottotitolo, "dei contrasti fra Ufficio istruzione e Procura di Bologna" e di "una guerra senza esclusione di colpi" in corso tra i due uffici giudiziari, si prenderanno di mira il dott. PERSICO ed il Procuratore MARINO. Si citerà una fonte "che scrive con sicurezza che sono molti quelli che asseriscono, intuiscono e fanno capire che questo giudice MARINO è anche lui del gruppo: insomma sarebbe un P2"; più avanti, nel corpo dell'articolo, a proposito dell'avvicendamento fra SISTI e MARINO alla guida della
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(35) -Fontedi tale notizia la deposizione dibattimentale del dott. PERSICO avanti alla Corte romana: cfr. sentenza ult. cit., p164, nota 2. (36) -La Corte di Roma cita in proposito l'esposto-denuncia cui si è detto alla nota (34): cfr. sentenza ult. cit., p164, nota 3. (37) - Trovasi in RA, V7, 341, pp. 2-3.
Procura, si affermerà: "...Il capo della Procura bolognese,
Ugo SISTI, sta per andarsene. Basta mettere al suo posto una persona fidata, che controlli le mosse dell'avversario ed intervenga al momento opportuno...". E poi ancora: "...uno dei due giudici istruttori è convinto che la pista dei mandanti di quest'ultima strage porti in santuari in odore di loggia...il Pubblico Ministero Luigi PERSICO a questa strada non crede affatto, e il nuovo capo della Procura ascolta volentieri Luigi PERSICO. Dinanzi ai colleghi convocati per una presentazione ufficiale Guido MARINO esclama con foga:'Sono voluto venire a Bologna, implacabilmente'...Sono molti, a Palazzo di Giustizia, quelli che dicono che MARINO è uno strumento di Luigi PERSICO..."
14/07/81 Tornando, dopo questa necessaria anticipazione, ai fatti di quella tormentata estate del 1981, si deve segnalare che, in data 14 luglio, nell'ambito del procedimento `della valigia', la Questura di Taranto trasmetteva alla Procura della Repubblica di Bologna un rapporto (38), nel quale si
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(38) - Cfr.AAD, V6, C3, pp. 94-97.
riferivano notizie inordine alle ricerche compiute per
localizzare il `covo di Taranto'. Va qui rilevato che -come risulta dal rapporto- la polizia giudiziaria non era ancora pervenuta all'individuazione del covo, ma che le ricerche venivano condotte anche sulla base delle indicazioni fornite dalla vedova di Francesco MANGIAMELI, essendo risultato dalle dichiarazioni di costei che, nel luglio del 1980, il marito, mentre ospitava Valerio FIORAVANTI in Palermo, si era recato a Taranto, per conto dello stesso FIORAVANTI, onde reperirgli un rifugio (39).
27/07/81 Il 27 luglio, la Procura della Repubblica chiedeva (40) al Giudice Istruttore di voler emettere, nel procedimento n. 344/A/80, comunicazione giudiziaria nei confronti di Giorgio VALE, per il delitto di strage: il provvedimento veniva indicato come necessario ai fini della futura opponibilità della disponenda perizia comparativa fra i reperti dell'esplosione alla stazione ferroviaria di Bologna e l'esplosivo rinvenuto sul treno Taranto-Milano, alla luce
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(39) - Cfr. dichiarazioni di AMICO Rosaria vedova MANGIAMELI rese all'autorità giudiziaria romana il 17 ed il 24/9/80 nel procedimento apertosi per l'omicidio del MANGIAMELI: cfr. EA, V10/a-3, C134, rispettivamente p17 e pp. 24-25. (40) - RI, C3, p79. delle segnalazioni pervenute a carico di taluni nominativi
nel procedimento 'della valigia' (per il FIORE e l'ADINOLFI il problema non si poneva, essendo costoro già stati raggiunti da comunicazione giudiziaria per il delitto di strage). 29/07/81 Due giorni più tardi il dott. PERSICO provvedeva a formalizzare il procedimento `della valigia' (41). Oltre all'emissione di mandato di cattura nei confronti del VALE , del FIORE e dell'ADINOLFI per il trasporto delle armi e dell'eplosivo, chiedeva la riunione al procedimento della strage, stante l' "essenziale connessione probatoria".
30/07/81 Il giorno successivo veniva emessa, nei confronti del VALE, la comunicazione giudiziaria richiesta il 27 luglio (42).
luglio Nello stesso mese conclusosi con l'atto di cui si è testé 1981 detto, il Giudice Istruttore dott. GENTILE partì alla volta del Libano, "nella speranza di risolvere, in modo chiaro e definitivo, il caso di Alfredo e dei suoi complici, già segnalato dal SISMI." (43)
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(41) - Cfr. AAD, V7, C11, p1. (42) - OC, V2, C37, p3. (43)- Si tratta dell'intendimento indicato dallo stesso dott. GENTILE, nel `pro-memoria' del primo viaggio in Libano, in RD, V2, C16, p1.
Il viaggio, durato dal 22 al 26 luglio, si risolse in un nulla di fatto: sotto la regia del Col. Stefano GIOVANNONE, la spedizione non sortì che alcuni infruttosi contatti tra il Giudice Istruttore ed un ufficiale del SISMI, il Col. DELFINO, da un lato, ed alcuni esponenti del quartier generale della Falange, dall'altro (44).
07/08/81 Il 7 agosto il Gen. SANTOVITO, rientrato " dalle ferie per mettere a posto le pratiche" (45), trasmise al dott. GENTILE una nota (46) con la quale rispondeva ad una serie di quesiti postigli dal Giudice e per iscritto e per le `vie brevi'. Con specifico riferimento ad uno di questi ultimi, il Direttore del SISMI scriveva: "in merito alle perplessità sorte da parte della S.V. sull'attendibilità della fonte che
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(44) - Cfr. il 'pro-memoria' citato alla nota che precede. (45) - Così si esprime la Corte d'Assise di Roma, alla pagina 163 della sentenza citata sub 1.2.10), nota (24). Il SANTOVITO rientrò in servizio, dopo 60 giorni di ferie, ai primi di agosto, e il giorno 12 gli subentrò il Gen. Ninetto LUGARESI: cfr. deposizione LUGARESI al P.M. Bologna, in Cal., V5, C38, p4. Era dunque il SANTOVITO al suo ultimo giorno di servizio quando, l'11 agosto, facendo "riserva di ulteriori notizie se di interesse", trasmetteva al Procuratore della Repubblica di Bologna la missiva che si trova in AAD, V6, C2, p106: missiva con la quale, tra l'altro, si riferiva che i giovani che avevano preso in locazione l'appartamento di via Rizzo in Imperia (il sedicente BIGANO ed un suo accompagnatore) si sarebbero espressi -a detta del titolare dell'Agenzia Trieste- con spiccato accento piemontese. (46) - RA, V8, C359, pp.3-23.
ha originato le due informative" (47) "si riferisce:
- nonsi è in grado di fornire le richieste notizie anche in relazione al fatto che la fonte è riparata all'estero e, quindi, non è stato possibile approfondire gli eventuali contatti della stessa con altri organi dello Stato;
- il manipolatore della fonte, peraltro, ha ribadito quanto già riferito per le v.b. a Magistrati di codesto ufficio, che le note informative consegnate `brevi manu' erano da considerare come ipotesi di lavoro da confortare sulla scorta di concreti elementi eventualmente risultanti nel quadro generale delle indagini o ulteriormente acquisibili; ..."
1.3.8) La `pista spagnola'
luglio Nel mese di luglio aveva preso il via anche una `pista 1981 spagnola'. All'inizio del mese, l'UCIGOS aveva trasmesso al Giudice Istruttore copia di un articolo (48) comparso sul quotidiano bolognese `Il Resto del Carlino', dal titolo "E'
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(47) - Non sono specificamente indicate; e, manca, per l'eventuale riscontro, una richiesta scritta: si trattò, per l'appunto, di richiesta rivolta per le "vie brevi". Il riferimento è tuttavia perspicuo, avendo il SANTOVITO evidentemente inteso alludere al filone informativo relativo alla strage da un lato, ed a quello relativo all' `operazione Terrore sui treni' dall'altro. (48) - RC, p3. in Spagna il cervello della strage di Bologna?".
Nell'articolo, pubblicato il 30 giugno, compariva la notizia secondo cui l'attentato del 3 ottobre 1980 alla sinagoga parigina di Rue Copernic "sarebbe stato preparato ed eseguito da un gruppo di estremisti di destra spagnoli". La notizia era tratta da `Le quotidien de Paris', che aveva indicato come esecutori materiali dell'attentato tali Ernesto MILA e Rafael TORMO ACOSTA. Sempre secondo il giornale parigino -riferiva l'articolo trasmesso dall'UCIGOS- all'attentato avrebbe partecipato anche un altro estremista, Santiago SANCHEZ BERNAT ed il `cervello' dell'operazione sarebbe stato un certo GOMEZ BENET detto `il Padrino', estremista di destra sospettato di avere legami con i servizi segreti spagnoli e anche quelli francesi, e che, all'epoca, si sarebbe trovato in Ispagna. Soggiungeva l'articolo comparso sul quotidiano bolognese che le rivelazioni di cui sopra potevano rilanciare le indagini in direzione delle "trame nere", riportando alla ribalta il problema delle ramificazioni internazionali del terrorismo di estrema destra, e "di eventuali collegamenti tra la strage della Rue Copernic e quelle di Bologna e di Monaco di Baviera." Dopodiché,testualmente proseguiva: "Il quotidiano parigino infatti presenta Ernesto MILA come un `ammiratore incondizionato' del fascista italiano Stefano DELLE CHIAIE; e afferma anche che egli era molto legato con Francois DUPRAT, uno dei teorici del neofascismo francese, morto in un misterioso attentato in Normandia, nel 1978, quando la sua automobile era saltata in aria. MILA, che sarebbe l'autore di numerosi attentati commessi in Francia e in Spagna, e che attualmente si sarebbe rifugiato in Cile, era anche lui legato ad un altro estremista di destra spagnolo, Luis GARCIA RODRIGUEZ, grande amico del neofascista italiano Salvatore FRANCIA, espulso dalla Spagna l'11 giugno scorso..." Riferiva ancora il brano di stampa che Rafael TORMO ACOSTA era collaboratore della rivista neofascista spagnola `Confidencial' e che il MILA avrebbe fatto parte del CEDADE (centro di studi degli amici dell'Europa), organizzazione neonazista con sede a Barcellona e con stretti legami con i principali gruppi estremistici di destra europei e americani. 27/07/81 Il 27 luglio il SISDE trasmetteva al Giudice Istruttore la "sintesi di un appunto" (49), concernente i presunti collegamenti tra estremisti di destra europei, compilata sulla scorta di notizie fornite "dall'organo parallelo spagnolo". Vi si affermava non essere emersi, al momento, dati oggettivi in grado di avvalorare le informazioni riportate dai vari quotidiani e periodici; ma si aggiungeva:
"...secondo quanto riferito dallo stesso Servizio spagnolo, esisterebbero prove di contatti tra diversi gruppi della estrema destra europea. In particolare, le autorità investigative spagnole hanno accertato che Ernesto MILA RODRIGUEZ, Rafael TORMO ACOSTA, Alfredo ALEMANY e Vicente Ernesto GONZALES ASENZIO, arrestati nel decorso anno, avrebbero avuto contatti, nel secondo semestre del 1978, con Stefano DELLE CHIAIE a Parigi. In tali incontri il latitante italiano affermò di far parte della `Internazionale Fascista' e propose la creazione di certi `gruppi rivoluzionari d'azione' in grado di agire su scala internazionale con fini destabilizzanti nei confronti dei regimi democratici." Riferiva infine la sintesi che nel 1976
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(49) - RC, pp. 7-9. GOMEZ BENET aveva organizzato un `corso' cui avevano partecipato, oltre al DELLE CHIAIE, anche alcuni personaggi conosciuti come `ALFREDO', `EL CURA',`EL MIMO' e Giuseppe CALORE; e sottolineva come il nominativo `Alfredo' fosse già apparso in un intervista rilasciata "dal noto ABU AYAD". 1.3.9) Le dichiarazioni di Paolo ALEANDRI
07/08/81 Porta la data del 7/8/1981 il primo (in ordine cronologico) degli interrogatori resi da Paolo ALEANDRI all'autorità giudiziaria romana, nei quali egli, nell'ambito di una lunga e circostanziata narrazione della sua vicenda politica, veniva riferendo fatti e circostanze concernenti la formazione del gruppo gravitante attorno a `Costruiamo l'Azione',ilMovimentoPopolare Rivoluzionario e le sue attività, nonché le singole responsabilità degli aderenti a quest'ultima formazione. Nel corso dell'interrogatorio (50), l'ALEANDRI dichiarava: di essere stato avviato all'attività politica dal professore romano Fabio DE FELICE; di avere successivamente frequentato Aldo SEMERARI, Sergio CALORE e PaoloSIGNORELLI e vari gruppi di attivisti politici,
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(50) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 3-16.
indicati come il "GruppodiTivoli",il "GruppodiOstia" ed il "Gruppo del Nord", del quale ultimo facevano parte, fra gli altri, Marino GRANCONATO, Roberto RAHO, e Massimiliano FACHINI. Riferiva ancora che in tale ambiente era maturata l'esperienza di `Costruiamo l'Azione', e, successivamente, la decisione di passare a forme di lotta armata che superassero il discorso teorico propugnato dal giornale; che la decisione di divenire operativi era stata anche frutto di incontri dell'ALEANDRI con Bruno MARIANI e Marcello IANNILLI, e di contatti diretti con Massimiliano FACHINI e Roberto RAHO; che i contatti con il gruppo veneto capeggiato dal FACHINI avevano garantito l'approvvigionamento di armi ed esplosivo; che, sempre in collaborazione con il gruppo di Padova, era stato formulato un progetto di autofinanziamento, da realizzarsi mediante una serie di rapine (alcune delle quali, effettivamente commesse, venivano dettagliatamente indicate).
A proposito degli attentati compiuti nell'anno 1979, a Roma, contro il Campidoglio, il Carcere di `Regina Coeli', la sede del Ministero degli Esteri ed il Consiglio Superiore della Magistratura,rivendicati con la sigla M.R.P., riferiva che, su sua indicazione, Bruno MARIANI e Marcello IANNILLI avevano ottenuto un ingente quantità di esplosivo dal gruppo di Villalba di Guidonia (i cui componenti l'ALEANDRI indicava); che tale esplosivo era stato integralmente impiegato per gli attentati sopra elencati, ad eccezione dell'attentato al Campidoglio, per cui era stato utilizzato esplosivo proveniente dal RAHO e dal FACHINI; che autori materiali di detto attentato al Campidoglio (51) erano stati lo stesso ALEANDRI, lo IANNILLI ed il MARIANI, così come era avvenuto per `Regina Coeli' (52) e per la Farnesina (53); che, invece, dell'attentato al Consiglio Superiore della Magistratura, benché l'ALEANDRI fosse consapevole dell'obiettivo da colpire, si erano occupati materialmente il MARIANI e lo IANNILLI; che costoro, poi, gli avevano detto d'aver regolato il `timer' per un'ora diurna, contrariamente ai precedenti accordi.
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(51) - L'episodio è del 20/4/1979: cfr. atti contenuti in RA, V6, C297, pp. 3-10. (52) - Episodio del 14/5/1979:cfr. RA, V6, C297, pp. 22-33, e fascicolo relativo, in PA, V1. (53) - Episodio del 24/5/1979:cfr. RA, V6, C297, pp. 17-21, e fascicolo relativo, in PA, V1.
10/08/81 Tre giorni più tardi l'ALEANDRI rendeva ulteriori dichiarazioni (54), riferendo,tra l'altro, che egli ed il CALORE (presentatogli dal SIGNORELLI) avevano teso a coinvolgere nel progetto politico sotteso a `Costruiamo l'Azione' determinate forze interessate al "superamento delle classiche posizioni di destra e di sinistra, per collocarsi in un'area squisitamente sociale": forze che costituivano "il più valido elemento destabilizzante per la ricostruzione di un apparato statuale" i cui tratti salienti l'ALEANDRI si riservava di esporre analiticamente; che del `gruppo del Nord' faceva parte anche Gianni MELIOLI; che il FACHINI gli aveva presentato Gilberto CAVALLINI, partecipe dei vari progetti di azioninell'ambito dell'attività di autofinanziamento.
11/08/81 Interrogato anche il giorno successivo, l'ALEANDRI riferiva(55) del progetto, poi attuato, di far evadere Franco FREDA dal soggiorno obbligato di Catanzaro: progetto cui avrebbero collaborato, oltre a lui stesso, il FACHINI, il RAHO, Pancrazio SCORZA, Ulderico SICA ed il CALORE.
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(54) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 18-23. (55) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 24-35.
E ancora d'aver conosciuto Egidio GIULIANI come capo di un gruppo in contatto con ambienti eversivi, avente a disposizione un grosso quantitativo di armi, con possibilità di reperire documenti e targhe false (sin dal giorno 8 aveva parlato della partecipazione di membri del gruppo GIULIANI, assieme a membri del suo gruppo, ad una rapina di autofinanziamento: la rapina alla Banca del Mattatoio, cui avevano preso parte, tra gli altri, Marco GUERRA, Armando COLANTONI e Bruno HASSEMER).
Nell'interrogatorio del 18/9/1981 (56), poi, testualmente dichiarerà: "...per quanto concerne gli attentati di cui ho parlato e rivendicati con la sigla M.R.P. desidero far presente quanto segue. Nelle riunioni che periodicamente venivano tenute a casa di SIGNORELLI ed alle quali partecipavano diverse persone anche provenienti dal gruppo veneto, argomenti come attentati e fatti di sangue erano per così dire pane quotidiano. Il SIGNORELLI quasi si gratificava di mostrarsi agli altri come una belva assetata di sangue. Il CALORE si poneva sulla stessa linea del * * ** * (56) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 36-60.
SIGNORELLI,sebbene fosse più un politico che un operativo. Debbo però dire che tutto l'ambiente di `Costruiamo l'Azione' era permeato di discorsi sulla violenza e sugli attentati ed è quindi evidente che tutti i componenti di detto ambiente erano a conoscenza che gli attentati MRP provenivano da noi, come d'altra parte ho già detto."
In altro passo dello stesso interrogatorio affermerà: "Fausto LATTINO" (sic) e "Benito ALLATTA frequentavano le riunioni di Ostia di cui ho parlato nei precedenti interrogatori e manifestavano la loro disponibilità anzi che avevano la disponibilità o che comunque potevano reperire esplosivo."
Il 21/10/1981, sempre all'autorità giudiziaria romana, riferirà (57) che il gruppo veneto gli aveva richiesto due divise dell'Arma (una da carabiniere ed una da ufficiale), per una non meglio precisata operazione.
Esaminato per la prima volta dal Giudice Istruttore del presenteprocedimento, il 5/11/1981,dirà (58), tral'altro d'aver sentito i componenti del gruppo veneto parlare di
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(57) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 61-78. (58) - EA, V10/a-4, C190/3/2, pp. 1-2.
RINANI come appartenente al loro gruppo.
Il 2/3/1982, nell'interrogatorio (59) reso al Giudice Istruttore di Roma: "...discorsi circa l'attività illegale avvenivano spesso e ritengo che il gruppo del Nord, come mi venne riferito da FACHINI e da RAHO, praticasse l'autofinanziamento: infatti FACHINI e RAHO mi avevano parlato di rapine commesse ai danni di uffici postali nella zona di Padova e dintorni. In proposito rammento bene che all'inizio dell'attività del giornale il FACHINI diede dei soldi per le esigenze della testata dicendo che provenivano per l'appunto da dette rapine...in genere tutto il gruppo del Nord propugnava una linea militarista manifestando propensione per una rigida organizzazione da dare al movimento..."
Il 2/8/1982, di nuovo al Giudice Istruttore del presente procedimento (60), sviluppando un tema già trattato il 5/11/1981: "...il GELLI mi fu presentato da DE FELICE Alfredo ed ebbi modo di frequentarlo...in particolare curavo i rapporti col GELLI di DE IORIO Filippo..."
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(59) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 89-98. (60) - EA, V10/a-4, C190/3/2, p47 recto e verso.
Il tema sarà nuovamente ripreso nella deposizione (61) resa, sempre al Giudice Istruttore del presente procedimento, il 9/5/1983. Da tale atto emerge che, in prosieguo di tempo, il ruolo di tramite l'ALEANDRI avrebbe continuato a svolgerlo tra il GELLI ed il fratello di Alfredo DE FELICE, Fabio; l'ALEANDRI afferma poi: "Debbo dire che la mia rottura è iniziata quando ho capito che non era il rapporto con GELLI ad essere strumentale rispetto ai fini della nostra organizzazione, ma che la nostra organizzazione era strumentale rispetto ai fini di GELLI e DE FELICE". Nel verbale della medesima deposizione si legge: "...io fino al settembre del 1979 ho fatto parte di una organizzazione di carattere eversivo che faceva capo a DE FELICE, SIGNORELLI, CALORE, DANTINI, FACHINI. Naturalmente questi personaggi nel tempo hanno acquistato nell'organizzazione un'importanza ed un rilievo diversi. Il DE FELICE però è sempre stato il maggior punto di riferimento dell'organizzazione alla quale ho appartenuto e nella quale io godevo della massima fiducia da parte del DE
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(61) - EA, V10/a-4, C190/3/2, pp. 59-64.
FELICE. Questa organizzazione iniziò ad operare in modo concreto, perlomeno a quanto mi risulta, nel periodo di tempo successivo all'arresto di CONCUTELLI che è del '76." Nel 1978, da parte degli operativi, era stata compiuta una serie di attentati non rivendicati; dopodiché era stato varato il programma degli attentati rivendicati con la sigla M.R.P. Sul problema della rivendicazione -sotto il profilo della valenza `politica' e delle implicazioni- vi era stata una divaricazione tra coloro che -come lo stesso ALEANDRI ed il CALORE- erano contrari ad azioni non puramente dimostrative da chiarire di volta in volta, e coloro che -come Enzo Maria DANTINI e Fabio DE FELICE- erano contrari alla rivendicazione, sia pure per motivi tra loro diversi.
Il 2/10/1982, al Giudice Istruttore di Roma, aveva intanto descritto (62) il gruppo che si coagulerà intorno a `Costruiamo l'Azione' come un momento di riaggregazione, su altre basi, di Ordine Nuovo. Nel corso di varie riunioni, cui parteciparono l'ALEANDRI, il DE FELICE, il SIGNORELLI, il CALORE, il FACHINI, il DANTINI e forse anche Roberto
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(62) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 104-108.
INCARDONA, si manifestò l'esigenza di adattamento ad una nuova realtà politica, tenendo conto dei fermenti degli ambienti giovanili. Sviluppano siffatto concetto le dichiarazioni del 26/10/82, ancora al Giudice Istruttore di Roma (63): "...L'esigenza di unificare alla progettualità di Costruiamo l'Azione il movimento T.P." (Terza Posizione) "nasceva dal fatto che si tentava di costruire un'area di consensi il più estesa possibile al fine di evitare inutili doppioni e di coordinare l'attività di singoli gruppi da un punto di vista esclusivamente politico lasciando mano libera per le singole azioni. Prova della riuscita di tale progettualità, che era comune a tutti, compreso il DANTINI, è costituita dall'attentato alla Honeiwell realizzato, come mi riferì Bruno MARIANI, dal gruppo di Egidio GIULIANI, il quale ultimo, malgrado avesse, in quel momento, totale autonomia operativa, utilizzò, per rivendicare il gesto, un simbolo grafico apparso su Costruiamo l'Azione, e cioè una mano che impugnava un mitra." Il 24/2/1983, ancora una volta al Giudice Istruttore di
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(63) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 109-110.
Roma, aveva, tra l'altro, dichiarato (64) d'aver interpellato il MARIANI e lo IANNILLI, dopo l'attentato alla sede del Consiglio Superiore della Magistratura, su due circostanze: perché l'attentato non fosse stato realizzato secondo i piani, cioè perché l'esplosione non fosse stata programmata per un'ora notturna; e, ancora, perché la bomba
non fosse esplosa. Al primo quesito gli interlocutori dell'ALEANDRI avrebbero risposto in maniera vaga e minacciosa, al secondo non avrebbero risposto affatto. Aveva poi appreso da Rossano MONNI che costui ed il MARIANI erano tornati presso la sede del C.S.M. per recuperare l'esplosivo: iniziativa da cui avevano poi desistito. Nel medesimo interrogatorio l'ALEANDRI indicava anche i nomi degli autori dei `fogli d'ordini' (65), testualmente affermando: "Prendo visione dei 'fogli d'ordine'...e circa gli autori degli stessi posso dire che essi vennero redatti in comune tra il gruppo del Nord, me, CALORE, SIGNORELLI e DE FELICE, con contributi di diverso peso."
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(64) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 117-123. (65) - Cfr. supra, sub 1.1.3.4): i `fogli d'ordini' erano stati sequestrati il 21/12/1978 nell'abitazione di Gianluigi NAPOLI.
1.3.10)La perizia chimico-esplosivistica comparativa
24/08/81 Il 24/8/1981 il Giudice Istruttore del presente procedimento convocava i medesimi periti che avevano proceduto alla prima indagine chimico-esplosivistica, ed affidava loro un ulteriore incarico, nei seguenti termini (66): "Eseguano i periti ogni utile accertamento di natura chimica atto a verificare ove possibile direttamente, ovvero sulla scorta delle risultanze di indagini peritali disposte da altra autorità giudiziaria o dai rilievi di organi di P.G. la composizione delle seguenti materie esplodenti:
1) esplosivo rinvenuto a Bologna il 13/1/1981 nel convoglio ferroviario Taranto-Milano;
2) esplosivo rinvenuto e sequestrato a Roma il 20/5/1979, destinato ad attentato al Consiglio Superiore della Magistratura;
3) esplosivo utilizzato a Roma il 14/5/1979 per l'attentato al Carcere di Regina Coeli;
4) esplosivo utilizzato a Roma il 20/5/1979 nell'attentato al Ministero degli Esteri;
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(66) - PA, V1, C2, p30 verso.
ed effettuino successivamente l'esame comparativo fra le materie esplodenti di cui ai nn. 1-4 fra loro e con l'esplosivo da ritenere impiegato per consumare la strage del 2/8/80 quale risulta dalla relazione peritale già depositata; ed evidenzino gli elementi di identità strutturale o di funzionamento o comunque leaffinità di carattere singolare che dovessero emergere da tale raffronto. Vogliano altresì esplicitare la motivazione per cui, nella relazione peritale già depositata, è stata ritenuta maggiormente verosimile l'ipotesi dell'innesco chimico dell'ordigno e riferire anche se un contenitore costituito da lattine per bevande quale risultarinvenuto" (67) "e sequestrato (contenitore da 5 litri di birra Becker) avrebbe potuto produrre frammenti o schegge metalliche di dimensioni apprezzabili, aumentare la capacità dirompente dell'ordigno ovvero essere necessario, utile o opportuno per contenere l'esplosivo."
1.3.11) La richiesta di emissione di mandato di cattura per strage nei confronti di Roberto FIORE
Nel frattempo veniva arrestato a Londra Robero FIORE. In
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(67)- Presso il Bar-ristorante `La Taverna' di Fasano di Puglia: cfr. supra, sub 1.2.20). 14/09/81 data 14/9/1981 la Procura richiedeva (68) al Giudice Istruttore di voler, tra l'altro, emettere mandato di cattura per concorso organizzativo nel delitto di strage e di inoltrare quindi richiesta di arresto provvisorio a fini estradizionali per tale delitto. Scriveva il PUBBLICO MINISTERO:"gli indizi risultano dalla complessa attività criminosa del FIORE, e dagli elementi emergenti dal proc. Quex circa la presenza del FIORE in Bologna nel marzo 1980, unitamente all'ADINOLFI, per organizzare attentati."
1.3.12) Il secondo viaggio in Libano del Giudice Istruttore
novembre Nei giorni 18, 19 e 20 del mesi di novembre, il Giudice 1981 Istruttore, dott. GENTILE, recatosi di nuovo in Libano, non ebbe miglior fortuna di quanta ne avesse avuta nel luglio; si legge nel `pro-memoria' del 2° viaggio (69): "Nei giorni 18-19 e 20 novembre, il GIOVANNONE tiene colloqui, in francese, in mia presenza, con il vice-capo della polizia libanese, e con due membri dell'OLP. Sulla base di tali colloqui e di suoi ricordi personali, non scaturenti da incarichi di servizio, ho redatto gli appunti allegati in
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(68) - RI, C3, p88. (69) - RD, V2, C16, p3.
copia, mentre ho trasmesso gli originali al SISDE." Dal contenuto di detti appunti (70) traspare che l'Istruttore potè raccogliere soltanto notizie destinate a rivelarsi del tutto inconcludenti.
1.3.13)La richiesta del novembre 1981 di emissione di mandati di cattura per strage e delitti connessi
25/11/81 Il 25/11/1981 il PUBBLICO MINISTERO chiedeva (71) al Giudice Istruttore di emettere mandato di cattura per strage e per i delitti connessi (72) a carico di Paolo SIGNORELLI, Massimiliano FACHINI, Roberto RINANI, Mario TUTI, Edgardo BONAZZI, Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO. Gli elementi diprova posti dall'ufficio requirente e a fondamento della propria richiesta sono così puntualmente sintetizzati nella parte del provvedimento conclusivo dell'istruttoria che qui di seguito testualmente si trascrive (73):
" a)deposizione di PRESILIO VETTORE della quale si è già riferito;
b) deposizione di Paolo BIANCHI, Aldo Stefano TISEI e
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(70) - Trovansi in RD, V2, C16, pp. 4-9. (71) - Cfr. RI, C3, pp. 144-149. (72) - Nella richiesta, per evidente omissione materiale, si menzionano i soli delitti connessi: il P.M. chiarirà poi comunque le sue intenzioni nel formulare l'imputazione il 7/12/81:cfr.RI, C3, pp. 150-151. (73) - SO, da p129 rigo 19 a p129 rigo14. LATINI sullo stesso argomento;
c) deposizione di NICOLETTI e documentazione tratta dalla rivista 'Quex' per argomentare la sussistenza di sufficienti indizi nei confronti del TUTI e del BONAZZI;
d) deposizione di Massimo SPARTI della quale si è già riferito concernente la posizione di Valerio FIORAVANTI e di Francesca MAMBRO;
e) documento ideologico programmatico rinvenuto nella cabina telefonica, del quale si è detto;
f) le dichiarazioni di Paolo ALEANDRI al G.I. di Roma del 7/8/81, del 10/8/81, dell'11/8/81, del 18/9/81, del 21/10/81..."
Con la stessa missiva, il PUBBLICO MINISTERO dichiarava di ribadire inoltre la richiesta di cattura nei confronti di Roberto FIORE e Gabriele ADINOLFI, facendo riferimento alla propria missiva del 14 settembre (74). E così motivava: "...la loro presenza a Bologna nei mesi precedenti alla
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(74) - Per la verità -come si è visto (cfr. supra, sub 1.3.11)- la richiesta del 14 settembre riguardava il solo FIORE. strage, così come viene riferita dal NALDI, costituisce l'indubbio prologo della strage ed è assolutamente ininfluente la circostanza che in quell'incontro fosse stata richiesta al NALDI la collaborazione per un attentato diverso da quello alla stazione, in quanto i collegamenti esistenti tra costoro, ZANI, TUTI e con tutto l'ambiente romano dimostrano che l'attentato di cui ADINOLFI e FIORE parlarono con NALDI altro non era che il primo abbozzo di quello che poi doveva essere l'attentato alla sala d'aspetto della stazione di Bologna."
1.4) 28 novembre 1981 - 22 aprile 1982 Dall'avvio della `pista CIOLINI' all'ordinanza della Sezione Istruttoria pronunciata in sede di gravame avverso le ordinanze del Giudice Istruttore in data 5, 12 e 16/1/1982
1.4.1)Il rapporto dei Carabinieri di Bologna in data 28/11/1981
28/11/81 Verso la fine di novembre, il Capitano Paolo PANDOLFI, comandantela 1ª Sezione del Nucleo Operativo del Gruppo Carabinieri di Bologna,trasmetteva al Giudice Istruttore un rapporto (1), il cui contenuto è così illustrato nel provvedimento conclusivo dell'istruttoria (2): "...tale CIOLINI Elio, detenuto nel carcere ginevrino di Champ Dollon aveva chiesto al Console italiano di quella città di poter parlare con un Ufficiale dei carabinieri. Successivamente aveva scritto al console Ferdinando MOR in data 10 novembre '81 una missiva contenente un memorandum nel quale illustrava le attività di un'organizzazione terroristica, la O.T., presente nel nostro paese ed operante attraverso una ramificata struttura di `società commerciali', `agenzia di stampa', `uomini (dirigenti) in società Industriali' nel settore pubblico e privato ...Nel memorandum inviato al MOR
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(1) - RB, V1, C3. (2) - SO, da p189 rigo 3, a p192 rigo 13.
si riferiva in modo sintetico che la O.T. finanziava le sue attività con il `Kidnapping' eil traffico della droga in connessione con la Mafia. Che il riciclaggio del denaro proveniente da tale multiforme attività avveniva in Svizzera. La O.T. -che si affermava collegata con le Brigate Rosse in Italia e con una frazione dell'O.L.P. guidata da Nayef Hawetmeh, responsabile della `disparizione' di due giornalisti italiani (TONI e DI PALO)- era, secondo il citato memorandum, implicata negli affari DE MAURO (connessione Mafia), SINDONA, GELLI...L'O.T. veniva quindi indicata come responsabile -per l'Italia- dei massacri di Piazza Fontana, dell'Italicus, di Bologna, del `Golpe Borghese', dei fatti di Reggio Calabria, nonché di illeciti traffici valutari e di narcotici. CIOLINI concludeva asserendo che vi erano possibilità di infiltrazione nei `quadri dirigenti' della O.T., della Mafia e delle B.R. perché egli era in possesso della lista completa dei principali responsabili della O.T. ed aveva i `contatti necessari' con personalità di rilievo in Italia e altri paesi. Il 26/11/1981 il Capitano Paolo PANDOLFI, comandante la Prima Sezione del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Bologna, si incontrava nel carcere di Ginevra con il CIOLINI, che confermava quanto già scritto, nello zoppicante italiano infarcito di gallicismi che ne contraddistingue lo stile, in un memorandum (al quale aggiungeva, consegnandolo all'Ufficiale dei Carabinieri venuto a colloquio con lui `un supplemento parziale di informazione'), ed inoltre dichiarava di essere un agente dei servizi segreti francesi, operante da una decina d'anni in America Latina, e infiltrato nella O.T. Di essere iscritto a una loggia massonica, la `Montecarlo', organizzata da Licio GELLI e di aver partecipato, a Nizza e a Montecarlo, a numerose riunioni insieme con cittadini italiani che si riservava di nominare. Di conoscere i nomi dei due italiani, esecutori materiali della strage del 2 agosto '80 alla stazione di Bologna, indicandoli come collaboratori di Stefano DELLE CHIAIE, con il quale asseriva di aver `dormito' e `operato' in Bolivia per molti mesi. Aggiungeva CIOLINI che dietro la strage di Bologna erano sicuramente presenti la O.T. e Licio GELLI e che Stefano DELLE CHIAIE aveva stretti legami con ambienti finanziari e politici europei ed italiani. Asseriva CIOLINI che se le sue richieste fossero state accolte (rimpatrio in Italia e assunzione ufficiale o ufficiosa da parte del Ministero degli Interni o della Difesa), avrebbe rivelato particolari più precisi sugli argomenti trattati, documentando tutte le sue affermazioni con un `dossier'da lui compilato e custodito in un luogo sicuro. Il rapporto concludeva informando il Giudice Istruttore che CIOLINI era detenuto per `reati comuni' commessi in Svizzera in complicità con un altro, e che, per timore di DELLE CHIAIE e delle possibili ritorsioni nei suoi confronti, si era spontaneamente costituito alla polizia svizzera (fatto quest'ultimo asserito dal CIOLINI stesso)."
1.4.2)Il deposito della perizia chimico-esplosivistica comparativa
07/12/81 Il 7 dicembre i periti officiati nell'agosto depositavano l'elaborato (3). Avevano così risposto ai quesiti del Giudice Istruttore (4):
"L'esplosivo rinvenuto a Bologna il 13 gennaio 1981 sul
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(3) - Cfr. verbale di deposito, in PA, V1, C2, p32. (4) - Cfr. pp. 66 e ss. dell'eleborato peritale, raccolto in separato fascicolo, in PA, V1. convoglio ferroviario Taranto-Milano è di due tipi distinti nettamente diversi l'uno dall'altro e confezionati in separati contenitori (un tipo era contenuto in due degli otto barattoli di conserva alimentare repertati e l'altro nei rimanenti sei).
Il primo, costituito da una massa untuosa e stuccosa, relativamente omogenea e di colore fondamentale ambrato, è risultato essere un esplosivo per impieghi civili gelatinato del tipo stabilizzato con solfato di bario.
Il secondo, costituito da frammenti irregolari di materiale consistente di colore giallognolo ed, in qualche caso, brunastro, frammisti a polverino giallognolo, è risultato essere un esplosivo di impiego militare, denominato `COMPOUND B' di corrente utilizzazione nel munizionamento terrestre ed aereo. La presenza in esso di frammenti con parte della superficie colorata in bruno consente di formulare l'ipotesi molto attendibile che l'esplosivo analizzato fosse costituito da materiale di recupero dallo scaricamento di munizioni.
L'esplosivo rinvenuto e sequestrato a Roma il 20 maggio 1979 e destinato ad un attentato al Consiglio Superiore della Magistratura, costituito da 94 candelotti di esplosivo per impieghi civili, è risultato appartenere alla classe dei gelatinati...
L'esplosivo utilizzato a Roma il 14 maggio 1979 nell'attentato al carcere di Regina Coeli è andato completamente distrutto nello scoppio. L'assoluta indisponibilità dei reperti non consente di formulare nemmeno un'ipotesi sulla natura della carica esplosa nella particolare circostanza.
L'esplosivo utilizzato a Roma il 24 maggio 1979 nell'attentato al Ministero degli Affari Esteri è andato completamente distrutto nello scoppio. L'indisponibilità dei pochi reperti relativi all'episodio anzidetto da parte del collegio ha impedito di operare accertamenti utili al fine della individuazione della carica esplosiva usata.
L'esame comparativo delle materie esplodenti di cui ai nn. 1-4 dell'incarico peritale effettuato fra loro e con l'esplosivo da ritenersi utilizzato a Bologna per consumare la strage del 2 agosto 1980 permette di formulare le seguenti considerazioni:
- L'esplosivo GELB" (5) "rinvenuto e sequestrato a Romail 20 maggio 1979 in occasione dell'attentato al Consiglio Superiore della Magistratura è del tutto diverso, per composizione, sia da quelli rinvenuti alla stazione ferroviaria Centrale di Bologna il 13 gennaio 1981 che da quello che si presume impiegato per la strage del 2 agosto 1980;
- l'esplosivo gelatinato, stabilizzato con solfato di bario, rinvenuto alla Stazione ferroviaria Centrale di Bologna il 13 gennaio 1981, possiede molti punti di contatto, per caratteristiche di composizione qualitativa, con quello da ritenersi utilizzato a Bologna il 2 agosto 1980;
- di natura completamente differente è invece il COMPOUND B (miscela di tritolo e T4) che costituisce l'altro esplosivo rinvenuto il 13 gennaio 1981 a Bologna, una cui piccola quantità potrebbe però essere entrata nella
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(5) - L'indicazione proveniva dlla perizia disposta dall'A.G. romana sull'esplosivo in questione: cfr. conclusioni del perito VACCHIANO (cui i periti bolognesi facevano in proposito rinvio) alla pagina 34 dell'elaborato peritale del medesimo, che trovasi in PA,V1.
composizione della carica esplosiva impiegata per la strage del 2 agosto 1980 (come dettagliatamente precisato nella presente relazione a proposito dell'ipotesi giustificativa della presenza di T4 nei prodotti residui dell'esplosione anzidetta).
Dagli esami comparativi sono stati, ovviamente, esclusi i materiali esplodenti impiegati a Roma il 14 e 24 maggio rispettivamente negli attentati al carcere di Regina Coeli e al Ministero degli Affari Esteri. Il collegio peritale non ha potuto infatti acquisire alcun serio elemento di giudizio circa la natura delle cariche esplosive impiegate.
Nessuna identità di funzionamento si è evidenziata tra gli ordigni esplosivi rinvenuti nella Stazione ferroviaria di Bologna Centrale il giorno 13 gennaio 1981 e quello presumibilmente impiegato per la strage del 2 agosto 1980, essendosi escluso in modo assoluto che l'attivazione di quest'ultima carica esplosiva possa esser stata realizzata convenzionalmente, a mezzo di miccia a lenta combustione. Non può escludersi, invece, una teorica identità di funzionamento dell'ordigno esplosivo, collegato ad un congegno temporizzante, rinvenuto a Roma il 29 maggio 1979 presso il Consiglio Superiore della Magistratura e quello dell'ordigno esplosivo presumibilmente impiegato nella strage del 2 agosto 1980.
L'assoluta mancanza di reperti significativi, pur accuratamente ricercati, e la certezza che la catena incendiva doveva essere collegata ad un congegno temporizzante, sono i motivi che giustificano, tra le altre ipotesi possibili, quella dell'innesco chimico come mezzo più probabilmente usato per innescare la carica esplosa a Bologna il 2 agosto 1980.
Una carica esplosiva racchiusa in un contenitore (lattina di birra da 5 litri) quale quella marca 'Becker' rinvenuta e sequestrata non avrebbe potuto produrre frammenti e schegge metalliche di dimensioni apprezzabili; un tale contenitore di lamierino sottile avrebbe aumentata la capacità distruttiva della carica non per effetto di una partecipazione dell'involucro esterno al processo di detonazione ma,bensì, per il conseguimento di una più elevata densità di caricamento rispetto ad una `carica nuda'; il contenitore tipo lattina di birra non era necessario per assicurare un più sicuro funzionamento della carica esplosiva; sul piano strettamente pratico e psicologico, sia per facilitare le operazioni di trasporto che per favorirne l'occultamento, l'uso di un contenitore del tipo anzidetto può ritenersi senz'altro utile ed opportuno per contenere l'esplosivo." 1.4.3) Le dichiarazioni di Fausto DE VECCHI
Massimo SPARTI, deponendo come teste davanti al Giudice Istruttore del presente procedimento, aveva confermato, il 13 maggio (6) prima, ed il 23 luglio (7) poi, le dichiarazioni giàrese all'autorità giudiziaria di Roma in ordine alla visite di Valerio FIORAVANTI ed alla richiesta di documenti che costui gli aveva rivolto due giorni dopo la strage. Lo SPARTI era venuto anche meglio precisando il racconto; in particolare, nella deposizione del luglio, aveva riferito: "...gli ho subito chiarito che era impossibile soddisfare la sua richiesta entro la giornata,
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(6) - EA, V10/a-4, C163/1, pp. 1-2. (7) - EA, V10/a-4, C163/1, pp. 19-20.
di modo che ci siamo accordati nell'incontrarci nuovamente a casa mia l'indomani mattina. Subito dopo sono andato da Fausto DE VECCHI, nel suo negozio di Torre degli Schiavi, e gli ho formulato la richiesta. Anch'egli ha convenuto che i documenti non potevano essere approntati prima dell'indomani e ci siamo lasciati con tale intesa. Nelle prime ore del mattino sono andato da lui ed egli mi ha detto, nel consegnarmeli, che era stato fortunato nell'incontrare Mario a Roma, giacché in quei giorni si trovava solitamente al mare. Non sono certo, a questo punto, se i due documenti erano in bianco ovvero recavano il nome di un falso intestatario. Al DE VECCHI ho dato il corrispettivo di 300 mila lire. Non ricordo se il FIORAVANTI mi ha poi rimborsato." Poi, rispondendo ad una domanda dell'Istruttore, aveva così continuato: "DE VECCHI mi ha sempre detto di essersi rivolto per le falsificazioni al GINESI e, come ho già detto, non ho mai dubitato della verità di tutto ciò per avere visto spesso il GINESI dal DE VECCHI, e il primo falsificare targhe di autoveicoli nel suo garage. E' innegabile però il fatto che io ho sempre pagato nelle mani del DE VECCHI e che in nessuna occasione ho ricevuto documenti falsi dal GINESI...Valerio mi disse anche di essersi recato a Milano per reperire i documenti e di essere venuto a Roma in quanto colà non aveva potuto procurarseli: per me non c'è dubbio che dopo esser stato il due a Bologna ed il 3 a Milano, è venuto a casa mia nel pomeriggio del 4 agosto 1980."
08/12/81 L'8 dicembre veniva esaminato Fausto DE VECCHI (8). Questi, nel confermare d'aver fornito i documenti allo SPARTI in una data che poteva coincidere con i primi giorni d'agosto, affermava -come già aveva fatto lo SPARTI il 23 maggio, in tal senso correggendo l'originaria versione- che i documenti erano in bianco, cioè privi di ogni dato anagrafico, e che dovevano essere due. Affermava ancora di ritenere di escludere che le fotografie consegnategli dallo SPARTI perchè fossero apposte sui documenti falsi riproducessero sembianze di persona di sesso femminile.
A distanza di qualche mese, il 6/5/1982, lo SPARTI ed il DE VECCHI saranno posti a confronto (9): il primo insisterà nel
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(8) - EA, V10/a-4, C163/1, p26. (9) - EA, V10/a-4, C163/1, p43. dire d'aver consegnato due fotografie uguali della ragazza,
scattate "dagli apparecchi automatici"; ed il secondo testualmente dirà: "Prendo atto di quanto afferma lo SPARTI e dichiaro che non posso essere certo nell'affermare che le due foto si riferissero ad un uomo. Non posso né confermarlo né escluderlo...in sostanza non posso escludere che le foto consegnatemi da SPARTI ed i relativi documenti fossero per una donna..."
Va detto che, sulla base delle prime dichiarazioni dello SPARTI, si era risaliti a Mario GINESI quale possibile falsificatore e costui, esaminato sul punto, aveva escluso la propria responsabilità (10). LO SPARTI, in sede di confronto col GINESI (11) e nell'esame testimoniale del 23 luglio -come s'è visto- aveva chiarito l'equivoco e le sue cause. E in effetti, il DE VECCHI, nuovamente esaminato il 17/6/1983 (12), dichiarerà che a fornirgli i documenti in questione era stato non il GINESI, ma tale `Zibibbo' (13),
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(10) - Interrogatorio reso il 13/4/1981 al P.M. di Roma, in EA, V10/a-5, C200, p2. (11) - EA, V10/a-4, C163/1, p17. (12) - EA, V10/a-4, C163/1, pp. 112-113. (13) - Successivamente identificato in CARLOSTELLA Giuseppe, il quale, il 30/6/1983 (cfr. verbale in EA, V10/a-5, C238, p1) dichiarerà al G.I.di aver svolto attività di falsificatore e di non poter escludere d'aver fornito due documenti al DE VECCHI.
dal GINESI presentatogli in precedenza.
1.4.4) Sviluppi della `pista CIOLINI'
Nel dicembre del 1981 si registrano i primi sviluppi di quella che può ormai esser definita `pista CIOLINI'. Essi sono così sintetizzati nel provvedimento conclusivo dell'istruttoria (14):
11/12/81 "Con rapporto dell'11/12/1981," (15) "i Carabinieri di Bologna informavano il G.I. che il citato capitano PANDOLFI -il giorno 4/12/81- si era nuovamente recato a Champ-Dollon dove, autorizzato dal G.I., aveva avuto un altro colloquio con CIOLINI. Costui gli aveva riferito che `negli anni settanta si era verificata una magmatica ricomposizione di interessi economico-politici, che utilizzano l'estremismo armato in loro funzione'. In tale quadro gli interessi di GELLI e di SINDONA portarono al contatto degli stessi con Stefano DELLE CHIAIE. Aggiungeva CIOLINI che i succitati personaggi avevano per tale ragione riorganizzato `Ordine Nuovo' e dato alla struttura così creata una dimensione internazionale. Che Ordine Nuovo disponeva in Italia di
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(14) - SO, da p192 rigo 14, a p198 rigo 15. (15) - RB, V1, C4, pp. 1-24.
società di copertura `che si occupano di Import-Export' con
sede a Roma e Milano; che uno degli autori della strage del 2 agosto '80 era impiegato presso la società con sede a Milano, mentre l'altro, al momento residente in Argentina, era redattore della rivista `Confidential', venuto in Italia dall'Argentina con 'passaporto italiano falsificato in Argentina'. Asseriva ancora CIOLINI che DELLE CHIAIE viveva stabilmente in Bolivia, dove occupava un importante incarico nel S.E.S. (Servicio Especial Seguridad), e che, di tanto in tanto, veniva in Italia ospite della sua amante, una maestra elementare romana. CIOLINI aggiungeva che nel dicembre '79 o nel gennaio '80 si era incontrato a Punta dell'Est, Montevideo, con Licio GELLI, e che nel corso di tale incontro avevano discusso di finanziamenti alle attività terroristiche e di organizzare campi di addestramento per terroristi. Che la sede della loggia P2 era ineffettia Montecarloe che lalista completa degli aderenti era in mano ad un avvocato fiorentino che si riservava di indicare. Che della Loggia P2 faceva parte un ex ufficiale della Marina Militare Italiana, attualmente impiegato presso la 'OTO MELARA', occultamente impegnato in un traffico clandestino di armi in favore della Libia. Che i giornalisti italiani DE PALO e TONI erano nelle mani della `Ala Intransigente' dell' O.L.P. in quanto avevano scoperto un traffico d'armi organizzato da DELLE CHIAIE a favore di detta organizzazione. In allegato al rapporto i Carabinieri trasmettevano un plico sigillato fatto pervenire 'attraverso il Consolato Generale d'Italia in Ginevra' da CIOLINI al Giudice Istruttore contenente una nota sulla struttura della O.T. e l'elenco dei `Fratelli inscritti (sic) al 30/12/79 alla Loggia Riservata', contenente una serie di nominativi del mondo politico, economico e sindacale italiano (tra questi LAMA, AGNELLI, ALMIRANTE, ANDREOTTI, ecc.). Nel plico era anche contenuta una 'informativa Loggia Riservata'- Trilaterale et O.T., nella quale si riferisce:
Che il 5 marzo 1980 una Finanziaria svizzera aveva emesso un `Ordre de Bonification' di oltre cinque miliardi di lire a favore di un gruppo industriale italiano spiccandolo sulla Banque Bruxelles Lambert di Losanna; che tale danaro doveva servire a rastrellare sul mercato azioni dell'E.N.I. e, per una parte, 575 milioni di lire, era stato utilizzato per pagare il rappresentante di un partito politico italiano con lo scopo di non aver ostacoli da parte dei deputati del Parlamento all'operazione che si intendeva svolgere. Che allo scopo di `rafforzare il Governo dell'epoca e stabilizzarlo vis a vis dell'opinione pubblica necessita una pressione'. Si pensa, allora,ad un'azione di clamore. `La loggia riservata, membro operativo della trilaterale, suggerisce in sede di consiglio che la direzione per certa azione sia affidata alle O.T. Si conoscono i noti eventi di Bologna in agosto. L'azione serve in verità a manipolare il potere. E' previsto che il Governo non farà obiezione alla vendita del gruppo E.N.I. I deputati non opporranno il `veto' a qualunque proposizione governativa, visti i problemi di ordine interno, ai quali il Governo sarà sottoposto in quei giorni...'
Nel documento era riferito, inoltre, che il giorno 11 aprile '80, nella sede di Montecarlo della LoggiaRiservata, era stato redatto un processo verbale delle decisioni prese alla riunione dei `Fratelli Fondatori' dove si era deciso l'acquisto delle azioni del Gruppo E.N.I., l'intervento
della O.T. in Italia, `l'accettazione' (sic) dei fondi versati. Che la copia del processo verbale e dei versamenti ricevuti si trovavano presso la sede della Loggia a Montecarlo. Il documento ancora riferiva che nel mese di maggio 1980, da Parigi erano andati a Buenos Aires in Argentina alcuni `Fratelli' per contattare Stefano DELLE CHIAIE,responsabile della O.T.. DELLE CHIAIE, il 24 luglio '80, era arrivato a Parigi con un volo Rio-Parigi dell'Air France, per tornare nel settembre '80 nuovamente in Argentina. Il documento (redatto in modo discontinuo e criptico) riferiva ancora a proposito della strage di Bologna... `Mandanti: Loggia Riservata, Esecutori O.T.; Motivi: Manipolazione Governo e azione finanziaria...' `...Il 26giugno '80 partono per l'Italia da B.A. con missione di contattare alcuni dirigenti di sedi locali dell'O.T., a Roma e Milano, ai fini di preparare l'azione prevista, il Sign. Mario BONOMI e il Sign. Maurizio GIORGI. (Non si può affermare che abbiano viaggiato su (sic) l'identità descritte, ma sono conosciuti a Buenos Aires come tali). Le società citate a margine appartengono all'O.T. ma non si ha conoscenza se sono queste ultime che hanno coordinato i tragici eventi di Bologna.
- Società Promicon, via Udine 5 Bergamo tel. 250247 - Odal (sic) Prima, via Satrico 7, Roma tel. 7577064 Responsabili A. BELLINI ? alias Carmelo'.
12/12/81 Il G.I., con nota del 12/12/81" (16)..."incaricava il reparto operativo dei CC. di Bologna di compiere accertamenti sulle dichiarazioni rese da CIOLINI nel corso dei colloqui con il Capitano PANDOLFI e sui documenti 21/12/81trasmessial Magistrato.Con rapporto del 21/12/81," (17) ...i Carabinieri di Bologna riferivano di avere identificato compiutamente quasi tutti gli appartenenti alla Loggia Riservata, di avere individuato i titolari delle due società indicate dal CIOLINI e i loro soci: GRANITI Alfredo, quale titolare della ditta Promicon di Bergamo, agente di commercio per la A.V.I.S. S.p.A. di Torino e PALLADINO Carmine, PALLADINO Roberto, CITTI Piero, socio accomandante il primo, e accomandatari i secondi della ODAL S.a.S. con oggetto sociale: servizi di amministrazione e consulenza aziendale. Inoltre, l'avvocato fiorentino indicato dal
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(16) - RB, V1, C5, pp. 1-2. (17) - RB, V1, C5, pp. 3-20. CIOLINI veniva identificato nel legale FEDERICI Federico..."
1.4.5) Le ordinanze del gennaio 1982 e l'appello del PUBBLICO MINISTERO avverso le stesse
05/01/82 Il primo atto del nuovo anno era l'ordinanza di scarcerazione di Dario PEDRETTI e Sergio CALORE per sopravvenuta mancanza d'indizi (18). Nella motivazione del provvedimento si legge, in sostanza, che la testimonianza FARINA, già dubbia per la qualità della persona da cui proveniva e le incongruenze e le contraddizioni di cui era intrisa (e sulla base della quale, nondimeno, sino a quel momento, si era tenuta ferma la misura di rigore nei confronti dei due prevenuti, in ragione della ricchezza e della tenacia dell'asserto, anche in sede di confronto), era crollata, sul piano della credibilità, dopo l'escussione delle persone detenute nello stesso braccio del carcere di Rebibbia all'epoca del colloquio nel corso del quale avrebbe avuto luogo la richiesta di esplosivo. Che i fatti potessero essersi svolti nel modo descritto dal FARINA era escluso -adavviso del Giudice Istruttore- dalle numerose testimonianze: e se su alcune (MARCHI, FIORE, MARIANI, DI
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(18) - Trovasi in AR, V4, C37, pp. 10-15.
MITRI) poteva incombere il sospetto della compiacenza, altre (BIANCHI e Cristiano FIORAVANTI) avevano "una caratura di verità assolutamente immune da qualsiasi incrinatura e difetto".
12/01/82 Una settimana più tardi, l'Istruttore rigettava (19) la richiesta di emissione di mandato di cattura per il SIGNORELLI, il FACHINI, il RINANI, il TUTI, il BONAZZI, il FIORAVANTI e la MAMBRO. Affermava che gli elementi acquisiti, pur rilevantiin relazione all'individuazione dell'ambiente nel quale la strage del 2 agosto era stata deliberata od eseguita, non apparivano tuttavia tali da giustificare la misura richiesta, poiché evidenziavano soltanto la trama dei rapporti reciproci fra gli imputati, e non già specifici ruoli ovvero condotte attinenti alla perpetrazione del delitto di strage ed a quelli connessi; e soggiungeva che l'emissione del provvedimento restrittivo appariva prematura "ed in certa misura controproducente rispetto alla difficile e necessariamente cauta attività di approfondimento di fatti e collegamenti concernenti gli
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(19) - AR, V4, C37, p20.
imputati citati, nel cui preminente interesse ogni altra esigenza" andava sacrificata.
16/01/82A distanza di quattro giorni le medesime ragioni venivano richiamate per motivare il diniego (20) di emissione di mandato di cattura anche nei confronti del VALE e dell'ADINOLFI.
25/01/82 Avverso le tre ordinanze insorgeva il PUBBLICO MINISTERO, i cui motivi di gravame in data 25 gennaio (21) costituiscono, al tempo stesso, una lunga, articolata e puntualissima analisi sullo stato dell'istruttoria sino ad allora compiuta. L'ufficio requirente concludeva per il ripristino della custodia cautelare nei confronti del PEDRETTI e del CALORE, e per la cattura degli imputati di cui alle ordinanze 12 e 16 gennaio. 1.4.6) Klaus Friedrich HUBEL
La notte fra il 18 ed il 19 gennaio erano stati fermati dalla Polizia, in Avezzano, due cittadini tedeschi: Franz Joachim BOJARSKY e Klaus Fiedrich HUBEL. Quest'ultimo, tenuto conto delle dichiarazioni rese dalle persone che
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(20) - Cfr. AR, V2, C13, p5. (21) - Trovansi, rilegati in volume, in AR, V4, C37, pp. 21- 22 e sottoaffogliazioni seguenti. avevano ospitato i due stranieri, nonché della documentazione sequestratagli, era stato esaminato come 20/01/82teste nel presente procedimento il 20 gennaio (22).
Dopo aver risposto alle domande rivoltegli in ordine ai visti d'ingresso in Libano apposti sul suo passaporto, aveva poi rifiutato di fornire notizie in ordine all'attività svolta in quel paese. Ammonito dal Giudice Istruttore, aveva insistito nel non volere rispondere. Trattenuto in arresto 21/01/82provvisorio, era stato riesaminato (23) il giorno successivo.
Pur ammettendo di aver fatto parte del gruppo HOFFMANN e di essere stato in Libano, aveva dichiarato di non voler rispondere ad alcuna domanda che riguardasse le località libanesi in cui aveva soggiornato, la sua attività in Libano, le organizzazioni dell'O.L.P. e della Falange, le attività del gruppo HOFFMANN, gli eventuali contatti dell'HOFFMANN stesso con cittadini italiani e l'identità della persona che egli aveva incaricato di procurargli il visto per il Libano presso l'ambasciata libanese di Roma.
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(22) - RA, V8, C343, pp. 35-36. (23) - RA, V8, C343, pp. 37-38.
Aveva altresì dichiarato di non voler fornire informazioni sulle persone che lo avevano accolto e che aveva frequentato in Libano: affermava peraltro di non aver visto nessun cittadino italiano, anche se non era in grado di escludere che, nello stesso periodo in cui vi aveva soggiornato, fossero presenti in Libano cittadini italiani.
Scattava per l'HUBEL il mandato di arresto (24) e, a 25/01/82distanza di quattro giorni, il mandato di cattura per testimonianza reticente (25).
L'8/2/1982 l'HUBEL verrà interrogato (26) in ordine al delitto contestatogli e si avvarrà della facoltà di non rispondere.
Il 19 febbraio verrà poi scarcerato per avvenuto decorso dei termini di custodia cautelare (27).
1.4.7) Ulteriori sviluppi della `pista CIOLINI'
Nel frattempo proseguivano i colloqui tra Elio CIOLINI ed il Capitano PANDOLFI.
Gli sviluppi della pista sono così sintetizzati nella parte
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(24) - OC, V2, C54, p1. (25) - OC, V2, C54, p2. (26) - IA, V9/a-2, C37, p6. (27) - OC, V2, C54, p6.
dell'ordinanza di rinvio a giudizio che di seguito si trascrive (28):
05/02/82 "I Carabinieri di Bologna, in data 5/2/82," (29)
"...trasmettevano al G.I. un ulteriore rapporto nel quale si informava il Magistrato che in data 20/1/82 il Capitano PANDOLFI aveva avuto un altro colloquio con il detenuto Elio CIOLINI. Nel corso di tale colloquio CIOLINI consegnava un foglio dattiloscritto denominato `complemento informativo relativo all'O.T.: relazione Bologna'. A chiarimento dello scritto CIOLINI dichiarava che nel luglio 1980 era venuto a Roma proveniente dalla Bolivia ed inviato da Stefano DELLE CHIAIE il cittadino tedesco Joachim FIEBELKORN, incaricato dell'esecuzione dell'azione terroristica di Bologna; che FIEBELKORN, a Roma, si era appoggiato alla Odalprima ed al suo responsabile `Carmelo'; a Roma, nel frattempo, erano sopraggiunti il BONOMI e Maurizio GIORGI per pianificare l'attentato. Che successivamente erano giunti, sempre a Roma, altri due stranieri: Karl Heinz HOFFMANN, tedesco, e Olivier DANET, francese, con il compito di `istruire' il
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(28) - Cfr. SO, da p198 rigo 16, a p203 rigo 15. (29) - RB, V1, C6 bis, pp. 19-41. FIEBELKORN, elemento `non affidabile' dal punto di vista intellettivo. In ordine allo spostamento a Bologna, CIOLINI dichiarava di non sapere se i tre stranieri avessero raggiunto tale città, ma aggiungeva di conoscere i due indirizzi ai quali il FIEBELKORN avrebbe potuto `appoggiarsi'. In un primo momento CIOLINI si rifiutava di comunicare questi indirizzi, poi ne dava uno solo: S. Giovanni in Persiceto, via Carlo Marx - Fabbrica di chiusure lampo con 35 operai. In merito al secondo indirizzo, si riservava di comunicarlo il giorno seguente, `essendo esso contenuto in appunti conservati presso il suo avvocato di Ginevra: signor BARILLON'. Infatti il giorno 21/1/81 CIOLINI, tramite il Consolato italiano, faceva pervenire un altro scritto denominato `Complemento informativo fatti di Bologna'. In tale dattiloscritto era confermato il secondo indirizzo: Taverna - Ristorante `La Pegna' Bologna.
Dopo il colloquio con CIOLINI, i Carabinieri compivano delle indagini che permettevano di identificare gli stranieri indicati - tra l'altro personaggi molto noti alle cronache dei loro paesi. Risultava infine che a S. Giovanni in Persiceto esisteva una via Carlo Marx dove abitava tale Nicola DONZELLI, direttore commerciale di un maglificio sito in quel centro, spesso visto incontrarsi con cittadini tedeschi e `probabilmente' interessato ad una fabbrica di chiusure lampo in provincia di Ferrara. Le indagini...accertavano che effettivamente a Bologna esisteva un circolo di fuorusciti cileni denominato `La Pegna' frequentato da certo Juan Ciro AVILES SEGOVIA, le cui caratteristiche corrispondevano -a detta degli inquirenti- con il personaggio cileno descritto da CIOLINInell'allegato 2 al rapporto in esame.
Altri accertamenti condotti dall'UCIGOS permettevano di accertare che effettivamente GIORGI Maurizio viveva a Buenos Aires in Argentina e che, con buone probabilità, il BONOMI si identificava in Pier Luigi PAGLIAI" (30)...
"L'UCIGOS, infine, escludeva che nel maggio 1980, e precisamente dal 18 al 23, allo Sheraton di Buenos Aires, con CIOLINI vi fossero stati Licio GELLI, Andrea VON BERGER
e FedericoFEDERICI"(31) "...Insieme aCIOLINI,invece, si
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(30) - Cfr. RB, V1, C7 bis. (31) - Cfr. cartella citata alla nota che precede.
trovava tale `Gerard BURRI', un arabo (che poi si accerterà esser stato complice del CIOLINI nella truffa ai danni di una vedova svizzera, tale BOLL)"(32), "di nazionalità algerina. Quanto al DANET menzionato dal CIOLINI nei suoi colloqui `informali' con il Capitano PANDOLFI, i CC. di Torino riferivano che si trattava di un trafficante di armi legato alla destra francese del quale i giornali francesi avevano parlato con amplissimo risalto, nell'ottobre del 1981" (33) "...Si accertava, peraltro, che DANET, il giorno 1^ agosto1980 ...era a Libreville, dove lavoravaalle dipendenze della compagnia Air Gabon Congo ...Altre indagini venivanosvolte"(34) "su GRANITI e su K.H. HOFFMANN ...Si procedeva poi, in corso di istruzione, ad una rogatoria internazionale per ottenere la perquisizione dei locali dove, a Montecarlo, a detta del CIOLINI, poteva trovarsi documentazione afferente la `Loggia riservata' (35), che peraltro, dava esito negativo. I locali in questione ** * * * (32) - Il nome del BURRI risulta annotato subito dopo quello del CIOLINI nella pagina del registro dello Sheraton allegata al rapporto UCIGOS 3/2/82: cfr. p20 della cartella citata alla nota (30). Le ulteriori notizie sul BURRI sono desunte da RIB, V1, C3, p43. Il nome della vittima era Renata BALL (e non BOLL). (33) - Cfr. RB, V1, C12. (34) - Cfr. RB, V1, C13 e C15. (35) - Cfr. RB, V2, C16 e RIB, V2, C10.
risultavano essere sede del'agenzia `LOCADI', ed all'interno di questi, si svolgeva attività di intermediazione immobiliare. Altra rogatoria"(36)"era effettuata per controllare le affermazioni del CIOLINI in merito all'operazione finanziaria concernente l'acquisto di azioni E.N.I. da parte di gruppi privati ed al bonifico di 575 milioni di lire a favore di un gruppo politico. Il Giudice rogato trasmetteva la richiesta all'autorità di Polizia di Losanna che svolgeva indagini presso la Banque Bruxelles Lambert. Le indagini, nonostante ulteriori precisazioni fornite, a seguito della prima richiesta, da parte del GiudiceIstruttoreitaliano, davano esito totalmente negativo...
Dopo queste prime indagini...il Giudice Istruttore chiedeva all'Autorità della Confederazione Elvetica di poter ottenere la disponibilità di CIOLINI per il tempo necessario al suo esame in qualità di teste." (37)
1.4.8) Federico FEDERICI
22/02/82 Il 22 febbraio il Giudice Istruttore esaminava l'Avv.
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(36) - Cfr. RB, V1, C17 e RIB, V2, C9. (37) - Cfr. RIB, V1, C1.
Federico FEDERICI nella veste di testimone (38): e lo arrestava provvisoriamente per reticenza. L'arresto veniva 23/02/82 confermato il giorno successivo, a seguito di un'ulteriore escussione (39).
12/03/82 Il 12 marzo scattava a carico del FEDERICI il mandato di cattura per testimonianza falsa e reticente (40).
13/03/82 Il giorno dopo egli veniva interrogato (41).
Il 19 marzo sarà posto in libertà provvisoria, con imposizione di obblighi; avendo egli proposto appello avverso tale decisione, il 3 maggio la Sezione Istruttoria dichiarerà che la scarcerazione doveva intendersi avvenuta per mancanza d'indizi e revocherà gli obblighi imposti dal Giudice Istruttore (42). Il 16 giugno, il FEDERICI, interrogato a piede libero, renderà dichiarazioni fondamentalmente incentrate sulla `Loggia Riservata di Montecarlo' (43). Il 16/2/1984, infine, sarà prosciolto con ampia formula dal delitto di falsa testimonianza (44).
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(38) - Cfr. IB, C1/b, pp. 1-4. (39) - Cfr. IB, C1/b, pp. 6-14. (40) - OC, V2, C55, p3. (41) - IB, V1, C1/a, pp. 1-21. (42) - OC, V2, C55, pp. 6-10. (43) - IB, C1/b, pp. 24-30. (44) - OC, V2, C55, pp. 40-42.
1.4.9) Le dichiarazioni di Elio CIOLINI
16/03/82 Il 16 marzo veniva esaminato (45) come teste Elio CIOLINI, frattanto provvisoriamente estradato dalla Svizzera a tale scopo.
Il contenuto delle sue dichiarazioni è così sintetizzato nel provvedimento conclusivo dell'istruttoria (46):
"...dopo avere dato conto delle vicende che l'avevano portato a conoscere, tramite l'avvocato di Firenze, Licio GELLI, Andrea VON BERGER, Giorgio BALESTRIERI ed Umberto ORTOLANI, iniziava a riferire della `Loggia Riservata' di Montecarlo e dei locali (ne redigeva una piantina) ove questa aveva sede. In particolare, dichiarava il teste che la Loggia era un potentato economico dominato dalle personalità di ANDREOTTI, AGNELLI, CALVI, MONTI, ORTOLANI, GELLI e dal capo del Gruppo Editoriale Rizzoli e vari altri distinti Fratelli Fondatori, Esecutivi e Attivi, e che una fotocopia dell'elenco degli aderenti era da lui stata rubata, nei locali della `LOCADI', approfittando della temporanea assenza degli impiegati.
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(45) - EB, V1, C2, pp. 2-31. (46) - SO, da p203 rigo 17, a p208 rigo 11.
Aggiungeva" (47) "... che nel luglio 1980 la 'Trilaterale' aveva deciso di `effettuare un'operazione finanziaria consistente nel trasferimento di proprietà del pacchetto di azioni sufficiente per potere avere il controllo di una società del gruppo chimico controllato dall'E.N.I.' Che tale operazione, effettuata attraverso l'intervento di due società, la `Brasil Invest' e la `Soditic', si era avvalsa della `Banque Lambert Bruxelles' di Losanna. In particolare, afferma il teste: `...il bonifico fu di 50 miliardi e 425 milioni di lire e non di cinque miliardi e 425 milioni. Il bonifico alla Banca Lambert & Bruxelles di Losanna venne attuato in quote e così il giorno 6 marzo 1980 fu versata la prima quota di 10 miliardi, mentre il giorno 13 marzo fu effettuato il prelevamento di 575 milioni in favore del vice-segretario del P.S.I. Claudio MARTELLI al fine di comprare il favore di detto partito...Le cifre elevate, dianzi precisate, sono state da me rilevate in occasione della riunione della Loggia Montecarlo il giorno 11 aprile 1980. In detta riunione, infatti, cui parteciparono GELLI,
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(47) - Cfr. p6 della Cartella citata alla nota (45).
CALVI, MONTI, ORTOLANI, BATTELLI, FEDERICI ed io stesso, fu deciso infatti:
a) di portare avanti l'operazione E.N.I. in quanto sorretta dal finanziamento dianzi accennato;
b) di affidare all'organizzazione di DELLE CHIAIE un'azione diversiva, consistente in un fatto clamoroso, capace di distrarre l'opinione pubblica e gli organi di governo parlamentare che avrebbero potuto opporsi, o, comunque, creare difficoltà alla realizzazione dell'operazione E.N.I.
La decisione non fu collegiale, ma il frutto di una iniziativa di GELLI, di cui, in sostanza, gli altri partecipanti presero atto ed aderirono. In particolare GELLI disse testualmente che l'operazione sarebbe stata affidata a Stefano'.
Aggiungeva CIOLINI che il verbale della riunione era stato manoscritto da FEDERICI e che almeno una copia era rimasta in un armadio sito nella sede della Loggia riservata. Successivamente, presso l'Hotel Sheraton di Buenos Aires, vi era stato un incontro tra Licio GELLI e Stefano DELLE CHIAIE, al fine di dare concreta esecuzione a quanto deliberato l'11 aprile 1980 a Montecarlo. Che nei giorni dell'incontro, anch'egli, con FEDERICI, VON BERGER e `Gerard BURRI', si trovava allo Sheraton di Buenos Aires.
Che in quell'occasione DELLE CHIAIE gli aveva proposto di andare con lui in Bolivia per porsi alle dipendenze del `Settimo Dipartimento' delle Forze Armate boliviane, incaricato di esercitare il controllo sulla stampa.
Proseguiva CIOLINI, dicendo che, tra la fine dell'80 e gli inizi dell'81, si era effettivamente recato in Bolivia e si era messo a lavorare con DELLE CHIAIE per l'esercito boliviano.
A causa della familiarità con DELLE CHIAIE e dell'incarico da questi ricevuto di mettere in ordine il suo carteggio, era venuto a conoscenza, anche mediante i racconti che il latitante gli faceva, delle sue vicende; e che, per quanto si riferiva alla strage di Bologna, era potuto venire a conoscenza del ruolo svolto da `Mario BONOMI', (poi identificato dal teste, al quale era stata mostrata una foto segnaletica, in Pier Luigi PAGLIAI) e Maurizio GIORGI, i quali eranovenuti in Italia per prendere contatto con la `Promicon' e con la `Odal Prima' (contrassegnate, rispettivamente, negli appunti di DELLE CHIAIE, con i nomi A. BELLINI e `Carmelo').
Il compito di GIORGI e PAGLIAI era quello di preannunciare ai titolari delle società sopra indicate l'arrivo di FIEBELKORN, al quale doveva essere affidata l'esecuzione materiale dell'attentato.
Che DELLE CHIAIE, a sua volta, era venuto in Europa il 24 luglio 1980, e precisamente a Parigi; aggiungeva CIOLINI di non sapere, però, se dalla Francia DELLE CHIAIE fosse poi venuto in Italia.
Che sempre nel mese di luglio dell'80 erano poi convenuti a Roma il DANET, l'HOFFMANN e il FIEBELKORN, al quale DELLE CHIAIE aveva comunicato i recapiti de `La Pegna' a Bologna e di S. Giovanni in Persiceto, dove, in via Carlo Marx, viveva una donna, interessata alla fabbricazione di chiusure lampo, proprietaria di una `Fiat 500' dal colore sgargiante (48).
La deposizione del CIOLINI proseguiva (49) con dichiarazioni
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(48) - Cfr.cartella ult. cit., pp.11 e 13 (49) - Cfr. cartella ult. cit., pp. 14 e ss. concernenti traffici di armi, di droga e oscure operazioni finanziarie nelle quali, a dire del teste, risultavano compromessi notissimi uomini politici, finanzieri, Magistrati, oltre a Licio GELLI ed Umberto ORTOLANI." 1.4.10) Richieste del PUBBLICO MINISTERO e provvedimenti del Giudice Istruttore fra il 14 ed il 19/4/1982
14/04/82 Il 14 aprile la Procura della Repubblica chiedeva (50) al Giudice Istruttore di emettere mandato di cattura per il delitto di cui all'art. 270 bis C.P. e per banda armata nei confronti di Stefano DELLE CHIAIE, Carmine PALLADINO, Maurizio GIORGI, Alfredo GRANITI, Adriano TILGHER (51), Romano COLTELLACCI (52), Stefano CAPONETTI (53), Pierluigi PAGLIAI, Nicola BIAGIO DONZELLI e Ciro SEGOVIA, nonché comunicazione giudiziaria per il delitto di strage nei confronti del DELLE CHIAIE, di Carmine PALLADINO, del GIORGI, del GRANITI, del PAGLIAI, del DONZELLI, del SEGOVIA, del FIEBELKORN e del DANET. La richiesta si fondava sul contenuto delle dichiarazioni testimoniali di Elio CIOLINI,
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(50) - RI, C4, pp. 106-115. (51)- Cfr., per quanto riguarda costui, gli elementi indicati al punto 1, lettera m) ed al punto 3 ultimo capoverso della richiesta di cui alla nota (50). (52) - Cfr., per quanto riguarda costui, il punto 1, lettera m) della richiesta di cui alla nota (50). (53) - Cfr., per quanto riguarda, il punto 3 ultimo capoverso della richiesta di cui alla nota (50).
su un rapporto sul conto del FIEBELKORN in data 1/4/1982, redatto dalla Polizia tedesca (54), nonché sui rapporti dell'Arma di Bologna del 28/11 (55) e 11/12 e 21/12/81 (56), e dei Carabinieri di Torino del 9/3/1982 (57). 15/04/82Il giorno successivo, il Giudice Istruttore emetteva mandato di cattura nei confronti del DELLE CHIAIE, di Carmine PALLADINO, del GIORGI, del PAGLIAI, del DONZELLI e del SEGOVIA, per i delitti di cui all'art. 270 bis C.P. e di banda armata (58). Tale mandato rimarrà ineseguito per il DELLE CHIAIE ed il PAGLIAI, latitanti in Sudamerica.
16/04/82 Nel giro di 24 ore, peraltro, il DONZELLI veniva scarcerato per sopravvenuta mancanza di indizi (59).
19/04/82 Tre giorni più tardi,l'Istruttore ordinava la cattura di Leda PAGLIUCA (60) per il delitto di cui all'art.270 bis C.P. e per banda armata; ed il giorno 20, per gli stessi
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(54) - Cfr. RB, V7, C125/2. (55) - Cfr. supra, sub 1.4.1). (56) - Cfr. supra, sub 1.4.4). (57) - Cfr. supra, sub 1.4.7). (58) - Cfr. OC, V3, rispettivamente C61, pp. 1-2; C62, pp. 1-2; C63, pp. 1-2; C69, pp. 1-2; C60, pp2-3 e C56, pp. 1-2. (59) - Cfr. OC, V3, C60, pp. 12: vi sono indicati gli elementi sopravvenuti che imposero la scarcerazione. (60) - Cfr. OC, V3, C64, pp. 1-2. Nella PAGLIUCA era stata identificata dai Carabinieri (cfr. rapporti giudiziari del dicembre '81, in RB, V1, C5) la maestra elementare romana, amante ed ospite del DELLE CHIAIE, menzionata dal CIOLINI. La richiesta di cattura da parte del P.M., con l'indicazione degli elementi a carico, trovasi in RI, C4, pp. 117-135.
delitti, la cattura di Adriano TILGHER (61).
1.4.11) L'ordinanza della Sezione Istruttoria pronunciata in sede di gravame avverso le ordinanze del Giudice 5, 12 e 16/1/1982
22/04/82 Il 22 aprile la Sezione Istruttoria della Corte d'Appello di Bologna si pronunciava (62) sul gravame proposto dal PUBBLICO MINISTERO avverso le ordinanze del gennaio.
Revocava il provvedimento in data 5 gennaio, ordinando il
ripristino della custodia cautelare del PEDRETTI e del CALORE; in parziale riforma dell'ordinanza 12 gennaio, disponeva emettersi mandato di cattura a carico del FEMIA, del FIORAVANTI e della MAMBRO (63); e confermava nel resto detta ordinanza, nonché quella in data 16 gennaio(64).
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(61) - Cfr. OC, V3, C65, pp. 1-2: quanto agli indizi, si faceva riferimento ad una dettagliata deposizione testimoniale (CIOLINI), suffragata da accertamenti successivi e dalla militanza dell'imputato nell'area della destra eversiva, nonché al collegamento con gli altri imputati accertato dalle indagini di P.G. e dalle intercettazioni telefoniche. (62) - AR, V4, C37, p24 e sottoaffogliazioni seguenti. (63) -Per questi due ultimi imputati, la decisione si fondava sulle dichiarazioni di Massimo SPARTI, sui "trascorsi dinamitardi del FIORAVANTI", sul ruolo da lui avuto nel tentativo di far evadere Pier Luigi CONCUTELLI -tentativo per il quale si affermava esser stata predisposta la base di Taranto (precisamente, Gandoli di Leporano)- e sulle risultanze della perizia esplosivistica comparativa, valutate alla stregua del fatto che -così si riteneva- la base era stata abbandonata dopo l'episodio del rinvenimento dell'esplosivo sul treno Taranto-Milano. (64) -Per gli altri imputati interessati dal gravame, si affermava che, pur essendo la strage politica un reato `a condotta libera', tuttavia era necessario individuare, anche per i concorrenti morali, una condotta funzionalmente idonea a causare l'evento strage, e, quindi, "qualcosa che abbia facilitato, sia pure a livello di rafforzamento dell'idea criminosa, l'agente nel suo compito".
1.5) 23 aprile 1982 - 24 marzo 1983 Dall'ordinanza della Sezione Istruttoria al mandato di cattura della stessa Sezione Istruttoria nei confronti di CALORE, PEDRETTI, FIORAVANTI e MAMBRO
1.5.1) Sviluppi della `pista CIOLINI'
24/04/82 Il 24 aprile veniva interrogato (1) il SEGOVIA, che respingeva ogni addebito e riferiva della sua esperienza di rifugiato politicoin Italia.Cinque giorni più tardi veniva scarcerato per mancanza di sufficienti indizi (2). Il 19/8/83, infine, il SEGOVIA ed il DONZELLI saranno definitivamente prosciolti (3).
Erano state frattanto disposte delle intercettazioni telefoniche sull'utenza della ODAL PRIMA S.a.s. (4); e ne era emerso che vi erano stati frequenti contatti tra Carmine PALLADINO e persone residenti in Lombardia: si trattava di Emanuele PINTUS,Giovanni COLOMBO e Marco BALLAN. I contatti erano, tra l'altro, finalizzati a procurare un passaporto falso a certo Alessandro TROJA (il quale, nelle telefonate intercettate, si faceva chiamare PATANE'). Sulla base di tali emergenze e del contenuto delle dichiarazioni rese
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(1) - IB, C2, pp. 1-4. (2) - OC, V3, C56, p7. (3) - OC, V3, C56, pp. 26-32. (4) - PB, V1, C1; PB, V2; PB, V2 bis.
29/04/82dal PINTUS, il 29 aprile, in sede di esame testimoniale (5), il Giudice Istruttore, il giorno stesso, emetteva mandato di cattura nei confronti del PINTUS, per falso in atto pubblico e favoreggiamento personale (6).
30/04/82 Il giorno successivo veniva interrogato (7) Carmine PALLADINO, il quale, tra l'altro, riferiva che: conosceva Stefano DELLE CHIAIE ed Adriano TILGHER sin dal 1963, anno in cui aveva iniziato l'attività politica in seno ad Avanguardia Nazionale; personalmente si era "dissociato già completamente negli anni 74/75, con la cessazione del" suo "impegno politico,coevo alla frattura definitiva del movimento di `Avanguardia Nazionale'"; agli inizi dell''81 si era recato in Bolivia con prospettive di lavoro, passando per Losanna, ove, dietro preghiera telefonicamente rivoltagli dal DELLE CHIAIE, aveva ritirato un pacchetto che avrebbe dovuto contenere dei documenti da recapitare al DELLE CHIAIE stesso; soltanto all'aeroporto di La Paz, dove il DELLE CHIAIE l'aveva ricevuto, aveva scoperto d'aver inconsapevolmente trasportato il denaro necessario allo
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(5) - IB, C4, pp. 2-6. (6) - OC, V3, C66, pp. 1-2. (7) - IB, C5, pp. 1-7.
amico (in tal senso costui lo informò) per acquistare 2600/3000 ettari di terreno nei pressi di Santa Cruz; una sera il DELLE CHIAIE l'aveva invitato a partecipare alla festa di carnevale che si svolgeva nei locali dell'Accademia Militare di La Paz; in Bolivia aveva altresì conosciuto Pier Luigi PAGLIAI e, "da un commento fatto con mezzi termini dal DELLE CHIAIE" aveva capito che quest'ultimo "aveva deplorato e deplorava un certo efferato comportamento che PAGLIAI aveva avuto, tempo prima, nei confronti di alcuni arrestati di nazionalità argentina che il PAGLIAI avrebbe torturato con efferatezza"; Maurizio GIORGI, nel luglio 1980, era venuto a Roma ed era stato in sua compagnia; la pistola rinvenuta a casa sua (8) apparteneva al GIORGI, che 4-5 giorni prima della perquisizione, ospite a cena, aveva lasciato un pacchettino nel mobile della sala da pranzo, dicendo che sarebbe tornato a prenderlo il giorno successivo e senza rivelarne il
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(8) - In occasione della cattura, il PALLADINO era stato altresì sottoposto a perquisizione domiciliare, nel corso della quale eran stati rinvenuti unapistola Beretta cal. 7,65 mod. 70 con matricola abrasa completa di caricatore contenente 6 pallottole e colpo in canna, un silenziatore perfettamente adattabile alla pistola stessa, nonché un sacchetto di plastica contenente 48 proiettili di uguale calibro (cfr. PQB, V1, C5, p5 e OC, V3, C62, p3).
contenuto al padrone di casa.
03/05/82 Il 3 maggio venivano interrogati il PINTUS (9) e la PAGLIUCA
MINETTI (10). Quest'ultima, in particolare, in tale occasione e nei successivi interrogatori del 7 maggio (11) e del 17 giugno (12), respingerà nella sostanza gli addebiti, negando d'esser stata un referente politico in Italia per Stefano DELLE CHIAIE e per la sua organizzazione.
04/05/82 Il 4 maggio veniva interrogato Maurizio GIORGI (13): costui, nella sostanza, respingeva gli addebiti; e affermava d'esser venuto in Italia dall'Argentina il 7 o l'8 marzo del 1980, e di essere ripartito nei primi giorni del maggio dello stesso anno.
Lo stesso giorno dell'interrogatorio del GIORGI, il Giudice Istruttore emetteva mandato di cattura a carico di Marco BALLAN (14), di Giovanni COLOMBO (15) e di Carmine PALLADINO (16) per falso in atto pubblico e favoreggiamento personale, nonché nei confronti di Alessandro TROJA (17) per
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(9) - IB, C4, p8. (10) - IB, C3, pp. 1-6. (11) - IB, C3, pp. 8-11. (12) - IB, C3, pp. 12-16. (13) - IB, C6, pp. 1-4. (14) - OC, V3, C68, p1. (15) - OC, V3. C58, p1. (16) - OC, V3, C62, p6. (17) - OC, V3, C67, p1.
il primo dei due delitti.
Sempre lo stesso giorno veniva sentito come teste (18) Ettore MALCANGI, che, grazie alle intercettazioni telefoniche effettuate in quel periodo, era risultato essere in contatto con persone interessate dall'inchiesta: arrestato per reticenza, il MALCANGI sarà poi scarcerato il giorno 17 dello stesso mese (19).
11/05/82 L'11 maggio veniva interrogato Marco BALLAN (20), che respingeva ogni addebito, fornendo altresì spiegazioni in ordine a vari documenti sequestrati presso la sua abitazione.
13/05/82 Due giorni più tardi veniva interrogato (21) Adriano TILGHER, che si professava estraneo alle accuse mossegli.
21/05/82 Il 21 maggio Marco BALLAN veniva raggiunto da mandato di cattura (22) per i delitti di cui all'art. 270 bis C.P. e di banda armata.
1.5.2) Le dichiarazioni di Aldo Stefano TISEI
07/05/82 Il 7 maggio aveva frattanto deposto, davanti al Giudice
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(18) - OC, V3, C57, pp. 1-2. (19) - OC, V3, C57, p5. (20) - IB, C8, pp. 2-6. (21) - IB, C9, pp. 1-8. (22) - OC, V3, C68, pp. 4-5. La motivazione del mandato è la stessa del provvedimento a carico del TILGHER. Istruttore, Aldo STEFANO TISEI (23), il quale aveva, tra l'altro, dichiarato che, durante il periodo in cui egli aveva prestato servizio di leva, cioè dopo il 13/12/1977, erano avvenuti in Roma gli attentati dell'M.R.P., fra cui quello al Consiglio Superiore della Magistratura, a `Regina Coeli', al Campidoglio ed all'Autoparco dei Vigili Urbani. Aveva testualmente soggiunto: "gli autori degli attentati sono stati ALEANDRI Paolo, CALORE Sergio, IANNILLI Marcello, Bruno MARIANI, MACCHI Emanuele ed altri di cui ora non ricordo. L'esplosivo veniva tenuto a casa di IANNILLI Italo che allora veniva chiamato `l'agente Zeta'. Nella progettualità politica del Movimento Costruiamo l'Azione ci fu un vero e proprio braccio armato, che assunse di fatto la sigla `MRP'. Tutti gli attentati rivendicati con tale sigla erano il più delle volte concordati da SIGNORELLI Paolo, FACHINI Massimiliano, CALORE Sergio e ALEANDRI Paolo; mi spiego meglio: per quanto di mia conoscenza diretta a posteriori, le stesse persone sopra elencate mi dissero che era stata una iniziativa politica decisa da loro."
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(23) - EA, V10/a-5, C217 bis, pp. 4-7. Aveva altresì riferito di un "coagulo" tra MPON (Movimento Politico Ordine Nuovo) e MPAN (Movimento Politico Avanguardia Nazionale) e di una compartimentazione dell'organizzazione in settori operativi: Roma Sud, sotto la prevalente giurisdizione ordinovista, e Roma Nord, in cui prevaleva la componente avanguardista. Ed aveva aggiunto che, in prosieguo di tempo, "nell'ambito dei settori Roma Sud e Roma Nord, furono conglobati militanti come CAVALLINI Gilberto, IANNILLI Marcello (per Roma Sud), FIORAVANTI Valerio ed altre figure minori, per i quali referente politico era DI MITRI Giuseppe."
Il TISEI sarà poi esaminato (24) dal PUBBLICO MINISTERO il 20/12/1984 e, dopo aver dichiarato d'aver fatto parte delle strutture di Ordine Nuovo dal 1971 al 1979, riferirà, tra l'altro: di rapporti tra il SIGNORELLI ed ufficiali dell'esercito; di rapporti conviviali tra il SIGNORELLI ed il GELLI; di rapporti, gestiti anche dal SIGNORELLI, fra Ordine Nuovo ed ufficiali dei servizi; dello scambio di un mitra `M12' contro un mitra `MAB' fra lui stesso da una
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(24) - Nell'istruttoria del procedimento n. 2/87 R.G.C.A.: cfr. Cal., V5, C56, pp. 2-8.
parte, e l'ALEANDRI ed il RAHO dall'altra.
1.5.3) Ulteriori sviluppi della `pista CIOLINI'
01/06/82 All'inizio del mese di giugno, il Giudice Istruttore separava dal presente procedimento le posizioni del PINTUS, del PALLADINO, del COLOMBO e del BALLAN, quanto ai reati di falso e favoreggiamento, della cui cognizione investiva l'autorità giudiziaria milanese (25).
Il giorno stesso, l'Istruttore provvedeva ad emettere comunicazione giudiziaria nei confronti del MALCANGI (26), del COLOMBO (27), del CAPONETTI (28), del PINTUS (29), del COLTELLACCI (30) e di Roberto PALLADINO (31) per i delitti di cui all'art. 270 bis e di banda armata; nei confronti del SEGOVIA (32), del DELLE CHIAIE (33), del GIORGI (34), di Carmine PALLADINO (35) e di Pier Luigi PAGLIAI (36) per strage, nonchè del GRANITI (37) per tutti i tre delitti.
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(25) - Cfr. sentenza, in AA, V2, C6, pp. 3-4. (26) - OC, V3, C57, p9. (27) - OC, V3, C58, p6. (28) - OC, V3, C59, p1. (29) - OC, V3, C66, p5. (30) - OC, V3, C70, p1. (31) - OC, V4, C72, p1. (32) - OC, V3, C56, p13. L'accusa sarà poi archiviata con decreto in calce alla sentenza di proscioglimento di cui si è detto sub 1.5.1), testo e nota (3). (33) - OC, V3, C61, p3. (34) - OC, V3, C63, p5. (35) - OC, V3, C62, p8. (36) - OC, V3, C69, p3. (37) - OC, V4, C71, p1.
09/06/82 Otto giorni più tardi veniva emesso mandato di cattura a carico di Carmine PALLADINO (38) e Maurizio GIORGI (39) per la detenzione e la ricettazione dell'arma sequestrata nell'abitazione del primo.
12/06/82 Il giorno 12 il PALLADINO veniva interrogato (40): e, nel confermare, dettagliandole, talune delle precedenti dichiarazioni, ribadiva altresì la provenienza dal GIORGI della pistola. Va rilevato che v'è in atti una lettera (41), recante la data 3/6/1982, indirizzata dal PALLADINO al dott. GENTILE, con la quale il mittente, facendo riferimento al primo interrogatorio, si correggeva, affermando essergli sovvenuto che il GIORGI era a Roma ai primi di maggio del 1980, e ne era ripartito prima od intorno alla metà dello stesso mese.
25/06/82 Il giorno 25 veniva interrogato (42) il GIORGI, che contestava anche gli addebiti relativi all'arma sequestrata all'amico e dava conto dei suoi rapporti con vari coimputati e della sua esperienza sudamericana.
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(38) - OC, V3, C62, p10. (39) - OC, V3, C63, p7. (40) - IB, C5, pp. 13-17. (41) - IB, C5, p8. (42) - IB, C6, pp. 12-17.
1.5.4) Ancora della `pista CIOLINI'
Le iniziative processuali dell'Istruttore di cui si è dato conto sub 1.5.3) si fondavano, in parte, anche sulle attività d'indagine svolte dalla polizia giudiziaria a far tempo dal periodo in cui il CIOLINI fu detenuto in Italia a titolo di estradizione provvisoria per consentirne l'audizione come teste (cioè, fra il 2 ed il 18/3/1982), e nei mesi successivi. Occorre qui riferire brevemente -ove, per chiarezza, non se ne sia già fatto cenno- di tali attività, di ulteriori acquisizioni e di ulteriori apporti processuali del CIOLINI. Seguendo la traccia del provvedimento conclusivo dell'istruttoria (43), va ricordato quanto segue:
- i Carabinieri provvedevano -in ciò dando seguito ad iniziative già precedentemente avviate- ad identificare i personaggi cui il CIOLINI, nelle notizie in vario modo fornite, aveva fatto riferimento, e ricorrevano, all'uopo, anche a varie ricognizioni fotografiche (44);
- venivano altresì condotte indagini sul CIOLINI (45), dalle
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(43)- SO, da p208 rigo 12, a p 212 rigo 14. (44) - Cfr. RB, V2, C18. (45) - Cfr. RB, V2, C26, ed, in particolare, il rapporto C.E.S.I.S. 29/10/1982 (pp. 15-20 della cartella). quali emergeva che costui aveva precedenti per assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, falsa attestazione di identità, usurpazione di titolo, violazione degli obblighi di assistenza familiare, falso in cambiali e bancarotta semplice; ed emergeva altresì che, all'epoca del sequestro DOZIER, mentre era ristretto a Ginevra, aveva fornito informazioni, rivelatesi infondate, sull'organizzazione delle `Brigate Rosse';
- a proposito delle notizie fornite dal CIOLINI in merito alla scomparsa in Libano dei giornalisti Italo TONI e Graziella DE PALO (46), su cui indagava il Procuratore della Repubblica di Roma (47), l'Istruttore trasmetteva atti e documenti al Magistrato competente, il quale, peraltro, rilevava che la lettera ad apparente firma di Gianni DE MICHELIS -inviata dal CIOLINI al Giudice Istruttore di Bologna il 20/8/1982- era apocrifa (48);
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(46) - Il CIOLINI -secondo quanto si è già accennato- aveva fatto rivelazioni anche in ordine a tale vicenda. Era lo stesso CIOLINI -cfr. RB, V3, C31, p5- la fonte dell'"Informativa relativa al caso G. DI PALO-I. TONI" in RB, V3, C31, pp. 2-3. (47) - Nella persona del Sostituto Procuratore dott. Giancarlo ARMATI, autore della requisitoria in AA, V20, C94. (48) -Cfr. RB, V3, C31, pp. 6-7 e 11-13. Circa la provenienza dal CIOLINI, cfr. EB, V1, C2, p128. Quanto al contenuto della missiva, esso si ricava dal saggio grafico in RB, V3, C31, pp. 12-13. -l'8 giugno il CIOLINI aveva ottenuto la libertà dall'autorità giudiziaria svizzera, dietro pagamento di una cauzione di 80.000 franchi (49); aveva poi consegnato
al Giudice Istruttore, il 23 giugno, un primo plico (50), contenente, oltre ad una copia fotostatica del verbale (dattiloscritto) della riunione della Loggia Riservata di Montecarlo dell'11/4/1980 (51), anche le copie fotostatiche di sei 'documenti bancari' ("ordini di bonificazione") che dovevano servire a comprovare i finanziamenti per l'acquisto delle azioni E.N.I. ed il loro passaggio in mano privata; l'Istruttore investiva le autorità elvetiche degli accertamenti volti a conoscere se le operazioni descritte nei 'documenti bancari' avessero effettivamente avuto luogo: e ne riceveva risposta negativa; il 5 luglio perveniva all'Istruttore da parte del CIOLINI (52), a mezzo posta, un altro plico (53),
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(49) - Cfr. le dichiarazioni del Console Generale d'Italia a Ginevra dott. Ferdinando MOR, rispettivamente in data 13/4/83 al G.I. del presente procedimento ed il 31/3/83 al G.I. di Firenze (in EB, V2, C39). (50) - Cfr. RB, V3, C32. (51) - Cfr. supra, sub 1.4.4). (52) - Circa la provenienza dal CIOLINI del plico, che non reca l'indicazione del mittente, cfr. EB, V1, C2, p127. (53) - Cfr. RB, V3, C33.
contenente copia fotostatica del verbale (54) -questa volta manoscritto- della riunione 11/4/1980 della Loggia Riservata di Montecarlo, recante in calce una firma illeggibile;
- un rapporto UCIGOS in data 31 luglio (55) informava, poi, che non era stata trovata traccia dell'esistenza della `Brasil Invest', società di cui aveva riferito il CIOLINI nel corso della deposizione (56);
-il CIOLINI, nella stessa deposizione, aveva anche indicato, quale appartenente alla Loggia di Montecarlo, fra gli altri, tale Ezio GIUNCHIGLIA; e nella successiva testimonianza, resa il 16 luglio (57), aveva pure riferito della presenza del GIUNCHIGLIA in Montecarlo -quantunque non alla riunione della Loggia- l'11/4/1980: orbene, veniva accertato che il suddetto, in tale data, non era
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(54) - Va rilevato che, nel corpo del verbale, si legge, tra l'altro, testualmente: "...Il GELLI informa, inoltre, che ha dato incarico al DELLE CHIAIE Stefano di intraprendere un'azione di diversione nel territorio italiano, per distogliere l'opinione politica e pubblica in merito..." (55) - Cfr. RB, V3, C40, pp. 1 e ss. (56) - Cfr. supra. sub 1.4.9). (57) - Cfr. EB, V1, C2, pp. 38-42. Il CIOLINI, in tale data, libero da oltre un mese, si era presentato spontaneamente al G.I. e, dichiarando di aver colto l'occasione di un passaggio dall'Italia per continuare l'opera di collaborazione, aveva reso precisazioni e fornito notizie ulteriori rispetto a quelle già riferite nel marzo.
assente dal lavoro e non poteva, pertanto, essere presente a Montecarlo (58);
-le indagini si sviluppavano, parallelamente, anche nei confronti dell'ambiente della società `Odal Prima', con specificoriferimento alla natura dei collegamenti delle persone in esso gravitanti; e, in proposito, il rapporto dei Carabinieri di Bologna 29/9/1982 (59), definito dall'Istruttore come la "summa di tutti gli accertamenti seguiti alle dichiarazioni del CIOLINI", dava conto delle iniziative adottate su tale versante, anche mediante pedinamenti ed intercettazioni telefoniche; in particolare, il Capitano PANDOLFI, estensore anche di tale rapporto, riferiva (60) che tra i fratelli Carmine e Roberto PALLADINO, Maurizio GIORGI, Leda PAGLIUCA, Marco BALLAN, Emanuele PINTUS, Adriano TILGHER, Giovanni COLOMBO, Stefano CAPONETTI, Andrea TRALDI, Alessandro TROJA e Cesare PERRI, tutti elementi di provata appartenenza all'estremismo di destra, vi erano contatti e frequentazioni a contenuto, "quasi certamente", di
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(58) - Cfr. RB, V3, C48, pp. 13-17. (59) - RB, V4, C54, pp. 1 e ss. (60) - Cfr. pp. 59 e ss. del rapporto ultimo citato. natura eversiva;
- venivano inoltre effettuate perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici delle persone sopra indicate;in particolare, quelle eseguite presso il BALLAN (61), il TILGHER (62),il GIORGI (63) e la PAGLIUCA (64) portavano al sequestro di materiale documentale e di carteggi atti a dimostrare i legami di costoro con Stefano DELLE CHIAIE e l'ambiente di Avanguardia Nazionale.
1.5.5) Ezio GIUNCHIGLIA
21/07/82 Frattanto, il 21 luglio, era stato esaminato (65) come testimone Ezio GIUNCHIGLIA, le cui dichiarazioni in ordine all'organizzazione, all'attività ed agli aderenti alla 'Loggia di Montecarlo' (che il teste descriveva come un "salotto massonico", privo di sede, cui aderivano personaggidi secondo piano) erano reputate reticenti dall'Istruttore. Il GIUNCHIGLIA veniva arrestato ed, il successivo giorno 30, colpito da mandato di cattura (66) per testimonianza reticente. Sarà poi scarcerato, per tale * * ** * (61) - Cfr. PQB, C22. (62) - Cfr. PQB, C17 e C35. (63) - Cfr. PQB, C11. (64) - Cfr. PQB, C10. (65) -IB, C10, pp. 1-4. (66) -OC, V4, C74, p3.
reato, il 29 settembre (67), a seguito di una tortuosa vicenda processuale (68).
1.5.6) Le dichiarazioni di Rudy MIORANDI
14/08/82 Il 14 agosto veniva esaminato Rudy MIORANDI (69), che aveva spontanemente chiesto di conferire con il Giudice Istruttore. Il MIORANDI era all'epoca detenuto, nel carcere di Ferrara, nella medesima cella che ospitava anche Maurizio GIORGI, Stefano NICOLETTI (70) e Marco AFFATIGATO. Riferiva d'aver ricevuto delle confidenze dal GIORGI, il quale gli aveva rivelato: d'esser coinvolto nella strage di Bologna, così come altri personaggi "più in basso e più in alto di lui", fra i quali, però, "l'organizzatore principale" -che il GIORGI chiamava il "Capoccia"- era in Sudamerica; d'esser venuto dall'Argentina a Roma, verso l'estate 1980, in compagnia di una persona di nazionalità argentina o colà residente, per prender contatti con Carmine PALLADINO, in vista della preparazione dell'attentato; d'esser riuscito, in merito a tale viaggio "a far fessi i giudici", cui aveva
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(67) -OC, V4, C74, p9. (68) -Cfr. FR, C1. (69) - Cfr. EB, V1, C17, pp. 1-3. (70) - Cfr. EB, V1, C17, p13. Si tratta della stessa persona di cui si è detto sub 1.1.8) ed 1.2.2). riferito di un viaggio assolutamente innocente di epoca non sospetta. Soggiungeva che il GIORGI non gli aveva fornito particolari circa l'esecuzione della strage, ma aveva insistito sulla persona del "Grigio" come esperto e detentore di armi ed esplosivi e come persona molto importante nell'organizzazione; e che il 2 agosto precedente (cioè il 2 agosto 1982) il GIORGI aveva voluto solennizzare l'anniversario della strage, organizzando una cena, nel corso della quale, mentre il cronista del telegiornale ricordava l'eccidio, aveva levato il bicchiere, esclamando: "alla faccia dei giudici, specialmente di GENTILE".
1.5.7)I mandati di cattura del settembre 1982 ed i conseguenti adempimenti
09/09/82 Alla stregua del conforto che alle precedenti acquisizioni veniva dalla testimonianza MIORANDI, il 9 settembre il PUBBLICO MINISTERO richiedeva (71) l'emissione di mandato di cattura per strage nei confronti di Stefano DELLE CHIAIE, Maurizio GIORGI, Pier Luigi PAGLIAI, Olivier DANET e Joachim FIEBELKORN, nonché, quanto agli ultimi due, anche per il delitto di cui all'art. 270 bis C.P.
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(71) - RI, C4, pp. 217-219.
Il giorno stesso il Giudice Istruttore provvedeva, in conformità (72), contestando peraltro al FIEBELKORN ed al DANET anche il delitto di banda armata.
Il mandato trovava esecuzione nei confronti del solo GIORGI, 17/09/82già detenuto, che, interrogato (73) otto giorni più tardi, si avvaleva della facoltà di non rispondere. Nel pomeriggio dello stesso giorno, veniva sottoposto a confronto con il MIORANDI (74) -nel frattempo posto in libertà- che ribadiva, alla sua presenza, le dichiarazioni accusatorie precedentemente rese all'Istruttore; ed egli, pur non negando d'aver parlato al MIORANDI della propria vicenda processuale, escludeva però recisamente d'avergli fatto le confidenze autoaccusatorie di cui s'è detto. Il confronto aveva luogo in due tempi: nella seconda parte il MIORANDI riferiva d'essersi recato a colloquio con il GIORGI, il giorno precedente, su autorizzazione del Giudice GENTILE, e di essersi sentito dire, nell'occasione, dall'ex compagno di detenzione: "Ho l'impressione che ci vedremo a confronto al
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(72) - Cfr. OC, V3, C61, pp. 6-8, per il DELLE CHIAIE; OC, V3, C63, pp. 11-13 per il GIORGI; OC, V3, C69, pp. 6-8 per il PAGLIAI; OC, V4, C73, pp. 1-4 per il FIEBELKORN; OC, V4, C80, pp. 1-4 per il DANET. (73) - IB, C6, p23. (74) - IB, C6, pp. 24-28.
processo, se qualcuno non ti ammazza prima"; il GIORGI, per parte sua, negava d'aver fatto cenno all'eventualità che qualcuno sopprimesse il MIORANDI, e sosteneva d'aver rinfacciato a quest'ultimo, durante il colloquio, il ruolo di "provocatore".
Il GIORGI sarà nuovamente interrogato il 18/5/1983 (75); e dichiarerà, tra l'altro: "... ancora una volta ribadisco che nel giugno '80 non sono venuto in Italia; col mio nome ha viaggiato Stefano DELLE CHIAIE per recarsi in Francia per motivi che non conosco. I fatti si sono svolti nel modo seguente: DELLE CHIAIE mi disse che presso l'Agenzia Air France di Buenos Aires doveva essere pervenuto un biglietto a me intestato per Parigi, partenza da Buenos Aires. Come dopo seppi dallo stesso DELLE CHIAIE, il biglietto era stato acquistato dal CIOLINI in favore di DELLE CHIAIE e naturalmente intestato ad un nominativo `pulito' di copertura. Io mi recai all'agenzia dell'Air France dove esibii il mio passaporto e ritirai il biglietto. L'idea di dare a CIOLINI il mio nome fu di DELLE CHIAIE e suppongo che
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(75) - IB, C6, pp. 37-47.
l'abbia fatto perché gli ero amico e a mio carico non vi era alcun provvedimento di carattere penale. Credo che CIOLINI abbia pagato al DELLE CHIAIE il biglietto perché gli aveva proposto affari da svolgere in Europa, affari che necessitavano della presenza del DELLE CHIAIE. Il biglietto arrivò all'agenzia di Buenos Aires da Rio de Janeiro, ove evidentemente il CIOLINI si trovava, se lo acquistò colà. Il DELLE CHIAIE poi ha utilizzato uno dei passaporti in bianco di cui dispone scrivendoci le mie generalità. Era necessario che il nominativo dell'intestatario del biglietto corrispondesse a persona realmente esistente, perché altrimenti sarebbe stato impossibile ritirarlo presso l'agenzia dell'Air France..." Nel corso dell'interrogatorio, il difensore produceva copia di alcune pagine di un passaporto argentino intestato a "Mauricio GIORGI" e recante la fotografia di Stefano DELLE CHIAIE.
Il GIORGI dichiarava di respingere comunque gli addebiti, eccezion fatta per l'episodio della pistola sequestrata al PALLADINO a proposito del quale affermava: "...per rispetto alla memoria, rinuncio a ogni e qualsiasi difesa..."
L'imputato sarà poi di nuovo interrogato il 30/9/1982 (76), il 16/2/1984 (77) ed il 25/10/1984 (78): nella seconda di tali occasioni si avvarrà della facoltà di non rispondere; nelle altre, ribadendo sostanzialmente le dichiarazioni già rese nella parte sopra riportata, insisterà altresì, per il resto, nella contestazione degli addebiti.
Per quanto riguarda il FIEBELKORN, va rilevato che contro costui aveva avviato procedimento penale per l'eccidio di Bologna anche la Procura di Stato di Francoforte sul Meno e che il FIEBELKORN, interrogato in istato di fermo, aveva affermato di essersi trovato non in Europa, ma in Bolivia, il 2/8/1980 (79). Successivamente, l'autorità giudiziaria tedesca aveva respinto (80) l'istanza di emissione di mandato di cattura nei confronti del FIEBELKORN, ma la Procura aveva mantenuto in vita l'azione penale (81).
Il 6 ed il 7 agosto 1985, in Francoforte, in sede di commissione rogatoria (82), alla presenza e con l'intervento
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(76) - Cfr. IB, C6, pp. 53-62. (77) -Cfr. IB, C6, p65. (78) -Cfr. IB, C6, pp. 80-87. (79) - Cfr. RB, V7, C125/3, pp. 183-185 (atto del 13/9/82). (80) - Cfr. RB, V7, C125/3, pp. 382-383 (atto del 16/9/82). (81)- Come si rileva dalle attività che il Procuratore di Francoforte ancora svolgeva nel maggio del 1985: cfr. RB, V7, C125/1, pp. 129-131. (82) - Cfr. RIB, V1, C7.
del Giudice Istruttore del presente procedimento, il
FIEBELKORN veniva interrogato e, nel respingere ogni addebito in ordine a proprie responsabilità nella strage, tra l'altro dichiarava (83): "...Nel corso di un incontro nella casa in cui abitavo a Santa Cruz -direi che sia stato nel gennaio 1981- Alfredo" (cioè, Stefano DELLE CHIAIE) "mi rivolse la domanda se io con il mio gruppo avremmo potuto effettuare missioni anche in Europa. Questa domanda non era posta in maniera concreta. Alfredo non indicò dove né che tipo di missione intendesse. Io allora lasciai intendere che secondo me il gruppo poteva effettuare missioni anche al di fuori della Bolivia. Il tutto però era più o meno una conversazione di carattere generale. Non si parlò di niente di concreto né si presero accordi. A questa domanda di DELLE CHIAIE, se io e il mio gruppo potevamo effettuare missioni fuori dalla Bolivia, io non attribuii allora, in Bolivia, alcun significato. Solo quando qui, nella Repubblica federale, sono stato confrontato con l'accusa sollevata contro di me in relazione all'attentato alla stazione di Bologna, e quando ho riflettuto se io potessi dire qualcosa
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(83) - RIB, V1, C7, pp. 119-120.
su DELLE CHIAIE, sono tornato con la mente a questa domanda. In questo colloquio DELLE CHIAIE disse anche di trovare non buona la mia lotta contro la droga in Bolivia, e di disapprovarla. Egli riteneva che attraverso le mie attività di lotta contro la droga certe persone che ricoprivano posizioni politiche di responsabilità potessero trovarsi in pericolo a causa della loro partecipazione al commercio di cocaina..."
Per quanto riguarda, infine, la posizione del DANET, va rilevato semplicemente che, prima ancora dell'emissione del mandato di cattura a suo carico, il Giudice Istruttore, aveva richiestoall'autorità giudiziaria francese di procedere, in sede di commissione rogatoria internazionale, all'interrogatorio del suddetto, all'epoca detenuto nelle carceri di Fleury Merogis (84). Il `Tribunal de Grande Instance de Bobigny' aveva rifiutato di dar corso alla rogatoria,per le ragioni esposte nella nota (85) 27/7/1982. Il Giudice Istruttore rinuncerà poi alla riproposizione della rogatoria (86), e provvederà a revocare
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(84) - RIB, V2, C8/c, pp. 4-6. (85) - RIB, V2, C8/c, pp. 9-10. (86) - RIB, V2, C8/c, p14.
il mandato di cattura, per le ragioni esposte nell'ordinanza 28/7/1983 (87).
1.5.8)La pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sui ricorsi proposti avverso l'ordinanza 22/4/1982 della Sezione Istruttoria
Avverso l'ordinanza della Sezione istruttoria di cui si è detto sub 1.4.11) avevano proposto ricorso gli imputati BONAZZI, FACHINI, SIGNORELLI, TUTI, FEMIA, MAMBRO, PEDRETTI, CALORE e FIORAVANTI.
13/12/82Con sentenza in data 13/12/1982 (88), la Corte di Cassazione dichiarava inammissibili i ricorsi dei primi quattro (per esser stato impugnato un provvedimento favorevole, e nella sola parte motiva) nonché del PEDRETTI e del FIORAVANTI (per omessa presentazione dei motivi); rigettava i ricorsi del CALORE e della MAMBRO ( "le serrate argomentazioni critiche dei ricorrenti risolvendosi in censure di fatto", come tali improponibili in Cassazione); ed annullava, con rinvio alla Sezione Istruttoria, per nuovo esame, quella parte dell'ordinanza impugnata che disponeva la cattura del FEMIA (non rilevandosi, dalla motivazione del provvedimento
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(87) - OC, V4, C80, pp. 49-50. (88) - AR, V2, C13, pp. 2-11.
censurato, il collegamento fra gli indizi ritenuti sussistenti a carico del FEMIA e la partecipazione dello stesso al fatto delittuoso contestatogli).
1.5.9) Le rivelazioni di Mauro ANSALDI
22/12/82 Il 22 dicembre, il Giudice Istruttore trasmetteva (89) al PUBBLICO MINISTERO, per eventuali richieste, copia dell'estratto di un interrogatorio (90) di Mauro ANSALDI, reso al Procuratore della Repubblica di Torino il 28/10/1982 e trasmesso al Giudice Istruttore del presente procedimento dal Giudice Istruttore di Roma il 7 dicembre (91). L'estratto suona testualmente come segue: "...Circa la strage di Bologna nulla so di preciso . Posso però dire che qualche giorno prima del fatto lo ZANI e la COGOLLI incontrarono a Bologna o in una città vicina una persona che se ben ricordo era il FACCHINI Massimiliano, il quale disse loro di andarsene via da Bologna o dai dintorni perché sarebbe successo qualcosa. Il FACCHINI è legato a FREDA, essendo tra l'altro stato il direttore delle Edizioni AR. di
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(89) - Cfr. RI, C4, p278. (90)- Trovasi in EA, V10/a-5, C230 bis, fascicolo contenente copie di esami testimoniali acquisiti ex art. 165 bis C.P.P., pp. 3-4. (91) - Cfr. fascicolo citato alla nota che precede, p2.
FREDA. Lo ZANI e la COGOLLI ebbero in tal modo ulteriore conferma dei loro sospetti che la strage di Bologna fosse stata compiuta da provocatori di Avanguardia Nazionale legati ai servizi segreti italiani. Tutto ciò me lo disse la COGOLLI. Lo ZANI in un'altra occasione mi disse che conosceva una persona, di cui non mi ha fatto il nome, che sapeva tutto sulla strage di Bologna. In generale, l'ADINOLFI mi disse che sicuramente la strage era opera del gruppo di DELLE CHIAIE, che tendeva a criminalizzare Terza Posizione nel momento in cui il movimento stava velocemente ampliandosi. Ricordo che l'ADINOLFI mi disse che proprio in quei giorni a Roma vi era della gente di Avanguardia Nazionale, mai coinvolta in inchieste, nemmeno in quella sulla strage, che girava nei quartieri per reclutare delle frange del movimento e riportarle sulle posizioni di Avanguardia Nazionale. E' mia impressione quindi, in base ai discorsi di ADINOLFI, che CIOLINI dica la verità anche se fa polverone. So ancora che SIGNORELLI era in rapporti con il SEMERARI, il quale si dice fosse della P2. ADINOLFI mi disse infatti che era certo che SEMERARI, SIGNORELLI e GELLI si erano incontrati in un ristorante di Roma. Ovviamente non so che cosa si siano detti."
Il PUBBLICO MINISTERO, per parte sua, rispondeva (92) di non poter -in base alle dichiarazioni dell'ANSALDI- che confermare la propria richiesta di emissione di mandato di cattura nei confronti del FACHINI, del RINANI, del SIGNORELLI, del TUTI e del BONAZZI.
1.5.10) Il mandato di cattura della Sezione Istruttoria
24/03/83 Il primo atto rilevante del 1983 è il mandato di cattura della Sezione Istruttoria della Corte d'Appello in data 24 marzo (93). La Sezione, preso atto che , per effetto della sentenza della Suprema Corte di cui si è detto sub 1.5.8), eradivenutadefinitiva e doveva essere posta in esecuzione l'ordinanza della stessa Sezione Istruttoria in data 22/4/1982, nella parte relativa al CALORE, al PEDRETTI, al FIORAVANTI ed alla MAMBRO, ordinava la cattura dei quattro imputati per i delitti loro rispettivamente ascritti, disponendo che rimanessero a disposizione del Giudice Istruttore.
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(92) - Cfr. l'affogliazione citata alla nota (89). (93) - AR, V2, C13, pp. 35-38.
1.5.11)Le ulteriori attività, acquisizioni e vicende di rilievo risalenti al periodo in esame
Prima di chiudere il capitolo, occorre ancora dar conto di quanto segue:
a) il 10 agosto,nel carcere di Novara, veniva strangolato Carmine PALLADINO. Dell' assassinio era autore confesso Pier Luigi CONCUTELLI (94), il quale, in un manoscritto rivolto all'autorità carceraria (95), aveva subito dichiarato di aver giustiziato il PALLADINO, in quanto su di lui ricadeva "buona parte di responsabilità nella vicenda della morte di Giorgio VALE" (96).
b) Il 5 novembre moriva Pier Luigi PAGLIAI (97), ricoverato in prognosi riservata presso l'Ospedale S. Camillo di Roma. Il PAGLIAI era giunto a Roma il 12 ottobre dalla Bolivia, a bordo di un aereo della Compagnia di bandiera, e da allora veniva piantonato presso il citato nosocomio
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(94) - Cfr. sentenza-ordinanza G.I. Novara 29/3/1985, in AA, V9, C54. Del delitto erano stati imputati anche Marcello IANNILLI, Emanuele MACCHI, Giorgio INVERNIZZI, Mario CORSI, Nico AZZI, Roberto NISTRI e Fabrizio ZANI, poi prosciolti in istruttoria. (95) - Trovasi in EB, V1, C15, pp. 3-4. (96) -Il VALE era deceduto alle 13,10 del 5 maggio, all'Ospedale San Giovanni di Roma, ove era stato ricoverato poche ore prima, dopo un conflitto a fuoco con agenti della DIGOS di Roma (cfr., sull'episodio, rapporto DIGOS Roma e allegati, in RB, V6, C96). (97) - Cfr. RB, V4, C53, p65.
della capitale, in istato di coma, con grave
insufficienza respiratoria, avendo riportato una ferita
da arma da fuoco in regione latero-cervicale sinistra.
Si legge in atti (98) che il 9 ottobre personale dell'UCIGOS e del SISDE era partito alla volta di La Paz, ove le autorità di polizia boliviane avrebbero dovuto consegnare il latitante PAGLIAI. Alle 9 del giorno successivo veniva raggiunta la capitale boliviana e, quattro ore più tardi, si apprendeva che il PAGLIAI, dopo un conflitto a fuoco con la polizia di quello Stato, nel corso del quale era rimasto ferito al collo, era stato tratto in arresto in Santa Cruz della Sierra. Soltanto dopo l'emanazione del decreto di espulsione del PAGLIAI dalla Bolivia, l'aereo, recante a bordo il ferito, due medici boliviani ed il personale italiano di polizia e del servizio sopra menzionato, era ripartito alla volta dell'Italia, per atterrare a Fiumicino alle 15,30 del giorno 12.
c)Il 22 novembre veniva depositata (99) la relazione della
* * * * *
(98) -Cfr. RB, V4, C53. (99) - Cfr. PA, V2, C2, p108.
perizia riepilogativo-comparativo-statistica affidata ai medici legali sin dal settembre del 1980 (100).
I periti concludevano come segue (101): "L'esame riepilogativo-comparativo-statistico dei dati generali riferentisi alle vittime dell'esplosione di cui è procedimento (vittime rappresentate da 85 persone) ha portato alle seguenti rilevazioni:
- delle 85 vittime, 44 erano maschi e 41 femmine;
- tutte le decadi di vita erano rappresentate, con maggiore frequenza dei soggetti tra i 21 ed i 40 anni;
- in ordine alla nazionalità, 74 erano italiani e 11 stranieri, senza apprezzabili differenze quantitative rispetto al sesso;
- nessuna utile indicazione si è potuta trarre relativamente allo stato civile e alla professione delle vittime.
L'esame delle descrizioni tanatologiche ha permesso di stabilire che le cause dei decessi, i mezzi ed i meccanismi letiferi furono direttamente conseguenti agli * * * * * (100) - Cfr. supra, sub 1.1.15), lettera d). (101) - PA, V2, C3/1, pp. 37-39.
effetti lesivi dell'esplosione, con le conseguenti precisazioni:
- in 75 casi la morte fu immediata, nei rimanenti 10 il decesso avvenne invece a distanza di tempo dalla esplosione;
- le lesioni da crollo delle strutture edilizie erano presenti in 67 casi (78,82%), le lesioni da alte temperature in 40 casi (44,7%), le lesioni da proiezione di schegge in 26 casi (29,4%) e le lesioni dovuteagli effetti propri dell'esplosione in 14 casi (16,4%).
- i dati statistici suddetti tengono conto del fatto che in singoli casi erano contemporaneamente presenti più tipi di lesioni;
- nei 10 casi di morte non immediata, la causa dei decessi fu rappresentata da politraumatismi e da ustioni, cui conseguirono arresto cardio-respiratorio, blocco renale, embolia polmonare o broncopolmonite. La sopravvivenza andò da 2 a 14 giorni con un minimo di pochi minuti ad un massimo di 3 mesi in singoli casi;
- in base al criterio traumatologico (presenza di ustioni, lesioni da schegge, lesioni da crollo) le vittime sono state suddivise in tre gruppi, corrispondenti alla loro presumibile distanza dal focolaio dell'esplosione;
- nei 67 casi di lesione da crollo ne rientra uno in cui la morte si verificò per asfissia da confinamento tra le macerie o per compressione toracica con ostacolo della meccanica ventilatoria (Sekiguchi Iwao)."
1.6) 25 marzo 1983 - 23 marzo 1984 Il periodo compreso fra il mandato di cattura della Sezione Istruttoria e l'emissione della comunicazione giudiziaria per strage nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO
1.6.1) L'interrogatorio di Alfredo GRANITI
05/05/83 Il 5 maggio veniva interrogato Alfredo GRANITI (1), indiziato come da comunicazione giudiziaria in data 1/6/1982. Costui, al quale venivano contestate le dichiarazioni di Elio CIOLINI concernenti la `Promicom' quale recapito del DELLE CHIAIE e della sua organizzazione, respingeva gli addebiti, ma non era in grado di spiegare come il CIOLINI avesse potuto fornire agli inquirenti il numero di telefono della società, e, dopo aver preso atto che, dalle indagini, era emersa la coincidenza di detto numero con l'utenza installata nella sua abitazione, ammetteva che la `Promicom' aveva il recapito telefonico appunto presso la sua abitazione. Escludeva d'aver conosciuto il CIOLINI, se non attraverso la stampa; così come escludeva ogni rapporto con la `Odal Prima' e con i fratelli PALLADINO, e con l'ambiente di Avanguardia Nazionale in genere. Peraltro, doveva ammettere di esser
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(1) - IB, C12, pp. 9-13.
stato coinvolto, assieme a CARMINATI e MAGNETTA, in un conflitto a fuoco alla frontiera (2): ma negava d'esser mai stato al corrente dell'appartenenza del MAGNETTA ad Avanguardia Nazionale.
1.6.2) Le dichiarazioni di Walter SORDI
07/05/83 Due giorni più tardi veniva sentito per la prima volta nel presente procedimento Walter SORDI, il quale, tra l'altro, dichiarava (3): "Io appartenevo all'area dei N.A.R. e dello spontaneismo armato, e la nostra esperienza politica e militare era totalmente estranea a quella dei gruppi che commettevano attentati di carattere indiscriminato a Roma. Tali gruppi erano, per quanto mi risulta, il M.R.P. e le Comunità Organiche di Popolo, le quali rappresentavano l'aspetto politico del M.R.P...Io sapevo che Valerio FIORAVANTI aveva rapporti personali e politici con personaggi del M.R.P., come ad esempio SIGNORELLI e CALORE,
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(2) - Cfr. RB, V4, C68, p9, ove si legge: "...il 21/4/1981, il nominatoGRANITI veniva tratto in arresto, da personale della DIGOS di Roma, e dell' UIGOS di Varese, al valico di frontiera di Gaggiolo (VA), unitamente a MAGNETTA Domenico...già aderente ad `Avanguardia Nazionale' e CARMINATI Massimo...ricercato per associazione sovversiva, partecipazione a banda armata ed altro...mentre si accingeva a raggiungere clandestinamente il confine..." (3) - EA, V10/a-5, C225 bis, pp. 9-15.
ma la cosa non mi interessava più di tanto...CAVALLINI mi rivelò che egli stesso era stato in contatto con il gruppo
di SIGNORELLI, CALORE e tutti gli altri che agivano con la sigla M.R.P., ma che si era dissociato da tale formazione, unitamente ad altri, dopo l'attentato al Consiglio Superiore della Magistratura, attentato che si era rivelato un tentativo di strage...alla mia domanda di ulteriori spiegazioni mi disse che l'ordine di fare una strage poteva pervenire solo da DE FELICE Fabio. Infatti egli era il vertice dell'M.R.P. da cui prendevano ordini CALORE, SIGNORELLI e tutti gli altri...inoltre mi disse che DE FELICE apparteneva alla P2..."
Il SORDI verrà poi esaminato varie altre volte in corso d'istruttoria; e il 15/12/1983, in particolare, dichiarerà tra l'altro (4): "...nel maggio-giugno 82...con CAVALLINI...venimmo a parlare di Valerio FIORAVANTI...Parlando sull'affidabilità di FIORAVANTI, anche se ora non ricordo le parole precise, CAVALLINI mi disse che il suo entusiasmo verso la figura di Valerio si era via via
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(4) - EA, V10/a-5, C225 bis, pp. 25-26.
attenuato perché si era reso conto che Valerio amava immischiarsi in ogni tipo di faccenda losca . Nel corso di tale conversazione, questo invece lo ricordo con precisione anche nel tipo di parole che furono pronunciate, CAVALLINI disse: `Per esempio che credi che il giorno della strage del 2 agosto Valerio fosse veramente a Treviso con me e la Flavia?'...Invero nella frase del CAVALLINI io colsi la necessaria implicazione di FIORAVANTI nella strage..."
1.6.3) Mauro ANSALDI e Paolo STROPPIANA
1.6.3.1) Mauro ANSALDI
09/05/83Due giorni dopo il SORDI veniva sentito per la prima volta nel presente procedimento Mauro ANSALDI (5), il quale dichiarava (6): "Nel corso della mia attività politica ho avuto modo di conoscere e di frequentare ZANI Fabrizio e COGOLLI Jeanne, fatto che ho ampiamente illustrato al magistrato bolognese che si occupa dell'inchiesta su QUEX. In effetti è vero che la donna succitata ebbe a dirmi di avere incontrato nei giorni immediatamente precedenti la strage del 2 agosto 1980, FACHINI Massimiliano il quale le
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(5) - Cfr, supra, sub 1.5.9). (6) - EA, V10/a-5, C230 bis, pp. 3-4.
disse di andar via il più presto possibile da Bologna perché di lì a qualche giorno sarebbe accaduto qualcosa di grosso. Tale dichiarazione la COGOLLI me la fece nel gennaio-febbraio 1982 quando la stessa era ospite a Torino a casa mia insieme con lo ZANI per la preparazione di un sequestro a scopo di rapina di un gioielliere. In realtà la COGOLLI non mi disse con precisione quanto tempo prima del 2 agosto 1980 incontrò il FACHINI; ma -ripeto- mi disse di averlo incontrato `quasi casualmente' a Bologna prima della strage del 2 agosto 1980. Io chiesi alla COGOLLI se era a conoscenza, allora della partecipazione del FACHINI alla strage ed ella mi rispose dicendomi che la cosa era possibile in quanto il FACHINI era rimasto legato al vecchio ambiente della destra -per intenderci quello di FREDA- e conseguentemente continuava ad essere portatore di ideologie `stragiste'. Comunque la COGOLLI disse che a suo parere il FACHINI era a conoscenza quantomeno dell'ambiente dal quale era scaturito l'attentato alla stazione."
1.6.3.2) Paolo STROPPIANA
Lo stesso giorno veniva escusso anche Paolo STROPPIANA, il quale dichiarava (7): "...In effetti agli inizi dell'82 ANSALDI mi riferì che la COGOLLI gli aveva fatto un certo discorso relativo ad un avvertimento che la stessa avrebbe ricevuto da FACHINI Massimiliano prima della strage di Bologna. Qualche tempo dopo, presente ZANI Fabrizio, chiesi alla COGOLLI di confermarmi la veridicità di quanto aveva detto all'ANSALDI. La COGOLLI mi disse allora che era tutto vero, e cioè che in un periodo di tempo antecedente alla strage del 2 agosto 1980, aveva incontrato a Bologna FACHINI Massimiliano, il quale le aveva detto di allontanarsi da Bologna perché doveva succedere qualcosa e che era meglio che andasse via dalla città per evitare di essere coinvolta. Mi fu chiaro che quanto riferito dalla COGOLLI poteva significare una cosa soltanto: che FACHINI in qualche modo era a conoscenza in anticipo della strage..."
1.6.4) Amos SPIAZZI
1.6.4.1) L'informativa 28/7/1980
20/05/83 Il 20 maggio, il Col. Amos SPIAZZI veniva interrogato (8) come imputato in un diverso procedimento penale pendente
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(7) - EA, V10/a-5, C226 bis, pp. 3-5. (8)- EA, V10/a-5, C232 bis/1, pp. 28-34. avanti ad altro Giudice Istruttore del Tribunale di Bologna, e reso edotto del fatto che il SISDE aveva trasmesso a quel Giudice le informative relative al rapporto di collaborazione dello stesso SPIAZZI con tale Servizio, dichiarava di sentirsi a quel punto svincolato dal dovere di riservatezza che gli aveva precedentemente impedito di rivelare quanto a sua conoscenza e rendeva dichiarazioni sul contenuto di un'informativa redatta sulla base di notizie da lui provenienti, e trasmessa il 28 luglio 1980 dal Centro SISDE di Bolzano al Direttore del Servizio.
Nell'appunto in questione (9) si legge, tra l'altro:
"...b. Stefano DELLE CHIAIE: 1)lavorerebbe per i Servizi di Informazione dei seguenti Paesi: Spagna, Argentina, Cile, Portogallo;
2) riceverebbe cospicue somme in danaro da un'attività di `taglieggiamento' svolta nei confronti dei fuorusciti italiani;
3) per dar vita ai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) aveva `assoldato' certo Franz STEINER o STEIKER, già legionario combattente in Rhodesia, residente in Sudafrica il quale, dopo aver effettuato alcuni attentati in Italia,
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(9) - Trovasi in RA, V3 bis, C132 bis, pp. 11-18.
rivendicati dai NAR:
a) ha avuto la sensazione che il DELLE CHIAIE lo avesse `venduto';
b) è rientrato precipitosamente in Sudafrica, sottraendosi per `miracolo' alla cattura da parte delle forze di polizia italiane;
4) attualmente avrebbe ingaggiato certo `CICCIO', un giovane romano (definito un `romanaccio'), tarchiato, alto circa mt. 1,75, corporatura robusta, capelli neri e lunghi tirati all'indietro, volto rasato, età apparente anni 40-45, il quale è facilmente riconoscibile sia perché ha una voce cavernosa, sia per la forte sudorazione di cui soffre;
c. il predetto `CICCIO':
1)farebbe parte di quegli ambienti che gravitano nell'area della malavita politica di estrema destra di Roma;
2) avrebbe una scarsa preparazione politica, anche se la nota RACANIELLO Giuliana, con la quale egli è in contatto, lo ha indicato alla `fonte' definendolo un `grosso personaggio' di estrema destra;
3) disporrebbe di ingenti mezzi finanziari che gli vengono inviati dal DELLE CHIAIE, il quale gli avrebbe affidato il delicato incarico di coordinare l'attività terroristica dei quattro gruppi dei NAR che, al momento, agiscono ed operano, autonomamente, in Roma, con iniziative individuali, spesso in contrasto tra loro;
4) il 17/7/80, nel corso di un `contatto' avuto con la FONTE alla Stazione Termini di Roma (CICCIO è giunto sul luogo dell'incontro con altri due elementi che, a distanza e con circospezione gli fornivano sicurezza), organizzato dalla citata RACANIELLO, ha dichiarato che:
a) l'attività terroristica di estrema destra viene attuata, nella Capitale, da quattro gruppi dei Nuclei Armati Rivoluzionari i quali, operando autonomamente e soprattutto con caratteristiche di individualità, non riescono, per mancanza di un vero e proprio coordinamento, a condurre, con continuità,`azioni militari' complesse e di rilievo;
b) ha ricevuto da Stefano DELLE CHIAIE, del quale ha stima, il compito di:
1) coordinare l'attività dei NAR affinché i quattro gruppi possano operare con unità di comando e di azione;
2) reperire armi (ed esplosivo) ad ogni costo, acquistandole (senza limiti di prezzo) ovvero procurandole in altro modo (rapine furti ecc.);
c) ad uccidere il Sostituto Procuratore Mario AMATO (Roma 23/6/1980) è stato uno dei quattro gruppi NAR che operano nella Capitale...
d) recentemente, all'interno dell'Albergo `ROSA' di Milano, presieduta da certo CROVACE Rodolfo, detto `MAMMAROSA', soggiornante obbligato, ha avuto luogo una riunione:
1) alla quale sarebbero intervenuti: a) due romani appartenenti al gruppo NAR controllato dal `CICCIO';
b)un veronese a nome Valerio; c)alcuni elementi della malavita milanese,
legati ad ambienti di estrema destra;...
3) nel corso della quale i due elementi romani appartenenti al gruppo NAR controllati da `CICCIO' avrebbero chiesto di acquistare armi (senza limiti di prezzo), avendo deciso di procedere, dopo il periodo estivo, alla eliminazione fisica di altro magistrato;..."
1.6.4.2) Le dichiarazioni dello SPIAZZI
Nell'interrogatorio del 20 maggio di cui si è fatto cenno, lo SPIAZZI dichiarava: "... Fu il BARONI" (10) "a sollecitarmi ad andare a Roma per raccogliere notizie sulla riorganizzazione dei NAR e sulla loro futura attività...Il BARONE mi disse che il suo servizio riteneva particolarmente pericoloso tale Chicco FURLOTTI...persona dotata di carisma e perciò capace di coagulare intorno a sé i nuclei dispersi e i cani sciolti...Partii dunque per Roma...Alla stazione
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(10) - `Rectius' "BARONE": si tratta del nome di copertura dell'Appuntato BENFARI (cfr. dichiarazioni SPIAZZI 26/11/84, in EA, V10/a-5, C232 bis, pp. 12), del SISDE, che teneva i contatti fra lo SPIAZZI ed il Centro SISDE di Bolzano.
trovai Tommaso D'APRILE che mi accompagnò durante la mia permanenza...Andai dalla RACANIELLO per farmi da lei indirizzare verso qualche punto di ritrovo dove avrei potuto incontrare persone informate...La RACANIELLO mi disse di far capo ad alcune persone, delle quali ora non ricordo i nomi, e disse che erano solite riunirsi in un bar situato di fronte alla Sezione del MSI del quartiere Prati...nel bar indicatomi dalla RACANIELLO venni immediatamente riconosciuto...questo bar era frequentato da persone che, uscite dal MSI, erano alla ricerca di un'identità politica nazional-rivoluzionaria. Cominciai a parlare con alcuni di questi ragazzi...infine mi spiegarono quali erano le differenziazioni ideologiche ed operativo-militari dei diversi gruppi che agivano in Roma. Col termine NAR veniva indicata una galassia eterogenea e con tale dicitura erano ricomprese anche le Comunità organiche di popolo. Non so se fu una mia sensazione oppure se mi venne detto espressamente, comunque compresi, che taluni di questi gruppi propugnavano obiettivi indiscriminati, mentre altri ritenevano necessario colpire in modo selettivo. Evidentemente tutti propugnavano azioni armate. Non ricordo i nomi delle persone con cui trattai tali argomenti, ricordo solo certo FIORE...il FIORE mi disse che il Chicco era in realtà un buono a nulla...Il FIORE mi disse -e tutti gli altri consentivano- che era invece un certo Ciccio che stava tentando l'unificazione dei NAR, sotto il profilo ideologico, nonché dal punto di vista organizzativo e nella scelta degli obiettivi militari da perseguire...Il FIORE mi disse che Ciccio agiva per conto di DELLE CHIAIE...Mi fu proposto di aver un colloquio con Ciccio..." (che lo SPIAZZI -stando a quanto afferma nello stesso interrogatorio- avrebbe rifiutato) "...Mi fu detto che era in programma, o meglio che veniva ipotizzata, come momento unificante, un'azione che avesse in sé i requisiti dell'azione eclatante e dell'azione selettiva. Si parlava di un gesto da compiere in occasione di qualche celebrazione o ricorrenza e che avrebbe dovuto essere effettuato in tempi relativamente brevi. L'obiettivo avrebbe dovuto essere un magistrato e un picchetto dei CC, da colpire nel corso di una celebrazione. Non so il luogo dove tale atto avrebbe dovuto essere compiuto...Riferii tutto ciò al BARONE, il quale a sua volta ne parlò ai suoi superiori. Nel successivo incontro capii che le mie informazioni non erano state prese sul serio, nonostante che avessi detto, per avvalorarle, che avevo incontrato personalmente il CICCIO...l'intervista all'Espresso del 5/8/1980 la rilasciai, oltre che per prevenire azioni future, anche ritenendo che la strage di Bolognafossestata eseguita proprio nell'ambito di quei progetti, dei quali si era parlato a Roma e che avevo riferito al BARONI..."
25/05/83Nell'interrogatorio reso cinque giorni più tardi al medesimo Giudice Istruttore (11), lo SPIAZZI forniva ulteriori chiarimenti sulle modalità dell'operazione informativa svolta in Roma nel luglio '80 e sul ruolo svolto dalla RACANIELLO per metterlo in contatto con esponenti dell'estremismo di destra della capitale.
Lo stesso giorno 25, qualche ora prima, lo SPIAZZI era stato interrogato (12) dal Giudice Istruttore del presente procedimento, al quale aveva confermato, nella sostanza, il contenuto delle informazioni raccolte in Roma, nonché le
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(11) - Cfr. EA, V10/a-5, C232 bis/1, pp. 53-58. (12) - Cfr. EA, V10/a-5, C232 bis/1, pp. 40-46.
dichiarazioni precedentemente rese, di cui si è dato conto.
Ribadiva di non aver personalmente incontrato il MANGIAMELI, ma di averne fatto la descrizione (che fu poi trasfusa nell'informativa 28/7/1980) sulla base dei riferimenti avuti dal FIORE.
Occorre qui trascrivere per intero -come del resto ha fatto anche l'Istruttore nell'ordinanza di rinvio a giudizio (13)- il contenuto dell'interrogatorio reso poi dallo SPIAZZI il 26/11/1984 (14): "Intendo rispondere. Aderisco di buon grado all'invito che mi viene rivolto a precisare il ruolo da me svolto prima della strage di Bologna nell'ambito dell'attività informativa del SISDE ed a compiere un'accurata ricostruzione degli episodi che mi riguardano successivi alla strage di Bologna.
Domanda: vuol precisare come esattamente è sorta la sua collaborazione con il SISDE?
Risposta: fui indotto a tale collaborazione, sia pure mal volentieri, dopo essere stato contattato da un tenente colonnello a me noto col nome di CATELLA del Centro SISDE di
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(13) - Cfr. SO, da p169 rigo 14, a p178 rigo 19. (14) - EA, V10/a-5, C232 bis, pp. 10-16.
Bolzano, il quale mi rappresentava la situazione di crisi in cui versava il servizio, che, dopo la riforma, si era trovato a dover ricostruire ex novo l'intera struttura informativa. Sulle prime ero restio, avendo già pagato di persona, per vicende già note, l'attività da me svolta. Fui nuovamente contattato da un'altra persona, un funzionario di medio livello che ritengo essere il superiore diretto del BENFARI, il quale nuovamente mi espose la necessità del servizio, ribadendo che la mia partecipazione sarebbe avvenuta più a livello di consulenza (strutturazione degli schedari e metodologia) che non a livello di raccolta diretta di informazioni. Nuovamente rifiutai. Nel frattempo, eravamo agli inizi dell'80, fui convocato a Padova dal Generale GARIBOLDI, il quale mi dichiarò che la mia attività di insegnamento era incompatibile con lo status di ufficiale. Alle mie obiezioni sulla necessità che avevo di guadagnarmi dignitosamente da vivere, egli mi fece capire che avevo a portata di mano delle soluzioni. Io interpretai la cosa come una sollecitazione ad accettare la collaborazione col SISDE da me più volte in precedenza rifiutata. Per inciso ribadisco in questa sede quello che ho sempre detto in precedenza, e cioè che io ero convinto si trattasse del SISMI.
Mi risolsi pertanto ad accettare un rapporto di collaborazione, sia pure su un piano limitato tanto in relazione all'oggetto, poiché non volevo impegnarmi in una attività direttamente informativa, quanto in relazione alla durata che nei miei propositi doveva esaurirsi in un periodo di tempo predeterminato. In sostanza il mio concetto era quello di mettere a disposizione del nuovo centro l'esperienza che avevo maturato nel mio precedente incarico di sicurezza militare anche per evitare che andasse perduta. Quanto alla convinzione di avere a che fare con il SISMI, essa si spiega con varie circostanze: intanto, il Ten. Colonnello che mi aveva contattato apparteneva in precedenza al SID. Lo stesso BARONI lo vedevo spesso al Distretto Militare portare informazioni sugli allievi ufficiali, compito da sempre appartenuto ai servizi militari. Egli inoltre frequentava il DRACOLO che faceva da collegamento nel passato tra il SISMI e l'ufficio `I' di Verona.
Fu così che si stabilì un contatto periodico con l'appuntato BENFARI-BARONE, il quale fu scelto per mantenere i collegamenti perché poco conosciuto e tale da non dare nell'occhio.
Senonché fin dal primo incontro, il BARONE cominciò col chiedermi di adoprarmi per ottenere la costituzione del generale NARDELLA. Mi riferì che il servizio riteneva inaccettabile la prosecuzione della latitanza del NARDELLA ed era disposto a fargli delle concessioni. Dissi che potevo fare da tramite con la famiglia alla quale in effetti recapitai un pacchetto di proposte. Dopo qualche tempo la famiglia fece sapere che il NARDELLA non le aveva accettate. Il rapporto con il servizio proseguì senza particolari episodi fino al momento del più volte ricordato viaggio a Roma del 17 luglio 1980.
Il BARONE in effetti, agli inizi di luglio, prese contatto con me e mi disse che la situazione a Roma era preoccupante e che era necessario fare ogni sforzo perché la situazione era molto grave. Fece appello al mio senso del dovere e pertanto mi convinse a scendere a Roma per raccogliere notizie. Mi riporto sul punto, fedelmente, a quanto dichiarato nel mio interrogatorio del 20 maggio 1983 al G.I. Dr. GRASSI e ribadisco che fu il BARONE ad insistere perché mi recassi a Roma, ripetendo che era molto urgente raccogliere le informazioni sui N.A.R. utilizzando ogni possibile canale informativo.
Domanda: ma non è strano che il servizio abbia scelto Lei di Verona per raccogliere informazioni a Roma?
Risposta: Io non so se ciò sia strano. Posso solo dire che da un lato lo stesso BARONE mi spiegò che il momento esigeva l'attivazione di tutti i canali possibili. Del resto io stesso avevo riferito al BARONE, che quindi ne avrà parlato ai superiori, di alcuni rapporti che intrattenevo a Roma. Egli sapeva che ero in contatto con la RACANIELLO e che in qualche modo a Roma avevo una possibilità di movimento.
Domanda: Ribadisce e ne è sicuro che fu il BARONE a fare il nome di Chicco FURLOTTI indicandolo con le sue complete generalità?
Risposta: Non c'è ombra di dubbio. Ne sono certo perché ricordo con sicurezza che il nome di FURLOTTI mi era noto al momento dell'intervista al giornalista NICOTRI dell'Espresso. Poiché il nome di FURLOTTI divenne di pubblico dominio solo dopo le iniziative prese nei suoi confronti dai magistrati di Bologna in epoca successiva all'intervista non posso che aver appreso il nome FURLOTTI dal BENFARI.
Domanda: Non è che per caso Lei stia sovrapponendo, sia pure in buona fede, elementi logici ed elementi temporali, ritenendo di aver appreso il nome FURLOTTI prima della strage quando invece lei lo ha appreso dopo?
Risposta: Lo escludo, e vi è un argomento determinante: quando venni a Roma nel luglio dell'80 chiesi espressamente ai miei interlocutori di fornirmi notizie sul ruolo del FURLOTTI e ricordo che tutti irrisero a questa mia domanda dicendo che non era nessuno. Ricordo quindi con estrema chiarezza i fatti e non posso sbagliare.
Domanda: Vuole spiegarci nuovamente le modalità dell'incontro avvenuto a Roma nel corso del quale acquisì le notizie su `CICCIO'?
Risposta: L'incontro si è svolto così come ho già più volte detto. Essendomi recato in una sezione M.S.I. del Quartiere Prati ove tenni una conferenza in un circolo annesso, mi recai poi, su indicazione della RACANIELLO, alla quale avevo chiesto di far venire alla mia conferenza anche giovani appartenenti alle frange più estreme della destra extraparlamentare, in un bar sito nei pressi, indicato dalla stessa RACANIELLO come luogo di abituale ritrovo dell'ambiente che a me interessava. Rimasi nel bar circa una mezz'ora e, riconosciuto, fui avvicinato da alcuni ragazzi con i quali scambiai delle chiacchiere apparentemente vaghe e senza particolare riferimento a niente di specifico. Essendo il mio compito quello di raccogliere informazioni condussi il discorso in termini tali da far parlare i miei interlocutori del più e del meno senza insospettirli. Costoro, evidentemente convinti di poter parlare liberamente, mi dissero che a Roma c'era ancora spazio per un'esperienza NAZIONAL-RIVOLUZIONARIA e che non era vero che certe esperienze si fossero concluse con lo scioglimento di ORDINE NUOVO e AVANGUARDIA NAZIONALE. Mi fecero capire che vi erano ancora militanti capaci di azioni di stampo rivoluzionario, anche se non in linea con l'ortodossia della destra ufficiale. A questo punto io lasciai cadere casualmente il nome di FURLOTTI dicendo qualcosa come: `SI, HO SENTITO PARLARE DI CHICCO COME DI UNO CHE HA UN CERTO PESO'. E, precisato che alludevo a Chicco FURLOTTI, i miei interlocutori si misero a ridere dicendo che CHICCO non contava niente e non era nessuno, aggiungendo poi che evidentemente ero incorso in un equivoco perché era CICCIO e non CHICCO una persona dotata di effettiva capacità politica ed organizzativa. Mostrando di intendere a chi si riferissero feci in modo di ottenerne una descrizione sommaria. Manifestai anche curiosità per le idee da loro portate avanti e furono loro stessi a propormi di incontrare il CICCIO, cosa che come ho più volte detto, ho rifiutato.
Raccontai fedelmente dell'incontro a BARONI anche se gli dissi di aver incontrato il CICCIO. Ammetto anche di aver enfatizzato gonfiandolo un po' il contenuto informativo delle notizie da me raccolte sui progetti del suddetto CICCIO.Lo feci perché dai discorsi fatti l'ambiente mi era sembrato interessante dal punto di vista informativo mentre invece il BENFARI, che quando gli avevo parlato della mia permanenza a Roma mi era sembrato molto interessato, dopo qualche giorno mi disse che l'ambiente non meritava di essere coltivato e che il suddetto CICCIO non meritava ulteriori indagini. Da sue allusioni pensai anche che il CICCIO fosse un infiltrato.
Questo atteggiamento mi parve ancora più strano perché qualche giorno prima il BENFARI mi aveva anzi riferito di aver avuto conferma da altre fonti sulla bontà delle mie informazioni e sull'organizzazione dei N.A.R.
La mia convinzione a quel punto fu che non si volesse indagare sul CICCIO perché collegato ad altro servizio ed inserito nell'organizzazione di estrema destra con precise funzioni.
Domanda: Ma non Le sembra contraddittorio che le informazioni su persona a posteriori identificabile con MANGIAMELI Le venissero fornite da FIORE e SPEDICATO a loro volta dirigenti della medesima organizzazione eversiva cui lo stesso MANGIAMELI apparteneva con funzioni di massimo livello?
Risposta: I miei interlocutori non mi passarono informazioni. Abbiamo avuto una chiacchierata in un clima favorevole e non va dimenticato che io ero ai loro occhi non un appartenente ai servizi di informazione, ma un elemento di spicco dell'estrema destra reduce da anni di prigione per la causa.
Nel corso di tale chiacchierata, del resto,non furono fatte indicazioni precise di nessun genere. I loro programmi vennero esposti in termini molto generici e di prospettiva politica generale senza alcuna visione operativa. Mi dissero solo che attendevano soldi da DELLE CHIAIE, senza precisarmi nient'altro sulle modalità. A CICCIO fecero riferimento senza indicarmene l'identità e sono riuscito con molta abilità ad ottenerne una decrizione fisica. In conclusione non vedo niente di strano nei discorsi che furono fatti in quella sede.
A.D.R. - Ricevuta lettura di pagina 4) e 5) della nota 28 luglio 1980, trasmessa al Centro SISDE, confermo di aver appreso dal 'VALERIO' di cui ho già parlato le notizie di cui ai punti uno e tre di pagina 5), mentre escludo di aver parlato io di LUCIDI, TOMEI, FORESI e DE LUCA. Con ogni evidenza si tratta di notizie provenienti da altra fonte e rielaborate dall'estensore (15).
A.D.R.- ho appreso in sede di interrogatorio che il servizio per cui lavoravo era il SISDE e non il SISMI."
1.6.5) La cattura e l'interrogatorio di Alfredo GRANITI
01/06/83 Il primo di giugno il Giudice Istruttore ordinava la cattura di Alfredo GRANITI (16) per il delitto di cui all'art. 270
bis C.P. Nella motivazione del provvedimento si fa sostanzialmente riferimento alle dichiarazioni di Elio CIOLINI, ai rapporti di Polizia Giudiziaria nei quali si riferiva dell'arresto al valico di Gaggiolo ed alla comune matrice politica del GRANITI e delle persone con lui arrestate in tale occasione, e ad esiti di indagini da cui si sarebbe evinto che la sede della `Promicon' era servita al GRANITI solo come recapito telefonico, non essendo stata
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(15) -I punti uno e tre cui fa riferimento lo SPIAZZI si sono integralmente riportati supra: cfr. 1.6.4.1), parte finale.I nomi LUCIDI, TOMEI, FORESI e DE LUCA compaiononella stessa informativa -in una parte non trascritta sub 1.6.4.1)- al punto due, intermedio tra quelli testé citati. Il TOMEI, il FORESI ed il DE LUCA, facenti capo al LUCIDI, sarebbero stati invitati alla riunione tenuta presso l'Albergo `Rosa': cfr. RA, V3 bis, C132 bis, p16. (16) - OC, V4, C71, pp. 4-6.
trovata traccia di attività commerciale (17).
Sui fatti di cui al mandato di cattura il GRANITI sarà interrogato il 9/2/1984 (18). E, nel contestare gli addebiti, confermerà le dichiarazioni precedentemente rese, continuando anche a dichiarare di non sapersi spiegare come mai il CIOLINI fosse a conoscenza del nome della ditta (`Promicom') e del numero di telefono della sua abitazione.
1.6.6)L'ordinanza della Sezione Istruttoria emessa, in sede di rinvio, nei confronti di Roberto FEMIA
06/06/83 Il 6 giugno, la Sezione Istruttoria della Corte d'Appello, investita in sede di rinvio dalla sentenza della Corte di Cassazione di cui si è detto sub 1.5.8), confermava (19) l'ordinanza del Giudice Istruttore 12/1/1982, con la quale era stata rigettata la richiesta di emissione di mandato di cattura nei confronti di Roberto FEMIA. Si legge nel provvedimento che dagli elementi indiziari raccolti a carico
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(17) - In AF, V1, C5, pp. 4-5, si legge: "...Ditta `PROMECON' - Bergamo, via Lidice nr. 5. Con tale denominazione non risulta in essere, né essere mai esistita, nella circoscrizione di questo Nucleo PT, alcuna ditta. Il numero di iscrizione camerale 183495" (si tratta del numero che il rapporto in atti, RB, V4, C54, p15 attribuisce alla `Promecon') risulta attribuito alla ditta individuale `GRANITI ALFREDO'...". Si tratta dell'esito di indagini compiute dal Nucleo di polizia Tributaria di Bergamo. (18) -IB, C12, pp. 19-20. (19) - AR, V2, C13, pp. 71-72.
dell'imputato "può al massimo desumersi l'appartenenza del
FEMIA agli ambienti nei quali la strage sarebbe stata ideata
e la sua adesione alle finalità dell'attentato". Si legge ancora: "Tuttavia questi elementi -anche se collegati all'altra circostanza dell'associazione del FEMIA, prima
dell'arresto, a gruppo eversivo avente la disponibilità di
materiale esplosivo- non possono essere assunti, per la loro genericità, come sufficienti indizi di una partecipazione, anche solo indiretta, alla preparazione e all'organizzazione dell'atto terroristico."
1.6.7) Le dichiarazioni di Tommaso D'APRILE
04/08/83 Il 4 agosto veniva esaminato, in altro procedimento, dal Giudice Istruttore dott. GRASSI, Tommaso D'APRILE, il quale
dichiarava (20) d'aver visto lo SPIAZZI a Roma, nel 1980, nel pomeriggiodi un giorno di cui non sapeva indicare il mese, presso la Sezione di Riscossa Monarchica di via Etruria 79. Riferiva che, dopo aver partecipato ad una riunione di dirigenti nazionali presso quella sede, egli e lo SPIAZZI erano entrati in un `bar' ubicato quasi di fronte
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(20) - EB, V2, C60, pp. 1-3. alla Sezione, in Piazza Tuscolo. Così si esprimeva il D'APRILE: "...Entrammo in un bar ubicato...Con me vi erano lo SPIAZZI ed altre persone. Mentre discutevamo fra di noi rimasi sorpreso nel vedere che lo SPIAZZI veniva salutato da tre persone di cui non sono in grado di precisare nulla ai fini della loro identificazione, che non avevo mai visto prima. Lo SPIAZZI si appartò con essi dopo avermi fatto le sue scuse...Dopo qualche minuto vidi lo SPIAZZI venire verso di me, salutarmi ed andare via con i tre sconosciuti."
1.6.8) Le dichiarazioni di Sergio CALORE
23/09/83 Porta la data del 23 settembre 1983 il primo di una serie di interrogatori resi da Sergio CALORE al Procuratore della Repubblica di Firenze ex art. 348 bis C.P.P., e poi trasmessi al Giudice Istruttore del presente procedimento.
Essi nascono dalla decisione del CALORE di fare chiarezza sul proprio percorso politico e di ricostruire la storia della destraeversiva dagli inizi degli anni '70 sino al momento del suo arresto in relazione alla vicenda dell'omicidio LEANDRI (21).
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(21) - Cfr., per tale episodio, AA, V13, C72. Il CALORE fu arrestato il 17/12/1979; ed ha riportato condanna definitiva per omicidio.
Dunque, sin dal 23 settembre (22) il CALORE, dopo aver premesso d'aver già riferito al Giudice Istruttore di Roma delle "connessioni fra ambienti di destra e la loggia massonica P2", dichiarava altresì esser sua "intenzione fare un'ampia opera di chiarificazione" sull'argomento delle stragi. Successivamente, l'11 gennaio 1984 (23), dopo aver riferito della sua adesione ad Ordine Nuovo sin dal 1974, e di come, sin dal dicembre di quell'anno, avesse, su richiesta di Paolo SIGNORELLI e Giuseppe PUGLIESE, preparato un ordigno esplosivo che gli si disse destinato ad esser collocato in Piazza Montecitorio, darà conto delle sue esperienze nell'ambito di `Costruiamo l'Azione', riferendo tra l'altro: "...Nell'estate del 1978 organizzammo una campagna di attentati quasi tutti compiuti con sveglie marca RHULA ed esplosivo fornitoci da FACHINI..."
Di altre dichiarazioni rese dal CALORE nel mese di febbraio del 1984, anch'esse rilevanti nel presente procedimento, si dovrà dar conto, per ragioni di ordine espositivo, in prosieguo di trattazione.
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(22) - AA, V4, C24, p42. (23) - AA, V4, C24, pp. 69-73.
Il 1° marzo dell'84, sempre al PUBBLICO MINISTERO, il CALORE dichiarerà (24): "...Nel corso del mese di giugno 1978 FACHINI sollecitò l'iniziativa di mettere in atto una campagna di attentati che non dovevano essere rivendicati al fine di verificare il grado di rispondenza dell'ambiente a un eventuale discorso politico militare che egli aveva intenzione di sviluppare d'accordo anche con noi, parallelamente a Costruiamo l'Azione. Questi attentati effettivamente avvennero nel corso del mese di luglio...La mancata rivendicazione degli attentati rispondeva allo scopo di render possibile la diffusione delle idee politiche portate avanti da Costruiamo l'Azione anche in ambienti che le avrebbero rifiutate ove gli attentati fossero stati, con la loro rivendicazione, riferiti ad un gruppo preciso."
Ancora: "Nel mese di agosto 1978 si tenne in Sicilia, nei pressi di Palermo, un convegno di Terza Posizione al quale si recò, come osservatore, anche ALEANDRI. In pratica questo convegno di Terza Posizione fu finanziato da noi con tre milioni che ALEANDRI si fece dare da SEMERARI. Nel mese di
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(24) - AA, V4, C24, pp. 165-178.
settembre 1978 Terza Posizione tenne un altro convegno a Roma: in questo periodo io incontrai a casa di SIGNORELLI INCARDONA, TOMASELLI, MANGIAMELI...ADINOLFI, FIORE, RAHO. Con queste persone fu ritoccato l'argomento del possibile coordinamento delle attività di Terza Posizione (T.P.) e Costruiamo l'Azione (C.L.A.). Nuovamente però emersero, oltre alle crescenti diversità di carattere politico, problemi derivanti dalla diffidenza reciproca dovuta al fatto che loro ritenevano estremamente negativa la presenza di SIGNORELLI fra di noi, mentre da parte nostra consideravamo T.P. quasi una filiazione di Avanguardia Nazionale...In questo periodo, verso la fine del mese di settembre '78, a casa di ALEANDRI a Roma, mi incontrai con FACHINI, che mi informò che era in fase esecutiva il progetto di permettere l'allontanamento di FREDA dal soggiorno obbligato di Catanzaro. ALEANDRI e FACHINI mi dissero anche che già da diversi giorni stavano cercando di mettere a punto l'operazione ma che le persone che intendevano utilizzare per portarla a termine, si trattava di persone dell'ambiente di Vigna Clara, da quanto mi dissero, si erano dichiarate all'ultimo momento indisponibili. Mi fu chiesto allora se nel giro di una giornata ero in grado di reperire quattro persone ed un paio di automobili per portare a termine l'operazione. Io allora avvisai Pancrazio SCORZA, Ulderico SICA, Fausto LATINO e Benito ALLATTA. Una delle vetture doveva essere quella 127 di Fausto LATINO, mentre l'altra me la feci prestare senza dire a cosa serviva ...L'operazione riuscì..."
E poi ancora, nella seconda parte dell'interrogatorio:
"...il 16/3/79 mi recai, con SIGNORELLI, a Padova dove incontrai FACHINI, RAHO, CAVALLINI e MELIOLI, a casa della madre del FACHINI. Il mio viaggio a Padova era motivato dalla necessità di portare a FACHINI circa 1000 copie del numero di C.L.A. che era appena uscito. Ricordo che questo viaggio avvenne il 16 marzo 1979 perché sui giornali era appena apparsa la notizia della rivendicazione della rapina
in dannodi OMNIA SPORT fatta dai NAR" (25) "e dato che il
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(25) - Il 15/3/79, alcuni giovani, dopo aver stordito con un colpo alla testa il titolare dell'armeria Omnia Sport di Roma,si impossessavano di circa60 pistole, 15 carabine e svariate munizioni. Della rapina furono imputate 19 persone, tra cui F. MAMBRO, G. DI MITRI, A. ALIBRANDI, V. FIORAVANTI, A. DE FRANCISCI e D. PEDRETTI. Con varie telefonate di rivendicazione a nome dei NAR,si dichiarò essersi voluta commemorare la morte di Franco ANSELMI (cfr. AA, V4, C22).
fondo di Costruiamo l'Azione dal titolo `CHIAREZZA' attaccava i NAR per la precedente azione (26) di Radio Città Futura, MELIOLI e FACHINI criticarono la pubblicazione di quell'articolo che giudicavano molto inopportuno specie dopo la avvenuta rapina OMNIA SPORT...Durante il ritorno da Padova, io cercai si saper da SIGNORELLI se egli era a conoscenza della manovra, a me riferita da ALEANDRI, che DE FELICE e SEMERARI stavano portando a termine per salvare da guai giudiziari il costruttore romano GENGHINI. SIGNORELLI disse che non ne sapeva niente e dell'argomento non si parlò più fino alla settimana successiva quando in una riunione che tenemmo presso la casa del prof. SEMERARI, alla quale con me erano anche FACHINI, SIGNORELLI, DE FELICE, oltre allo stesso SEMERARI, non sollevai il problema rappresentato da questa manovra e dai rapporti che DE FELICE intratteneva per tramite di ALEANDRI con GELLI...Per contrastare quanto
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(26) - "Verso le ore 10 del 9/1/79 alcuni giovani, penetrati nei locali della stazione radiofonica privata Radio Città Futura, lanciavano ordigni incendiari contro gli impianti ed aprivano il fuoco contro cinque donne che erano intente a condurre una trasmissione radiofonica a contenuto femminista. A seguito dell'azione riportavano lesioni tutte e cinque le donne predette..." (cfr. AA, V4, C22, p91). Anche tale impresa, di cui si rese autore, con altri, Valerio FIORAVANTI, fu rivendicata dai NAR.
io obiettavo DE FELICE diceva che il nostro orizzonte
politicoeraestremamente ristretto e egli non aveva alcuna intenzione di legarsi strettamente alle nostre tematiche che riteneva, e lo disse esplicitamente, solo strumentali, strumentali ai suoi disegni più vasti. Da questo momento in poi, anzi, ritornando alla riunione avuta in casa SEMERARI di fronte alle mie posizioni" (sic) " di problemi solo DE FELICE prese una posizione netta quale sopra ho descritta, mentre sia SEMERARI che SIGNORELLI si mantennero neutrali, non prendendo posizione né per l'uno né per l'altro: FACHINI disse di condividere la mia posizione pur senza esplicitarla eccessivamente...Nel mese di aprile 1979 io e ALEANDRI incontrammo ripetutamente...ADINOLFI, FIORE e DI MITRI, al fine di regolare in maniera conclusiva i nostri rapporti con Terza Posizione (T.P.). Dato che ormai questo gruppo si era dato una struttura di partito, non fu possibile raggiungere alcun tipo di accordo e si arrivò, quindi, alla rottura definitiva...Il 7 maggio 79 se mal non rammento si doveva tenere una manifestazione al cinema Hollywood di Roma sul tema dei carceri speciali e manicomi criminali; per tale manifestazione SEMERARI si era reso disponibile a tenere una relazione di carattere tecnico...Per propagandare tale manifestazione furon stampati due manifesti: uno riproduceva un fotomontaggio raffigurante le sbarre, due mani, una colomba recante la dicitura `Libertà per i detenuti politici Comitati popolari contro la repressione', l'altro recava solo l'indicazione della manifestazione e il luogo dove si sarebbe tenuta ed era siglato insieme sia da Comunità Organiche di Popolo che dai Comitati sopra ricordati...Durante il periodo che va dal 20 aprile a pochi giorni dopo il mio arresto (27), ci furono a Roma gli attentati firmati con la sigla MRP; il simbolo grafico utilizzato fu realizzato insieme da me ed ALEANDRI. A parte questo io non partecipai direttamente a nessuno di questi attentati, mentre per quanto riguarda i volantini di rivendicazione contribuii solo a stilare l'ultimo fra quelli diffusi e cioè quello utilizzato in occasione dell'attentato alla Farnesina...Durante la mia detenzione nel carcere di
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(27) - Il CALORE fu tratto in arresto il 22/5/1979, su ordine di cattura della Procura di Rieti, perché accusato di ricostituzione del disciolto partito fascista (cfr. AA, V1 bis, C1 bis). Sarà posto in libertà nel novembre. e ricatturato -come si è visto-nel dicembre, in relazione all'omicidio LEANDRI.
Rebibbia ebbi modo di conoscere...Valerio FIORAVANTI...
soprattutto con FIORAVANTI si stabilì un rapporto di amicizia...La confluenza di FIORAVANTI nel nostro gruppo fu posteriore all'arresto di PEDRETTI, il 6 dicembre...La sera stessa dell'arresto di PEDRETTI, o forse il giorno dopo, FIORAVANTI mi chiese se avevo nulla in contrario che egli entrasse a far parte del nostro gruppo...Agli inizi del 1982 si cominciò a porre più seriamente di prima il problema dei rapporti con gli ambienti stragisti. Così poco prima della mia partenza per il processo LEANDRI, insieme a IANNILLI Marcello, GIULIANI e PEDRETTI si pensò a quale potesse esserela migliore strategia da mettere in atto per differenziarsi da detti ambienti. Io dissi che qualunque fosse stata la decisione, era necessario spiegare esattamente quali erano le responsabilità delle persone coinvolte nel fenomeno stragista. Tale mia impostazione non fu accolta dato che nessuno voleva assumersi la responsabilità di rivelare quanto sapevamo sulle stragi..."
1.6.9) Il rapporto SISDE del settembre '83
14/09/83 Il 14 settembre, il Consigliere Istruttore, su richiesta della Procura della Repubblica (28), si rivolgeva al Direttore del SISDE in relazione alla questione dell'informativa SPIAZZI; e si esprimeva nei seguenti termini (29) : "Il Generale Giulio GRASSINI, direttore del Servizio dal 1978 al 1981, sentito ieri quale teste nell'istruttoriainoggetto" (30) "sull'omesso utilizzo ai fini di giustizia delle rilevanti 'notizie' attribuite al Col. Amos SPIAZZI (e di cui agli `appunti' fatti pervenire in copia purgata tramite l'UCIGOS al giudice istruttore di Bologna Dott. GRASSI), ha dichiarato tra l'altro:
a) - di non ricordare di aver preso visione dell'appunto in questione;
b) - di non essere in grado di indicare il funzionario che ne ha deciso l'archiviazione (e quindi neppure i motivi del provvedimento);
c)- che in testa o in calce gli originali degli appunti hanno la sigla dei funzionari che li hanno esaminati e gli estremi della `decretazione'.
Rendendosi a questo punto necessario individuare il
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(28) - Cfr. RA, V3 bis, C132 bis, p1. (29) - Cfr. RA, V3 bis, C132 bis, pp. 2-3. (30) - Cfr. EA, V10/a-6, C260 bis, pp. 1-2.
funzionario che, contravvenendo agli obblighi posti dall'art. 9 della L. 24/10/1977 n. 801, ha privato gli organi di polizia giudiziaria di informazioni ed elementi di prova di notevole rilievo e accertare ancora i motivi di tale decisione, si prega codesta Direzione di trasmettere, con cortese urgenza, l'originale degli appunti in questione, tutta la documentazione (questa anche in copia) relativa ad altre eventuali `notizie' avute sull'argomento e di precisare il nome dei funzionari cui si riferiscono le sigle di presa visione e di decretazione. Con l'occasione si gradisce anche sapere se e in quali termini dei fatti di cui a tali informative siano stati resi edotti il Ministero dell'Interno ed il CESIS (ai sensi dell'art. 6 u.p. della legge citata)."
19/09/83 Rispondeva il Direttore del SISDE con rapporto riservato in data 19 settembre (31): in esso si riferisce che, pervenuta al Direttore del Servizio dal centro di Bolzano, il 1° agosto 1980, l'informativa SPIAZZI, il Direttore stesso aveva chiesto "valutazioni e proposte" alla 4ª Divisione,
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(31) - RA, V3 bis, C132 bis, pp. 4 e ss. che, avvertita l'esigenza di preliminari approfondite indagini, aveva proposto, "soprattutto per la genericità dei riferimenti, di rinviare ad eventuali specifici riscontri l'opportunità di riferire superiormente". A tale suggerimento aveva aderito il Generale GRASSINI con annotazione autografa in data 2 agosto a tergo dell'appunto redatto dalla 4ª Divisione. Il rapporto dà poi conto degli accertamenti in seguito svolti, e soggiunge: "La valutazione delle risultanze acquisite nel periodo dall'agosto 1980 al maggio 1981 faceva apparire necessario l'inoltro superiormente solo delle notizie sulle quali erano confluiti elementi di conferma e contenute nell'appunto n. 4/7861...Le linee di tale appunto, riassuntive degli spunti apparsi concreti, non comprendevano alcun riferimento indicativo del `CICCIO'. Dai riscontri di archivio risulta che all'epoca n. 29 estremisti di destra, a nome Francesco (a cui poteva farsi risalire l'alias di `CICCIO'), le cui caratteristiche somatiche non corrispondevano a quelle fornite dalla fonte...La possibile immedesimazione di `CICCIO' con Francesco MANGIAMELI... non fu percepita dall'ufficio; in effetti i dati forniti dalla fonte non coincidono minimamente con quelli ricavabili sullo stesso MANGIAMELI dalla Banca Dati..."
1.6.10) Le dichiarazioni di Giulia RACANIELLO
15/10/83 Il 15 ottobre veniva escussa (32) Giulia RACANIELLO, che, nel confermare d'aver ricevuto visite a casa da parte del Colonnello SPIAZZI, aggiungeva d'averlo messo in contatto telefonico con Romano COLTELLACCI. E spiegava: "Lo SPIAZZI mi disse semplicemente che voleva incontrare esponenti della destra romana, ma non mi specificò le ragioni di tale sua intenzione. Io ritenni che il COLTELLACCI fosse la persona adatta per procurargli tali incontri". A proposito della data dell'ultima visita dello SPIAZZI, testualmente riferiva: "con tutta la buona volontà non mi riesco a ricordare se sia stato nell'80 o nell'81. Sicuramente era estate o quasi estate."
1.6.11)Gli sviluppi processuali della posizione di Sergio PICCIAFUOCO
Sindal mesedi settembre erafrattantoemerso (33) che il nominativo di Sergio PICCIAFUOCO era ricompreso in un elenco
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(32) - EB, V2, C42, pp. 7-10. (33) - Cfr. RI, C5, p13.
di detenuti di estrema destra rinvenuto in possesso di Gilberto CAVALLINI.
Il 1° ottobre, con rapporto (34), i Carabinieri di Ancona avevano tra l'altro riferito al Giudice Istruttore: "...secondo notizie attinte, negli ultimi anni, il PICCIAFUOCO si sarebbe politicizzato, entrando nell'organizzazione di destra `Terza Posizione'.
Il 3 ottobre, il PICCIAFUOCO era stato sentito a titolo di sommarie informazioni testimoniali (35) da funzionari della DIGOS di Bologna ed aveva reso dichiarazioni così sintetizzate nel rapporto (36) redatto il giorno 7:
"1) il 2/8/80, verso le 8,50," (il PICCIAFUOCO) "si era recato alla Stazione di Modena ma si era reso conto di aver perso il treno delle 8,00 circa diretto a Milano, ove aveva intenzione di procurarsi documenti falsi;
2) per tale motivo, verso le 9,00 aveva preso uno dei taxi (una Opel Ascona) che fanno servizio nel piazzale della Stazione, al fine di raggiungere Bologna in tempo per le
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(34) - RA, V9 bis, C383 segue, pp. 8 e ss. (35) - IA, V9/a-2, C40, pp. 9-10. (36) - Cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 20-68; la sintesi comprende talune circostanze riferite dal PICCIAFUOCO il 15/5/81 (cfr. IA, V9/a-2, C40, pp. 4-5).
10,34, orario di partenza di un treno per Milano. Pagò lire 25.000 la corsa del taxi;
3) E' giunto alla stazione di Bologna verso le 10,00 e dopo aver fatto colazione al bar e comprato giornali e sigarette, si è diretto al terzo marciapiede perché il treno partiva dal quarto binario, sedendosi poi sul muretto del sottopassaggio rivolto verso la stazione, in corrispondenza della sala d'aspetto;
4) mentre si trovava ancora sul primo marciapiede, in corrispondenza dell'edicola vicina al sottopassaggio, è arrivato al primo binario il Settebello, dal quale ha visto scendere due turisti che lo hanno insospettito. Uno di questi è entrato nella sala d'aspetto di seconda classe, mentre l'altro è risalito sul treno che è poi ripartito. Poco dopo è giunto sul primo binario il treno turistico Ancona-Basilea. Dopo circa cinque minuti che era seduto sul muretto del sottopassaggio al terzo marciapiede, è stato investito dall'esplosione." Così prosegue il rapporto: " Ciò che è accaduto dopo era già stato descritto dal PICCIAFUOCO il 15/5/1981, quando fu assunto a s.i.t. da Ufficiali di P.G. della Questura di Bologna e confermato al Giudice di Sorveglianza di Tarvisio" (37) "il 25/5/1981, e cioè:
5) dopo l'esplosione ha aiutato un Agente in divisa della `Polfer' `molto alto, magro e castano' a portare soccorso ai feriti del treno in sosta sul primo binario, strappando le tendine parasole di uno scompartimento e ricavandone delle barelle;
6) ha fatto tre viaggi sulle autoambulanze dirette agli ospedali e, al termine dell'ultimo viaggio, è ricorso alla cure mediche fornendo le false generalità di VAILATI Eraclio."
Dopo aver dato conto delle dichiarazioni del PICCIAFUOCO, l'estensore del rapporto aveva riferito di una serie di accertamenti svolti per sondarne la veridicità: e su tali accertamenti, dai quali emergeva l'inattendibilità della versione dei fatti fornita dal teste, si dovrà tornare ampiamente in prosieguo di trattazione.
24/10/83 Il 24 ottobre, il rapporto in esame veniva trasmesso (38) al
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(37)- Si tratta di un errore: la conferma era stata resa al G.I. di Sulmona: cfr. IA, V9/a-2, C40, p5/bis-3. (38) - RI, C5, p12. PUBBLICO MINISTERO -essendo stato frattanto il PICCIAFUOCO escusso prima il 6 (39) e poi il 20 ottobre (40)- per la contestazione del delitto di cui all'art. 496 C.P., commesso in Bologna il 2 agosto 1980.
29/10/83 Cinque giorni più tardi, la Procura della Repubblica chiedeva (41) di voler contestare detto reato con mandato di comparizione.
1.6.12) Il rapporto SISDE del novembre '83
21/11/83 Il 21 novembre il SISDE trasmetteva al Giudice Istruttore un nuovo rapporto (42). In esso si afferma, in sostanza, che: lo SPIAZZI si era effettivamente recato a Roma il 17/7/1980 ed, al rientro a Verona, aveva riferito al BENFARI una serie di notizie sull'attività di elementi e di gruppi gravitanti nell'ambito della destra eversiva della capitale; nessun ufficio o funzionario del Servizio aveva sollecitato lo SPIAZZI ad effettuare il viaggio; viceversa, lo SPIAZZI, in rapporto fiduciario col BENFARI sin dai primi mesi dell'80, aveva rappresentato al BENFARI stesso la possibilità di
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(39) - IA, V9/a-2, C40, pp. 11-14. (40) - IA,V9/a-2,C40,pp.15-18. (41) - RI, C5, p22. (42) - RA, V3 bis, C132 bis, pp. 125-132.
acquisire notizie sull'eversione di destra della capitale, tramite persone colà residenti, ed, in particolare, tramite la propria conoscente Giulia RACANIELLO; in relazione a ciò, il BENFARI aveva invitato lo SPIAZZI ad esaminare la possibilità di raccogliere eventuali notizie d'interesse per il Servizio in occasione di un viaggio a Roma che il Colonnello diceva d'aver programmato per informarsi circa lo stato del processo d'appello pendente a suo carico in relazione alla vicenda della `Rosa dei Venti'; nessun elemento del Servizio aveva potuto fare allo SPIAZZI, "né esplicitamente né indirettamente", il nome di `Chicco' FURLOTTI in epoca anteriore alla strage alla stazione di Bologna: "nell'ambito dei Centri di Bolzano e di Padova il predetto era completamente ignoto fino a quando non apparve sui giornali locali, ai primi del mese di settembre 1980", la notizia del suo arresto.
1.6.13) L'interrogatorio di Romano COLTELLACCI
07/12/83 Il 7 dicembre, il Giudice Istruttore contestava a Romano COLTELLACCI, con mandato di comparizione (43) i delitti di
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(43) - OC, V3, C70, pp. 3-4.
cui all'art. 270 bis C.P. e di banda armata.
16/12/83 Interrogato (44) il giorno 16 dello stesso mese, il COLTELLACCI, nel respingere ogni addebito, dichiarava anche, tra l'altro, di non esser mai stato richiesto dalla RACANIELLO di mettere in contatto "un esponente della destra con giovani estremisti".
1.6.14) Le dichiarazioni di Angelo IZZO
23/01/84 Il 23 gennaio del 1984, davanti al Procuratore della Repubblica di Firenze, che conduceva indagini concernenti atti terroristici compiuti in Toscana, Angelo IZZO, sentito ai sensi dell'art. 348 C.P.P. dichiarava tra l'altro (45):
"...CAVALLINI mi disse che PAGLIAI gli aveva riferito che la strage di Bologna era stata organizzata da DELLE CHIAIE. Questo era stato detto da PAGLIAI a CAVALLINI in seguito a domande insistenti fatte da quest'ultimo dopo che PAGLIAI aveva detto a CAVALLINI che diversa gente ce l'aveva con DELLE CHIAIE in quanto gli rimproverava di aver introdotto CIOLINI nell'ambiente, nell'aver mantenuto rapporti con lui e nell'averlo messo a conoscenza di cose che non avrebbe
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(44) - IB, C15, pp. 36-38. (45) - AA, V4, C24, pp. 104-113.
dovuto sapere." E poi ancora, rispondendo ad una domanda dell'inquirente: "Su ciò il discorso di CAVALLINI fu in questi termini. Per essere precisi al 100%, al cento per cento, CAVALLINI mi disse che PAGLIAI gli aveva riferito che CIOLINIaveva detto un sacco di bugie, ma che comunque qualcosadi vero lo aveva detto con riferimento ai rapporti con DELLE CHIAIE e che comunque CIOLINI aveva saputo di cose che non doveva sapere. Per quanto riguarda le motivazioni della strage di Bologna preciso subito che qui, dai discorsi fattimi da CAVALLINI, risultava che si intersecavano le conclusioni tratte da lui CAVALLINI con quanto gli aveva detto PAGLIAI. Comunque io mi limito a dire quel che mi diceva CAVALLINI. E CAVALLINI diceva che la strage di Bologna era frutto di una decisione presa dagli avanguardisti per rimescolare le carte del mondo neofascista italiano; CAVALLINI non escludeva che ci fossero altri motivi o interessi. Tuttavia secondo CAVALLINI e cioè secondo quanto lui diceva, nel periodo precedente alla strage di Bologna, nell'ambito dell'ambiente, Avanguardia si trovava in una posizione difficile sia per il dissolversi in termini militari e politici del gruppo Terza Posizione su cui aveva puntato le sue carte, sia perché era ormai, Avanguardia con DELLE CHIAIE, universalmente malvista e rischiava di perdere ogni possibilità di allargamento di base e di consenso. In quest'ottica, a mezzo della strage, contavano, così diceva CAVALLINI, innanzitutto, di radicalizzare la situazione di molti camerati che, allora, avrebbero potuto esser recuperati e aiutati mediante le strutture di Avanguardia; inoltre speravano, quelli di Avanguardia, che fosse colpito, a seguito della strage, un certo tipo di ambiente, quello, diciamo così, spontaneista...pensavano, attraverso la strage, di ricompattare l'ambiente all'interno di uno spirito di ghetto e ciò a seguito delle reazioni verso la destra che avrebbe prodotto il fatto di strage..."
Riferiva poi l'IZZO, nel corso del medesimo interrogatorio, come fosse entrato in confidenza, in un periodo di comune detenzione, con Gaetano SINATTI -persona che egli indica in rapporto di dipendenza rispetto a Vincenzo VINCIGUERRA (46),
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(46) - Personaggio, quest'ultimo, sul quale si dovrà tornare in corso di trattazione.
esponente di Avanguardia Nazionale- ed avesse appreso di un lungo e complesso dibattito interno ad Avanguardia, nel corso del quale, ad un certo punto, "si era fatta strada maturandosinel tempo...-soprattutto" (a detta del SINATTI) "per colpa o meglio per iniziativa di BALLAN- l'idea di fare un botto funzionale al discorso di aggregazione e controllo di cui ho detto e per creare lo spirito di ghetto cui ho fatto riferimento...Mi disse SINATTI che l'idea del botto aveva man mano cominciato a prender campo e SINATTI mi disse che VINCIGUERRA si era dissociato su questa idea da TILGHER, BALLAN, GIORGI e PALLADINO Carmine che invece cominciavano a coltivarla e VINCIGUERRRA si dissociò, diceva SINATTI, perché diceva che era una cosa da pazzi. Mi disse SINATTI che proprio per rendere esplicita, manifestata e irrevocabile la sua dissociazione dall'idea il VINCIGUERRA si era costituito, malgrado la lunga pena che avrebbe dovuto espiare,per viadel fatto deldirottamento aereo" (47)"... SINATTI sapeva delle cose che mi raccontava per averle a sua volta apprese da VINCIGUERRA col quale era stato in carcere
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(47)- Si tratta del dirottamento di Ronchi dei Legionari, risalente al 6/10/1972, per il quale il VINCIGUERRA ha riportato condanna in via definitiva. sia a Porto Azzurro che a Volterra..."
Sempre nel corso del medesimo interrogatorio, l'IZZO riferiva anche circostanze che diceva d'aver appreso da Marcello IANNILLI nel carcere di Ascoli Piceno: "...lo IANNILLI mi raccontò che il PALLADINO aveva riferito che VALE erastato contattato da Avanguardia Nazionale che gli aveva fatto la proposta di appoggiarsi alla stessa Avanguardia, ma il VALE aveva rifiutato in malo modo. PALLADINO aveva commentato: avete visto, questo ha fatto il cane sciolto e che fine gli è capitata? (il VALE era morto inoccasione dell'arresto)...Mi disse lo IANNILLI che come PALLADINO era arrivato a Novara, il CONCUTELLI aveva deciso di ucciderlo in quanto era uno dei capi di Avanguardia; in più ad aumentare l'ostilità c'era stato questo discorso del PALLADINO sul VALE, dal quale, anche se non detto, emergeva o poteva emergere che era stata Avanguardia a dare le indicazioni per trovarlo...Mi disse IANNILLI che lui e CONCUTELLI avevano mostrato di esser favorevoli al PALLADINO (il CONCUTELLI si era messo a fare il nostalgico della Spagna), in modo che questi si aprisse il più possibile. Il PALLADINO,presa una certa fiducia, si lasciò andare, così mi diceva IANNILLI, a fare discorsi riferiti anche alla strage di Bologna ...Mi disse poi IANNILLI che alla fine PALLADINO aveva detto che la strage l'avevano organizzata BALLAN e GIORGI..." E ancora, verso la conclusione dell'interrogatorio: "...Dopo la strage di Bologna, il FREDA, quando veniva nel carcere di Trani da Catanzaro nelle more del processo, non veniva più messo in sezione, ma stava in infermeria e in qualche occasione pregando un qualche brigadiere di farmi parlare col FREDA, di farmelo salutare, sono riuscito a parlarci. Orbene voglio dire, anche se questo può sembrare in contrasto con quanto finora ho riferito, ma io debbo dir la verità, che FREDA, parlando della strage diceva che secondo lui vi era implicato il FACHINI: io non so se questa affermazione dipendeva dalla `fissa' che FREDA aveva col FACHINI o dal fatto che ne sapesse qualcosa..." 22/02/84 Il 22 febbraio, le dichiarazioni testé riportate venivano dall'IZZO confermate, nella loro sostanza, e con alcune puntualizzazioni, di fronte al Giudice Istruttore del presente procedimento (48).
Il 6 aprile l'IZZO sarà poi posto a confronto (49) con il CAVALLINI (50): e di fronte a costui ribadirà quanto aveva precedentemente riferito agli inquirenti. Il CAVALLINI, per parte sua,negherà d'aver detto all'IZZO di aver appreso dal PAGLIAI che la strage era stata organizzata dal DELLE CHIAIE; ma ammetterà d'aver parlato con l'ex compagno di detenzione del contenuto dei suoi colloqui col PAGLIAI circa la strage stessa, e affermerà d'aver riferito all'IZZO soltanto che il PAGLIAI non escludeva l'ipotesi della responsabilità del DELLE CHIAIE; e concluderà così: "Non posso che ribadire che evidentemente IZZO ha capito male o che io mi sono spiegato male..."
1.6.15)Il mandato di comparizione per il delitto di cui all'art. 496 C.P. nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO ed i relativi sviluppi
06/03/84 Il 6 marzo, il Giudice Istruttore emetteva mandato di comparizione (51) nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO per il delitto di cui all'art. 496 C.P., contestandogli d'aver
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(48) - EB, V3, C68, pp. 26-36. (49) - IA, V9/a-2, C41, pp. 17-18. (50)- Quest'ultimo era stato arrestato in Milano, il 12/9/1983: cfr. RA, V9, C391, p34. (51) - OC, V4, C82, p5.
fatto mendaci dichiarazioni circa la propria identità
personale ai sanitari dell'Ospedale Maggiore di Bologna che, il 2 agosto 1980, redigevano certificato medico per le lesioni da lui riportate in occasione dell'attentato.
22/03/84 Il giorno 22 il PICCIAFUOCO veniva interrogato (52).
23/03/84 Il giorno successivo il verbale d'interrogatorio veniva trasmesso al PUBBLICO MINISTERO, che, contestualmente interpellato sull'opportunità dell'emissione di comunicazione giudiziaria per strage nei confronti dell'imputato, il giorno stesso si esprimeva affermativamente (53).
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(52) - Cfr. IA, V9/a-2, C40, pp. 23-25. (53) - Cfr., per tali ultimi sviluppi, quanto si dirà sub 1.7.1).
1.7) 24 marzo 1984 - 8 gennaio 1985 Dalla comunicazione giudiziaria per strage nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO all'ordinanza del 'Tribunale della Libertà' sulle posizioni GIORGI, BALLAN, TILGHER e SIGNORELLI
1.7.1) La comunicazione giudiziaria per strage nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO
Il 23 marzo, il Giudice Istruttore -come si è accennato- aveva trasmesso (1) al PUBBLICO MINISTERO il verbale dell'interrogatorio reso il giorno precedente dal PICCIAFUOCO, sulle contestazioni di cui al mandato di comparizione del quale si è detto sub 1.6.15): e ciò perché si esprimesse sull'opportunità di emettere comunicazione giudiziaria per strage nei confronti del suddetto imputato. Il giorno stesso, il Procuratore della Repubblica si era espresso (2) positivamente, indicando, a supporto della richiesta, le seguenti emergenze probatorie:
1) presenza del PICCIAFUOCO alla Stazione al momento in cui avvenne l'attentato;
2) certificazione rilasciata allo stesso dall'Ospedale Maggiore di Bologna con l'indicazione dell'ora di visita: 11,39 del 2/8/80 (e cioè nell'immediatezza dell'esplosione
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(1) - RI, C6, p2. (2) - RI, C6, p3.
della bomba), gravemente contrastante con ledichiarazioni rese dal PICCIAFUOCO di essersi prodigato per il soccorso dei feriti e di essere stato visitato soltanto nel pomeriggio inoltrato del 2/8/80);
3) indagini svolte dalla polizia, che escludono che alcun tassista di Modena abbia prelevato passeggeri alla Stazione di Modena trasportandoli a quella di Bologna, il cui esito contrasta assolutamente con le dichiarazioni reiterate del PICCIAFUOCO, già di per sé inattendibili, in quanto dirette a sostenere l'intenzione di esso PICCIAFUOCO di raggiungere Milano da Bologna in treno, avendo egli raggiunto la Stazione di Modena in tempo non utile per accedere al treno Modena-Milano;
4) la presenza del nominativo del PICCIAFUOCO nell'agenda di Gilberto CAVALLINI;
5) la sicura appartenenza del PICCIAFUOCO all'ambiente dell'eversione di estrema destra rappresentata dalla presenza di un tatuaggio, poi ricoperto, rappresentante la Rosa dei Venti;
6) il possesso, da parte del PICCIAFUOCO, di documenti personali di identificazione riportanti il nominativo "VAILATI": lo stesso di cui hanno usufruito persone legate ad Avanguardia Nazionale in Sicilia.
24/03/84 Il giorno immediatamente successivo alla richiesta, il Giudice Istruttore emetteva effettivamente, nei confronti di Sergio PICCIAFUOCO, comunicazione giudiziaria per il delitto di strage (3).
1.7.2)La missiva del Consigliere Istruttore al PUBBLICO MINISTERO dell'aprile '84
11/04/84 L'11 aprile, il Consigliere Istruttore inviava al PUBBLICO MINISTERO una missiva(4) con la quale lo invitava, in relazione a quanto acquisito agli atti sino a quel momento, a compiere valutazioni e formulare richieste su una serie di punti, che indicava come di particolare rilievo; e faceva specifico riferimento agli accertamenti relativi alla natura e capacità lesiva della carica esplosiva, alla posizione di Paolo BELLINI (5) ed altre eventuali responsabilità connesse, alla deposizione SPIAZZI ed agli appunti trasmessi dal SISDE, alla posizione di Massimiliano
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(3) - OC, V4, C82, p10. (4) - RI, C6, pp. 5-8. (5) - Per la posizione di costui, raggiunto da comunicazione giudiziaria per strage sin dal 28/2/83 (RA, V1/bis-1, C1, p134), cfr. RA, V1/bis-1, V1/bis-2 e V1/bis-3. FACHINI, nonché alle posizioni DELLE CHIAIE, BALLAN, GIORGI e TILGHER.
1.7.3) La dichiarazioni del Generale NOTARNICOLA al PUBBLICO MINISTERO di Roma 03/05/84 Il 3 maggio, deponendo in un procedimento penale pendente avanti all'autorità giudiziaria romana e concernente attività delittuose commesse da alcuni dirigenti del SISMI negli anni 1980/81 (6), il Generale Pasquale NOTARNICOLA, giàcapo della 1ª Divisione del SISMI,dichiarava(7)tra lo altro:"...rammento che effettivamente -in quei giorni" (8)- "tornarono dalla Francia il Gen. SANTOVITO, il PAZIENZA ed il giornalista americamo Mike LEDEEN.In quell'occasionefui convocato all'aeroporto di Ciampino, con urgenza, per ricevere disposizioni dal Generale SANTOVITO a riguardo di informazioni in possesso del Colonnello MUSUMECI. In sintesi, l'informativa riguardava presunti attentati a nodi ferroviari od a treni ed ebbe -a breve distanza di tempo- successivi sviluppi..."
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(6) -Si tratta dei fatti poi giudicati con la sentenza citata sub 1.2.10), nota (24). (7) -Cfr. Cal., V5, C43, pp. 2-3. (8) -L'episodio (cfr. supra, sub 1.2.10) risale al 9/1/81; il Gen. NOTARNICOLA, nella deposizione in esame, aveva come riferimento cronologico il rientro dalla Francia del Gen SANTOVITO, reduce da un incontro con il Gen. Alexandre DE MARENCHES, capo dello SDECE, servizio di sicurezza francese.
Gli sviluppi cui il teste si riferiva erano, naturalmente, quelli sopra illustrati, sub 1.2): cioè quelliconcernenti l'operazione `Terrore sui treni' ed il trasporto di armi ed esplosivo sul treno Taranto-Milano.
A seguito della deposizione del Gen. NOTARNICOLA, dell'acquisizione, presso l'Ufficio Istruzione di Bologna, di atti relativi al processo cosiddetto `della valigia', nonché di atti dal SISMI (9), il Procuratore della Repubblica di Roma, il 18/10/1984, emetterà ordine di cattura (10), oltre che contro alcune altre persone per varie attività delittuose, anche contro il Gen. MUSUMECI ed il Col. BELMONTE, fra l'altro, per aver essi portato e collocato sul treno Taranto-Milano le armi e l'esplosivo su detto treno rinvenuti il 13/1/1981.
1.7.4) Le dichiarazioni di Vincenzo VINCIGUERRA
06/06/84 Il 6 giugno, di fronte al Giudice Istruttore del presente procedimento, compariva per la prima volta Vincenzo VINCIGUERRA, il quale, in quell'occasione, si avvaleva della
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(9) -Cfr. AA, V7, C43, pp. 33 e ss. (10) - AA, V7, C43, pp. 25-29.
facoltà di non rispondere all'interrogatorio ex art. 348 bis del Codice di rito (11).
20/06/84 In seguito, a far tempo dal 20 giugno (12), il VINCIGUERRA risponderà alle domande dell'Istruttore.
Il VINCIGUERRA, che si era confessato autore della `strage di Peteano'(13), negherà esser vero quanto riferito dall'IZZO circa la dissociazione dello stesso VINCIGUERRA da una pretesa "linea stragista portata avanti da `A.N.'" (cioè Avanguardia Nazionale); e sosterrà viceversa di essersi dissociato da posizioni di tipo terroristico proprio nel momento in cui aveva aderito ad Avanguardia Nazionale; attribuirà tutte le stragi "che hanno insanguinato l'Italia a partire dal 1969" ad un'unica matrice organizzativa -rispondente ad una logica secondo cui le direttive partono da apparati inseriti nelle istituzioni- affermando altresì che in tale "struttura occulta" sono inseriti, e da molto
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(11) - EB, V3, C76, p10. (12) - EB, V3, C76, pp. 12-16. (13)-Il 31/5/1972, in Sagrado di Peteano,militi dell'Arma furono attirati, con una proditoria telefonata, verso una vettura carica di esplosivo, che deflagrò all'atto dell'apertura del veicolo. L'attentato costò la vita di due Carabinieri e di un Sottufficiale, nonché il ferimento di un Ufficiale. Il VINCIGUERRA, per tale attentato, è stato condannato in via definitiva alla pena dell'ergastolo.
tempo, "alcuni quadri di Ordine Nuovo del Veneto"; sosterrà ancora che, dai primi anni '60, "viene portata avanti in Italia una strategia politica unitaria, la quale si è servita anche delle stragi, ma non solo di queste, in funzione di potere"; che "il fine politico che attraverso le stragi si è tentato di raggiungere è molto chiaro: attraverso gravi `provocazioni', innescare una risposta popolare di rabbia da utilizzare per una successiva repressione"; e che "in ultima analisi il fine massimo era quello di giungere alla promulgazione di leggi eccezionali o alla dichiarazione dello stato di emergenza".
1.7.5) La comunicazione giudiziaria per strage nei confronti di Adriano TILGHER e Marco BALLAN
22/06/84 Il 22 giugno, la Procura della Repubblica, investita (14) della questione dal Giudice Istruttore, richiedeva (15) l'emissione di comunicazione giudiziaria per il delitto di strage nei confronti di Adriano TILGHER e Marco BALLAN, sulla scorta degli interrogatori assunti ex art. 348 bis C.P.P., nonché di quelli resi ad altre autorità giudiziarie
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(14) - RI, C6, p9. (15) - RI, C6, p10.
ed acquisiti ex art. 165 bis C.P.P. (16).
26/06/84 Quattro giorni più tardi il Giudice Istruttore provvedeva in conformità (17).
1.7.6) Le richieste della Procura del luglio '84
10/07/84 Il 10 luglio, la Procura della Repubblica formalizzava le proprie richieste (18), in risposta alla missiva del'Istruttore di cui si è detto sub 1.7.2)
E concludeva chiedendo, fra l'altro, l'emissione di mandato di cattura per strage -in concorso tra loro e con gli imputati già raggiunti da tale accusa- del BALLAN, del TILGHER, del SIGNORELLI, del FACHINI e del RINANI. La richiesta si fondava su una serie di emergenze (peritali, testimoniali e documentali) in base a cui si prospettava la tesi di fondo che, nel luglio 1980, la "cellula veneta" ed il DELLE CHIAIE, tramite il MANGIAMELI, avessero riproposto in Italia una strategia di attentati con identità di obiettivi: identità di obiettivi che, a far tempo dal 1975, anno della riunificazione di O.N. ed A.N. (19), non era mai
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(16) - Cfr. supra, sub 1.6.14). (17) - OC, V3, rispettivamente C65 p12 e C68 p28. (18) - RI, C6, pp. 11-33. (19) - Sul tema specifico della riunificazione si dovrà ritornare in prosieguo. venuta meno, in quanto poi i due gruppi, con una consapevolezza che apparteneva solo ai loro vertici, avevano sempre gestito -unitariamente, pur nella molteplicità delle sigle-il panorama eversivo nazionale, anche nella parte che (Terza Posizione e N.A.R.) si richiamava allo spontaneismo armato. Si affermava testualmente: "...Ora è evidente che la decisione di A.N. di riprendere la sua azione politica in Italia doveva significare anche una ricerca di consenso nel frastagliato mondo dell'ultra-destra e la necessità di ricorrere, per l'aspetto operativo, ai `ragazzini' dei N.A.R. e dunque al suo alleato di sempre, SIGNORELLI Paolo, che li gestiva. Avviene così il rilancio, attraverso la riaffermazione dell'unità di azione tra A.N. ed O.N., della strategia di ricompattamento del'ultra destra, o attraverso l'adesione al progetto stragista ovvero attraverso le repressioni indiscriminate di polizia che necessariamente una strage innesca. Tutto ciò in un momento di crisi del Movimento Armato, e di progressivo allontanamento dalle influenze dei `vecchi tramoni'. Ed ecco intervenire con diversi compiti e spesso con strategie non coincidenti, A.N. con tutti i suoi vertici; esponenti di T.P. con MANGIAMELI collegati ad A.N. e ad O.N.; di strutture oscure come Costruiamo l'Azione, i Cop, l'MRP, con SIGNORELLI, FACHINI e CALORE; gli stessi NAR con FIORAVANTI e MAMBRO, nella realizzazione del più terribile attentato dell'Italia Repubblicana, quello della stazione di Bologna del 2/8/1980..."
1.7.7)Il mandato di cattura per strage nei confronti di Massimiliano FACHINI e Roberto RINANI
16/07/84 Sei giorni più tardi, l'Istruttore ordinava la cattura del FACHINI e del RINANI (20), contestando loro il delitto di strage. La parte motiva del provvedimento si fondava sulle seguenti emergenze: molteplici elementi probatori idonei ad individuare nel FACHINI e nel RINANI persone già al corrente dell'attentato prima del suo verificarsi
(VETTORE, ANSALDI, STROPPIANA); numerose deposizioni testimoniali idonee ad individuare il FACHINI come punto di riferimento essenziale della strategia stragista e responsabile del relativo settore operativo centro-nord, nonché promotore di precedenti attentati dinamitardi con
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(20) - OC, V2, rispettivamente C29, pp. 28-30 e C28, pp. 24- 26.
tentativi di strage (ALEANDRI, ANSALDI, TISEI, CALORE e FIORAVANTI C.); ulteriori indicazioni probatorie, sostanziantisi in un'accusa al FACHINI, sia pure `de relato', di implicazione nell'organizzazione della strage (NICOLETTI ed IZZO); approfonditi accertamenti, in base ai quali si era stabilito che il FACHINI ed il RINANI, pur negando di conoscersi, erano in stretti rapporti operativi ed appartenevano alla medesima organizzazione terroristica (esiti perquisizioni presso abitazione RINANI, deposizioni CALORE, CONTIN, BENELLE) (21).
1.7.8) L'ordinanza del Giudice Istruttore sulle posizioni GIORGI, BALLAN, TILGHER e SIGNORELLI
02/10/84 Con ordinanza (22) in data 2 ottobre, l'Istruttore provvedeva a respingere la richiesta di emissione di mandato di cattura per strage nei confronti del BALLAN, del TILGHER e del SIGNORELLI, ed a scarcerare Maurizio GIORGI per scadenza termini quanto al delitto di cui all'art. 270 bis C.P. e per sopravvenuta insufficienza di indizi quanto al delitto di strage (dando atto che, per la detenzione e la
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(21) - Per questi ultimi due testi, cfr. EA, rispettivamente V10/a-2, C66 e V10/a-6, C269. (22) - RI, C6, pp. 39-54.
ricettazione della pistola, l'imputato era stato scarcerato sin dall'8/11/1983). Osservava l'estensore del provvedimento che: per le posizioni BALLAN e TILGHER, le emergenze processuali cui faceva riferimento l'ufficio requirente traevano origine dalla deposizione IZZO, sostanziantesi in notizie apprese nell'ambito carcerario,di contenuto "vago e generico tanto da non consentire validi riscontri"; la verifica delle fonti dell'IZZO, operata con puntiglio in tutte le direzioni, non era approdata a risultati utili; neppure quanto al ruolo, attribuito al SIGNORELLI, di elemento di spicco di una struttura di comando unitaria, diretta dal DELLE CHIAIE -e nella quale sarebbero stati inseriti il BALLAN, il GIORGI ed il TILGHER- il compendio probatorio appariva tale da elevare l'assunto accusatorio a qualcosa di più e di diverso da una seria e rilevante ipotesi di lavoro; l'ipotesi della costituzione, nell'estate dell'80, di un vertice unitario ON-AN-NAR-TP doveva ritenersi poco verosimile alla stregua delle recenti dichiarazioni di vari soggetti processuali; che l'unità operativa propugnata nella riunione di Albano Laziale del 1975 non perdurò negli anni successivi; che l'analisi del contenuto dell' `informativa SPIAZZI' 28/7/80 non autorizzava a ritenerla collegata alle rivelazioni del VETTORE PRESILIO, e portava ad escludere che essa avesse diretta relazione con la strage di Bologna; quanto alla posizione GIORGI, a seguito di difficoltose e complesse verifiche, dovevano ritenersi inattendibili le dichiarazioni di Elio CIOLINI, nell'ambito delle quali appariva sterile il tentativo di sceverare il vero dal falso, laddove non fossero sorrette da riscontri di natura oggettiva; le indagini condotte alla ricerca di riscontri all'emergenza di maggior peso a carico del GIORGI -cioè il preteso viaggio dall'Argentina all'Italia nell'estate dell'80- non erano approdate a risultati tali da costituire oggettivo riscontro alle dichiarazioni del CIOLINI sul punto; e, infine, quanto al delitto associativo, il termine massimo di custodia cautelare era ampiamente scaduto.
1.7.9) La genesi del processo cosiddetto `della calunnia'
22/10/84Il 22 ottobre veniva interrogato dal PUBBLICO MINISTERO di Roma, nel procedimento di cui si è detto sub 1.7.3), il Col. BELMONTE (23). Costui, che, in precedenza, aveva fornito una differente versione, dichiarava che la sua fonte era stata il M/llo dei Carabinieri Francesco SANAPO, Comandante la Stazione di Vieste. E precisava: "... in Vieste, presso la Stazione CC, ho ricevuto -insieme al SANAPO- per telefono, le notizie relative al trasporto di esplosivi. Ignoro quale fosse la fonte del SANAPO e non gliela ho mai chiesta perché si trattava di un rapporto fiduciario. Dal detto SANAPO avevo avuto, nell'ottobre 1980, le notizie relative all'attentato di Bologna."
24/10/84 Due giorni più tardi, il PUBBLICO MINISTERO di Roma, alla presenza del PUBBLICO MINISTERO di Bologna, esaminava (24) il M/llo SANAPO, il quale, dopo aver lungamente sostenuto di aver attinto da tale Peppe MONNA, suo confidente, tra l'ottobre '80 ed il gennaio '81, notizie relative alla strage di Bologna ed alla vicenda del treno Taranto-Milano, e di averle poi riferite al BELMONTE, ad un certo punto della deposizione dichiarava di voler finalmente dire tutta
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(23) - Cal., V2, C1., pp. 77-79; cfr. supra, sub 1.3.7). (24) - Cal., V2, C1., pp. 82-88.
la verità: e cioè, molto semplicemente, che il suo rapporto con un confidente depositario di notizie sulla strage di Bologna e sull'operazione `terrore sui treni' era stato inventato di sana pianta; e che la richiesta di simulare un pregresso rapporto con un fantomatico confidente gli era stata rivolta nella primavera dell'81 dal BELMONTE, il quale gli aveva chiesto un aiuto per sé e per il MUSUMECI, trovandosi quest'ultimo "praticamente sotto inchiesta a Bologna per via di un'informativa che ... aveva fatto sulla strage avvenuta il 2 agosto..."
Il giorno stesso, il PUBBLICO MINISTERO di Roma titolare del procedimento di cui si è detto sub 1.7.3) trasmetteva (25) alla Procura di Bologna il verbale della deposizione del Gen. NOTARNICOLA, nonché la copia degli atti acquisiti dal SISMI (26).
03/11/84 Il 3 novembre, il Procuratore della Repubblica di Bologna provvedeva ad acquisire (27), dal Giudice Istruttore del presente procedimento e da quello del procedimento cosiddetto `della valigia' tutte le informative SISMI agli
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(25) - Cal., V2, C2, p1. (26) - Cal., V2, C2, pp. 2 ss. (27) - Cal., V1, p1.
atti dei relativi fascicoli, nonché i rapporti di organi di Polizia giudiziaria redatti a seguito delle informative suddette (28). E ciò al dichiarato scopo "di consentire" al suo "ufficio l'esercizio dell'azione penale contro Pietro MUSUMECI e BELMONTE Giuseppe per l'intera attività comunque da loro dispiegata in detti procedimenti": attività riconducibile, nell'ipotesi accusatoria che si andava prospettando, al delitto di calunnia. 10/11/84 Una settimana più tardi, l'Istruttore del presente procedimento escuteva il Gen. NOTARNICOLA (29), il quale
confermava le dichiarazioni già rese al PUBBLICO MINISTERO di Roma, e, tra l'altro, aggiungeva: "...All'aeroporto di Ciampino arrivò l'aereo del SANTOVITO dal quale scesero insieme con lui il noto PAZIENZA, la moglie del Gen. SANTOVITO ed il giornalista americano Michael LEDEEN. Ad aspettare il SANTOVITO a Ciampino vi erano sicuramente il Gen. MEI, il Col. MUSUMECI, quasi sicuramente il Col. D'ELISEO ed altre persone che non ricordo...il MUSUMECI, alla presenza del SANTOVITO, mi consegnò il documento
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(28) - Cal., V1, pp. 2 e ss. (29) - Cal., V3, pp. 60-67.
contenente l'appunto che riguardava il possibile attentato. Quando dico alla presenza di SANTOVITO, intendo riferirmi al fatto che il documento mi venne consegnato nella stanza dell'aeroporto doveci trovavamo tutti dopo l'arrivo dell'aereo con il Direttore del Servizio...Chiesi al Col. MUSUMECI personalmente se l'espressione concernente il ricatto al governo fosse una valutazione della fonte...il MUSUMECI mi rispose che si trattava di una valutazione della fonte...successivamente la notizia venne a specificarsi in modo sempre più preciso, tanto che io trassi il convincimento che la fonte doveva essere un membro dell'organizzazione terroristica...con ogni probabilità la sera dell'11/1/81 venne nel mio ufficio il Col. BELMONTE, il quale mi disse che la notizia preannunciata si stava concretizzando e che egli stava per partire per contattare personalmente la fonte...ricordo di aver chiesto al Col. BELMONTE chi fosse la fonte dalla quale si stava recando, ma il predetto tergiversò...quando gli chiesi come avrei potuto fare a contattarlo, mi rispose che si recava dalle parti di S. Severo e che avrei potuto fare riferimento eventualmente alla locale stazione carabinieri...detti disposizione ai miei collaboratori di fare una telefonata ai Carabinieri di S. Severo per tentare di localizzare il BELMONTE; tanto allo scopo di poter successivamente attivare il CS di Bari per riuscire a fotografare la fonte nel momento in cui si incontrava con il BELMONTE...non sono in grado di ricordare quante telefonate abbia fatto tra la sera del 12 e la notte il BELMONTE al mio ufficio. Ricordo però che sicuramente ad ogni telefonata di aggiornamento della situazione fatta dal BELMONTE ha corrisposto un messaggio di aggiornamento della situazione per le forze dell'ordine interessate...ricevo lettura del rapporto SISMI 24/2/81 con riferimento al punto 3 dove si parla del coinvolgimento di Giorgio VALE. Si tratta di rapporto che è stato redatto dalla Divisione da me diretta, ma certamente sulla base di informative ancora provenienti dal Col. MUSUMECI...nulla consta alla prima Divisione circa l'appartamento di via Rizzo ad Imperia, se non quanto riferito dal MUSUMECI..."
17/11/84 A distanza di una settimana,ilGen. NOTARNICOLA veniva nuovamente escusso (30).
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(30) - Cal., V3, pp. 70-80.
21/11/84 Di lì a quattro giorni, il PUBBLICO MINISTERO emetteva ordine di cattura (31) nei confronti del BELMONTE, del MUSUMECI e di Francesco PAZIENZA (32) per il delitto di calunnia pluriaggravata, contestando loro di avere, in concorso col SANTOVITO (all'epoca già deceduto) e con altre persone non identificate, con abuso della pubblica funzione e con fini di eversione dell'ordine democratico, nonché con la finalità di assicurare l'impunità agli autori della strage di Bologna ed agli autori dell'attentato sul treno Taranto-Milano, simulando il realizzarsi di un insieme di reati di natura eversiva ed inducendo in errore l'autorità di polizia e l'autorità giudiziaria, incolpato falsamente dei suddetti reati -facendo convergere le indagini su false piste estere- le varie persone indicate nelle informative via via trasmesse dal SISMI, nonché Roberto FIORE e Gabriele ADINOLFI, "identificati erroneamente dall'A.G. bolognese sulla base della falsa accusa degli imputati".
Il provvedimento veniva eseguito soltanto nel confronti del
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(31) - Cal., V3, pp. 147-151. (32) - Per la posizione di quest'ultimo, cfr. supra, sub 1.1.11) ed 1.2.11).
BELMONTE edel MUSUMECI (33), mentre il PAZIENZA rimaneva latitante, essendo riparato all'estero da tempo.
1.7.10) Le dichiarazioni di Mauro ADDIS
26/11/84 Il 26 novembre veniva esaminato come teste Mauro ADDIS (34), il quale, tra l'altro, dichiarava: "...Sono oggi disposto a dire tutta la verità in merito all'affitto della casa sita in Taranto dove, nell'agosto dell'80, andò ad abitare Valerio FIORAVANTI. Bisogna premettere che, nel 1978, in carcere,...ebbi modo di conoscere Pierluigi CONCUTELLI...nel febbraio dell'80 uscii dal carcere...in aprile a Milano mi trovai in giudizio assieme ad esponenti della banda VALLANZASCA e allo stesso Pierluigi CONCUTELLI...nel corso del processo ebbi modo di incontrare Francesco MANGIAMELI, il quale evidentemente saliva a Milano per salutare e comunque assistere al procedimento. Infatti il CONCUTELLI...mi indicò tra il pubblico il MANGIAMELI e mi disse di favorirlo ove mai questi me ne avesse fatto richiesta...il MANGIAMELI mi si avvicinò nell'aula di udienza e facemmo conoscenza...tra l'aprile ed il luglio
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(33) - Cal., V3, rispettivamente p152 e p153. (34) - EA, V10/a-5, C240, pp. 7-11.
1980 il MANGIAMELI mi chiese di procurargli un'autovettura, ed io infatti rubai per lui una GOLF chiara GTI...Nel luglio dell'80 sempre a Milano, dove il MANGIAMELI veniva spesso, quest'ultimo mi propose di affittare per conto suo un appartamento al mare, a Taranto. Mi disse che in compenso avrei potuto trascorrerci le vacanze in agosto. Io accettai...e sul finire di luglio andai a Taranto insieme con il MANGIAMELI... poi trovammo la casa...fui io da solo a condurre le trattative. Prima di trattare, il MANGIAMELI mi aveva chiesto di affittare la casa per tre mesi...Fu così che ai primi di agosto andai a Taranto dove, insieme con la mia ragazza, presi possesso della casa al mare...ero d'accordo con MANGIAMELI che un certo giorno d'agosto, che oggi non sono in grado di ricordare, ma con ogni probabilità nella prima settimana del mese, sarei dovuto andare davanti agli uffici SIP di Taranto per incontrarlo...quel giorno invece si presentarono due giovani i quali dissero di chiamarsi Riccardo e Chiara;" (35) "costoro mi dissero: `Sei tu l'amico di Francesco? Noi siamo suoi amici, abbiamo
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(35) - Si trattava di Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO.
dei problemi e andiamo nella casa al mare al posto di Francesco che non può venire.'...Io accettai la situazione e accompagnai i due nella casa sopra descritta...A Taranto io stavo con la mia ragazza...posso dire poco della vita del Valerio e della Francesca e delle persone che andavano a trovarli...alcuni loro amici li andavano a trovare. Queste ulteriori presenze fecero tanto insospettire la mia ragazza che a un certo punto decisi di far ritorno a casa o meglio di andare in un altro posto ...non ho mai notato nell'appartamento di Taranto armi, passamontagna o altro di irregolare..."
1.7.11)L'ordinanza del `Tribunale della Libertà' sul gravame del PUBBLICO MINISTERO avverso l'ordinanza del Giudice Istruttore 2/10/1984 Il Procuratore della Repubblica, con atto (36) in data 22/10/1984, aveva impugnato l'ordinanza dell'Istruttore di cui si è detto sub 1.7.8).
08/01/85 Il `Tribunale della Libertà' si pronunciava l'8/1/1985, rigettando il gravame (37). Il voluminoso provvedimento affermava, in estrema sintesi, che: non era condivisibile la
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(36) - AR, V5, C40, fascicolo Tribunale, pp. 20-89. (37) - AR, V5, C40, fascicolo Tribunale, pp. 91-205.
tesi, prospettata dal PUBBLICO MINISTERO, della presenza di una struttura sostanzialmente unitaria delladestra eversiva -al di là del proliferare delle sigle- nella seconda metà degli anni '70, fino alla vigilia della strage di Bologna, quando le `vecchie cariatidi del golpismo nero' sisarebbero trovate impegnate nel tentativo dichiudere gli spazi dell'autonomia spontaneista, per controllare l'intera area dell'ultra-destra da posizioni di potere; i buoni rapporti fra O.N. ed A.N., instauratisi nel 1975, dovevano ritenersi già cessati agli inizi del 1977; nella seconda metà degli anni settanta, nel panorama della destra eversiva, spesso le sigle nascondevano aggregazioni momentanee, finalizzate al compimento di singoli atti, non riconducibili, se non in via di azzardata ipotesi, ad una super-associazione o ad un progetto golpista e stragista; gli ambienti giovanili più oltranzisti dell'estrema destra erano stati spinti a vivere momenti di grande esaltazione, che finivano per esprimersi in iniziative destinate a canalizzare quasi totalmente il ribellismo, accentuandone le vene populiste e frenando quelle di stampo anarcoide; in tal senso emblematica era stata l'iniziativa giornalistica di `Costruiamo l'Azione'; ciò che qualificava il disegno sovversivo sotteso a `Costruiamo l'Azione' era l'analisi dei fatti:pertanto si rendevano necessarie la `permeabilità dell'ambiente' e la consapevolezza, da parte di tutti gli associati, se non delle singole responsabilità, in ordine ai vari episodi,quantomeno della loro riferibilità politica; tutto questo contraddiceva la vecchia impostazione dei gruppi storici (O.N. ed A.N.), attestata prevalentemente sul principio del doppio livello; all'occulta attività dei settori operativi, controllata solo dai vertici, si era sostituitoun poliedrico circuito tra il momento operativo (militare) e quello politico, attraverso una voluta parcellizzazione dei gruppi, delle iniziative e delle componenti ideologiche (cosiddetto spontaneismo organizzato); frutto evidente di questa logica erano stati i quattro attentati della primavera del 1979, a firma M.R.P.; appariva operazione ardua, allo stato delle conoscenze, dimostrare la matrice stragista della strategia globale degli attentati M.R.P.; la pretesa riconducibilità di Terza Posizione ad Avanguardia Nazionale appariva, allo stato, nientealtro che un' ipotesi da verificare; il mancato reiterarsi -dopo un primo tentativo di impostare un progetto in comune- di contatti fra gli ambienti di Costruiamo l'Azione e quelli di Terza Posizione fu dovuto anche alle critiche di ambiguità che questo secondo movimento rivolgeva al SIGNORELLI; l'esame complessivo delle vicende relative all'`informativa SPIAZZI', anche alla luce delle dichiarazioni rese dal Colonnello, dalla RACANIELLO e dal D'APRILE, non confortava la tesi sostenuta dal PUBBLICO MINISTERO, possibile essendo che le notizie trasfuse nella citata informativa fossero state acquisite dallo SPIAZZI già nel novembre 1979, nel qual caso occorreva spiegare perché fossero state comunicate al SISDE, tramite il BENFARI, soltanto alcuni giorni prima della strage, "che, peraltro, nell'informativa...è tutt'altro che annunciata"; non era provata l'identificabilità del `Ciccio' dell'informativa in Francesco MANGIAMELI e, comunque, era arbitrario sia ritenere il MAMGIAMELI uomo del DELLE CHIAIE, sia ritenerlo collegato con la strage di Bologna; a fronte dell'assoluta inaffidabilità dello SPIAZZI, veniva meno la possibilità di porre un collegamento fra l'informativa 28/7/1980 e le rivelazioni del VETTORE PRESILIO, "tanto più che la dedotta sovrapponibilità tra le due fonti" era "sopravvenuta e non originaria"; se vi era la prova che -tramite il DE FELICE- il GELLI fosse in grado di esecitare su Costruiamo l'Azione una certa egemonia, o, comunque, pressioni rilevanti, era tuttavia ancora da scrivere la storia dei rapporti tra la Loggia P2 e l'eversione di destra dopo il 1979; la disamina degli atti consentiva di escludere che il SIGNORELLI avesse cogestito, assieme a CALORE, la strategia degli attentati dinamitardi del 1978 e 1979; priva di riscontro era l'ipotesi che il MANGIAMELI fosse subordinato al SIGNORELLI e da questi introdotto in Terza Posizione nel 1980; quanto ai rapporti SIGNORELLI-FACHINI, era destituita di fondamento l'ipotesi che i due rappresentassero il vertice del M.R.P.; per le posizioni TILGHER e BALLAN, allo stato degli atti, in mancanza di riscontri, accedere alla richiesta di emissione di mandati di cattura avrebbe significato puramente e semplicemente aderire alla "logica" dell'IZZO, che non trovava neppure il conforto delle"numerose dichiarazioni...provenienti da esponenti di diverse formazioni", richiamate dal PUBBLICO MINISTERO appellante, se restituite al loro integrale contesto; per la posizione GIORGI, se occorreva dar atto che le dichiarazioni del CIOLINI erano state in qualche modo riscontrate quanto all'esistenza in Italia, ancora legata al DELLE CHIAIE, di un'organizzazione, sia pure di modeste dimensioni, costituita dai `leaders' di Avanguardia Nazionale, occorreva per converso affermare che le dichiarazioni del teste non avevano alcun pregio, ed erano certamente infarcite di menzogne, sul tema del rapporto fra l'organizzazione sopra indicata e l'attuazione della strage di Bologna; non v'era prova che il GIORGI ed il PAGLIAI fossero venuti in Italia per lo scopo indicato dal CIOLINI; e sembrava, invece, di poter affermare che il 26 giugno dell'80 avesse viaggiato da Buenos Aires a Parigi non il GIORGI ma il DELLE CHIAIE, che aveva usato un passaporto argentino contraffatto con le generalità del primo, applicandovi la propria fotografia.
1.8) 9 gennaio 1985 - 9 dicembre 1985 Il periodo compreso fra l'ordinanza del `Tribunale della Libertà' sulle posizioni GIORGI, BALLAN, TILGHER e SIGNORELLI, ed i mandati di cattura del dicembre '85
1.8.1) Ulteriori dichiarazioni di Cristiano FIORAVANTI
22/03/85 Il 22 marzo 1985, nel procedimentocosiddetto `della calunnia' (3496/A/84, già 2832/C/84 R.G.P.M.),il PUBBLICO MINISTERO provvedeva ad esaminare Cristiano FIORAVANTI, che, nel confermare le dichiarazioni precedentemente rese (1), tra l'altro riferiva (2): "Preciso che al corrente della nostra presenza a Taranto, impegnati nel progetto di evasione di CONCUTELLI, era certamente CARMINATI e dunque il gruppo della Magliana (3) al quale egli era collegato...l'ultima volta che sono stato a Taranto, cioè nel periodo in cui venne trovata la valigia sul treno, era presente anche CAVALLINI. Ritenevo molto pericolosa quell'azione per cui chiedevo i motivi per i quali si dovesse realizzare ad ogni costo. Fu Valerio a dirmi che CONCUTELLI rappresentava un simbolo per tutta la destra...Per quanto riguarda gli attentati avvenuti a Roma
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(1) -Cfr. anche supra, sub 1.3.4). (2) - Cal., V5, C28, pp. 1-5. (3) - Il FIORAVANTI alludeva alla formazione della malavita organizzata romana nota come `Banda della Magliana'. tra il novembre 1979 ed il febbraio 1980 rivendicati dai `Nuclei Fascisti Rivoluzionari' devo dire che in quel periodo nel quartiere Prati avvenivano continuamente attentati ad opera di ragazzi della sez. Prati del M.S.I. In particolare io partecipai...Prendo atto per la prima volta che con la sigla Nuclei Fascisti Rivoluzionari fu rivendicato anche l'omicidio a" (sic) "Pier Santi MATTARELLA," (4) "presidente della regione Sicilia. Io ho sempre espresso la convinzione che gli autori materiali di quell'omicidio fossero mio fratello e Luigi" (sic) "CAVALLINI coinvolti in ciò dai rapporti equivoci che stringeva MANGIAMELI in Sicilia. La storia dell'eliminazione di MANGIAMELI da parte di mio fratello richiama quei collegamenti. Peraltro mi risultava che in quei giorni mio fratello e anche CAVALLINI e Francesca MAMBRO erano in Sicilia per loro contatti con MANGIAMELI. Quando furono pubblicati gli identikit degli autori materiali dell'omicidio MATTARELLA sui giornali, ricordo che mio padre esclamò, per la somiglianza degli identikit con mio fratello
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(4) - Assassinato in Palermo il 6/1/1980: cfr. RA, V11, C430, p101.
e CAVALLINI, somiglianza che io stesso avevo rilevato immediatamente, `hanno fatto anche questo!'."
Successivamente, il 4/10/1985, esaminato dal Giudice Istruttore del presente procedimento,dichiarerà (5): "Sulla provenienza dell'esplosivo da noi impiegato, come ho detto in altre occasioni, indico: parte fu recuperata da una nave americana a Ponza, si trattava di balestite da scaricamento di proiettili di cannone. La utilizzammo tra vari attentati ad alcune sezioni del P.S.I.; parte fu acquistata da NISTRI presso la malavita comune, era tritolo in saponette. Lo usammo per la ACEA e per la Centrale del Latte. In tutti questi attentati la logica era solo quella di fare danni alle cose salvo quello al P.S.I. che come ho detto in un precedente verbale fu un po' un atto da irresponsabili, perché se fosse riuscito avrebbe provocato numerose vittime..." Riferirà altresì, nel corso della stessa deposizione, dei tentativi, compiuti da esponenti di Avanguardia Nazionale, di attirare lui e suo fratello nell'orbita di tale organizzazione, specificando che solo in
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(5) - EA, V10/a-3, C140 bis, pp. 27-28.
un secondo tempo fu possibile rendersi conto che Avanguardia tendeva a "sponsorizzare" tutto il loro ambiente e ad "inserirsi nelle varie organizzazioni attirandole nella propria orbita."
1.8.2) L'ordine di cattura per calunnia pluriaggravata nei confronti di Licio GELLI
25/03/85 Il 25 marzo, nel procedimento `della calunnia', il Procuratore della Repubblica, che fin dal 26/11/1984 aveva spedito a Licio GELLI comunicazione giudiziaria (6) per il delitto di calunnia pluriaggravata, ordinava la cattura del suddetto (7), con la stessa imputazione già contestata al MUSUMECI, al BELMONTE ed al PAZIENZA. Il provvedimento rimaneva ineseguito (8). Nella parte motiva dello steso si fa riferimento, oltre che agli specifici elementi d'accusa già raccolti a carico dei coimputati, anche alle seguenti ulteriori emergenze: le testimonianze dei Generali Ninetto LUGARESI e Giulio GRASSINI (9), del dott. Elio CIOPPA (10),
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(6) - Cal., V3, p157. (7) - Cal., V3, C2, pp. 1-4. (8) - Il GELLI, da tempo riparato all'estero e poi detenuto in Isvizzera, era evaso dal carcere ginevrino di Champ Dollon il 10/8/1983: cfr. Cal., V4, C2, p5. (9) - Il primo successore del SANTOVITO alla guida del SISMI ed il secondo Direttore del SISDE fra il '78 e l'81; cfr. Cal., V5, rispettivamente C38 3 C31. (10) - Cfr. supra, sub 1.1.10), testo e nota (51).
del Prof. Ferdinando ACCORNERO e dell'Ing. Francesco SINISCALCHI (11); la documentazione proveniente dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica 'P2' (12); le dichiarazioni di personaggi di "provenienza eversiva", quali Mauro ANSALDI, Walter SORDI, Aldo Stefano TISEI, Paolo BIANCHI, Piero CITTI, Sergio CALORE e Paolo ALEANDRI (13). Da siffatto compendio probatorio era dato evincere con evidenza -secondo l'assunto accusatorio- "gli stretti rapporti, le dirette influenze, la struttura gerarchica che legava, all'epoca dei fatti, GELLI Licio ai vertici del SISMI ed in particolare ai Generali MUSUMECI e SANTOVITO; lo stretto collegamento contestuale del GELLI con ambienti stragisti neri e della malavita organizzata romana; l'antica vocazione golpista del GELLI testimoniata dal suo coinvolgimento con esponenti `neri' e con aree eversive coinvolte nel c.d. Golpe BORGHESE; nella strage dell'Italicus, perla quale è stato anche indicato come
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(11) - Si tratta di personaggi interni alla massoneria,per le cui dichiarazioni cfr. Cal., V5, rispettivamente C1 e C51. (12)- Frattanto acquisita agli atti: cfr. Cal., V6. (13) - Per le cui dichiarazioni cfr. Cal., V5, rispettivamente C4, C52, C56, C9, C14, C12 e C3).
persona che tentò di deviare le indagini; nella strage del 2
agosto, per la quale è già stato raggiunto da comunicazione giudiziaria" (14). Si legge ancora nella motivazione dell'ordine di cattura: "appare provato in atti l'interessamento del GELLI e dei suoi correi teso ad ostacolare le indagini anche attraverso organi di stampa utilizzando persone del suo `entourage',ad una delle quali era già ricorso in occasione delle indagini sull' `Italicus'" (15) "... e di deviarle verso false piste estere al fineevidente dialleggerire posizioni processualidi imputati ovvero di indiziati della strage del 2 agosto, fin nella immediatezza del fatto, trattandosi di imputati o di indiziati (in specie: FACHINI, SIGNORELLI, SEMERARI ed altri) in qualche modo collegati con quella parte dei nostri
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(14) - Qui il PUBBLICO MINISTERO incorre in una svista: il GELLI era stato raggiunto da comunicazione giudiziaria nel procedimento relativo alla strage del 2 agosto: ma non per strage, bensì per gli artt. 270 bis, 305 e 416 C.P. (cfr. comunicazione giudiziaria 9/9/1982, in OC, V4, C76, p1). (15) -Il PUBBLICO MINISTERO, con la citazione -che si è omessa nel testo- di "Cap. II- G5 atti Comm. Inchiesta P2", cioè del documento rinvenibile in Cal., V6, C1, pp.78-79, allude al dott. Antonio BUONO, già Presidente del Tribunale di Forlì e iscritto nelle liste di Castiglion Fibocchi, che aveva reso a GELLI i servigi di cui al citato documento ed era stato autore degli articoli di stampa dell'agosto-settembre '80, comparsi sul quotidiano `Il Giornale' e raccolti in Cal, V5, C11, pp. 3-9.
servizi segreti compromessa con la loggia massonica P2,
collegamenti di cui vi è prova in atti, così come è provata l'esistenza di rapporti tra vertici eversivi neri, vertici della malavita organizzata romana, nazionale ed internazionale; vertici di detta loggia massonica e vertici militari iscritti alla P2;...tale condotta di deviazione delle indagini è avvenuta all'interno di un processo relativo all'episodio criminoso più grave mai verificatosi nel nostro Paese, con il concorso decisivo di persone che avevano il compito funzionale di salvaguardare le istituzioni da quelle forze eversive con le quali esse viceversa collaboravano; ...tale condotta criminosa, pervicacemente ripetuta nel corso del processo, ha creato ritardi nelle indagini relative agli autori di tali fatti delittuosi e tali deliberati depistaggi sono stati accompagnati dalla diffusione di falsi programmi eversivi al fine di creare ulteriori allarmi e tensioni nel nostro Paese favorevoli ai loro programmi antidemocratici;...appare con chiarezza il diretto coinvolgimento del GELLI nel delitto già contestato agli altri imputati ed il suo ruolo di ispiratore e regista delle loro attività deviate..."
1.8.3) Nara LAZZERINI
02/04/85 Il 2 aprile, nel procedimento `della calunnia', veniva escussa (16) Nara LAZZERINI,che, riferendo "notizie apprese nel corso della" sua "frequentazione con il GELLI", affermava tra l'altro: "...il noto Francesco PAZIENZA fu tra i frequentatori di GELLI, poiché ricordo con certezza di averlo visto almeno un paio di volte nel salotto in attesa di GELLI presso l'Hotel `Excelsior' di Roma...Ricordo anche di essere stata presente a due telefonate ricevute nei primi tempi, precisamente nel 1977, dal GELLI, fattegli dal noto neofascista, così viene definito sui giornali, Stefano DELLE CHIAIE. Fu GELLI a confermarmi quel nome ed a confermarmi che era in contatto con DELLE CHIAIE...GELLI vive di ricatti e di vendette e tiene sotto ricatto tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui in vicende di un certo rilievo. Ecco perché non lo vogliono agli arresti domiciliari. Tutti andavano a chiedergli favori e denaro e, con una telefonata, GELLI riusciva ad accontentarli. Era chiamato 'San Licio'...
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(16) - Cal., V5, C35, pp. 44-59.
I 953 nomi dell'elenco rappresentano solo una minima parte delle persone coinvolte nella P2. Si tenga poi conto che si tratta di persone o di scarsa influenza o, comunque, quasi tutte al limite della pensione...Fui presente a due telefonate ricevute da GELLI fattegli da SINDONA. Ciò fra la fine del '76 e gli inizi del '77. GELLI rassicurava SINDONA, garantendogli che non lo avrebbero mai estradato dall'America a che a ciò avrebbe pensato lui. Anche perché, a suo dire, nelle carceri italiane SINDONA sarebbe stato sicuramente ammazzato..." Dopo una prima chiusura del verbale, la teste dichiarava ulteriormente: "Ricordo in questo momento che le telefonate provenienti da DELLE CHIAIE pervenivano a GELLI sul telefono diretto con numero riservato. Peraltro, ciò avveniva per tutte le persone di un certo rilievo che si mettevano in contatto telefonico con GELLI e non intendevano fare il loro nome al centralino dell'albergo. Ricordo con precisione che si trattasse del DELLE CHIAIE...annotai questo nome sul taccuino, anche perché avevo conosciuto il DELLE CHIAIE nel 1967...in occasione di una cena avvenuta in una villa di Tirrenia..."
09/04/85 La LAZZERINI veniva riesaminata (17) una settimana più tardi
e dichiarava ancora: "...In particolare insisto nel dire che sentii GELLI fare il nome di PAZIENZA. Vidi il PAZIENZA in più di un'occasione entrare nel salone più piccolo, e cioè il primo, dove GELLI riceveva una parte delle persone che lo attendevano...Posso dire che mi risultano rapporti telefonici con il DELLE CHIAIE almeno fino alla fine del '79 inizio '80...Fu GELLI a dirmi che DELLE CHIAIE lo chiamava sul suo numero riservato dalla Spagna. Ciò almeno all'epoca in cui redassi la lettera 2.12.1977. Se la trovo, le farò avere la parte strappata della missiva che dovrei custodire in casa mia..."
1.8.4)La sentenza conclusiva del procedimento cosiddetto `della valigia'
30/04/85 Il 30 aprile, il Giudice Istruttore titolare del procedimento n. 206/A/81 proscioglieva (18) Gabriele ADINOLFI, Roberto FIORE e Giorgio VALE, per non aver essi commesso il fatto, dai delitti loro contestati in relazione alla vicenda del collocamento di armi ed esplosivo sul treno
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(17)- Il verbale trovasi in Cal., V5, C35, redatto su 9 fogli aventi numerazione separata (da 1 a 9) rispetto al resto della cartella. (18) - Con la sentenza citata sub 1.2.10), nota (30).
Taranto-Milano. La sentenza ricostruisce lo snodarsi delle
informative SISMI relative all'operazione `terrore sui
treni', i tempi ed modi dell'incriminazione del VALE, del FIORE e dell'ADINOLFI, l'atteggiamento di chiusura dei vertici del servizio di fronte alla volontà dei magistrati di portare allo scoperto la fonte, le successive indagini che avevano condotto ad escludere la presenza del VALE in Imperia e l'acquisto, da parte di costui, dei biglietti rinvenuti nella valigia sequestrata sul treno Taranto-Milano, le risultanze dellaperizia chimico-esplosivistica comparativa, che portavano a porre in relazione la strage di Bologna con l'operazione `terrore sui treni', le dichiarazioni del Gen. NOTARNICOLA,che fin dall'inizio non aveva nascosto il suo scetticismo sull'intera vicenda, nonché, infine, le dichiarazioni del M/llo SANAPO, secondo cui le informative erano state inventate, così come era stata simulata l'esistenza della fonte, per fornire copertura al MUSUMECI ed al BELMONTE. Nella chiusa della motivazione si sottolinea come "la tecnica di manipolazione delle informazioni adottata dall'Ufficio Controllo e Sicurezza diretto dal MUSUMECI" sia "di per sé eloquente della capacità inquinante raggiunta da tale settore del SISMI", dal momento che "le informative non si sono limitate ad indicazioni vaghe e generiche, ma hanno fatto riferimento a nomi e situazioni realmente esistenti, anche se riferibili a contenuti totalmente diversi"; si evidenzia ancora l'intento del SISMI deviato di "fornire agli inquirenti indicazioni per certi aspetti riscontrabili ed idonee a suscitare il loro interesse, ma destinate, per la loro intrinseca falsità, a rimanere senza positivi sbocchi di indagine";si cita ad esempio il rapporto SISMI del 24/2/81, ove compare il VALE come organizzatore del piano `terrore sui treni' e viene fatta menzione dell'appartamento di via Rizzo o Risso, n. 11 ad Imperia; si pone in risalto come -con determinate condotte- sia stata prospettata agli inquirenti la suggestiva ipotesi di un'alleanza terroristica internazionale. "Sull'indicazione dell'appartamento divia Rizzo o Risso" -scrive testualmente l'estensore del provvedimento- "si concentra l'attenzione degli inquirenti, i quali, dopo avere accertato che effettivamente per circa un mese in quella casa aveva abitato una persona con documenti di identità falsi, ritennero di incriminare il VALE, il FIORE e l'ADINOLFI per i reati di cui in rubrica. Ancora una volta l'apparente `riscontro obiettivo' era servito a `deviare' l'A.G. verso filoni di indagini risultati poi assolutamente improduttivi. Come al vertice SISMI possa essere giunta la notizia dell'appartamento di Imperia...non è difficile supporre, anche sulla base di quanto dichiarato al G.I. da NOTARNICOLA. La presenza di un riscontro di carattere oggettivo, di riconoscimenti fotografici vaghi, ma suggestivi perché concordanti, causò l'incriminazione degli odierni imputati; la ricostruzione della messa in scena compiuta dal vertice di allora del SISMI toglie, però, ogni valore, anche se solo indiziario, a questi elementi ed impone il proscioglimento di tutti gli imputati, anche del deceduto VALE, per non aver commesso il fatto, dalle imputazioni loro ascritte in epigrafe..."
1.8.5) Ulteriori vicende del processo `della calunnia'
Il Procuratore della Repubblica aveva frattanto richiesto la citazione a giudizio degli imputati BELMONTE, MUSUMECI, PAZIENZA e GELLI per il delitto di calunnia pluriaggravata.
30/05/85 Il 30 maggio, il Tribunale di Bologna, investito del giudizio, dichiarava (19) la propria incompetenza per territorio esi spogliava del procedimento in favore del Tribunale di Roma.
Tale ultimo ufficio, il 21 ottobre, solleverà conflitto negativo di competenza (20) e la Suprema Corte, il 16 dicembre, stabilendo la competenza del Tribunale di Bologna, rimetterà (21) gli atti allo stesso per l'ulteriore corso, previo annullamento della sentenza d'incompetenza.
1.8.6) Il processo del SUPERSISMI
Era stata frattanto richiesta la citazione a giudizio, davanti alla Corte d'Assise di Roma, anche per gli imputati del procedimento di cui si è detto sub 1.7.3), altrimenti detto processo del 'SUPERSISMI'.
29/07/85 Il 29 luglio, la V Corte d'Assise di Roma, fra le altre statuizioni, riconosceva (22) Francesco PAZIENZA, Pietro
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(19) - Cal., V7, C2, pp. 184-194. (20) - Cal., V9, C1, pp. 155-156. (21) - Copie del provvedimento trovansi in Cal., V9, C1, dopo la pagina 189. (22) - Con la sentenza di cui sub 1.2.10), nota (24). MUSUMECI e Giuseppe BELMONTE colpevoli del delitto di cui all'art. 416 C.P., per essersi, in concorso col defunto Gen. SANTOVITO e con altri, associati allo scopo di commettere più delitti (segnatamente delitti di peculato, interesse privato in atti di ufficio, favoreggiamento personale ed altre ipotesi di reato) -con l'aggravante d'aver commesso i fatti con abuso di poteri e violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione di appartenenti al SISMI- in Roma, sino al luglio 1981. Il PAZIENZA era altresì imputato, in concorso col defunto SANTOVITO, del delitto di cui all'art. 261 C.P., per avere, in Roma, in epoca antecedente e prossima al 15/9/1980, rivelato il contenuto di due elaborati informativi destinati alla conoscenza esclusiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministro della Difesa (contenenti notizie che -nell'interesse politico interno ed internazionale dello Stato- dovevano rimanere segrete), successivamente pubblicati sul settimanale `Panorama' n. 752 del 15/9/1980 (23). La Corte
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(23) - Come si è visto sub 1.1.11), gli elaborati informativi furon dati in visione al giornalista BARBERI, che ne ricavò l'articolo `La grande ragnatela'.
accertava la fondatezza dell'accusa in punto di fatto, e, previa derubricazione del delitto da violazione del segreto di Stato a violazione del segreto d'ufficio, ne dichiarava l'improcedibilità per amnistia. La Corte inoltre, con decisione sulla quale si formerà poi il giudicato, riconosceva il BELMONTE ed il MUSUMECI colpevoli di detenzione e porto aggravati di armi ed esplosivo, identificando in loro, che avevano agito in concorso con persone non identificate, i responsabili del collocamento della valigia sequestrata il 13/1/1981 sul treno Taranto- Milano.
1.8.7)Ulteriori dichiarazioni dell'ANSALDI, del CALORE, dell'ALEANDRI e del SORDI
1.8.7.1) Mauro ANSALDI
01/10/85 Il 1° ottobre, Mauro ANSALDI, nel confermare (24) quanto già dichiarato a proposito dell'incontro COGOLLI-FACHINI, precisava anche, nei seguenti termini, quanto già dichiarato in precedenti occasioni a proposito dei rapporti SIGNORELLI-
SEMERARI-GELLI: "...la prima persona che me ne parlò fu ADINOLFI nell'autunno del 1980, quando lo stesso, dopo la
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(24) - EA, V10/a-5, C230 bis, pp. 5-8.
strage di Bologna, divenuto latitante, entrò in contatto con noi. In questa fase della nostra conoscenza furono fatti anche diversi discorsi politici e tra le cose dette ricordo che ADINOLFI mi dichiarò di essere a conoscenza del fatto che SIGNORELLI, SEMERARI e GELLI si conoscevano perché si erano incontrati in almeno una occasione. ADINOLFI mi disse che l'incontro era avvenuto in un ristorante di Roma, ma non disse altri particolari. Successivamente, verso il mese di marzo del 1982, dopo che ZANI era rientrato in Italia dalla Francia, seppi da costui altre notizie sui rapporti tra SIGNORELLI, SEMERARI e GELLI. Infatti ZANI, confermando in questo senso quanto mi aveva già detto ADINOLFI, mi disse che era a sua conoscenza il fatto che SIGNORELLI si era incontrato con GELLI tramite SEMERARI. Non disse dove, come e quando questo incontro sarebbe avvenuto, ma io lo interpretai come una conferma dell'incontro al ristorante di cui aveva parlato ADINOLFI. Successivamente tornarono sull'argomento ADINOLFI e SPEDICATO che, rientrati in Italia nel periodo pasquale del 1982, nel corso di una conversazione, mi dissero che avevano le prove che gli incontri tra SIGNORELLI, SEMERARI e GELLI erano almeno tre. Non mi dissero quale tipo di prove avessero..."
L'ANSALDI si soffermava anche su altri argomenti, tra cui i rapporti tra il SIGNORELLI, il FACHINI ed il DELLE CHIAIE, nonché le "responsabilità di quest'ultimo nelle finalità stragiste condivise tanto dai vertici di Avanguardia Nazionale che da quelli di Ordine Nero".
1.8.7.2) Sergio CALORE
03/10/85 Interrogato nuovamente dal Giudice Istruttore, il 3 ottobre, Sergio CALORE riferirà (25) tra l'altro: "...nel 1978 FACHINI, che come ho già detto in altre occasioni era responsabile della distribuzione di Costruiamo l'Azione per il Nord, si serviva della COGOLLI per distribuire il materiale in Emilia. Sempre in quell'epoca lo stesso FACHINI mi disse che per Bologna potevo fare capo alla COGOLLI per qualunque esigenza...verso il 1977 e per l'esattezza nel dicembre '77 alla riunione tenutasi presso la villa di SEMERARI, seppi direttamente da SIGNORELLI, DE FELICE e DANTINI, presente anche Peppino PUGLIESE, i particolari
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(25) - IA, V9/a-1 bis, C13/7, pp. 31-37.
della fondazione di Lotta di Popolo...Tale sigla...era più esattamente O.L.P.-Organizzazione Lotta di Popolo. I fondatori furono SIGNORELLI, DE FELICE, DANTINI, DELLE CHIAIE e Clemente GRAZIANI..."
04/10/85 E poi, il giorno successivo (26): "Sul progetto di attentato ad un Magistrato nel Veneto di cui ho parlato in altri atti posso precisare quanto segue: seppi da FIORAVANTI Valerio che nell'autunno del 1979 egli era stato contattato da MELIOLI il quale lo aveva incontrato a Roma proponendogli di compiere un attentato nei confronti di un Magistrato veneto, escludo fosse CALOGERO, che non ricordo se fosse STIZ o PALOMBARINI. L'attentato non fu eseguito per motivi tecnici...in effetti dal '78 in poi il nostro gruppo organizzò lezioni teoriche e pratiche sull'uso degli esplosivi e anche io stesso resi partecipi gli altri delle mie cognizioni. Anche lo stesso FACHINI ha partecipato ad alcuni di questi incontri ed in ogni caso in varie occasioni sia con me che con ALEANDRI discusse sul confezionamento degli esplosivi. In particolare il FACHINI sosteneva che per
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(26) - IA, V9/a-1 bis, C13/7, pp. 38-43. rendere più potente l'effetto esplosivo e aumentare la temperatura di esplosione e la pressione dei gas era opportuno utilizzare nel confezionamento polvere di alluminio e termite...FACHINI quando parlava del confezionamento degli esplosivi e della utilizzabilità di materiale ossidante, faceva riferimento a precedenti attentati da lui commessi ma non segnatamente indicati..."
1.8.7.3) Paolo ALEANDRI
Lo stesso giorno veniva esaminato anche Paolo ALEANDRI, che dichiarava (27): "...Sulla ragione per cui IANNILLI e MARIANI abbiano deciso di fare esplodere l'ordigno a Piazza Indipendenza (28) alle tre del pomeriggio, provocando una
strage, anziché in ora notturna come concordato, io non so dire di più di quanto abbia già detto. Posso qui aggiungere un particolare: prima dell'attentato io fui condotto da IANNILLI e MARIANI in Piazza Indipendenza per un sopralluogo e non si parlò affatto di una strage, ma mi descrissero le modalità dell'attentato come destinato a compiere solo danni
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(27) - EA, V10/a-4, C190/3/2, pp. 69-73. (28)- Si tratta dell'attentato alla sede del Consiglio Superiore della Magistratura.
materiali, poiché la deflagrazione avrebbe investito degli autoveicoli fermi. Quando poi io fui sequestrato (29) da loro mi dissero che avevano interpellato FACHINI per sapere se erano autorizzati ad agire nei miei confronti. In questo modo ho avuto la prova della loro diretta dipendenza da FACHINI oltre che da DANTINI. Del resto so che MARIANI aveva contatti con FACHINI da molto tempo prima. In conclusione io non so se la decisione di commettere una strage sia stata una iniziativa personale di IANNILLI o MARIANI o un ordine partito da altri.
Il nome di RINANI l'ho sentito fare da FACHINI come uno che apparteneva al loro gruppo, insieme a RAHO e gli altri del Veneto che io conoscevo. Peraltro di RINANI non saprei dire altro.
So che FACHINI aveva un grosso deposito di esplosivo che non è stato mai ritrovato e che custodiva in un covo di Padova. Egli mi disse che aveva una scorta pressoché inesauribile di T4 che in parte aveva già recuperato e custodiva in un appartamento ed in parte era in grado di recuperare in un
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(29)- Di tale episodio di sequestro di persona si dovrà trattare in prosieguo.
laghetto...Io ricordo che l'esplosivo proveniente da FACHINI
fu utilizzato per il Campidoglio, ma anche per alcuni attentati minori tra cui credo l'attentato all'armeria Centofanti la cui saracinesca fu sfondata da un ordigno collocato da un ragazzo di cui non so il nome al quale RAHO aveva fornito l'esplosivo..."
1.8.7.4) Walter SORDI
05/10/85 Il giorno successivo veniva esaminato (30) Walter SORDI, il quale rendeva dichiarazioni in merito ad una vacanza che aveva trascorso in Riccione verso la fine del luglio 1980, in compagnia di Luca PERUCCI e Luca DE ORAZI. E riferiva, in particolare, che, avendo egli varie armi da custodire, e non ritenendo prudente lasciarlea Roma,nell'occasioneleaveva portate con sé, in quanto il DE ORAZI gli aveva assicurato di aver in Bologna un posto sicuro ove custodirle. Soggiungeva che il DE ORAZI era andato da Riccione a Bologna proprio allo scopo di depositare le armi; e che, in seguito, non era stato possibile recuperarle, perché il DE ORAZI era stato arrestato (31).
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(30) - EA, V10/a-5, C225 bis, pp. 41-42. (31) - Cfr. supra, sub 1.1.2.3).
Verranno poi richiesti accertamenti di polizia che, unitamente alle dichiarazioni rese dal DE ORAZI,forniranno riscontro di veridicità a quanto affermato dal SORDI (32).
1.8.8) Le dichiarazioni di Gianluigi NAPOLI
28/10/85 Il giorno 28 veniva interrogato (33), ai sensi dell'art. 348 bis C.P.P., Gianluigi NAPOLI, il quale premetteva di esser stato scarcerato per mancanza di indizi in relazione alle accuse di associazione sovversiva e banda armata mossegli nell'ambito del presente procedimento e sottoposte, successivamente, alla cognizione dell'autorità giudiziaria romana (34).
Parlava diffusamente dei `fogli d'ordine' di Ordine Nuovo, sequestrati presso la sua abitazione, riferendo che gli erano stati dati in lettura da Giovanni MELIOLI, secondo cui "rappresentavano una posizione del tutto nuova dell'organizzazione rispetto a precedenti posizioni di tipo golpista e di collusione con i Servizi." Affermava poi testualmente: "...Quanto alla redazione dei fogli d'ordine non mi fu detto chi li aveva redatti, ma so che
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(32) - Cfr. RA, V11, C429. (33) - IA, V9/a-1, C7, pp. 13-24. (34) - Con la sentenza d'incompetenza 30/4/81: cfr. 1.2.21).
venivano da FACHINI ed esprimevano i punti di vista di FACHINI e dell'ambiente romano con cui FACHINI era in collegamento. Tanto aveva fatto capire il MELIOLI stesso. Del resto ai miei occhi la mano di FACHINI era riconoscibile in tutta la parte relativa alle disposizioni di sicurezza per i militanti di cui FACHINI era un maniaco cultore. Peraltro ad onta delle posizioni nuove che sulla base dei fogli d'ordine avrei dovuto cogliere, nell'ambiente, non mi sembrò che la situazione fosse cambiata. Infatti poco dopo vi fu una campagna di attentati a Roma la cui gravità richiamò la mia attenzione. Gli attentati furono rivendicati con la sigla M.R.P. Alla mia richiesta di informazioni MELIOLI mi fece capire, senza darmi particolari, che si trattava di `roba di destra'. MELIOLI mi fece anche capire che la fonte delle sue informazioni era FACHINI ma che a lui stesso FACHINI non dava molti particolari, anzi nessuno. Mi pare che MELIOLI disse queste parole: `mi tratta come un ragazzino'. In ogni modo ai miei occhi questi attentati rappresentavano la smentita più evidente delle affermazioni che vi erano state sull'esistenza di una svolta nella strategia della vecchia destra. Aggiungo poi che anche a Rovigo sono avvenute cose che mi confermarono in tale convincimento. Riferisco, al riguardo:
innanzitutto su alcuni attentati, che sicuramente sono riferibili alla destra, non perché io abbia elementi precisi da offrire, ma perché gli obiettivi scelti ed il contesto complessivo non lasciano alcun dubbio, ebbi modo di formulare riserve sulla limpidezza di comportamento di chi li aveva progettati ed eseguiti. Tali attentati, nei quali ricomprendo: due attentati verificatisi `nella notte dei fuochi', verso la metà del gennaio del '79 (ricordo che io ero in carcere in isolamento), uno alla Questura e uno alla sede della Democrazia Cristiana; un attentato del 6 febbraio '80 alla Camera del Lavoro, furono eseguiti innanzitutto all'insaputa mia e di FRIGATO (35), come di altri ragazzi di destra di Rovigo, pur sapendo che saremmo stati sospettati ed inquisiti per tali attentati. Inoltre gli stessi furono organizzati e decisi senza che a noi di Rovigo fosse data la possibilità di discutere sulle finalità e sugli obiettivi
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(35) - Cfr. supra, sub 1.2.7) ed 1.2.16).
che si volevano raggiungere..."
Il NAPOLI proseguiva asserendo d'aver chiesto conto al MELIOLI di siffatti attentati, che si inserivano provocatoriamente in una campagna terroristica lanciata dall'`Autonomia', e di aver ottenuto, dopo varie tergiversazioni, l'ammissione che l'organizzazione degli stessi andava ascritta alla destra.
Faceva ancora riferimento il NAPOLI ad un periodo di comune detenzione, in Belluno, con il FACHINI, il quale gli aveva detto, nell'occasione, che era stato un grave errore tenere in casa i `fogli d'ordine', ma lo aveva, d'altro canto, lodato per non aver fornito notizie agli inquirenti in merito ad essi.
Dichiarava ancora: "...Sulla provenienza dell'esplosivo usato per fare attentati, so quello che mi veniva detto da MELIOLI il quale, nelle sue solite forme allusive ed ambigue, mi fece capire che era FACHINI a disporre di esplosivo, che proveniva dal recupero di munizioni militari. Bisogna tener presente, a tale proposito, che MELIOLI, quando parlava di cose di FACHINI, diventava estremamente cauto, perché era terrorizzato all'idea di contravvenire agli ordini di sicurezza che lo stesso impartiva. Durante la mia detenzione ebbi modo anche di conoscere SCARANO Pierluigi che era legatissimo a SIGNORELLI. Egli era in profonda crisi ideologica perché aveva scoperto troppi intrighi e cose strane nella destra. La batosta più grave egli la ricevette quando si diffuse la notizia che SIGNORELLI aveva partecipato ad una cena, anzi a varie cene con GELLI e uomini della P2. Si diceva anche che ad una di queste cene avesse partecipato, come uomo di fiducia di SIGNORELLI, FIORAVANTI Valerio..." Soggiungeva il NAPOLI che lo SCARANO aveva appreso tali notizie da Ulderico SICA, a sua volta assai amico del CALORE, e che esse trovavano riscontro in quanto già prima lo SCARANO aveva appreso circa riunioni riservate svoltesi a casa del SEMERARI, con la partecipazione di uomini dei servizi segreti e della massoneria, nonché -saltuariamente e in veste non propriamente impegnativa- di Paolo SIGNORELLI.
E continuava nei seguenti termini: "Attraverso questi elementi, in parte, come si è visto, acquisiti durante la mia detenzione, ed in gran parte fondati su ricostruzioni logiche successive degli elementi a mia disposizione, mi sono formato il convincimento che, nell'ambito della destra abbia operato una struttura occulta rispetto anche alla maggior parte dei militanti e dotata di una progettualità politica oscura, oltre che legata agli ambienti dei Servizi Segreti e della Massoneria. Di tale formazione non so tracciare meglio i connotati perché la mia posizione non mi ha posto in contatto se non con determinate persone nell'ambito della città dove vivo...Gli uomini più legati al FACHINI erano, oltre a MELIOLI, CAVALLINI, altro suo figlio putativo il quale tra l'altro era stato preparato militarmente da FACHINI, oltre che sistemato durante la sua latitanza; RAHO che peraltro ho sentito dire che si sia distaccato già prima della strage di Bologna per motivi ideologici, anche se era rimasto amico di CAVALLINI col quale ha continuato ad agire...MELIOLI si occupava della distribuzione del giornale Costruiamo l'Azione a Rovigo...Poiché ho parlato di FACHINI, voglio precisare che i miei rapporti con lui prima della detenzione comune si riducono a due incontri fugaci ed occasionali. Bisogna comprendere che FACHINI è un maniaco della sicurezza e della compartimentazione e per nessuna ragione egli deroga alla regola di non incontrare mai persone appartenenti all'area della destra al di fuori dei contatti programmati e con le persone a ciò appositamente preposte...Effettivamente ricordo che durante la comune detenzione parlando di armi FACHINI mi disse che volendo aveva la possibilità di modificare le armi artigianalmente. In particolare egli aveva modificato, in passato, alcuni mitra MAB. Egli mi spiegò che per rendere un MAB facilmente occultabile in azioni terroristiche, veniva asportato il calcio in legno e saldato direttamente sul corpo metallico un tipo di impugnatura metallica. Ovviamente non mi rivelò né dove, né attraverso chi venivano compiute queste operazioni..."
Il NAPOLI veniva nuovamente interrogato (36) il 13 novembre:
e nell'occasione, riferiva, tra l'altro, di un fallito attentato contro l'abitazione dell'Onorevole Tina ANSELMI, in Castelfranco Veneto (37), di un attentato al `Gazzettino
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(36) - IA, V9/a-1, C7, pp. 27-38. (37) - Attentato risalente all'8/3/1980: cfr. RA, V12, C431 bis/1, pp. 1-58.
di Venezia' (38), a causa del quale aveva perso la vita un metronotte, nonché della fuga dal soggiorno obbligato di Catanzaro di Giovanni VENTURA, imputato nel procedimento penale per la strage di Piazza Fontana, che il FACHINI gli aveva detto di aver prelevato e condotto alla frontiera in automobile, compiendo l'operazione da solo.
A proposito della strage del 2 agosto, dichiarava testualmente: "...quanto a riferimenti alla strage di Bologna, MELIOLI mi parlò del fatto dicendomi che in un primo tempo si faceva il nome di FIORAVANTI Valerio come di possibile autore della strage con cui lui era in contatto. In tali ambienti il nome di FIORAVANTI, stando a quanto mi diceva MELIOLI, veniva fatto perché ritenuto un folle, capace di qualunque gesto, ed il" (sic) "sospetto di avere avuto contatti con la P2. Per illustrare meglio la disponibilità di FIORAVANTI a commettere stragi, MELIOLI mi disse che aveva avuto uno scontro proprio con Valerio FIORAVANTI ed altre persone, perché costoro volevano collocare, su progetto di FIORAVANTI Valerio, un ordigno
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(38) - Attentato risalente al 21/2/1978: cfr. RA, V12, C431 bis/2. esplosivo potentissimo nella toilette di un bar frequentato da personale della Questura di Roma, pur sapendo che avrebbero coinvolto avventori di ogni genere trattandosi di un posto molto frequentato. Mi risulta che tale progetto venne discusso e rifiutato dal MELIOLI qualche tempo prima della strage del 2 agosto 1980. Di tale fatto, forse, è al corrente il fratello di Valerio, Cristiano, che sapeva quasi tutto del fratello. Da un certo momento in poi, MELIOLI sentì parlare negli ambienti romani di responsabilità del gruppo veneto nella strage del 2 agosto 1980. Alle mie preoccupazioni, posto che anch'io appartenevo al gruppo veneto, anzi schedato come possessore di volantini di Ordine Nuovo, MELIOLI rispose che le voci che circolavano in tal senso riguardavano FACHINI e non noi di Rovigo, anche in virtù del ruolo che FACHINI aveva avuto nella strage di Piazza Fontana."
Nel corso dello stesso interrogatorio, riferiva ancora: "MELIOLI mi ha anche detto che per confezionare le bombe usavano sempre un innesco secondario poiché trattandosi di esplosivi `sordi' all'innesco bisognava assicurarsi che esplodessero. Per essere precisi il discorso che faceva MELIOLI, tipico per lui, era diverso: egli diceva di aver sentito dire casualmente che certe bombe non esplodevano perché l'esplosivo era vecchio e che per rimediare sarebbe stato possibile fare uso di inneschi secondari. Egli ne parlava ambiguamente nei termini suddetti, ma io ebbi la prova che sapeva quello che diceva..."
Il NAPOLI riprendeva l'argomento nell'interrogatorio del 05/12/855 dicembre (39): "...Quando con FACHINI, nel periodo di comune detenzione a Belluno, si parlava delle tecniche da questo utilizzate per la modifica delle armi da sparo, egli portò anche il discorso sulle modalità di confezionamento degli esplosivi: in particolare mi disse che per confezionare ordigni di sicuro effetto, era opportuno utilizzare un innesco secondario poiché a causa della sordità dell'esplosivo poteva accadere che non deflagrasse con un solo innesco..." Aggiungeva d'aver appreso da persone dell'ambiente romano di destra che persone del gruppo SIGNORELLI-FIORAVANTI Valerio avevano rubato grossi
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(39) - IA, V9/a-1, C7, pp. 59-61. quantitativi di esplosivo in alcune cave presso Roma; e che gli risultava aver il FACHINI avuto un'ingente e continua disponibilità di detonatori elettrici.
Il 20 dicembre il NAPOLI deporrà davanti al Giudice Istruttore di altro procedimento, e dichiarerà (40) tra l'altro: "...Circa i rapporti fra FACHINI e RINANI devo aggiungere che il FACHINI diede a RINANI dei manifesti di `Costruiamo l'Azione' con una colomba bianca su fondo grigio e che il RINANI avrebbe dovuto affiggere, la consegna sarebbe avvenuta a casa del FACHINI, ciò mi è stato detto dal FACHINI a Belluno nel corso degli otto mesi trascorsi nella stessa cella..."
1.8.9) Le richieste del PUBBLICO MINISTERO in data 6/12/85
Il 7 novembre il Giudice Istruttore aveva trasmesso (40) gli atti al PUBBLICO MINISTERO, perché, alla luce degli atti istruttori compiuti dal 9/7/1984 in avanti, provvedesse a riformulare il capo d'imputazione, a redigere le opportune richieste, ed, eventualmente, a chiedere ulteriori incombenti istruttori.
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(40) - RI, C7, p139.
06/12/85 Il PUBBLICO MINISTERO vi provvedeva il 6 dicembre, con articolato atto (41) di complessive 86 pagine. Non giova qui riprendere analiticamente le argomentazioni ivi svolte dall'Ufficio requirente, che saranno sviluppate nella requisitoria scritta depositata all'esito dell'istruzione, ed,ulteriormente ampliate e precisate, costituiranno, sotto molteplici profili, il nucleo anche della requisitoria orale pronunciata dal PUBBLICO MINISTERO concludente all'esito del dibattimento.
Giova soltanto ricordare che, con il citato atto, il quadro delle imputazioni veniva assumendo l'assetto che, attraverso taluni assestamenti operati dall'Istruttore, si fisserà nell'ipotesi accusatoria portata al vaglio di questa Corte: le contestazioni ex artt. 306 e 270 bis venivano formulate nel loro testo definitivo; altrettanto è a dirsi per la contestazione del delitto di strage, che si cristallizzava nel testo di cui al mandato di cattura emesso il 16/7/84 nei confronti del FACHINI e del RINANI; la contestazione dei delitti di banda armata e di strage veniva richiesta per le
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(41) - RI, C7 bis, pp. 1-90.
stesse persone che oggi affrontano il giudizio di questa Corte per detti delitti (per il PUBBLICO MINISTERO la strage avrebbe dovuto essere contestata come commessa in concorso con Stefano DELLE CHIAIE ed altre persone non sufficientemente individuate); quanto al delitto di cui all'art. 270 bis, se ne chiedeva la contestazione, oltre che agli imputati che oggi ne rispondono, anche ad Alfredo GRANITI ed Egidio GIULIANI. Per tutti gli imputati veniva richiesta l'emissione di mandato di cattura, con la sola eccezione del TILGHER, del BALLAN, del GIORGI e del GRANITI, che avrebbero dovuto essere sentiti con mandato di accompagnamento, avendo essi già "scontato il termine massimo di custodia cautelare per incriminazione relativa al medesimo titolo di reato all'interno di questo processo".
1.9) 10 dicembre 1985 - 14 giugno 1986 Dai mandati di cattura e di accompagnamento del dicembre '85 alla sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio
1.9.1)I mandati di cattura e di accompagnamento del dicembre 1985
1.9.1.1) Il mandato di cattura 10/12/1985
10/12/85 Il 10 dicembre il Giudice Istruttore ordinava la cattura (1) di Paolo SIGNORELLI, Massimiliano FACHINI, Roberto RINANI, Valerio FIORAVANTI, Francesca MAMBRO, Sergio PICCIAFUOCO, Licio GELLI, Pietro MUSUMECI, Giuseppe BELMONTE, Fabio DE FELICE, Francesco PAZIENZA, Roberto RAHO, Gilberto CAVALLINI, Egidio GIULIANI, Marcello IANNILLI e Stefano DELLE CHIAIE, contestando:
- al GELLI, al MUSUMECI, al PAZIENZA, al BELMOMTE, al DE FELICE, al SIGNORELLI, al FACHINI ed al DELLE CHIAIE, il delitto di costituzione,promozione ed organizzazione di una associazione con il fine di eversione dell'ordine democratico;
- al SIGNORELLI, al FACHINI, al RINANI, al FIORAVANTI, alla MAMBRO, al PICCIAFUOCO, al CAVALLINI, allo IANNILLI, al GIULIANI ed al RAHO, il delitto di costituzione,
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(1) - Cfr. OC, V1, C5, pp. 31-87.
promozione ed organizzazione banda armata;
- al SIGNORELLI, al FACHINI, al RINANI, al FIORAVANTI, alla MAMBRO ed al PICCIAFUOCO, il delitto di strage ed i delitti contestuali.
Le imputazioni assumevano la loro fisionomia definitiva: negli stessi termini saranno formulate, infatti, in sede di rinvio a giudizio.
Non occorre qui riprendere le motivazioni svolte nel lungo ed articolato provvedimento, dal momento che, costituendo esse la base argomentativa su cui si svilupperanno le linee del provvedimento conclusivo dell'istruttoria, dovranno essere compiutamente esaminate in prosieguo di trattazione, laddove la Corte vaglierà la fondatezza dell'ipotesi
accusatoria portata a giudizio.
Il mandato rimaneva ineseguito nei confronti del GELLI (2), del PAZIENZA (3), del RAHO (4) e del DELLE CHIAIE (5).
1.9.1.2) Il mandato di accompagnamento 13/12/1985
13/12/85 Tre giorni più tardi l'imputazione di aver costituito,
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(2) - OC, V4, C76, p16. Cfr. anche sub 1.8.2), nota (8). (3) - OC, V4, C85, p12. Il PAZIENZA, dal 4/3/85, si trovava in arresto provvisorio, negli Stati Uniti, a fini estradizionali, per la vicende giudiziarie seguite al `crack' del Banco Ambrosiano. (4) - OC, V4, C83, p12. (5) - OC, V3, C61, p80. promosso ed organizzato l'associazione eversiva di cui al mandato di cattura del 10 dicembre veniva contestata anche a Marco BALLAN, Adriano TILGHER e Maurizio GIORGI (6), ma con mandato di accompagnamento: osservava infatti l'Istruttore esser già decorsi, nei confronti di costoro, i termini di custodia preventiva, dal momento che il fatto di associazione sovversiva contestato nel 1982 veniva semplicemente riformulato. 1.9.1.3) Il madato di cattura 20/12/1985
20/12/85 Di lì a una settimana veniva infine ordinata (7) la cattura di Giovanni MELIOLI, con l'accusa di aver anch'egli costituito, promosso ed organizzato la banda armata di cui al mandato del 10 dicembre.
1.9.2) Gli interrogatori degli imputati.
Nel mese di dicembre, il Giudice Istruttore provvedeva ad
interrogare gli imputati nei cui confronti i mandati avevano trovato esecuzione.
14/12/85 Il giorno 14, Valerio FIORAVANTI (8) respingeva l'accusa di strage, dando conto dei suoi spostamenti fra la fine di
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(6) - Cfr., per tutti, OC, V3, C63, pp. 62-66. (7) - OC, V2, C35, pp. 11-30. (8) - IA, V9/a-2, C29, pp. 37-46.
luglio ed il 5 agosto dell'80; negava d'aver avuto ruolo di braccio armato del SIGNORELLI e d'aver avuto rapporti politico-operativi col FACHINI; affermava d'aver deciso di uccidere il MANGIAMELI "perché il suo comportamento non era lineare"; escludeva d'aver partecipato ad un progetto di assassinio di un magistrato veneto; escludeva d'aver comunicato a persone del Veneto progetti relativi ad un attentato ad un `bar' posto nei pressi della Questura di Roma.
Il giorno stesso, anche Francesca MAMBRO (9) affermava la propria estraneità ai fatti contestatile, come del resto aveva fatto in precedenza (10).
Sempre il giorno 14, Gilberto CAVALLINI si avvaleva della facoltà di non rispondere all'interrogatorio (11).
15/12/85 L'indomani venivano interrogati il SIGNORELLI, lo IANNILLI ed il GIULIANI (12).
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(9) - IA, V9/a-2, C38, pp. 53-56. (10) - Cfr. cartella di cui alla nota che precede, pp. 5-9, 23-29 e 37-40: si tratta di interrogatori sulcui contenuto ci si dovrà soffermare in seguito. (11) - IA, V9/a-2, C41, pp. 50-51. Il CAVALLINI aveva in precedenza reso interrogatori ex art. 348 bis C.P.P. (12) - Cfr. IA, rispettivamente V9/a-1, C4, pp. 20-28; V9/a- 1, C4 bis, pp. 9-14; V9/a-2, C44, pp. 7-8. Il primo respingeva tutti gli addebiti, e , quindi, nella sostanza, escludeva d'aver avuto il ruolo di direzione politica dell'attività eversiva della destra attribuitogli dal mandato di cattura; come negava, del resto, ogni collusione con apparati dello Stato ed ogni contiguità rispetto al GELLI.
Il secondo, nel dichiarare di volere abbandonare l'atteggiamento di rinuncia a difendersi precedentemente tenuto, dava conto della propria esperienza, ammettendo le proprie responsabilità in ordine ad una serie di attentati compiuti in Roma nel 1978 e nel 1979 (questi ultimi rivendicati con la sigla M.R.P.), ma affermando, al tempo stesso, di aver concluso l'attività politica nell'autunno del 1979, e di essere quindi estraneo alla strage di Bologna ed alle eventuali organizzazioni che l'avessero posta in essere.
Il GIULIANI, dal canto suo, si avvaleva della facoltà di non rispondere all'interrogatorio.
16/12/85 Il giorno dopo venivano interrogati il MUSUMECI (13) ed il
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(13) - IA, V9/a-2, C43, pp. 41-48.
DE FELICE (14).
L'ex comandante dell'Ufficio Controllo e Sicurezza del SISMI
si dichiarava estraneo ai fatti esposti nel mandato di cattura e si richiamava agli interrogatori precedentemente resi all'autorità giudiziaria (15). In particolare, a proposito delle informative consegnate `brevi manu' al Giudice Istruttore dott. GENTILE, affermava che quest'ultimo aveva lungamente insistito presso il direttore del Servizio e anche presso di lui per avere notizie quanto prima, e che il Gen. SANTOVITO l'aveva invitato a cercare di accontentare le sollecitazioni che venivano dal Giudice. E soggiungeva: "...I fogli dattiloscritti che consegnai al dott. GENTILE erano dunque né più né meno che quelli che mi aveva dato BELMONTE...io ho ricevuto le notizie da BELMONTE e le ho passate al Dr. GENTILE, senza togliere o aggiungere nulla di mio..."
Il DE FELICE, nel respingere gli addebiti, affermava fra l'altro: di non aver mai conosciuto il GELLI e di non aver
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(14) - IA, V9/a-1, C18 bis, pp. 19-48. (15)- Nel presente procedimento, in particolare, era già stato interrogato il 23/7/85 (cfr. IA, V9/a-2, C43, pp. 4-10), dopo aver ricevuto la comunicazione giudiziaria per strage del 16/4/85 (cfr. OC, V4, C84, p1 bis). mai avuto con lui alcun rapporto; di non aver mai fatto parte della Massoneria e tanto meno della Loggia P2; di non aver mai avuto rapporti con i Servizi Segreti e di non aver mai avuto a che fare col MUSUMECI, col BELMONTE, col SANAPO; di aver intrattenuto rapporti "del tutto marginali" col SIGNORELLI; di aver avuto soltanto con l'ALEANDRI rapporti significativi, che in ogni caso si erano interrotti alla fine del 1978.
18/12/85 Due giorni più tardi venivano interrogati il TILGHER (16) ed il BALLAN (17), che si attestavano entrambi -come avevano fatto già in precedenza- su posizioni di negativa degli addebiti.
19/12/85 Il giorno successivo era la volta del FACHINI (18) e del RINANI (19), che ribadivano entrambi la propria estraneità ai fatti loro contestati, in ciò richiamandosi al contenuto degli interrogatori resi in precedenza: il RINANI, in particolare, riaffermava, ancora una volta, di non aver conosciuto il FACHINI.
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(16) - IB, C9, pp. 42-50. (17) - IB, C8, pp. 55-59. (18) - IA, V9/a-1, C12, pp. 56-61. (19) - IA, V9/a-1, C2/2, pp. 104-105.
20/12/85 A distanza di due giorni si procedeva all'interrogatorio del GIORGI (20), il quale si protestava innocente del delitto associativo così come contestatogli. Quanto alle imputazioni relative all'arma sequestrata nell'abitazione di Carmine PALLADINO, affermava di non aver nulla da aggiungere a ciò che aveva precedentemente dichiarato, non volendo contraddire le accuse mossegli dall'amico, alla cui memoria si professava legato.
22/12/85 Il 22, infine, venivano interrogati il MELIOLI (21) ed il PICCIAFUOCO (22). L'uno sosteneva di aver bensì svolto un'attività di opposizione anche radicale al sistema, ma soltanto a livello ideologico e culturale, non avendo viceversa avuto ruoli operativi, né partecipato ad attività armate: nella sostanza, quindi, respingeva l'addebito; l'altro contestava come assolutamente infondate le accuse mossegli, in parte confermando ed in parte modificando le dichiarazioni precedentemente rese (23) in corso d'istruttoria.
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(20) - IB, C6, pp. 129-131. (21) - IA, V9/a-1, C25, pp. 9-13. (22) - IA, V9/a-2, C40, pp. 62-65. (23)- Sulle quali si dovrà ripetutamente tornare in prosieguo, laddove si esaminerà in dettaglio la posizione di questo imputato. 1.9.3) La missiva 29/1/86 dal Giudice Istruttore al PUBBLICO MINISTERO 29/01/86 Il primo atto rilevante dell'anno solare che avrebbe visto la conclusione dell'istruttoria era la trasmissione (24) dell'incarto processuale dall'Istruttore all'Ufficio requirente, perché fossero rassegnate le conclusioni definitive. In sostanza, dopo l'emissione dei mandati del dicembre e l'espletamento degli interrogatori, si riteneva ormai di poter dare un esito alla complessa indagine, e si richiedevano le determinazioni del PUBBLICO MINISTERO su tutte le imputazioni sino a quel momento contestate (per le quali non fosse già intervenuto proscioglimento istruttorio), nonché sulle posizioni di coloro che fossero stati raggiunti da comunicazione giudiziaria.
1.9.4) Le dichiarazioni di Giuseppe RIZZO
14/03/86 Il 14 marzo, il Giudice Istruttore, provvedeva ad escutere come teste (25) tale Giuseppe RIZZO (26), che si trovava all'epoca detenuto in espiazione pena per spaccio di sostanze stupefacenti. Costui, tra l'altro, riferiva che:
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(24) - RI, C8, pp. 1-16. (25) - EA, V10/a-7, C309, pp. 2-10. (26) - Da non confondersi con l'omonimo teste dott. Giuseppe RIZZO, Direttore del Carcere di Belluno, escusso in dibattimento.
nell'autunno-inverno del 1979 aveva incontrato un suo conoscente, tale MAZZIERI Morino, che era in attesa di un'altra persona; il RIZZO aveva poi saputo che la persona attesa -e che non sopraggiunse- era Sergio PICCIAFUOCO; aveva poi aderito all'invito, rivoltogli dal MAZZIERI, suo ex compagno di detenzione, di accompagnarlo in una località presso Roma, per la consegna di "alcune cose"; erano così giunti in una località di montagna, ove erano stati ricevuti nella villa di colui che poi il RIZZO apprese essere Aldo SEMERARI; ed assieme al SEMERARI v'erano, nell'occasione, due persone, una delle quali il RIZZO poi apprese essere Roberto RINANI; nel corso dell'incontro il MAZZIERI aveva consegnato ai tre un pacco contenente cinque pistole;
in epoca successiva, quando il RIZZO si trovava detenuto nel carcere di Rimini, aveva incontrato Roberto RINANI, che in un primo tempo aveva finto di non conoscerlo, ma poi, a distanza di qualche giorno aveva ammesso d'averlo riconosciuto come la persona che, nelle circostanze sopra riferite, aveva accompagnato il MAZZIERI; da allora i rapporti tra i due si erano intensificati e, nel corso della comune detenzione, il RINANI aveva confidato al RIZZO di aver partecipato, in qualità di esecutore materiale, insieme con un gruppo di cinque o sei persone, alla strage di Bologna del 2 agosto 1980; in particolare, aveva riferito che, in occasione della strage, assieme a lui vi erano Sergio PICCIAFUOCO ed una donna che egli lodava come coraggiosissima e molto in gamba; e che "l'esplosivo per l'attentato era stato fornito da tale Massimo o Massimiliano FACHINI".
1.9.5) Gli ultimi sviluppi dell'istruttoria
1.9.5.1) La richiesta del PUBBLICO MINISTERO in data 26/3/86
26/03/86 Con missiva (27) in data 26 marzo, il Procuratore della Repubblica trasmetteva al Giudice Istruttore copia di verbali di deposizioni rese il giorno precedente da Angelo IZZO, Raffaella FURIOZZI e Sergio CALORE (28), chiedendo "l'espletamento delle conseguenti attività istruttorie", nonché, all'esito, il nuovo deposito degli atti per le conclusioni finali.
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(27) - RI, C8, p19. (28) - Cfr., rispettivamente, EB, V3, C68, pp. 61-70; EA, V10/a-7, C306, pp. 2-5; IA, V9/a-1 bis, C13/15, pp. 2-3. 1.9.5.2)Le dichiarazioni dell'IZZO, della FURIOZZI e del CALORE Per quanto attiene alle dichiarazioni delle persone esaminate il 25/3/1986 dal PUBBLICO MINISTERO, occorre segnalare quanto segue:
Angelo IZZO riferiva di aver appreso da Valerio FIORAVANTI che il padre di quest'ultimo era stato avvicinato dall'Avv.DI PIETROPAOLO, legale di Licio GELLI, perché riferisse al figlio che il GELLI era preoccupato, in quanto circolavano voci nel senso che Valerio fosse prossimo a confessare tutte le sue responsabilità, e si raccomandava che non accennasse all'omicidio PECORELLI (29); e di aver appreso da Valerio che effettivamente quest'ultimo e Massimo CARMINATI erano stati gli autori materiali dell'omicidio.
Raffaella FURIOZZI riferiva d'aver appreso da Diego MACCIO', la cui fonte era stato Gilberto CAVALLINI, che "era stato GELLI a volere la strage di Bologna, anzi la strage a Bologna, poiché essa doveva rappresentare la continuità con la strage dell'Italicus per lanciare un avvertimento a
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(29) - Si tratta del giornalista Mino PECORELLI, assassinato il 20/3/1979: cfr. Cal., V5, C42, p26.
quegli ambienti politico-militari che nel 74-75 volevano fare un golpe militare e che andavano distaccandosi da GELLI e dagli ambienti della P2 dopo gli anni della strategia della tensione"; e di aver altresì appreso, sempre attraverso le stesse fonti che Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO, "presenti all'attentato del 2 agosto alla stazione, riuscirono a manovrare dei ragazzini di T.P., che furono gli autori materiali della collocazione dell'ordigno alla stazione, avvenuta sotto la copertura di Valerio e Francesca MAMBRO"; e di aver saputo, ancora, che due degli autori materiali della strage rispondevano ai nomi di Nanni DE ANGELIS e Massimiliano TADDEINI.
Sergio CALORE, dal canto suo, dichiarava testualmente, tra l'altro: "...Durante il processo AMATO eravamo in cella io, Valerio ed Angelo IZZO. In effetti noi riuscivamo ad incontrarci nelle ore di socialità nella mia cella anche se poi ognuno di noi aveva assegnata una cella all'interno del carcere di Sollicciano. Un giorno rientrando dall'udienza di Bologna Valerio ci riferì che era stato avvicinato dal padre il quale gli disse che era stato contattato dall'Avv. DI PIETROPAOLO, difensore di Cristiano. Questi gli aveva detto di riferire al figlio che se GELLI poteva stare tranquillo circa la questione PECORELLI, egli (GELLI) avrebbe dato una mano a Valerio. Valerio ci disse che al padre aveva risposto di dire all'avvocato DI PIETROPAOLO che pensasse a Cristiano. Dissi a Valerio dopo aver sentito il suo racconto se c'entrava o meno con l'omicidio PECORELLI e lui mi rispose di no."
1.9.5.3) Le attività del Giudice Istruttore a seguito della richiesta del PUBBLICO MINISTERO
08/04/86 L'8 aprile, il Giudice Istruttore provvedeva a sentire direttamente la FURIOZZI (30) e l'IZZO (31), che confermavano le dichiarazioni rese al PUBBLICO MINISTERO, precisandole e dettagliandole, nonché a porre a confronto tra loro l'IZZO ed il CALORE (32).
Il giorno stesso spediva comunicazione giudiziaria per strage, banda armata e porto d'esplosivo a Massimiliano TADDEINI (33).
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(30) - EA, V10/a-7, C306, pp. 6-9. (31) - EB, V3, C68, pp. 71-83. (32) - IA, V9/a-1 bis, C13/16, pp. 1-5. (33) - OC, V4, C89, p2. Nazzareno(Nanni) DE ANGELIS era morto suicida il 5/10/80 nel carcere di Rebibbia.
25/04/86 Il 25 aprile provvedeva ad interrogare nuovamente Cristiano FIORAVANTI (34), il quale, tra l'altro, dichiarava: "...se prima ero assolutamente convinto della estraneità di mio fratello alla strage di Bologna, oggi non so più cosa pensare; questo anche perché mio fratello in merito all'omicidio MATTARELLA e PECORELLI non ha assunto una posizione chiara...Valerio aveva intenzione, dopo l'uccisione di MANGIAMELI, di assassinare anche la moglie Sara e la figlia. Ciò perché, a detta di Valerio, la moglie era pericolosa più del marito ed aveva assistito all'incontro nel quale si era decisa l'uccisione di MATTARELLA..."
10/05/86 Il 10 maggio il Giudice Istruttore spediva comunicazione giudiziaria per strage, banda armata e porto d'esplosivo a Luigi CIAVARDINI (35).
Il giorno stesso veniva esaminato come teste (36) tale Ivano BONGIOVANNI, il quale riferiva di esser stato detenuto nel carcere di Paliano assieme all'IZZO ed alla FURIOZZI e di
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(34) - EA, V10/a-3, C140 bis, pp. 32-35. (35) - OC, V4, C90, p1. Sulla figura e sul ruolo di costui, nell'ambito del gruppo del FIORAVANTI, in relazione alle vicende che si pongono a cavallo del 2 agosto, ci si dovrà soffermare in seguito. (36) - EA,V10/a-7, C311, pp. 4-9.
sapere che le rivelazioni di quest'ultima le erano in realtà state suggerite dall'IZZO; e che il contenuto della deposizione era stato concordato nell'ambito di un progetto di fuga che avrebbe dovuto riguardare, oltre ad essi, anche altri detenuti. 1.9.6) La conclusione dell'istruttoria
12/05/86 Il 12 maggio il Giudice Istruttore, dopo aver dato corso all'appendice istruttoria di cui si è detto, depositava (37) gli atti per le requisitorie finali.
14/05/86 Il 14 maggio, il PUBBLICO MINISTERO depositava le proprie requisitorie (38). E concludeva chiedendo, tra l'altro, il rinvio a giudizio, avanti alla Corte d'Assise, di tutti gli imputati che saranno poi effettivamente citati, ciascuno per i reati di cui è qui oggi chiamato a rispondere (39), nei procc. penn. nn. 12/86 e 13/86 R.G.C.A.
14/06/86 Un mese più tardi, il Giudice Istruttore depositava il provvedimento (40) conclusivo dell'inchiesta. Nel dichiarare
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(37) - RI, C8, p22. (38) - RE: il volume consta di 857 pagine dattiloscritte. (39) - Con la solo eccezione del PICCIAFUOCO, per il quale al PUBBLICO MINISTERO sfuggiva l'imputazione ex art. 496 C.P. (40) - SO:il volume consta di 1078 pagine dattiloscritte.
chiusa la formale istruzione, ordinava il rinvio a giudizio, avanti a questa Corte d'Assise, di tutti gli imputati del proc. pen. n. 12/86 R.G.C.A., ciascuno per i reati di cui è chiamato a rispondere in tale procedimento, con la recidiva specifica reiterata infraquinquennale per il PICCIAFUOCO, la recidiva reiterata infraquinquennale per il DELLE CHIAIE ed il BALLAN, la recidiva specifica per il GIORGI, la recidiva semplice per il FIORAVANTI, il RAHO, il GIULIANI ed il MELIOLI. Dichiarava unificati nel capo 33 della rubrica i capi d'imputazione nn. 33 e 42, cioè le due ipotesi ex art. 270 bis C.P. contestate rispettivamente con il mandato di cattura del 10/12/85 e con il mandato di accompagnamento del 13/12/85. Unificava altresì nel capo 34 della rubrica le ipotesi di banda armata contestate con i mandati di cattura del 10 e del 20/12/85. Dichiarava ancora assorbite nelle imputazioni di strage e delitti contestuali così come contestate il 10/12/1985 le varie imputazioni precedentemente formulate in corso d'istruttoria per tali delitti nei confronti del FACHINI, del RINANI, della MAMBRO, del SIGNORELLI e del FIORAVANTI. Disponeva conservarsi lo stato di custodia cautelare per gli imputati MUSUMECI, BELMONTE, MAMBRO, PICCIAFUOCO, CAVALLINI, IANNILLI, GIULIANI, MELIOLI, DE FELICE, FACHINI, FIORAVANTI, RINANI e SIGNORELLI (essendo invece il GELLI, il DELLE CHIAIE ed il RAHO latitanti, ed il GIORGI, il TILGHER, il BALLAN e l'HUBEL non più raggiunti da provvedimenti restrittivi).
Pronunciava poi una serie di ulteriori statuizioni, fra cui vanno ricordate le seguenti:
- il proscioglimento di Sergio CALORE, Dario PEDRETTI, Francesco FURLOTTI, Edgardo BONAZZI, Roberto FEMIA, Mario TUTI, Gabriele ADINOLFI, Roberto FIORE, Franco FREDA e Marcello IANNILLI dalle imputazioni di strage e delitti contestuali, per non aver commesso il fatto, nonché di Giorgio VALE (41) e Aldo SEMERARI(42), dalle stesse imputazioni, per estinzione dei reati conseguente alla morte del reo;
-il proscioglimento di Olivier DANET e Joachim FIEBELKORN,
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(41) - Nei confronti di costui era stata emessa comunicazione giudiziaria per strage ed altro il 30/7/1981: cfr. OC, V2, C37, p3. (42) - Raggiunto da comunicazione giudiziaria per strage ed altro del 22/5/1981 (cfr. OC V1, C6, p13), il SEMERARI era poi stato barbaramente assassinato, in circostanze a tutt'oggi non ancora chiarite, in data 1/4/1982.
dalle imputazioni di strage e delitti strumentali, per non
aver commesso il fatto, nonché di Pier Luigi PAGLIAI, dalle stesse imputazioni, per estinzione dei reati conseguente alla morte del reo;
- il proscioglimento di Licio GELLI, Umberto ORTOLANI, Attilio MONTI, Ennio BATTELLI, Federico FEDERICI, Ezio GIUNCHIGLIA e Andrea VON BERGER, perché il fatto non sussiste, dai delitti di cui agli artt. 270 bis e 305 C.P., per i quali erano stati raggiunti da comunicazione giudiziaria in data 9/9/1982 (43);
- la separazione dei giudizi e la trasmissione degli atti, per competenza territoriale, al Procuratore della Repubblica di Roma, per le imputazioni ex artt. 270 bis e 306 C.P. contestate nel 1982 a Carmine PALLADINO, Maurizio GIORGI, Pier Luigi PAGLIAI, Romano COLTELLACCI, Adriano TILGHER, Stefano CAPONETTI, Marco BALLAN, Olivier DANET, Joachim FIEBELKORN, Leda PAGLIUCA, Stefano DELLE CHIAIE, Giovanni PINTUS, Ettore MALCANGI e Roberto PALLADINO,
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(43) -Cfr., per tutti, OC, V2, C55, p26. Si tratta delle accuse originariamente contestate alla persone indicate come coinvolte nelle asserite illecite attività della cosiddetta `Loggia di Montecarlo'.
nonché per l'imputazione ex art. 270 bis C.P. contestata, sempre nel 1982, ad Alfredo GRANITI;
- la separazione delle posizioni di DELLE CHIAIE, GIORGI, TILGHER e BALLAN, per la prosecuzione dell'istruttoria, in relazione al delitto di strage ed ai delitti contestuali;
- la separazione delle posizioni CIAVARDINI, TADDEINI e DE ANGELIS, per la prosecuzione dell'istruttoria, in relazione ai delitti per i quali i primi due eran stati raggiunti da comunicazione giudiziaria;
- la separazione della posizione PAZIENZA, per la prosecuzione dell'istruttoria, in relazione al delitto contestato a detto imputato;
- la trasmissione al PUBBLICO MINISTERO in sede di taluni atti, per le determinazioni di sua competenza a carico dell'ex Procuratore della Repubblica di Bologna dott. Ugo SISTI.
1.10) 15 giugno 1986 - 18 gennaio 1987 La fase degli atti preliminari al giudizio nel procedimento per strage; l'ulteriore istruttoria originata dallo stralcio della posizione PAZIENZA e lo esito della stessa; ulteriori vicende nel procedimento per calunnia
1.10.1) La fase degli atti preliminari al giudizio nel procedimento per strage
Una volta pervenuti gli atti alla Corte d'Assise, ove il procedimento assumeva il n. 12/86 R.G.C.A., il Presidente 11/07/86del Tribunale provvedeva (1), in data 11 luglio, all'assegnazione del procedimento stesso alla 2ª Sezione della Corte.
31/07/86Il 31 luglio, Fabio DE FELICE otteneva (2), dalla Sezione Feriale del Tribunale, che si pronunciava in sede di gravame avverso un provvedimento di diniego del Giudice Istruttore, la misura degli `arresti domiciliari' presso un luogo di cura.
01/09/86 In data 1/9/86, il Presidente di questa 2ª Corte d'Assise emetteva il decreto di citazione per l'udienza del 19/1/87.
24/10/86 Il 24 ottobre, Pietro MUSUMECI otteneva (3) gli `arresti domiciliari' presso la propria abitazione dal `Tribunale
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(1)- Cfr.il provvedimento presidenziale sulla `copertina' del fascicolo. (2) - Il provvedimento trovasi in CP, C4. (3) - Il provvedimento trovasi in CP, C15.
della Libertà', che si pronunciava in sede di rinvio dalla Cassazione, la quale aveva annullato un precedente provvedimento dello stesso `Tribunale della Libertà' emesso a conferma di ordinanza del Giudice Istruttore di diniego del beneficio invocato.
07/11/86 Il 7 novembre Giuseppe BELMONTE otteneva a sua volta gli arresti domiciliari presso la propria abitazione dalla Sezione Istruttoria della Corte d'Appello (4), che concedeva il beneficio per ragioni di salute.
23/12/86 Il 23 dicembre perveniva alla Corte un rapporto (5) della1ª Sezione del Nucleo Operativo della Legione Carabinieri di Bologna, con il quale si dava conto degli accertamenti svolti per verificare l'attendibilità delle dichiarazioni del teste Giuseppe RIZZO. Vi si riferiva, tra l'altro, che:
- vi era stato effettivamente un periodo di comune detenzione di Giuseppe RIZZO e Roberto RINANI, nel 1985, nel carcere di Rimini; e v'eran state, tra i due, varie possibilità d'incontro;
- vi era stato altresì un periodo di comune detenzione di
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(4) - Il provvedimento trovasi in CP, C2. (5) - Trovasi in CP, C6.
Giuseppe RIZZO e Amorino MAZZIERI, nel 1979, nel carcere di Ancona, ove, per mancanza di celle disponibili, "i detenuti vivevano tutti in completa promiscuità";
- sembrava verosimile che il MAZZIERI, compaesano del PICCIAFUOCO ed ampiamente pregiudicato, avesse avuto la possibilità di conoscere e frequentare il PICCIAFUOCO stesso;
- lungo la superstrada che da Ascoli Piceno conduce a Roma si trova il piccolo Comune di Posta, a 40 chilometri di distanza dal quale, in località Petrella Salto, sorgeva una villetta già di proprietà di Aldo SEMERARI.
Sulle circostanze in questione si dovrà tornare in prosieguo, allorché si tratterà di vagliare il problema dell'utilizzabilità della testimonianza RIZZO.
14/01/87 Il 14 gennaio 1987 aveva inizio la sessione di questa Corte nel corso della quale è stato celebrato, fra gli altri, il presente procedimento.
1.10.2)L'ulteriore istruttoria originata dallo stralcio della posizione PAZIENZA e l'esito della stessa
Il procedimento a carico del PAZIENZA originato dalla separazione della sua posizione, disposta con la sentenza-ordinanza 14/6/86, prendeva il numero 181/A/86 R.G.G.I.
16/06/86A tale procedimento, il 16 giugno, veniva acquisita una memoria (6), trasmessa dall'imputato, ancora detenuto negli Stati Uniti, al suo difensore, e da quest'ultimo inoltrata all'Istruttore. Nelle 14 pagine del dattiloscritto, il PAZIENZA svolgeva un'articolata difesa su quattro temi d'accusa, da lui individuati come le premesse logiche su cui si fondava il mandato di cattura emesso a suo carico; cioè, precisamente: rapporti di collaborazione fra lo stesso PAZIENZA ed il GELLI; coinvolgimento del PAZIENZA in una struttura deviata e deviante all'interno dei Servizi di sicurezza; rapporti fra il PAZIENZA ed il coimputato DELLE CHIAIE; rapporti dell'imputato con la `C.I.A' (`Central Intelligence Agency').
19/06/86 Tre giorni più tardi, il PAZIENZA giungeva in Italia `in vinculis', estradato dagli Stati Uniti per reati di competenza dell'autorità giudiziaria milanese (7).
21/06/86 Il giorno 21, la Procura della Repubblica di Roma trasmetteva all' Istruttore un rapporto informativo (8),
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(6) - Trovasi in PAZ., V1, C10, pp. 13-26. (7) - Cfr. PAZ., V1, C4, p103. (8) - Trovasi in PAZ., V1, C7, pp. 3-25. riferentesi "alla persona ed all'attività del dott. Francesco PAZIENZA, con particolare riferimento al periodo della sua collaborazione con il SISMI": rapporto asseritamente redatto dal Col. Demetrio COGLIANDRO, già funzionario del SISMI, nell'ottobre del 1981 (9).
26/06/86 Il giorno 26, il Giudice Istruttore si recava a Torino, ove l'imputato era ristretto, per procedere all'interrogatorio; il PAZIENZA si avvaleva della facoltà di non rispondere (10) e dava lettura di una dichiarazione scritta (11), nella quale affermava di non voler rispondere ad altri magistrati che non fossero quelli di Milano.
28/06/86 Due giorni più tardi, il PAZIENZA decideva di rispondere all'interrogatorio, ma premetteva di non rinunciare al principio di specialità e d' "incontrarsi...con i sigg. Giudici di Bologna anche come parte denunciante ", avendo presentato nelle settimane precedenti quattro denunce penali, rispettivamente contro il Gen. Ninetto LUGARESI, il Prefetto Vincenzo PARISI, il Col. Demetrio COGLIANDRO e la Sig. Nara LAZZERINI.
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(9) - cfr. PAZ., V1, C7, p2. (10) - PAZ., V2, C19, p5 retro. (11) - PAZ., V2, C19, p6.
Nel corso del lungo interrogatorio (12), che proseguiva anche il giorno successivo, l'imputato respingeva l'accusa di averfatto parte dell'associazione sovversiva descritta nel capod'imputazionee sosteneva di non essersimai interessato delle indagini relative alla strage di Bologna.
Produceva 26 documenti, che venivano allegati al verbale d'interrogatorio. Richiamava, inoltre, l'esistenza di prove documentali custodite dal suo avvocato newyorkese, Edward MORRISON, che chiedeva fosse sentito come testimone.
25/08/86 Il 25 agosto, il Giudice Istruttore procedeva all'archiviazione (13) di tre denunce proposte dal PAZIENZA, rispettivamente contro il Col. COGLIANDRO, il Gen. LUGARESI e la Sig. LAZZERINI (14), osservando che il denunciante non aveva indicato elementi specifici, ma aveva formulato accuse del tutto generiche, pretendendo quindi, senza offrire alcun elemento concreto, di trasformare in imputati i testi d'accusa.
Il giorno stesso,l'Istruttore procedeva all'escussione (15)
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(12) - PAZ., V2, C20, pp. 1-108. (13) - Cfr. PAZ., V1, rispettivamente C13-14/2, p5; C13- 14/3, p5; C13-14/4, p5. (14) - Cfr. PAZ., V1, rispettivamente C13-14/2, p4; C13- 14/3, p4, C13-14/4, p4. (15) - PAZ., V2, C22, pp. 3-7.
del Gen. LUGARESI, il quale, tra l'altro, dichiarava: "...Peraltro il fatto che il PAZIENZA vantasse anche aderenze al Dipartimento di Stato tali da fargli promuovere visite in USA del sottosegretario ai servizi On. MAZZOLA e del Capo del SISMI, mi rese a suo tempo convinto che il suo ruolo fosse non solo quello di collaboratore esterno del SISMI, ma anche di `agente di influenza' per conto di ambienti statunitensi, presso corrispondenti ambienti italiani...ricordo anche che DALLA CHIESA (16), durante una riunione per valutare il caso CIOLINI, presente anche il Generale VALDITARA (17), mi disse che CIOLINI era un guardaspalle di GELLI e che avrebbe dovuto conoscere PAZIENZA e potuto confermarne l'amicizia con GELLI. In base a quali elementi DALLA CHIESA sosteneva l'esistenza di un rapporto GELLI-CIOLINI, CIOLINI-PAZIENZA, PAZIENZA-GELLI, io non so, peraltro DALLA CHIESA si era incontrato con CIOLINI nel marzo dell'82 ed aveva anche perfettamente inquadrato il personaggio. Ricordo che ci disse: `CIOLINI vende informazioni per riscattare la pena'..."
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(16) - Si tratta del Generale Carlo Alberto DALLA CHIESA. (17) - All'epoca Comandante Generale dell'Arma.
04/09/86 Il 4 settembre, il Giudice Istruttore provvedeva ad archiviare (18) due ulteriori denunce (19) del PAZIENZA, proposte rispettivamente contro il Prefetto PARISI (20) e contro Placido MAGRI' (21), con la stessa motivazione delle archiviazioni in data 25 agosto.
10/09/86 Il 10 settembre, il Giudice Istruttore di Milano trasmetteva al Giudice Istruttore di Bologna copia delle agende (22) -sequestrate al PAZIENZA-degli anni 1980 e 1981.
18/09/86 Otto giorni più tardi veniva esaminato come teste Demetrio COGLIANDRO (23), il quale, tra l'altro, dichiarava: "...Posso affermare con assoluta sicurezza che PAZIENZA entrò nell'orbita del SISMI fin dall'estate del 1979. Ricordo con esattezza che fu SANTOVITO a presentarmelo nel luglio del '79. Non vi può essere alcun dubbio in merito. Non ho alcuna difficoltà ad affermare che io ho sempre ritenuto PAZIENZA un agente d'influenza americano. Tale mio convincimento nasceva dagli stessi contatti che PAZIENZA
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(18) - Cfr. PAZ., V1, rispettivamente C13-14/8, p6 e C13- 14/9, p45. (19) - Trovansi in PAZ., V1, rispettivamente C13-14/8, p3 e C13-14/9, pp. 6-7. (20)- Già Direttore del SISDE e, attualmente, Capo della Polizia. (21) - Già collaboratore del PAZIENZA. (22) - Cfr. PAZ., V1, C12, pp. 10 e ss. (23) - PAZ., V2, C23, pp. 1-4.
aveva con persone come Michael LEDEEN. Posso anche confermare senza dubbio alcuno che all'interno del SISMI da questo momento in poi si era costituito un vero e proprio asse portante che, sotto la gestione SANTOVITO, passava per il cardine MUSUMECI-SANTOVITO-PAZIENZA,binomio"(sic) "che definisco un vero e proprio cardine operativo. L'ufficio di MUSUMECI era praticamente divenuto l'ufficio di PAZIENZA, che da lì effettuava e riceveva le telefonate e che lì teneva le riunioni e i contatti con le varie persone ivi compreso quello con gli americani. Io personalmente non ho mai avuto alcun incarico di indagine in relazione alla strage di Bologna. Prendo atto che lei si meraviglia che pur reggendo un ufficio molto importante dal punto di vista informativo non sia stato personalmente interessatoa tale indagine, e non ho difficoltà a dire che all'epoca si era realizzata una chiara deviazione operativa poiché il cardine PAZIENZA-MUSUMECI sopra indicato si era appropriato di settori anche non di propria competenza. Chiarisco che non sto riferendomi ad usurpazione, quanto a deviazioni a livello direttivo che esautoravano i settori competenti invadendo, senza avvertire nessuno e senza servirsi degli uffici preposti, i rispettivi campi di attività. In pratica avveniva che MUSUMECI, il quale all'interno del Servizio manteneva il collegamento con PAZIENZA, il quale agiva per così dire all'esterno, non ha mai fornito la benché minima notizia ai diversi uffici centrali e periferici del SISMI, che io sappia la benché minima notizia o informazione. Ciò esclude che PAZIENZA svolgesse compiti informativi per conto del Servizio, essendo anzi inserito a livello di vertice con funzioni diverse che quelle di semplice informatore..."
19/09/86 Il giorno successivo l'Istruttore richiedeva (24) al Nucleo operativodei Carabinieri di Bologna di acquisire, presso l'Uffico `D', l'ex Ufficio `REI' e l'Ufficio `R' del SISMI, nonché presso il Nucleo Industriale dei Carabinieri di Genova e l'Ufficio SIOS Marina copia di tutta la documentazione riguardante il PAZIENZA.
27/09/86 Il 27 settembre venivano acquisiti dal Giudice Istruttore di Milano, ai sensi dell'art. 165 bis C.P.P., stralci dell'interrogatorio (25) reso dal PAZIENZA il 24 giugno nel
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(24) - PAZ., V1, C16, p1. (25) - PAZ., V3, C5, pp. 2-19.
procedimento relativo al `crack' del Banco Ambrosiano.
09/10/86 Il 9 ottobre, l'Istruttore, all'uopo sensibilizzato dai Carabinieri (26), precisava (27) la richiesta di acquisizione di documenti presso il SISMI di cui si è detto, facendo espresso riferimento, tra l'altro, a tutto il materiale relativo ai rapporti tra il PAZIENZA e le persone con lui coimputate nel procedimento per la strage del 2 agosto, nonché ai rapporti tra il PAZIENZA e l'Avv. FEDERICI, il giornalista BARBERI ed il Col. GIOVANNONE.
11/10/86 Due giorni più tardi, il Giudice Istruttore di Firenze trasmetteva copia dell'interrogatorio (28) a lui reso il giorno 10 dal PAZIENZA ai sensi dell'art. 348 bis C.P.P.
16/10/86 Il 16 ottobre veniva depositato in Cancelleria un rapporto di pari data dei Carabinieri di Bologna (29), di complessive 206 pagine, che costituisce -secondo la definizione dello stesso estensore- "un riepilogo delle indagini di maggior rilievo svolte sul conto di Francesco PAZIENZA anche da altre autorità giudiziarie e dalla Commissione P2".
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(26) - PAZ., V1, C16, p2. (27) - PAZ., V1, C16, p4. (28) - PAZ., V3, C1, pp. 2-5. (29) - Trovasi in PAZ., V2, C24.
18/10/86 Due giorni più tardi,venivano trasmessi, a seguito di tale rapporto, tre atti (30) depositati presso la Cancelleria Commerciale del Tribunale di La Spezia, relativi alla società per azioni `U.S.E.A.', nella quale l'Ammiraglio Luigi TOMASUOLO rivestiva la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, ed il Prof. Giuseppe PAZIENZA, padre dell'imputato, di Direttore Generale (31).
20/10/86 Il giorno 20, la DIGOS di Bologna trasmetteva a sua volta un rapporto (32), nel quale comunicava l'esito degli accertamenti svolti presso la Facoltà di medicina e Chirurgia dell'Università di Roma, ove era stata acquisita copia della documentazione relativa al 'curriculum studiorum' del PAZIENZA.
21/10/86Il giorno dopo la DIGOS trasmetteva unaltro rapporto (33), avente ad oggetto, oltre al tema specifico dell'iniziazione massonica del PAZIENZA, una serie di ulteriori notizie biografiche attinte da un'indagine dell'UCIGOS di Roma risalente al 1984.
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(30) - Trovansi in PAZ., V2, C24. (31) - Cfr. p8 del rapporto di cui alla nota (29). (32) - Trovasi in PAZ., V2, C24. (33) - Trovasi anch'esso in PAZ., V2, C24.
29/10/86 Un ultimo rapporto (34) della DIGOS veniva trasmesso il giorno 29: in esso si riferiva, in sintesi, quanto emerso, sul conto del PAZIENZA, dall'esame degli atti trasmessi dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2. In particolare, si riferiva il contenuto di passi della pre-relazione ANSELMI, della relazione di maggioranza, nonché della relazione di minoranza dell'On. TEODORI.
14/11/86 Il 14 novembre, in New York, in esecuzione di rogatoria internazionale, davanti all'`attorney' di Manhattan, dott. DENTON, alla presenza del Giudice Istruttore e del PUBBLICO MINISTERO di Bologna, veniva esaminato (35) il legale statunitense del PAZIENZA, Avv. MORRISON. Questi, che veniva sentito in merito a talune circostanze riferite dal suo cliente ed in ordine a taluni documenti di cui era stato indicato come affidatario, rendeva una lunga deposizione, di cui va qui testualmente riportato il brano che segue:
"...(risposta): Nel febbraio 1986, quest'anno, fui visitato da un uomo il cui nome era Federico FEDERICI. Mi si presentò dandomi il suo biglietto da visita, che indica che egli è un
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(34) - Trovasi ugualmente in PAZ., V2, C24. (35) - Cfr. traduzione italiana in PAZ., V2, C25, pp. 7-55. avvocato in Italia. Ve lo farò vedere immediatamente.
MR. DENTON: Va bene. Il biglietto da visita entrerà a far parte della documentazione.
(risposta, continuando): Mi disse, per la verità, che egli era un avvocato italiano che a quel tempo risiedeva a Key Biscayne in Florida, e, qui la cosa è molto importante, mi disse che gli era stato richiesto da un certo Mr. LOCCHI, che apparteneva all'organizzazione italiana, disse, `UCIGOS', che nel febbraio 1984 gli era stato chiesto se era d'accordo nell'organizzare un assassinio di Francesco PAZIENZA in cambio di denaro. Il FEDERICI fu d'accordo nel testimoniare questo fatto se fosse stato citato in giudizio. Egli mi informò anche che aveva informazioni straordinarie che si riferivano ad un'azione di polizia in Bolivia che si era conclusa con la morte di un importante testimone dei fatti di Bologna, di cui si occupano i magistrati qui presenti, e che un Ambasciatore degli Stati Uniti in Bolivia, Edwin CORR, era un testimone di questi fatti e aveva scritto una relazione su questo argomento e l'aveva sottoposta al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Poi continuò a mostrarmi le analogie fra questa azione in Bolivia e quello che era successo alle Seychelles in relazione al mio cliente, dott. PAZIENZA, e che entrambe queste azioni erano state orchestrate dalla stessa persona o persone del SISDE in Italia. Dopo l'incontro con FEDERICI, FEDERICI andò a trovare PAZIENZA in prigione, dove si raggiunse un accordo tra i due che FEDERICI avrebbe tentato di ottenere la necessaria documentazione, che avrebbe dimostrato i gruppi colpevoli in relazione alle bombe di Bologna; questa offerta da parte del FEDERICI sembrò al PAZIENZA un modo per provare la sua innocenza, proprio perché il FEDERICI aveva indicato che lavorava con importanti personaggi nella U.S. Drug Enforcement Agency a Miami in Florida. A dir la verità, il FEDERICI effettivamente diede un certo numero di documenti in quel periodo a PAZIENZA,i quali indicavano, numero uno, che la buona fede del FEDERICI era fuori discussione e che egli aveva facile accesso alla documentazione che aveva promesso. Successivamente a quel momento, PAZIENZA fu estradato dagli Stati Uniti in Italia ai sensi di un trattato tra i due Paesi, e il dott. FEDERICI si imbarcò per un viaggio in Sud America per ottenere questi documenti. Il dott. FEDERICI mi aveva promesso che mi avrebbe mandato tali documenti direttamente e poi avrebbe discusso con me che cosa fare con queste importanti carte. Il dott. PAZIENZA pagò per i molteplici biglietti aerei che furono richiesti dal FEDERICI, come pure per le telefonate fatte dal FEDERICI in tutto il mondo. Il totale delle spese del dott. FEDERICI arrivò a poco meno di 40 mila dollari. Dopo parecchie settimane dal momento in cui Mr. FEDERICI era andato in America Latina...
(domanda): Mr. MORRISON, di quale periodo di tempo stiamo parlando?
(risposta): Era, credo, fra giugno e luglio di quest'anno. Ma avrebbe potuto essere agosto. Ad un certo momento durante l'estate Mr. FEDERICI mi chiamò, dicendomi che mi chiamava dal Sud America, che aveva ottenuto la documentazione necessaria e che mi avrebbe spedito quei documenti per espresso. Ciò notificai alla famiglia di PAZIENZA in Italia. Quello che succede dopo è che non ricevo la documentazione. Scrivo lettere al FEDERICI in Svizzera che non hanno risposta, e poi ricevo una telefonata dal FEDERICI qui negli Stati Uniti, in cui mi dice che gli dispiace che non abbia ricevuto la documentazione, che era stata mandata al suo ufficio in Svizzera, invece che a me. Allora, suggerii che facesse avere la documentazione a PAZIENZA in Italia, e di nuovo egli disse che no, l'avrebbe piuttosto spedita a me direttamente, il che non accadde. Allora, io chiamai FEDERICI per telefono, dopo dieci giorni circa, non avendo ricevuto questi documenti a Key Biskayne, in Florida, ed ebbi la fortuna di trovarlo al telefono, e Mr. FEDERICI mi ripeté nuovamente che mi avrebbe spedito la documentazione, ma che doveva vedermi immediatamente perché qualcosa di nuovo e fondamentale stava succedendo. E io suggerii che venisse a trovarmi e che portasse la documentazione con sé. In effetti, venne al mio ufficio verso la fine di settembre-inizio ottobre del 1986, senza la documentazione, chiedendomi altro denaro. Gli dissi che c'era una grossa somma di denaro da pagare che egli doveva a PAZIENZA, centinaia e centinaia di dollari di telefonate che erano state fatte con carta di credito, senza autorizzazione; in aggiunta a ciò, poiché nessuna documentazione mi era stata consegnata, le molte migliaia di dollari di tariffe aeree dovevano essere restituite. Mi disse che era d'accordo che il denaro dovesse essere restituito e che ciò sarebbe avvenuto nel giro di una settimana e se io gli avessi dato, per favore, un conto particolareggiato di quanto era stato speso. Gli diedi un conto particolareggiato parziale di circa 20 mila dollari. Invece di ricevere, successivamante, denaro dal FEDERICI, ricevetti una telefonata da lui il 12 ottobre in cui mi diceva che entro due o tre giorni sarebbe morto, insinuando che si sarebbe suicidato, ma che aveva scritto a suo fratello riguardo alle spese. Questa è stata l'ultima volta che ho avuto notizie da Mr. FEDERICI..."
Essendo stati frattanto acquisiti all'istruttoria (36) vari atti, provenienti dal procedimento `della calunnia' e dalla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2, il PUBBLICO MINISTERO, l'11 dicembre, depositava la sua requisitoria (37), chiedendo -come aveva già fatto nel
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(36) - Cfr. PAZ., V3, C2. (37) - PAZ., V2, C27, pp. 4-25.
maggio- il rinvio a giudizio del PAZIENZA avanti alla Corte d'Assise.
22/12/86 Il 22 dicembre, il PAZIENZA, che aveva ottenuto la libertà, a vario titolo, dalle autorità giudiziarie procedenti per i reati per i quali egli era stato sino a quel momento estradato, veniva scarcerato, con l'imposizione dell'obbligo di dimora nel Comune di Lerici (38).
27/12/86 Cinque giorni più tardi il Giudice Istruttore depositava l'ordinanza (39) con la quale rinviava il PAZIENZA al giudizio della Corte d'Assise per il delitto ascrittogli.
07/01/87 Il 7 gennaio del 1987,il Presidente del Tribunale assegnava il procedimento a questa 2ª Corte (40). Il giorno stesso, essendo stata comunicata (41) la notizia che la competente autorità statunitense aveva esteso l'estradizione del PAZIENZA anche ai delitti di associazione eversiva e di calunnia di competenza dell'autorità giudiziaria di Bologna, il PAZIENZA veniva tratto in arresto (42) in Lerici in esecuzione del mandato di cattura del 10/12/1985.
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(38) - Cfr. istanza Avv. DEL VECCHIO in data 26/01/87, in CP, C16. (39) - PAZ., V2, C27, pp. 41-82. (40) - Cfr. il decreto, sulla `copertina' del fascicolo. (41) - Cfr. missiva Procura Generale, in CP, C16. (42) - Cfr. fonogramma Carabinieri 7/1/87, in CP, C16.
15/01/87 Otto giorni più tardi, il Presidente di questa Corte
emetteva il decreto di citazione per l'udienza del 2/3/1987. 1.10.3) Ulteriori vicende nel procedimento per calunnia
A seguito della sentenza della Suprema Corte in data 16/12/85 di cui si è detto sub 1.8.5), il fascicolo del procedimento per calunnia era stato ritrasmesso al Tribunale di Bologna, ove il processo pendeva nuovamente in fase di atti preliminari, in attesa della rifissazione del giudizio.
31/10/86 Il 31 ottobre 1986, Pietro MUSUMECI veniva scarcerato per decorrenza dei termini della custodia cautelare (43).
06/11/86 Analogo provvedimento veniva adottato sei giorni più tardi per il BELMONTE (44).
07/01/87 Il 7gennaio 1987, a seguito dell'estensione dell'estradizione di cui si è detto sub 1.10.2), Francesco PAZIENZA veniva tratto in arresto in esecuzione dell'ordine di cattura 21/11/1984 (45).
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(43) - Il provvedimento trovasi in Cal., V9, C4. (44) - Il provvedimento trovasi in Cal., V9, C3. (45) - Cfr. fonogramma di cui alla nota (42).
1.11) 19 gennaio 1987 - 21 luglio 1987 Dall'apertura del giudizio nel procedimento per strage all'esaurimento degli interrogatori nei tre procedimenti riuniti nn. 12/86, 13/86 e 2/87 R.G.C.A.
1.11.1)Dall'apertura del giudizio nel procedimento per strage alla riunione dei tre procedimenti nn. 12/86, 13/86 e 2/87 R.G.C.A.
19/01/87 Il 19 gennaioprendeva le mosse, con la costituzione del rapporto processuale, il giudizio nel procedimento n. 12/86 R.G.C.A. Si rendeva necessario un primo rinvio al 2 marzo, onde consentire la trattazione congiunta -che sirendeva opportuna per ragioni di connessione oggettiva e probatoria-
con il procedimento n. 13/86 R.G.C.A. (1), il cui giudizio, come si è visto, era stato fissato per tale data.
27/01/87 Il 27 gennaio, il Procuratore della Repubblica chiedeva (2) la restituzione al suo ufficio del procedimento cosiddetto `della calunnia'. In pari data il Presidente ordinava (3) che fosse dato corso alla richiesta e, due giorni più tardi, 29/01/87 il Cancelliere provvedeva (4) in conformità.
04/02/87 Il 4 febbraio, il Procuratore della Repubblica chiedeva la citazione dei quattro imputati di calunnia davanti alla Corte d'Assise. Il procedimento prendeva il numero 2/87
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(1) - Cfr. ordinanza, in vu 19/1/87, pp. 930-931. (2) - Cfr. la richiesta allegata alla copertina di Cal., V9. (3) - Con decreto in calce alla richiesta. (4) - Cfr. nota allegata alla copertina di Cal., V9. R.G.C.A. ed, essendo esso stato assegnato alla 2ª Sezione, 05/02/87 il Presidente di questa Corte, il 5 febbraio, emetteva decreto di citazione per l'udienza del 2/3/1987.
Con provvedimento (5) in pari data, la Corte autorizzava l'imputato DE FELICE, ferma restando la misura degli arresti domiciliari, a trasferirsi, dalla casa di cura ove si trovava ricoverato, presso la sua abitazione.
28/02/87 Il 28 febbraio veniva ordinata (6) la scarcerazione di Giovanni MELIOLI, per avvenuto decorso dei termini di custodia, maturato nella fase istruttoria.
09/03/87 All'udienza del 9 marzo, cui i procedimenti, chiamati all'udienza del giorno 2, erano stati rinviati, veniva ordinata -previa lettura delle imputazioni e dichiarazione di apertura di ciascun dibattimento- la riunione (7) dei procedimenti nn. 13/86 e 2/87 a quello n. 12/86, per ragioni di connessione soggettiva, oggettiva e probatoria.
1.11.2) Le questioni preliminari
Le udienze comprese fra il 10 ed il 26 marzo venivano dedicate alla trattazione di numerose questioni preliminari.
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(5) - Trovasi in CP, C4. (6) - Il provvedimento trovasi in CP, C14. (7) - Cfr. vu 9/3/87 proc. 12/86, p17.
Va qui segnalato quanto segue:
10/03/87 - il 10 marzo, la Corte (8) dichiarava la nullità della citazione, in qualità di responsabili civili per il delitto di calunnia, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della difesa, e revocava il provvedimento con cui tale citazione era stata ordinata; decideva altresì le opposizioni alle costituzioni di parte civile, dichiarando: l'ammissibilità della costituzione di tutte la parti civili private (vittime o danneggiati dalla strage), del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro degli Interni, della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Bologna e del Comune di Bologna, oltre che per il delitto di strage, anche per i delitti di cui agli artt. 270 bis e 306 C.P.; del Ministro di Grazia e Giustizia per il delitto di cui all'art. 270 bis C.P.; delle parti civili private costituitesi tempestivamente nel procedimento per calunnia ed indicate nell'imputazione come raggiunte da false informative o erroneamente identificate dall'autorità giudiziaria a seguito di false
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(8) - Cfr. vu 10/3/88, pp. 69-72.
accuse mosse dagli imputati di quel procedimento; dichiarava viceversa l'inammissibilità di ogni altra
costituzione per la quale vi fosse stata opposizione, e, anche d'ufficio, di ogni costituzione intempestiva;
12/03/87 - il 12 marzo, ad integrazione dell'ordinanza di cui si è testé detto, dichiarava (9) l'inammissibilità della costituzione di parte civile dell'Ente Ferrovie dello Stato per il delitto di calunnia, tenendo ferma la costituzione effettuata per le altre imputazioni;
con altra ordinanza (10), rigettava l'eccezione di incompetenza per territorio proposta dalla difesa FACHINI, nonché un'eccezione di improcedibilità ex art. 90 C.P.P., proposta dalla difesa DE FELICE, sull'assunto dell'identità del reato associativo contestato al DE FELICE nel presente procedimento e di quelli analoghi contestatigli in altri due procedimenti -l'uno conclusosi con sentenza istruttoria di proscioglimento (11) e l'altro tuttora pendente- di competenza dell'autorità giudiziaria
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(9) - Cfr. vu 12/3/87, p45. (10) - Cfr. vu 12/3/87, pp. 43-44. (11) - Si tratta del procedimento originato dalla trasmissione degli atti a Roma, a seguito della sentenza d'incompetenza 30/4/81.
romana;
con altra ordinanza (12) ancora, rigettava un'eccezione di nullità proposta dalla difesa RAHO, in relazione alla costituzione della Corte, nella sua componente togata;
17/03/87 - il giorno 17, rigettava (13) altre eccezioni, proposte rispettivamente ai sensi degli artt. 312 e 372 C.P.P.e, 20/03/87tre giorni più tardi, dichiarava (14) manifestamente infondate le eccezioni -sollevate dalla difesa RAHO- di illegittimità costituzionale degli artt. 61, 63 e64 C.P.P., in combinato disposto con l'art. 263 bis C.P.P., per asserito contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nonché degli artt. 8 L. 10/4/1951 n. 287, 10 I comma, 11 I comma, 17 I comma L. 24/3/1958 n. 195 -così come interpretati dalla Corte con ordinanza 12/3/87- per asserito contrasto con gli artt. 2, 10, 24, 25, 27, 87, 89, 102, 104 e 110 della Costituzione;
- nei giorni 23 e 24 marzo venivano illustrate dalle parti numerose istanze istruttorie, sulle quali la Corte si
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(12) - Cfr. vu 12/3/87, pp. 38-42. (13) - Cfr. vu 17/3/87, pp. 21-24. (14) - Cfr. vu 20/3/87, pp. 62-64.
riservava ogni decisione, pronunciandosi (15), viceversa,
il giorno 24, con provvedimento di rigetto, soltanto sulla richiesta di sospensione del procedimento, in attesa della definizione dei procedimenti per strage, separatamente pendenti a carico di Luigi CIAVARDINI eMassimiliano TADDEINI;
26/03/87 - il giorno 26, infine, la Corte rigettava (16) l'eccezione di invalidità e/o nullità della sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio, sollevata per esser stato il provvedimento sottoscritto da due giudici. 1.11.3) La scarcerazione di Marcello IANNILLI e l'arresto di Stefano DELLE CHIAIE
12/03/87 Il 12 marzo, la Corte aveva frattanto ordinato (17) la scarcerazione di Marcello IANNILLI, per avvenuto decorso dei termini della custodia cautelare, maturato in fase istruttoria.
31/03/87 All'udienza del 31 marzo, essendo pervenuta alla Corte la notizia ufficiosa che Stefano DELLE CHIAIE era stato arrestato a Caracas ed, espulso dal Venezuela, si trovava in
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(15) - Cfr. vu 24/3/87, p28. (16) - Cfr. vu 26/3/87, pp. 19-20. (17) - Il provvedimento trovasi in CP, C12.
viaggio verso l'Italia a bordo di un aeromobile italiano, veniva ordinata (18) l'immediata traduzione in aula
dell'imputato, non appena ciò fosse stato possibile, e l'udienza veniva all'uopo rinviata di 24 ore.
01/04/87 Il giorno successivo il DELLE CHIAIE non era ancora stato tradotto a disposizione della Corte, né era stata raccolta una sua rinuncia a comparire (così come del resto, lo stesso giorno, non era pervenuta la rinuncia del GIULIANI né costui era stato tradotto). Si rendeva pertanto necessario un ulteriore rinvio, all'udienza del 6 aprile, con la quale, per aver DELLE CHIAIE fatto pervenire rinuncia a comparire, il dibattimento riprendeva regolarmente.
1.11.4) Gli interrogatori
1.11.4.1) Massimiliano FACHINI
06/04/87 Il 6 aprile, il dibattimento riprendeva con la prosecuzione dell'interrogatorio (19) del FACHINI, che era iniziato il 26 marzo (20), una volta esaurite le questioni preliminari.
Il contenuto dell'interrogatorio può esser sintetizzato come segue: richiesto di chiarire la sua vicenda politica,
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(18) - Cfr. vu 31/3/87, p13. (19) - Cfr. vu 6/4/87, pp. 14-22 e 23-26. (20) -Cfr. vu 26/3/87, p18 e pp. 21-33.
l'imputato riferiva di essersi iscritto al FUAN attorno al '66 e poi al M.S.I.Aveva fatto capo alla Sezione `Centrale' e non all'`Arcella'; era rimasto iscritto al partito fino al '73 (anno dello scioglimento della federazione ad opera degli organi centrali) ed aveva ricoperto la carica di consigliere comunale fino alla naturale scadenza del mandato, nel '75. Ricordava vagamente il TONIN, e forse il VETTORE PRESILIO, non avendo comunque mai preso parte alla stesuraod alla pubblicazione di quello che il TONIN chiama `libretto rosso'. Faceva presente di essersi dedicato soltanto alla cura, spedizione ed organizzazione delle edizioni A.R. e poi alla stesura del giornale 'Costruiamo l'Azione' a partire dal '77. Non aveva nulla a che vedere (neanche a livello di distribuzione) con i `fogli d'ordine' di Ordine Nuovo. Aveva conosciuto il CAVALLINI a Roma (con il nome di Luigi PAVAN), in quanto il CAVALLINI, in quella città, collaborava a `Costruiamo l'Azione'. Escludeva che gli fosse stato presentato dal BALLAN.
Escludeva inoltre: di aver mai fornito esplosivi ad ALEANDRI; di aver avuto disponibilità o competenza sugli esplosivi, ed in particolare sul `T4'; di aver avuto parte in un attentato all'Università di Padova; di aver fatto parte di Ordine Nuovo o di Avanguardia Nazionale, e di aver avuto parte nel tentativo di riunificazione delle due organizzazioni posto in essere nel'75. Non nascondeva di essere stato contattato da persone che avevano interesse a conoscere il suo pensiero in merito a tale iniziativa; e ricordava d'aver espresso l'opinione che si trattasse di un'idea buona, ma di difficile attuazione. Nelle riunioni di `Costruiamo l'Azione' non si parlava di lotta armata. Nell'ambiente del giornale aveva visto talvolta il CALORE, il SIGNORELLI e il DE FELICE. Contestava di aver avuto disponibilità di officine meccaniche. Nell'ambito di Ordine Nuovo aveva conosciuto, nel '75, Elio MASSAGRANDE e Clemente GRAZIANI. Aveva visto il SIGNORELLI nella primavera dell'80 ad Arquà Petrarca; e colà avevano concordato di incontrarsi l'estate successiva. Nella seconda decade d'agosto, infatti, il FACHINI, proveniente da S. Maria di Leuca, si era portato con la `roulotte' nella casa di campagna del SIGNORELLI e vi aveva soggiornato alcuni giorni, unitamente alla famiglia. Era stato ristretto nel carcere di Belluno a partire dal settembre '80, insieme a Gianluigi NAPOLI (che prima conosceva soltanto superficialmente). Aveva avuto timori di provocazioni, che aveva manifestato anche al personale di custodia. Escludeva di aver organizzato la fuga di FREDA e di avere avuto parte nell'evasione di VENTURA. Dichiarava di conoscere molto superficialmente Ulderico SICA e Pancrazio SCORZA, e negava di aver partecipato ad una riunione con gli stessi, per predisporre operazioni di evasione. Non aveva avuto rapporti di sorta con Terza Posizione o con i N.A.R., ed aveva anzi pubblicato su `Costruiamo l'Azione' un articolo di critica all'attacco armato a `Radio Città Futura', rivendicato appunto dai N.A.R. Dichiarava di non conoscere lo IANNILLI ed escludeva di aver fornito dei mitra MAB a Maurizio ZANI, che neppure conosceva. Temendo di essere arrestato, si era rifugiato per alcuni mesi in Ispagna a partire dal '73, e vi aveva soggiornato assieme al DELLE CHIAIE, dal quale poi era venuto sempre più allontanandosi, per via di contrasti politici ed umani. Tramite del loro incontro era stato tale Angelo FACCIA. Negava ancora di aver condotto Marco POZZAN da Stefano DELLE CHIAIE: avuta notizia che il primo si trovava in Madrid, il FACHINI ed il DELLE CHIAIE si erano portati in quella città, di comune accordo, per incontrarlo. Escludeva ancora che il DELLE CHIAIE gli avesse mai detto di essere legato a servizi segreti italiani o stranieri; così come escludeva di aver conosciuto il Cap. Antonio LABRUNA (bollando quindi come false le dichiarazioni di segno contrario del VINCIGUERRA). Non aveva conosciuto il RINANI, se non per averne sentito vagamente parlare da Maurizio CONTIN. Con il MELIOLI aveva invece intrattenuto rapporti di collaborazione politica per almeno 15 anni. Aveva contattato Jeanne COGOLLI nel '78, tramite il SIGNORELLI od altri: la donna aveva distribuito il giornale `Costruiamo l'Azione' a Bologna per qualche tempo, e si era poi defilata, tanto che dopo il '78 l'imputato non aveva avuto più occasione di incontrarla o sentirla. Sempre nell'ambito di `Costruiamo l'Azione', il FACHINI aveva visto il SEMERARI un paio di volte a Roma. Non aveva mai sentito parlare del SIGNORELLI come di persona legata ai servizi segreti,né aveva conosciuto Amos SPIAZZI, Francesco MANGIAMELI, Alberto VOLO e Marco AFFATIGATO. Conosceva a titolo personale Roberto ROMANO fin dal '70, ma ignorava se costui -che, all'epoca della conoscenza, militava nel M.S.I.- fosse un subacqueo. A contestazione della lettera a firma Gastone ROMANI in data 4/3/70, sequestrata presso l'imputato in data 14/2/73 (21), spiegava che il ROMANI, rientrato nel M.S.I. da posizioni ordinoviste, si stava attivando, all'epoca dell'invio della missiva, per allargare la sua corrente all'interno del
partito, e si era rivolto al FACHINI, sapendolo essere, a sua volta, su posizioni di dissenso rispetto alla linea ufficiale del partito stesso.
07/04/87 L'interrogatorio si concludeva il giorno 7: in tale occasione, l'imputato, rispondendo (22) ad una domanda proveniente dalla difesa RAHO, dopo aver chiarito di non sapere nulla di esplosivi, definiva il RAHO un buon amico, addetto alla distribuzione di `Costruiamo l'Azione' fino alla primavera del '79, poi allontanatosi per recarsi
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(21) - La lettera, avente ad oggetto la convocazione dei quadri di Ordine Nuovo delle Tre Venezie, fu acquisita agli atti con ordinanza dibattimentale (cfr. vu 16/4/87, pp. 16-18); e trovasi in AAD, V5, C15. (22) - cfr. vu 7/4/88, p12.
all'estero (cosa che il FACHINI aveva appreso da altri).
1.11.4.2) Roberto RINANI
07/04/87 Il 7 aprile aveva luogo anche l'interrogatorio (23) del RINANI. Costui, premesso d'aver "casualmente" incominciato a frequentare nel '75 il M.S.I., introdottovi da tale FIORETTA, affermava d'essere in seguito divenuto "commissario" di una sezione periferica, e quindi segretario dell' `Arcella' dall'autunno '76 al dicembre '77, data in cui aveva dato le dimissioni e la sezione era stata chiusa. Interpretava il contenuto delle dichiarazioni dei testi GHEDINI e CONTIN (24) come espressione del clima violento instauratosi in Padova a seguito dei ripetuti scontri con gruppi di opposte fazioni. Negava la veridicità delle affermazioni provenienti dal teste TONIN, così come negava di aver conosciuto il FACHINI, il NAPOLI, l'ALEANDRI, l'AFFATIGATO, il VETTORE PRESILIO (ribadendo di non aver fatto a quest'ultimo, nè ad altri, le note rivelazioni), Giuseppe RIZZO, il SEMERARI, il CONCUTELLI ed il
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(23) - Cfr. vu 7/4/87, pp. 12-22. (24) - Per le quali cfr., rispettivamente, EA, V10/a-2, C82 evu 1/2/88 (GHEDINI), ed EA,V10/a-2,C66 (CONTIN).
PICCIAFUOCO. Affermava altresì di non essere depositario di alcun segreto. Indicava in un tossicodipendente il probabile autore dell'aggressione subita da sua moglie a Mestre, nel dicembre dell' '85, aggiungendo che egli, detenuto, aveva saputo dell'episodio prima attraverso il quotidiano `Repubblica', e poi, in forma ufficiale, nel corso dell'interrogatorio 19/12/85, da parte del Giudice Istruttore dott. ZINCANI. Bollava come "speculazioni giornalistiche" le notizie-diffuse dalla stampa contestualmente a quella dell'aggressione di sua moglie-secondo cui egli era, all'epoca dell'aggressione stessa, intenzionato a fare delle rivelazioni. Escludeva che a casa sua potesse esser stato rinvenuto materiale comunque riconducibile a `Costruiamo l'Azione'. Ammetteva la pregressa conoscenza di Franco GIOMO, dirigente giovanile del M.S.I., ma faceva presente di non aver nutrito per costui alcuna simpatia. Richiesto di farlo, mostrava alla Corte un tatuaggio impresso sull'avambraccio destro, raffigurante una croce inscritta in un cerchio, che egli definiva "croce celtica", simbolo dell'elevazione spirituale dell'uomo, e che affermava d'essersi fatto imprimere in carcere nel '77.
1.11.4.3) Sergio PICCIAFUOCO
08/04/87 Il giorno successivo aveva inizio l'interrogatorio (25) di Sergio PICCIAFUOCO, che proseguirà (26) il 13 aprile. Il contenuto dell'atto può esser sintetizato come segue: ristretto nel carcere di Ancona per espiarvi una lunga pena detentiva, l'imputato ne era evaso nel luglio del 1970. Era rimasto latitante sino al 1/4/1981, giorno della sua cattura al valico di Tarvisio. Negli anni della latitanza non aveva avuto una dimora fissa, ed aveva vissuto di piccoli espedienti e modesti reati contro il patrimonio. Aveva viaggiato sovente in Italia, e, fino al '75, era andato periodicamente in Germania a trovare i genitori, colà residenti. Dal '71 aveva assunto il falso nome di VAILATI Eraclio, modificando in VAILATI il cognome di tale VALLATI Eraclio, nipote di una sua conoscente di Falconara. Dal '77 in poi, pur soggiornando con una certa continuità presso l'`Hotel Green Park' di Modena, si era recato spesso a
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(25) - Cfr. vu 8/4/87, pp. 12-23. (26) - Cfr. vu 13/4/87, pp. 14-28.
Chiavenna, ove risiedeva una sua ragazza di allora, Cristina PARACCHINI. Aveva frequentato Chiavenna sino al '78, mantenendocolà anche un'altra relazione sentimentale, con tale Carla CURATO. In quella città aveva abitato presso la `Pensione Aurora'. A partire dal '78 aveva preso a vivere con una certa continuità a Modena, ove aveva alloggiato prima al `Green Park' e poi, fino al novembre '80, in un appartamento di via Farini. Nel '75 aveva perso i genitori, che gli avevano lasciato un appartamento ad Ancona ed una somma in banca. Dalla vendita dell'appartamento era stata ricavata la somma di £ 40.000.000. I continui spostamenti l'avevano portato a frequentare, tra l'altro, Lana d'Adige, Roma e Taormina. Fino all' '80 aveva fatto uso costante di un passaporto e di una patente di guida intestati a VAILATI Eraclio. Tali documenti non aveva egli ottenuto da Antonio SMEDILE, essendoseli egli invece procurati tramite tali LORIA e LUDOVIGHETTI, suoi ex compagni di detenzione. A proposito del possesso, da parte sua, di un'auto di cui era stato denunciato il furto da parte del proprietario SMEDILE Antonio (ed alla cui guida l'imputato era stato sorpreso, in compagnia di tale Mirella PARISI, ad un posto di blocco effettuato dai Carabinieri in Merano, nel maggio '80), confessava il furto del veicolo. Precisava di aver conosciuto lo SMEDILE per aver frequentato il suo negozio di articoli fotografici in Roma, e di essersi impadronito della sua auto, avendo notato ove costui teneva le chiavi di riserva. Arrivava a smentire d'aver riferito al Giudice Istruttore quanto verbalizzato nel corso di un interrogatorio (27) a proposito della provenienza dallo SMEDILE della `patente VAILATI', facendo in ogni caso presente di essersi rifiutato di sottoscrivere i verbali di quell'interrogatorio e di un successivo confronto(28) con lo SMEDILE.Invitato a ripercorrere la vicenda che loaveva condotto ad essere coinvolto dall'esplosione del 2 agosto, affermava d'aver all'epoca programmato, per il giorno 4 agosto, un viaggio a Milano, ove avrebbe dovuto contattare in un luogo imprecisato qualcuno capace di `riempire' dei documenti in bianco di cui era in possesso. Senonchè, il
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(27) -Cfr. IA, V9/a-2, C40, p39 recto e verso. (28) -Cfr. IA, V10/a-6, C297, p17 recto e verso.
padrone di casa, la mattina di sabato 2 agosto, si era presentato, in compagnia di una ragazza polacca, presso l'appartamento di via Farini, che il PICCIAFUOCO conduceva in locazione, e gli aveva riferito di voler ospitare la ragazza nell'appartamento stesso. L'imputato si era così indotto ad anticipare la partenza per Milano. Si era portato alla stazione ferroviaria di Modena, ed aveva acquistato un biglietto per la tratta Modena-Milano; poi, constatato che, alla volta di Milano, partivano solo treni locali e non diretti, si era recato in `taxi' alla stazione di Bologna, onde partire per Milano con un treno più veloce, che non effettuasse fermate intermedie (insopportabili per il prevenuto). Per il viaggio in `taxi' (un veicolo privato, di colore diverso dal classico giallo dei `taxi', condotto da un autista di cui si era servito altre volte), aveva speso la somma di £ 25.000. Giunto a Bologna in tempo per prendere il treno delle 10,34 per Milano, aveva comprato il biglietto, il giornale, un cappuccino e le sigarette, aveva sostato qualche minuto nei pressi del primo binario e poi si era diretto verso il terzo, andandosi a sedere sul muretto del marciapiede. Là era stato sorpreso dall'esplosione, e, medicato al Pronto Soccorso, aveva declinato le generalità di VAILATI Enrico, residente in Roma, via Gregorio VII n. 133, senza fornire documenti (che non aveva, disponendo, appunto, soltanto dei moduli in bianco che andava a farsi riempire a Milano). A specifiche richieste del personale sanitario, aveva risposto, mentendo, di essere nipote del famoso subacqueo VAILATI; era stato poi rivestito con indumenti di fortuna e solo in serata era rientrato in `taxi' a Modena, dove si era fatto rimborsare il biglietto inutilizzato per la tratta Modena-Milano. Non aveva mai conosciuto Francesco MANGIAMELI, né aveva mai avuto impressi sul corpo tatuaggi raffiguranti una croce celtica. Si era fatto imprimere sul braccio destro, all'età di 16 o 17 anni, da taleMONTUORI Salvatore o Lorenzo detto `Camay' (poi identificato in MONTORIO Lorenzo, che è stato escusso in giudizio), un tatuaggio composto da: cinque punti (i `cinque punti della malavita'), le lettere `C-C' (a significare i Carabinieri) ed un `baffo'. Nell' '81, nel carcere di Sulmona, a tale tatuaggio aveva fatto sovrapporre, da parsona di cui non ricordava il nome, un secondo tatuaggio, quello attualmente visibile, a forma di ancora: e ciò ad evitare di poter essere erroneamente individuato, per via dei `cinque punti della malavita', come appartenente ad organizzazioni camorristiche. Nel luglio '80 aveva soggiornato, per un periodo compreso fra i dieci ed i venti giorni, all' `Hotel Atlantis Bay' di Taormina. Nell'occasione, essendo sprovvisto di documenti, aveva fatto credere al portiere di aver dimenticato il borsello coi documenti nell'auto di amici; ed, essendo allora stata cercata e non trovata la scheda relativa ad un suo soggiorno dell'anno precedente, aveva declinato a voce le generalità di VAILATI Enrico, nato a Roma l'11/11/1945 ed ivi residente in via Gregorio VII n. 133, indicando un numero di patente inventato lì per lì. Prima dell'81 si era recato diverse volte a Vienna per turismo. Si proclamava estraneo a Terza Posizione e non sapeva spiegarsi come mai il suo nome comparisse in un' agenda sequestrata a Gilberto CAVALLINI; peraltro -in un diverso passo dell'interrogatorio- affermava d'aver conosciuto il CAVALLINI in carcere nell' '86, e di avergli chiesto spiegazioni in merito, sentendosi rispondere dal suo interlocutore che costui aveva annotato vari nomi di "persone coinvolte in trame nere", di "persone inquisite nell'istruttoria per la strage di Bologna", e, fra questi, anche il nome del PICCIAFUOCO. Affermava di non aver mai conosciuto Alberto VOLO.
1.11.4.4) Giovanni MELIOLI
14/04/87 Il 14 aprile aveva inizio l'interrogatorio (29) di Giovanni MELIOLI, che proseguiva il giorno successivo (30). L'imputato premetteva di aver militato nel M.S.I. di Rovigo (sino a diventare Segretario Giovanile) e di esserne uscito nel '73-'74 per ragioni ideologiche (era stato, tra l'altro, sfavorevolmente colpito da una manifestazione elettorale del partito, nel corso della quale era stato ucciso un agente di polizia). Aveva poi dato vita, insieme con altre persone uscita dal M.S.I., ad un circolo che diffondeva pubblicazioni a contenuto politico, e che risultò, anche a seguito di perquisizioni, dedito alla diffusione di
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(29) - Cfr. vu 14/4/87, pp. 16-26 e 74-76. (30) - Cfr. vu 15/4/87, pp. 14-23.
pubblicazioni riferibili alle più varie componenti della destra, ma non aprioristicamente refrattario a dar spazio a contributi ideologici provenienti dalla sinistra. Avuta contestazione di precise dichiarazioni di Sergio CALORE, il MELIOLI, pur escludendo d'aver mai usato il nome di copertura "Federico", affermava di ricordare vagamente una riunione tenuta presso una libreria di Rimini, nel corso della quale aveva conosciuto il CALORE. Non ricordava, viceversa, se in tale occasione avesse conosciuto l'ALEANDRI. Riferiva di un rapporto di conoscenza, amicizia e collaborazione oramai decennali con Massimiliano FACHINI, che ricordava essersi attivato nell'iniziativa di `Costruiamo l'Azione', nella quale egli, invece, non si era impegnato, giudicandone superficiale l'approccio alle tematiche trattate. Essendo in contatto con aderenti a Terza Posizione (tra cui INGRAVALLE e SALVARANI), si era trovato in imbarazzo, nel diffondere contemporaneamente i due giornali, per via del contrasto ideologico tra `Costruiamo l'Azione' e `Terza Posizione'. Anche in quest'ultima pubblicazione v'erano articoli che non condivideva; nondimeno, aveva collaborato alla diffusione, non potendo, da semplice attivista, censurare il contenuto di singoli articoli. Aveva incontrato una sola volta Valerio FIORAVANTI, il quale era entrato, in compagnia di un altro ragazzo di Roma, in un `bar' di Rovigo frequentato dal MELIOLI, al dichiarato fine di cercate Roberto FRIGATO e Gianluigi NAPOLI, per chiedere loro conto di accuse mosse a Franco GIOMO. Nell'occasione, il MELIOLI aveva espresso al FIORAVANTI la sua riprovazione per l'episodio di `Radio Città Futura', in quanto foriero di repressione per il mondo della destra. Più tardi erano sopraggiunti il FRIGATO ed il NAPOLI,che si erano allontanati col FIORAVANTI. Escludeva il prevenuto di aver avuto rapporti con autonomi padovani legati a `Radio Sherwood', chiarendo invece di aver collaborato, con taluni autonomi, alla redazione di articoli apparsi su riviste concernenti l'operaismo, l'automazione ed il lavoro in fabbrica. Nell'ambito dell'iniziativa editoriale legata ai `Quaderni della Nuova Generazione', aveva appoggiato iniziative radicali, quali la raccolta delle firme per diversi referendum. Per un certo periodo era stato in collegamento con il Centro Studi Ordine Nuovo, nel cui ambito aveva conosciuto il SIGNORELLI ed il RAUTI. Ricevuta lettura delle dichiarazioni di Gianluigi NAPOLI, bollava come fantasticherie ed illazioni talune affermazioni del NAPOLI stesso in relazione ai fatti di Piazza Fontana, nonché sul conto di vari degli odierni imputati. Aveva raccolto materiale culturale nell'ambito delle iniziative del `Comitato pro FREDA'. Dichiarava dapprima di tendere ad escludere d'aver dato al NAPOLI i `fogli d'ordine di Ordine Nuovo' (ed, in particolare, a proposito del foglio sulle `norme di sicurezza', ricordava come la rivista `Panorama' avesse pubblicato il `manuale del brigatista rosso', in cui si suggerivano le norme di sicurezza per i pedinamenti); soggiungeva però poi: "io non escluderei di averli consegnati al NAPOLI". Escludeva d'aver riferito al NAPOLI che gli attentati M.R.P. fossero ascrivibili alla destra. Nella cosiddetta `Notte dei fuochi' vi erano stati 24 attentati attribuiti all'estrema sinistra, ed altri attentati "anomali" (alla sede della Democrazia Cristiana ed alla Questura di Rovigo) che furono rivendicati, in un secondo tempo, con la sigla M.R.P., dopo che un "gruppo folkloristico", firmandosi M.R.P., aveva fatto saltare una bombola di gas a casa del M/llo dei Carabinieri MOSCATELLO. Fra l'altro, fu rivendicato, con la stessa sigla, anche un preteso attentato alla sede del Partito Comunista, del quale lo stesso Partito Comunista di Rovigo diede la smentita sui giornali. Negava ancora l'imputato di aver parlato al NAPOLI di esplosivi, non escludendo, peraltro, d'aver genericamente commentato gli attentati che in quegli anni si venivano compiendo, e di aver formulato ipotesi di responsabilità in ordine agli stessi. Non si era mai occupato di `Quex': aveva persino rifiutato di distribuire la rivista, avendo constatato che vi collaborava Angelo IZZO. Avuta contestazione delle dichiarazioni di quest'ultimo, negava d'aver mai posseduto armi od esplosivi, e, quindi, d'averne mai potuti consegnare a chicchessia. Ribadiva l'inattendibilità del NAPOLI, che aveva parlato del fallimento dell'attentato dinamitardo in danno dell'On. Tina ANSELMI, spiegandolo col fatto che la tapparella dell'infisso in prossimità del quale l'ordigno era stato appoggiato aveva tranciato la miccia: affermava, infatti, non risultargli che, per l'attentato inquestione, fossero state utilizzate micce. Non escludeva d'aver descritto l'ordigno al NAPOLI (forse anche commentando essersi trattato di un `festeggiamento' per la giornata della donna), ma ciò poteva aver fatto solo dopo aver letto le cronache giornalistiche sull'episodio. Escludeva di aver collaborato con il Commissario VALERI di Rovigo (anche se richiestone), in quanto non era a conoscenza di alcunché in merito ad attività illegali o terroristiche della destra, se non attraverso notizie di stampa. Escludeva altresì di aver conosciuto Fabio DE FELICE, Roberto RINANI, Francesco MANGIAMELI, Marcello IANNILLI, Egidio GIULIANI, Gilberto CAVALLINI (almeno prima della comune detenzione) e Marcello SOFFIATI. Aveva viceversa conosciuto Cristiano DE ECCHER, Roberto RAHO (che, assieme al FACHINI, gli aveva chiesto appoggio nell'ambito di `Costruiamo l'Azione'), Carlo Maria MAGGI e Roberto ROMANO. Interrogato in merito agli appunti sequestratigli all'esito dell'interrogatorio sostenuto dopo l'esecuzione del mandato di cattura del dicembre '85,, affermava trattarsi di note riportanti collegamenti da lui ipotizzati e deduzioni da lui tratte,in attesa dell'interrogatorio, sulla scorta della lettura della motivazione del provvedimento restrittivo.
1.11.4.5) Marcello IANNILLI
29/04/87 Il 29 aprile aveva inizio l'interrogatorio (31) di Marcello IANNILLI, che si concludeva il giorno successivo (32). Riferiva il prevenuto di essersi accostato all'attività politica nel '78, senza transitare per il M.S.I. Risiedendo a Roma, era entrato in contatto con l'ALEANDRI e, insieme a qualche altro ragazzo, aveva dato vita al gruppo armato poi denominato M.R.P. Si dichiarava disposto a fare chiarezza sulle attività illegali da lui intraprese -che formano oggetto di un procedimento pendente a Roma- onde chiarire la sua estraneità alla banda armata che questa Corte giudica. Aveva preso parte solo marginalmente alle iniziative editoriali di 'Costruiamo l'Azione', mentre era stato fattivamente coinvolto nelle campagne di attentati el '78 e del '79, per le quali furono utilizzate diverse partite di
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(31) - Cfr. vu 29/4/87, pp. 11-21 e 26-31. (32) - Cfr. vu 30/4/87, pp. 14-26.
esplosivo. Tale esplosivo, nel '78, era stato fornito una prima volta dall'ALEANDRI, che poi, in seguito, prese a procacciarselo, unitamente allo IANNILLI, in un paese delle PUGLIE; nel '79 fu procurato ancora, in un primo tempo, dall'ALEANDRI, e poi dallo IANNILLI stesso, che provvide, unitamente ad Ulderico SICA, a procacciarselo in Villalba di Guidonia, da malavitosi comuni, nella quantità di 35-40 chilogrammi. Non aveva ricevuto, nel '78, esplosivo da Paolo SIGNORELLI, né aveva appreso da Enzo Maria DANTINI la tecnica del confezionamento degli esplosivi. Accennava a rapine di autofinanziamento (alla Banca Tiburtina, senza la partecipazione del CAVALLINI; ad un'armeria romana; in Acilia, nel gennaio '80; alla Banca del Mattatoio) ed ai singoli attentati contro edifici-simbolo del potere: Ministero di Grazia e Giustizia, Prefettura di Roma, Autoparco Comunale di Roma, S.I.P., Campidoglio, Carcere di `Regina Coeli' (per il quale attentato era stato utilizzato un doppio innesco), sede del Consiglio Superiore della Magistratura (in quest'ultimo caso, lo IANNILLI, dopo aver assemblato l'ordigno per l'utilizzo notturno, aveva poi deciso di farlo ritrovare inesploso in ora diurna, e si era premurato di inserire un cartoncino fra gli elettrodi , in modo da escludere ogni possibilità di esplosione). In un primo tempo si era preferito non rivendicare gli attentati; poi, quando il M.R.P. assunse tale nome, si decise di fornire delle delucidazioni sommarie circa le motivazioni dei vari episodi dinamitardi. Dichiarava l'imputato di non sapere chi fossero gli autori dell'attentato di Palazzo Marino. Non aveva saputo, all'epoca dei fatti, che la sigla M.R.P. fosse stata utilizzata anche per attentati compiuti in Rovigo. Insieme ad altra persona, aveva sequestrato l'ALEANDRI per 10-12 giorni, addebitandogli la scomparsa di somme provenienti da attività di autofinanziamento; l'ALEANDRI era stato rilasciato indenne, anche perché non si era raggiunta la prova della sua responsabilità negli ammanchi.
1.11.4.6) Paolo SIGNORELLI
06/05/87 Il 6 maggio aveva inizio l'interrogatorio (33) di Paolo SIGNORELLI, che proseguiva nei giorni 12 e 14 dello stesso mese (34). L'imputato ripercorreva la sua `storia' politica:
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(33) - Cfr. vu 6/5/87, pp. 12-30. (34) - Cfr., rispettivamente, vu 12/5/87, pp. 13-35 e vu 14/5/87, pp. 12-26.
iscrittosi al M.S.I. nel '49-'50, ne era uscito nel '56 assieme a Stefano DELLE CHIAIE e ad altri che si riconoscevano nella rivista `Ordine Nuovo'. Era rientrato nel comitato centrale del partito, unitamente ad altri, mentre un gruppo di cui faceva parte Clemente GRAZIANI non vi era rientrato ed aveva dato vita al Movimento Politico Ordine Nuovo, avente come capo carismatico Pino RAUTI. Nel '76, l'imputato era stato espulso dal partito, per aver dato vita all'iniziativa dissidente di `Lotta Popolare'. Precisava di non aver mai aderito né al Movimento Politico Ordine Nuovo, né ad Avanguardia Nazionale. Aveva partecipato,nel '75, ad una riunione in Albano Laziale, preceduta da alcuni incontri fra lui ed il DELLE CHIAIE. Ad Albano, ove era presente il DELLE CHIAIE, ma non il FACHINI ed il CALORE, non si era parlato di disarticolazione delle cinghie di trasmissione dei poteri dello Stato. L'incontro aveva avuto come obiettivo la riunificazione di un mondo rappresentato dai militantidi Avanguardia Nazionale e da quelli che erano stati i militanti di Ordine Nuovo, sciolto nel '73. Nella stessa ottica, il prevenuto aveva partecipato alla successiva riunione di Nizza dell'8/12/75, che aveva segnato il naufragio del progetto di riunificazione. A partire da allora, non aveva più avuto contatti col DELLE CHIAIE, se non in occasione di un incontro casuale, in Ispagna, nel '76. Escludeva d'avere, in tale circostanza, collaborato col DELLE CHIAIE alla cattura di Ordinovisti latitanti in Ispagna: e precisava che, anzi, era stato il DELLE CHIAIE ad avvertirli, con una telefonata, che era in corso una retata della polizia. Aveva il SIGNORELLI personalmente ricevuto la telefonata, dall'abitazione di un latitante di cui sottaceva il nome. A seguito dell'avvertimento, si era allontanato il solo GRAZIANI, che si sentiva in pericolo. Chiariva l'imputato che a Nizza l'unico impegno comune era consistito nell'individuazione e neutralizzazione del "filone stragista", che comportava, tra l'altro, la criminalizzazione della destra. Proclamava la sua estraneità a `Lotta di Popolo', organizzazione fondata nel '70 da Enzo Maria DANTINI. Aveva conosciuto Aldo SEMERARI nel '76, nell'ambito del M.S.I., e non aveva partecipato ad una riunione nella villa di costui. Respingeva in blocco le accuse provenienti da Luigi FRATINI, ed, in particolare, escludeva d'aver parlato di omicidi ed attentati in sua presenza, e di avergli chiesto di tenere in custodia armi o documenti. Non aveva mai espresso progettualità di lotta armata; riconosceva peraltro la paternità dell'articolo `P38 e travoltismo', comparso su `Costruiamo l'Azione', che conteneva un'indicazione contraria alla lotta armata, additando certi fenomeni come vie di fuga dalla lotta rivoluzionaria, intesa come lotta politica. Escludeva che, tramite un `tombarolo' di Bracciano, egli stesso ed il suo ambiente fossero venuti in possesso di documenti (custoditi in una villa di Santa Marinella) comprovanti l'appartenenza alla massoneria di Arturo MICHELINI ed altri esponenti del M.S.I. Non aveva mai compiuto schedature di ufficiali, e sottolineava aver avuto in proposito il CALORE notizie doppiamente `de relato', sulla base delle quali era tuttavia pervenuto a ritenere che il SIGNORELLI, in virtù appunto di detta pretesa attività, fosse tenuto "in buon conto" nei servizi. Confermava, peraltro, di aver detto al CALORE e ad altri, nel '74, di defilarsi, giacché ricorrevano tutti i presupposti di un `golpe', i cui autori, una volta riusciti nell'intento, avrebbero neutralizzato la vera destra rivoluzionaria: in tal senso aveva interpretato provocazioni ricorrenti, quali le bombe di `Ordine Nero', il M.A.R. di FUMAGALLI, la strage di Piazza della Loggia, la strage dello
`Italicus'. Nel respingere le accuse mossegli da Paolo ALEANDRI, contestava in particolare di aver avuto contatti in Palermo con esponenti dei servizi segreti. Riferiva in proposito di esser stato ospite di Roberto INCARDONA, in Trabia, nel 1978, unitamente alla propria consorte, all'ALEANDRI ed alla fidanzata di quest'ultimo. Dopo un episodio di rissa in cui si era trovato coinvolto l'ALEANDRI, episodio a seguito del quale lo stesso era stato arrestato ed il SIGNORELLI fermato, una volta che il gruppo si era ritrovato a casa dell'INCARDONA, nel salotto di quest'ultimo si era fatto riconoscere dal SIGNORELLI un uomo di una cinquantina d'anni, sedicente medico-legale, che era entrato in contatto con l'imputato nel 1957, nel corso di una carcerazione da questi patita a `Regina Coeli', durante la quale detta persona aveva agevolato gli accessi in carcere dell'allora fidanzata del SIGNORELLI. Nel corso dell'incontro nel salotto dell'INCARDONA, l'interlocutore del SIGNORELLI avrebbe affermato di vivere ed esercitare in Trabia. L'imputato lo ricordava come `il Turco', avendo costui vantato una pregressa militanza nelle `SS' turche. Soggiungeva il SIGNORELLI, che, non trovandosi altro a suo carico, si era arrivati a parlare di quel personaggio come di un agente dei servizi segreti e di una pretesa contiguità del SIGNORELLI stesso rispetto ad apparati dello Stato. A contestazione del contenuto di un appunto cifrato sequestratogli il 28/8/1980, nel corso di una perquisizione effettuata nella sua abitazione di Roma, in un primo momento, pur riconoscendo come propria la grafia, prendeva le distanze dall'appunto in questione, affermando trattarsi di un assemblaggio di numeri o di un fotomontaggio; posteriormente,adistanza di due giorni,nella successiva ripresa dell'interrogatorio, tornava spontaneamente sull'argomento, adducendo che gli appunti cifrati si riferivano ad un elenco di appartenenti all' Arma dei Carabinieri, segnalatigli come "provocatori" che avrebbero cercato di infiltrarsi nell'ambiente della destra, spacciandosi per "camerati". Aveva interrotto i rapporti con l'ALEANDRI, e poi con il SEMERARI ed il DE FELICE, già dal '78, anche per aver appreso dei contatti fra l'ALEANDRI ed il GELLI, all'`Excelsior' o al `Grand Hotel'. A tal propositoaveva rimproverato al DE FELICE ed al SEMERARI di avergli "messo vicino" un tipo come l'ALEANDRI. Col SEMERARI erano rimasti in piedi soltanto rapporti non politici, ma personali, conclusisi comunque nel '79. Non aveva mai avuto nulla a che fare con l'M.R.P.; e, nel corso di riunioni tenute a casa sua, non si era mai decisa alcuna azione criminosa. Escludeva di aver avuto disponibilità di esplosivi, in particolare approvvigionandosene nel foggiano presso tale Rino CIAMPI, suo amico: e attribuiva all'iniziativa dell'ALEANDRI e dello IANNILLI, che avevano agito autonomamente, l'approvvigionamento di materie esplodenti in provincia di Foggia. Dichiarava di conoscere Pierluigi SCARANO (che considerava come un figlio), Jeanne COGOLLI (che si era prestata ad affiggere manifesti di `Lotta Popolare' in Bologna) ed Angelo IZZO (che aveva visto per la prima volta in carcere nel '79 e trattato molto male, in quanto lo giudicava negativamente, al punto di dolersi della sua legittimazione politica nell'ambito della rivista `Quex'). Non aveva partecipato alla stesura dei `fogli d'ordine' di Ordine Nuovo.
1.11.4.7) Fabio DE FELICE
11/05/87Interrogato (35) l'11 maggio, Fabio DE FELICE escludeva
d'aver mai fatto parte di Avanguardia Nazionale, di Ordine Nuovo, di Lotta di Popolo. Iscrittosi al M.S.I. nel '47, era stato eletto nel '53 alla Camera dei Deputati. Uscito dal M.S.I. nel '55, ed avvicinatosi al P.L.I., aveva poi condiviso l'idea di uno schieramento della `grande destra' (che comprendesse P.L.I., Partito Monarchico e M.S.I.). Cessata l'esperienza parlamentare, nel '65 si era trasferito a Poggio Catino, intraprendendo l'attività di insegnante nel vicino Liceo Scientifico di Poggio Mirteto. Nell'estate del '75 era stato raggiunto (unitamente al fratello Alfredo ed all' Avv. Filippo DE IORIO) da mandato di cattura per la
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(35) -Cfr. vu 11/5/87, pp. 13-36. vicenda del `Golpe BORGHESE'. Per evitare l'arresto, era riparato in Inghilterra, dove aveva incontrato qualche volta Clemente GRAZIANI. Sottolineato l'esito giudiziario della vicenda del `Golpe BORGHESE', escludeva che l'ALEANDRI potesse aver da lui appreso che il contrordine del `Golpe' stesso era provenuto dal GELLI (persona che il DE FELICE non aveva mai conosciuto). L'ALEANDRI era stato suo allievo nell'anno scolastico '71-'72; nel '74 gli aveva portato delle poesie, perché esprimesse il suo giudizio; e, nel '77, gli aveva fatto nuovamente visita, presentandogli il SEMERARI e la moglie, che avevano una casa a Poggio Mirteto. Il SEMERARI gli aveva chiesto consigli circa la carriera scolastica del figlio. Nel '77, il fratello del prevenuto, Alfredo, si era trasferito, per ragioni di lavoro, in Sudafrica. Nell'autunno dello stesso anno, l'imputato aveva appreso dall'ALEANDRI che costui aveva conosciuto Licio GELLI tramite Alfredo DE FELICE, e che portava al GELLI richieste di aiuto dell'Avv. DE IORIO, che si sentiva vittima di una macchinazione politica. Lo ALEANDRI aveva decritto il GELLI come persona influente nell'ambito della massoneria e della Democrazia Cristiana, ma non aveva parlato di `P2'. Precisava l'imputato che, laddove il GELLI, in un memoriale pubblicato dal `Borghese', aveva scritto d'aver avuto rapporti con "l'Avv. Fabio DE FELICE" per una questione riguardante il DE IORIO, era incorso in un errore di persona. Sempre nel '77 il DE FELICE aveva conosciuto, a casa del SEMERARI, il SIGNORELLI e Virgilio PAU. Il 16/6/77, in occasione di una festa organizzata per il compleanno della figlia dell'imputato, quest'ultimo aveva conosciuto Sergio CALORE, accompagnato a casa sua dal SIGNORELLI; ed il CALORE aveva conosciuto l'ALEANDRI, che poi prese a politicizzare. Alla fine del '77, il prevenuto, invitato a casa del SEMERARI, vi aveva trovato anche il SIGNORELLI, l'ALEANDRI, il FACHINI (così almeno riteneva) ed il CALORE; aveva accettato la loro proposta di collaborare a `Costruiamo l'Azione': cosa che fece fino all'agosto del '78, quando interruppe la collaborazione, perché non condivideva più "l'andamento del giornale". Verso la fine del '78, nel contestare all'ALEANDRI alcune scorrettezze legate a rapporti di
debito-credito fra il SEMERARI e l'ALEANDRI stesso, si era sentito dare da quest'ultimo una risposta fortemente allusiva ai propositi -che l'interlocutore aveva- di andare a procurarsi i soldi in modo illegale: al punto che il DE FELICE si ritenne in dovere di avvertire tempestivamente il padre del suo ex allievo. Poco tempo dopo aveva definitivamente rotto -a livello politico ed umano- con l'ALEANDRI, il SIGNORELLI, il CALORE ed il FACHINI. Sosteneva ancora l'imputato la falsità della vicenda GENGHINI, così come riferita da chi lo accusa: in ogni caso, dichiarava di non saperne nulla. Non aveva partecipato in alcun modo -neppure moralmente- al programma di rapine ed attentati riconducibile all'ALEANDRI ed al CALORE.Non aveva partecipato alla stesura dei `fogli d'ordine' di Ordine Nuovo. Aveva conosciuto Peppino PUGLIESE nell'ambito del M.S.I., negli anni '50, e, avendolo rivisto nel '78, preso atto della sua attività di venditore di `jeans', l'aveva indirizzato presso tale PARIBONI di Poggio Mirteto. Riferiva che, alla festa di Capodanno del '78, a casa sua, erano presenti il SEMERARI ed il giornalista SALOMONE; non era in grado di precisare se, fra i venti o trenta ragazzi intervenuti, vi fosse anche Stefano SODERINI, che neppure conosce. Nulla poteva dire in merito alla circostanza, a lui non nota, dell'eplosione di colpi di pistola, nell'occasione, da parte del SODERINI stesso. Non aveva mai conosciuto Gilberto CAVALLINI. Respingeva come false le dichiarazioni che Walter SORDI afferma d'aver ricevuto dal CAVALLINI circa l'appartenenza del DE FELICE alla P2 ed ai suoi collegamenti col GELLI. Sottolineava che gli attentati a firma M.R.P. risalgono al '79, quando egli aveva interrotto ogni rapporto col CALORE e l'ALEANDRI. Non aveva conosciuto, tra gli altri, Vincenzo VINCIGUERRA, Carlo Maria MAGGI, Delfo ZORZI, Marcello SOFFIATI, Amos SPIAZZI, Franco FREDA, Cristiano DE ECCHER, Giancarlo ROGNONI, Francesco MANGIAMELI, Marcello IANNILLI. Escludeva che l'ALEANDRI, a casa di tale Signora FRANCINI, avesse conosciuto la moglie e la figlia di certo FENWICH, un Americano della `Selenia'; in realtà l'ALEANDRI aveva equivocato: aveva infatti conosciuto, nell'occasione, la moglie e la figlia di tale Jules TAKIS, un Canadese di religione ebraica. Escludeva poi di aver fatto seguire il SEMERARI, dopo la scarcerazione, da un suo uomo di fiducia, che era stato indicato in Maurizio NERI: e faceva presente che il NERI era detenuto nel periodo immediatamente successivo alla scarcerazione del SEMERARI stesso.
1.11.4.8) Adriano TILGHER
13/05/87 L'interrogatorio di Adriano TILGHER aveva inizio il giorno 13 (36) e si concludeva il 25 maggio (37). L'imputato si definiva uno dei fondatori e il responsabile della nuova Avanguardia Nazionale, che aveva avuto vita fra il '70 ed il '76, ed era sorta per dar sfogo ed autorevolezza (nella scia del mito della vecchia Avanguardia Nazionale) alla crescita spontanea di un movimento di giovani dell'ambiente universitario romano. Aveva seguito la nascita della nuova Avanguardia Stefano DELLE CHIAIE, che aveva però lasciato ai giovani la più completa autonomia, mantenendo contatti con loro anche dopo il suo allontanamento dall'Italia. Agli inizi degli anni '80, il TILGHER aveva poi effettivamente avuto numerosi incontri con giovani
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(36) -Cfr. vu 13/5/87, pp. 13-196. (37) -Cfr. vu 25/5/87, pp. 13-23.
provenienti da diverse esperienze di militanza nell'arcipelago della destra romana; non ricordava però di aver incontrato, nel suo studio di via Alessandria, Valerio FIORAVANTI. Messo a confronto con quest'ultimo, prendeva atto delle dichiarazioni in senso opposto dell'interlocutore, che, dal canto suo, precisava come l'incontro -nel corso del quale il TILGHER gli aveva fatto capire che cercava un accordo su certe tematiche- non avesse avuto seguito per il disinteresse del FIORAVANTI rispetto alle proposte fattegli; all'esito del confronto, i due inputati rimanevano comunque ciascuno sulle proprie posizioni. Affermava il TILGHER di non aver conosciuto l'ALIBRANDI, il MANGIAMELI, lo SPIAZZI, Mino PECORELLI, Luigi SORTINO, Andrea BROGI, Augusto CAUCHI, Roberto RINANI. Riteneva di non aver conosciuto l'ADINOLFI, né ricordava incontri con Walter SORDI. Neppure aveva conosciuto Paolo BIANCHI, al quale quindi non poteva aver parlato di autofinanziamento: bollava come pure invenzioni del BIANCHI quelli che definiva "i discorsi di Rebibbia". Aveva conosciuto Roberto FIORE, senza intrattenere, peraltro,con costui, rapporti di natura politica. Riferiva che il DI MITRI aveva aderito ad Avanguardia Nazionale verso la fine del '75. Affermava ancora che al civico 129 di via Alessandria, in Roma, al quarto piano dello stabile, aveva avuto sede il suo ufficio di assicuratore, che era contemporaneamente sede anche della rivista di politica internazionale `Confidentiel'. L'imputato era assolutamente all'oscuro del fatto che nello scantinato dello stabile di via Alessandria fosse custodito un arsenale di armi. Avuto contestazione delle dichiarazioni di vari soggetti processuali sul punto in questione, sottolineava, in particolare, come Cristiano FIORAVANTI avesse reso in proposito versioni diverse ogni volta che era stato interrogato.Ricordava il prevenuto d'esser stato arrestato, in un appartamento di via Sartorio (in Roma), quando era latitante rispetto ad un mandato di cattura emesso due giorni prima (38); nella circostanza si trovava in compagnia di varie altre persone, tra cui Vincenzo VINCIGUERRA; gli sembrava di ricordare che nell'appartamento, all'atto
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(38)- Gli arresti nel `covo' di via Sartorio risalgono al 2/12/1975.
dell'irruzione della polizia, fosse stata rinvenuta una pistola, contenuta in una borsa da viaggio. La sua presenza nell'appartamento non aveva avuto comunque altro significato che non fosse quello di sottrarsi al provvedimento coercitivo pendente sul suo capo: respingeva quindi come false le dichiarazioni rese sul punto da Piero CITTI. Nulla sapeva della rapina del novembre '79 alla `Chase Manhattan Bank'. Contestava le dichiarazioni di Walter SORDI relative alla sopravvivenza di Avanguardia Nazionale nell'80, affermando d'aver personalmente sciolto l'organizzazione nel '76, e soggiungendo che non era sopravvissuto alcun movimento clandestino riconducibile ad Avanguardia Nazionale. Aveva memoria della riunione dell'aprile '79 presso lo studio dell'Avv. CAPONETTI, riunione cui aveva partecipato anche Stefano DELLE CHIAIE, ma escludeva che si fosse parlato, in quella sede, di ricondurre Terza Posizione sotto l'egida di Avanguardia Nazionale. Contestava le dichiarazioni di Giorgio COZI, rese a proposito della vicenda del sequestro del banchiere MARIANO, per la parte in cui lo riguardavano. Escludeva d'aver avuto un ruolo che non fosse meramente formale nell'ambito della Società ODAL PRIMA, in realtà facente capo ai fratelli PALLADINO. Dichiarava di nulla sapere, in particolare, sui rapporti di Carmine PALLADINO con Flavio CARBONI e con la Società SOFINT. Non aveva partecipato, nel '75, alla riunione di Albano Laziale. Non aveva avuto alcuna parte nel rientro in Italia di Pierluigi CONCUTELLI. Escludeva che Marco BALLAN fosse stato un aderente di Avanguardia Nazionale in senso stretto; aveva invece contribuito alla diffusione di `Confidentiel'. Escludeva poi il TILGHER d'aver incontrato degli Argentini (appartenenti al movimento dei `Montoneros'). Gli era nota la voce secondo cui Terza Posizione vedeva con occhio favorevole i `Montoneros': ma la sua posizione politica, espressa anche su `Confidentiel', era di totale ostilità verso quell'organizzazione argentina. A proposito di una riunione tenutasi in via Gavinana, affermava che, tra l'altro, vi si discusse delle tesi esposte in un volume di circa 200 pagine da Felice GENOVESE ZERBI. Il TILGHER poi, ricevuto il documento, ne aveva trattenuta una copia, trasmettendone altra copia al BALLAN. Nulla sapeva di una piantina apparentemente riproducente la topografia di un palazzo di giustizia, sequestrata presso la sua abitazione, piantina che comunque assumeva far parte di atti del procedimento contro Avanguardia Nazionale; in ogni caso non era sua la grafia delle scritte che sul documento comparivano.
1.11.4.9) Marco BALLAN
26/05/87 Interrogato (39) il 26 maggio, Marco BALLAN, dopo aver premesso di essere attualmente sottoposto ad altro giudizio penale per associazione sovversiva avanti all'autorità giudiziaria romana (procedimento relativo ad Avanguardia Nazionale), ricordava di aver già subito altro procedimento per i fatti relativi ad Avanguardia Nazionale antecedenti allo scioglimento, avvenuto nel '76, in applicazione della `Legge Scelba'. Spiegava che, dopo il '76, Avanguardia Nazionale non era stata più ricostituita, anche se erano proseguiti i rapporti tra lui, il TILGHER ed altri ex appartenenti a tale organizzazione, "alla ricerca di una proiezione politica". Nella stessa ottica, aveva avuto
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(39) -cfr. vu 26/5/87, pp. 12-33.
incontri con alcuni giovani di destra: sostanzialmente ammetteva di aver incontrato Valerio FIORAVANTI e Domenico MAGNETTA, anche se non vi erano stati specifici incontri con giovani appartenenti ai N.A.R. a scopo di reclutamento. Interrogato su altre conoscenze, riferiva: d'aver incontrato Marco AFFATIGATO, che gli aveva proposto la distribuzione di un giornale di solidarietà verso i detenuti; di aver avuto come compagno di detenzione Marcello SOFFIATI, che gli aveva rivelato un progetto -il cui ideatore sembrava fosse stato lo SPIAZZI- di rapire il BALLAN stesso, per "arrivare" al DELLE CHIAIE; di aver intrattenuto un rapporto "minimo" col FACHINI, al momento della tentata riunificazione di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale; di aver conosciuto il CAVALLINI quando costui, non ancora latitante, era attivista del M.S.I., e di non averlo mai aiutato; di essersi visto mandare, da Carmine PALLADINO, un tale TROIA che aveva bisogno di documenti falsi (documenti che il BALLAN non fornì, adirandosi invece con il PALLADINO per l'iniziativa). A proposito del documento `Formazione Elementare', sequestrato presso di lui, riferiva trattarsi di copia di documento precedentemente sequestrato in via Sartorio, avente ad oggetto uno studio, anteriore al '75, sui modi in cui la sinistra conduce la guerra rivoluzionaria. A proposito di un documento manoscritto pure sequestrato presso la sua abitazione, chiariva trattarsi del primo abbozzo di una possibile presa di posizione, ancora da sviluppare, rispetto alle tesi sostenute nel documento del GENOVESE ZERBI, il quale, fra l'altro, avrebbe sostenuto -cosa che il BALLAN non condivideva- che si dovesse troncare con il M.S.I., per fare qualcosa di completamente diverso. Essendo stato arrestato più volte a partire dall' '82, si era deciso a fare chiarezza con il dott. VIGNA di Firenze in merito al suo `iter' politico, precisando però a quel magistrato di non essere in possesso di elementi concreti atti a far luce sulle stragi. Escludeva di aver provocato, unitamente al TILGHER, il `blocco' dell'atteggiamento collaborativo del VINCIGUERRA; messo a confronto con quest'ultimo,si era preoccupato che potesse non improntare le sue rivelazioni ad identico rigore, finendo per divenire un "nuovo CIOLINI". Puntualizzavache ilVINCIGUERRA aveva continuato a rendere dichiarazioni ai giudici, a ciò incoraggiato dallo stesso BALLAN, e si era bloccato soltanto quando aveva ritenuto che i magistrati stessero facendo un uso scorretto e distorto delle rivelazioni ricevute.
1.11.4.10) Francesco PAZIENZA
01/06/87 Il primo giorno di giugno, previa integrazione (40) dell'imputazione di associazione eversiva contestatagli, aveva inizio l'interrogatorio (41) di Francesco PAZIENZA, che proseguiva poi nei giorni 2, 3, 4, 8 e 9 dello stesso mese (42). Premetteva l'imputato di aver conosciuto il Gen. SANTOVITO nel dicembre '79, ad una colazione organizzata al Grand Hotel di Roma dall'Ing. Lucio SANTOVITO e dall'Ing. Luciano BERARDUCCI. Faceva presente d'aver trascorso all'estero circa dieci anni, ove era venuto in contatto con varie realtà politiche e finanziarie, ed, in particolare, aveva svolto mansioni di uomo di fiducia del magnate greco Teodoro Gherzos. Impressionato dalle sue conoscenze, il Generale SANTOVITO, nel mese successivo
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(40) -Cfr. vu 1/6/87, p12. (41) - Cfr. vu 1/6/87, pp. 12-59. (42)- Cfr., rispettivamente, vu 2/6/87, pp. 12-116; vu 3/6/87, pp. 12-37; vu 4/6/87, pp. 12-47; vu 8/6/87, pp. 12-58; vu 9/6/87, pp. 11-14 e 109-116.
all'incontro, l'aveva invitato a casa, prospettandogli la
possibilità che egli si occupasse della `Stazione' SISMI di Parigi. Il PAZIENZA non aveva accettato la proposta, ma aveva ugualmente aiutato il Gen. SESSA ed il Col. DI NAPOLI per l'apertura della `Stazione' SISMI di Parigi, in rue de l'Université. Aveva vantato presso il SISMI notevoli referenze: vasta rete di conoscenze in tutto il mondo; entrature in Vaticano, ed, in particolare, presso il Segretario Generale Affari Pubblici della Chiesa, Monsignor SILVESTRINI; buoni rapporti con l'O.L.P; possibilità di aprire contatti in America Centrale (con NORIEGA a Panama e con i vertici del Partito Socialista in Costarica) ed in Medio Oriente (con la famiglia reale saudita). Nel marzo-aprile del 1980 aveva partecipato a diverse sedute a Forte Braschi, ove aveva conosciuto i vertici del SISMI (SPORTELLI, NOTARNICOLA, CARAGNANI), che aveva trovato poveri di cognizioni soprattutto internazionali. Entrato nel SISMI come `consulente personale' del Direttore del Servizio, si era attivato per far pervenire al Servizio stesso dei `memorandum a circolazione ridotta', che le grandi banche degli U.S.A. redigono mensilmente, sulla base dei dati forniti dalle loro filiali disseminate nei vari paesi del mondo, in merito alla reale situazione politico- economica delle varie realtà locali. Contestava il PAZIENZA la veridicità delle testimonianze che lo indicavano presente al SISMI sin dal '78. Respingeva anche quanto da taluni testi affermato (in particolare il Gen. LUGARESI ed il Col. COGLIANDRO) circa la posizione di preminenza da lui assunta all'interno del SISMI (dove, invece -a suo dire- compiva soltanto le missioni concordate col SANTOVITO). Fino al settembre '80 aveva fatto capo esclusivamente alGen. SANTOVITO; dopodiché, quest'ultimo gli aveva detto di far riferimento a tre o quattro persone, tra cui anche il Gen. MUSUMECI. A contestazione delle dichiarazioni del giornalista BARBERI, che egli assumeva essergli stato portato da Placido MAGRI', ammetteva soltanto di aver avviato un'operazione di pubbliche relazioni, diretta ad evidenziare l'attività che il SISMI -attaccato sulla stampa- aveva svolto in materia di piste internazionali del terrorismo. Aggiungeva che al giornalista non erano stati forniti documenti coperti dal segreto di Stato, ma solo un riassunto del libro "Terrorism Network". Escludeva di aver chiesto al BARBERI di scrivere un articolo per mettere in risalto il ruolo che egli avrebbe avuto nel cosiddetto `Billygate'. Rivendicava l'ideazione della struttura cosiddetta del `SUPERESSE', la quale addirittura si sarebbe identificata con la sua persona ed avrebbe svolto l'attività `Z', da `zip' (termine che nel gergo commerciale statunitense significa veloce e viene riferito alle operazioni che vanno compiute velocissimamente). Aveva fornito al Gen. SANTOVITO un'informativa (attinta da un suo `contatto' libanese) in merito a traffici di ordigni atomici. Si era sempre occupato di problemi che riguardavano l'estero, e, pertanto, non era mai stato impegnato nelle indagini relative alla strage di Bologna. Aveva volato 6 volte su aerei C.A.I., una sola delle quali in compagnia del MUSUMECI alla volta di Parigi. Contestava però d'aver volato,il 9/3/1981, in compagnia di Domenico BALDUCCI -che all'epoca ancora non conosceva- alla volta di Ginevra. La conoscenza del BALDUCCI era da farsi risalire a Flavio CARBONI: il PAZIENZA aveva dovuto entrare in contatto col BALDUCCI, perché richiestone dal dott. Federico Umberto D'AMATO, affinché potesse trovar soluzione un'annosa vertenza relativa ad uno stabile di via Dell'Orso in Roma, che vedeva come controparte del BALDUCCI tale dott. Tommaso ADDARIO, amico del D'AMATO. A tal fine, l'imputato aveva organizzato vari incontri. In prosieguo di tempo, aveva mantenuto rapporti con l'ADDARIO, in quanto la moglie di quest'ultimo era presidentessa della Società VIANINI, data in pegno al Banco Ambrosiano, contro un prestito di 60.000.000 di dollari: a quell'epoca infatti -fra la fine del marzo e l'aprile del 1981- il PAZIENZA aveva lasciato il SISMI ed era diventato il consulente di Roberto CALVI. Nei giorni 8 e 9 gennaio del 1981 era stato a Parigi col Gen. SANTOVITO: avevano incontrato il Gen. DE MARENCHES, capo del servizio segreto francese. Nulla sapeva della nota consegnata dal MUSUMECI al SANTOVITO, il giorno 9, all'aeroporto di Fiumicino, all'atto del loro rientro dalla Francia. Aveva conosciuto Jean Jacques COUSTEAU, avendo lavorato in Francia in una società a lui facente capo, che si occupava delle ricerca di petrolio sul fondo marino. Escludeva che il COUSTEAU fosse collegato ai servizi francesi, in quanto sarebbe stato, all'epoca, "in collisione" con il Presidente POMPIDOU. L'imputato aveva conosciuto Aldo SEMERARI, soltanto per aver con lui sostenuto gli esami universitari di antropologia criminale e medicina legale. Avuta lettura della deposizione del Col. DI MURRO, amministratore del SISMI all'epoca dei fatti, dichiarava di aver percepito dal Servizio, per un anno di collaborazione, la somma di circa 70 milioni di lire. Respingeva le dichiarazioni di Nara LAZZERINI circa la pregressa conoscenza fra lui ed il GELLI. Sottolineva d'aver operato contro il GELLI in almeno due occasioni: il recupero di 95 milioni di dollari dalla `Bellatrix';e lo scalzamento dell'ORTOLANI e del TASSAN DIN dal consiglio di amministrazione della `Rizzoli'. A contestazione delle dichiarazioni del teste Tommaso MASCI, ricordava di essere stato qualche volta all' `Excelsior', indicando peraltro le persone con cui si era accompagnato in tali occasioni. Negava d'aver mai offerto appoggio a Michele SINDONA per conto di Licio GELLI (e, quindi, che l'Avv. DI PIETROPAOLO potesse aver fatto da tramite tra il GELLI e lui per una simile iniziativa). Escludeva di aver impedito l'espulsione del GELLI dalla Massoneria, in occasione del processo massonico intentato al GELLI stesso; negava di aver millantato alcunché in proposito e faceva presente come negli atti della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla `P2' fosse ricostruito tutto il processo massonico a Licio GELLI, in cui egli non aveva avuto alcun ruolo. Invitato a chiarire le ragioni dell'intervento del MUSUMECI nel `caso CIRILLO', il PAZIENZA spiegava che egli ed il MUSUMECI, in quella circostanza, si erano attivati indipendentemente l'uno dall'altro: egli, in particolare, aveva svolto un unico intervento, in quanto previamente sensibilizzato da parte dell'On. PICCOLI, il quale, per "aprire un'altra possibilità conoscitiva" in ordine a "ciò che stava che stava succedendo a CIRILLO", gli aveva detto di interessarsi per capire se la vicenda si stava evolvendo o si era arenata, e gli aveva chiesto se poteva arrivare ad avere un contatto con il vertice della Nuova Camorra Organizzata. Il prevenuto aveva pertanto pensato di rivolgersi ad Alvaro GIARDILI, che gli aveva organizzato un incontro ad Acerra con Vincenzo CASILLO: si trattò di un unico abboccamento, della duranta di quaranta minuti. Aggiungeva l'imputato -facendo riferimento ad una testimonianza del Gen. GRASSINI- che, del resto, il SISDE si era mosso nella stessa direzione, su ispirazione del Prefetto PARISI, e che 52 ore dopo il sequestro di Ciro CIRILLO, uomini del SISDE, accompagnati da Vincenzo CASILLO, erano entrati nel carcere di Ascoli Piceno (43). Contestava le dichiarazioni del teste Maresciallo SANAPO, in ordine alla circostanza -cheil SANAPO aveva riferito d'aver appreso dal BELMONTE- della spartizione del riscatto per il dissequestro del CIRILLO, spartizione cui il PAZIENZA non sarebbe rimasto estraneo. Negava d'aver partecipato all'organizzazione dell'attentato a Roberto ROSONE e di essere stato in qualsiasi forma contiguo alla `Banda della Magliana', tra i cui affiliati aveva conosciuto soltanto Domenico BALDUCCI, peraltro indicatogli dal Questore POMPO' e
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(43) - Vi era ristretto, all'epoca, Raffaele CUTOLO. dal Prefetto D'AMATO soltanto come "un grossissimo strozzino". Proclamava la sua estraneità alla Società SOFINT. Spiegava esser stata la cosiddetta `Prato Verde' un'operazione di affidamento di una somma compresa fra i 4 ed i 6 miliardi all'omonima immobiliare di Flavio CARBONI. Quest'ultimo ed Emilio PELLICANI avevano chiesto di fatturare la commissione riconosciuta alla ASCOFIN (società che il PAZIENZA -in altro passo dell'interrogatorio- aveva detto identificarsi con la sua persona) nella misura di £ 120.000.000, versati attraverso la SOFINT, con denaro proveniente anche dal Banco Ambrosiano. Circa la sua appartenenza alla Massoneria, il prevenuto affermava di esservisi affiliato `all'orecchio', in quanto, per via dei suoi frequenti viaggi, non avrebbe potuto partecipare ai lavori di loggia. Nell'aprile del 1980, l'industriale genovese ZANOTTI l'aveva presentato ad Ennio BATTELLI ed a Spartaco MENNINI. Contestava che, dopo il 1976, l'affiliazione `all'orecchio' equivalesse ad iscrizione alla Loggia P2. Escludeva d'aver effettivamente contribuito, con il versamento di 50 milioni di lire, all'elezione di Armando CORONA a Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia: e spiegava che i 50 milioni all'uopo richiestigli da tale MAZZOTTA, suo collaboratore, invece di arrivare al CORONA, eran finiti nella casse della MAMAI S.r.l., società controllata dallo stesso MAZZOTTA. Riferiva ancora, a proposito della rimozione dei vertici dei servizi segreti in occasione del ritrovamento delle liste di Castiglion Fibocchi, che Monsignor SILVESTRINI (presentato dal PAZIENZA al SANTOVITO) aveva espresso preoccupazione per gli avvicendamenti alla testa dei servizi stessi non per compiacenza verso la P2, ma per il timore che ne derivassero rallentamenti alle indagini seguite all'attentato al Pontefice. Negava l'imputato d'aver partecipato ad operazioni di provocazione, quali quella volta a lanciare discredito sulla figura del Presidente PERTINI (falsamente indicato come uomo dei servizi sovietici in Francia durante il secondo conflitto mondiale) e sul Sen. COSSUTTA (al quale si sarebbe attribuito l'intento di provocare una scissione nel P.C.I., servendosi di capitali di provenienza americana). In particolare, quanto alla prima operazione, addossava ad Alvaro GIARDILI, a Placido MAGRI' ed al giornalista Lando DELL'AMICO la resposabilità della falsa attribuzione a lui della diffusione delle notizie diffamatorie sul conto del Presidente PERTINI. Protestava la propria estraneità alla società `GESDATA', facente invece capo a Placido MAGRI', che aveva lavorato per un solo mese presso la ASCOFIN (nel periodo in cui l'imputato stava liquidando tale ultima società), venendone poi allontanato. Escludeva il prevenuto d'aver mai messo a disposizione del MAGRI' automobili del SISMI. Allontanatosi dal SISMI, aveva avviato la collaborazione con Roberto CALVI, con il quale aveva concordato un programma articolato nei seguenti punti: abbandono della partecipazione nel gruppo Rizzoli-Corriere della Sera; abbandono -da parte del CALVI- della carica di Presidente del Banco Ambrosiano,in vista del successivo ritiro dalla gestione del medesimo; recupero dei 95 milioni di dollari che sarebbero scomparsi nelle tasche del TASSAN DIN, dell'ORTOLANI e del GELLI, per poi trovare un gruppo di acquirenti -manovrabile dal CALVI- per il pacchetto di maggioranza. Il CALVI aveva voluto incontrare il PAZIENZA, a seguito della pubblicità fatta dalla stampa al viaggio negli Stati Uniti dell'On. PICCOLI. Rispondendo ad una contestazione del PUBBLICO MINISTERO, escludeva che egli e Pippo CALO' avessero soggiornato contemporaneamente in Sardegna, in villette messe loro a disposizione dall'imprenditore Luigi FALDETTA, imputato davanti all'autorità giudiziaria palermitana di associazione per delinquere di stampo mafioso. Escludeva altresì d'aver conosciuto il CALO'. Il Gen. LUGARESI non lo "interessava" prima delle notte fra il 26 ed il 27/10/1981, quando -a detta dell'imputato- aveva avuto luogo lo sfondamento della cassaforte dell'On. PICCOLI, sfondamento la cui responsabilità il PAZIENZA attribuiva al Gen. LUGARESI ed al Col. COGLIANDRO: l'iniziativa aveva preso il nome di `Operazione P', e sarebbe stata finalizzata al rinvenimento di documentazione afferente al Gruppo Rizzoli. Il PAZIENZA sottolineava poi quelle che sarebbero state le analogie tra l' `Operazione P' e la cosiddetta `Operazione M.FO.BIALI', risalente al periodo '74-'76, che pure attribuiva al Col. COGLIANDRO.
1.11.4.11) Stefano DELLE CHIAIE
29/06/87 L'interrogatorio di Stefano DELLE CHIAIE aveva inizio il 29 giugno (44) e proseguiva il giorno successivo (45), e poi
nei giorni 1, 2, 7, 8, 9 e 13 luglio (46). Chiariva l'imputato essere lo stragismo un fatto criminale ed infame, estraneo alla sua condotta politica e di uomo. Lamentava che la ricostruzione operata dall'accusa si fosse fermata al GELLI ed al MUSUMECI (quest'ultimo autore di una deviazione indirizzata proprio verso di lui), con i quali egli si trovava contraddittoriamente associato. Ripercorrendo il suo itinerario politico, ricordava una riunione cui aveva partecipato, invitato da Gino RAGNO, ma riteneva non si fosse trattato del convegno dell'Istituto Pollio; in ogni caso, alla riunione si era trattenuto per breve tempo e non ne aveva più saputo nulla. Contestava l'inesattezza storica
contenuta nella requisitoria, laddove Guido GIANNETTINI viene definito "Avanguardista"; e precisava di non ricordare
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(44) - Cfr. vu 29/6/87, pp. 13-68. (45) - Cfr. vu 30/6/87, pp. 12-60. (46) - Cfr., rispettivamente, vu 1/7/87, pp. 31-128; vu 2/7/87, pp. 12-40; vu 7/7/87, pp. 12-53; vu 8/7/87, pp. 12-46; vu 9/7/87, pp. 10-44; vu 13/7/87, pp. 12-66. la presenza dello stesso GIANNETTINI alla riunione cui aveva partecipato su invito del RAGNO ed in cui probabilmente si era parlato della creazione di un'associazione "amici delle forze armate". Si era reso irreperibile il 21 od il 22 luglio 1970; i suoi problemi avevano avuto inizio quando, su invito dello scomparso Avv. MARIANI, di Stefano SERPIERI e dei genitori di Mario MERLINO, aveva testimoniato -contrariamenteal vero- che il MERLINO fosse stato a casa sua nel pomeriggio del 12/12/69. Esaminato nell'occasione dal Giudice Istruttore dott. CUDILLO, aveva enunciato la sua ipotesi della `strage di Stato' ed era stato sottoposto a confronto con tale SESTILI, che indicava come collaboratore della Questura, secondo quanto risulterebbe dalle dichiarazioni rese nel procedimento per la `strage di Piazza Fontana' da Bonaventura PROVENZA ed Umberto IMPROTA. Aggiungeva che l'On. ALMIRANTE, nello stesso procedimento, aveva prodotto documenti dai quali risultavano le pressioni che taluni `camerati' avevano subito perché accusassero il DELLE CHIAIE. La notte del cosiddetto `Golpe BORGHESE' si trovava a Barcellona, a dispetto delle accuse del Cap. LABRUNA e del Gen. MALETTI, secondo cui, nell'occasione, sarebbe stato intento ad occupare il Ministero degli Interni. Sul punto invocava la testimonianza di tale Angelo FACCIA. Affermava di non aver mai avuto bisogno di protezioni per rimanere all'estero: le condanne da lui riportate avevano sempre riguardato reati politici, per i quali nessun paese straniero avrebbe concesso l'estradizione. Ricordava di essere rientrato in Italia alla vigilia del funerale del Comandante BORGHESE, nel settembre del '74, e poi nel '75, per partecipare alla riunione di Albano Laziale. In Ispagna, aveva dimorato a Barcellona sino alla fine del '73; poi, dal '74 al '77, a Madrid. Nei primi mesi del '76 era stato in Angola: era quello il periodo in cui i Cubani, "appoggiati dagli aerei dell'Unione Sovietica, marciavano sulla libera Angola". Nel febbraio del '77 si era trasferito a Buenos Aires; ed aveva dimorato in Argentina sin verso la fine del 1980, salva una parentesi di 4 o 5 mesi trascorsiinCilefrail '77 ed il '78. Nel '79 era rientrato in Europa, per un mese e mezzo, spendendo tale periodo fra Italia e Francia. Nell'80, precisamente il 26 giugno, aveva di nuovo volato dal Sudamerica verso Parigi, senza però rientrare in Italia: ed era ripartito da Parigi nel settembre, per arrivare poi in Bolivia verso la fine dello stesso 1980. Precedentemente era entrato in Bolivia soltanto una volta, per diporto, probabilmente nel '78. Il viaggio in Europa del 1980 era stato finalizzato al tentativo di creare dei comitati di appoggio al regime boliviano di allora, instabile ed esposto anche a minacce golpiste. Nel settembre del 1980, a Parigi, l'imputato aveva rilasciato un'intervista a Roberto CHIODI. Contestava il DELLE CHIAIE di aver fornito aiuto e protezione a tutti i fuorusciti di destra in Ispagna (il FACHINI,ad esempio, che pure era stato in Ispagna, non aveva avuto bisogno del suo appoggio). I suoi rapporti politici con il SIGNORELLI si erano conclusi con il fallimento delle riunificazione fra Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale, nella riunione di Nizza del '75. In Ispagna aveva "incontrato" il FACHINI, e, tramite costui, aveva avuto un fuggevole incontro con Marco POZZAN (che peraltro avrebbe preferito non vedere, per motivi che non esplicitava); tramite il camerata Avv. JEREZ si era poi adoperato perché al POZZAN fosse riconosciuto lo `status' di rifugiato politico. Quanto al soggiorno in Bolivia, spiegava che la rivoluzione boliviana aveva caratteristiche nazionali e sociali precise e definite, e che la sua personale collocazione organica era presso l'assessorato del VII Dipartimento dello Stato Maggiore, che si occupava dell'"azione psicologica", ovvero della traduzione del programma politico perseguito dalla rivoluzione, affinché arrivasse all'esercito ed alle masse contadine. Precisava come, in tale ottica, fosse comprensibile la "feroce ostilità" contro il Fondo Monetario e contro la Trilaterale, ed il programma di licenziamenti e svalutazioni che ne promanavano. Puntualizzava poi che la carica di `assessore' equivale a quella di consigliere e che egli,in Bolivia, non aveva fatto parte né del governo, né dei servizi. Era stato il responsabile della primigenia Avanguardia Nazionale, fino allo scioglimento. Fra il '70 ed il '76 responsabile del movimento era stato Adriano TILGHER, ma l'imputato se ne assumeva la responsabilità anche per quel periodo, riconoscendo che, anche allora, i suoi suggerimenti erano stati accettati. Aveva rotto i rapporti col CONCUTELLI subito dopo il rientro dall'Angola: alcuni camerati gli avevano riferito di un certo contegno serbato dal CONCUTELLI nel loro confronti, specificando particolari che il DELLE CHIAIE non riferiva alla Corte. L'imputato aveva contestato al CONCUTELLI quanto riferitogli; ed il suo interlocutore aveva lasciato la Spagna, lasciandogli una lettera in cui gli rimproverava la sua mania di voler cambiare le persone. Ciò avveniva nel '76, prima di Pasqua. Circa la morte di Carmine PALLADINO, faceva cenno dell'esistenza di due versioni: l'una -a suo avviso inattendibile- secondo cui il PALLADINO sarebbe stato ucciso perché "poteva sapere qualcosa"; l'altra, secondo cui il CONCUTELLI l'avrebbe giustiziato, ritenendolo il responsabile del tradimento di Giorgio VALE (versione a suo avviso meritevole di verifica, per accertare la casualità o la preordinazione della "sollecitazione" pervenuta al CONCUTELLI). A proposito di quanto riferito da Alessandro ALIBRANDI ai fratelli FIORAVANTI circa un incontro a Parigi tra l'imputato e l'ALIBRANDI stesso, negava d'aver mai incontrato chicchessia circondandosi di uomini ed armi. Contestava altresì l'autenticità di una fotografia apparsa sul periodico `Interview', nella quale si era indicata come sua l'immagine -in realtà non raffigunte la sua persona- di un uomo circondato da giovani mascherati ed armati. Circa l'incontro in Ispagna con il Cap. LABRUNA, riferiva il prevenuto esser stato tale incontro propiziato dalle successive intermediazioni di Guido PAGLIA e di un camerata di cui non faceva il nome. L'emissario dei servizi, il cui nome di copertura era, nell'occasione, D'ALESSANDRO, era interessato al "problema" del FREDA e del VENTURA, che erano detenuti, in vista della loro evasione. Il DELLE CHIAIE aveva accettato di incontrarlo soltanto in quanto fosse accompagnato dal GIORGI o da un altro camerata: ed, essendosi poi optato per il GIORGI, il DELLE CHIAIE aveva suggerito a quest'ultimo di farsi fornire dai servizi un passaporto, per precostituirsi la prova dell'intervento dei servizi stessi. Nel corso dell'incontro, il LABRUNA aveva parlato delle infiltrazioni nelle forze armate, nonché del fallimento del presunto `Golpe BORGHESE' per colpa dell'ORLANDINI e di un certo DRAGO; aveva offerto la disponibilità di un gruppo speciale di otto persone, indicando la possibilità di "sistemare" persone in posti chiave come telefoni, giornali, ferrovie, centrali elettriche. Ad un certo punto, il LABRUNA aveva affermato che, se il suo interlocutore si fosse rifiutato di collaborare, avrebbe trovato conferma la tesi di quanti sostenevano la sua contiguità rispetto al Ministero degli Interni. Ne era seguito uno scontro verbale; e l'imputato aveva poi ingiunto al LABRUNA di domandare al Gen. MALETTI che mettesse per iscritto le sue richieste, spiegando le motivazioni e gli obiettivi politici. Riferiva l'imputato come l'incontro sia stato ricostruito nel volume `La notte della Madonna', evidentemente ispirato dal LABRUNA, in quanto conterrebbe particolari noti soltanto a costui. In una successiva fase dell'interrogatorio, veniva precisato come l'incontro avesse avuto luogo tra il 30/11 edl'1/12/72 (il secondo giorno, peraltro, l'imputato ed il suo interlocutore lo avevano trascorso passeggiando, in attesa dell'aereo che avrebbe riportato il LABRUNA in Italia); ed il prevenuto riferiva di aver appreso dal LABRUNA anche di un'operazione di provocazione posta in essere 20 giorni prima (operazione nota come la vicenda delle "armi o dello "arsenale di Camerino"), realizzata mediante la collocazione presso un casolare di armi e di un codice cifrato -artatamentepredisposti per l'attribuzione dei fatti ad un gruppo della sinistra, i cui componenti erano stati poi processati ed assolti- ed in ordine alla quale le prime notizie erano apparse sul quotidiano `Il Resto del Carlino', in un articolo a firma di Guido PAGLIA. L'imputato si era riproposto di gestire politicamente le notizie ricevute in funzione `antiservizi', e di coordinare l'attacco con il POZZAN, che avrebbe dovuto rendere pubbliche le attività di agevolazione nei suoi confronti da parte del SID. Il POZZAN aveva poi receduto dall'iniziativa, inviando al VENTURA una lettera di contenuto difforme dalla verità a proposito dei fatti in parola. Il DELLE CHIAIE si era così venuto a trovare spiazzato, e si era risolto a concedere un'intervista a Romano CANTORE, nel momento in cui il SID aveva intensificato quella che sarebbe stata la sua `montatura' dei fatti noti come `Golpe BORGHESE': e, nel corso di detta intervista, aveva messo in guardia il LABRUNA, preannunciando ciò che gli avrebbe ricordato in ordine alla deviazione di Camerino, ove il LABRUNA stesso avesse negato le proprie responsabilità per tale episodio. Ammetteva il prevenuto d'aver conosciuto Klaus ALTMANN, precisando come, peraltro, date le dimensioni di La Paz, tale conoscenza fosse un fatto praticamente necessitato. Al tempo stesso contestava quanto scritto dall'ex ministro boliviano, Gustavo SANCHEZ, circa la comune militanza del DELLE CHIAIE, dell' ALTMANN e di un gruppo di fuorusciti tedeschi in una compagine militare denominata `Novios de la muerte', a partire dal '78. In realtà, egli aveva incontrato il gruppo dei Tedeschi soltanto alla fine del 1980: e li aveva avvicinati perché mettessero fine ad una serie di prevaricazioni che essi ponevano in essere nei confronti degli abitanti di Santa Cruz. Non mancava di precisare che avrebbe stimato e stretto la mano all'ALTMANN anche se l'avesse conosciuto nella sua vera identità di Klaus BARBIE. Smentiva le dichiarazioni accusatorie relative all'impiego del CONCUTELLI, da parte del DELLE CHIAIE, in funzione `antiETA' in Ispagna. Smentiva inoltre che parte dei proventi delle rapine di autofinanziamento compiute da membri di Terza Posizione fosse a lui pervenuta tramite Roberto NISTRI; e che Avanguardia Nazionale avesse proceduto ad egemonizzare Terza Posizione, movimento per il quale l'imputato aveva nutrito simpatia, ma dal quale era stato deluso ed urtato, per via della protezione che detto movimento aveva offerto al FIRMENCICH, `leader' dei `Montoneros', indicato come responsabile degli assassinii di camerati in Argentina. Circa i suoi rapporti con il CIOLINI, il prevenuto teneva a sottolineare come essi avessero avuto contenuto esclusivamente economico. Aveva conosciuto il CIOLINI a Buenos Aires, nella primavera dell' '80, tramite il Sen. LANFRE' ed il Comandante TADDEI. Il CIOLINI era allora in compagnia di tale Gerard BURRI, Arabo naturalizzato Francese, che veniva presentato come suo socio; aveva parlato all'imputato di una sua fiorente società svizzera, e dell'intenzione di avviare interscambi commerciali con l'Argentina. Aveva invitato il DELLE CHIAIE a visitare la sua società e gli aveva anche comperato il biglietto aereo, che l'imputato gli aveva detto di far intestare a Maurizio GIORGI, indicandolo come un proprio socio. Ritirato il biglietto, il DELLE CHIAIE l'aveva personalmente utilizzato, partendo il 26 giugno per la Francia, da dove aveva raggiunto anche la Spagna ed il Portogallo, sempre a fini propagandistici in favore della Bolivia. Il 2 di agosto si trovava a Nizza, e da quella città si era dovuto precipitosamente allontanare il giorno 3; in Francia, in quel periodo, erano in missione tre poliziotti italiani, che l'imputato si era trovato ad `incrociare', riuscendo però a defilarsi. Dalla Francia aveva cercato di mettersi in contatto telefonico con il CIOLINI, che non aveva rintracciato in Isvizzera, ma in Ispagna; gli aveva riferito il CIOLINI di esser fuggito dalla Svizzera, dove era stato denunciato per evasione fiscale. Rientrato in Argentina, l'imputato era poi passato in Bolivia, dove, verso la fine dell'anno, era rientrato in contatto col CIOLINI, trasferitosi a sua volta in quel paese. Il CIOLINI era poi stato raggiunto dalla moglie e dai figli, nonché da tale Pierre LEVRAT. Verso il marzo del 1981, l'imputato, che era alla ricerca di un appezzamento di terreno per dar vita ad un suo progetto economico, aveva invitato il CIOLINI ad andare a Santa Cruz a visionare un lotto di terreno, per verificarne la rispondenza agli obiettivi propostisi dal DELLE CHIAIE. Partito il CIOLINI per Santa Cruz, il prevenuto era poi stato avvertito da camerati di quella città che il nuovo arrivato andava raccogliendo informazioni, con il proposito di montare delle piste di atterraggio per le flottiglie di aeromobili adibiti al trasporto di cocaina. Raggiunto il CIOLINI, l'imputato l'aveva redarguito e l'aveva fatto allontanare dalla propria abitazione (dove, per qualche tempo, l'aveva ospitato). Qualche tempo dopo, il CIOLINI si era allontanato da La Paz, non senza esser prima passato dall'alloggio del DELLE CHIAIE, ove aveva rubato 2.000 dollari, residuo di una somma precedentemente recapitata all'imputato da Carmine PALLADINO. Il prevenuto non aveva riferito alle autorità boliviane le intenzioni del CIOLINI in ordine alla creazione delle piste di atterraggio per il narcotraffico. Spiegava l'imputato come, nell'ambito del rapporto che aveva descritto, si collocassero i pretesi riscontri alle accuse che il CIOLINI, deponendo come teste, aveva formulato a suo carico: e, cioè, la conoscenza del DELLE CHIAIE stesso, del PAGLIAI (sotto il nome di BONOMI), del FIEBELKORN e la conoscenza dell'esistenza della ODAL. Il CIOLINI, per il suo tramite, aveva avuto un solo contatto con lo Stato Maggiore boliviano: precisamente, con il Dipartimento logistico, in relazione a forniture di equipaggiamento militare. Richiesto di confermare se il PAGLIAI fosse stato inquadrato nell'amministrazione boliviana degli interni, come membro del `Servicio Especial Seguridad', dichiarava che il PAGLIAI aveva fatto parte di un gruppo incaricato dell'individuazione delle fonti del narcotraffico, con sede in Santa Cruz, dove si era trasferito all'inizio del 1981. Carmine PALLADINO si era recato in Bolivia per sondare la possibilità di stabilire un rapporto commerciale tra l'Italia e quel paese: in tale contesto aveva conosciuto il CIOLINI, che era così venuto a sapere dell'esistenza della ODAL. Escludeva l'imputato che tale società avesse mai avuto funzioni di copertura per Avanguardia Nazionale; e contestava l'impostazione accusatoria, nella parte relativa ai pretesi collegamenti della ODAL con il PAZIENZA, attraverso la Società SOFINT. Contestava altresì il prevenuto, avendone avuta lettura, le dichiarazioni di Piero CITTI (che aveva abbandonato la ODAL per andare a lavorare presso la SOFINT), e sottolineava come Carmine PALLADINO non potesse aver avuto contezza del fatto che la SOFINT gravitava nell'orbita della P2, prima che a tale conclusione approdassero gli inquirenti. Riferiva il DELLE CHIAIE di due distinte operazioni -organizzate nel 1982 da autorità italiane e denominate, in codice, rispettivamente `Pall Mall' e `Marlboro'- che sarebbero state finalizzate a quello che egli ha definito il "sequestro" della sua persona. In particolare, con la prima operazione, si sarebbe affidato ad Elio CIOLINI il compito di guidare un gruppo di personaggi, tra cui delinquenti comuni, che avrebbero dovuto `sequestrare' l'imputato a La Paz, condurlo in Perù attraverso il Lago Titicaca, e quindi in Italia, a bordo di un aereo militare. Il DELLE CHIAIE era tempestivamente venuto a conoscenza del progetto tramite Jean Marc TESSEIRE (persona che già l'aveva ospitato durante il soggiorno nizzardo del luglio '80), il quale si era infiltrato nel gruppo del CIOLINI. Un analogo avvertimento all'imputato era pervenuto, nello stesso periodo, anche dal ministro boliviano ROJAS, che però aveva riferito la paternità dell'operazione all'ambasciata statunitense in Bolivia. La seconda operazione era scattata il 10/10/1982, in una situazione di `vacatio' dei poteri costituiti in Bolivia, cioè nel momento in cui i civili, con un governo guidato dal Presidente SILES ZUAZO, subentravano ai militari. Un aereo recante a bordo degli agenti italiani era atterrato a La Paz; il DELLE CHIAIE non era stato trovato, perché, fra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre, era partito per il Venezuela, ove stava compiendo un ultimo tentativo di ottenere un prestito internazionale, onde evitare il passaggio del governo al SILES ZUAZO; a quel punto -a detta dell'imputato- l'aereo aveva proseguito per Santa Cruz, ove era stato rintracciato Pierluigi PAGLIAI, al quale -secondo quanto il DELLE CHIAIE aveva appreso- era stato sparato un colpo di pistola, benché avesse alzato le mani dietro la nuca. Contestava ancora l'imputato talune dichiarazioni di Piero CITTI: in particolare, quella secondo cui egli avrebbe invitato il CITTI stesso ad assumersi la responsabilità del covo di via Sartorio, per salvare Adriano TILGHER; nonché quella secondo cui i partecipanti all'incontro di Albano Laziale avevano usato nomi di copertura. Contestava altresì le dichiarazioni rese dal teste MIORANDI circa quanto quest'ultimo aveva dichiarato d'aver appreso dal GIORGI a proposito dei viaggi fra l'Argentina e Roma; e soggiungeva di non esser più rientrato in Italia dopo la Pasqua del '79. Smentiva la testimonianza LAZZERINI, nelle parti che lo riguardano; e sottolineava l'inverosimiglianza della tesi secondo cui, in 17 anni di latitanza, egli avrebbe usato il suo vero nome proprio in occasione delle conversazioni telefoniche col GELLI. Respingeva le accuse promananti dallo SPIAZZI, circa i suoi tentativi di mettere ordine nell'arcipelago dei gruppi armati di destra operanti in Roma; rivendicava a sé soltanto il tentativo, compiuto nel '75 ad Albano, di far confluire Ordine Nuovo in Avanguardia Nazionale; e faceva notare le oscillazioni intervenute nelle versioni via via rese dallo SPIAZZI. Contestava la veridicità di quanto Valerio VICCEI in istruttoria aveva riferito aver appreso da Domenico MAGNETTA circa le ragioni del distacco di quest'ultimo dal DELLE CHIAIE e dal suo gruppo; e si soffermava, di seguito, sulle ripetute provocazioni che Avanguardia Nazionale -a suo dire- aveva subito, nell'ambito di un disegno politico complessivo legato ad interessi
interni al sistema: citava, in proposito, il MAR di FUMAGALLI, che avrebbe coinvolto anche dei giovani dell'area di appartenenza del DELLE CHIAIE, tentando così di creare un'identificazione -in realtà insussistente- tra il MAR stesso e tale area politica. Riferiva di un "interrogatorio" cui egli ed altri avevano sottoposto Gaetano ORLANDO, del MAR, nel '74, a Madrid: detto `interrogatorio', vertente, tra l'altro, sulla morte di Giancarlo ESPOSTI, su un volantino che era stato provocatoriamente firmato con le sigle S.A.M.-Ordine Nero-Avanguardia Nazionale, su una non meglio precisata operazione in Valtellina con i Carabinieri, sulla preparazione di una strage durante i funerali di un uomo politico(VALSECCHI), era stato registrato, ma le relative bobine erano sparite durante la perquisizione effettuata dalle forze dell'ordine nel covo di via Sartorio. Riconosceva il prevenuto di aver partecipato, nella primavera del '79, alla riunione svoltasi in Roma, nello studio dell'Avv. CAPONETTI; e, dopo aver premesso che era stata quella l'occasione del suo ultimo rientro in Italia (prima dell'arresto nel 1987), chiariva che il suo obiettivo non era stato di egemonizzare Terza Posizione, ma, in termini genericamente programmatici e non direttamente organizzativi, di preparare un ambiente politico, di verificare se vi era lo spazio per un movimento politico che si ripresentasse o come Avanguardia Nazionale o sotto altro nome. Respingeva le dichiarazioni di Marco AFFATIGATO circa una pretesa spartizione, fra l'imputato, Elio MASSAGRANDE ed altri, del bottino di un furto perpetrato nel '76-'77 in danno della Cassa di Risparmio di Nizza. Sottolineava il suo personale contrasto con il MASSAGRANDE (con il quale già si era venuto a trovare in attrito a seguito della riunione di Nizza), per via dell'atteggiamento assunto da costui tenuto
dopo l'assassinio del dott. OCCORSIO: e, a conferma delle sue parole, indicava i giornalisti BUONGIORNO e DI BELLA, nonché i fuoriusciti presenti in Ispagna. Nel ribadire d'esser venuto in Europa, nell'estate del 1980, utilizzando un passaporto intestato a Maurizio GIORGI, spiegava che il GIORGI, dal canto suo, nello stesso periodo, e precisamente dopo il 17 luglio, partendo dall'Argentina, si era recato in Bolivia per 3 o 4 giorni, in compagnia di tale Alberto VILLANOVA. Il passaporto utilizzato dal DELLE CHIAIE era stato poi fotografato da Roberto CHIODI, nel corso dell'intervista del settembre, nelle sole parti che interessavano al giornalista. Interrogato su un organigramma sequestrato in via Sartorio, l'imputato affermava trattarsi di un' "esercitazione personale" compiuta in vista della riunione di Albano, che prevedeva, tra l'altro, una divisione in sezioni idonea ad equilibrare le varie forze, una volta che se ne fosse conseguita l'unificazione: dichiarava, comunque, di non essere disponibile a fornire risposte sui nominativi che compaiono nell'organigramma. Negava d'aver ricevuto proventi di rapine compiute in Italia da formazioni dello spontaneismo armato. Non ricordava la presenza del DI MITRI alla riunione della primavera '79 presso lo studio CAPONETTI. Escludeva la presenza di una struttura clandestina di Avanguardia Nazionale negli anni '80, sottolineando come non vi fossero episodi di violenza riconducibili ad Avanguardia stessa. A contestazione del memoriale dell' ex avanguardista PECORIELLO (memoriale risalenteai primi anni '70), esprimeva la convinzione che nel memoriale in questione fossero contenute dichiarazioni pilotate da un funzionario della Questura di Reggio Emilia, che aveva inteso `incastrarlo'.
1.11.4.12) Giuseppe BELMONTE
16/07/87Il 16 luglio aveva inizio l'interrogatorio (47) del BELMONTE, che si concludeva il giorno successivo (48). Premetteva l'imputato di essere giunto al SISMI nel luglio-agosto del 1978, e di aver lasciato quel Servizio il 22/5/1982; soggiungeva di essersi dedicato, sino a tutto il 1979, allo studio ed alla strutturazione dell'Ufficio
* * * * *
(47) - Cfr. vu 16/7/87, pp. 14-50. (48) - Cfr. vu 17/7/87, pp. 12-50. Controllo e Sicurezza. A proposito della vicenda della valigia rinvenuta sul treno Taranto-Milano, spiegava che, avendo in un primo tempo riferito al magistrato che la "fonte" delle informazioni era tale MONNA, quando poi si era deciso a rivelare d'aver avuto contatti diretti soltanto col M/llo SANAPO, aveva precisato di non sapere quali fossero le fonti del SANAPO stesso, poiché era risultato che l'indicazione del MONNA era falsa. Aveva comunque, a suo tempo, parlato del MONNA soltanto con il Col. dei Carabinieri LIVI, suo superiore diretto, e non con il Gen. NOTARNICOLA. Il M/llo SANAPO gli aveva telefonato più volte, nei primi giorni del 1981, facendo vagamente riferimento a covi e persone, ma senza concrete indicazioni circa possibili attentati. L'8 gennaio, all'aeroporto di Brindisi, il SANAPO aveva consegnato a lui ed al MUSUMECI (presente, quest'ultimo, per la delicatezza della missione e per l'eventuale autorizzazione di esborsi in favore della fonte) l'appunto che il giorno successivo sarebbe poi stato recapitatoal Gen. SANTOVITO all'aeroporto di Fiumicino. Il BELMONTE non si era mosso da Roma fra il giorno 9 e la mattina del 12, quando era partito, da solo, per Vieste, a bordo di un'autovettura di servizio consegnatagli il giorno precedente a Palazzo Baracchini. Era giunto a Vieste nel pomeriggio e da là aveva telefonato più volte alla sede del Servizio, fra le ore 19 del giorno 12 e le ore 15 del giorno 13. Non aveva utilizzato alcun supporto logistico presso i Carabinieri di San Severo, dal momento che tale supporto si sarebbe reso necessario solo in quanto gli fosse stato affiancato un ufficiale della 1ª Divisione,che di fatto non fu designato. Non aveva posto in relazione la strage di Bologna con la vicenda del rinvenimento della valigia sul treno Taranto-Milano, benché avesse dalla stessa persona notizie sull'uno e sull'altro episodio.Il giorno 21 la 1ª Divisione aveva fatto pervenire un elenco di quesiti, che il BELMONTE aveva recapitato al SANAPO, il giorno successivo, all'aeroporto di Brindisi, unitamente alla busta contenente il compenso di £ 300.OOO.OOO per la fonte (busta che il prevenuto aveva ricevuto direttamente dalla mani del MUSUMECI). Dopo che, il 7 febbraio, erano giunte le risposte ai quesiti, il prevenuto non si era più occupato dell' `operazione valigia'. Contestava radicalmente l'imputato la versione dei fatti fornita dal SANAPO (che indicava come "fonte esterna" del SISMI), escludendo di essersi confidato con lui circa l'avvenuta spartizione della somma di un miliardo e mezzo di lire fra i vertici del Servizio e la mancata attribuzione di una parte di detta somma al BELMONTE. Escludeva altresì d'aver parlato al SANAPO del GELLI o del PAZIENZA, o di false informative confezionate per allontanare dal Servizio il Ten. Col. DI NAPOLI. Ricordava d'aver corrisposto al SANAPO, per un certo periodo, la somma mensile di 3 milioni di lire, perché il sottufficiale potesse provvedere a retribuire le sue fonti; e di avergli altresì corrisposto la somma mensile di £ 350.000, a titolo di rimborso spese. Respingeva come falsa l'affermazione secondo cui egli aveva fatto sottoscrivere al SANAPO 18 ricevute in un unico contesto. Ricordava d'aver visto il PAZIENZA 4 o 5 volte in tutto, nell'ufficio del Gen. MUSUMECI. Non aveva peraltro "mai fatto un colloquio" col PAZIENZA, sul conto del quale era stato incaricato, da parte del MUSUMECI, di compiere indagini, che non erano valse ad acquisire dati significativi. Si era recato 3 volte, nel maggio del 1981, nel carcere di Ascoli Piceno, in compagnia del collaboratore esterno del SISMI, Adalberto TITTA, per incontrare Raffaele CUTOLO, nel contesto delle vicende seguite al sequestro di Ciro CIRILLO; ma dai contatti avuti col CUTOLO in tale occasioni non era sortito alcunché di utile per la liberazione del CIRILLO. Non aveva mai sentito parlare, all'epoca dei fatti in contestazione, di `Superesse', `Supersid', `Supersismi', o di `Agenti Zeta'. Quando inizialmente era stato esaminato come testimone, aveva sottaciuto il nome del SANAPO, per non coinvolgere quest'ultimo, al quale aveva dato la sua parola di ufficiale in tal senso. Il "problema della fonte" si era posto per l'imputato quando il SANTOVITO ed il MUSUMECI avevano lasciato il SISMI: dovendo continuare da solo a rispondere della fonte, aveva avvertito il SANAPO che, per evitare la spendita del suo nome, avrebbe dovuto fornirgli un nominativo diverso, che il SANAPO aveva allora indicato in quello del MONNA. A contestazione del fatto che, nel primo interrogatorio, aveva riferito di non sapere del versamento di 300 milioni di lire alla fonte, dichiarava che, in quell'occasione aveva fatto riferimento alla contabilità ordinaria dell'ufficio, nell'ambito della quale non erano stati fatti stanziamenti. Le notizie relative alla fibbia della valigia contenente l'esplosivo le aveva ricevute direttamente dal SANAPO. Era stato iniziato alla Massoneria dall'Avv. PALMI di Taranto, nel '77 o nel '78, aderendo -così credeva- alla Loggia di Taranto. Non aveva mai visto Manlio CECOVINI, Sovrano Gran Commendatore del Capitolo Nazionale Coperto. Siccome non pagava le quote, era stato posto `in sonno' dal Gran Maestro BATTELLI, che gliene aveva dato comunicazione. Non era in grado di precisare se fosse affiliato `all'orecchio' del Gran Maestro. Descriveva un cerimoniale d'iniziazione molto semplice: alla presenza di due persone, qualcuno (che indicava -seppure non con certezza- nel Gran Maestro SALVINI) gli aveva fatto leggere una formula, che forse aveva sottoscritto; dopodiché, aveva ricevuto una stretta di mano e tre baci; in seguito aveva poi partecipato, in due occasioni, a lavori della Loggia di Taranto sul tema della tolleranza. Escludeva di esser mai venuto a conoscenza di una sua promozione dal terzo al diciottesimo grado massonico, promozione che era stata indicata come parallela e coeva rispetto a quella analoga del MUSUMECI, nonché indispensabile per l'accesso al Capitolo Nazionale Coperto, comprendente i solo gradi `nobili' (dal diciottesimo al trentatreesimo). Non aveva conosciuto il Cap. MANFREDI, né Aldo SEMERARI, né Amos SPIAZZI. A proposito delle liste della P2, non escludeva di aver assistito ad una "discussione accademica" fra i Generali PALUMBO e MUSUMECI, ma negava di sapere alcunché a proposito di una convocazione del PALUMBO, da parte del MUSUMECI, per sollecitare un intervento presso il PUBBLICO MINISTERO di Milano, al fine di conoscere il contenuto degli elenchi sequestrati a Castiglion Fibocchi.
1.11.4.13) Pietro MUSUMECI
20/07/87 L'interrogatorio (49) del MUSUMECI aveva inizio il giorno 20 e si concludeva il giorno successivo (50). Premetteva l'imputato di esser stato iniziato alla Massoneria nel 1972 dal Gran Maestro SALVINI, su presentazione del Gen. PALUMBO;
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(49) - Cfr. vu 20/7/87, pp. 13-86. (50) - Cfr. vu 21/7/87, pp. 19-29.
e soggiungeva di essere completamente estraneo alla Loggia P2. Dichiarava di non aver ricevuto alcuna tessera all'atto dell'affiliazione alla Massoneria; ma riconosceva poi d'aver ammesso, di fronte alla Commissione Parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2, che gli era stata invece rilasciata una
tessera bianca sulla quale gli pareva di ricordare la presenza della scritta `Centro studi di storia contemporanea'. Escludeva comunque d'aver pagato quote associative. Escludeva altresì d'aver conosciuto i suoi odierni coimputati, ad esclusione del BELMONTE, del PAZIENZA e del GELLI (quest'ultimo, peraltro, l'aveva incontrato soltanto in un'occasione mondana). Spiegava come, nel 1980, su richiesta del Gen. SANTOVITO, si fosse attivato per rinvenire un rapporto sul GELLI che era agli atti del Servizio, ma che si stentava a ritrovare. Aveva poi consegnato all'autorità giudiziaria romana tale rapporto, concernente attività svolte dal GELLI a cavallo dell'ultimo conflitto mondiale. Sempre nel 1980 aveva compiuto accertamenti per individuare i responsabili della `fuga' di alcune parti riservate del fascicolo M.FO.BIALI: ed aveva concluso nel senso che il responsabile andava ricercato nell'ambito di una terna di ufficiali, che aveva indicato nel Gen. MALETTI, nel Col. VIEZZER e nel Cap. LABRUNA. L'unico contatto con il GELLI l'aveva avuto nel 1969, o nei due anni immediatamente successivi; non aveva invece preso parte ad alcuna riunione a Villa Wanda, né aveva mai incontrato il GELLI nell'ufficio del Gen. PALUMBO, con il quale ultimo aveva intrattenuto soltanto rapporti di subordinazione gerarchica. Negava che il PALUMBO gli avesse parlato del GELLI, e, avuta contestazione delle dichiarazioni rese dal PALUMBO stesso alla Commissione Parlamentare d'inchiesta, nella parte in cui il Generale aveva affermato d'aver parlato al MUSUMECI del GELLI e della P2, ed aveva indicato il MUSUMECI stesso come affiliato alla P2, si limitava a rispondere con un laconico "non lo so". Ammetteva d'aver chiesto al PALUMBO di attivarsi per conoscere tempestivamente i nominativi degli elenchi sequestratia Castiglion Fibocchi, ma d'averlo fatto su incarico espresso del SANTOVITO, e per motivi di servizio, non potendo il SISMI farsi prendere alla sprovvista, data l'elevatezza della posizione dei personaggi che comparivano nelle liste. Avuta contestazione delle dichiarazioni dell'Ing. SINISCALCHI,dichiarava di non sapere nulla circa la sua promozione al trentunesimo grado massonico od oltre, asseritamente in violazione delle norme interne della Massoneria. Aveva prestato servizio al SISMI dal luglio del '78 al 5/6/1981, ed aveva conosciuto Francesco PAZIENZA nel 1980. Era stato incaricato dal Gen. SANTOVITO di compiere discrete indagini sul conto del PAZIENZA (che il SANTOVITO giudicava troppo intraprendente): ed aveva accertato che il giovane collaboratore del Servizio era figlio di un ufficiale di Marina, aveva una laurea in medicina e conosceva diverse lingue, fra cui l'arabo. La funzione del prevenuto era stata quella di comandante dell'Ufficio Controllo e Sicurezza: egli non aveva mai collaborato col PAZIENZA, di cui peraltro non gli risultava l'appartenza alla P2. Avuta contestazione della deposizione del Gen. LUGARESI, dichiarava di non aver mai saputo nulla di un progetto che prevedeva la sua nomina a direttore generale della Società ESCHINO, nonché la nomina del PAZIENZA e del SANTOVITO alla corrispondente carica, rispettivamente presso il Corriere della Sera e presso la Società ASCOFIN. Ammetteva soltanto che il SANTOVITO, alla fine del 1981, gli aveva proposto di entrare nei servizi di sicurezza del Banco Ambrosiano. Negava l'esistenza stessa del cosiddetto `Superesse'. Invitato a chiarire il suo ruolo nella vicenda delle informative SISMI in relazione alla strage di Bologna, spiegava che alla fine dell'ottobre 1980 il dott. SISTI si era recato dal Gen. SANTOVITO, per richiedere una valida collaborazione, a nome del Giudici Istruttori di Bologna. Il SANTOVITO aveva quindi invitato il prevenuto a sollecitare il BELMONTE per l'attivazione di una fonte del BELMONTE stesso, "che aveva già dato un certo qualche cosa, certe informative" sulla vicenda. Il MUSUMECI aveva poi rivisto il dott. SISTI soltanto nell'occasione nella quale costui gli aveva consegnato un elenco autografo di domande da sottoporre alla fonte: elenco che il Servizio aveva provveduto a dattiloscrivere. La fonte del Col. BELMONTE aveva risposto dopo una ventina di giorni; l'imputato non aveva controllato le notizie (esulando ciò dalla sua competenza),ma le aveva subito inoltrate alla 1ª Divisione, perché fossero valutate. A proposito della vicenda della valigia sul treno Taranto-Milano, ricordava d'aver appreso una mattina dal BELMONTE come la fonte di costui avesse riferito essere imminente un trasporto di esplosivo a fini terroristici. All'epoca dei fatti il MUSUMECI sapeva che la fonte del suo subordinato si identificava nel M/llo SANAPO, dal momento che, fra l'altro, doveva provvedere alla retribuzione della fonte stessa. Sollecitato dal Gen. SANTOVITO, che voleva stringere i tempi e riteneva potesse essere produttivo far incontrare al SANAPO un generale dell'Arma, il MUSUMECI aveva accompagnato il BELMONTE a Brindisi, nel viaggio aereo del gennaio '81. Dopo un breve colloquio con il SANAPO, nel corso del quale non si fece il nome del MONNA e non vi furono consegne di denaro, i due odierni imputati erano rientrati a Roma. L'indomani, il MUSUMECI, avendo appreso che in giornata il Gen. SANTOVITO sarebbe rientrato da Parigi, aveva dato appuntamento all'aeroporto al Gen. NOTARNICOLA. Il prevenuto aveva ricevuto dal BELMONTE la busta contente l'informativa scritta soltanto quella mattina, cioè il giorno 9, e nulla sapeva del modo in cui era avvenuto il passaggio dell'informativa stessa dal SANAPO al BELMONTE; non poteva escludere, peraltro, che lo scambio fosse avvenuto durante l'incontro del giorno precedente, svoltosi all'interno di un'autovettura, subito dopo l'atterraggio all'aerostazione di Brindisi. Nei giorni seguenti, pervenuta la notizia dell'approssimarsi dei fatti preannunciati dall'informativa, il MUSUMECI, in esecuzione di una direttiva del SANTOVITO, aveva distaccato il BELMONTE alla 1ª Divisione e, da quel momento non aveva più saputo niente del coimputato, se non che era partito per San Severo, lagnandosi del fatto che non gli era stato affiancato un ufficiale della 1ªDivisione, come invece avrebbe voluto il Direttore del Servizio. Precisava che, di fronte alla doglianza del BELMONTE, consultato il SANTOVITO, aveva trasmesso al suo subordinato l'ordine di partire comunque, nonostante il mancato affiancamento da parte della 1ª Divisione, dal momento che il tempo stringeva. Faceva presente che ad analoga procedura di distacco del BELMONTE alla 1ª Divisione si era proceduto, in base ad ordini verbalmente impartiti, anche in altre occasioni: cioé, in particolare, nel corso delle vicende `MORO' e `CIRILLO'. Aveva ricevuto i 300 milioni di lire costituenti il compenso per la fonte dal Col. DI MURRO: si trattava di mazzette di banconote. Nell'occasione in cui il BELMONTE si era recato nuovamente in Puglia ed aveva effettuato il pagamento, il MUSUMECI l'aveva accompagnato all'aeroporto, dove gli aveva consegnato il denaro, che il BELMONTE -dopo averlo contato- aveva chiuso in una busta. Non aveva notato che una delle persone indicate nelle informative sulla strage di Bologna come perita nell'esplosione fosse poi ricomparsa nelle informative riguardanti l'operazione `terrore sui treni', come coinvolta nell'operazione medesima. Ammetteva di essersi recato, in compagnia del PAZIENZA e del Col. DI MURRO, presso l'ufficio fiorentino di tale SIGNORI, segretario dell'allora Ministro della Difesa: e riferiva di non aver avuto, nell'occasione, alcuna funzione attiva, avendo invece il PAZIENZA provveduto alle presentazioni, ed il DI MURRO alla consegna di grafici -richiesti dal Ministro- riguardanti la struttura e la competenza di uffici di Stato Maggiore. Ammetteva inoltre di aver conosciuto di vista il Commissario POMPO', che si era recato una volta presso la sede del Servizio, e precisamente nell'ufficio del Direttore; escludeva tuttavia di sapere alcunchè a proposito di una nota del POMPO' (facente riferimento alla Bulgaria, ad armi sovietiche, ceche e belghe, ed a terroristi di varia nazionalità), rinvenuta anche nell' Ufficio Controllo e Sicurezza. Pur ammettendo di essere stato, in compagnia di altri ufficiali del Servizio, in alcuni locali di Via Germanico nella disponibilità del PAZIENZA, ribadiva di non aver mai sentito parlare di un progetto del `Supersismi', e di non aver conosciuto la destinazione di quei locali ad istituenda sede separata del Servizio (sede indicata come diretta ad ospitare -dietro lo schermo di una società finanziaria e di consulenza aziendale- operazioni speciali, gerarchicamente distaccate dalle Divisioni, quali i rapporti con la stampa e con il mondo politico, i rapporti con il mondo industriale, finanziario ed imprenditoriale, ed altre, previamente concordate con il Direttore). Precisava come il PAZIENZA fosse alla dirette dipendenze del Gen. SANTOVITO e come tutto ciò che il PAZIENZA organizzava in prima persona gli rimanesse conseguentemente estraneo. Nulla sapeva di `Zeta 2', che giudicava "un'invenzione" del PAZIENZA. Non aveva mai gestito direttamente alcuna fonte (tranne che in un caso) ed aveva sempre dirottato quanti si rivolgevano a lui verso la 1ª o la 2ª Divisione. Non aveva conosciuto l'Avv. PAPA. Non si era mai occupato della C.A.I., il cui responsabile era il SANTOVITO, mentre il Col. D'ELISEO si occupava del trasporto del personale. Escludeva che l'ASCOFIN fosse una società di copertura del Servizio. A contestazione, da parte del PUBBLICO MINISTERO, di dichiarazioni del Col. DI MURRO, secondo cui, fra l'ottobre del 1980 ed il maggio del 1981, sarebbero stati versati al MUSUMECI un miliardo e duecento milioni di lire per `operazioni Z' (indicate come le operazioni volte dapprima all'identificazione degli autori della strage di Bologna ed
alla prevenzione di successivi attentati, e poi al pagamento del riscatto per la liberazione di Ciro CIRILLO, o comunque alla costituzione di una rete informativa per scoprire gli autori del `sequestro CIRILLO'), dichiarava l'imputato di intendere avvalersi della facoltà di non rispondere ad ulteriori domande e contestazioni.
1.11.5) Le scelte processuali degli altri imputati
Gli imputati diversi da quelli di cui sub 1.11.4) non hanno reso l'interrogatorio. Maurizio GIORGI e KlausFriedrik HUBEL, giudicati a piede libero e dichiarati contumaci, hanno disertato l'aula per tutto il corso del giudizio. Roberto RAHO, dichiarato contumace, è sempre rimasto latitante. Licio GELLI, latitante e dichiarato contumace, si è costituito in Isvizzera -come si vedrà- in corso di giudizio; e, dopo essere stato estradato da quel paese per reati di competenza di altre autorità giudiziarie, non ha rinunciato al principio di specialità e non si è quindi assoggettato alla giurisdizione italiana per i delitti per i quali questa Corte procede: cosicché il giudizio è proseguito nella sua contumacia. Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO, giudicati in istato di detenzione, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere all'interrogatorio, e solo all'esito della discussione hanno reso dichiarazioni ex art. 468 del Codice di rito. Gilberto CAVALLINI ed Egidio GIULIANI, pure giudicati in istato di detenzione, hanno sempre rinunciato a partecipare al giudizio e non si sono presentati in aula neppure per rendere l'interrogatorio o dichiarazioni finali ex art. 468 del Codice di Procedura.
1.11.6)La scarcerazione del PAZIENZA limitatamente al delitto di calunnia
21/07/88 Il 21 luglio, con ordinanza (51) depositata in Cancelleria, la Corte si pronunciava su istanze proposte dalla difesa del PAZIENZA nel procedimento n. 2/87 R.G.C.A.: e, nel rigettare la richiesta di libertà provvisoria o di arresti domiciliari, ordinava che l'imputato, per il delitto di calunnia pluriaggravata, venisse scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare alla data del 2/9/1987, ferma restando la custodia anche dopo tale data per il delitto di cui all'art. 270 bis (proc. n. 13/86 R.G.C.A.).
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(51) - Il provvedimento trovasi in CP, C16.
1.12) 22 luglio 1987 - 26 febbraio 1988 L'ulteriore corso del giudizio, sino alla chiusura dell'istruzione dibattimentale
1.12.1) Il rapporto DIGOS 20/8/1987
20/08/87 Il 20 agosto, la DIGOS di Bologna trasmetteva alla Corte un rapporto (1), in cui, tra l'altro, a proposito dei documenti sequestrati a Sergio PICCIAFUOCO al valico di Tarvisio, si riferiva che uno di essi, precisamente il "passaporto n. E 213730, apparentemente rilasciato dalla Questura di Roma il 19/10/1979, risulta effettivamente rilasciato il 19/12/1978 a BRUGIA Riccardo, di Mario, nato a Roma il 6/11/1961, residente in quella via Flaminia n. 785, estremista di destra." Soggiungeva il rapporto: "Il predetto," (cioè, il BRUGIA) "come si evince dal rapporto conclusivo del procedimento penale `Quex' del 16/5/1984, avrebbe partecipato, unitamente a ZANI, NISTRI, ANSALDI, TOMASELLI, PROCOPIO, ZURLO, BRAGAGLIA, PETRONE e COGOLLI ad un fallito tentativo di sequestro di tale gioielliere CROCE, nel 1982 a Torino.
In data 5/4/1982 è stato sottoposto a fermo di P.G. perché indiziato di favoreggiamento personale nei confronti del
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(1) - Trovasi in AAD, V5, C17. noto FIORAVANTI Cristiano, al quale cedette in uso un appartamento di cui era locatario, in Pescasseroli, adibito dal FIORAVANTI a rifugio per sé e per gli altri latitanti MAMBRO Francesca e Giorgio VALE...In seguito al fermo, venne emesso nei confronti del BRUGIA un ordine di cattura per rapina aggravata ed altro, reato commesso il 31/3/1982, insieme ai noti SORDI Walter, LAI Livio, CAVALLINI Gilberto ed altri esponenti dei NAR ai danni di un istituto bancario di Roma...Per quanto riguarda il passaporto a lui intestato n. E213730, rilasciato dalla Questura di Roma il 19/12/1978, si comunica che il 4/11/1982, all'atto della notifica, nella Casa Circondariale di Frosinone, dell'ordinanza di ritiro del passaporto, il BRUGIA ebbe a dichiarare a quel personale che il documento gli era stato sequestrato dalla DIGOS all'atto del suo fermo, cosa non rispondente al vero in quanto, come si può rilevare dal P.V. di perquisizione, nell'abitazione fu rinvenuta solo una fotocopia del passaporto, ma non il documento in originale..."
1.12.2)La concessione degli arresti domiciliari a Paolo SIGNORELLI
17/09/87 Il 17 settembre, la Corte, riunitasi anticipatamente, rispetto alla ripresa postferiale delle udienze fissata per il giorno 22, per esaminare un'istanza di arresti domiciliari proposta per ragioni di salute in favore di Paolo SIGNORELLI, decideva (2) di concedere all'imputato l'invocato beneficio, constatando l'obiettivo peggioramento
di dette condizioni, rispetto al momento dell'adozione di un precedente provvedimento di rigetto di analoga istanza.
1.12.3) La posizione processuale di Licio GELLI
Licio GELLI, latitante, era stato dichiarato contumace in entrambi i procedimenti a suo carico.
22/09/87 Il 22 settembre, alla ripresa delle udienze, la Corte apprendeva ufficialmente che l'imputato era detenuto in Isvizzera, ove si era costituito a disposizione dell'autorità giudiziaria elvetica, che procedeva per fatti colà commessi. La Corte pronunciava una prima ordinanza (3), con la quale disponeva procedersi oltre nel dibattimento e farsi luogo all'interpello dell'imputato circa il suo eventuale mutamento di volontà (rispetto a quello manifestato con la pregressa latitanza e la costituzione
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(2) - Il provvedimento trovasi in CP, C19. (3) - Cfr. vu 22/9/87, p40.
all'estero anziché in Italia) in ordine alla partecipazione al dibattimento. Otto giorni più tardi, la Corte, rilevato come una dichiarazione del GELLI (4), prodotta dal difensore, non costituisse atto di sottomissione alla giurisdizione italiana nei procedimenti che qui si celebrano, ribadiva (5) l'ordine di procedersi oltre nella contumacia dell'imputato.
1.12.4) Il prosieguo dell'istruttoria dibattimentale
1.12.4.1) Il prosieguo dell'istruttoria orale
22/09/87 Il giorno 22 -come si è detto- riprendevano le udienze, e l'istruttoria dibattimentale proseguiva, da quel giorno e sino al 26 febbraio 1988, con l'escussione delle parti civili, delle parti lese, dei testi indicati nella lista del PUBBLICO MINISTERO e di quelli ulteriormente ammessi con successive ordinanze della Corte.
A differenza di quanto si è fatto per la fase anteriore al rinvio a giudizio, per la quale la sintetica illustrazione del contenuto delle dichiarazioni di maggior rilievo di vari soggetti processuali si è resa necessaria per seguire
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(4) - Cfr. vu 30/9/87, p18. (5) - Cfr. vu 30/9/87, p33.
l'evolversi del quadro istruttorio e per comprendere le linee dell'impianto accusatorio che sorregge le scelte adottate con la sentenza-ordinanza 14/6/86, e a differenza di quanto si è fatto anche per gli interrogatori dibattimentali degli imputati, sui quali ci si è soffermati, per avere il quadro definitivo delle linee difensive da ciascuno adottate rispetto agli elementi indicati a sostegno dell'accusa, non si darà invece conto, nella presente sede, delle deposizioni o degli interrogatori ai sensi dell'art. 450 bis e, in taluni casi, dell'art. 304 III comma C.P.P., resi in dibattimento: e ciò ad evitare ripetizioni, giacché delle suddette dichiarazioni, per la parte comunque rilevante ai fini della decisione, si dovrà dar conto in prosieguo, laddove si passerà al vaglio delle risultanze processuali, onde verificare la fondatezza delle accuse.
1.12.4.2) Il ritrovamento di ordigni nel Lago di Garda
1.12.4.2.1) Il rapporto dei Carabinieri 2/11/1987
26/11/86 All'udienza del 26 novembre, il PUBBLICO MINISTERO produceva un rapporto (6) del Nucleo Operativo dei Carabinieri di
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(6) - Cfr. vu 26/11/87, pp. 15-17. Padova del 2 novembre 1987, nel quale si riferiva che, il 31
ottobre, sulla scorta di notizia informalmente ricevuta, erano state effettuate delle immersioni in tre diversi punti del Lago di Garda, onde accertare l'esistenza di residuati bellici, ai quali -secondo la fonte dell'accennata notizia- esponenti della destra eversiva ed, in particolare, ROMANO Roberto detto `il Nonno' avrebbero attinto per ricavarne esplosivo, successivamente utilizzato per attentati ai danni di vari obiettivi, tra cui l'abitazione dell'On. Tina ANSELMI. In due dei tre punti indicati dalla fonte erano stati effettivamente individuati degli ordigni: e tale dato veniva ricollegato a pregresse risultanze istruttorie, secondo cui il nucleo ordinovista veneto disponeva di consistenti quantitativi di esplosivo, ricavati da residuati bellici e ripescati da un lago.
1.12.4.2.2) Le dichiarazioni di Gianluigi NAPOLI al PUBBLICO MINISTERO in merito al ritrovamento degli ordigni
Unitamente al rapporto, il PUBBLICO MINISTERO depositava anche, tra l'altro, l'estratto di un verbale (7) di dichiarazioni a lui rese il 12 novembre da Gianluigi NAPOLI,
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(7) - Cfr. vu 26/11/87, pp. 21-22. che era stato la fonte della notizia grazie alla quale si era pervenuti al ritrovamento; il NAPOLI, in quell'occasione, aveva dichiarato: "Effettivamente nel gennaio 1987, mentre mi trovavo nel bar di Villadose (RO) -zona industriale, fui avvicinato dal mio conoscente Dario FIGNAGNANI. Venne da me dicendo che aveva bisogno di soldi ed anche per riprendere i contatti tra di noi. Dario era certamente al corrente del fatto che io avevo assunto una posizione di apertura e collaborazione con i Giudici di Bologna. Di fronte alle sue richieste di prestito di un milione, io gli dissi esplicitamente che avevo contatti con i Servizi Segreti ed aggiunsi che ai Servizi interessava il discorso relativo alla provenienza degli esplosivi poiché troppi segni ormai indicavano in maniera chiara che gli esplosivi utilizzati per gli attentati compiuti nel Veneto, sui quali ho ampiamente riferito, portavano alle stragi più cruente verificatesi in Italia. Dissi questa bugia circa i miei rapporti con i Servizi Segreti, per chiarire fino in fondo la mia posizione ed indurre Dario a collaborare poiché ciò, sempre secondo il mio discorso non corrispondente al vero, avrebbe potuto agevolarlo nell'ottenere denaro. Io stesso mi indussi a prestargli un milione di lire per ottenere la sua fiducia. Dario mi restituì la somma dieci giorni dopo...con Dario tentammo di capire con precisione dove potesse stare sommerso l'esplosivo e ne deducemmo che questo poteva trovarsi in una delle località che indicai ai Carabinieri. Dopo che l'Ufficio mi ha fatto i nomi di tali località ricordo con precisione che con Dario parlammo effettivamente del Fortino di Riva del Garda, del porto di Limone del Garda e del'isolotto di Malcesine. Peraltro si trattava di località dove è nota la possibilità di rinvenire residuati bellici. MELIOLI mi aveva già parlato di ordigni bellici da loro custoditi in un laghetto e che rientravano nella disponibilità di FACHINI e DE ECCHER. Non ho alcun dubbio, poiché la cosa più volte mi venne detta da MELIOLI, che era il ROMANO Roberto a recuperare gli esplosivi con l'`assistenza tecnica' di FACHINI Massimiliano. Mi risulta anche che vi erano stretti contatti tra CAVALLINI e ROMANO tanto che CAVALLINI, all'inizio della sua latitanza, si era nascosto per diverso tempo a casa di ROMANO Roberto,
sicuramente lì spedito da FACHINI. Infatti il ROMANO ha sempre fatto scrupolosamente tutto quello che gli ha ordinato FACHINI. Da quando MELIOLI è stato scarcerato, il FIGNAGNANI ha assunto verso di me un atteggiamento completamente diverso. Per quanto riguarda il recupero dell'esplosivo so che essoavveniva con una barca da parte del ROMANO e del FACHINI con la partecipazione di altre persone che restavano di guardia sulla riva. Sono poi convinto che per laghetto o laghetti il MELIOLI intendesse far riferimento appunto a queste località del Lago di Garda. Ribadisco quanto ho già affermato e cioè che con tale esplosivo sarebbero stati realizzati vari attentati nel Veneto da me già descritti."
1.12.4.3)I provvedimenti in ordine all'ammissione di nuovi mezzi di prova
Occorre qui far cenno di taluni provvedimenti con cui la Corte, d'ufficio e su istanza di parte, ha disposto nuovi mezzi di prova, intesi per un verso a consentire alle difese di dimostrare i rispettivi assunti, e, dall'altro, a mettere a fuoco il quadro dei riferimenti accusatori, onde poter verificare, con ogni possibile scrupolo, la consistenza dell'impianto in cui si sostanzia l'ipotesi delineata dall'Istruttore con il rinvio a giudizio.
Tanto premesso, va ricordato quanto segue:
- la Corte, che già con le ordinanze 13 aprile, 16 aprile, 5 maggio, 10 giugno, 14 luglio e 15 luglio (8), era venuta perseguendo gli obiettivi testé enunciati, ammettendo testi, acquisendo provvedimenti giurisdizionali e documenti di varia natura, e disponendo accertamenti ad 30/11/87opera della polizia giudiziaria, il 30 novembre, d'ufficio, pronunciava un'ordinanza (9) con la quale ordinava l'inclusione nelle liste testimoniali di altre 21 persone, la cui escussione appariva necessaria ai sensi dell'art. 457 C.P.P., sulla base delle risultanze processuali sino a quel momento emerse;
16/12/87 - il 16 dicembre veniva pronunciato (10)un lungo provvedimento a scioglimento delle 298 riserve assunte dalla Corte su altrettante istanze istruttorie formulate dalle parti fra il 7 luglio ed il 19 novembre; nell' ordinanza, ulteriormente integrativa del quadro
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(8) - Trovansi,rispettivamente, in: vu 13/4/87, p32; vu 16/4/87, pp. 16-18; vu 5/5/87, pp. 21-22; vu 10/6/87, pp. 100-103; vu 14/7/87, pp. 51-52; vu 15/7/87, pp. 112-113. (9) - Cfr. vu 30/11/87, p16. (10) -Cfr. vu 16/12/87, pp. 12-30.
probatorio, la Corte, con motivazione che risulterà paradigmatica rispetto ai successivi provvedimenti del 2,
5, 12, 17 e 26 febbraio(11), verrà definendo analiticamente i criteri per il corretto dimensionamento dell'imponente materiale istruttorio di cui è stata via via proposta l'introduzione nel processo, indicandoli, precipuamente,nei principi di: presunzione di completezza dell'istruttoria; devoluzione al giudice dibattimentale, per la verifica della fondatezza, della sola ipotesi accusatoria portata a giudizio; economia della prova; necessaria sopravvenienza dei mezzi di prova richiesti in giudizio; concludenza, non genericità e accertata esperibilità degli stessi;
-con le successive ordinanze del febbraio, che si sono testé menzionate, la Corte, utilizzando i medesimi filtri di ammissibilità, verrà sciogliendo le riserve assunte su 219 ulteriori istanze istruttorie proposte dalle parti, a varie riprese, fra il novembre '87 ed il febbraio '88.
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(11) -Cfr., rispettivamente, vu 2/2/88, pp. 16-18; vu 5/2/88, pp. 16-20; vu 12/2/88, pp. 19-22; vu 17/2/88, pp. 19-22; vu 26/2/88, pp. 27-31.
1.12.4.4)La contestazione agli imputati PICCIAFUOCO e RINANI degli elementi d'accusa acquisiti in corso di giudizio
Durante la fase del giudizio in esame, si rendeva necessario richiamare gli imputati PICCIAFUOCO e RINANI, per dar corso ad un supplemento di interrogatorio.
28/01/88 Il 28 gennaio, a Sergio PICCIAFUOCO venivano contestate (12) le risultanze del rapporto 20/8/87: ed egli, richiesto di fornire spiegazioni in ordine all'identità fra il numero del passaporto sequestratogli al valico di Tarvisio ed il numero del passaporto che era risultato esser stato legalmente rilasciato a BRUGIA Riccardo, si difendeva adducendo di aver ricevuto il documento (materialmente quanto vistosamente falso, per esser stato stampato su carta ed in formato macroscopicamente diversi dagli originali) fin dal '75. Detto documento -a dire dell'imputato- avrebbe già recato la stampigliatura del numero `di serie', ma sarebbe stato per il resto in bianco. Il PICCIAFUOCO lo avrebbe personalmente riempito, dopo aver fatto apporre da altri il timbro a secco di annullo della fotografia dell'apparente titolare. Ciò sarebbe avvenuto nell' '81, quando il prevenuto non riteneva
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(12) - Cfr. vu 28/1/88, pp. 21-28. più sicuro il nome VAILATI. Le vistose imperfezioni avrebbero comunque indotto il PICCIAFUOCO a non servirsi del documento, se non in occasione di un cambio di valuta presso una banca di Mestre.
Nell'occasione, il Procuratore della Repubblica contestava in aula al PICCIAFUOCO quanto gli aveva già contestato nel corso di separato procedimento, che sarà poi acquisito agli atti del presente (13). Basti qui ricordare che, in detto procedimento, il PICCIAFUOCO è accusato di aver spedito, da Vienna a Roma, un plico contenente vari documenti falsi, tra cui 6 passaporti, 2 dei quali recanti lo stesso numero del passaporto sequestrato all'imputato a Tarvisio e di quello a suo tempo rilasciato al BRUGIA. L'imputato, posto di fronte a tale contestazione, dichiarava di non sapere assolutamente nulladei fatti addebitatigli.
Quanto al RINANI, si è detto come costui, nel corso dell'interrogatorio, avesse escluso d'esser stato in possesso di materiale riconducibile a `Costruiamo l'Azione'. L'imputato, nell'occasione, aveva altresì chiesto che gli
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(13) - Trattasi del proc. pen. n. 2257/A/87 R.G.P.M., acquisito in copia con ordinanza 26/2/88: trovasi in AAD, V8, C19.
fosse mostrato il materiale relativo a `Costruiamo l'Azione' che gli si contestava esser stato sequestrato il 20/5/1978 nel corso di una perquisizione presso la sua abitazione, eseguita per ordine dell'autorità giudiziaria di Padova. La Corte aveva all'uopo provveduto ad acquisire, con ordinanza 16/4/87, il materiale documentario sequestrato all'imputato in detta occasione (14).
24/02/88 Il 24 febbraio '88, il RINANI veniva quindi richiamato, per rendere conto del rinvenimento presso la sua abitazione di 4 copie (una delle quali gli veniva mostrata) di un manifesto rappresentante una mano impugnante un mitra entro un semicerchio bianco su fondo rosso, manifesto che Sergio CALORE,all'udienza del 10/12/87, aveva riferito (15) esser stato allegato al n. 1 di `Costruiamo l'Azione'. Il RINANI affermava (16) di ritenere di non averlo mai visto e, comunque, di non averne memoria. Soggiungeva essergli stato peraltro sempre contestato il possesso, da parte sua, di un diverso manifesto, raffigurante una colomba.
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(14) - Si tratta del materiale contenuto nel fascicolo del proc. pen. n. 1223/85 Trib. Padova, in AAD, V3, C24. (15) - Cfr. vu 10/12/87, p62. (16) - Cfr. vu 24/2/88, pp. 35-36.
1.12.4.5) La perizia sul tatuaggio di Sergio PICCIAFUOCO
05/02/88 Il 5 febbraio 1988, la Corte, accedendo ad una richiesta in tal senso della difesa, poneva ad un collegio di periti una serie di quesiti così formulati (17): "Premesso che, secondo affermazioni contenute negli atti processuali, l'imputato Sergio PICCIAFUOCOfino al 1981 aveva impresso sul braccio destro un tatuaggio di forma diversa da quello che vi appare oggi, dicano i periti, dopo aver fotografato il tatuaggio impresso sul braccio destro dell'imputato Sergio PICCIAFUOCO e quello impresso sul polso destro dell'imputato Roberto RINANI ed aver compiuto i necessari accertamenti:
1) se sia possibile o debba escludersi l'esistenza sul braccio del PICCIAFUOCO di un tatuaggio di forma diversa da quella attuale;
2) se il tatuaggio eventualmente preesistente sia stato concellato o comunque rimosso, ovvero se, persistendo, sia stato inglobato in quello attualmente esistente;
3) in caso di risposta affermativa al primo quesito, quale
* * * * *
(17) - Cfr. vu 5/2/88, p10.
forma avesse il tatuaggio preesistente e se tale forma fosse simile a quella del tatuaggio impresso sul braccio del RINANI."
19/02/88 Il giorno 19, all'esito degli accertamenti, veniva depositata la relazione (18) dei periti, che così concludevano: "è possibile ed anzi del tutto probabile l'esistenza sul braccio del PICCIAFUOCO di un precedente tatuaggio di forma diversa da quella attuale; le vestigia ancora apprezzabili del precedente tatuaggio e la mancanza di esiti cicatriziali cutanei fanno ritenere che il tatuaggio preesistente sia stato inglobato in quello attuale; non è possibile identificare con certezza la forma del primo tatuaggio. Peraltro, mentre non è dato apprezzare, pur su uno sfondo non compatto dell'attuale tatuaggio, segni simili al tatuaggio impresso sul braccio del RINANI, le suddette vestigia appaiono compatibili con la versione fornita dal periziando, di un tatuaggio composto tra l'altro da due lettere C, affiancanti due di cinque puntini a croce."
* * * * *
(18) - Cfr. AAD, V4, C39.
1.12.4.6)La memoria indirizzata da Francesco PAZIENZA al Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena e gli sviluppi della vicenda
06/02/88 Il 6 febbraio, Francesco PAZIENZA redigeva una memoria (19), inoltrata, attraverso la Direzione del Carcere di Torino, al Direttore degli Istituti di Prevenzione e Pena. Scriveva il PAZIENZA che il giorno precedente, trovandosi nell'aula d'udienza della II Corte d'Assise di Bologna, aveva appreso dal PICCIAFUOCO che costui, nel 1985, essendo detenuto all'Asinara, era stato messo nelle condizioni di incontrare tre "misteriosi personaggi", che gli avevano offerto una somma compresa tra uno e due miliardi di lire ed un passaportoitaliano, nonché aiuto in vista dell'espatrio verso il Sudamerica, richiedendogli di "avallare con una testimonianza le assai improbabili teorie sviluppate dal G.I. e dal P.M. di Bologna". Soggiungeva lo scrivente d'aver ricevuto tali rivelazioni dal PICCIAFUOCO durante una pausa dell'udienza, e precisava che il suo interlocutore aveva a suo tempo rifiutato la proposta di cui gli aveva riferito.
Il Direttore degli Istituti di Prevenzione e Pena provvedeva
* * * * *
(19) - Cfr. vu 18/2/88, p16. ad informare (20) il Presidente di questa Corte, e contemporaneamente assumeva, presso il carcere dell'Asinara, le informazioni che pure trasmetteva (21) tempestivamente al
Presidente della Corte.
22/02/88 Il 22 febbraio il PICCIAFUOCO, interpellato in merito, dopo esser stato reso edotto di quanto riferito dal PAZIENZA, confermava (22) d'aver fatto al coimputato le suddette confidenze, e soggiungeva d'aver ricevuto, a suo tempo, le offerte di denaro a di aiuto per l'espatrio. Invitato a chiarire se gli fosse stato chiesto alcunché in cambio dell'offerta, rispondeva testualmente: "penso che sia logico ciò che mi chiedeva," (23) "forse una collaborazione penso". All'ulteriore richiesta di precisazione da parte del *** * * (20) - Cfr. vu 18/2/88, p14. (21)- Cfr. vu 18/2/88, p18 e ss. (22) - Cfr. vu 22/2/88, pp. 116 e 118-122. (23) - Il soggetto sottinteso è un funzionario di Polizia, come emerge dalle stesse dichiarazioni del PICCIAFUOCO. Non dei "misteriosi personaggi", infatti, si erano recati all'Asinara, ma un funzionario ed un sottufficiale della Questura di Sassari, subdelegati dal Dirigente della DIGOS di Bologna, a sua volta autorizzato dall'Istruttore al compimento delle attività specificamente indicate nella nota in RA, V9 bis, C383/A, p204: l'acquisizione di indicazioni per l'identificazione di CECCHINI Claudia, nonché l'interpello del PICCIAFUOCO circa i motivi per cui aveva richiesto di conferire con l'Istruttore. In occasione del colloquio, fu redatto un verbale (cfr. RA, V9 bis, C383/A, p221), che è allegato al rapporto del funzionario della Questura d Sassari (cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 219-220).
Presidente, che lo invitava a dire se gli fosse stato indicato quale tipo di colloborazione si voleva da lui, il PICCIAFUOCO affermava: "esplicitamente non me lo disse..." E, sollecitato ancora nel medesimo senso, aggiungeva: "il
discorso è talmente logico, volevache io collaborassi, che
confermassi le accuse, non so dove volesse arrivare..." E
ancora, rispondendo al PUBBLICO MINISTERO: "...Ma allora mi dica un po', perché mi ha detto 1 miliardo, 2 miliardi e un passaporto per il Sudamerica? in base a che cosa? Che io confermassi le accuse, è talmente semplice!"
1.12.4.7) Gli atti delegati
Va qui ricordato che, in taluni casi, dovendo essere esaminate od interrogate ai sensi dell'art. 450 bis C.P.P. persone residenti in altri distretti ed impossibilitate a comparire in Bologna, la Corte aveva delegato per i relativi incombenti propri componenti togati: il Presidente, assistito dal Giudice `a latere', aveva proceduto all'escussione di Giulia RACANIELLO ed all'interrogatorio di Mario GINESI (24), in Roma, il 6/11/1987 , nonché
* * * * *
(24) -Cfr. vu 6/11/87, rispettivamente pp. 2-9 ed 11-13.
all'escussione di Alfredo LONGO (25), in Taormina, il 14/1/1988, ed all'interrogatorio di Alberto VOLO (26), in Palermo, il 15/1/1988; il Giudice `a latere' aveva provveduto ad esaminare Francesco TALLARICO (27), in Sluderno, il 19/2/1988.
1.12.4.8) La chiusura dell'istruttoria dibattimentale L'ordinanza di utilizzabilità degli atti Le ulteriori acquisizioni documentali
26/02/88 Il 26 febbraio, dopo la lettura dell'ultima ordinanza pronunciata a scioglimento di riserve assunte sulle istanze istruttorie delle parti, il Presidente dichiarava (28) chiusa l'istruttoria dibattimentale. Immediatamente dopo veniva data lettura di un'ulteriore ordinanza (29), pronunciata ai sensi dell'art. 466 bis del Codice di rito, con la quale la Corte dichiarava l'utilizzabilità processuale di tutti gli atti (specificamente indicati in elenchi allegati al provvedimento), con la sola esclusione dei seguenti: gli atti di cui fosse già stata data effettiva lettura in corso di dibattimento; i verbali di deposizioni
* * * * *
(25) - Cfr. vu 14/1/88, pp. 1-2; era il LONGO il gestore dell' albergo di Taormina in cui Sergio PICCIAFUOCO ebbe a soggiornare in epoca precedente la strage. (26) - Cfr. vu 15/1/88, pp. 1-10. (27) -Cfr. vu 19/2/88, pp. 1-2. (28) -Cfr. vu 26/2/88, p26. (29) - Cfr. vu 26/2/88, pp. 32-33.
rese da testi escussi nell'istruttoria dei tre procedimenti e non citati per il giudizio, per i quali non fosse già precedentemente intervenuta dichiarazione di utilizzabilità; gli atti la cui lettura fosse vietata ai sensi dell'art. 464 C.P.P. e di quelli la cui utilizzazione processuale fosse vietata ai sensi dell'art. 141 C.P.P.
Occorre qui, peraltro, dar conto del fatto che, in corso di giudizio, l'incarto processuale si era arricchito di un'imponente mole di atti e documenti prodotti in udienza dalle parti, trasmessi da altra autorità o comunque pervenuti in Cancelleria: e che gli elenchi di tali atti -oltre che di quelli acquisiti con ordinanza della Corte e non inseriti negli elenchi allegati all'ordinanza di utilizzabilità 26/2/1988- sono allegati all'ordinanza integrativa 14/3/1988 (30), pronunciata prima dell'apertura della discussione.
Un'ultima ordinanza di utilizzabilità (31), riferentesi agli atti acquisiti e pervenuti in corso di discussione,doveva poi esser pronunciata all'udienza del 20 giugno.
* * * * *
(30) - Trovasi in vu 14/3/87, p13. (31) - Cfr. vu 20/6/87, pp. 29-33.
1.13) 27 febbraio 1988 - 23 giugno 1988 L'ulteriore corso del giudizio,sino all'ingresso in camera di consiglio. L'incarto processuale
1.13.1) La discussione
14/03/88 Il 14 marzo aveva inizio la discussione. Le arringhe dei difensori delle parti civili occupavano 14 udienze, distribuite nella seconda metà del mese. Gli Avvocati MONTORZI (1), GUERINI e MELCHIONDA (2),TROMBETTI (3), PULITANO' (4), TARSITANO (5), CALVI (6), GIAMPAOLO (7), GRASSI (8), nonché l'Avvocatura dello Stato (9), ciascuno per i propri rappresentati, concludevano contro tutti gli imputati e per tutti i reati loro rispettivamente ascritti per i quali la costituzione di parte civile era stata ammessa. L'Avv. BENDINELLI, per la sua rappresentata, concludeva (10) contro tutti gli imputati per i reati loro
rispettivamente ascritti, "in ispecie con riferimento ai reati di cui ai n.ri 1,2,3,5 e 6 dell'imputazione". L'AVV.
* * * * *
(1) - Cfr. vu 14/3/88, pp. 14-18. (2) -Cfr. vu 17/3/88, p14. (3) -Cfr. vu 22/3/88, pp. 13-15. (4) -Cfr. vu 22/3/88, pp. 16-17. (5) -Cfr. vu 23/3/88, p14. (6) -Cfr. vu 24/3/88, pp. 19-22. (7) -Cfr. vu 25/3/88, pp. 14-16. (8) -Cfr. vu 25/3/88, pp. 17-20. (9) -Cfr. vu 28/3/88, pp. 17-18. (10) -Cfr. vu 24/3/88, pp. 14-15.
SPINZO, per il suo rappresentato, concludeva (11) contro tutti gli imputati e per tutti i reati loro ascritti. L'Avv. TASSI concludeva,per VALE Antonia e Umberto (12) e per FIORE Roberto (13), contro gli imputati MUSUMECI, BELMONTE, GELLI e PAZIENZA. L'Avv. CRISTOFORI, per ROSSI Giovanni (14) e AFFATIGATO Marco (15), concludeva contro gli stessi quattro imputati, per tutti i reati loro ascritti o per quelli eventualmente configurati in sede decisoria. Per le sole parti civili RONDELLI, FIORE, ROSSI Giovanni ed AFFATIGATO veniva proposta istanza di assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva.
11/04/88 L'11 aprile prendeva la parola il PUBBLICO MINISTERO per le requisitorie finali. L'intervento della pubblica accusa occupava complessivamente dieci udienze, e si protraeva sino al giorno 22.
20/04/88 Il 20 aprile, il PUBBLICO MINISTERO prendeva le conclusioni nei confronti di taluni degli imputati, richiedendo (16) la condanna alla reclusione nella misura di anni 18 per il
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(11) - Cfr. vu 24/3/88, p18. (12) - Cfr. vu 31/3/88, p13. (13) - Cfr. vu 31/3/88, p14. (14) - Cfr. vu 31/3/88, pp. 15-16. (15) - Cfr. vu 31/3/88, pp. 18-19. (16) - Cfr. vu 20/4/88, pp. 12-13.
GELLI, di anni 15 per il MUSUMECI ed il PAZIENZA, di anni 13 per il BELMONTE (previa unificazione, per questi quattro prevenuti, dei delitti di associazione eversiva e calunnia pluriaggravata), di anni 15 per il DELLE CHIAIE, di anni 13 per il GIORGI (previa unificazione dei delitti ascrittigli), di anni 12 per il DE FELICE ed il TILGHER, e di anni 8, previa concessione delle attenuanti generiche, per il BALLAN.
22/04/88 Il giorno 22 venivano rassegnate le richieste per i rimanenti imputati (17), nei seguenti termini: assoluzione dello IANNILLI per insufficienza di prove; condanna del SIGNORELLI, del FACHINI, del RINANI, del FIORAVANTI, della MAMBRO e del PICCIAFUOCO, per il delitto di strage, i delitti contestuali ed il delitto di banda armata, con conseguente irrogazione, per la strage, dell'ergastolo, comprensivo anche della pena temporanea da infliggere per gli altri reati; declaratoria di estinzione per amnistia del reato ascritto all'HUBEL; declaratoria di estinzione per prescrizione del reato i cui all'art. 496 Codice Penale
* * * * *
(17) - Cfr. vu 22/4/88, pp. 12-13.
ascritto al PICCIAFUOCO.
Dal 26 aprile prendevano la parola i difensori per le arringhe, formulando le seguenti richieste finali:
26/04/88 l'Avv. NASO (18) per il GIULIANI: "assoluzione con ampia formula, o perché il fatto non sussiste o perché non l'ha commesso";
27/04/88 l'Avv. CAROLEO GRIMALDI (19) per lo IANNILLI: "assoluzione con formula piena, perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto";
l'Avv. PILATO (20) per lo IANNILLI: "assoluzione con formula piena";
29/04/88 l'Avv. SANGERMANO (21) per il BALLAN: "assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine minimo pena; concessione delleattenuanti generiche; attenuante dell'avvenuta dissociazione";
02/05/88l'Avv. MAROTTI (22) per il TILGHER: "assoluzione";
03/05/88 l'Avv. LENZI (23) per il MELIOLI: "...essendo già stato assolto dal giudice di Roma per gli addebiti che gli erano
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(18) - Cfr. vu 26/4/88, p13. (19) - Cfr. vu 27/4/88, p12. (20) - Cfr. il passo di cui alla nota che precede. (21) - Cfr. vu 29/4/88, p13. (22) - Cfr. vu 2/5/88, p12. (23) - Cfr. vu 3/5/88, p13. stati mossi, applicazione dell'art. 90...assoluzione con formula piena in subordine";
04/05/88l'Avv. SPINELLI (24) -alle cui conclusioni si riportava poi anche l'Avv. VINCENZI (25)- per il BELMONTE: "assoluzione perché il fatto non sussiste o non aver commesso il fatto all'art. 270 bis; assoluzione quantomeno per insufficienza di prove o perché il fatto non costituisce reato al delitto di calunnia; esclusione dell'aggravante della finalità di terrorismo; ritenersi in ipotesi gradata solo l'ipotesi della calunnia; continuazione dell'ipotesi già giudicata dalla sentenza...già irrevocabile della Corte d'Assise d'Appello di Roma";
09/05/88 l'Avv. BATTISTA (26) per il DE FELICE: "assoluzione con formula piena";
10/05/88 l'Avv. GIANZI (27) per il DE FELICE: "assoluzione con la formula più ampia perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto";
11/05/88 l'Avv. MENICACCI (28) per il DELLE CHIAIE: "assoluzione con
* * * * *
(24) - Cfr. vu 4/5/88, p12. (25) - Cfr. vu 5/5/88, p13. (26) - Cfr. vu 9/5/88, p15. (27) - Cfr. vu 10/5/88, p12. (28) - Cfr. vu 11/5/88, p13 e vu 12/5/88, p13.
formula piena";
16/05/88l'Avv. CORREGGIARI (29) per il GELLI: "assoluzione dall'associazione sovversiva perché il fatto non sussiste e dalla calunnia per non averlo commesso";
17/05/88 l'Avv. BACHERINI (30) per il MUSUMECI: "per quanto riguarda la calunnia", rilevata "ai sensi dell'art. 185 n. 1 la nullità assoluta dell'emissione del decreto di citazione a giudizio...emettersi sentenza incompetenza per materia e rinviare gli atti relativi al Tribunale competente per materia...per l'art. 270 bis l'assoluzione perché i fatti non sussistono";
18/05/88 l'Avv. LENZI (31) per il GIORGI: "assoluzione con formula piena...per quanto riguarda l'arma l'applicazione dell'amnistia in subordine e in via principale l'assoluzione con formula piena"; e per il RAHO: "assoluzione con formula piena";
20/05/88 l'Avv. DEL VECCHIO (32) per il PAZIENZA: "assoluzione con formula piena";
* * * * *
(29) - Cfr. vu 16/5/88, p13. (30) - Cfr. vu 17/5/88, p13. (31) - Cfr. vu 18/5/88, p13. (32) - Cfr. vu 20/5/88, p11.
21/05/88 l'Avv. DE GORI (33) per il PAZIENZA: "assoluzione con formula piena perché il fatto-reato non sussiste o perché non l'ha commesso";
l'Avv. BONA (34) per il CAVALLINI: "assoluzione per non aver commesso il fatto";
23/05/88l'Avv. CAPRARO (35) per il RINANI: "assoluzione";
24/05/88 l'Avv. GASPARDINI (36) per il RINANI: "assoluzione piena";
25/05/88 l'Avv. ANTETOMASO (37) per il SIGNORELLI: "assoluzione quantomeno per insufficienza di prove";
26/05/88 l'Avv. BORDONI (38) per il SIGNORELLI: "l'assoluzione dai reati associativi perché il fatto non sussiste; l'assoluzione dal delitto di strage per non aver commesso il fatto";
27/05/88 l'Avv. CERQUETTI (39) per il FIORAVANTI e la MAMBRO: "per quanto riguarda l'imputazione di banda armata l'assoluzione"
30/05/88 ...per quanto riguarda il delitto di strage ed i delitti strumentali "l'assoluzione per non aver commesso il fatto";
* * * * *
(33) - Cfr. vu 21/5/88, p17. (34) - Cfr. il passo di cui alla nota che precede. (35) - Cfr. vu 23/5/88, p12. (36) - Cfr. vu 24/5/88, p12. (37) - Cfr. vu 25/5/88, p11. (38) - Cfr. vu 26/5/88, p11. (39) - Cfr. vu 27/5/88, p11, e vu 30/5/88, p13.
28/05/88 l'Avv. DEAN (40) per il GELLI: "nel merito l'assoluzione perché il fatto non sussiste, prevalendo ex art. 152 questa decisione sulla questione di improcedibilità per l'eccezione" sollevata in via preliminare;
01/06/88 l'Avv. LISI (41) per il PICCIAFUOCO: "l'assoluzione per non aver commesso il fatto";
07/06/88 l'Avv. PISAURO (42) per il DELLE CHIAIE: "assoluzione con formula ampia" perché "il reato contestato è insussistente, perché manca la prova del vincolo associativo e non esiste l'associazione";
08/06/88 l'Avv. BEZICHERI (43) -alle conclusioni del quale l'Avv. VASSALLO, codifensore del FACHINI, si era anticipatamente rimesso (44)- per il FACHINI: "l'assoluzione per non aver commesso il fatto, in subordine per assoluta insufficienza di prove all'accusa di concorso in strage e tutti i reati connessi con questa accusa...l'assoluzione perché il fatto non sussite o per non averlo commesso o per insufficienzadi prove dalle accuse di aver partecipato a un'associazione
* * * * *
(40) - Cfr. vu 28/5/88, p15. (41) - Cfr. vu 1/6/88, p12. (42) - Cfr. vu 7/6/88, pp. 14-15. (43) - Cfr. vu 8/6/88, p12. (44) - Cfr. vu 3/6/88, p13. sovversiva così come delineata nel capo di imputazione, con finalità anche di depistaggio in favore dei presunti responsabili dell'esplosione del 2/8/80 alla stazione di Bologna e assoluzione con le stessse formule all'accusa di aver fatto parte di una banda armata così come contestata nel capodiimputazione,e cioè finalizzataalla ideazione, organizzazione e esecuzione di quell'attentato";
per il PICCIAFUOCO: "l'assoluzione da tutte le imputazioni di strage e reati connessi, associazione sovversiva e banda armata...per non aver commesso questi fatti, o subordinatamente per insufficienza di prove e...non doversi procedere per amnistia...per il reato di false dichiarazioni sulla identità";
per l'HUBEL: "assoluzione, perché ai sensi dell'art. 152 del C.P.P. risulta che i fatti a lui contestati di reticenza non possono costituire reato".
Di ulteriori istanze, deduzioni ed eccezioni -di carattere interlocutorio o attinenti al rito, o comunque diverse dalle riportate richieste di merito- proposte in sede di conclusioni o anche di replica, si dirà in prosieguo.
14/06/88 Nei giorni 14 e 15 giugno prendevano la parola per le repliche i difensori delle parti civili (45).
16/06/88Nei giorni 16 e 17 giugno replicava il Procuratore della Repubblica (46).
18/06/88 Fra il 10 ed il 23 replicavano, infine, i difensori degli imputati (47).
23/06/88 All'esito della discussione, rendevano dichiarazioni ai sensi dell'art. 468 IV comma del Codice di rito, nell'ordine, gli imputati PAZIENZA (48),DELLE CHIAIE (49), MELIOLI (50), FACHINI (51), RINANI (52), FIORAVANTI (53) e MAMBRO (54).
Dopo di ciò, alle ore 12,40 del 23 giugno, la Corte si ritirava in camera di consiglio per deliberare (55).
1.13.2) Le ordinanze ex art. 469 C.P.P.
In corso di discussione la Corte aveva adottato, su istanza
* * * * *
(45) - Cfr. vu 14/6/88, pp. 13 e 51 e vu 15/16/88, pp. 13 e 18. (46)- Cfr. vu 16/6/88, pp. 13-20 e vu 17/6/88, p18. (47)- Cfr. vu 18/6/88, pp. 10-11 e 18; vu 20/6/88, pp. 13-14; vu 21/6/88, p12; vu 22/6/88, pp. 15-16 e 46; vu 23/6/88, p14. (48) - Cfr. vu 23/6/88, pp. 14 e 153-155. (49) - Cfr. vu 23/6/88, pp. 155-156 e 157-169. (50) - Cfr. vu 23/6/88, pp. 156 e 170-171. (51) - Cfr. vu 23/6/88, pp. 171 e 189-191. (52) - Cfr. vu 23/6/88, p191. (53) - Cfr. vu 23/6/88, pp. 191 e 216-221. (54) -Cfr. vu 23/6/88, pp. 221-223. (55) -Cfr. vu 23/6/88, p223.
di parte e anche d'ufficio, taluni provvedimenti ai sensi dell'art. 469 del Codice di rito. In particolare, con l'ordinanza 15/4/1988 (56) erano state respinte tutte le istanze istruttorie sino ad allora proposte in corso di discussione. Con l'ordinanza 13/6/88 (57), provvedendo su tutte le istanze proposte dopo il 15 aprile e pronunciandosi anche d'ufficio, la Corte aveva ordinato l'acquisizione agli attidi un cospicuo numero di documenti (58). Infine, con l'ordinanza in data 17 giugno (59), a scioglimento di una riserva precedentemente assunta, aveva rigettato l'istanza di acquisizione della relazione di perizia disposta da altra autorità sul materiale esplosivo recuperato nel Lago di Garda, ordinando invece l'acquisizione dell'elaborato peritale relativo all'attentato di Castelfranco Veneto dell'8/3/1980.
* * * * *
(56)- Cfr. vu 15/4/88, pp. 188-189. Tale provvedimento risulta integrato da quello ulteriore pronunciato alla successiva udienza (cfr. vu 18/4/88, p14). (57) - Cfr. vu 13/6/88, pp. 532-533. (58) - Il quadro dei documentiacquisiti risulta dalla sinottica lettura dell'ordinanza e del verbale d'udienza, essendosi nel dispositivo fatto riferimento agli atti e documenti sulla cui acquisibilità era stata aperta la discussione nel corso della medesima udienza. (59) -Cfr. vu 17/6/88, pp. 12-13.
1.13.3) L'incarto processuale
Al momento dell'ingresso in camera di consiglio, l'incarto processuale si compone di 250 volumi. Di essi, 175 attengono alla fase istruttoria del procedimento cosiddetto `della strage' (Proc. pen. n.344/A/80 R.G.G.I., provvisto di indici raccolti in ulteriore separato volume); 5 all'istruttoria del procedimento a carico del PAZIENZA per associazione eversiva (Proc. Pen. n. 181/A/86, provvisto di indici raccolti in un'ulteriore separata cartella); 9 al procedimento cosiddetto `della calunnia' (Proc. pen. n. 3496/A/84 R.G.P.M.); 2 alla fase predibattimentale dei procedimenti (di cui uno di varie ed uno comprendente i decreti di citazione dei tre procedimenti e la copertina del procedimento `della strage'); 5 raccolgono atti di citazione ed ulteriore documentazione afferente ai testi e 10 le cartelle personali degli imputati, comprendenti atti di varia natura riguardanti le singole posizioni; 44 attengono alla fase dibattimentale dei procedimenti riuniti (di cui 29 comprendono i verbali d'udienza e le produzioni, e 15 raccolgono gli atti acquisiti dalla Corte o comunque pervenuti in corso di giudizio).
L'intero incartamento si compone, con buona approssimazione, di circa 200.000 pagine. Al fascicolo cartaceo si accompagnano 773 bobine, contenenti le registrazioni magnetofoniche delle udienze.
I volumi istruttori del procedimento `della strage'
-contenenti ciascuno un numero variabile di cartelle, comprendenti a loro volta un numero variabile di atti- sono ordinati per tipi di atti (volumi dei rapporti giudiziari, degli interrogatori, degli esami testimoniali, ecc.) e per `piste' (60).
I verbali dibattimentali registrano l'attività processuale
di 206 udienze (per una durata complessiva di parecchie
centinaia di ore), fra cui vanno ricordati, oltre agli interrogatori degli imputati, protrattisi per 34 udienze, gli esami di 14 parti lese non costituitesi parte civile e di120 parti civili, le escussioni di 128 ulteriori
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(60) -Cioè: pista "A", che potrebbe definirsi `principale'; pista "B" o `pista CIOLINI'; pista "C" o `spagnola'; pista "D" o `libanese'. La quadripartizione si registra peraltro soltanto per i rapporti giudiziari, appartenendo altri tipi di atti (interrogatori, esami testimoniali, perquisizioni, sequestri, ecc.) soltanto alle piste "A" e "B".
testimoni, nonché gli interrogatori di 50 persone sentite ai sensi dell'art. 450 bis o, comunque, con le garanzie della difesa.
Gli atti processuali documentano la preziosa opera della Polizia Giudiziaria. In particolare, registrano l'infaticabile attività della DIGOS di Bologna, distintasi, fra l'altro, per la qualificata collaborazione prestata in un delicato settore d'indagine, quale l'inchiesta relativa al delitto di calunnia pluriaggravata. I rapporti in atti attestano la quantità e qualità del lavoro svolto. In corso di giudizio poi, sempre ad opera della DIGOS di Bologna, sono stati compiuti gli accertamenti del cui significativo esito si dà conto nel rapporto 20/8/1987 (61), relativo `passaporto BRUGIA'.
Alla cospicua attività d'indagine dell'Arma dei Carabinieri, va invece ascritto, in particolare, il ritrovamento dell'arsenale subacqueo nel Lago di Garda, di cui si riferisce nel rapporto 2/11/1987 (62).
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(61) - Cfr. supra, sub 1.12.1). (62) - Cfr. supra, sub 1.12.4.2.1).
PARTE SECONDA: I MOTIVI DELLA DECISIONE
La presente parte della trattazione si divide in cinque capitoli. I primi quattro, rispettivamente con riferimento al delitti di strage ed ai delitti contestuali, al delitto di banda armata, al delitto di calunnia pluriaggravata, ed
al delitto di associazione eversiva, si occupano dell'enucleazione e valutazione del quadro probatorio e della verifica della fondatezza o non dell'ipotesi accusatoria in relazione alle singole posizioni; il quinto, oltre che dei reati minori, si occupa del trattamnento sanzionatorio con riferimento a tutti i delitti giudicati, nonché delle disposizioni accessorie, di una serie di ulteriori questioni ed eccezioni sollevate dalle difese, e, da ultimo, delle parti civili. Ad evitare ripetizioni, si sono concentrate in un capitolo (quello relativo al delitto di banda armata), ma debbono intendersi naturalmente riferite a tutti i delitti, talune argomentazionidi ordinegenerale relativeai criteri di valutazione delle chiamate in correità ed `in reità', al tema della credibilità intrinseca di vari soggetti processuali, nonché ai limiti di operatività del giudicato.
2.1) Il delitto di strage ed i delitti contestuali
2.1.1) Le linee del quadro probatorio
La compiuta disamina delle risultanze processuali impone (salvo che per il delitto di danneggiamento) l'affermazione della penale responsabilità degli imputati FACHINI, FIORAVANTI, MAMBRO e PICCIAFUOCO, nonché l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati RINANI e SIGNORELLI.
La decisione della Corte si snoda, in estrema sintesi, attraverso i seguenti passaggi:
a) l'esplosione del 2 agosto 1980 alla Stazione Ferroviaria di Bologna fu di natura dolosa ed è quindi tecnicamente configurabile come delitto di strage (viene in tal senso in considerazione la relazione di perizia tecnica chimico-esplosivistica in atti).
b) La strage è riconducibile ad ambienti della destra eversiva (supportano tale convincimento una serie di documenti acquisiti agli atti, nonché talune indicazioni testimoniali provenienti dal carcere di Ferrara e raccolte in epoca immediatamente successiva ai fatti).
c) La paternità della strage va ascritta, più in particolare, ad un'organizzazione aggregante, con comunione di mezzi e di obiettivi, i poli romano e veneto dell'eversione neofascista (in tal senso vanno complessivamente interpretate le notizie, riferite già prima della strage, da Luigi VETTORE PRESILIO e da Amos SPIAZZI, nonché le dichiarazioni -rese dopo il delitto, ma riferentisi a fatti anteriori- di Mario Guido NALDI, di Mirella ROBBIO e di Leonardo GIOVAGNINI).
d) Una molteplicità di elementi -che saranno compiutamente esaminati nel capitolo relativo alla banda armata, cui occorre pertanto fare rinvio- indicano nel FACHINI e nel SIGNORELLI due esponenti di spicco di un'organizzazione terroristica operante fra il 1978 ed il 1979 e dedita ad attività dinamitarda, nell'ambito della quale entrambi ebbero anche veste di procacciatori di esplosivo; ed indicano altresì, con riferimento all'arco di tempo che l'imputazione abbraccia, una fitta trama di rapporti, già precedentemente consolidatisi, fra il SIGNORELLI, il duo FIORAVANTI-MAMBRO, il CAVALLINI ed il FACHINI, nell'ambito di un progetto ispirato ad un'impressionante `escalation' terroristico-militare.
e) A carico di Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO è dato apprezzare un compendio probatorio complesso e penetrante, formato da elementi di diversa provenienza e perfettamente riconducibili ad unità. Occorre in tal senso valutare: le dichiarazioni di Massimo SPARTI (così come controllate attraverso le dichiarazioni di Fausto DE VECCHI), per quanto attiene alla presenza operativa degli imputati in questione nel giorno e nel luogo del delitto;
le versioni, internamente e reciprocamente contraddittorie, fornite dai prevenuti in merito ai loro spostamenti ed alle loro frequentazioni nei giorni a cavallo della strage, nonché le smentite provenienti, sui medesimi argomenti, da direzioni diverse; il significato della telefonata di Luigi CIAVARDINI in data 1° agosto 1980 (della quale si dirà); i precedenti dinamitardi del FIORAVANTI; il progetto precedentemente coltivato da costui, di altro attentato di marca stragista; la responsabilità del FIORAVANTI e della MAMBRO per l'assassinio di Francesco MANGIAMELI, che li aveva ospitati sino a pochi giorni prima della strage: elemento da valutarsi alla luce dell'intervista rilasciata da Amos SPIAZZI al settimanale `L'Espresso', delsignificato della lettera anonima successivamente inviata da Alberto VOLO, amico e sodale del MANGIAMELI, allaQuestura di Palermo e del contenuto del volantino diffuso nel settembre del 1980 dal gruppo palermitano di `Terza Posizione'; la presenza alla Stazione Ferroviaria di Bologna, la mattina del 2/8/80, per motivi mai plausibilmente spiegati, del latitante Sergio PICCIAFUOCO, persona in possesso, in tempi diversi, di documenti falsificati, in grado di porlo in collegamento, rispettivamente, con il VOLO ed il MANGIAMELI da una parte, e con il gruppo dei fratelli FIORAVANTI e di Francesca MAMBRO dall'altro.
f) Sergio PICCIAFUOCO, presente alla Stazione di Bologna al momento dell'esplosione, non soltanto è collegato in vario modo -come si è visto- a persone gravitanti nell'ambiente nel quale la strage è maturata, ma risulta ricompreso in un elenco di detenuti di estrema destra redatto da Gilberto CAVALLINI e sequestrato a costui all'atto dell'arresto. Viene indicato da rapporti di polizia giudiziaria (e si vedrà su quali basi) come ex detenuto comune, in seguito politicizzatosi ed avvicinatosi al movimento `Terza Posizione'. Non soltanto non è stato in grado di giustificare la sua presenza sul luogo della strage, ma ha fornito, in proposito, versioni pesantemente contraddittorie ed inverosimili.
g)Massimiliano FACHINI, indicato dal teste VETTORE come capo del gruppo eversivo di cui faceva parte Roberto RINANI, cioè del gruppo all'interno del quale veniva maturando il progetto stragista di imminente attuazione, disponeva di ingenti quantitativi di esplosivo di recupero militare, ed, in particolare, dell'esplosivo militare entrato nella miscela utilizzata per l'attentato alla Stazione di Bologna. Su indicazione di Gian Luigi NAPOLI, sono stati individuati, in corso di giudizio, i vari punti del Lago di Garda in cui è sommerso il munizionamento dal quale il gruppo FACHINI attingeva le
proprie riserve di esplosivo. Risulta dalle dichiarazioni di Mauro ANSALDI e Paolo STROPPIANA che, in epoca immediatamente precedente la strage, il FACHINI, incontrando a Bologna Giovanna COGOLLI, l'aveva invitata a lasciare la città, in vista di un qualcosa che sarebbe dovuto accadere. Stefano NICOLETTI ha poi riferito quanto appreso nel carcere di Ferrara da Edgardo BONAZZI a proposito della responsabilità del FACHINI e del SIGNORELLI nell'attentato, e dell'affidamento che costoro avrebbero fatto sull'operato dei "ragazzini".
h) Le dichiarazioni di Raffaella FURIOZZI -intervenute all'esito dell'istruttoria a carico degli imputati FIORAVANTI e MAMBRO- si vengono a porre quale ulteriore elemento di conferma rispetto alla posizione di costoro, e, indirettamente, vengono a confortare il quadro accusatorio complessivo. i)Le risultanze processuali rappresentano la strage come atto idoneo a realizzare gli obiettivi strategici della banda armata di cui al capo 2) dell'imputazione, ed individuano quindi il perseguimento di quelle finalità quale movente dei responsabili dell'attentato, capace di aggregarli nella realizzazione del medesimo.
Ciascuno dei passaggi testé indicati dovrà ora essere compiutamente analizzato, attraverso la verifica degli elementi sin qui enunciati al solo fine di tratteggiare per sommi capi il quadro complessivo della decisione, nonché di altri minori, la cui disamina si renda necessaria per la completa trattazione di ognuno dei punti in cui la decisione stessa si articola. Si darà conto, nel corso di tale analisi, delle ragioni per la quali il Collegio non ha ritenuto di utilizzare accusatoriamente la deposizione del teste Giuseppe RIZZO, escusso all'udienza del 29/1/1988.
2.1.2) La valutazione delle prove Le responsabilità individuali
2.1.2.1) La natura dell'esplosione
Si è accennato che la prima preoccupazione degli inquirenti fu di accertare se l'esplosione fosse stata premeditatamente provocata o fosse riferibile a cause accidentali.
Siffatto dubbio appare completamente superato.
Innanzitutto va certamente esclusa l'ipotesi, affacciata in un primo tempo, che si possa esser trattato dell'esplosione di una caldaia o di una fuga di gas. Già alla ore 15 del 2 agosto 1980, i periti, "esaminate le piante dei luoghi assieme al tecnico dell'Azienda Gas, visti i luoghi e le caratteristiche dell'esplosione" (1), erano in grado di escludere che potessero attribuirsi gli effetti della stessa ad una deflagrazione di gas e di prevedere l'imminente ritrovamento del "cratere-epicentro relativo al brillamento di esplosivo convenzionale". E in effetti, alle 21,30 dello stesso giorno, il cratere-epicentro veniva individuato all'interno della sala d'attesa di 2ª classe (2).
V'è da segnalare che tra i feriti v'erano anche un ex istruttore degli Alpini ed un capitano della Scuola di Artiglieria di Sabaudia: persone aventi quindi entrambe esperienza, e la seconda anche competenza specifica in materia di esplosivi. Alessandro BALLERINI, alla domanda del Presidente se avesse avvertito odori particolari, rispondeva: "Un odore particolare. Ho intuito che fosse una bomba, come l'odore di polvere da sparo". Richiesto di
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(1)- Cfr. p9 della relazione di perizia chimico- esplosivistica, in PA, V1. (2) - Cfr. il passo citato alla nota che precede.
chiarire se avesse esperienza olfattiva di polvere da sparo, aggiungeva: "ero istruttore degli alpini. L'odore che sentii mi sembrò di polvere da sparo, almeno questa fu la mia sensazione" (3). Per quanto riguarda il teste Goffredo Giuseppe D'AGUANNO, va qui riportato un brano della sua deposizione dibattimentale(4): "Il Presidente: `essendo capitano d'artiglieria, non ricorda d'aver visto la fiammata e di aver sentito odori particolari?' ...Il teste:
`sicuramenteho escluso, perché le prime voci davano per un esplosione avente causa gas. L'ho escluso in partenza anche per un'esperienza diretta, e ho ritenuto immediatamente che si trattasse di esplosivo, sicuramente tritolo o pirite o qualche cosa del genere.' Il Presidente:`da che cosa lo dedusse questo?' Il teste: `ho una dimestichezza col munizionamento di artiglieria.' Il Presidente: `non vide la fiammata?' Il teste:`no, assolutamente.' Il Presidente: `sentìodori particolari?'Il teste:`odori senz'altro.' Il Presidente: `di che genere?' Il teste: `odore tipico di quello che può essere il tritolo o la pirite. In ogni caso
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(3) - Cfr. vu 23/9/87, p128. (4) - Cfr. vu 23/9/87, p178. il gas dàfastidio al naso,almeno per ciò che riguarda la mia esperienza. Il tritolo dà una sensazione quasi dolciastra, quasi piacevole, tipica in ogni caso. In quel momento lì l'ho riconosciuto, anche se decisamente c'era qualche problema di conoscenza e di piena consapevolezza, ma l'odore è caratteristico.'"
L'indagine tecnica condotta dai periti chimico-esplosivistici è in effetti valsa ad accertare che la tragedia fu causata da una carica esplodente, collocata
nella sala d'aspetto di 2ª classe, a circa 50 centimetri dal suolo, sopra il tavolinetto portabagagli, ubicato nell'angolo del locale immediatamente sulla destra di chi vi accede dal 1° binario.
Occorre in proposito sgomberare subito il campo da un possibile equivoco.
Va qui ricordato che, nei primi giorni dopo la strage, vari campioni di terriccio furono spediti, per essere sottoposti ad indagini di laboratorio, non soltanto in Germania,al `Bundeskriminalamt' di Wiesbaden, ma anche alla Divisione di Polizia Scientifica della Criminapol, ed al Centro Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri. Gli organi investiti delle indagini vi provvedevano in un breve volger di tempo e trasmettevano poi agli inquirenti brevi elaborati ad illustrazione delle rispettive attività (5). I campioni di terriccio loro trasmessi erano stati tutti confezionati, scorporandoli dalla massa di terriccio prelevata a cura dei periti d'ufficio: in sostanza, vennero spedite frazioni del prelevamento complessivo, la cui maggior parte rimase sempre a disposizione dei periti d'ufficio, che la sottoposero ad analisi, provvedendo autonomamente all'espletamento dell'incarico loro affidato. La sequenza delle operazioni di prelevamento e setacciamento del materiale da cui furono tratti i reperti poi sottoposti alle indagini di laboratorio è descritta nella parte narrativa della perizia, ove si precisa che già nella serata del 2 agosto venne effettuato un prelievo del terreno di superficie del cratere-epicentro e vennero setacciati i materiali siti all'interno del predetto cratere. Così
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(5) - Cfr. RT, V1, C1, rispettivamente pp. 5-8 (`Bundeskriminalamt'), pp. 12-29 (Polizia Scientifica) e pp.30-51 (Carabinieri). Un supplemento di relazione del `Bundeskriminalamt', risalente al dicembre '80, trovasi in RT, V1, C1, p10. prosegue testualmente la narrativa della relazione (6): "Il successivo mattino venivano effettuati dei prelievi di terriccio (quattro) a distanza di alcuni metri dal suddetto cratere e veniva ancora setacciato il materiale ancora esistente nel cratere per una profondità massima di cm. 10 circa; venivano repertati altresì alcuni materiali direttamente coinvolti nell'esplosione, nessuno dei quali appartenente all'ordigno esplodente. Il 4 Agosto 1980 veniva effettuata una accurata ispezione delle carrozze coinvolte dall'esplosione in 1° binario, del relativo tratto di binario, nonché della zona circostante il cratere di esplosione; venivano così repertati altri materiali direttamente coinvolti nell'esplosione ma non appartenenti all'ordigno esplodente. Successivamente i Magistrati affidavano a una équipe di esperti, formata da tre Sottufficiali-artificieri ed antisabotatori, di setacciare, con l'aiuto di mezzi e personale dell'Esercito, tutti i detriti, sgomberati presso la Caserma dei Prati di Caprara a Bologna; il lavoro, durato oltre trenta giorni, interessava circa 300 metri cubi di materiale di diversa pezzatura e
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(6) - Da p10, rigo 5 a p12, rigo 11. qualità e veniva eseguito, setacciando con griglia fine, in presenza dei tre periti e con la periodica sorveglianza del dr. MARINO e del Col. SPAMPINATO. Venivano repertati molti materiali e di varie dimensioni (alcuni piccolissimi), appartenenti alle vittime (documenti, valori, effetti personali ed umani frammenti) e facenti parte degli arredi e dei generi in vendita nei locali della Stazione; nessun elemento facente parte dell'ordigno esplodente potevasi repertare. Il 19 settembre veniva effettuato spolveramento, mediante tamponi sterili, delle superfici esterne delle carrozze coinvolte nell'esplosione. Nel mese di settembre
venivano effettuate prove di brillamento di esplosivo convenzionale presso il poligono di Aulla, impiegando tipi e quantità diverse di esplosivo posto a diverse altezze. L'8 Ottobre 1980 tutti i periti estensori della presente relazione effettuavano dei prelievi nella zona intorno al cratere di esplosione e nel cratere stesso a varie profondità...Nei successivi tempi venivano eseguite le analisi di laboratorio più avanti descritte."
Le analisi di laboratorio ebbero ad interessare anche campioni provenienti da reperti di terreno prelevati il 2 agosto: in particolare il campione `E' del reperto n. 1, costituito, appunto, da terriccio (7).
La precisazione si è resa necessaria, per chiarire che i periti d'ufficio, i quali, oltre ai campioni provenienti dai reperti prelevati il 19 settembre su due carrozze passeggeri del treno straordinario Ancona-Basilea, investito dall'esplosione, ed al materiale prelevato nell'ottobre,
sottoposero ad analisi di laboratorio anche lo stesso terriccio che, in parte, fu inviato agli organi di cui si è detto sopra, pervenendo -quanto a quest'ultimo- a risultati la cui parziale divergenza -e comunque non inconciliabilità- rispetto ai risultati altrove ottenuti, è agevolmente spiegabile con la maggior completezza e precisione delle tecniche d'indagine adottate dai periti d'ufficio.
La questione è stata sollevata in relazione al mancato rinvenimento di tracce di esplosivo da parte degli analisti tedeschi, e tale ultimo aspetto è stata oggetto di specifiche domande rivolte ai periti, comparsi davanti alla
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(7) - Cfr. relazione di perizia, p33 e allegato 8. Corte all'udienza del 17/12/1987: in tale occasione (8), essi hanno fatto rilevare che i periti di Wiesbaden hanno utilizzato esclusivamente la tecnica della cromatografia in strato sottile, mentre il Collegio investito della perizia d'ufficio ebbe a rinvenire nitroglicol e nitroglicerina anche nel campione `E', valendosi della doppia metodica della cromatografia in strato sottile e ad alta pressione.
Resta dunque convincentemente spiegata la solo parziale sovrapponibilità delle risultanze della perizia d'ufficio e delle indagini di laboratorio di Wiesbaden.
Peraltro, la natura, la molteplicità, la meticolosità ed il rigore scientifico delle tecniche d'indagine impiegate dal Collegio peritale sono idonei a sgomberare il campo da ogni perplessità. Si è trascritto sopra il brano di relazione in cui si riferisce la metodica certosina della campionatura. Occorre ancora rilevare che i periti ebbero cura di prelevare materiali di raffronto a distanza via via crescente dall'epicentro dell'esplosione; adottarono tecniche d'analisi di estrema raffinatezza scientifica, di
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(8) - Cfr. vu 18/12/87, p56. cui hanno dato compiutamente conto, sia in sede scritta che orale, consentendo al giudice l'adeguato controllo dello `iter' logico restrostante alle scelte tecniche ed all'elaborazione scientifica dei dati acquisiti in corso d'indagine. La congruità e la persuasività dell'argomentare dei periti sono tali che non è dato cogliere altre serie obiezioni di ordine generale al loro elaborato. V'è invece unaquestione particolare,attinente alla individuazione, nella carica esplodente, di elementi la cui presenza è accusatoriamente utilizzabile nei confronti dell'imputato FACHINI: questione che l'ordine della trattazione impone di affrontare laddove si esaminerà la posizione del FACHINI.
Accertato che si trattò di esplosione dovuta alla detonazione di una carica esplodente e non ad altro, resta da verificare se si possa escludere che si sia trattato di uno scoppio accidentale, verificatosi nel corso di un trasporto di esplosivo, rispetto al quale la Stazione di Bologna rappresentasse soltanto un punto di transito. Siffatta ipotesi va esclusa in termini di certezza: la Corte non può che far proprie le conclusioni dei periti e del Giudice Istruttore, il quale, correttamente, osserva (9) che, al di là degli altri argomenti desumibili dalla stabilità del composto e dalle misure di sicurezza certamente adottate dagli organizzatori del trasporto, appare evidente che il trasportatore dell'esplosivo non l'avrebbe comunque mai abbandonato e, in caso di scoppio accidentale, sarebbe perito nell'esplosione. Dall'esame dell'elenco delle vittime della strage non emerge invece alcun elemento di sospetto, e le indagini disposte sul cittadino spagnolo Francisco GOMEZ MARTINEZ, nato a Barcellona l'8/2/1957, non hanno suffragato in alcun modo l'ipotesi che egli stesse trasportando un ordigno (10). Vale la pena di aggiungere che appare del tutto improbabile il trasporto ferroviario di rilevanti quantità di esplosivo, e assolutamente remota l'eventualità di una sosta, da parte dell'ipotetico trasportatore, nella sala d'aspetto di un affollatissimo scalo ferroviario, in ispregio delle più elementari norme di sicurezza, necessario patrimonio comune deimilitantidiorganizzazioniterroristiche.
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(9) - SO, p273. (10) - Cfr., sul punto, DF, C10, pp. 66, 70 e 71.
Ma v'è un altro argomento, in sé risolutivo. Come si vedrà in prosieguo di trattazione, esistono plurime indicazioni, provenienti da vari soggetti processuali, nel senso che l'attentato fosse in preparazione da tempo; a strage avvenuta, si sosterrà da più parti che gli effetti erano stati più devastanti di quelli da taluno voluti. E vi sarà addirittura chi, in anticipo rispetto alla strage -che ben può dirsi, dunque, `annunciata'- potrà avvertire un magistrato dell'imminente esecuzione di un attentato di eccezionale gravità, che per i riferimenti forniti, è stato identificato con certezza, `a posteriori', con l'attentato posto in essere il 2/8/1980 alla Stazione Ferroviaria di Bologna.
2.1.2.2) Riconducibilità della strage ad ambienti della destra extraistituzionale
2.1.2.2.1) Lo stragismo
Già con il mandato di cattura del 10/12/1985, il Giudice Istruttore aveva passato in rassegna (11) una serie di documenti idonei a "ricondurre agli ambienti dell'estrema destra, oggetto di indagine, l'ideazione e l'ispirazione
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(11) - OC, V1, C5, pp. 51-53.
politica delle stragi". I documenti, citati a titolo esemplificativo, sono poi stati ripresi nell'ordinanza di rinvio a giudizio (12), ma già prima erano stati analizzati dal PUBBLICO MINISTERO nelle requisitorie scritte (13). Si è osservato che essi "non sono significativi soltanto per il loro contenuto ideologico, sono anche la testimonianza documentale della esistenza di precisi disegni politici, indicano la riferibilità di determinati comportamenti a quei gruppi che ne rivendicano la paternità, precisano con certezza di elementi la internità alla destra eversiva di strategie stragiste ..." Non è questa la sede per riprendere in esame tutti i documenti passati al vaglio dalla pubblica accusa. Qui basterà ricordare quanto segue:
a) si è già riferito in narrativa (14) il contenuto essenziale del manoscritto recante l'annotazione "Da TUTI a Mario Guido NALDI", sequestrato il 31/8/1980 in una cabina telefonica di via Irnerio, in Bologna: occorre quindi farerinvio a quel passo della presente sentenza, aggiungendo soltanto che, nel manoscritto, ci si esprime
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(12) - Cfr. SO, pp. 653-667. (13) - Cfr. RE, pp. 36-93. (14) - Cfr. supra, sub 1.1.7). apertamente in termini di rifiuto della morale borghese, e diindifferenza rispetto alle perdite, anche non necessarie, inflitte al nemico od ai "neutrali", si indica nel terrorismo, sia indiscriminato che contro obiettivi ben individuati, il mezzo per realizzare l' offensiva(l'aereo da bombardamento del popolo) e si sostiene che il "cecchinaggio", pur valido da un punto di vista tattico, non è di per sé sufficiente a mettere in crisi le istituzioni, e dovrà essere affiancato, da un punto di vita strategico, da metodi di lotta di più ampia portata e di maggior coinvolgimento.
b) Nel documento manoscritto da Carlo BATTAGLIA e sequestratogli in Latina il 10/9/1980 (15), che, sotto l'intitolazione "Linea Politica",riporta, con varianti (16) un brano di `Occidente' di F. CAMON, si legge, tra l'altro: "Bisogna arrivare al punto che non solo gli aerei, ma le navi e i treni, e le strade siano insicure:
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(15) - Trovasi in PQA, V3, C81, pp. 19-29. (16) - La presenza delle varianti (accuratamente passate in rassegna) è segnalata da PUBBLICO MINISTERO, in RI, C4, pp. 15-16. La presenza di differenza testuali rispetto al libro di CAMON e l'intitolazione "Linea Politica" stanno ad indicare che non ci si trova di fronte alla mera ricopiatura di un brano letterario, ma all'utilizazione dello stesso come base per l'elaborazione di un programma politico all'interno di un'organizzazione con intenti eversivi.
bisogna ripristinare il terrore e la paralisi della circolazione...Trovarsi d'accordo per distruggere è l'unico modo per restare insieme...dobbiamo lanciare il segnale e raccoglierci...arrecare danni al sistema è un errore: il sistema te ne chiederà conto. Ma provocarne la disintegrazione, questo è il rimedio. Occorre un'eplosione da cui non escano che fantasmi".
c) Nella lettera (17) inviata il 28/2/1980 da Carluccio FERRARESI a Roberto FRIGATO, sequestrata presso l'abitazione di quest'ultimo, si legge: "Roberto mi parli di guerra civile pensi proprio che avvenga certo sarebbe una bella cosa mi ci butterei subito dentro anche se la politica non mi interessa ma stai sicuro che sarei dalla tua parte, anche perché ho visto che dalla tua parte ci sono veri uomini e poi in realtà ZESE mi aveva un po' convinto, io delle volte lo stuzzicavo un po' ma sapevo che aveva ragione...io penso che ZESE non perderà mai quello spirito che ha dentro è troppo convinto delle sue idee...".
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(17) - Trovasi in PQA, V4, C106, pp. 17-19.
Il rilievo della missiva sta nelfatto che il suo destinatario è Roberto FRIGATO, appartenente alla cellula veneta indicata come asse portante dell'organizzazione terroristica cui viene attribuita la strage di Bologna. E' stato quindi correttamente osservato che la lettera chiarisce quali erano le aspettative diffuse nell'ambiente dell'eversione neofascista nel 1980 ed in quale contesto poté maturare il progetto di strage.
d)Nel documento "Un'analisi tattica" (18), sequestrato il 2/8/1980 ad Edgardo BONAZZI (19), Angelo IZZO, che se ne è dichiarato autore (20), conclude inneggiando `apertis verbis' al terrorismo indiscriminato, allo stragismo, al `cecchinaggio', dopo aver teorizzato la destabilizzazione del sistema, mediante la diffusione della sfiducia e dell'insicurezza nei confronti delle istituzioni già squalificate.
Di ulteriori documenti citati negli atti conclusivi dell'istruttoria (Memoriale di Eliodoro POMAR, La
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(18) - Trovasi in AA, V2, C5, pp. 152-153. (19) - Cfr. SA, V15, C54. (20) - Cfr. AA, V2, C5, p61.
disintegrazione del sistema, I fogli d'ordini di Ordine Nuovo, La Guerra Rivoluzionaria) si dovrà far cenno in prosieguo, laddove si affronterà l'esame di altri delitti che qui si giudicano. Quelli testé richiamati hanno contenuto -come s'è visto- assai esplicito; e ben giustificano l'osservazione del Giudice Istruttore secondo cui sino ad oggi, nelle indagini sulle stragi e sull'eversione di destra in genere, non si era attribuita sufficiente attenzione alle prove documentali. In effetti, deve condividersi l'assunto secondo cui nelle indagini sulle formazioni di estrema sinistra si è dato giusto rilievo alle `risoluzioni strategiche' ed ai documenti eversivi rinvenuti, nel caso delle formazioni di destra l'erroneo convincimento che le diverse attività illegali fossero ispirate alla sola volontà dell'azione, pure presente come caratteristica dell'ambiente, ha impedito di approfondire e di valutare adeguatamente i momenti teorici e le premesse ideologiche dell'agire.
Naturalmente, progettualità di stampo stragistico possono germinare soltanto all'interno di ambienti in cui la morte di molti innocenti sia considerata un costo accettabile in vista di determinati obiettivi politici. Occorre ricordare in proposito che il BONAZZI si doleva dell'eccessiva gravità dell'attentato del 2 agosto (dovuta all' "inesperienza dei ragazzini"), semplicemente per motivi tattici, cioè per le conseguenze che, in termini di repressione, ne erano venute al "movimento", e, pur affermando che non si sarebbe voluta una strage, ma solo un "avvio", ebbe anche a spiegare al NICOLETTI (21) che "ci vogliono le bombe...STALIN ha ammazzato 20 milioni di persone e ci si scandalizza per 84 persone...è l'idea che conta...che cada uno o cento non fa differenza..."
2.1.2.2.2) Vicende giudiziarie per fatti di strage anteriori al 2 agosto 1980
Ai fini che qui interessano, non è necessario ripercorrere le tappe dell'analitica ricostruzione dei procedimenti per strage compiuta dal PUBBLICO MINISTERO nei capitoli terzo, quarto e quinto della requisitoria scritta. Tirando le fila di quel paziente lavoro, e avendo come supporto conoscitivo una vasta serie di atti acquisiti da procedimenti celebrati
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(21) - Cfr. EA, V10/a-2, C64, pp. 42 recto e verso e 43 recto.
od in corso di celebrazione davanti ad altre autorità giudiziarie, è dato rilevare come siano oramai certamente ascrivibili alla destra eversiva taluni attentati di carattere indiscriminato. Per la strage di Peteano è intervenuta una recente condanna della Corte d'Assise di Venezia (22), divenuta immediatamente irrevocabile a carico di uno dei condannati, il neofascista Vincenzo VINCIGUERRA. La paternità dell'attentato compiuto sul treno direttissimo Torino-Roma il 7/4/1973 è stata attribuita in via definitiva, con sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Genova (23), divenuta irrevocabile, a Nico AZZI, Mauro MARZORATI, Francesco DE MIN e Giancarlo ROGNONI, dirigenti ed attivisti della formazione di estrema destra `La Fenice': il convoglio era gremito di persone, e se non si fosse accidentalmente verificato lo scoppio anticipato di uno dei detonatori mentre l'AZZI ultimava le operazioni di innesco, ne sarebbe derivata una terrificante carneficina.
Anche la strage perpetrata dal sedicente anarchico Giancarlo BERTOLI, che in Milano, il 17/5/1973, cagionava la morte di
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(22) - Cfr. AAD, V 10 ter, C2. (23) - Cfr. AA, V14, C77.
quattro persone ed il ferimento di altre 46, è tutt'altro che il frutto di un atto individuale, della rivolta solitaria di un anarchico. Lo ha affermato la stessa Corte d'Assise di Milano, nella sentenza (24), divenuta irrevocabile, con la quale ha condannato il BERTOLI all'ergastolo. La stessa Corte ha rilevato come l'imputato abbia mentito sul tutta la linea, nel rievocare l'attentato. Egli evitò deliberatamente di colpire -come pure avrebbe potuto- un ministro ed il Capo della Polizia, rappresentanti dell'autorità dello Stato: non fu coerente con la sua dichiarata intenzione di colpire i simboli massimi del potere; e colpì semplici cittadini, gettò la bomba su un piccolo assembramento di gente comune. La sentenza afferma che la strage si colloca nella tragica spirale di violenza che, dal 1969 in poi, ha percorso il Paese compromettendo non solo la convivenza civile, ma lo sviluppo delle istituzioni e della coscienza democratica; che il BERTOLI si proclama anarchico individualista, ma non esita a stringere amicizie e coltivare interessi con persone ed ambienti del tutto opposti:ad esempio con tale MERSI, "fascista
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(24) - Cfr. AA, V13, C73. dichiarato" fin dagli anni '53-'54; che l'istruttoria ed il dibattimento hanno fatto luce su una vicenda di fornitura di armi ad un "fronte anticomunista italiano" e sui contatti avuti dal BERTOLI, in quegli stessi anni, con elementi del controspionaggio italiano a Venezia. Si sostiene ancora testualmente: "...il BERTOLI era invischiato in relazioni con l'estrema destra, era collaboratore di servizi segreti italiani e internazionali, confidente della polizia"; e si fa cenno dei suoi rapporti, in Israele, con i fratelli JEMMI, appartenenti ad `Ordre Nouveau', movimento dell'estrema destra francese. E si conclude affermando che l'ideologia anarchica, dal BERTOLI "troppo clamorosamente affermata e manifestata...può essere con fondatezza ritenuta una copertura artificiosamente addotta, per fini propri o altrui..."
Benché non si sia ancora svolto il relativo giudizio, è certa anche la paternità dell'attentato al Consiglio Superiore della Magistratura del 20 maggio 1979, che, se l'ordigno fosse esploso, avrebbe provocato una strage forse ancora più sanguinosa di quella consumata alla Stazione di Bologna, coinvolgendo centinaiadi Alpini convenuti in Piazza Indipendenza: dei fatti, commessi unitamente ad altri, si è dichiarato responsabile Marcello IANNILLI, che pure contesta l'accusa di strage, sostenendo -come s'è visto- che, dopo aver predisposto l'ordigno per l'utilizzo notturno, aveva poi deciso di farlo ritrovare inesploso in ora diurna.
Vi sono poi taluni procedimenti ancora `sub iudice', nei quali sono state raccolte, a carico di esponenti di formazioni della destra eversiva, prove sufficienti a giustificare, in relazione ad attentati indiscriminati, prove sufficienti per il rinvio a giudizio, od anche per condanne in primo ed in secondo grado. Il Giudice Istruttore cita il procedimento per la strage cosiddetta`di Piazza Fontana' (25), nel quale, al di là delle conclusioni processuali, ormai intangibili, raggiunte dai giudici competenti in ordine alla posizione di certi imputati (26), sono emersi tuttavia incontrovertibili dati di fatto di estrema significatività: ai fini che qui rilevano, in
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(25) - Cfr. AA, V6, C40. (26) - Cfr. AAD, V5, C14.
particolare, la circostanza che il gruppo veneto di cui
facevano parte il FREDA, il VENTURA ed il FACHINI fosse pesantementecoinvolto in attività dinamitarde.Con specifico riferimento alla figura del FACHINI, già l'Istruttore (27) aveva riportato un brano della requisitoria del PUBBLICO MINISTERO di Milano, Emilio ALESSANDRINI, che, nel dicembre 1974, indicava nel FACHINI il protagonista della campagna di attentati del 1969. Orbene, a distanza di molti anni, il Giudice Istruttore di Catanzaro ha raccolto prove sufficienti per il rinvio a giudizio (28) del FACHINI -oggi riconosciuto responsabile anche della strage di Bologna- per la campagna di attentati verificatisi fra il 13 aprile ed il 12 dicembre 1969, ivi compresa la `strage di Piazza Fontana'.
Pende tuttora, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, il procedimento a carico di elementi del `Fronte Nazionale Rivoluzionario', operante in Toscana, assolti in 1° grado per insufficienza di prove (29), poi condannati in appello, con sentenza successivamente annullata dalla Suprema Corte,
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(27) - Cfr. SO, pp. 676-677. (28) - AAD, V5, C16. (29) - AA, V4, C19.
per la strage del treno `Italicus'del 4/8/1974.
Con la sentenza della Corte d'Assise di Firenze n. 6 del 15/12/1987 (30) i neofascisti Augusto CAUCHI, Fabrizio ZANI, Alessandro DANIELETTI ed Andrea BROGI sono stati condannati per il delitto di strage di cui all'art. 285 C.P., per avere, in concorso tra loro, il 21/4/1984, al fine di uccidere, collocando un micidiale ordigno lungo la tratta ferroviaria Bologna-Firenze, provocato, con l'esplosione, la rottura della rotaia sinistra di un binario, mentre era in arrivo un convoglio. La tragedia fu evitata sol perché la messa in funzione di un congegno automatico di allarme consentì l'arresto tempestivo del treno, che avrebbe altrimenti deragliato. Lo ZANI, dal canto suo, assieme ad altri esponenti di una formazione eversiva, nell'ambito del procedimento cosiddetto di `Ordine Nero', ha riportato condanna definitiva anche per il reato di strage, sia pure vedendosi riconosciuta, in quell'occasione -come egli ha sottolineato davanti a questa Corte (31)- l'attenuante di cui all'art. 116 C.P.
La rassegna sommariamente svolta non ha carattere di
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(30) -Prodotta in udienza (vu 10/6/88, pp. 17-450) e acquisita con ordinanza (vu 13/6/88, pp. 532-533). (31) - Cfr. vu 11/2/88, pp. 23 e 35.
completezza. Consente, tuttavia, di rilevare come sussistano, talora con rango di verità giudiziariamente acquisita, talora col conforto di prove idonee a giustificare comunque il rinvio a giudizio o condanne in sede di giudizio di merito,cospicui elementi di giudizio, in forza dei quali è dato affermare che, dalla fine degli anni '60, l'attentato di carattere indiscriminato, sovente rivolto anche contro obiettivi ferroviari, è stato utilizzato da formazioni della destra eversiva quale strumento privilegiato di lotta armata, coerentemente, del resto, con quello che è il retroterra, ideologico e programmatico, emergente da una serie di documenti provenienti dall'area politica in questione.
2.1.2.2.3)Le conversazioni captate nel carcere di Ferrara ed altre acquisizioni probatorie
Venendo specificamente alla strage oggetto del presente giudizio, va immediatamente rilevata una circostanza: vi fu, fin dall'inizio, negli ambienti della destra extraistituzionale, chiara consapevolezza delle riferibilità dell'attentato all'area della stessa destra eversiva; e vari segnali di siffatta consapevolezza si riverberarono anche all'esterno.
A)Si sono parzialmente riportati, in narrativa (32), brani delle conversazioni svoltesi nel carcere di Ferrara, ove erano ristretti in isolamento il FEMIA e lo IANNILLI, e s'è vistoil ruolo `maieutico', che,in quel frangente, ebbero l'AURORA ed il NICOLETTI. V'è da aggiungere che Giulio CAPRA, anch'egli detenuto all'epoca nel reparto isolamento del carcere ferrarese, in istruttoria ebbe a riferire (33) d'aver a sua volta ottenuto dal FEMIA delle confidenze a proposito della strage: precisamente, il FEMIA, nel negare d'esservi personalmente coinvolto, avrebbe affermato che essa non era destinata a provocare tante vittime, ed aveva indicato in tale BIANCO uno dei responsabili. Il sottufficiale degli agenti di custodia Antonio PAPALETTERE, dal canto suo, ebbe a riferire (34) che, effettivamente, essendosi sparsa la notizia che un detenuto politico di estrema destra coinvolto nell'indagine sulla strage di Bologna era entrato in confidenza con un compagno di detenzione, egli stesso tentò di registrare le conversazioni
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(32) - Cfr. supra, sub 1.1.8). (33) - EA, V10/a-5,C224. (34) - EA, V10/a-5, C226.
che si svolgevano tra i due, mentre l'agente FERRELI, dal corridoio del reparto, si sforzava a sua volta di ascoltare il contenuto dei colloqui: e, mentre la registrazione non andò a buon fine per motivi tecnici, il FERRELI fu in grado di captare alcune frasi significative.
Le dichiarazioni istruttorie dell'AURORA, del NICOLETTI, del CAPRA e del PAPALETTERE hanno trovato conferma in dibattimento (35); quelle del FERRELI, sull'accordo delle parti, sono state lette (36).
Osserva la Corte come, in Istruttoria, si sia prudentemente
evitato di trarre azzardate conclusioni a carico del FEMIA, dello IANNILLI e di Francesco BIANCO dal contenuto delle testimonianze in questione; peraltro, correttamente il Giudice Istruttore, nell'ordinanza di rinvio, ha tratto dal loro complesso elementi di giudizio di non trascurabile rilievo.
Della piena credibilità del NICOLETTI si dirà altrove.
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(35) - Cfr., rispettivamente, vu 29/9/87, pp. 16; vu 20/10/87, p109; vu 29/9/87, p20;vu 20/10/87, p13; il CAPRA, in difficoltà a ricordare, si è tuttavia richiamato, confermandole, alle dichiarazioni rese in precedenza; l'AURORA, che in parte rammentava i fatti, ha comunque confermato quanto riferito in istruttoria. (36) - Cfr. vu 29/9/87, p20.
Quanto alle riserve avanzate sull'affidabilità del teste
CAPRA ed anche del teste AURORA, almeno per ciò che riguarda
l'argomento in questione, esse appaiono infondate. Ha osservato giustamente l'Istruttore cheil primo, pur pregiudicato, ha agito in base ad un `codice morale' che, di fronte all'efferatezza del crimine, imponeva -a lui come ad altri- di svolgere una sorta di inchiesta privata nei confrontidelle persone sospettate di strage;non si èadoperato in alcun modo per fornire a tutti i costi una sua verità personale sulla strage, ma ha deposto soltanto nel 1983, quando lo scrupolo degli inquirenti li indusse a rintracciare tutti i possibili testimoni dei fatti avvenuti nel carcere di Ferrara; ed ha riferito concetti che non gli appartengono e che sono invece tipici dell'ideologia professata dal suo intelocutore ("l'eliminazione di un po' di plebe non era da ritenere un grande male"). Quali che siano poi le attuali condizioni di mente del CAPRA e dell'AURORA, e per quanto sconcertante sia stato l'atteggiamento del secondo (37) in riferimento ad altre
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(37) - Si allude qui a quanto riferito sub 1.2.20) a proposito delle dichiarazioni dell'AURORA sul conto del FURLOTTI.
posizioni processuali, resta fermo che le deposizioni dei due testi sugli episodi in esame sono corroborate, nel loro nucleo, da dichiarazioni provenienti da altri testimoni della cui sincerità non è dato dubitare: cioè dal FERRELI e dal PAPALETTERE.
Resta ancora da sottolineare che, fra le altre espressioni pronunciate dallo IANNILLI e captate dal NICOLETTI, ve ne fu una, di particolare eloquenza. Si chiedeva lo IANNILLI: "Come hanno fatto a prenderci tutti"? (38)
In conclusione, in base alla ricostruzione testimoniale delle conversazioni svoltesi nel carcere di Ferrara fra detenuti ristretti in celle diverse del reparto isolamento, prescindendo da ulteriori inferenze,si può fondatamentefar discendere almeno che: da parte di elementi di spicco dell'eversione neofascista romana, che pure prendevano personalmente le distanze dalla strage, si riconosceva la provenienza dal loro ambiente del fatto criminoso; si manifestava stupore per il fatto che i provvedimenti di cattura avessero così pesantemente falcidiato l'ambiente
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(38) - Cfr. EA, V10/a-2, C64, p41.
stesso; si affermava che non era stato
voluto un massacro di tali proporzioni; e si faceva
dipendere l'enormità dell'accaduto dall'essersi taluno affidato a dei "ragazzini". Si vedrà poi in prosieguo di trattazione quali significative conferme abbia ricevuto, nel tempo, quest'ultimo riferimento ai "ragazzini".
B)Si è dato conto, in narrativa (39), delle indicazioni che, circa le responsabilità per la strage, furon fornite da Mario Guido NALDI all'agente CALIPATTI. E s'è visto come, già in istruttoria (40), di fronte al magistrato, il NALDI avesse tentato di fare un passo indietro rispetto alle originarie prese di posizione. Di fronte alla Corte (41), il teste ha fatto una vera e propria retromarcia: dal complesso della sua deposizione dibattimentale emerge che certe indicazioni sarebbero state fornite all'agente del SISMI non perché fossero frutto di concreti elementi di conoscenza in possesso del NALDI, ma per liquidare l'interlocutore, fornendo delle risposte che, in qualche modo, avrebbero soddisfatto le aspettative di quest'ultimo, in quanto
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(39) - Cfr. supra, sub 1.1.3.3). (40) - Cfr. supra, sub 1.3.1). (41) - Cfr. vu 23/11/87, pp. 18 ss. si andava affermando un teorema secondo cui la strage era di matrice fascista e la stampa, negli anni precedenti, aveva sistematicamente addebitato ad Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale la responsabilità di "tutto quello che era successo".
La ritrattazione è frutto di calcolo ed è del tutto insincera. Nell'immediatezza della strage, con tutte le garanzie dell'anonimato e della riservatezza, il NALDI, nel colloquio col CALIPATTI, aveva formulato accuse assai precise: dopo aver fatto talune affermazioni (la strage rappresentava un provocazione contro `QUEX', la matrice dell'attentato era di destra e rientrava nella faida interna dei vari movimenti di estrema destra) in termini suppositivi, tali per cui esse avrebbero potuto rappresentare, prese a sé, l'espressione di un giudizio politico, il NALDI aveva proseguito col dire che gli attentatori venivano da fuori Bologna, quasi certamente da Roma, e si era spinto sino ad indicare le organizzazioni di provenienza, quasi cercando, nella forma espressiva, di attenuarela gravità dell'accusa ("oserei dire dalle organizzazioni di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale").
Siffatte indicazioni non provengono da una persona qualsiasi. Mario Guido NALDI, redattore di `QUEX' (42), subalterno di Fabrizio ZANI e suo fiduciario, è persona profondamente inserita nell'ambiente dell'ultradestra ed è al centro di un flusso di notizie di estrema riservatezza. Basti pensare, che nel corpo del medesimo colloquio, egli sarà in grado di riferire che Ordine Nuovo, di cui "SIGNORELLI è il capo indiscusso in Italia" ..."usa anche la sigla di Movimento Popolare Rivoluzionario, Costruiamo l'Azione e Gruppi Popolari di Base..."
Il NALDI neppure nelle prime sincere dichiarazioni aveva dato conto della provenienza delle notizie di cui era in possesso. Senonché, le successive acquisizioni processuali hanno consentito di far luce anche su questo aspetto, si vedrà in prosieguo come debba ritenersi provato che Giovanna COGOLLI, esponente dell'ultradestra legata allo ZANI ed in contatto con lo stesso NALDI, alla vigilia della
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(42) - Sulla natura ed i contenuti di `QUEX', pubblicazione dell'ultradestra, voce del `fronte delle carceri', edita fra il '78 e l'81, già oggetto di un procedimento penale, cfr. Rapp. DIGOS Bologna 16/5/1984, in AA, V7, C41, pp. 2-220.
strage abbia ricevuto l'amichevole avvertimento di
allontanarsi da Bologna da parte di Massimiliano FACHINI, al tempo stesso uomo di spicco di Costruiamo l'Azione e referente di Ordine Nuovo nel Veneto.
C)Tenuto conto della gravità e precisione delle accuse lanciate dal NALDI e dei rischi che esse avrebbero potuto comportare (per gli accusati, e per lo stesso accusatore, esposto alle ritorsioni), non è pensabile che il teste si sia a suo tempo indotto a fare certe rivelazioni per i motivicheha riferito alla Corte,tentando puerilmente di giustificare l'atteggiamento dibattimentale. D'altronde, che le rivelazioni al CALIPATTI non rappresentassero un espediente per liquidare elegantemente l'interlocutore resta provato dal contenuto di un articolo (43) apparso sul numero 5 di `QUEX', del marzo 1981. Il brano, dal titolo `Parole chiare', reca in calce la sigla del NALDI: M.G.N. Il teste, in dibattimento, ha tuttavia chiarito (44) che fu frutto di una collaborazione: egli fu l'autore della prima parte, e Fabrizio ZANI della seconda. Ora, nell'articolo, tra
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(43) - Trovasi in AA, V7, C41/7 . (44) - Cfr. vu 23/11/87, p25.
l'altro, si legge: "...Troppi camerati sono stati costretti alla galera, all'esilio o alla latitanza ...a causa delle infiltrazioni di provocatori, di spie, traditori ed agenti di ogni specie, di mitomani, di pazzi lucidi e di cani bastardi. Buona parte di ciò che ci è piovuto addosso in questi anni lo dobbiamo alla destra conservatrice, reazionaria e golpista che è convinta che affidare il potere alle forze armate o a uomini strettamente legati alla destra economica, sia il colpo di bacchetta magica con cui è possibile `fermare il comunismo', loro massima aspirazione. ...La repressione che ha falcidiato i camerati, non sarebbe mai potuta avvenire senza il supporto emozionale delle stragi...è stato facile attribuire ai fascisti la responsabilità della nuova strage di stato...è stata come una valanga che si è abbattuta su di noi, e che ha travolto il lavoro di almeno tre anni...è intanto necessario che tutti si impegnino nell'opera di individuazione degli agenti provocatori che sono fra di noi, identificabili forse con gli sciacalli che hanno sempre cercato di controllare l'attività dei camerati, ricorrendo ad ogni mezzo per mantenere nell'ambiente posizioni di potere, che sono state sempre utilizzate per `spartirsi il controllo' dei militanti, una volta che la repressione avesse distrutto gli apparati organizzativi faticosamente costruiti...Quex, a voce alta, affinché tutti possano sentire, chiede che vengano isolati coloro che dello stragismo hanno fatto veicolo e prassi finalizzati allo smantellamento del movimento. Lo chiede naturalmente ai camerati, lo ritiene un fatto squisitamente interno..."
Una volta colto il senso della distinzione che deve porsi tra `autentici fascisti', `autentici camerati', e coloro che -nel gergo dell'ultradestra- vengon definiti `vecchi tramoni', acquista contorni del tutto nitidi l'attribuzione ai secondi, indicati come sciacalli e provocatori che colludono col regime, del tentativo di controllare l'intera area della destra extraistituzionale da posizioni di potere, attraverso lo smantellamento dei gruppi spontaneisti che al controllo si ostinano a sottrarsi.
Non è chi non veda come siffatta presa di posizione sia perfettamente in linea con le indicazioni già fornite dal NALDI al CALIPATTI. E, tenuto conto che l'articolo fu scritto a quattro mani dal NALDI e dallo ZANI, acquista un significato inequivoco il progetto del secondo, volto alla eliminazione fisica di Paolo SIGNORELLI. Di siffatto progetto -la cui esecuzione, per essere il SIGNORELLI detenuto, avrebbe dovuto essere affidata a Mario TUTI, debitore verso lo ZANI, che aveva `giustiziato l'infame'
Mauro MENNUCCI, `responsabile' della cattura del TUTI- è dato rinvenire in atti moltelici notizie, di diversa provenienza. Angelo IZZO ebbe a riferire del desiderio dello ZANI di uccidere il SIGNORELLI (45). Walter SORDI, che già in precedenza aveva fatto cenno dell'odio dello ZANI nei confronti dell'odierno imputato, il 15 marzo dell'84 dichiarò testualmente (46): "ZANI voleva la morte di SIGNORELLI ed a Parigi, circa un mese dopo che era stato uccisoMENNUCCI" (47),"mi disse che la condanna a morte del SIGNORELLI era già partita e non era sua intenzione fermarla. Io invece volevo impedire la condanna a morte del SIGNORELLI, sia perché consideravo quello scambio una cosa
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(45) - Cfr. AA, V7, C41, p310. (46) - Cfr. AA, V7, C41, pp. 304-305. (47) - L'assassinio del MENNUCCI risale all'8/7/1982.
squallida, sia perché sapevo il SIGNORELLI amico del CAVALLINI."
Nel pregevole rapporto (48) della DIGOS di Bologna del 16/5/1984 si cita poi testualmente il seguente passo (49) della missiva indirizzata da Valerio FIORAVANTI a Mario TUTI il 22/11/1982: "...SIGNORELLI dice che hai `firmato il contratto' per lui e saresti stato pagato da Fabrizio con MENNUCCI...io non ho trovato di meglio che rispondergli che non credo sia un `contratto' ma più semplicemente uno scambio di favori".
Non occorre altro per apprezzare la serietà delle accuse mosse dal NALDI a determinati ambienti subito dopo la strage, e riprese dal NALDI e dallo ZANI a distanza di pochi mesi, in termini necessariamente meno diretti, ma non equivoci, e comunque non oscuri per chi riguardi la vicenda, attraverso il filtro del tempo, nella completezza dei suoi sviluppi.
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(48) - Trattasi del rapporto citato alla nota (42). (49) - Cfr. AA, V7, C41, pp. 189-190.
2.1.2.3) Riconducibilità dell'attentato,quale impennata di una progettualità terroristica, ai poli romano e veneto dell'eversione neofascista
2.1.2.3.1) Le dichiarazioni di Luigi VETTORE PRESILIO
Si è dato conto in narrativa del nucleo essenziale delle dichiarazioni provenienti dal VETTORE (50). Occorre aggiungere che, in dibattimento (51), il VETTORE ha tenuto il prevedibile atteggiamento ritrattatorio che aveva a chiare lettere preannunciato dopo l'accoltellamento subito in carcere (52).
Sull'utilizzabilità della deposizione di questo teste, il Giudice Istruttore ha condotto una lucidissima analisi (53), che la Corte condivide appieno. Da quanto dichiarato dal VETTORE debbono farsi discendere almeno due certezze: il teste era a conoscenza in anticipo dell'attentato; seppe dell'attentato stesso da Roberto RINANI. Sul primo punto, si osserva che:
a) il 10 luglio 1980, al Giudice di Sorveglianza di Padova, alla presenza dell'Avv. Franco TOSELLO (54), il VETTORE
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(50) - Cfr. supra, sub 1.1.3.1), 1.1.9) ed 1.2.5). (51) -Cfr. vu 9/1/88, pp. 200 ss. (52) -Cfr. supra, sub 1.2.22), lettera b). (53) - SO, pp. 284 ss. (54) - Che, sul punto, ha deposto in istruttoria (EA, V10/a-2, C54, p1, recto e verso), rendendo dichiarazioni poi confermate in dibattimento (vu 17/2/88, p12).
fu in grado di anticipare la realizzazione di un attentato da parte di un gruppo di eversori neofascisti.
b) Non poteva trattarsi che della strage di Bologna. Infatti, dal complesso delle dichiarazioni del VETTORE, così come esse si sviluppano dal colloquio con il Magistrato di Sorveglianza di Padova sino alla deposizione davanti al Giudice Istruttore del 13/11/80, emerge che:
b1) l'attentato, in quanto avrebbe dovuto precederne altro di imminente attuazione, era ormai prossimo ed era stato programmato per la prima settimana di agosto;
b2)sarebbe stato di eccezionale gravità, al punto che avrebberiempito le pagine dei giornali, ed avrebbe fatto parlare l'opinione pubblica nazionale e mondiale (55).
L'indicazione dell'eccezionalità (misurabile anche
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(55)- Già prima di conferire col Magistrato di Sorveglianza, scrivendo all'Avv. TOSELLO, il VETTORE aveva preconizzato la diffusione, da parte della televisione e dei quotidiani, di una notizia che avrebbe fatto "molto ma molto scalpore" (cfr. EA, V10/a-2, C54, pp. 4-6 ed EA, V10/a-2, C30, p 65 verso).
sulla stampa e dall'impatto sull'opinione pubblica che ne
sarebbero conseguiti), proprio in quanto riferita ad un
attentato, cioè ad un fatto di cui la gravità è
caratteristica necessaria, evoca l'idea di un evento terroristico assolutamente straordinario e finisce con l'essere connotazione estremamente selettiva, perfettamente attagliantesi all'orrenda carneficima di vittime innocenti consumata alla stazione di Bologna.
Le circostanze di cui sub b1 e b2, unitariamente considerate, sono tali da essere riferibili esclusivamente alla strage di Bologna. Peraltro, a fronte della riconducibilità (che pure dalle dichiarazioni del VETTORE emerge) del programmato attentato al gruppo(di cui il RINANI, autore delle rivelazioni, faceva parte) capeggiato da Massimiliano FACHINI, stanno gli elementi di prova-dei quali si dirà `in sede materiae'- `aliunde' raccolti a carico del FACHINI in ordine alla sua responsabilità per la strage di Bologna: con il che l'assunto dell'identificazione fra l'attentato preconizzato dal VETTORE e quello perpetrato alla stazione di Bologna riceve ulteriore, quantunque non necessario, conforto. Sulla provenienza delle notizie dal RINANI, e, più in generale, sull'attendibilità delle notizie fornite dal teste ed accusatoriamente utilizzate, va rilevato che:
a) se pureil RINANIfosse rimasto, all'epoca, in costante isolamento, sarebbe potuto ugualmente venire in contatto col VETTORE, in quanto quest'ultimo, per via delle mansioni lavorative che svolgeva all'interno del Carcere `Due Palazzi' di Padova, aveva possibilità di movimento
anche nella zona riservata ai detenuti isolati. Peraltro,
l'isolamento del RINANI si protrasse soltanto per i primi sei giorni di detenzione, dopodiché egli fu "messo in comune" (56).
b) L'indicazione del RINANI quale fonte delle confidenze è inequivoca: l'indicazione alternativa dei cognomi RINANI, RINALDI e RINALDINI è in parte frutto dell'indole ambigua e confusionaria del teste, ed in parte dettata dalla necessità psicologica di diluire in qualche modo,
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(56) - Cfr. IA, V9/a-1, C2/2, p6 retro. attraverso la vaghezza, la gravità delle accuse. Ma resta insuperabile il fatto che il RINANI fu formalmente riconosciuto dal VETTORE e che l'accusa nei confronti dell'imputato, arricchitasi nel tempo di particolari idonei a corroborare l'identificazione, è rimasta ferma sino all'accoltellamento del teste.
c) Fu cura degli inquirenti verificare che, all'epoca, non fossero detenuti in Padova altri esponenti di spicco dell'eversione: e le risultanze negative dell'accertamento furono contestate all'imputato (57).
d)Il RINANI si è ostinato sino alla fine a negare di conoscere il suo accusatore, nonostante siano stati
entrambi frequentatori della Sezione `Arcella' del Movimento Sociale Italiano di Padova. E l'irrigidimento su una posizione difensiva di tale debolezza non può essere interpretato che come un tentativo di stornare da sé, a tutti i costi, ogni pur minimo sospetto di contatti di qualsivoglia genere col VETTORE: tentativo tanto più disperato in quanto il VETTORE, persino in dibattimento,
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(57) - Cfr. IA, V9/a-1, C2/2, p19 retro. nel negare d'aver ricevuto confidenze in ordine ad un attentato da compiersi, ha però ribadito d'essere entrato in contatto col RINANI all'interno del carcere di Padova.
e) Le titubanze e gli ondeggiamenti del teste sono tutti agevolmente spiegabili e non indeboliscono la sostanza della deposizione. In un primo tempo, il VETTORE aveva progettato di servirsi delle informazioni in suo possesso, per utilizzarle come merce di scambio, assumendo sostanzialmente la veste di confidente e non rivelando la fonte delle notizie stesse. A strage avvenuta, non ha più potuto sottrarsi all'obbligo di testimoniare e, dopo aver esitato e tergiversato, ha finito per `vuotare il sacco'.
f)L'accoltellamento subito dal teste in carcere e le modalità dello stesso rafforzano il convincimento della veridicità delle accuse mosse dal VETTORE. Innanzitutto non vi sarebbe stato l'interesse a colpire l'autore di semplici farneticazioni, che, in quanto tali, sarebbero state smentite in corso d'istruttoria. In secondo luogo, la morte del testeavrebbe cristallizzato le sue originarie accuse. Ferire il VETTORE, facendogli vedere la morte da vicino, ha significato terrorizzarlo definitivamente, rendendolo disponibile alla ritrattazione, che, immancabilmente, è intervenuta. Obiettivo dei feritori era dunque quello di scalfire la portata delle accuse del teste attraverso le sue stesse future dichiarazioni. Questo, e non altro, era il movente degli aggressori, che non agivano -come pure si è sostenuto- per ragioni del tutto estranee alle vicende oggetto di giudizio; lo apprendiamo (58) dalla vittima
dell'aggressione: "...le stesse persone che mi hanno colpito mi hanno informato che la ragione della loro azione era quella di punirmi per aver parlato..."
g)La stessa logica intimidatoria ha governato anche l'aggressione subita dalla moglie di Roberto RINANI, dopo che, essendo stato emesso il mandato di cattura del 10/12/1985, nell'imminenza dell'interrogatorio del RINANI, si diffuse la notizia che egli fosse prossimo a fare rivelazioni (59).
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(58) - Cfr. supra, sub 1.2.22, testo e nota (79). (59) - Per la vicenda, cfr. IA, V9/a-1, rispettivamente C2/1, pp. 1-4, e C2/2, p105.
h) Il VETTORE è effettivamente elemento collegato alla cellula terroristica veneta facente capo al FREDA ed al FACHINI, ed era dunque -contrariamente a quanto si è sostenuto- persona che, ad un RINANI non più vigile, perché `scoppiato', poteva apparire idonea a ricevere determinate confidenze. Il RINANI `si aprì' non con un qualsiasi compagno di detenzione, ma con chi, ai suoi occhi, appariva come sodale. La riprova di ciò resta affidata non solo alle dichiarazioni del VETTORE, ma anche e soprattutto alla deposizione istruttoria (60) ed i memoriali (61) del Commissario Pasquale JULIANO,l'una e gli altri dibattimentalmente confermati (62).
i) V'è in atti ampia prova dell'inserimento del RINANI
nell'ambito dell'eversione neofascista padovana e dei suoi collegamenti con Massimiliano FACHINI. Se ne darà compiutamente conto in prosieguo di trattazione. Qui preme sottolineare che, valutando sinotticamente le indicazioni provenienti dal VETTORE, i collegamenti RINANI-FACHINI, e gli elementi -di cui pure si darà conto
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(60) - EA, V10/a-6, C276, pp. 1-3. (61) - EA, V10/a-6, C276, pp. 4 ss. (62) - Cfr. vu 16/10/87, p27.
in seguito- raccolti per altra via a carico del FACHINI
in ordine al delitto di strage, si deve inevitabilmente concludere che i vari apporti probatori, di diversa provenienza, sono in grado di corroborarsi a vicenda e di convergere in un'unica direzione.
l) Le dichiarazioni del VETTORE hanno ricevuto `ab externo'
conferme che giustamente sono state definite "sorprendenti":
l1)è stata riscontrata, attraverso indicazioni provenienti da più fonti, l'esistenza di un progetto di attentato ad un magistrato, che, per l'obiettivo specifico e l'ambiente al quale viene riferito, appare sovrapponibile al progetto riferito dal VETTORE.
l2)Anche il collegamento posto dal teste fra la persona del FACHINI e quelle del SIGNORELLI e del SEMERARI troverà conforto, a far tempo dall'anno successivo, attraverso la collaborazione processuale fornita da Paolo ALEANDRI.
E' necessario aggiungere come non indeboliscano il quadro che si è sin qui tratteggiato alcune argomentazioni svolte
dall'attenta difesa del RINANI (63) in sede di discussione.
Si è sostenuto che, se pure il VETTORE ebbe mai da qualcuno le notizie poi riferite ai giudici, non poté riceverle dal RINANI, in quanto:
a) dalla deposizione TOSELLO si evince che il VETTORE era già in possesso delle notizie in questione prima del 20 giugno, mentre dalla trascrizione delle dichiarazioni registrate rese dal VETTORE al PUBBLICO MINISTERO l'11/8/1980 si evincerebbe che il teste ricevette le
confidenze dal RINANI soltanto dopo la morte del Giudice AMATO, cioè dopo il 23/6/1980.
b) Il RINANI si costituì in carcere a Padova il 31/5/1980. Il VETTORE riferisce di un primo colloquio con l'odierno imputato, avvenuto in giorno di sabato, che dev'essere almeno sabato 7/6/1980. E riferisce poi dell'ulteriore colloquio, avvenuto a distanza di 15-20 giorni, nel corso del quale il RINANI, essendo `scoppiato', si sarebbe lasciato andare alle note compromettenti
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(63) - In particolare, dall'Avv. G. GASPARDINI. Cfr. brm n.1 14/5/88, giri 465-657. confidenze. Ma tale secondo colloquio, proprio per detti
riferimenti cronologici forniti dal VETTORE, si verrebbe a collocare in una data posteriore al 20/6/1980: cioè in una data in cui il teste era già in possesso delle notizie successivamente riferite.
Osserva la Corte: entrambi gli argomenti poggiano su premesse fallaci. Effettivamente, nelle ultime battute delle dichiarazioni in data 11/8/1980, mentre riferiva i commenti che, da parte sua e del RINANI, si fecero a seguito dell'assassinio del Giudice AMATO, a specifica domanda volta a conoscere se risalissero alla stessa circostanza le confidenze in ordine all'attentato al Giudice STIZ, rispondeva (64): "E beh! è logico, è logico". Senonché, va subito rilevato che, se pure il riferimento cronologico fosse esatto, ben potrebbe aver costituito l'omicidio di un magistrato l'occasione per riprendere discorsi di qualche giorno prima, divenuti particolarmente `interessanti' proprio alla luce della notizia di quel crimine appena
consumato. Ma il fatto è che sull'esattezza dell'indicazione
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(64) - Cfr. EA, V10/a-1, C30, p43.
non si può fare alcun serio affidamento. Il VETTORE, confusionario e disorientato,e al tempo stesso desideroso di accreditare in qualche modo quanto veniva dicendo, colse al balzo l'occasione, offertagli dall'inquirente suo interlocutore, di ancorare l'episodio oggetto delle sue rivelazioni ad un dato certo. Ma, nel corso dello stesso colloquio (65), in cui si era sempre espresso in termini di estrema approssimazione, aveva già dichiarato di non poter ricordare in che giorno avesse ricevuto le confidenze dal RINANI.
Quanto al secondo argomento prospettato dalla difesa,
occorre rilevare che il lasso di tempo in esito al quale il RINANI, `scoppiato', si lasciò andare alle clamorose rivelazioni, deve esser calcolato a partire dalla sua costituzione in carcere. Quando il VETTORE, nel suo italiano sgrammaticato, riferisce: "...invece è passato 15 o 20 giorni e lui diventava sempre più nervoso" (66), contrappone il periodo trascorso in carcere dall'odierno imputato ai 7-
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(65) - EA, V10/a-1, C30, p20. (66) - Cfr. il passo citato alla nota che precede, rigo 22.
8 o 10 giorni al massimo che quest'ultimo contava di trascorrerci, quando si costituì nella fiduciosa attesa della libertàprovvisoria.
Così ragionando, si perviene a ricostruire una cronologia dei fatti idonea a restituire coerenza ed attendibilità all'intera loro sequenza: il RINANI si costituì l'ultimo giorno di maggio; venuto meno, dopo sei giorni, il regime di isolamento, ebbe occasione -sabato 7 giugno- di incontrare una prima volta il VETTORE, con il quale si manifestò fiducioso, essendo imminente la concessione della libertà provvisoria, prevista, al più tardi, per il mercoledì successivo; il sabato seguente, trascorsa una quindicina
di giorni dalla sua costituzione, al RINANI, deluso nelle aspettative, cedettero i nervi; nei primi giorni della settimana successiva, mentre l'Avv. TOSELLO era a colloquio, nel carcere di Padova, con alcuni suoi clienti, irruppe nella sala colloqui il VETTORE, già pronto a giocarsi la formidabile carta di cui era insperatamente entrato in possesso; nei giorni immediatamente seguenti, dapprima uno sconosciuto si mise in contatto telefonico con l'Avv. TOSELLO per conto del VETTORE, e poi, attorno al 20 giugno, la figlia dell'odierno testimone si recò nello studio del legale, versando la somma di £ 500.000, che fu fatturata il giorno 23; lo stesso giorno veniva assassinato a Roma il dottor AMATO, il che ben può aver ravvivato l'interesse, già desto, del VETTORE, ed averlo indotto a riprendere l'argomento, sperando di trarre dall'interlocutore ulteriori utili informazioni.
E' stato sottolineato da taluno che il VETTORE era alla disperata ricerca, all'epoca dei fatti, di qualche espediente che gli consentisse di lasciare il carcere in tempi brevi: e si sono indicate anche le ragioni dell'urgenza, che peraltro, in questa sede, non è necessario approfondire. La circostanza -lungi dal minare la credibilità del teste- rafforza ulteriormente il convincimento, già ampiamente raggiunto, della provenienza delle confidenze dal RINANI. Se il VETTORE avesse avuto qualche carta utile da giocarsi, l'avrebbe fatto immediatamente. Invece, durante il periodo di detenzione precedente la costituzione del RINANI, non si mosse. Costituitosi il RINANI, nel giro di un paio di settimane il VETTORE fu in grado di tentare di utilizzare importanti confidenze come merce di scambio, per ottenere di essere posto in libertà. Le stesse modalità della spendita delle notizie ricevute attestano che il VETTORE le utilizzò immediatamente dopo esserne entrato in possesso: si precipitò nella sala colloqui, per conferire con l'Avv. TOSELLO, che era venuto ad incontrare altri detenuti; in seguito, adottò, in rapida successione, iniziative di vario tipo, per dar seguito a quel primo fugace contatto, che non aveva sortito l'effetto desiderato; infine, palesò la intenzione di barattare le sue conoscenze come merce di scambio.
Conclusivamente: Luigi VETTORE PRESILIO è stato l'autore di talune rivelazioni, la cui insuperabile forza probatoria deriva dall'esser state anteriori alla strage e dal non essere quindi certamente frutto di costruzioni `a posteriori'. Nè si può ragionevolmente affermare che il VETTORE si abbandonò a fantasticherie: lo si dovrebbe in tal caso accreditare -alla luce dell'accaduto- di incredibili
capacità divinatorie. E' altresì provato al di là di ogni
possibile dubbio -per quanto si è venuti argomentando- che le notizie provenivano dal RINANI. Tanto ritenuto, non si vede come -sul nucleo essenziale delle dichiarazioni del VETTORE- possa incidere una serie di circostanze ampiamente evidenziate da talune difese: l'essere il VETTORE un pregiudicato, un personaggio moralmente discutibile, animato non da civismo, ma da volontà di conseguire dei benefici e oggi oramai alcolizzato; addirittura l'essere persona rozza, incapace di esprimersi in un italiano corretto, ma soltanto in un confuso e sincopato linguaggio a cavallo tra lingua e dialetto. Sono fatti che la Corte non ignora e che, per la parte della testimonianza ulteriore rispetto al nucleo centrale relativo alla strage ed all'indicazione della fonte, hanno imposto un'accurata ricerca delle conferme `ab externo'; ma che -si torna a ripeterlo- non inficiano quel nucleo centrale delle rivelazioni, ben potendo la verità -salvala più rigorosa verifica, di cui il Collegio si è fatto carico- promanare anche dalle labbra di un VETTORE PRESILIO.
2.1.2.3.2) Le dichiarazioni di Amos SPIAZZI
In dibattimento, davanti alla Corte, lo SPIAZZI (67) si è impegnato -con rara abilità, che peraltro i verbali istruttori lasciavano presagire- in un lungo sforzo teso ad annullare, a volte impercettibilmente, per successive minime approssimazioni, e a volte anche in modo brusco, la faticosa ricostruzione che dei fatti a sua conoscenza era stato possibile compiere, con sofferta gradualità, attraverso le mutevoli (68) dichiarazioni rese in precedenza.Di fronte a tanto sfacciato camaleontismo, sarebbe non soltanto improduttivo, ma certamente fuorviante inseguire il Colonnello nei suoi incessanti contorsionismi logici e verbali. L'unica seria operazione valutativa cui la Corte può e deve dedicarsi consiste nell'estrapolare, dal caotico coacervo, quelle notizie che non restano affidate soltanto alle dichiarazioni del teste.
E le notizie in questione, per la parte che qui interessa, sono le seguenti:
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(67) -Cfr. vu 8/10/87 e vu 12/10/87. (68) - Una paziente ed attenta disamina comparativa delle dichiarazioni rese dallo SPIAZZI sino al 26/11/1984 trovasi nei §§ 7.2, 7.3 e 7.4 dell'ordinanza del `Tribunale della Libertà' citata sub 1.7.11), nota (37).
a) lo SPIAZZI, nell'ambito di un rapporto di collaborazione
con il SISDE, il 17/7/1980 si recò a Roma, ove si adoperò per ottenere notizie sulle iniziative in atto nell'ambiente dell'eversione neofascista della capitale. Alla deposizione dello SPIAZZI sul punto attribuiscono tranquillante conforto le dichiarazioni provenienti dai testi SALERNO (69), BENFARI (70), RACANIELLO Giulia (71) e -con contributi più limitati ed indiretti- D'APRILE (72) e RACANIELLO Anna Maria (73), complessivamente e comparativamente valutate. Quanto poi al particolare aspetto relativo all'anteriorità del viaggio e delle notizie raccolte e trasmesse al SISDE rispetto alla strage, siamo in presenza di una data certa: il 28/7/1980, data dell'informativa in cui furono raccolte le notizie dello SPIAZZI, della quale non è
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(69) - Cfr. EB, V3, C91 e vu 2/11/87, p17. (70) - Trattasi dell'Appuntato che, con il nome di copertura di BARONE, rappresentava il referente dello SPIAZZI all'interno del Servizio. Per le dichiarazioni di costui, cfr. EA, V10/a-6, C298 bis, vu 7/10/87, pp. 32-63 e vu 12/10/87, pp. 86-88. (71) - Cfr. EB, V2, C42 e C49. In giudizio, la RACANIELLO, escussa in Roma ai sensi dell'art. 453 C.P.P. -cfr. vu 6/11/87, pp. 2-9- è apparsa in pietose condizioni psicofisiche e, dopo aver alquanto annaspato, è stata sottratta da una `provvidenziale' crisi nervosa alla prova, per lei improba, di continuare a reggere l'esperienza della pubblica deposizione. (72) - Cfr. EB, V2, C60. pp. 1-3 e vu 2/11/87, pp. 35-37. (73) - Cfr.EB,V2,C49, pp. 5-6 e vu 18/2/88, pp. 113-114. ragionevolmente possibile dubitare, alla stregua del controllo documentale incrociato che è possibile compiere in base alle annotazioni ed ai protocolli del carteggio -interno agli uffici della Direzione ed anche relativo alla corrispondenza fra Direzione ed uffici periferici- sviluppatosi attorno all'informativa (74).
b)Il Colonnello fu in grado, grazie ai suoi contatti romani, di riferire al SISDE degli sforzi compiuti in Roma, nell'ambiente eversivo di destra, per riunificare in un'unica organizzazione vari gruppi (definiti genericamente"N.A.R.") che si muovevano autonomamente, e che l'opera di riunificazione era condotta da tale "Ciccio", nel quale la Corte -come già il Giudice Istruttore- identifica con certezza Francesco MANGIAMELI.
Qui le indicazioni provenienti dallo SPIAZZI traggono conforto dalla sostanziale sovrapponibilità dell'informativa e dell'intervista rilasciata dal teste al settimanale `L'Espresso' (75),dal fatto che il
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(74) - Cfr. RA, V3 bis, C132 bis, pp. 11 ss. (75) - Cfr. supra, sub 1.1.4).
MANGIAMELI si riconobbe immediatamente nel `Ciccio'(76) dell'intervista, dal contenuto del volantino diffuso da `Terza Posizione' dopo la morte del MANGIAMELI (77), nonché dalla `visita' che lo SPIAZZI ricevette da parte di
Renato GARIBALDI, esponente di Terza Posizione, al quale il Colonnello dovette rendere conto dell'intervista
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(76) - La circostanza è nota attraverso le dichiarazioni di Rosaria AMICO, vedova MANGIAMELI e di Alberto VOLO. La prima, in un verbale d'interrogatorio ex art. 348 bis C.P.P. (cfr. EA, V10/a-3, C117, p39) confermato in giudizio (cfr. vu 16/11/87, pp. 72 ss.), il 21/12/83 ebbe a dichiarare al Giudice Istruttore: "Ricordo con sicurezza che mio marito si identificò nel `CICCIO' di cui all'intervista sull'Espresso dell'agosto '80 di Amos SPIAZZI. Ricordo anzi che avemmo una discussione quando leggemmo sul giornale il testo dell'intervista perché io mi preoccupai e dissi a mio marito: `Vedi a che ti porta l'attività politica?' Mio marito che, dopo la lettura dell'intervista aveva detto: `Questi mi vogliono incastrare...', quando mi vide preoccupata disse che in fondo si trattava di cavolate e cercò di sminuire l'importanza della cosa. Di un fatto però sono certa che Francesco si identificò nel `CICCIO' dell'intervista e che la sua prima reazione alla lettura fu di risentimento nei confronti di Amos SPIAZZI." Il secondo, interrogato ai sensi dell'art. 450 bis C.P.P. (cfr. vu 15/1/88, p1 recto e verso), ha confermato anche le seguenti dichiarazioni, rese al Giudice Istruttore il 5/1/84 (cfr. EA, V10/a-3, C134, p18): "MANGIAMELI parlò con me della famosa intervista al colonnello SPIAZZI e mi disse che si riconosceva nel `CICCIO' di cui all'intervista; non si meravigliava che SPIAZZI potesse conoscerlo o meglio sapere il suo nome perché considerava SPIAZZI un agente dei servizi segreti. Il MANGIAMELI si riconobbe nel`CICCIO' di cui all'intervista perché a suo dire esercitava realmente l'attività di proselitismo e collegamento attribuita al `Ciccio' dell'intervista. Si mostrava quindi molto turbato e preoccupato nel senso che temeva di rimanere coinvolto nelle indagini sulla strage del 2 agosto e di essere arrestato." (77) - In detto volantino (cfr. EA, V10/a-5, C232 bis/1, p51) si fa carico allo SPIAZZI, indicato come uomo dei servizi, d'aver lanciato, con l'intervista, un avviso in codice diretto contro `Ciccio' MANGIAMELI.
rilasciata all' `Espresso' (78).
c) L'opera di ricompattamento portata avanti da Francesco MANGIAMELI mirava a conciliare gli obiettivi delle varie frange dell'eversione cui si rivolgeva, e puntava, quindi, su una progettualità che contemperasse l'interesse di chi privilegiava obiettivi indiscriminati e di chi intendeva invece compiere attentati selettivi. Da un lato si trattava di reperire armi ed esplosivo ad ogni costo; dall'altro si programmava un attentato ad un magistrato e ad un picchetto dei Carabinieri, da compiersi in tempi brevi, durante una celebrazione o in occasione di una ricorrenza. In una riunione tenutasi poco tempo prima a Milano, due elementi romani dei N.A.R.
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(78) - Ha riferito lo SPIAZZI (EA, V10/a-5, C232 bis/1, p46): "...verso la metà di ottobre," (del 1980) "preannunziato da una telefonata si presentò a me persona qualificatasi come Giuseppe GARIBALDI (GARIBALDI Renato: n.d.r.) Ebbi immediatamente la sensazione che GARIBALDI fosse stato inviato da Terza Posizione per informarsi su di me. Egli infatti esordì in modo duro dicendomi di essere aderente di Terza Posizione e che non avevano apprezzato il mio intervento su MANGIAMELI. Ricordo che per un attimo ebbi anche qualche preoccupazione per la mia persona." La circostanza della visita ha trovato conferma da parte del GARIBALDI (deposizione di cui in EA, V10/a-6, C268, pp. 4 ss., dichiarata utilizzabile all'udienza del 2/2/88 -cfr. vu 2/2/88, p12-), il quale ha ammesso che si parlò del MANGIAMELI e che egli chiese al suo interlocutore: "Ma come ti viene in mente di fare delle confidenze a dei giornalisti?"
controllati dal MANGIAMELI avevano chiesto di acquistare armi senza limiti di prezzo, "avendo deciso di di procedere, dopo il periodo estivo, alla eliminazione fisica di altro magistrato" (79) (l'assassinio del dott. AMATO risaliva al mese precedente).
A riscontro di quanto precede, occorre considerare che nello stesso periodo, immediatamente prima della strage (giugno-luglio 1980), il VETTORE apprendeva dal RINANI notizie in larga parte sovrapponibili a quelle che lo SPIAZZI ha attinto da fonte certamente diversa: si programmava, per la fine dell'estate, di assassinare un magistrato, nell'ambito di una più vasta progettualità, che contemplava anche attentati di carattere indiscriminato. Tale sovrapponibilità rappresenta di per sé una forma di controllo reciproco delle notizie, se si tien conto che, almeno per una parte, è certamente anteriore alla strage: ci si riferisce all'attentato al magistrato da porre in esecuzione alla fine dell'estate,
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(79) - Tale ultima notizia, presente nell'informativa 28 luglio 1980, è dallo SPIAZZI attribuita ad una sua fonte veronese: cfr. interrogatorio 20/5/83, in EA, V10/a-5, C232 bis/1, p32. di cui riferì il VETTORE nel luglio e di cui si parla nell'informativa SISDE dello stesso mese. Ma anche la notizia relativa alla componente indiscriminata della progettualità dei gruppi che il MANGIAMELI veniva coordinando, quantunque non esplicitata nell'informativa del luglio (ove comunque si fa cenno del compito affidato al MANGIAMELI di reperire esplosivo ad ogni costo), trova sconcertanti conferme. Infatti, lo SPIAZZI, a strage avvenuta, pose immediatamente l'attentato in relazione con le notizie apprese nell'ambiente romano. Il teste l'ha negato in dibattimento, ma l'aveva ammesso in altra sede, dando anche conto della precedente negativa (80).
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(80) - Il 20/5/1983, al Giudice Istruttore GRASSI che lo interrogava come imputato in altro procedimento (cfr. EA, V10/a-5, C232 bis/1, pp. 28 ss.), riferiva tra l'altro: "Il mio appunto `il dr. PRATI'" (di cui si dirà tra breve) "contiene effettivamente dei riferimenti alla strage di Bologna, come più volte l'Ufficio mi ha fatto rilevare. Sino ad ora ho risposto in modo incompleto sul punto, in quanto il mio difensore avv. BEZICHERI mi aveva raccomandato di affermare che quell'appunto non si riferiva a Bologna in quanto, così facendo, non vi sarebbe stato alcun nesso tra la mia posizione processuale ed il Tribunale di Bologna. Ciò evidentemente in sintonia con il ricorso in Cassazione per incompetenza territoriale del Tribunale di Bologna...l'intervista all'Espresso del 5/8/1980 la rilasciai,oltre che per prevenire azioni future, anche ritenendo che la strage di Bologna fosse stata eseguita proprio nell'ambito di quei progetti, dei quali si era parlato a Roma e che avevo riferito al BARONI...mi domandavo come mai non erano state arrestate quelle persone su cui esistevano così pesanti indizi...ritenni...di dover fare il possibile perché MANGIAMELI fosse fermato..."
D'altronde, a soli tre giorni dalla strage, il Colonnello non perse l'occasione di rilasciare la nota intervista; la quale, a ben vedere, se veicolava oscuri messaggi, aveva tuttavia anche un significato assai esplicito: nel momento in cui le indagini per l'attentato dovevano ancora decollare, indicava la consapevolezza, nell'intervistato,che il MANGIAMELI fosse un esponente di grande spicco del terrorismo di destra, in piena operatività nel periodo in cui la strage era venuta a cadere.
Si è visto che il MANGIAMELI si riconobbe nel `Ciccio' dell'intervista. Si vedrà poi che egli, nel settembre, fu assassinato da un gruppo di cui facevano parte Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO, raggiunti da irresistibili prove di colpevolezza per la strage del 2 agosto 1980 e ospiti del MANGIAMELI in Sicilia prima e dopo l'attentato.
Né deve sfuggire che, nel documento sequestrato (81) allo SPIAZZI e aprentesi con il sintagma "Il Dottor PRATI", di
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(81) - Fu sequestrato nel procedimento n. 651/52 R.G.G.I. e trovasi in copia in EA, V10/a-5, C232 bis/1, pp. 47- 49. di cui si è fatto cenno alla nota (80), documento dattiloscritto dal teste e contenente, in termini alquanto criptici, la cronistoria del rapporto dello SPIAZZI col SISDE, a proposito della vicenda in questione si legge: "Ultimo piacere. La situazione è tragica: ci sono le morti di Amato e dei giudici di Bologna. I NAR sembrano preparare altre morti. Non si sa bene chi sia l'ideatore di un nuovo massacro se un certo Chicco (Furlotti) o Ciccio (Mangiameli isospettabile). Se c'è un VERO pericolo bisogna andare. Il Dottore appura che Ciccio è un agente di Delle Chiaie, provocatore, che ha mandato in galera per conto della polizia dei malavitosi (affermazioni concordi di R.G. e T.) La destra sospetta anche che la strage che egli progetta (uccisione di un magistrato con picchetto completo di CC...)..."
Il dato su cui l'attenzione deve necessariamente cadere è la presenza,in tale specifico contesto, dell'inciso "le morti...dei giudici di Bologna". Letteralmente intesa, l'espressione non si riferisce ad alcun fatto storico, non essendo stati consumati attentati in danno di giudici bolognesi; si dovrebbe, alternativamente, ipotizzare che le morti siano quelle su cui i giudici di Bologna indagavano. Sarebbe comunque inutile fatica l'avventurarsi nella ricerca dell'esatta chiave di lettura: giacché non consentirebbe, comunque, di allontanarsi dal terreno delle ipotesi. Occorre invece soltanto rilevare il dato obiettivo -che ben si armonizza con gli altri testé passati in rassegna- della presenza di un testuale riferimento alle morti ed a Bologna nel corpo di un brano in cui lo SPIAZZI sunteggia la vicenda della sua azione informativa svolta nel luglio 1980, facendo poi cenno degli sviluppi relativi all'intervista all' `Espresso' ed all'eliminazione del MANGIAMELI.
2.1.2.3.3) Le dichiarazioni di Mario Guido NALDI
Si è succintamente dato conto, sub 1.3.1), del contenuto delle dichiarazioni rese nal maggio del 1981 da Mario Guido NALDI, prima interrogato come imputato in altro procedimento, e poi escusso come testimone nel presente. Occorre ricordare che, nel corso del colloquio della primavera '80, il FIORE e l'ADINOLFI, per esemplificare il tipo di azioni di lotta armata che avrebbe potuto porre in essere il gruppo di `Terza Posizione' per la cui fondazione essi si erano rivolti al NALDI, avevano fatto riferimento ad uno specifico episodio di attentato avvenuto in Roma all'interno di una Sezione del Partito Comunista. Orbene, per intendere il contenuto e l'orientamento della proposta, si deve aver presente che, nella capitale, il 16/6/1979, mentre era in corso nei locali della sezione del Partito Comunista Italiano dell'Esquilino, in via Cairoli, un'affollata riunione di circa cinquanta persone, due appartenenti ai N.A.R. avevano fatto irruzione, e, mentre uno esplodeva colpi di pistola, l'altro lanciava due bombe a mano che, esplodendo, ferivano 25 persone (82).
In dibattimento, il NALDI ha sostenuto (83) che egli nel 1980 aveva ricevuto soltanto una proposta politica e che, nelle dichiarazioni istruttorie ebbe a forzare la mano. Il tentativo di ridimensionare quanto detto in precedenza non convince: e perché i fatti riferiti a suo tempo si armonizzano con quelli noti attraverso altre fonti; e perché
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(82) - Cfr. AA, V13, C74, p123. (83) - Cfr. vu 23/11/87, p19.
non è dato capire il motivo per il quale il NALDI si sarebbe indotto a formulare accuse di tanta gravità, se fossero state false. E' vero invece che le rivelazioni furono frutto di una tormentata decisione, le cui motivazioni il NALDI volleesplicitare agli inquirenti. Ora, è lecito dubitare della genuinità di tali motivazioni, di ordine morale, ideologico e politico: ma se pure l'interesse che muoveva il NALDI era più prosaicamente quello di prendere le distanze da iniziative di lotta armata di cui non intendeva condividere le responsabilità, non per questo resta indebolita l'attendibilità di quanto ebbe a dichiarare.
2.1.2.3.4) Le dichiarazioni di Leonardo GIOVAGNINI
Nel luglio del 1980, cioè nello stesso periodo in cui il VETTORE e lo SPIAZZI entravano in possesso delle notizie di cui si è ampiamente detto, Leonardo GIOVAGNINI di Osimo, già espulso dal Movimento Sociale Italiano, arruolato in `Terza Posizione' nel 1979 dal FIORE e dall'ADINOLFI, recatosi a Roma, ebbe ad incontrare Roberto FIORE. A proposito di quell'episodio, il GIOVAGNINI, inquisito nell'ambito del procedimento romano cosiddetto di `Terza Posizione', riferì: "nel corso del mio incontro col FIORE costui mi disse che il movimento a Roma era diventato molto forte e che in sostanza perseguiva finalità eversive nel senso che il movimento, attraverso azioni militari destabilizzanti, si riprometteva di creare i presupposti per una rivoluzione di popolo. Mi disse anche che il movimento era armato e che aveva mezzi sufficienti per riuscire nell'intento. Nella circostanza mi fece anche presente che tutti i militanti erano armati e pronti a compiere azioni terroristiche. Non scese in particolari per quanto riguardava i nomi facendomi comunque intendere che il movimento era pronto per la lotta armata, sia sotto il profilo numerico che sotto quello organizzativo" (84).
2.1.2.3.5) Le dichiarazioni di Mirella ROBBIO
Deponendo come testimone nell'istruttoria di altro procedimento, il 2/7/1987, Mirella ROBBIO, moglie separata dell'estremista di destra Mauro MELI, dichiarava (85): "...Accadde poi che poco prima della strage di Bologna del 2/8/80, forse due settimane prima si presentò da me il
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(84) - Cfr. EA, V10/a-6, C265, pp. 25-26. In giudizio vi è stata una sostanziale conferma (vu 25/2/88, p87). (85) - Cfr. AAD, V12, C23.
capitano Segatel. Il mio convivente, presente al nostro incontro, lo colloca ad una distanza di circa un mese dalla strage di Bologna. Il capitano mi dissse che aveva bisogno di un grosso favore. Il capitano mi disse che sapeva che la destra stava preparando qualcosa di veramente grosso: le parole che uso nel riferire queste affermazioni del capitano sono pressoché testuali. Mi chiese di riprendere contatti con l'ambiente del M.S.I. di Genova e soprattutto con i vecchi amici di mio marito per cercare di capire cosa fosse in preparazione. Feci presente al capitano che non avevo più rapporti tali da consentirmi di accedere a notizie riservate dell'ambiente di destra e comunque consideravo la cosa troppo rischiosa. Si verificò poi la strage di Bologna ed io mi rammaricai di non aver fatto quanto forse potevo per evitare un così grave fatto criminoso. Forse c'era una possibilità per quanto piccola di venire a sapere in tempo qualcosa. Ero dunque dispiaciuta di non aver fornito la mia collaborazione al capitano. Questi, dopo la strage, venne da me e mi disse: `Hai visto cosa è successo?'. Decisi allora, finalmente, di dire tutto quanto era a mia conoscenza, dapprima in forma confidenziale e quindi innanzi alle diverse A.G.". Tali dichiarazioni sono state confermate in dibattimento (86).
2.1.2.3.6) Le dichiarazioni di Stefano NICOLETTI
Si è sunteggiato sub 1.2.2) il contenuto dei colloqui svoltisi nel carcere di Rimini, in epoca di poco posteriore alla strage, fra Stefano NICOLETTI ed Edgardo BONAZZI. In giudizio, il primo ha confermato le dichiarazioni istruttorie (87), mentre il secondo, sentito con le garanzie della difesa, perché chiarisse se ed in che termini si fossero svolte le conversazioni col NICOLETTI, si è avvalso della facoltà di non rispondere (88).
Il NICOLETTI, autore di una deposizione il cui peso non può in alcun modo essere sottovalutato, merita di essere pienamente creduto. Egli rende dichiarazioni che non soltanto si armonizzano, in un quadro coerente, con quelle provenienti dalle altre fonti passate in rassegna, ma forniscono a queste ultime un'adeguata chiave di lettura. Per la parte relativa ai dialoghi captati nel carcere di
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(86) - Cfr. vu 16/2/88, p78. (87) - Cfr. vu 20/10/87, p109. (88) - Cfr. vu 15/2/88, p15.
Ferrara, si è visto che le parole del teste hanno trovato ampie conferme, anche da parte di persone totalmente insospettabili. Il NICOLETTI non è stato mosso dalla volontà di fornire a tutti i costi un contributo all'attività degli inquirenti in senso favorevole all'accusa: quando pendeva a carico del FURLOTTI l'imputazione di strage, il teste riferì d'aver appreso dallo IANNILLI, il quale si era espresso in termini di assoluta convinzione, dell'innocenza del FURLOTTI (89). Lo IANNILLI, dal canto suo, già nel settembre dell'80 aveva dovuto ammettere che i contatti con il NICOLETTI avevano avuto luogo, pur sostenendo che il contenuto dei dialoghi era stato riferito dal teste in maniera falsa o travisante (90). Nell'interrogatorio del
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(89) -Cfr. EA, V10/a-2, C64, p16. (90) - Cfr. EA, V10/a-2, C64, p17. Nel corso del confronto col teste, lo IANNILLI ebbe ad affermare: "Ammetto di aver cercato di avere notizie anche tramite il detenuto della cella accanto che poi si è saputo essere il qui NICOLETTI.- Nego di aver detto la frase che a far fare certe cose ai ragazzini, finiscono poi male, ma dissi riferendomi al DE ORAZI Luca che non è conveniente avere per amici dei giovani più piccoli.- Il nome del DE ORAZI l'avevo appreso sui giornali quando io ero ancora libero.- Nego di aver detto con riferimento alla frase che FURLOTTI era stato lui a mettere la bomba: `Impossibile, so che non è stato lui'. Ammetto che conosco il FURLOTTI come ho già spiegato.--- Nego di aver fatto riferimento espresso al FURLOTTI o che la nostra conversazione si fosse riferita al detto FURLOTTI, nego di aver escluso la partecipazione di taluno alla strage.---Nego di aver detto `come mai ci hanno preso tutti', ma invece mi chiedevo `come hanno fatto ad arrestarmi insieme a questi altri?' Io FEMIA non l'avevo mai conosciuto."
15/12/85, parzialmente modificando le precedenti dichiarazioni, ammise tuttavia d'aver effettivamente espresso il suo convincimento circa l'estraneità del FURLOTTI alla strage (91).
Per quanto attiene,in particolare, alle notizie che il NICOLETTI afferma d'aver appreso dal BONAZZI, la riprova della loro genuinità e veridicità riposa sulla specificità e sulla coerenza interna del loro contenuto: non potevano essere note al NICOLETTI, delinquente comune di basso livello, le circostanze relative al contenuto, alla redazione ed alla diffusione delle rivista `QUEX', nè egli aveva la preparazione per riferire agli inquirenti -di scienza propria e falsamente attribuendole al BONAZZI- le citazioni e le analisi politiche di cui al verbale di deposizione. D'altronde, vari particolari appresi e riferiti dal teste hanno trovato precise e plurime conferme in altre acquisizioni probatorie: il riferimento ai "ragazzini" quali esecutori dell'attentato, ed alla maggior gravità del medesimo rispetto a quanto programmato;l'indicazionedegli
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(91) - Cfr. IA, V9/a-1, C4 bis, p14.
ideatori del massacro in FACHINI e SIGNORELLI, raggiunti anche `aliunde' da molteplici e convergenti indizi; la rivelazione che il programma terroristico, poi non realizzato compiutamente, aveva originariamente previsto azioni dimostrative nelle città di Bologna, Milano e Genova (a Bologna verrà posta in essere la strage; a Milano, pochissimi giorni prima, era stato compiuto un altro gravissimo attentato, presso la sede del Consiglio Comunale; a Genova, nell'imminenza della strage del 2 agosto, i Carabinieri tenteranno di attivare la fonte ROBBIO, avendo notizia di attività terroristiche in preparazione negli ambienti della destra).
Il BONAZZI, poi, era fonte qualificatissima. Estremista di rango e non semplice gregario, costui, già negli anni precedenti, giovandosi degli spostamenti che otteneva in virtù delle sue pendenze giudiziarie, aveva ricoperto il ruolo di agente di collegamento fra il FREDA ed il TUTI e gli altri più rappresentativi esponenti neofascisti. Anche in occasione dei fatti riferiti dal NICOLETTI, il BONAZZI, essendo detenuto in Sardegna, aveva preso a preteso la celebrazione di un processo a suo carico, per poter venire in carceri ove erano detenute persone coinvolte nell'inchiesta sulla strage e carpire loro informazioni a proposito di quell'attentato, che aveva provocato una dura repressione a carico delle formazioni neofasciste, creando una situazione di sbandamento fra i militanti. Ottenuto il trasferimento a Rimini, era entrato in contatto con Roberto RINANI, del quale si era accattivato la confidenza, da lui attingendo opportune informazioni: né la cosa dovette riuscire difficoltosa,avendo potuto il BONAZZI spendere il nome del capo carismatico della cellula veneta, cioè il nome di Franco FREDA.
All'esito dell'inchiesta, il `commissario politico' (92) si era poi lasciato andare, con il NICOLETTI, alle riferite rivelazioni.
2.1.2.3.7) Prime parziali conclusioni
Le fonti sin qui esaminate sono di segno convergente e sono suscettibili di essere ricondotte ad unità, nell'ambito di una coerente ricostruzione, i cui elementi si supportano e
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(92) - Così definito dal PUBBLICO MINISTERO, in RE, p655, rigo 1.
corroborano vicendevolmente.
L'ampia sovrapponibilità delle informazioni provenienti -attraverso fonti diverse- dal VETTORE e dallo SPIAZZI, nonchè gli ulteriori elementi indicati a sostegno della affidabilità di talune affermazioni del secondo, depongono nel senso del perseguimento, nel 1980, da parte dei poli veneto e romano dell'eversione neofascista, di una progettualità terroristica, orientata tanto verso le azioni di carattere indiscriminato che verso gli obiettivi di tipo selettivo. Mario Guido NALDI, nella primavera dell'80, aveva ricevuto la visita dei `leaders' di `Terza Posizione', FIORE ed ADINOLFI, che, nel proporgli la costituzione, in Bologna, di una `sezione' del loro movimento, avevano fatto riferimento ad azioni paradigmate sull'assalto di una Sezione del Partito Comunista Italiano di Roma, compiuta dai N.A.R. e realizzata con il lancio di bombe a mano. Roberto FIORE sarà indicato dallo SPIAZZI (93) come colui che, assieme a Walter SPEDICATO, nel luglio 1980, gli aveva
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(93) - Al Colonnello -cfr. EA, V10/a-5, C232 bis/1, p54- fu anche sottoposta la fotografia del FIORE.E, nella forma del riconoscimento, ancora una volta egli fu fedele al suo inconfondibile stile: "FIORE, più lo vedo e più mi convinco che è lui".
fornito le notizie raccolte nella nota informativa SISDE e più ampiamente riferite agli inquirenti. Se si pone mente al
fatto che il GIOVAGNINI afferma d'aver ricevuto dal FIORE, proprio nel luglio del 1980, le rivelazioni riferite circa la disponibilità di armi ed il programma di lotta armata del movimento, da condurre attraverso azioni destabilizzanti, si vedrà come, rilette sinotticamente, le dichiarazioni sue, del NALDI e dello SPIAZZI, si confortino reciprocamente e costituiscano attestato di credibilità l'una per l'altra.
Si vedrà, nell'esaminare il delitto di banda armata, quali fossero i rapporti ed i collegamenti operativi fra i vari SIGNORELLI, FACHINI, CAVALLINI e FIORAVANTI, cioè fra esponenti di vertice dell'estremismo nero della capitale e del Veneto ed elementi di spicco di quei N.A.R. cui si rivolgeva l'azione coordinatrice del MANGIAMELI. Si vedrà altresì il formidabile supporto militare che, fin dai primi mesi del 1980, Valerio FIORAVANTI aveva preso a fornire a `Terza Posizione', contribuendo in modo decisivo alla `escalation' del movimento. E si vedrà ancora che -al di là dei pretesi contrasti fra il FIORAVANTI ed i vertici dello stesso movimento- il FIORAVANTI, nel luglio del 1980, fu ospite in Sicilia di Francesco MANGIAMELI, con il quale condivideva il progetto di far evadere Pierluigi CONCUTELLI, all'epoca in fase di organizzazione. Il MANGIAMELI poi, dopo il 2 agosto e prima di essere assassinato dal FIORAVANTI e dai sodali di quest'ultimo, aveva riferito al VOLO, in più di un occasione, che "la strage di Bologna era opera dei servizi segreti diretta a provocare una reazione contro la destra e che SIGNORELLI FACCHINI" (sic) "e AFFATIGATO erano in effetti agenti dei servizi." (94)
In questo quadro si innestano le dichiarazioni del NICOLETTI, che -lo si è anticipato- costituiscono una preziosa chiave di lettura dei fatti: erano previste, per l'inverno del '79 o la primavera dell'80, azioni dimostrative a Bologna, Milano e Genova (in quest'ultima città i Carabinieri, allertati,tentatarono poidi sensibilizzare la ROBBIO, per acquisire utili informazioni);
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(94) - Cfr. interrogatorio reso da VOLO il 15/9/80 nel procedimento per l'omicidio del MANGIAMELI, in EA, V10/a-3, C134/1, pp. 2 ss., e, in particolare, p6. Si tratta di dichiarazioni confermate in giudizio (cfr. vu 15/1/88, p2 retro).
per motivi non precisati, l'iniziativa aveva dovuto essere rinviata; qualcuno, peraltro, anziché desistere, aveva voluto forzare la mano, e dare comunque corso all' "azione dimostrativa", che, però, aveva prodotto effetti più disastrosi di quelli programmati; il divario fra obiettivi prefissati e risultato realizzato era dipeso dall'essersi gli ideatori -indicati nel FACHINI e nel SIGNORELLI- associati nell'impresa dei "ragazzini"; e poiché l'enormità delle conseguenze dell'attentato aveva provocato una pesante reazione verso la destra, con l'arresto delle "falangi" e la distruzione dei ranghi, il SIGNORELLI ed il FACHINI avrebbero dovuto pagare: "se un soldato sbaglia deve pagare il sergente non il generale" (95).
Occorre aver presente che il riferimento ai `ragazzini', già presente nelle parole del FEMIA captate nel carcere di Ferrara, ripreso in altro contesto dal BONAZZI, e poi, a fine istruttoria, dalla FURIOZZI, era stato presente altresì nelleconfidenzefattedalMANGIAMELI al VOLO (96);echeil
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(95) - L'apoftegma del BONAZZI attribuisce al FACHINI ed al SIGNORELLI il ruolo di sergenti, mentre il grado di generale resterebbe riservato al FREDA. (96) - Cfr. EA, V10/a-3, C134/1, p21.
MANGIAMELI, presso il quale -come si è visto- avevano
alloggiato, sino a pochissimi giorni prima della strage, il FIORAVANTI e la MAMBRO, diede rifugio, dopo l'attentato, a Luigi CIAVARDINI, presente nel Veneto, in compagnia dei primi due, nei giorni a cavallo del 2 agosto, e oggi raggiunto a sua volta da una comunicazione giudiziaria per il delitto di strage.
Né deve sfuggire che, in effetti, la strage di Bologna ebbe caratteristiche e proporzioni che travalicavano i limiti dellaprogettualità terroristica coltivata nell'ambiente dell'eversione neofascista romana, così come ci è nota attraverso varie fonti: sappiamo dallo SPIAZZI che il tentativo del MANGIAMELI di conciliare le diverse tendenze presenti nel frastagliato mondo eversivo cui era diretta la sua azione coordinatrice avrebbe potuto sfociare nell'attentato ad un magistrato e ad un picchetto di Carabinieri, durante una celebrazione e che, in effetti, l'assassinio di un giudice era già stato programmato a breve scadenza; sappiamo ancora, attraverso le dichiarazioni istruttorie di Alberto VOLO, che il MANGIAMELI aveva condannato la strage di Bologna "perché si era colpito nel mucchio", ma non aveva disapprovato "certe azioni delle Brigate Rosse come l'omocidio di MORO e gli attentati a singole persone". Il MANGIAMELI, "in particolare, aveva approvato l'omicidio del giudice AMATO..." (97). Anche le azioni di tipo diverso che, nell'ambiente, si ipotizzava di porre in esecuzione (vi era chi ventilava di ispirarsi, come modello, all'attentato alla Sezione del Partito Comunista Italiano dell'Esquilino), pur avendo un taglio più marcatamente indiscriminato, non miravano a "colpire nel mucchio", provocando un elevato numero di vittime, ma rappresentavano, piuttosto, una forma, estrema e degenerata, di lotta all'avversario politico, destinato ad essere
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(97) - Cfr. EA, V10/a-3, C134/1, p7. In giudizio, il VOLO non ha confermato (cfr. vu 15/1/88, pp. 2 retro ss.) questa parte delle dichiarazioni istruttorie, sostenendo che gli erano state estorte con la tortura. Siffatta sortita è perfettamente coerente con il complessivo atteggiamento di questo personaggio tutt'altro che lineare, interno alla cellula palermitana del MANGIAMELI e autore della nota lettera anonima spedita ad un funzionario della Questura di Palermo alla fine del luglio '80. Già inquisito nel procedimento per l'omicidio MANGIAMELI, il VOLO è stato interrogato ai sensi dell'art. 450 bis C.P.P. Non ha naturalmente chiarito i motivi per cui soltanto dopo oltre sette anni si è deciso a rivelare ai giudici del presente procedimento che avrebbe fatto certe dichiarazioni sol perché vittima di violenze fisiche. Peraltro, la conferma di quanto a suo tempo dichiarato dal VOLO era già intervenuta `ab externo': lo SPIAZZI aveva chiarito verso quali azioni potesse essere indirizzata l'azione coordinatrice di `Ciccio' MANGIAMELI.
ferocemente aggredito nelle sue stesse sedi.
Resta così spiegato perché il MANGIAMELI, all'indomani del 2 agosto, prese le distanze dalla strage, che, per le sue immani proporzioni e le sue terrificanti conseguenze, aveva rappresentatoun improvviso ed incontrollato colpo d'acceleratore. Ma la sua sorte era ormai segnata. Non solo egli era `politicamente' inaffidabile, per la sua indisponibilità o inattitudine a sopportare il peso della mostruosa carneficina, ma, dopo la pubblicazione dell'intervista dello SPIAZZI, era divenuto una vera e propria mina vagante per gli autori della strage, che, non avendo avuto difficoltà ad identificare il `Ciccio' dell'intervista stessa, sapevano bene che costui rappresentava una traccia vivente in direzione delle loro responsabilità.
Questo lo sfondo sul quale vanno esaminate le prove raccolte a carico degli imputati di strage, che si esamineranno di seguito. Si vedrà come e perché tali prove, idonee a suffragare l'affermazione della penale responsabilità del singolo in taluni casi, insufficienti (quantunque assai cospicue) in altri, conducano a conclusioni coerenti con le premesse sin qui poste, rendendole via via suscettibili di una più concreta lettura e traendone, al tempo stesso, complessivo conforto logico.
2.1.2.4)I rapporti operativi fra gli imputati di strage all'interno della banda armata oggetto di giudizio. Rinvio
Condivide questo Collegio l'orientamento della Suprema Corte secondo cui dall'appartenenza di un individuo ad una formazione armata non è dato far discendere, automaticamente, la sua responsabilità per gli episodi delittuosi a tale formazione ascrivibili. E' per converso del tutto lecito utilizzare gli elementi di prova che a carico del singolo, nell'analizzare la sua posizione all'interno dell'organizzazione, siano emersi in ordine a specifici collegamenti con altri determinati sodali, per trarne elementi di giudizio in ordine alle responsabilità per il singolo delitto, ogniqualvolta la natura e la qualità di quei rapporti siano idonee a corroborare altri elementi `aliunde' raccolti in merito a tale delitto. Fatta tale doverosa premessa, si precisa -come si è anticipato- che, ad evitare ripetizioni, si valuteranno nel capitolo relativo alla banda armata le prove dei collegamenti operativi fra gli imputati di strage ed altri prevenuti all'interno di una formazione nel cui programma politico-militare si è venuta ad inscrivere la strage del 2 agosto 1980. A tale parte della trattazione occorre pertanto fare rinvio, con l'avvertenza che, per quanto necessario, fatti e collegamenti colà dimostrati saranno utilizzati sin da ora.
2.1.2.5)La posizione di Giuseppe Valerio FIORAVANTI e di Francesca MAMBRO
2.1.2.5.1) Le dichiarazioni di Massimo SPARTI
Si è dato conto, sub 1.2.18), di quanto riferito da Massimo SPARTI all'autorità giudiziaria romana sin dall'11/4/1981. Si è visto altresì, sub 1.4.3), che il contenuto di quel primo interrogatorio era stato poi più volte confermato e precisato avanti al Giudice Istruttore del presente procedimento. In un successivo verbale (98), il 5/5/1982, lo SPARTI aveva invece manifestato dei dubbi sulla data della richiesta di documenti da parte del FIORAVANTI, affermando di non essere sicuro che si trattasse del quattro agosto. In giudizio (99), ha spiegato quali pressioni (100) lo avessero ad un certo punto indotto ad introdurre elementi di perplessità nel proprio racconto, ed ha riconfermato con assoluta certezza la versione dei fatti originariamente
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(98) - EA, V10/a-4, C163/1, pp. 39-40. (99) - Cfr. vu 30/9/87, pp. 37-41, e vu 24/2/88, pp. 21-22. Lo SPARTI è stato escusso una prima volta come testimone. Successivamente, `re melius perpensa', la Corte ha deciso di risentirlo con le garanzie della difesa, ai sensi dell'art. 450 bis o comunque dell'art. 304 C.P.P. In tale ultima occasione le dichiarazioni precedentemente rese hanno trovato piena conferma. (100) - Di tali pressioni era già traccia in atti prima che lo SPARTI comparisse davanti alla Corte: cfr. AAD, V12, C27 e C63.
resa. Prima ancora di esprimersi aull'attendibilità dello SPARTI, deve la Corte chiarire il proprio pensiero in ordine all'interpretazione del senso complessivo del suo racconto. Ora, non v'è dubbio -a giudizio del Collegio- che le parole e l'atteggiamento del FIORAVANTI, così come sono stati riferiti, costituiscano un'assunzione di responsabilità, e, dunque, sia pure in termini allusivi e non espliciti, una sorta di confessione stragiudiziale. Occorre valutare nel loro complesso e nel loro reciproco interagire le seguenti circostanze: la presenza degli imputati alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980; il riferimento al "botto", accompagnato e seguito da aria di vanto, esaltazione e spavalderia; la reiterata e compiaciuta esaltazione del coraggio della MAMBRO da parte del FIORAVANTI; il travestimento del FIORAVANTI in occasione dei fatti, che gli induceva tranquillità per sé; la preoccupazione per la MAMBRO, che avrebbe invece potuto esser riconosciuta, al punto che il suo compagno le aveva fatto tingere i capelli; l'eccezionale urgenza di entrare in possesso dei documenti falsificati; le minacce rivolte allo SPARTI, prospettando ritorsioni nei confronti del figlio, se non avesse serbato il silenzio.
Tanto premesso, si osserva che le dichiarazioni dello SPARTI sono perfettamente credibili. Egli era persona idonea a ricevere confidenze tanto compromettenti: sodale dei fratelli FIORAVANTI, per i quali costituiva un sicuro punto diriferimento,era già stato messo a parte di altreimprese criminose. Nello stesso verbale dell' 11/4/81 si fa cenno del furto delle bombe a mano consumato da Valerio in Pordenone, durante il servizio militare (101). In altra parte del verbale (102)lo SPARTI riferisce: "...Quando appresi dell'omicidio di AMATO, chiesi a Valerio se era stato Alessandro." (103) "Per tutta risposta mi disse `questa volta lo abbiamo tanato. Hai visto che mira?' senza specificarmi chi fosse l'autore materiale del delitto." Orbene, in seguito fu accertata la penale responsabilità del FIORAVANTI sia per il furto delle bombe a mano che per il delitto AMATO. Per quanto riguarda, in particolare,
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(101) - Cfr. RA, V15. (102) - Cfr. AA, V9, C54, p12. (103) - Si tratta di Alessandro ALIBRANDI.
quest'ultimo crimine, il FIORAVANTI, all'epoca, non era ancora confesso; e soltanto nello stesso mese di aprile del 1981 venne indicato come uno dei responsabili dal fratello Cristiano (104).
Lo SPARTI, salvo l'ondeggiamento di cui ha spiegato le ragioni, ha tenuto ferma per anni, anche in pubblico dibattimento, una tremenda accusa, che lo espone ad una responsabilità e ad un rischio gravissimi. Ha fornito una versione lucida, particolareggiata ed internamente coerente dei fatti, ambientandoli nel tempo e dando convincentemente conto del loro sviluppo diacronico e dell'atteggiamento e delle reazioni dei protagonisti. Non ha mostrato enfasi accusatoria. Al contrario, nei primi verbali si è mostrato addirittura spaventato di quanto andava riferendo, ed ha efficacemente descritto lo stato d'animo con cui accolse le dichiarazioni del FIORAVANTI: vi si coglie una sorta di difficoltà, quasi di ripulsa a trarre le conclusioni che le vanterie dell'interlocutore pure costringevano a trarre. Lo SPARTI, inorridito e sgomento, avrebbe voluto non esser
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(104) - Cfr. AA, V11, C66/3, pp. 35 ss.
stato chiamato a condividere un simile segreto: "lo pregai di non parlarmi neppure di queste cose".
Le dichiarazioni dello SPARTI hanno poi trovato la formidabile conferma di Fausto DE VECCHI (105). E' costui persona certamente non prevenuta nei confronti degli imputati. Ne fa fede il modo stesso in cui si sono venute sviluppando le sue dichiarazioni istruttorie: lungi dall'essere la `spalla' dello SPARTI, disposta ad avallarne comunque le accuse, il DE VECCHI non ha ostentato facili sicurezze. Si è visto come si sia reso necessario un confrontotrai due, di cui si dato è succintamente conto; nell'occasione, il DE VECCHI, di fronte all'atteggiamento risoluto dello SPARTI, ha messo a fuoco i propri ricordi, con risultati che è bene apprezzare attraverso l'integrale efficace verbalizzazione (106): "Prendo atto di quanto afferma SPARTI e dichiaro che non posso essere certo nell'affermare che le due foto si riferissero ad un uomo. Non posso né confermarlo né escluderlo, sia perché non ho
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(105)- Cfr. gli atti istruttori citati sub 1.4.3) e vu 30/9/87, pp. 42-43 e vu 26/2/88, pp. 12 e 15. Come lo SPARTI, così anche il DE VECCHI è stato escusso in un primo tempo come teste epoi è stato risentito con le garanzie della difesa. (106) -EA, V10/a-4, C163/1, p43 retro.
fatto altro che consegnarle al falsario e quindi restituire
i documenti allo SPARTI, sia perché i documenti nella maggior parte dei casi non portavano il nome dell'interessato (per motivi di cautela) , sia perché di solito non avevo la curiosità di guardare a chi fossero destinati i documenti. Talvolta davo uno sguardo alle foto che mi venivano consegnate e in tal caso sarei stato in grado di ricordare le sembianze e siccome sono fisionomista, sono capace anche di riconoscere se la stessa persona viene riprodotta in foto anche successivamente sui giornali. Evidentemente nelle dichiarazioni rese alla S.V. l'8/12/81, di cui ricevo lettura, mi sono espresso inesattamente per quanto si riferisce al fatto di avere dato uno sguardo alle foto consegnatemi dallo SPARTI nell'estate del 1980. In sostanza non posso escludere che le foto consegnatemi da SPARTI ed i relativi documenti fossero per una donna. Non avevo mai visto la MAMBRO né di persona né in fotografia; la prima volta l'ho vista in televisione o sui giornali quando fu arrestata ed io ero in carcere."
Dal prosieguo del verbale di confronto emerge che, in altra occasione, il DE VECCHI aveva ricevuto dallo SPARTI, in vista di una falsificazione, la fotografia di Cristiano FIORAVANTI, persona le cui sembianze gli erano note. Ricordando d'aver fornito documenti allo SPARTI in altre quattro o cinque occasioni, ma non avendo presente l'episodio specifico, il DE VECCHI finiva per riconoscere che, evidentemente, anche in quel caso, non aveva guardato le fotografie consegnategli.
E' rimasta dunque confermata la fornitura di una patente e di una carta d'identità nei primi giorni d'agosto (107) e, attraverso una ragionata messa a fuoco dei ricordi del DE VECCHI, è venuto meno un potenziale profilo di discordanza fra la versione sua e quella dello SPARTI.
Non deve sfuggire che gli imputati, i quali negano in radice l'episodio, dovrebbero spiegare come lo SPARTI avrebbe `indovinato' la loro breve ed episodica presenza in Roma in quei giorni: per loro stessa ammissione, essi si trovavano in Veneto alla data del 2 agosto; rientrati a Roma in tempo utile per consumare la rapina del 5/8/1980 all'Armeria
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(107) - Cfr. le puntuali affermazioni in EA, V10/a-4, C163/1, p112 recto e verso.
FABRINI di Piazza Menenio Agrippa, se ne allontanarono nuovamente nel breve volgere di due o tre giorni (108).
Ma v'è di più: anche la circostanza dell'eccezionale urgenza con cui lo SPARTI dovette procurarsi i documenti ha trovato conferma. Riferisce il dott. LAZZERINI, nel rapporto UCIGOS 26/5/83 (109), d'aver sentito informalmente il DE VECCHI nel Carcere di Rebibbia e d'aver appreso da costui che, in occasione della richiesta dei documenti, lo SPARTI aveva fretta ed era terrorizzato, al punto che -secondo quanto aveva aggiunto il DE VECCHI- o i documenti erano stati richiesti la mattina e consegnati il pomeriggio, o richiesti il pomeriggio e consegnati allo SPARTI il mattino immediatamente successivo.
Si è sostenuto che lo SPARTI ha mentito, in quanto egli non si sarebbe trovato a Roma il 4 agosto. Tale tesi difensiva è definitivamente caduta. Da un lato è rimasto escluso che egli fosse già partito in tale data, alla volta di Prato allo Stelvio, ove pure si recò nei giorni successivi. Dal rapporto in atti dei Carabinieri di Trento (110),risultava
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(108) - Cfr. RA, V9, C382, p12. (109) - Cfr. RA, V8, C370 bis, p16. (110) - Trovasi in EA, V10/a-4, C163/6, pp. 5 ss.
che la famiglia SPARTI e la domestica TORCHIA alloggiarono in Spondigna (BZ) fra il 9 e l'11 agosto, periodo in cui risultano registrati presso l' `Hotel Post-Hirsch'. E' stato ugualmente scrupolo della Corte disporre l'esame, ai sensi dell'art. 453 C.P.P., di TALLARICO Francesco, zio della TORCHIA, che costei e gli SPARTI erano andati a visitare nell'occasione. Il TALLARICO, che non aveva un ricordo preciso dei fatti, richiesto di indicare la durata della permanenza dei suoi visitatori, ha fatto riferimento, in termini dubitativi, ad un periodo variabile fra i 4 ed i 6 giorni (111). Ora, data la vaghezza del ricordo, si deve avere riguardo all'indicazione di cui al rapporto, anche perché non si vede il motivo per cui, se la permanenza fosse stata più lunga, gli SPARTI sarebbero stati registrati per tre sole notti. Ad ogni modo, anche volendo accreditare la versione dei fatti più favorevole alla difesa (immaginando cioè una permanenza di 6 giorni), e tenuto conto che lungo il tragitto per l'Alto Adige la comitiva sostò una notte a Trento (la notte fra il 5 ed il 6), ritroviamo ugualmente lo
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(111) - Cfr. vu 19/2/88, p1 retro.
SPARTI a Roma il giorno 4, in grado di consegnare i documenti la mattina del 5 e di partire poi con la famiglia alla volta del Nord Italia.
A ben vedere, la tesi difensiva illustrata si pone in contrasto con una seconda che vorrebbe lo SPARTI, il 4 ed il 5 agosto, non in viaggio verso l'Alto Adige, ma in Cura di Vetralla, ospite, con la famiglia, della nonna materna della moglie. Deponendo in istruttoria, la moglie dello SPARTI, VENANZI Maria Teresa (che -si badi- è accusata dal marito d'avergli fatto pressioni perché ritrattasse) aveva riferito che, verso la metà di luglio, il marito l'aveva raggiunta a Cura di Vetralla, ove ella si trovava già con i figli dalla chiusura delle scuole. E aveva aggiunto (112): "Non posso escludere che tra la sera in cui abbiamo appreso la notizia di Bologna ed il giorno in cui siamo partiti per l'Alto Adige, mio marito abbia fatto una scappata a Roma, ma posso escludere con certezza che possa essersi trattenuto a Roma per più di una giornata. A ben ripensarci posso addirittura escludere che mio marito in detto periodo si sia assentato
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(112) - EA, V10/a-4, C163/6, p3.
da Cura di Vetralla per venire a Roma."
In giudizio, la VENANZI, interpellata sugli spostamenti della famiglia nel periodo a cavallo della strage, dopo aver premesso che erano "passati tanti anni", si è richiamata, confermandole (113), alle dichiarazioni istruttorie. Osserva la Corte: la deposizione istruttoria risale al 1982, e non si vede come la donna potesse escludere che il marito, all'epoca dei fatti, fosse, in qualche occasione, andato e tornato da Roma, raggiungibile da Cura, in automobile, in un'ora di viaggio. Né si tratta di circostanze, che, nel 1980, potessero essere significative agli occhi della teste, al punto da imprimersi saldamente nella sua memoria: la loro importanza derivò `a posteriori' dalle dichiarazioni del marito, rese a far tempo dall'aprile del 1981.
D'altronde, su questo particolare aspetto della vicenda, un contributo di chiarezza è venuto da fonte sotto tale profilo non sospettabile: Cristiano FIORAVANTI, che, sino ad epoca relativamente recente ha fermamente respinto l'idea del coinvolgimento del fratello nella strage. Il 9/12/1981 ebbe
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(113) - Cfr. vu 25/1/88, pp. 22-24.
a riferire al Giudice Istruttore: "Quando uscii dal carcere il 2 agosto, poiché non avevo soldi, la prima persona che cercai fu lo SPARTI, ma non lo trovai. Trovai la domestica Luciana e la madre di SPARTI, che mi dissero che Massimo era a Cura di Vetralla, un paese in provincia di Viterbo dove la moglie di SPARTI aveva una casetta. La Luciana mi dette i soldi del taxi. La Luciana mi disse che SPARTI faceva la spola tra la campagna ed il negozio e che avrebbero chiuso definitivamente il negozio per ferragosto." (114)
Occorre procedere con ordine e passare ad altro argomento, precisando che il discorso dell'attendibilità dello SPARTI non si esaurisce qui, ma è soltanto accantonato: si dovrà esaminare, in seguito l'insuperabile riscontro di natura oggettiva costituito dalla presenza alla stazione di Bologna, in occasione dell'attentato, di Sergio PICCIAFUOCO, persona doppiamente collegata al duo FIORAVANTI-MAMBRO.
2.1.2.5.2) Le versioni difensive e il problema dell' `alibi'
Nella ricostruzione dei movimenti dei due imputati, v'è una cesura, una zona d'ombra, che si colloca proprio nei giorni
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(114) - EA, V10/a-4, C163/1, p32.
a cavallo della strage.
Le loro tracce si perdono a Palermo il 30 luglio, data per la quale essi avevano prenotato un volo a nome sig. e sig.ra CUCCO, in partenza per Roma, senza peraltro beneficiare della prenotazione (115). In effetti, Rosaria AMICO, vedova MANGIAMELI, dopo aver riferito dell'ospitalità prestata al FIORAVANTI ed alla MAMBRO in Tre Fontane, nella seconda metà di luglio, ebbe ad aggiungere: "...quando tornammo a Palermo per la nascita del nipotino di mio marito, Riccardo e Marta" (si tratta dei nomi di copertura all'epoca adottati dagli odierni imputati) "partirono. Pensavamo di accompagnarli in città, ma giunti all'aeroporto, anzi nei pressi, ci chiesero di lasciarli lì..." (116)
La successiva traccia certa -prima dell'episodio riferito dallo SPARTI- è costituita dalla presenza dei due prevenuti in Roma, nel pomeriggio del giorno 5 agosto, in occasione della rapina all'armeria di Piazza Menenio Agrippa.
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(115) - Cfr. RA, V9, C382, pp. 2 ss. (116) - Cfr. EA, V10/a-3, C117, p25. In dibattimento (cfr. vu 16/11/87, pp. 72 ss.), la donna ha leggermente rettificato il tiro, dicendo che i due ospiti furono accompagnati sino all'aeroporto; ma ha precisato che avevano chiesto di essere scaricati qualche chilometro prima. In ogni caso, non furono visti partire in aereo.
Circa l'alibi, il 25/5/1981 Valerio FIORAVANTI riferì (117): "...il 1° agosto mi trovavo a Treviso in quanto avevo un
appartamento nel comune di Fontane, ove abitavo insieme a Flavia SBROIAVACCA, Francesca MAMBRO e Luigi" (sic) "CAVALLINI, da quando era stato ultimato l'appartamento. Dal 1° al 2 agosto non ci siamo allontanati dagli immediati dintorni di Treviso. La mattina del 2 agosto, come di solito, la Flavia è andata a casa di sua madre mentre io il CAVALLINI e la MAMBRO eravamo ancora in casa. La Flavia è andata via verso le ore 08,00 circa. Dal canto nostro siamo andati a casa SBROIAVACCA verso le ore 13.00; quindi, ci siamo congedati ed abbiamo passato parte della giornata, sino a sera, senza fare nulla di rilevante...Non sono in grado di indicare qualcuno che possa ricordare di avermi incontrato in quella giornata. Ricordo che è stata Flavia, quando l'abbiamo incontrata intorno alle 13,00, a comunicarci dell'attentato di Bologna. E' stata Flavia la prima persona che ci ha parlato di tale avvenimento, avvenimento che abbiamo poi diffusamente commentato la sera,
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(117) - Cfr. IA, V9/a-2, C29/B, p2.
a casa, dopo il telegiornale".
Diversamente la MAMBRO, nell'interrogatorio (118) sostenuto il 27/4/1982, dopo la cattura: "In quel periodo vivevo a Treviso in casa di Flavia SBROIAVACCA...Ricordo con assoluta certezza che la mattina del 2 agosto sono partita in macchina per Padova insieme a Valerio FIORAVANTI, Luigi CIAVARDINI e Gilberto CAVALLINI; l'auto era una Opel Rekord di proprietà della moglie di CAVALLINI (119)... Io e CIAVARDINI avevamo in programma di acquistare un paio di pantaloni...Mi ricordo che era sabato perché a Padova c'era un mercatino nel primo pomeriggio. La prima notizia dello scoppio avvenuto alla stazione l'abbiamo avuta da CAVALLINI, il quale ci disse di aver appreso dalla radio che alla stazione di Bologna vi era stata un'esplosione provocata da una fuga di gas...sono sicura che si trattava del 2 agosto, perché in seguito più volte siamo riandati a quella giornata paventando di essere criminalizzati per questo fatto in quanto sin dai primi giorni si era diffusa l'opinione che l'attentato di Bologna fosse una strage fascista..."
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(118) - Cfr. IA, V9/a-2, C38, pp. 5-6. (119) - L'imputata intendeva indicare la SBROIAVACCA, che non è però coniugata con il CAVALLINI.
Poi, il 25/8/1984 (120) : "Non ritengo di alcuna consistenza a mio carico...in particolare le deposizioni di SPARTI. In merito alla vicenda dei documenti, chiarisco che, a quanto ricordo, effettivamente vennero richiesti allo SPARTI, ma non per me e Valerio ma per altre due persone, due uomini, forse per ADINOLFI e sicuramente per Roberto FIORE.Infatti allora il nostro gruppo pur essendo critico nei confronti di FIORE e ADINOLFI, li riteneva degni di solidarietà...Mi risulta che questi documenti furono effettivamente consegnati agli interessati ...Noi non chiedemmo documenti come facevamo di solito al CAVALLINI perché avevamo fretta e per una qualche ragione noi non potevamo andare a Treviso dove in quel momento era CAVALLINI. Anzi, la ragione era che in quei giorni dovevamo fare la rapina in Piazza Menenio Agrippa e non potevamo allontanarci da Roma..." Paradossalmente, l'imputata, nel contestare le accuse dello SPARTI, finisce per accreditarle: restano confermate le circostanze della consegna dei documenti, dell'urgenza, e persino della data, dal momento
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(120) - Cfr. IA, V9/a-2, C38, p24.
che la rapina fu consumata il giorno 5. E laddove sostiene che i documenti erano destinati al FIORE ed all'ADINOLFI, la donna mente clamorosamente: la circostanza -che le sovviene significativamente a quattro anni di distanza dai fatti- non
si concilia con il proposito, che proprio nel periodo in esame veniva maturando da parte del suo gruppo, di eliminare i due `leaders' di Terza Posizione: progetto che si vorrebbe far rientrare nell'ambitodi una campagna volta a colpire chi -come il MANGIAMELI- si rendeva responsabile della strumentalizzazione e dello sfruttamento dei ragazzini. A detta della MAMBRO, il FIORE e l'ADINOLFI erano divenuti un obiettivo da colpire "soprattutto dopo il suicidio in carcere di Nanni DE ANGELIS e la cattura di CIAVARDINI", ma il FIORAVANTI, il 26/4/1984, aveva già precisato che "il cadavere di MANGIAMELI fu occultato proprio perché non si voleva compromettere ulteriori operazioni in corso contro FIORE ed ADINOLFI" (121). L'imputato, nel medesimo verbale, avuta lettura delle dichiarazioni del DE VECCHI, si era reso conto di non potersi più utilmente irrigidire di fronte alle
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(121) - Cfr. IA, V9/a-2, C29, p30.
accuse dello SPARTI, ed aveva deciso, in anticipo rispetto alla MAMBRO, di tentare una carta difensiva: ammettere che, effettivamente, una richiesta di documenti allo SPARTI era stata fatta, ma per conto del FIORE e dell'ADINOLFI. Naturalmente, poi, si era trovato in imbarazzo nel conciliare l'atto di generosità con l'atteggiamento del suo gruppo verso i due: "Avuta lettura delle dichiarazioni di DE VECCHI Fausto rese il 17 giugno 83 dichiaro: mi pare di ricordare che quello era il periodo in cui tramite Giorgio VALE ci pervenne la richiesta di documenti falsi da parte di FIORE ed ADINOLFI, i quali dopo i mandati di cattura del 28 agosto o subito dopo la strage di Bologna, ora non ricordo, decisero di fuggire. Non ricordo se all'epoca i documenti siano stati realmente utilizzati, anche perché io mi disinteressai molto alla faccenda in quanto disapprovavo il comportamento dei predetti. Costoro infatti, a mio giudizio, pensavano soltanto a salvare se stessi senza preoccuparsi dei ragazzini di `T.P.' che erano allo sbando. Può quindi essere che tramite VALE mio fratello Cristiano si sia adoperato per ottenere i documenti falsi di cui parla il DE VECCHI. Io ricordo di averli visti questi due documenti e di aver espresso un giudizio pesantemente negativo sulla loro fattura. Probabilmente FIORE ed ADINOLFI avevano chiesto anche dei passaporti ma il mio scarso interessamento per la cosa fece sì che non ci impegnassimo più di tanto per trovarli. Questa non è una mia semplice supposizione, ma, ricostruendo le cose, mi sembra un'ipotesi logica e plausibile e una convincente spiegazione di ciò che afferma il DE VECCHI; peraltro io non mi ricordo mai con precisione le date in cui si sono verificati fatti del genere. Le cose poi che dice SPARTI, evidentemente si innestano su questo fondo di vero ma sono totalmente false per quanto riguarda mie pretese confidenze al predetto circa la mia partecipazione ala strage di Bologna...Ho dato solo oggi questa versione dei fatti perché solo da poco ripensando all'intera vicenda dei documenti, e alla luce dei nuovi spunti offertimi, ho ricollegato le asserzioni dello SPARTI e del DE VECCHI alla richiesta pervenutaci da FIORE ed ADINOLFI". Il FIORAVANTI annaspa: non soltanto dimentica d'aver a suo tempo affermato che, all'epoca dei fatti
-essendoil gruppo autarchico, grazie al CAVALLINI, "che portava con sé, nella valigia, alcuni moduli in bianco di carte d'identità, timbri ed altro" (122)- non avevano bisogno di rivolgersi allo SPARTI, ma, per tentare di sciogliere le contraddizioni, finisce col dire che ai due `leaders' di Terza Posizione il piacere effettivamente fu fatto, ma con distaccata sufficienza. Non si vede poi come ciò si concilii con l'urgenza di cui -come s'è visto- farà cenno la MAMBRO.
Ma il 14/12/1985, l'imputato, che in precedenza, a proposito della data delle richiesta di documenti,aveva lasciato aperta l'alternativa fra i giorni immediatamente successivi alla strage o quelli immediatamente successivi agli ordini di cattura di fine agosto, rompe gli indugi (123): "Per quanto concerne i documenti richiesti a SPARTI, ribadisco quanto ho già detto in merito, e cioè che fu mio fratello Cristiano a chiedere a SPARTI due documenti. Si trattava però del mese di SETTEMBRE e non del mese di AGOSTO, ed erano documenti che aveva chiesto VALE per FIORE ed ADINOLFI
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(122) - Cfr. IA, V9/a-2, C29/D, p3. (123) - Cfr. IA, V9/a-2, C29, p39. divenuti latitanti." In questo modo, la fornitura di documenti si viene esattamente a sovrapporre, dal punto di vista cronologico, all'omicidio MANGIAMELI, consumato col concorso di Cristiano, ed alle coeve "operazioni in corso contro FIORE ed ADINOLFI": si tratta dunque di una dichiarazione che è stato eufemistico -da parte dell'accusa- definire "spericolata".
La tesi è stata riesumata in corso di discussione (124), e la si è voluta supportare con le parole di Stefano SODERINI.
Il documento citato in proposito dalla difesa non è in atti, ma il suo contenuto è sostanzialmente sovrapponibile a quello di un memoriale (125) del SODERINI che è invece in possesso della Corte. Orbene, dai due atti emerge che, effettivamente, una richiesta di documenti fu rivolta, fra la fine di agosto e l'inizio di settembre, dal FIORE e dall'ADINOLFI a Giorgio VALE, al tempo stesso loro subalterno e componente del gruppo FIORAVANTI. Il VALE avrebbe voluto soddisfare la richiesta, ma -come emerge a chiare lettere dal documento letto dall'Avv. CERQUETTI- nel
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(124) - Cfr. brm n.2 del 30/5/88, giri 70 ss. (125) - Cfr. EA, V10/a-6, C264/bis/2, p19.
corso di discussioni svoltesi in seno al gruppo, il FIORAVANTI si mostrò contrario, deridendo anche il VALE per il fatto che egli si prestava a fare certi favori a gente che lo insultava. Non è noto al SODERINI se il VALE abbia poi procurato i documenti ai due richiedenti. Il fatto poi che il FIORAVANTI, nel 1985, nel corso di incontri durante il comune periodo di detenzione, abbia riferito al SODERINI
che i documenti erano stati forniti mediante l'attivazione di un suo canale, cioè quello dello SPARTI, dimostra soltanto che egli, anche in sedi extraprocessuali, si preoccupava di esser coerente con la linea difensiva adottata sin dall'anno precedente.
S'impone un'ultima osservazione: a tutto concedere, anche ammettendo che la fornitura -per iniziativa certo esclusiva del VALE- abbia avuto luogo, e che sia stato all'uopo attivato lo SPARTI, resta comunque fermo che essa risalirebbe ad epoca successiva all'emissione dei primi ordini di cattura per la strage. Si tratterebbe dunque di una fornitura diversa e posteriore rispetto a quella di cui ha riferito il DE VECCHI, che ha collocato con certezza il suo intervento nei primi giorni dell'agosto 1980.
Riprendendo ora il verbale d'interrogatorio della MAMBRO del 25/8/84, si rileva che più avanti vi si legge: "Io il 2 agosto dell'80 ero insieme a Valerio FIORAVANTI, Gigi CAVALLINI e Luigi CIAVARDINI. Ricordo perfettamente la giornata perché mi trovavo a Treviso ove presso di noi era nascosto il CIAVARDINI, la cui presenza veniva tenuta celata alla signora BRUNELLI" (126). "Questa infatti già non vedeva di buon occhio la presenza di me e di Valerio e quindi bisognava evitare che vedesse il CIAVARDINI...La mattina del 2 agosto, comunetutte le mattine, la BRUNELLI verso le nove, nove e trenta venne a prendere la figlia ed il nipote per una passeggiata, anzi per portarli a casa sua che era dotata di un bel giardino. Io con Valerio, CAVALLINI e CIAVARDINI, con l'autovettura di CAVALLINI, ci recammo a Padova, dove ci trattenemmo fino al primo pomeriggio per poi fare rientro a Treviso. Ricordo che la notizia della esplosione di una bombola di gas alla stazione di Bologna ce la portò CAVALLINI che nel corso della mattinata a Padova si era allontanato...La notizia ce la portò mentre noi lo
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(126) - Si tratta della madre della SBROIAVACCA.
aspettavamo in una Piazza di Padova...Decidemmo subito, dopo aver rilevato la condotta dei mass-media nei nostri confronti -la tendenza a criminalizzare, anzi la volontà politica di criminalizzare i N.A.R. e più in generale tutto l'ambiente di destra- di compiere un gesto concreto attraverso il quale proclamare l'assoluta estraneità nostra alla strage di Bologna. Decidemmo perciò la rapina di via Menenio Agrippa, per indicare ai giovani, o meglio alle nuove generazioni del radicalismo di destra il tipo di lotta che intendevamo condurre. Quindi non solo una presa di distanza dal cosidetto stragismo, ma anche un'indicazione concreta della via da seguire nellalotta politica. Allora, inoltre, noi ritenevamo che le stragi avessero la loro matrice negli apparati dello Stato. Questa, del resto, è tuttora la mia opinione. Sono certa, e ripeto cose note, che fu redatto a casa di SODERINI Stefano, a Vigna Clara, un volantino, battuto a macchina, che spiegava le ragioni del nostro gesto ed era firmato `N.A.R. Nucleo ZEPPELIN'. Il volantino fu consegnato non mi ricordo se a SODERINI o a VALE, perché facessero delle copie da mandare ai giornali.
Io sonocerta di quello che dico, anche se il volantino non èstato mai ritrovato."
Nel successivo interrogatorio del 26/10/1984 (127), all'imputata venivano contestate le dichiarazioni frattanto rese dalla BRUNELLI (128), sul punto della presenza, sua e del FIORAVANTI, in agosto, nell'appartamento di Fontane di Villorba abitato da Flavia SBROIAVACCA. La MAMBRO non recedeva: "Insisto nel dire che è assolutamente certo che il
2/8/980 io e Valerio eravamo a Treviso in casa della Flavia; con noi come ho già detto vi era anche il CIAVARDINI. Con ogni probabilità la BRUNELLI ricorda male. Non è vero che la BRUNELLIfacesse le faccende in casa della Flavia, ma si limitava a venire a prendere il bimbo per portarlo a casa sua. D'altra pate è anche necessario considerare che in quei giorni io e Valerio eravamo in continuo movimento, in quanto provenivamo da Taranto dove avevamo preso in affitto il noto
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(127) - IA, V9/a-2, C38, pp. 37 ss. (128) - Al Giudice Istruttore di Venezia, il 24/9/84, la donna aveva riferito (cfr. AA, V5, C28, pp. 27-28): "Mio nipote è nato il 10 luglio 1980 e mia figlia abitava a Fontane di Villorba già da aprile 1980...Dopo la nascita del bambino, mi recavo a casa di mia figlia per aiutarla in tutti i sensi praticamente ogni giorno.- Avevo le chiavi di casa sua.- Dopo la nascita di mio nipote, escludo che la MAMBRO ed il FIORAVANTI abbiano dormito a casa della Flavia..."
appartamento e ci spostavamo con frequenza. Inoltre dopo il 2 agosto come è noto siamo andati a Roma dove il 5 abbiamo commesso la rapina di Piazza Menenio Agrippa. E' perciò possibile che la BRUNELLI non inquadri la nostra presenza a Treviso nel periodo che ora ho elencato che era una presenza saltuaria e non stabile..."
Si deve rilevare che, prima ancora di ricevere la secca smentita da parte della BRUNELLI, le linee difensive degli imputati avevano mostrato la corda per la loro macroscopica difformità su vari punti: sulla composizione del gruppo (la MAMBRO indicava la presenza del CIAVARDINI, esclusa dal FIORAVANTI), sul modo in cui trascorsero la giornata (rimanendo a Treviso, o, invece, recandosi a Padova), sull'identità della persona da cui appresero dell'attentato (indicata dall'una nel CAVALLINI, dall'altro nella SBROIAVACCA), e sull'orario in cui la SBROIAVACCA, con il bambino, aveva lasciato la propria abitazione per recarsi dalla madre (la quale ultima -nel racconto della MAMBRO- sarebbe venuta a prelevare figlia e nipote). Le difformità sono tanto più sintomatiche, in quanto, a detta della MAMBRO -come s'è visto- i prevenuti riandarono più volte col ricordo a quei giorni, paventando d'essere criminalizzati, al punto da darsi alla latitanza preventiva, secondo quanto ha riferito Cristiano FIORAVANTI (129).
Valerio, reso edotto della discordanza delle versioni difensive, già il 2/6/1982 aveva tentato di smussare qualche contrasto (130): "Prendo atto che Francesca MAMBRO ha riferito diversamente il modo in cui è trascorsa la mattina del 2 agosto, ma evidentemente uno dei due ricorda male. Di certo alle ore 13 del 2 agosto 1980 ci recammo tutti e tre a casa della Sig.ra BRUNELLI per prendere Flavia e lì sapemmo, per la prima volta dell'esplosione avvenuta alla stazione di Bologna. La Flavia si era recata a casa della madre, come di solito, per portare il bambino a prendere aria nell'ampio giardino della madre...Ricordo con estrema precisione la circostanza appena riferita. E' possibile che la mattina l'abbiamo trascorsa recandoci probabilmente fuori Treviso, per fare ritorno alle 13...A quei tempi CIAVARDINI non era con noi...Ricordo che una volta siamo andati effettivamante
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(129) - Il 9/12/81: cfr. EA, V10/a-4, C163/1, p32. (130) - Cfr. IA, V9/a-2, C29, p21.
a Padova...a fare spese al mercato...ma non posso precisare l'epoca..." In seguito, il 26/4/84, il FIORAVANTI si sforzerà di allinearsi alla versione della donna: "In effetti la mattina della strage del 2 agosto partimmo da Treviso con la BMW grigia io CAVALLINI e la MAMBRO. Può darsi che siamo partiti con due macchine. Ci recammo a Padova dove CAVALLINI aveva un appuntamento. Lo aspettammo in Prato della Valle ed al suo ritorno rientrammo a Treviso dove arrivammo verso le 13. Qui apprendemmo che vi era stata l'esplosione alla stazione di Bologna. Quanto al fatto che fosse con noi quella mattina anche CIAVARDINI posso dire questo: la MAMBRO e CAVALLINI e lo stesso CIAVARDINI ricordano concordemente la presenza di quest'ultimo a Padova, io tuttavia non me la ricordo anche se debbo essere sicuro che ci fosse perché e evidente che il mio è un lapsus mnemonico, spiegabile forse col fatto che all'epoca CIAVARDINI veniva tenuto costantemente nascosto perché non fosse visto dai parenti della Flavia o dal vicinato." Il senso di quest'ultima dichiarazione, quantunque si possa stentare a crederlo, sembrerebbe il seguente: il CIAVARDINI era stato talmente ben nascosto, da risultare addirittura cancellato dal ricordo.
Il 14/12/1985, il FIORAVANTI si decideva, infine, a dichiarare (131): "...il CIAVARDINI il 2 agosto era con noi a Treviso".
Proprio il CIAVARDINI, il 4/10/1980 (132) aveva avuto cura di prendere le distanze, in senso letterale, dal FIORAVANTI, collocandosi "ai primi di agosto" a Palermo, dove, latitante, avrebbe avuto ricetto da parte del MANGIAMELI. Successivamente, il 5/6/1982, sentito dal Giudice Istruttore del presente procedimento, riferiva (133): "Il due agosto ero, come la S.V. mi dice risultare dagli atti, a Padova. Ero insieme ad altre due persone ed abbiamo girovagato per quella città; poi siamo giunti ad una grande piazza in cui c'era un gran giardino con un canale intorno; c'era anche un mercato che ho visitato. Ho appreso del fatto di Bologna alle ore 14, dalla voce di un'altra persona che i miei due
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(131) - Cfr. IA; V9/a-2, C29, pp. 37 ss. (132) - Cfr. EA, V10/a-3, C113, p12. In giudizio, il CIAVARDINI si è avvalso della facoltà di non rispondere al libero interrogatorio ex art. 450 bis C.P.P. (vu 23/1/88, p20). (133) - Cfr. EA, V10/a-4, C163/1, pp. 72-74.
amici conoscevano e che io non ho più visto".
Nuovamente interrogato il 24/10/1984, il CIAVARDINI sarà più esplicito (134): "Il 2 agosto del 1980, al mattino, con FIORAVANTI la MAMBRO e CAVALLINI sono andato a Padova partendo da Treviso." Ma aggiungerà: "Non ricordo però dove avevo dormito la notte immediatamente precedente." Non solo; più avanti, a specifica domanda, risponderà: "Non ricordo se a Treviso ho mai dormito in una casa dove vi era anche un neonato". Ora, un'elementare regola d'esperienza insegna che non è possibile coabitare con un neonato senza rendersene conto, soprattutto di notte.
Da parte di Cristiano FIORAVANTI, certamente non sospetto di velleità accusatorie nei confronti del fratello in ordine alla strage, non sono giunti -nella sequeladelle varie dichiarazioniche egli è venuto rendendo nel corso del tempo- contributi favorevoli alla tesi difensiva. Il 14/5/1981, al Giudice Istruttore (135): "...Debbo ad ogni modo far presente che Valerio il 5 agosto ha perpetrato, a Roma, una rapina in danno di un'armeria, insieme alla MAMBRO, al
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(134) - EA, V10/a-3, C113, pp. 67-68. (135) - EA, V10/a-3, C140 bis, p2.
CAVALLINI, al VALE, a SODERINI ed a BELSITO; è indubbio, conoscendo la meticolosità con cui mio fratello è solito preparare le azioni, che questo sia stato accuratamente studiato: da ciò desumo che il giorno 2 non poteva trovarsi a Padova..."
Il 9/12/1981 (136): "...Quando si seppe dei mandati di cattura per Bologna, la MAMBRO disse che aveva un alibi che non valeva niente per il 2/8/80 perché era nel Veneto insieme a Valerio e CAVALLINI..."
Il 6/5/1982 (137): "...Mio fratello nell'estate '80 si spostava con una Golf nera, che avevano preso a Milano e che vidi nella loro disponibilità a Roma in agosto. Non mi disse mai dove era stato il 2 agosto, per lo meno non lo ricordo. La Francesca MAMBRO invece mi disse che quel giorno era stata in compagnia di Valerio, Giorgio VALE e di CAVALLINI. In quel tempo erano in alta Italia a Treviso, presumo. Su tale particolare ironizzò dicendo che aveva testimoni che erano poco attendibili...Quando incontrai Valerio a Roma ai primi di agosto, mi dissero che avevano
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(136) - EA, V10/a-3, C140 bis, pp. 12-13. (137) - EA, V10/a-3, C140 bis, p20.
già scaricato CIAVARDINI, perché aveva fatto un sacco di
errori e perché si era reso conto che riferiva dei
particolari alla sua donna..."
Il 29/8/1983 (138): "...Non so ricostruire i movimenti di mio fratello del periodo che va dal 2 agosto 1980 al 5 medesimo, perché appena uscito dal carcere pensai solo di andare da mia madre ed a distrarmi qualche giorno nella opinione che sarebbe stato se mai mio fratello a mettersi in contatto con me. Infatti egli mi telefonò a casa il 5 o il 6 sera appena fatta la rapina...Se mal non ricordo mio fratello e la MAMBRO mi hanno detto che il giorno della strage erano nel Veneto a casa di VIAN. Con loro vi erano anche CAVALLINI CIAVARDINI e la SBROIAVACCA. La MAMBRO ricordo che me ne parlò dicendomi che per il 2 agosto aveva l'alibi ma non poteva tirarlo fuori senza invocare la testimonianza di CIAVARDINI e CAVALLINI..."
Il 15/3/1985 (139): "...Mio fratello mi ha sempre detto che il 2/8/980 era a Iesolo insieme con la Francesca MAMBRO con CAVALLINI e la SBROIAVACCA. Io posso dire che mi ha
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(138) - EA, V10/a-3, C140 bis, p23. (139) - EA, V10/a-3, C140 bis, p25.
sempre detto che in quel periodo stava a Iesolo, ma non so se si spostava in posti vicini...Non ho mai sentito che in quel periodo, insieme con loro, vi fosse Luigi CIAVARDINI. Il discorso su Iesolo è venuto fuori in modo naturale dopo l'emissione degli ordini di cattura da parte della Procura della Repubblica di Bologna. Mio fratello mi diceva che nulla aveva a che vedere con i fatti di Bologna perché lui il 2/8/980 era al mare..."
Il 22/3/1985 al PUBBLICO MINISTERO (140): "...Mio fratello mi disse che il 2 agosto 80 si trovava a Jesolo al mare con CAVALLINI, la SBROJAVACCA e con i genitori della Flavia. Se ho detto che si trovava a casa di VIAN ciò è dovuto al fatto che io sapevo che VIAN aveva una casa a Jesolo. Non dissi che era con loro anche CIAVARDINI per il semplice motivo che mio fratello non mi riferì questa circostanza. La cosa peraltro sarebbe stata poco credibile perché proprio il 5-6/8/80, dopo la rapina all'armeria di Piazza Agrippa, sia Valerio che Gigi `ne dissero di tutti i colori' nei riguardi di CIAVARDINI in quanto lo consideravano un idiota..."
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(140) - Cal., V5, C28, p2
In giudizio, Cristiano non ha fatto chiarezza (141): ad ogni modo,al di là della confusione, ha trovato ulteriore conferma il riferimento al soggiorno balneare in Iesolo. Tale indicazione era stata contestata in istruttoria al fratello, il quale si era così difeso (142): "Evidentemente Cristiano si confonde e forse si riferisce a quanto noi gli dicemmo in occasione dell'omicidio di AMATO dove in effetti io e la MAMBRO al mare ci siamo andati." L'intima debolezza di tale risposta sta nel fatto che Cristiano, accusatore di Valerio e della MAMBRO per l'omicidio del dott. AMATO, non potrebbe confondere l'alibi procuratosi dal fratello per tale episodio con l'alibi che dal fratello stesso gli sarebbe stato riferito a proposito della strage. Né si dica che Cristiano riferisce sul punto ciò che non è a sua conoscenza:la sollecitazione agli inquirenti ad escuterlo, come persona in grado di suffragare l'alibi (evidentemente perché messa a parte dello stesso), era venuta da Francesca MAMBRO. La Corte deve limitarsi ad un'unica constatazione: Cristiano, le cui fonti non possono essere stati che il
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(141) - cfr. vu 1/12/87, pp. 24-26 e 31-33. (142) - cfr. IA, V9/a-2, C29, p45.
fratello e la MAMBRO, fornisce, circa l'alibi di costoro, una versione diversa da quella che essi (in termini anche internamente dissonanti) hanno a loro volta fornito al giudice. Anche l'indicazione della presenza del CIAVARDINI, che risulterebbe dalle dichiarazioni rese il 29/8/1983, non emerge dalle precedenti, che sono le più vicine ai fatti, ed è esclusa nelle successive in termini non dubitativi.
In giudizio, Flavia SBROIAVACCA (143) si è prestata, tardivamente, a suffragare la versione della presenza degli imputati, nella sua abitazione, nei giorni a cavallo della strage. Ma in precedenza, il 28/9/1984, al Giudice Istruttore di Venezia aveva dichiarato (144): "...Il 10 luglio partorii e in occasione della mia degenza in ospedale, dopo il parto, vennero a trovarmi FIORAVANTI e la MAMBRO.-Mi fermai in ospedale due o tre giorni dopo il parto.- Ero entrata in ospedale il giorno prima del parto.-Non mi ricordo se tra il 26 giugno e il 9 luglio ho visto FIORAVANTI e MAMBRO a Treviso.-Dal 10 luglio fino alla fine di settembre (quando cioè ce ne andammo in montagna io, Gigi
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(143) - Cfr. vu 21/10/87, pp. 17-32. (144) - Cfr. AA, V5, C28, p4.
e il bambino) FIORAVANTI e MAMBRO furono ospiti a casa mia per una ventina di giorni circa in totale.- Non sono peraltro in grado di precisare i giorni in cui alloggiarono presso di noi.- Mi ricordo solo che quando il bambino compiva un mese FIORAVANTI e la MAMBRO erano nostri ospiti da qualche giorno..."
In dibattimento, la donna, posta di fronte a queste sue precedenti dichiarazioni, ed alla contestazione che l'espressione "qualche giorno", interpretata nella sua comune accezione, lasciava intendere che, alla data del 10 agosto, il FIORAVANTI e la MAMBRO erano arrivati da due o tre giorni, e quindi vari giorni dopo la strage, ha cominciato ad annaspare penosamente. D'altronde, quando si era trattato di chiarire come potesse, alla fine dell'87, ricordare con maggior precisione di quando era stata interrogata nell'84, aveva tentato di ancorare il ricordo a circostanze assolutamente non significative (la donazione di una targhetta in oro al bambino da parte degli odierni imputati), comunque già presenti alla sua memoria nell'84 e, in ogni caso, anche se utilizzate, inidonee a collocare con precisione la presenza degli imputati presso l'abitazione della SBROIAVACCA nei giorni a cavallo del 2 agosto. Ma la SBROIAVACCA mente su tutta la linea. E' clamorosamente smentita dalla madre, la quale -come si è visto- ebbe ad escludere con certezza che il FIORAVANTI e la MAMBRO avessero alloggiato presso l'abitazione della figlia dopo la nascita del nipote. Nella stessa occasione, la BRUNELLI aveva altresì dichiarato: "Mi ricordo che ho visto Riccardo e Chiara" (si tratta di nomi di copertura del FIORAVANTI e della MAMBRO) "il giorno stesso o il giorno successivo al parto di mia figlia. Mi ricordo che mentre io uscivo dall'Ospedale li incontrai tutti e due al parcheggio...Ho avuto modo di vedere -dopo quella volta dell'ospedale- la MAMBRO solamante una volta, quando venne a casa mia da sola e si fermò a mangiare da noi assieme anche alla Flavia.-Quella volta sicuramente non c'era Valerio FIORAVANTI.-Mi pare che non ci fosse neanche Gigi.-Era qualche giorno dopo il parto.-Non sono in grado di essere più precisa...Chiaramente,non sono in grado di ricordare se nel periodo successivo al parto di mia figlia Valerio FIORAVANTI, Francesca MAMBRO e Giberto CAVALLINI si frequentassero nella zona di Treviso.-Posso solo dire che non ho mai visto FIORAVANTI e la MAMBRO dormire a casa di Flavia..." Si è fatto leva da taluno sulla parziale dissonanza fra le dichiarazioni testé riportate ed altre rese in precedenza al Giudice Istruttore. L'11 giugno del 1981 la donna aveva, tra l'altro, dichiarato (145): "Dal 20 luglio circa, mia figlia, che ha partorito il 10 luglio 1980, aveva l'abitudine di venire a trovarmi, nell'abitazione di via Vicinale delle Corti, insieme al bambino, per rimanere con noi fino a tarda sera; non ricordo, però, con esattezza se sia venuta la mattina del due agosto, ma non posso escludere l'ipotesi contraria. Se ben ricordo, nei primi giorni di agosto ho visto, ma non ricordo quante volte, FIORAVANTI e la MAMBRO, anzi la MAMBRO e da ciò presumo che doveva essere presente anche FIORAVANTI, ma non ho un ricordo preciso della sua presenza..." A ben vedere,dal complesso dei passi citati, in cui si riferiscono ricordi non sempre nitidi, si evince
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(145) - EA, V10/a-4, C173, p2.
che la donna, in un periodo imprecisato collocabile tra la nascita del nipote e la prima parte dell'agosto, ebbe a rivedere, in una o più occasioni, la MAMBRO e forse anche il FIORAVANTI. In effetti, che i due odierni imputati abbiano gravitato nel Veneto, e nella zona di Treviso in particolare, nei primi qundici giorni di agosto, è non soltanto possibile, ma anche assai probabile. E non sorprende, quindi, che la BRUNELLI -pur senza conservarne un ricordo preciso, peraltro facilmente sovrapponibile al ricordo di precedenti incontri- possa averli visti,in casa propria o altrove. Ciò di cui però la BRUNELLI è certa -per aver svolto di persona un'attività che le consentiva siffatta verifica- è la circostanza che il FIORAVANTI e la MAMBRO non hanno dormito in casa di sua figlia dopo la nascita del nipote (146). E la BRUNELLI -si badi- è teste di assoluta affidabilità, che già in altra occasione aveva dimostrato ammirevole civismo, non prestandosi a fornire copertura al CAVALLINI, convivente di sua figlia, per l'episodio dell'assassinio del dott. AMATO (147).
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(146) - Si tratta di circostanza confermata in dibattimento: cfr. vu 1/10/87, p32. (147) - Cfr. AA, V11, C68.
D'altronde, s'è già visto come il CIAVARDINI non possa aver alloggiato nell'abitazione della SBROIAVACCA.
Ma la smentita più clamorosa per la SBROIAVACCA, e quindi per il FIORAVANTI e la MAMBRO, è venuta da Walter SORDI, che ha riferito notizie apprese da Gilberto CAVALLINI. Se ne è dato conto sub 1.6.2), ove si è riferito che il SORDI colse la necessaria implicazione del FIORAVANTI nella strage nella seguente frase del CAVALLINI: "Per esempio che credi che il giorno della strage del 2 agosto Valerio fosse veramente a Treviso con me e la Flavia?" Vale la pena di ricordare che più avanti, nello stesso verbale, il SORDI dichiarò altresì: "Del resto CAVALLINI aggiunse che gli risultava che quel giorno Valerio non si trovava neppure nel campeggio pugliese insieme a BELSITO e VALE. Di questo io avevo già consapevolezza perché BELSITO era stato con me in Libano nel 1981 e mi aveva detto che nel periodo della strage di Bologna Valerio non si era visto e lo avevano incontrato a Roma soltanto in occasione della rapina in Piazza Menenio Agrippa il 5 agosto 1980. Qualora CAVALLINI non intendesse confermare quanto ho detto chiedo sin d'ora di essere messo a confronto con lui poiché mi sento di sostenere con
assoluta tranquillità quanto ho dichiarato." Della generale affidabilità di Walter SORDI si dirà altrove; per quanto attiene alla specifica circostanza in esame, basti osservare che quanto da lui riferito si innesta coerentemente, fornendo e traendone conforto, in un complesso di elementi di giudizio convergenti in un'unica direzione: il coinvolgimento del FIORAVANTI e della MAMBRO nella strage di Bologna.
Il CAVALLINI, dal canto suo, interrogato in istruttoria ex art. 348 bis C.P.P. (148), si è determinato a scagionare i suoi odierni coimputati, ma senza allinearsi sulle loro posizioni: non ha fatto riferimento a Treviso, alla SBROIAVACCA e neppure a CIAVARDINI, la cui presenza, da ultimo, è stata ammessa dal CIAVARDINI medesimo. Queste le dichiarazioni: "...tempo dopo la strage, essendo apparsi sul giornale i nomi di FIORAVANTI Valerio e di Francesca MAMBRO come in qualche modo coinvolti nella strage, parlando tra noi cercammo di ricostruire dove ci trovassimo il 2 agosto
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(148) - L'8/2/84: cfr. IA, V9/a-2, C41, pp. 5-6.
1980 ed aiutando reciprocamente le nostre memorie pervenimmo
alla conclusione che all'ora in cui scoppiò la bomba noi eravamo a Padova, se non ricordo male in Piazza delle Erbe o Prato della Valle. In ogni caso eravamo insieme e non certo a Bologna. Ricordo questo perché scherzando gli dissi che in caso di necessità potevo fornirgli io l'alibi."
Si tratterebbe, dunque, di una ricostruzione fatta a parecchi mesi di distanza, con il decisivo contributo proprio del FIORAVANTI e della MAMBRO; e di una ricostruzione che viene offerta senza indicare il benché minimo riferimento -temporale e cronologico- al quale ancorare il dato, seccamente enunciato, della presenza degli imputati nel luogo e nell'ora riferiti. Non poteva il CAVALLINI essere più tiepido nel supportare la versione difensiva dei coimputati (149). D'altronde, già nel racconto della MAMBRO, il CAVALLINI, nel corso della mattinata, si era separato da lei, dal FIORAVANTI e dal CIAVARDINI: e il
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(149) - Egli è comunque, l'unico -oltre al CIAVARDINI- che si presti, pur in tali limiti, a fornire una versione che allontani il duo FIORAVANTI-MAMBRO da Bologna nell'orario dell'esplosione: la stessa SBROIAVACCA, infatti, in dibattimento, nel riferire che il FIORAVANTI e la MAMBRO erano suoi ospiti nei giorni a cavallo della strage, non si è spinta a fornire indicazioni sui loro spostamenti nella giornata del 2 agosto.
quartetto si era riformato soltanto nelle prime ore del pomeriggio, allorché aveva avuto luogo il viaggio di rientro verso Treviso.
E' stato giustamente osservato, da parte della PUBBLICO MINISTERO e dell'Avvocato dello Stato, che l'assenza di alibi non è un dato di per sé univocamente indiziante per chi, vivendo nella clandestinità, abbia, proprio a causa della stessa, difficoltà obiettive nel dar attendibilmente conto dei propri spostamenti e delle proprie frequentazioni in determinati periodi, che possono essere processualmente significativi. Altrettanto correttamente si è aggiunto che la situazione degli imputati MAMBRO e FIORAVANTI è però diversa. Essi invero hanno tentato, `a posteriori', di costruirsi un alibi, che è naufragato fra le contraddizioni, interne e reciproche, e le smentite provenienti da più parti. Se gli imputati non avessero avuto alcunché da nascondere, non sarebbero forse stati in grado di fornire un alibi attendibile. Ma, in tal caso, nel rendere una versione veritiera, non si sarebbero contraddetti l'un l'altra, né si sarebbero esposti a smentite. Il fatto è che essi hanno mentito agli inquirenti, ma già prima -fornendo a ciascuno un racconto diverso- avevano mentito ai loro sodali: a Cristiano, al CAVALLINI, al VALE ed al BELSITO (150). La strage doveva essere tenuta nascosta anche alle persone con cui, sino a quel momento, gli imputati avevano compiuto ogni sorta di attività criminale. L'assenza di un versione, reale e veritiera, che allontanasse gli imputati dal luogo dell'eccidio nella mattina del 2 agosto, ha poi ingenerato le contraddizioni, seguite dai vari aggiustamenti, all'esito dei quali, assai faticosamente, il terzetto FIORAVANTI-MAMBRO-CIAVARDINI si è ricomposto attorno alla versione che vuole costoro presenti in Padova in occasione della strage. Oltre alle varie circostanze già segnalate, non deve sfuggire come il
FIORAVANTI avesse in un primo tempo escluso la presenza del
CIAVARDINI, oggi raggiunto da comunicazione giudiziaria per il delitto di strage, e, al pari del FIORAVANTI e della
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(150) - Walter SORDI riferì il 14/12/84 al PUBBLICO MINISTERO (cfr. Cal., V5, C52, pp. 7-8): "Tra l'altro" (CAVALLINI) "mi disse che quando vi fu la strage del 2/8/80 parlando con Valerio quando lo rivide uno o due giorni dopo questi gli disse che il 2 agosto si trovava in campeggio con VALE, BELSITO ed altri. Mi disse CAVALLINI che invece VALE e BELSITO gli avevano detto che avevano saputo da Valerio FIORAVANTI che si trovava in quello stesso giorno a Treviso in casa di CAVALLINI."
MAMBRO, sprovvisto di alibi per la giornata del 2 agosto.
2.1.2.5.3) La telefonata di Luigi CIAVARDINI
Valerio FIORAVANTI, Francesca MAMBRO e Luigi CIAVARDINI si trovavano insieme il 2 agosto 1980: è quanto, all'esito dell'istruttoria, è stato da loro stessi riferito.
Orbene, in epoca vicina alla strage, il 23/12/1980, Cecilia LORETI riferì (151) al Giudice Istruttore di Roma: "...ricordo che, dovendo partire il 1° agosto per Venezia, giunse a casa di Marco" (152) "una telefonata di un amico, che poi era il CIAVARDINI,il quale disse di non partire più in quantovierano dei gravi problemi.Il 2 agosto vi fu la strage e successivamente io collegai le due cose, tanto che mi preoccupai di chiedere al CIAVARDINI che vidi il successivo giorno 4 quali erano questi problemi e lui mi disse genericamente che aveva avuto da fare per via di alcuni documenti che doveva attendere. Anche per tale motivo chiesi sia alla VENDITTI" (153) "che al CIAVARDINI se per
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(151) - Cfr. EA, V10/a-3, C123, p7. (152) - Marco PIZZARI, sentimentalmente legato alla LORETI, assassinato il 30/9/1981. Per tale delitto sono stati condannati, in primo grado, Gilberto CAVALLINI, Francesca MAMBRO e Stefano SODERINI, che avrebbero agito in concorso con Giorgio VALE ed Alessandro ALIBRANDI (entrambi deceduti): cfr. AAD, V9, C3 bis, pp. 131-132 e 276. (153)- Elena VENDITTI, già sentimentalmente legata al CIAVARDINI. caso loro ci entrassero con la strage, ma mi risposero che queste cose loro non le facevano, mostrandosi anzi indignati..." Successivamente, al Giudice Istruttore del presente procedimento, la ragazza dichiarava (154): "Confermole mie dichiarazioni rese al G.I. di Roma il 23/12/80; in particolare confermo che ci recammo a Venezia io, la VENDITTI e Marco PIZZARI il 3 agosto 1980 e ci fermammo all'albergo DIANA, dove esibimmo i nostri documenti. Aggiungo che la VENDITTI aveva preventivato di recarsi a Venezia il 1° agosto dovendo recarsi a trovare una sua cugina cui le era nato un bambino -seppi poi che si trattavadella fidanzata di Roberto FIORE- ma giunse a Ladispoli, dove mi trovavo insieme alla VENDITTI e al PIZZARI, il padre di PIZZARI per informarci che aveva telefonato un amico -che poi sapemmo essere CIAVARDINI- per informarci di non partire più in quanto vi erano dei gravi problemi. Preciso che il padre di PIZZARI non venne a Ladispoli, ma telefonò a mio zio, LORETI Luigi abitante a Ladispoli, via Claudia, perché ci avvisasse. Quando
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(154) - EA, V10/a-3, C123, p8.
arrivammo il 3 agosto alla stazione di Venezia, aspettammo per un paio d'ore il CIAVARDINI, in quanto la VENDITTI ci disse che sarebbe venuto a trovarci. CIAVARDINI arrivò col treno e ripartì con lo stesso in serata stessa, dovendo tornare a Treviso, dove dormiva presso degli amici, dei quali non ci precisò l'identità. Ricordo che commentammo la strage il giorno successivo, quando ci vedemmo a Castelfranco Veneto. Io e la VENDITTI chiedemmo al CIAVARDINI se non vi era una relazione fra la strage e la sua telefonata che faceva riferimento a `gravi problemi'; il CIAVARDINI si mostrò offeso per quel sospetto e addusse la giustificazione dei documenti, precisando che gli furono consegnati in prestito successivamente al primo agosto."
Le circostanze sopra riferite hanno trovato conferma in dibattimento (155). Anche Elena VENDITTI ha ammesso che era in programma un viaggio per Venezia e che sopraggiunse una telefonata del CIAVARDINI prima della partenza (156). Costei, però, già sentimentalmente legata al CIAVARDINI e sua complice anche in attività delittuosa, colloca in data 2
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(155) - Cfr. vu 1/10/87, pp. 28-31. (156) - Cfr. vu 1/10/87, pp. 15-27; EA, V10/a-4, C163/1, pp. 51-52. agosto, a strage avvenuta, la telefonata del CIAVARDINI, che sconsigliava la partenza, a causa degli inevitabili disagi ferroviari legati al disastro appena avvenuto.
Senonché, la Corte non ha motivo di dubitare della sincerità della testimonianza di Cecilia LORETI. Il suo ricordo può essersi sbiadito nel corso di oltre sette anni. Ma era vivido, allorché ella, nel dicembre del 1980, senza avere alcun interesse in tal senso, ebbe a collocare la telefonata in data anteriore alla strage. Né deve sfuggire che l'inquietante sospetto affacciatosi alla sua mente -e che la indusse ad interpellare il CIAVARDINI circa l'eventuale nesso della telefonata con la strage- in tanto poteva sorgere in quanto la telefonata avesse preceduto l'attentato. Lo stesso CIAVARDINI, il 24/10/1984, interrogato dal Giudice Istruttore, così si espresse (157): "...Avuta lettura delle dichiarazioni di LORETI Cecilia, dichiaro: non escludo di aver telefonato a Roma per indurre i miei amici a spostare il viaggio ad una data successiva, rispetto a quella programmata del 1° agosto 1980..."
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(157) - EA, V10/a-3, C113, p66.
E' questo un primo punto fermo. Quanto poi alla natura dei problemi cui l'autore della telefonata aveva fatto riferimento, è dato affermare con certezza che non si trattava di una questione di documenti. La fonte di tale certezza è insospettabile: si tratta dello stesso CIAVARDINI, che pure avrebbe avuto tutto l'interesse a confermare la genuinità della giustificazione a suo tempo fornita alle due donne ed al PIZZARI. Ebbene, il CIAVARDINI, il 5/6/1982 aveva riferito al Giudice Istruttore (158): "...nei primi giorni di agosto non avevo alcun problema di documenti; non è stato per causa di tale problema se non ho pernottato a Venezia..." Naturalmente, in un secondo tempo,
una volta colto il rilievo della circostanza, le sicurezze
del CIAVARDINI sul punto si attenueranno (159). E' pacifico, peraltro, che costui, il giorno 4 o 5, cioè dopo la strage,
ebbe unincidente d'auto,in occasione del quale esibì un
falso documento(160), in tal modo`bruciandolo'.Problemi di
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(158) - Cfr. EA, V10/a-4, C163/1, p73. (159) - Cfr. EA, V10/a-3, C113, pp. 66-67. (160) - Non è chiaro se fosse intestato ad Amedeo DE FRANCISCI, a Flavio CAGGIULA o a Marco ARENA. Sul punto i riferimenti appaiono alquanto confusi. Peraltro, ai fini che qui rilevano, non appare necessaria l'individuazione della falsa intestazione del documento utilizzato. L'incidente si verificò la mattina del giorno successivo all'arrivo a (segue) documenti poterono dunque insorgere, eventualmente, in un
momento successivo all'incontro del 3 agosto in Venezia. Alla stregua di quanto precede, si deve concludere che:
a) la VENDITTI aveva programmato un incontro col CIAVARDINI, in Venezia, per il 1° agosto 1980;
b) prima della preventivata partenza, e dunque in data necessariamente anteriore alla strage, il CIAVARDINI comunicò telefonicamente di rinviare il viaggio a Venezia per la presenza di gravi problemi;
c)alla data del 3 o 4 agosto, cioè nei giorni
immediatamente successivi alla strage, i problemi -che non riguardavano il possesso di documenti d'identità da parte del CIAVARDINI- erano venuti meno.
Ritornando al dato di partenza, e cioè al fatto che i movimenti del CIAVARDINI, nei giorni a cavallo della strage, ed il 2 agosto in particolare, non possono esser disgiunti da quelli del duo FIORAVANTI-MAMBRO, non è chi non colga il
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(segue) Venezia della LORETI, della VENDITTI e del PIZZARI (cfr. EA, V10/a-3, C123, pp. 18-19): arrivo che si colloca in data 3 o 4 agosto (cfr. VENDITTI e LORETI, in vu 1/10/87, rispettivamente pp. 15 e 29).
peso specifico dell'elemento indiziario testé enucleato, che converge nella stessa direzione già indicata da quelli precedentemente esaminati: l'affermazione della responsabilità per la strage in capo al FIORAVANTI ed alla MAMBRO.
Il quadro di riferimento si chiarisce e si consolida vieppiù, in quanto si ponga mente alle ulteriori circostanze di cui qui di seguito si dirà. Il 24 settembre del 1980, la VENDITTI aveva riferito (161) al PUBBLICO MINISTERO di Roma: "...Di recente ho avuto l'impressione che il predetto gruppo ce l'abbia a morte con il CIAVARDINI: ha infatti telefonato Roberto FIORE a casa di Cecilia lasciando come messaggio per Luigi, di mettersi in contatto con un certo Sergio che lo cercava; non ha aggiunto altro dicendo che il Luigi conosceva il Sergio e il motivo per cui lo cercava. CIAVARDINI si è fortemente preoccupato di questa telefonata perché non conosce nessun Sergio..."
Il CIAVARDINI, dal canto suo, nell'autunno dell'80, dopo la
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(161) - Cfr. EA, V10/a-3, C114, p18. cattura nell'ambito di un procedimento pendente davanti
all'autorità giudiziaria romana,venne facendo, a proposito dell'atteggiamento del gruppo nei suoi confronti, alcune ammissioni, che, pur ispirate dalla volontà di ridimensionare i fatti e pur frammiste a menzogne e ad elementi di voluta confusione, sono tuttavia ugualmente assai significative. In particolare: "...io ho compiuto attività illegali assieme ad altre persone tra cui particolarmente il VALE e Valerio FIORAVANTI...è vero che c'era un gruppo di sette persone di cui io facevo parte che era dedito a questa attività illegale...di questo gruppo conoscevo le generalità soltanto dei due che ho sopra menzionati; degli altri conoscevo solo il soprannome. C'era una donna che usava il nome di Chiara e che era la fidanzata del FIORAVANTI...c'era poi un certo Sergio, un certo Stefano, un certo Massimo; tutti nomi di battaglia...Per verificare tale circostanza e delle voci che mi erano giunte circa presunte azioni che il citato gruppo aveva intenzione di fare contro di me io sono venuto a Roma. Era mio intendimento infatti accertare quale fosse la situazione reale; non davo infatti alcun credito alle voci
ora riferite. Tali voci mi sono state riportate da Elena VENDITTI...Tra le voci `strane' da me raccolte vi è anche quella secondo cui lo stesso gruppo avrebbe intenzione di
uccidere Marcello DE ANGELIS" (162) "...Nulla posso dire
circa le rtagioni per cui tali voci si erano diffuse ed in particolare i motivi per cui io o Marcello saremmo dovuti essere eliminati...Io ero venuto a Roma allo scopo di trovare FIORAVANTI o Giorgio VALE per chiarire quelle voci secondo le quali mi cercavano per uccidermi..." (163) E ancora: "...Colsi nell'ambiente da me frequantato delle voci che riguardavano la mia possibile eliminazione fisica, così come analogamente era accaduto in passato per Marcello DE ANGELIS. Non mi preoccupai tanto delle voci quanto di chiarire il perché le stesse venissero diffuse e mi sembrò di capire che potevano esser riferite ad un gruppo di giovani che si erano separati dal movimento e che ritenevano
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(162) - Si tratta del fratello di quel Nanni (Nazzareno) DE ANGELIS di cui alle dichiarazioni di Raffella FURIOZZI. (163) - Fin qui, cfr. EA, V10/a-3, C113, pp. 16-17 e 23. la mia presenza fisica una sorta di `bomba vagante' qualora fossi stato preso...Quando seppi che il Sergio mi aveva cercato, mi stupì...Sergio faceva parte del gruppo `dei sette' me compreso..." (164)
In epoca successiva, l'atteggiamento del FIORAVANTI nei
confronti del CIAVARDINI si è venuto decisamente modificando. Occorre tener presente che Luigi CIAVARDINI è
raggiunto, per l'omicidio del dott. AMATO, da prove tali che ne hanno giustificato il rinvio a giudizio. Orbene, Angelo IZZO ebbe a riferire al Giudice Istruttore (165): "...Cristiano mi riferì che il fratello Valerio gli aveva detto di continuare a tener fuori CIAVARDINI dalle accuse perl'omicidio AMATO perché costui sapeva delle cose sulla strage di Bologna. Anzi non ricordo se Cristiano mi abbia detto, però in altra occasione, che CIAVARDINI poteva `incastrarlo' per la strage alla stazione di Bologna. Al discorso concernente CIAVARDINI era presente la FURIOZZI. Debbo però precisare che già in precedenza altre volte
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(164) - Cfr. EA, V10/a-3, C113, pp. 57-58. (165) - EB, V3, C68, pp. 71-72; per il giudizio, cfr. vu 25/11/87, pp. 99-100.
Cristiano, anche su mia sollecitazione, mi aveva detto che
Valerio gli aveva chiesto di tener fuori da ogni accusa concernente l'omicidio AMATO, CIAVARDINI.
Cristiano nei confronti di CIAVARDINI si era comportato allo stesso modo anche per l'omicidio dell'agente di P.S. ARNESANO..."
Raffaella FURIOZZI (166): "...E'vero...che Cristiano riferì
ad Angelo IZZO che il fratello lo aveva invitato a coprire
le responsabilità di Luigi CIAVARDINI per l'omicidio AMATO in quanto CIAVARDINI `sapeva cose inerenti alla strage di Bologna'..."
Il quadro complessivo ha una sua logica lineare. Sino a al 2 agosto il CIAVARDINI vive in perfetta armonia all'interno del gruppo. Alla data della strage divide ancora la latitanza con il FIORAVANTI, la MAMBRO ed il CAVALLINI. In epoca successiva alla strage, le sue sorti si separano da quelle del gruppo, ed egli viene ricercato per essere eliminato. Che dopo aver fraternamente diviso con lui, per
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(166) - Cfr.EA, V10/a-7, C306, p6; cfr. anche vu 25/11/87, p22.
mesi, esperienze umane, `politiche' e criminali, gli altri
componenti del gruppo intendessero giustiziarlo per punirlo
del banale torto d'aver `bruciato' il documento esibito in
occasione dell'incidente stradale di Treviso, è spiegazione semplicemente improponibile. Per trovare un movente adeguato, occorre pensare al coinvolgimento del FIORAVANTI nella strage. In tal caso, sarebbe potuta insorgere la necessità di eliminare il CIAVARDINI, perché attraverso di lui, e attraverso le conoscenze di cui egli, a qualsiasi titolo, fosse in possesso, si sarebbe potuti risalire alle responsabilità del FIORAVANTI. Si è visto che, contestualmente all'omicidio MANGIAMELI, erano in corso altre "operazioni" nei confronti del FIORE e dell'ADINOLFI. Si vedrà meglio di seguito come, ad uno uno ad uno, sarebbero dovuto cadere altre persone, tutte accomunate da una caratteristica: quella di essere in qualche modo in possesso di notizie che -supponendo il FIORAVANTI autore della strage- avrebbero potuto consentire di risalire alle sue responsabilità.
Non soltanto un siffatto movente è l'unico idoneo a spiegare la sopravvenuta volontà del gruppo di eliminare il CIAVARDINI, ma l'ipotesi trova coerentemente conforto proprio nella vicenda della telefonata. Con la stessa, dando prova di imperdonabile inaffidabilità, il CIAVARDINI -come si è visto- aveva posto persone estranee al gruppo nella condizione di sospettare che i "gravi problemi" fossero da porre in relazione con la strage. Un simile atteggiamento costituiva, agli occhi del FIORAVANTI, indice di gravissima pericolosità e gli rappresentava il CIAVARDINI come una sorta di bomba vagante.
La cattura mise quest'ultimo al riparo da spedizioni punitive. Peraltro, in sede processuale, dopo un iniziale sbandamento, egli diede prova di una sostanziale `tenuta'. In questa prospettiva, ben si comprende come una `copertura' per il CIAVARDINI in relazione ad altri delitti, richiesta da Valerio FIORAVANTI al fratello, costituisse merce di scambio per il silenzio che il CIAVARDINI doveva continuare a mantenere in merito a ciò di cui -a qualsiasi titolo- fosse a conoscenza in ordine alle responsabilità del FIORAVANTI stesso per la strage.
2.1.2.5.4) I precedenti terroristici del FIORAVANTI e del suo gruppo
Si è sostenuto che la strage di Bologna non sarebbe in linea con la logica operativa dei N.A.R. e rappresenterebbe un tipo di attentato inconciliabile, nelle modalità e negli obiettivi, con la prassi `militare' del gruppo di Valerio FIORAVANTI.
Si sono sinteticamente riportate, sub 1.3.4) e sub 1.8.1), le dichiarazioni rese al Giudice Istruttore da Cristiano FIORAVANTI rispettivamente il 9/12/1981 ed il 4/10/1985. Occorre anche ricordare quanto dallo stesso Cristiano riferito il 15/3/1985 (167): "...In effetti la strategia del nostro gruppo non escludeva la possibilità di attentati terroristici anche gravi, ma contro obiettivi determinati e non indiscriminatamente colpendo nel mucchio. Non ho difficoltà a ricordare che il nostro gruppo si è reso responsabile divari attentati comequelloall'A.C.E.A., alla centrale del latte di Roma, alla Laurentina sempre contro l'A.C.E.A., contro Sezioni del P.S.I. e del P.C.I. Ricordo in particolare un attentato ad una sezione Socialista,
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(167) - EA, V10/a-3, C140 bis, p26. quella diTestacciochefallì per difetto di esplosivo ma
che avrebbe potuto avere gravi conseguenze: infatti deponemmo la bomba o meglio deposi la bomba sul davanzale di una finestra della sezione nel cui interno vi erano molte persone. La bomba non esplose perché la polvere era umida. Se fosse esplosa avrebbe potuto uccidere o ferire molte persone..."
Quanto all'attendibilità di tali notizie ad alla riferibilità degli attentati al gruppo FIORAVANTI, occorre soltanto rilevare che si tratta di fatti gravissimi di cui il dichiarante si è anche personalmente assunto la responsabilità.
Va altresì sottolineato che, il 9/12/1981, a proposito dell'esplosivo utilizzato dal gruppo per gli attentati, Cristiano aveva precisato: "...Mio fratello provvedeva a predisporlo ed a preparare l'ordigno che esplodeva con semplice miccia..."
Il Giudice Istruttore ha elencato (168), a titolo esemplificativo, una serie di attentati compiuti dai N.A.R.:
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(168) - SO, pp. 469-470. Per i riferimenti, cfr. RA, V3, C80 e RA, V14.
a tale elencazione conviene qui fare, per brevità, semplice rinvio. Vanno invece richiamate talune lucide e puntuali riflessioni svolte nella medesima sede. Ha osservato l'Istruttore che l'impiego di ordigni esplosivi, anche quando sia indirizzato al solo danneggiamento di cose, implica necessariamente l'accettazione preventiva del rischio di coinvolgere persone estranee; e che lo stesso sviluppo delle azioni tende a far aumentare la potenza delle esplosioni. Ancora: lo stesso gruppo FIORAVANTI, negli anni precedenti la strage, si è reso responsabile di vari attentati dinamitardi; il fatto che essi siano stati di modesta entità non impedisce di considerarli un pericoloso precedente; almeno in un caso l'ordigno fu collocato in luogo ed ora tali che avrebbe potuto provocare vittime umane.
D'altronde, nel suo percorso `politico-militare', il FIORAVANTI ha ampiamente dimostrato di non tenere in alcun conto la vita umana: per la realizzazione dei suoi obiettivi, ha fattoreiteratamente uso dell'assassinio, colpendo coloro che rappresentavano un bersaglio politico ed anche personaggi interni al suo ambiente (come Francesco MANGIAMELI). In un crescendo che ben può dirsi terrificante, alla morte del MANGIAMELI -come si vedrà- avrebbe voluto far seguire quella della moglie e della figlia bambina di costui. Anche Roberto FIORE e Gabriele ADINOLFI erano divenuti obiettivi del suo gruppo.
L'efferatezza dell'attacco e dei ferimenti nella sede di `Radio Città Futura' (169) sono estremamente eloquenti. Massimo SPARTI, dal canto suo, ha riferito di vari episodi di violenza di cui è stato vittima egli stesso (170): "...egli mise in atto tre fatti intimidatori, collocando dinnanzi al mio negozio direttamente o per interposta persona, una volta una bottiglia molotov e due volte un ordigno esplosivo; le due bombe, specialmente la prima, mi provocarono danni gravissimi, in particolare la prima distrusse la saracinesca, le vetrine e il banco di vendita..." Si è visto sub 1.3.5) che Egidio GIULIANI, commentando la
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(169) - cfr. supra, sub 1.6.8), testo e nota (26). (170) - EA, V10/a-4, C163/1, p2 retro.
la strage di Bologna con la LAURICELLA, attribuì l'attentato a "quel `folle' di Valerio FIORAVANTI" (171). Ora, siffatta attribuzione, disancorata da specifici riferimenti di fatto, non può essere direttamente utilizzata contro il FIORAVANTI in ordine alla responsabilità per l'attentato, ma ha ugualmente non trascurabile rilievo. Essa proviene da persona inserita -e con ruolo non secondario- nella banda armata che qui si giudica, all'interno della quale il FIORAVANTI rappresentava la massima espressione operativa: era dunque il GIULIANI in grado di affermare con cognizione di causa se una determinata azione si potesse inscrivere nella progettualità del gruppo o di suoi componenti, o se, per caratteristiche intrinseche, dovesse escludersene l'attribuibilità ad esponenti della banda armata di cui il GIULIANI, appunto, faceva parte. A tal punto il GIULIANI
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(171) - Le dichiarazioni della LAURICELLA hanno trovato implicita conferma in dibattimento (cfr. vu 6/10/87), attraverso la conferma delle dichiarazioni rese al Giudice Istruttore del presente procedimento rispettivamente il 2/6/82 (EA, V10/a-4, C163/1, pp. 55-58) ed il 14/6/83 (EA, V10/a-5, C231 bis, pp. 3-4). Non v'è motivo di non prestar fede alla donna: ella è parsa tutt'altro che animata da ostilità nei confronti del FIORAVANTI, ed ha tenuto onestamente a chiarire che non le risultava essere il GIULIANI in possesso di elementi concreti a carico del FIORAVANTI, essendo invece l'attribuzione della strage dovuta a ciò che di quest'ultimo il GIULIANI, conoscendolo, aveva potuto apprezzare.
propendeva per la prima alternativa, che si mostrò preoccupato circa la destinazione che poteva esser stata
data ad un rilevante quantitativo di esplosivo fornito poco
tempo prima a Benito ALLATTA e Sivio POMPEI. Fu poi tranquillizzato da costoro che gli dissero esser stato l'esplosivo ceduto ad altri ed "utilizzato per un attentato al Comune di Milano".
Nel contesto di tutto quanto precede si inquadrano, fornendo
e ricevendone conforto, le dichiarazioni rese da Gianluigi
NAPOLI 1l 13/11/1985 -delle quali si è detto sub 1.8.8)- circa il progetto coltivato dal FIORAVANTI di collocare un potente ordigno in un `bar' frequentato da personale della Questura di Roma. La fonte del NAPOLI, per tale circostanza, era stato Giovanni MELIOLI. Orbene, non deve sfuggire che costui, dopo aver escluso (172) di aver mai incontrato direttamente il FIORAVANTI, finì poi, in sede di confronto con quest'ultimo, con l'ammettere il contrario (173). Al FIORAVANTI è stata posta la domanda se avesse mai coltivato un progetto come quello di cui riferì il NAPOLI. Ci si
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(172) - IA, 9/a-1, C25, p11, righi 20-21. (173) - IA, V9/a-2, C29, p57.
sarebbe forse dovuti attendere un'indignata negativa. Egli così si espresse (174): "non intendo rispondere a questa domanda. E glielo spiego, perché di attentati alla Polizia se ne pensano cento, ma in effetti si devono scartare tutti quelli troppo pericolosi come ad esempio quelli contro bar frequentati da poliziotti frequentati anche da altre persone che sarebbero coivolte innocentemente."
2.1.2.5.5) L'omicidio di Francesco MANGIAMELI
Il Procuratore della Repubblica, nella requisitoria scritta rassegnata all'esito dell'istruttoria, ha svolto una documentata e penetrante analisi del significato dell'omicidio MANGIAMELI e del suo collegamento con la strage del 2 agosto (175); analisi che il Giudice Istruttore ha fatto completamente propria (176). Ha osservato il PUBBLICO MINISTERO, avendo come supporto conoscitivo anche la requisitoria del Procuratore della Repubblica di Roma nel procedimento per l'omicidio del MANGIAMELI (177), che le motivazioni addotte dai
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(174) - IA, V9/a-2, C29, p44. (175) - RE, pp. 690-701. (176) - SO, pp. 397-410. (177) - AA, V4, C21.
responsabili dell'assassinio -tra cui i fratelli FIORAVANTI e la MAMBRO- hanno ondeggiato tra giustificazioni banali e ragioni `politiche'. In effetti, si è detto che il MANGIAMELI si era reso responsabile di ammanchi di denaro, ma anche che egli avrebbe avuto il torto di strumentalizzare i `ragazzini'. La strumentalità di siffatte causali riposa pacificamente sul fatto che l'esecuzione del `leader' siciliano di Terza Posizione, lungi dall'essere immediatamente rivendicata (178) e segnalata ai militanti come atto di giustizia rivoluzionaria nei confronti di chi si appropriava del denaro destinato alla causa, ovvero sfruttava ignobilmente l'attività militare dei `ragazzini', fu compiuta in gran segreto e fu seguita dallo zavorramento del cadavere: Francesco MANGIAMELI sarebbe dovuto sparire nel nulla. A tal punto erano inconfessabili le ragioni dell'assassinio, che non furono comunicate neppure a tutti i responsabili: Giorgio VALE, che solo la morte ha sottratto alla condanna per l'omicidio del MANGIAMELI, ebbe a riferire
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(178) - Soltanto con oltre un anno di ritardo, essendo fallito il progetto di tenere segreta l'esecuzione, con un volantino in data 23/10/81, i N.A.R. rivendicarono l'omicidio del "demenziale profittatore" Francesco MANGIAMELI (cfr. AA, V4, C21, pp. 43-44).
a Walter SORDI di ignorare le ragioni dell'esecuzione, che era stata ordinata da Valerio (179). Il PUBBLICO MINISTERO dà conto, nella requisitoria, di talune dichiarazioni provenienti dall'interno dell'ambiente di Terza Posizione -ove era stata aperta un' `inchiesta'- dalle quali emerge che non aveva trovato credito la versione, fornita a taluno anche da Cristiano FIORAVANTI, secondo cui il MANGIAMELI era stato giustiziato per essersi appropriato di 40 o 50 milioni di lire.
Oggi sappiamo proprio da Cristiano FIORAVANTI (180) che il fratello aveva in mente ben altro: "...Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del MANGIAMELI ma anche nei confronti si sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limite interessava più
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(179) - Cfr. EA, V10/a-5, C225 bis, p22. Si noti che le dichiarazioni del SORDI sul punto non sono certo sospette di esser volte a collegare l'omicidio con la strage. Infatti, nello stesso passo, il SORDI così prosegue: "Nulla so circa i rapporti fra FIORAVANTI Valerio e MANGIAMELI Francesco e sui frequenti viaggi del primo in Sicilia;forse avevano un `impiccio' tra di loro, ma di che cosa si trattasse non sono in grado di dirlo". Dal CAVALLINI ilSORDI apprese che il "MANGIAMELI non era stato ammazzato per quello che si diceva, ma probabilmente per qualche altro motivo" (cfr. vu 20/1/88, p212). (180) - Cfr. dichiarazioni rese il 26/3/86 al PUBBLICO MINISTERO di Firenze, in EA, V10/a-3, C140 bis/4, pp. 22 ss.
la bambina dello stesso MANGIAMELI. Comunque la mattina le
motivazioni delle azioni da compiere contro il MANGIAMELI eran sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di CONCUTELLI. Fu poi compiuto
l'omicidio del MANGIAMELI e come ho detto sua moglie non venne all'appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui era fermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di MANGIAMELI, e diceva che bisognava agire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di MANGIAMELI e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capire questa insistenza nell'agire contro la moglie e la figlia di MANGIAMELI, una volta che questi era stato ormai ucciso e allora Valerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi dal MANGIAMELI e relativi sempre alla evasione del CONCUTELLI oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia...Mi disse Valerio che per decidere l'omicidio del politico siciliano vi era stata una riunione in casa MANGIAMELI e in casa vi erano anche la moglie e la figlia di MANGIAMELI, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia, che aveva dato le opportune indicazioni e cioè la `dritta' per commettere il fatto...L'azione contro la moglie e la figlia di MANGIAMELI veniva motivata da Valerio col fatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lo stesso MANGIAMELI. Poi l'azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di MANGIAMELI fu poco dopo ritrovato..."
Occorre avere presente che siffatte dichiarazioni provengono da chi, sino ad epoca recente, aveva sottaciuto le riferite circostanze, ed ha così motivato, in apertura di verbale, la decisione di rivelarle: "...ho chiesto di conferire urgentemente con lei per rendere le seguenti dichiarazioni a rendere le quali sono mosso dal desiderio che mio fratello faccia completa chiarezza su quanto ha compiuto. Io non sono capace di accettare nel mio animo che egli possa aver commesso la strage di Bologna della quale è accusato, ma nello stesso tempo voglio porlo con le spalle al muro perché chiarisca tutto quello che ha fatto. Ed allora voglio dire quello che so dell'omicidio MATTARELLA..."
Le motivazioni addotte da Valerio a proposito della sua intenzione di eliminare anche la moglie e la figlia del MANGIAMELI sono di tale gravità che Cristiano, in dibattimento (181), non ha trovato la forza di confermare quanto aveva riferito in proposito.
Non è qui in questione la responsabilità di Valerio FIORAVANTI per l'omicidio MATTARELLA, e non giova quindi richiamare, in questa sede, le fonti -citate dal PUBBLICO MINISTERO nello stesso passo della requisitoria- che vengono ad aggiungersi a Cristiano a proposito di tale responsabilità e del suo collegamento con l'omicidio MANGIAMELI. Il punto è un altro. Il punto è che, di fronte all'insistenza del fratello nel volere conoscere le ragioni che lo spingevano a voler sterminare la famiglia MANGIAMELI, Valerio dovette in qualche modo scoprire le proprie carte, fornendo una giustificazione più plausibile di quelle precedentemente addotte, ma, ancora una volta, adottò una motivazione di comodo, che ne nascondeva una ulteriore, inconfessabile persino al fratello coinvolto nell'omicidio.
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(181) - Cfr. vu 1/12/87, pp. 28-29.
La conoscenza da parte del MANGIAMELI delle responsabilità di Valerio per l'omicidio del Presidente della Regione Sicilia non spiegherebbe l'assassinio del `leader' di Terza Posizione: costui, pesantemente coinvolto nell'omicidio MATTARELLA, non avrebbe potuto violare il patto di reciproca omertà, senza far emergere, con le responsabilità del FIORAVANTI, anche le proprie. Fra la morte del'On. MATTARELLA e quella del MANGIAMELI corrono otto mesi; alla fine di luglio il FIORAVANTI e la MAMBRO erano ancora ospiti (e complici nel tentativo di far evadere il CONCUTELLI) di colui che, soltanto quindici mesi più tardi diverrà il "demenziale profittatore": nulla, dunque, a quella data, lasciava presagire la macabra esecuzione del settembre.
Il MANGIAMELI ed il FIORAVANTI si lasciano il 29 od il 30 luglio. Ci si deve chiedere cosa sia intervenuto fra tale data ed il 9 settembre. I fatti parlano da sé: la strage di Bologna e la pubblicazione dell'intervista di Amos SPIAZZI. Nell'ambiente, il collegamento del `Ciccio' con la strage non può sfuggire ad alcuno; il MANGIAMELI si riconosce e teme di essere coinvolto; comunica le sue apprensioni alla moglie ed al VOLO e prende a lanciare pesanti accuse. In quel clima, qualcuno prende a muoversi scompostamente: nasce l'iniziativa della lettera anonima spedita da Alberto VOLO, con cui, autoaccusandosi, si vuole in realtà sollecitare una verifica della propria estraneità alla strage. Il MANGIAMELI è soverchiato dal peso della chiamata in causa per un delitto che egli, pur partecipe -come s'è visto- di un programma terroristico, non aveva voluto o non aveva voluto di così terrificanti proporzioni. E' ormai allo sbando e completamente inaffidabile. E la pena, per la sua inaffidabilità, è necessariamente quella capitale: Francesco MANGIAMELI deve sparire nel nulla, perché, dopo l'intervista dello SPIAZZI, rappresenta ormai l'anello centrale di una catena che, nella prospettiva di chi si ponga ad indagare, ricollega Valerio FIORAVANTI alla strage del 2 agosto.
V'è in atti una sorprendente conferma, di natura documentale,della riferita tesi in ordine all'assassinio di Francesco MANGIAMELI.
Dopo il rinvenimento del cadavere di costui, fu diffuso un
volantino (182) di Terza Posizione, nel quale, esaltando la
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(182) - Cfr. RA, V7, C331, p9.
figura della vittima e proponendo l'interpretazione del `delitto di Stato', si scriveva, tra l'altro: "L'ignobile strage di Bologna, che tanto da vicino ricorda quella opera" (sic) "ad Abadan dalla Savak, o quelle di Piazza Fontana, di Brescia, di Peteano, del treno Italicus, ha forse fatto la sua 85ª vittima?..." Più oltre: "...Hanno ucciso Francesco perché aveva avuto, come sempre, il coraggio di dire no ad ogni losco affare..." Una nota in calce al volantino preannunciava, tra l'altro, una conferenza stampa dei militanti palermitani di Terza Posizione.
Ma i `leaders' di Terza Posizione sapevano che il MANGIAMELI era caduto per mano di Valerio FIORAVANTI. Rosaria AMICO vedova MANGIAMELI al PUBBLICO MINISTERO di Roma il 17/9/1980 (183): "..Quando dissi a Robertino," (184)
"la sera di venerdì," (185) "che mio marito si era allontanato su una `Golf' colore argento lui esclamò `allora
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(183) - EA, V10/a-3, C117, p18. (184) -Si tratta di Roberto FIORE, `leader' romano di Terza Posizione. (185) -Venerdì 12 settembre 1980: in tale data venne identificato il cadavere del MANGIAMELI, riaffiorato il giorno precedente: cfr. supra, sub 1.1.15), lettera f).
sono stati loro' e scoppiò a piangere. Si riferiva a Valerio
ed ai suoi amici..."
Orbene: un ambiente che ha l'immediata consapevolezza della responsabilità del FIORAVANTI per l'assassinio del MANGIAMELI diffonde un volantino nel quale si affaccia il dubbio che la strage di Bologna abbia fatto la sua 85ª vittima. L'equazione sottintesa è di agevole lettura: il MANGIAMELI è l'85ª vittima, perché identica è la matrice dei suoi assassini e degli autori della strage.
Si legge infatti ancora, nel volantino: "...Certo è che l'obbiettivo di chi ha organizzato la strage era il movimento rivoluzionario e segnatamente `TERZA POSIZIONE'. E chi poteva sapere, prima e con certezza, in che direzione si sarebbero cercati i colpevoli? E' comunque fuori da ogni dubbio che la barbara eliminazione di Francesco MANGIAMELI, militante di `TERZA POSIZIONE', è da inquadrare all'interno della più infida delle trame che avviluppano l'Italia, quella di Stato. Gli assassini che hanno colpito Francesco, e che hanno cercato di farne scomparire il cadavere, sono stati certo mossi dalla volontà di trascinare ad ogni costo `TERZA POSIZIONE' nella inchiesta sulla strage. Il nostro movimento che ha sempre agito alla luce del sole..." La chiusa, se pure fosse necessario, rende più esplicito il messaggio: "Onore a Francesco MANGIAMELI, combattente rivoluzionario, trucidato dagli sgherri delle dittatura democratica!!!". Sarebbe dunque Valerio FIORAVANTI -agli occhi di chi scrive e lo sa colpevole dell'assassinio- sgherro della dittatura democratica, mosso, nell'eliminare il MANGIAMELI, da quella medesima volontà di criminalizzare `TERZA POSIZIONE' che è stata il movente della strage del 2 agosto.
Aldilàdella mitizzazzione della figura del MANGIAMELI ("rivoluzionario capace, lucido, pulito, tenace", che "amò la vita come una battaglia" e "amò la morte come un'avventura") e della comprensibile necessità di affermarla strumentalmente, da parte di Terza Posizione, per prendere le distanze dalla strage, e a prescindere dall'individuazione della causale della strage e dell'omicidio, va qui rilevato che chi scrive mostra di conoscere la riconducibilità degli assassini del MANGIAMELI (e cioè, segnatamente, di Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO) al medesimo ambiente in cui è stata organizzata la strage.
Ma da chi veniva ai `leaders' sopravvissuti di Terza Posizione quella consapevolezza, se non proprio da colui che aveva ospitato il FIORAVANTI e la MAMBRO sino a pochissimi giorni prima della strage, che darà rifugio a Luigi CIAVARDINI dopo l'attentato (186), che è legato a doppio filo con quell'Alberto VOLO autore della lettera anonima speditaalla Questura di Palermo, allo scopo di far verificare l'alibi suo, del MANGIAMELI e di altri esponenti della stessa cellula, e che, infine, cadrà sotto il piombo di FIORAVANTIe complici?. Ecco perché dall'analisi del messaggio lanciato dal volantino di Terza Posizione trae conferma la ricostruzione accolta da questa Corte in ordine
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(186) - Luigi CIAVARDINI al Giudice Istruttore il 24/10/1984 (EA, V10/a-3, C113, p68): "...Confermo di essere stato in Sicilia,verso la metà dell'agosto '80,`appoggiato' da FIORAVANTI Valerio a MANGIAMELI Francesco. MANGIAMELI non mi tenne a casa sua, ma mi fecedormire per una paio di notti a Palermo in un ufficio di cui aveva la disponibilità e dove vi era un lettino. Dopo un paio di giorni mi disse che non aveva la possibilità di continuare ad ospitarmi e io me ne andai..." Non è arduo individuare la causa della sopravvenuta indisponibilità del MANGIAMELI: in quei giorni era comparsa sull'Espresso l'intervista ad Amos SPIAZZI.
alla causale dell'omicidio del MANGIAMELI, divenuto pericoloso, poiché chiamato in causa dall'intervista e intenzionato a prendere le distanze dalla strage del 2 agosto, nella quale sapeva coinvolti il FIORAVANTI, la MAMBRO ed altri, ma della quale non intendeva condividere le responsabilità. In effetti, che dopo l'attentato alla stazione di Bologna il MANGIAMELI fosse venuto prendendo posizione in merito e lanciando pesanti accuse in determinate direzioni è noto attraverso le dichiarazioni di Alberto VOLO. Il VOLO al PUBBLICO MINISTERO di Roma, il 15/9/1980 (187): "...Sosteneva in particolare...che la strage di Bologna era opera dei servizi segreti diretta a provocare una reazione contro la destra e che SIGNORELLI, FACCHINI" (sic) "e AFFATIGATO erano in effetti agenti dei servizi..." Così al Giudice Istruttore di Roma in data 19/11/1980 (188): "...Francesco MANGIAMELI fece con me chiare allusioni alla possibilità che sui resti di Avanguardia Nazionale si erano inseriti degli elementi provocatori infiltrati dai servizi di sicurezza e che gli
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(187) - EA, V10/a-3, C134/1, p6. (188) - EA, V10/a-3, C134/1, p21.
stessi operavano attraverso la commissione di attentati e anche tramite altri atti più gravi, omicidi e forse anche la stessa strage di Bologna. La sua convinzione era che personaggi esperti potevano aver fornito di volta in volta i mezzi a giovani estremisti, addirittura di 16-17 anni per commettere atti delittuosi che poi ricadevano su tutta la destra italiana. Occasione di queste riflessioni era la lettura a volte di giornali che facevano riferimento a personaggi come Adriano TILGHER, Massimiliano FACCHINI" (sic) "AFFATIGATO Marco, che secondo il MANGIAMELI -che tali notizie apprendeva- altro non erano che `Pezzi di sbirro'!..."
Il 5/1/1984, davanti al Giudice Istruttore del presente procedimento, il VOLO ha tenuto a precisare (189): "...Non è vero che il MANGIAMELI mi abbia mai riferito suoi precisi sospetti su qualcuno per la strage di Bologna, è vero invece che parlando con me addebitava il fatto criminoso allo Stato. In parole povere la sua tesi era quella della `strage di stato'..."
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(189) - EA, V10/a-3, C134, p16.
In giudizio (190) puntualizzerà poi che certi discorsi erano espressione di opinioni del MANGIAMELI, manifestate nel corso di chiacchierate informali. Se anche si prestasse fede a questa versione, la situazione non cambierebbe, ai fini della valutazione della pericolosità del MANGIAMELI agli occhi del FIORAVANTI. I riferimenti al SIGNORELLI ed al FACHINI, pur non contenendo un'accusa precisa e diretta, danno ugualmente la misura di tale pericolosità: attribuiscono infatti ai due imputati il ruolo di agenti di quei servizi cui vien fatta risalire tuttavia l'organizzazione della strage. Ma oggi, a distanza di anni, è dato accertare la corresponsabilità del FACHINI e del FIORAVANTI per la strage del due agosto, e del FACHINI, del SIGNORELLI e del FIORAVANTI quali esponenti di spicco di quella banda armata nella cui complessiva progettualità si venne ad inscrivere l'attentato. V'è poi il riferimento ai "giovani estremisti". Occorre rilevare, in proposito, che il CIAVARDINI, alla data del 2 agosto, non aveva ancora compiuto il diciottesimo anno di età; e che gli stessi
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(190) - Cfr. vu 15/1/88, pp. 5 verso e 6 recto.
FIORAVANTI e MAMBRO, i quali, all'epoca avevano, rispettivamente, 22 e 21 anni, erano `politicamente', e,
rispetto al FACHINI ed al SIGNORELLI, e allo stesso MANGIAMELI, anche anagraficamente dei `ragazzini'. Fu giocoforza, per il FIORAVANTI, revocare la fiducia al MANGIAMELI.
E i `leaders' di Terza Posizione dovettero allora rendersi conto che il FIORAVANTI, lungi dall'essere un `ragazzino' strumentalizzato, continuava ad operare in prima persona e con fredda `professionalità'. E aveva in animo di continuare a colpire chi, attraverso il MANGIAMELI, potesse, non avendone titolo, aver in qualche modo attinto notizie in ordine alla sua responsabilità per la strage o consentire eventualmente, se sopravvissuto, di risalire all'autore delle `esecuzioni'. Ad uno ad uno, sarebbero dovuti cadere il FIORE, l'ADINOLFI, la moglie e la figlia del MANGIAMELI, lo stesso VOLO (191).
2.1.2.5.6) La lettera anonima spedita da Alberto VOLO
Anche la lettera anonima spedita dal VOLO, a ben vedere,
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(191) - Per quest'ultimo, cfr. vu 15/1/88, pp. 7 verso e 8 recto.
conforta le conclusioni cui si è pervenuti in ordine alla causale dell'omicidio MANGIAMELI. In giudizio, il VOLO ha continuato a sostenere (192), come in precedenza, che l'iniziativa della lettera sarebbe stata frutto di mitomania. Non sarebbe stata dunque dettata dalla necessità di sollecitare la verifica dell'alibi del VOLO stesso e del MANGIAMELI. Prestare fede a siffatta versione significherebbe accettare come espressione di mera casualità, generata da un estemporaneo ed incontrollabile impulso mitomane, la coincidenza nello stesso individuo di ciò che si evidenzierà meglio in prosieguo di trattazione: dell'essere l'unico uomo al mondo autoaccusatosi della strage di Bologna; dell'essere, al tempo stesso, legato a doppio filo al MANGIAMELI, assassinato da persone indicate come presenti il 2 agosto alla stazione di Bologna e già ospiti della loro vittima pochi giorni prima dell'attentato; dell'essere, infine, possessore di un documento che lo ricollega ad altra persona, presente alla stazione di Bologna, senza valida giustificazione, in occasione della
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(192) - Cfr. vu 15/1/88, p6 verso.
strage. Si tratta di conclusione inaccettabile, alla quale se ne deve contrapporre altra, che, partendo dall'assunto contrario a quello della casualità, consenta una ricostruzione logicamente plausibile e coerente con il quadro indiziario complessivo. Il VOLO, proprio per via del suo legame con il MANGIAMELI, si trovò a condividere le apprensioni di costui, che, già pesantemente esposto dopo la strage per aver addirittura ospitato il FIORAVANTI, le cui responsabilità non ignorava, vide poi precipitare la situazione dopo la pubblicazione dell'intervista rilasciata da Amos SPIAZZI. Si trattava, dal punto di vista del VOLO, di contemperare due concomitanti esigenze: quella di scongiurare il suo personale coinvolgimento, e quella di non uscire allo scoperto. L'anonimo soddisfaceva l'una e l'altra. Disponendo il VOLO di un solido alibi, il contorto stratagemma mirava a suscitarne l'immediata verifica dello stesso, finché tale verifica era possibile, o comunque significativa ed utile proprio per via della tempestività. Il VOLO si mise peraltro in condizioni di potere, all'occorrenza, dimostrare la provenienza da sé della lettera (193): provenienza che puntualmente rivelò ai giudici.
Il fatto che nella missiva compaia anche il nome del MANGIAMELI, e che la stessa sia quindi idonea a propiziare la verifica anche del suo alibi, induce a ritenere che, con ogni probabilità, nell'iniziativa dell'anonimo abbia avuto parte anche il `leader' siciliano di Terza Posizione. La missiva esprime la situazione di disagio e di grave preoccupazione di un ambiente che vien prendendo le distanze dall'efferato gesto del FIORAVANTI e del FACHINI. Siffatta situazione è -agli occhi del FIORAVANTI- tanto più pericolosa, in quanto tende a sfuggire al controllo, per non essere limitata al solo MANGIAMELI; l'intervento di bonifica dell'ambiente dev'essere radicale: e s'è visto, infatti, che, assieme agli altri, avrebbe dovuto essere `giustiziato' anche Alberto VOLO.
2.1.2.5.7) La questione dei capelli della MAMBRO
Si tratta di una questione marginale, intorno alla quale è
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(193) - Il VOLO si servì della macchina da scrivere del Prof. PEZZANO: l'unica esistente presso la scuola di cui il VOLO stesso era preside (cfr. RA, V3, C82/2, p67 e C82/2 bis, p159).
tuttavia necessario fare chiarezza, dissipando ogni
possibile elemento di confusione. Massimo SPARTI al Giudice Istruttore, il 13/5/1982 (194): "...Aggiunse anche," (Valerio FIORAVANTI) "appunto per tale timore, che la ragazza, come effettivamente io potetti constatare, si era tinta i capelli..."
E' certamente vero che lo SPARTI, non avendo precedentemente conosciuto la MAMBRO, non poteva apprezzare una variazione di tonalità. Ma -come si è testé visto- egli si limitò a constatare che la donna si era tinta i capelli: il che è cosa diversa. E' dato di comune esperienza che, anche vedendo una persona per la prima volta, è non di rado possibile riconoscere una tinta artificiale della capigliatura, proprio in quanto le tintura conferisce alla chioma un aspetto innaturale. Ancora più agevole è riconoscere una tonalità artificiale, quando essa coesista con la base naturale. E proprio quest'ultima situazione si presentò allo SPARTI, il quale il 23/7/1981, così si spiegò (195): "...Valerio mi disse anche che le aveva fatto
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(194) - EA, V10/a-4, C163/1, p1. (195) - EA, V10/a-4, C163/1, p19. tingere i capelli, ma io debbo con tutta onestà dichiarare che non avrei fatto caso a ciò se questi non ne avesse parlato, ma è anche vero che non posso affermare che le diverse tonalità di colore dei capelli della MAMBRO non fossero altro che quel trattamento oggi di moda. E' altrettanto vero però che io notai una colorazione rossastra che non aveva nulla a che vedere con la colorazione base..." Ancora più chiare, in tal senso, le dichiarazioni del 6/5/1982 (196): "...Non ricordo se nella foto la MAMBRO avessei capelli raccolti verso l'alto. Di persona li aveva sciolti, mi sembra fino alle spalle, leggermente ondulati, e con riflessi tendenti al rosso-rame sulla base del colore castano che era uniforme. Ho notato che si trattava di riflessi non naturali..."
Si tratta di dichiarazioni misurate e precise, dalle quali, in sostanza, si ricava che lo SPARTI, la cui attenzione era stata stimolata dalla frase del FIORAVANTI, fu in grado di cogliere il contrasto fra le venature di una tonalità rossastra frammiste o parzialmente sovrapposte alla
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(196) - Cfr. confronto SPARTI-DE VECCHI, in EA, V10/a-4, C163/1, p43 recto e verso.
colorazione naturale, che non era scomparsa, ma rimaneva visibile. Evidentemente la donna, frettolosamente adeguandosi alla direttiva del FIORAVANTI, con mezzi di scarsa efficacia, non aveva ottenuto se non il modesto risultato che è dato evincere dalle parole dello SPARTI: una colorazione non omogenea, sulla cui base, rimasta quella naturale, comparivano riflessi rossastri, che potevano sfuggire ad un osservazione superficiale.
Ciò è perfettamente compatibile con quanto emerge dal rapporto giudiziario relativo alla rapina del pomeriggio del 5 agosto all'armeria di Piazza Menenio Agrippa: della ragazza che partecipò al delitto vi si dice, sulla base delle descrizioni fornitene dai testi, che avesse i capelli di color castano chiaro (197), che è -come si vedrà tra breve- il colore naturale della capigliatura dell'imputata. I testi, date le circostanze, non avevano potuto cogliere se non il dato più immediato e macroscopico: il colore naturale, che era preponderante. E non avevano potuto percepire ciò che lo SPARTI aveva potuto apprezzare soltanto
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(197) - Cfr. RA, V10, C407, pp. 2-3.
dopo una più attenta osservazione: la disomogeneità ed i riflessi rossastri.
A questo punto è necessario sgomberare il campo da un equivoco: la base del colore dei capelli dell'odierna imputata è un castano tendenzialmente non carico, la cui tonalità può variare, a seconda delle stagioni e dell'esposizione al sole, o per effetto dell'uso di trattamenti cosmetici meno radicali della tintura, fra il castano chiaro ed il biondo-castano (198). La puntualizzazione si rende necessaria, perché la MAMBRO, in istruttoria, aveva dichiarato, tra l'altro (199): "...Questi," (Cristiano FIORAVANTI) "infatti, proprio il due agosto fu scarcerato e nei giorni immediatamente successivi ebbe modo di vedermi e constatare, ovviamente, che i miei capelli erano quelli di sempre, perché in effetti non me li sono mai tinti in vita mia. D'altra parte i testimoni
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(198) -Biondo-castani apparivano i capelli dell'imputata all'udienza del 2/12/1987 (cfr. vu 2/12/87, p23, righi 45-47). La tonalità, leggermente più chiara rispetto a quella apprezzata dalla Corte in precedenti occasioni (la MAMBRO è stata presente con grande assiduità nel corso delle oltre 200 udienze), potrebbe essere dipesa -secondo l'ipotesi affacciata dall'Avvocato dello Stato in corso di discussione- dall'impiego di un `cachet' decolorante alla vigilia dell'udienza. (199) - IA, V9/a-2, C38, p27.
oculari della rapina di Piazza Menenio Agrippa mi hanno descritta, per quanto mi risulta daigiornali, come una aragazza dai capelli biondi. Pertanto le dichiarazioni di SPARTI sul punto sono completamente false. D'altra parte è noto che d'estate i capelli acquistano una tonalità più chiara..." Se si è compreso bene, il senso di questa linea difensiva parrebbe il seguente: i capelli dell'imputata erano biondi e non come lo SPARTI li ha descritti; e il biondo,in ogni caso, era il colore naturale e non artificiale.
Osserva la Corte: si è visto come l'indicazione dello SPARTI circa la base naturale castana della capigliatura della MAMBRO riceva conforto da quanto indicato dai testi oculari della rapina di Piazza Menenio Agrippa, i quali, sul punto, hanno -più specificamente- parlato di color castano chiaro. Identica indicazione proviene da due fonti assolutamente non sospettabili: i fratelli FIORAVANTI. Valerio (200): "...Non ricordo invece l'abbigliamento della MAMBRO; aveva capelli lunghezza media, di tinta castano chiaro, non decolorati né
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(200) -IA, V9/a-2, C29/B, p2.
tinti..." Cristiano (201) "...l'ho vista" (la MAMBRO) "intorno all'8 agosto 1980 a Roma e non aveva cambiato né foggia né colore dei capelli e cioè aveva capelli di colore castano chiaro tagliati a caschetto..."
Che d'estate, per effetto dell'esposizione al sole, i capelli dell'imputata tendano a schiarirsi ulteriormente, acquistando una colorazione fra il castano ed il biondo, è del tutto naturale. Questa la descrizionedatane in istruttoria da Mauro ADDIS (202): "...aveva i capelli lunghi sino alle spalle, color paglia, di un biondo non del tipo svedese, ma biondo-castani..." La BRUNELLI addirittura ebbe ad affermare (203): "...Sono certa che la MAMBRO, per tutto il tempo trascorso a Treviso, vale a dire fino a qualche giorno prima di ferragosto, non aveva cambiato il colore dei capelli; è sempre rimasta del suo biondo naturale..." E Valerio FIORAVANTI, in altra parte del medesimo verbale citato poc'anzi, riferiva ancora, con apparente contraddizione: "...dai giornali abbiamo appreso che in relazione alla strage di Bologna veniva ricercata una donna
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(201) - EA, V10/a-4, C163/1, p32. (202) - EA, V10/a-5, C240, p4. (203) - EA, V10/a-4, C173, p2.
bionda e la MAMBRO temeva di poter essere coinvolta, anzi era sicura che se fosse stata rintracciata sarebbe stata senz'altro incriminata, dato che si conoscevano le sue idee politiche, era bionda ed in quei giorni gli ambienti cosiddetti fascisti erano sotto pressione..."
La contraddizione rispetto all'indicazione della tinta castano chiaro fornita dall'imputato poco prima è -ad avviso del Collegio- soltanto apparente: giacché -come si è visto- testi assolutamente insospettabili, con riferimento al medesimolasso di tempo, ebbero a descrivere i capelli dell'imputata alternativamente come castano chiari (testimoni della rapina di Piazza Menenio Agrippa) o biondi (la BRUNELLI, che, dal canto suo, non colse variazioni rispetto al periodo precedente la strage); e la distinzione tra il castano ed il biondo, nell'ambito di una determinata fascia di tonalità, è tutt'altro che ben definita.
Più in generale, si osserva che la valutazione dei colori, anche da parte dei soggetti che non soffrano di alterazioni della percezione visiva, ha -con l'eccezione di alcune tinte fondamentali- una non trascurabile componente soggettiva; componente che gioca un ruolo tanto più significativo in quanto si tratti di descrivere l'aspetto cromatico di realtà viventi e, in particolare, di parti anatomiche che -come i capelli- sono naturalmente cangianti.
Tutto quanto precede porta a concludere, da un lato, che la descrizione della base naturale dei capelli della MAMBRO da parte di Massimo SPARTI non era certamente falsa. Quanto poi ai riflessi rossastri, frutto di un maldestro o abortito tentativo di travisamento, non deve sorprendere che l'indicazione dello SPARTI sia rimasta isolata. La BRUNELLI, dopo il 2 agosto, potrebbe non aver avuto occasione di osservare la capigliatura dell'odierna imputata con la stessa attenzione con cui lo fece lo SPARTI, per esservi stato richiamato dalle parole del FIORAVANTI. Ed è noto poi che i `cachets' coloranti che ciascuno può applicarsi a domicilio, senza l'ausilio del parrucchiere, possono, a differenza delle tinture, essere così poco persistenti da scomparire dopo alcuni lavaggi.
Certamente poi conforto allo SPARTI sulla circostanza in esame non poteva venire da Valerio, né da Cristiano FIORAVANTI (il quale, nell'81, era ben lungi da certe successive tiepide posizioni possibiliste in ordine alla responsabilità del fratello -e, conseguentemente, della cognata- per la strage), e neppure da Mauro ADDIS (204).
Resta soltanto da osservare che, in virtù delle considerazioni sopra esposte, la circostanza -segnalata dal PUBBLICO MINISTERO- che i capelli della MAMBRO, nella patente sequestratale all'atto dell'arresto, fossero indicati come biondi (205) non dimostra che ella, dando seguito al tentativo i cui effetti lo SPARTI poté
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(204)- I rapporti di costui con gli imputati FIORAVANTI e MAMBRO sono stati eloquentemente descritti da Valerio FIORAVANTI: "...prima che lo mandino via, io volevo confermare che noi con ADDIS siamo in ottimi rapporti, non c'è bisogno di sentenze, è stato nostro testimone al matrimonio. Senza che lo andiamo a chiedere sentenze o pareri ad altri Giudici, è vero noi siamo in ottimi rapporti e per questo ci interessava che si mettesse meno in mezzo possibile..." (cfr. vu 2/12/87, p39). L'ADDIS, il quale ha reso dichiarazioni a questa Corte in una veste che non lo vincolava alla verità, è venuto tardivamente modificando ed integrando le sue dichiarazioni istruttorie su talune circostanze (cfr. vu 2/12/87, pp. 20 ss.). Vale la pena di ricordare che, nel corso di questo intervento `ad adiuvandum', egli ha fra l'altro riferito d'aver incontrato il FIORAVANTI e la MAMBRO il 30/7/1980 a Taranto e di averli accompagnati sino all'aeroporto di Roma-Fiumicino, da dove, la notte fra il 30 ed il 31, avrebbero preso un volo forse per Venezia (vu 2/12/87, p22). Osserva semplicemente la Corte che, anche ove ciò fosse vero, si restringerebbe il periodo di tempo a cavallo della strage nel quale si perdono le tracce degli imputati, ma il loro preteso alibi per il 2 agosto non ne trarrebbe alcun conforto. (205) - Cfr. RA, V8, C370 bis, p17.
constatare, si fosse poi tinta la capigliatura con risultati
migliori e più duraturi. Con una buona dose di approssimazione, infatti, la chioma dell'imputata, soprattutto in certi periodi, può definirsi appunto bionda.
Gli accertamenti tecnici a suo tempo compiuti non portarono ad alcun significativo risultato. Innanzitutto, un campione di capelli della MAMBRO poté essere prelevato soltanto molto tempo dopo la strage (206), quando tracce di eventuali tinture potevano essere scomparse. In secondo luogo, si trattava di parti di stelo, separate dalla radice, il che incise sfavorevolmente sul risultato delle analisi. All'esito delle indagini di laboratorio, così, tra l'altro, riferì la Polizia Scientifica (207): "...Dalle indagini chimiche eseguite si è giunti alla conclusione che i capelli in esame non presentano tracce di tinture vegetali erbose di hennè, indaco, tannino, né tintura a base di sali metallici (solfuri metallici, argento, cadmio). Non è stato possibile accertare in modo sicuro, la presenza di tintura a base di composti del gruppo della parafenilendiamina (componente
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(206) - Il 27/4/1982, in sede di interrogatorio: cfr. IA, V9/a-2, C38, p9. (207) -RA, V8, C354, p9.
delle tinture più usate e durature) a causa delle reazioni non sufficientemente probative.
L'esame microscopico non ha confortato, d'altra parte, l'indagine chimica, in quanti la mancanza della radice del capello e la presenza del solo stelo non ha permesso di evidenziare la differenza di colore tra lo stelo e la porzione intrafollicolare del capello (che misura circa 3,5 mm), dove non penetra l'azione della tintura..."
2.1.2.6) La posizione di Sergio PICCIAFUOCO
2.1.2.6.1) La presenza del PICCIAFUOCO alla stazione di Bologna
A proposito della sua presenza alla stazione ferroviaria di Bologna in occasione dell'attentato, il PICCIAFUOCO ha riferito un cumulo di menzogne, quando una versione semplice e veritiera, una volta sottoposta a positiva verifica, l'avrebbe scagionato da una terribile accusa. Non si dica che il PICCIAFUOCO si trovava alla stazione di Bologna per una ragione diversa dal suo coinvolgimento nella strage, ma comunque di natura tale da non poter essere rivelata: ciò avrebbe potuto giustificare l'iniziale riserbo, ma non la perseveranza nel non voler spiegare le ragioni della presenza sul luogo dell'attentato, una volta che il prevenuto è stato raggiunto dall'imputazione per la quale oggi lo si giudica. A fronte dell'accusa di strage, se il PICCIAFUOCO fosse stato a Bologna per motivi diversi, anche in vista della realizzazione di un programma delittuoso -che non fosse, appunto, la realizzazione dell'attentato- lo avrebbe finalmente ammesso.
Sostiene l'imputato che, il 2 agosto, egli era diretto a Milano, per farsi `riempire' dei moduli di documenti in bianco di cui era in possesso.
L'assunto è falso, perché il PICCIAFUOCO era, all'epoca, in possesso di patente di guida n. 27681, intestata a VAILATI Enrico, nato a Roma l'11/11/1945 (208). Esibendo tale documento, egli alloggiò presso l' `Hotel Atlantis Bay' di Mazzarrò di Taormina. Ha affermato il PICCIAFUOCO in giudizio che egli, sprovvisto di documenti d'identità, fornì
in proposito al portiere una banale giustificazione, e dettò a caso i dati di identificazione, in quanto, benché egli fosse stato già ospite dello stesso albergo l'anno prima, non fu possibile rintracciare lì per lì la relativa scheda con le precedenti annotazioni. Occorre subito rilevare che i soggiorni del PICCIAFUOCO all' `Atlantis Bay' nel luglio 1980 furono due (209): non è pensabile che egli, senza documenti, fornisse ogni volta puerili giustificazioni, trovando credito e ospitalità. Ma è
ragionevolmente da escludere che ciò possa essere accaduto anche una sola volta. La Corte ha in proposito disposto
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(208) - Cfr. RA, V9 bis, C383 bis, pp. 236-239. (209) - Cfr. gli atti citati alla nota che precede.
l'escussione di Alfredo LONGO, titolare dell'albergo, il quale (210) ha sostanzialmente escluso che possano esservi state eccezioni nell'espletamento delle formalità di registrazione dei clienti. Peraltro -e l'argomento sembra risolutivo- se pure ci si fosse indotti ad accogliere provvisoriamente il PICCIAFUOCO, benché sprovvisto di documenti, la prudenza avrebbe comunque imposto di procedere all'annotazione non appena l'imputato fosse rientrato in possesso dei documenti stessi, che affermava d'aver lasciato sulla vettura di amici "che sarebbero poi ritornati", e, in ogni caso, di non procedervi prima d'aver rintracciato la scheda o consultato i registri relativi al soggiorno del 1979, da cui desumere i dati identificativi, per verificarne la corrispondenza con quelli che il PICCIAFUOCO veniva denunciando: corrispondenza che, in effetti, si sarebbe riscontrato non sussistere.
Il prevenuto ha affermato ancora che, per farsi `riempire' i moduliin biancodi cui era in possesso,si sarebbe dovuto recare a Milano lunedì 4 agosto, e che anticipò la partenza
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(210) - cfr. vu 14/1/88, pp. 1-2.
al 2, in quanto, all'improvviso, si sarebbe trovato a dover cedere temporaneamente l'appartamento di via Farini in Modena, in cui allora abitava, al proprietario dello stesso, che avrebbe inteso ospitarvi, in quel fine settimana, una ragazza polacca. Rientrato poi da Bologna a Modena, contrariamente a quanto programmato, lo stesso giorno 2, avrebbe trovato nell'appartamento il proprietario e la ragazza polacca, talché avrebbe poi dormito, la notte, a casa di tale COPPARONI Gianfranco. Orbene, il COPPARONI, escusso in dibattimento (211), ha escluso che il prevenuto abbia dormito nella sua abitazione. Si è dunque di fronte ad un 'ulteriore menzogna del PICCIAFUOCO. Cade così la linea difensiva che vuole legato ad una casualità (un'esotica avventura galante del proprietario dell'appartamento) lo spostamento dell'imputato da Modena la mattina del 2 agosto.
Ma le menzogne si moltiplicano, allorché il PICCIAFUOCO deve spiegare come e perché, partendo da Modenaed essendo diretto a Milano,si venne a trovare fuori percorso, alla stazione di Bologna, nell'ora dell'attentato. In ordine a tale presenza,
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(211) - cfr. vu 18/12/87, pp. 30-34.
tenuto conto delle indicazioni in proposito rinvenibili nei verbali dal PICCIAFUOCO resi nelle varie vesti che ha via via assunto nel corso del procedimento, gioverà, servendosi del puntualissimo rapporto della DIGOS di Bologna in data 7/10/1983 (212), notare quanto segue. La mattina del 2 agosto 1980, l'imputato, che si sarebbe recato da casa alla stazione di Modena -secondo quanto egli stesso ha affermato (213)- verso le 8,30-8,40, avrebbe potuto prendere l'espresso delle 8,37 (il cui arrivo a Milano era previsto per le 11,20), in quanto tale treno è partito da Modena in ritardo, alle 8,55. Peraltro, egli era certamente al corrente degli orari di partenza, dal momento che nell'appartamento di via Farini gli fu sequestrato un orario ferroviario.
La decisione di prendere un taxi per venire alla stazione di Bologna è assolutamente inverosimile per vari ordini di ragioni. Infatti: la corsa costava effettivamente 25.000-30.000 lire, ed aveva dunque un prezzo enormemente superiore al biglietto ferroviario; il PICCIAFUOCO non era certamente
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(212) - RA, V9 bis, C383/A, pp. 20 ss. (213) - IA, V9/a-2, C40, p11.
incalzato dalla fretta, dovendo recarsi a Milano per cercare qualcuno che gli potesse approntare documenti falsi; da Modena a Bologna vi erano almeno tre treni utili che avrebbero consentito all'imputato di essere a Bologna in tempo per prendere l'espresso delle 10,34 in partenza per Milano: si trattava degli espressi delle 8,52 (partito in ritardo alle 9,10), delle 9,27 e delle 9,42, ufficialmente in arrivo a Bologna rispettivamente alle 9,25, 9,56 ed alle 10,08, e comunque tutti, anche tenuto conto del ritardo di vari minuti nella partenza, in arrivo, appunto, ad ora tale da consentire agevolmente di prendere la coincidenza delle 10,34. Resta poi da spiegare, in ogni caso, il motivo per cui il prevenuto -che non aveva alcuna fretta, ed avrebbe potuto prendere da Modena, alle 11,31, il successivo treno per Milano,in arrivo alle 14,02- avrebbe preferito affannarsi e spendere tanto, per venire a Bologna a prendere l'espresso delle 10,34, in arrivo a Milano alla 13,00.
Il PICCIAFUOCO ha finito per dichiarare che le sue scelte di quel giorno furono legate ad una sorta di idiosincrasia da latitanza per i treni che effettuano molte fermate e per la permanenza in treno in generale. Si tratta di affermazioni pretestuose e addirittura paradossali, provenendo esse
da chi, latitante, si è mosso disinvoltamente a suo piacimento per un decennio lungo la penisola ed avrebbe -a suo dire- viaggiatoin aereo senzadocumenti d'identità anche in periodi di rigidissimi controlli (214). Il PICCIAFUOCO, il 6/10/1983, aveva però dichiarato (215): "Quando arrivai," (alla stazione di Modena) "però, constatai che tale treno era già partito e pur non avendo un appuntamento preciso a Milano, o altro motivo di urgenza, controllai gli orari alla tabella della stessa stazione ferroviaria e decisi di prendere il treno delle 10,34 in partenza da Bologna, treno che non fermava alla stazione di Modena. Per raggiungere Bologna in tempo utile, pensai di prendere un taxi. Avevo infatti consultato l'orario e nessun treno in partenza da Modena mi avrebbe fatto giungere alla stazione di Bologna in tempo utile e cioè prima delle 10,34". A parte la falsità dell'affermazione che non vi fossero treni utili per essere a Bologna entro le 10,34,
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(214) - IA, V9/a-2, C40, p66. (215) - IA, V9/a-2, C40, p11.
vanno rilevate due circostanze: l'imputato si sarebbe determinato a venire a Bologna sol perché il treno delle 10,34 non fermava a Modena; se vi fossero stati treni utili, se ne sarebbe servito per raggiungere Bologna. Anche la giustificazione dell'idiosincrasia ferroviaria, e in particolare verso i treni che effettuano fermate intermedie (tali sono, lungo la linea Bologna-Milano, i treni che fermano a Modena), è sconfessata dalle parole dello stesso imputato.
Personale della Questura di Bologna, recatosi a Modena, provvide ad interrogare non soltanto i taxisti che facevano servizio il 2 agosto nel piazzale della stazione, ma anche tutti gli altri taxisti in servizio in altri punti della città, per un totale di 56 persone. Orbene, tutti (tranne uno, che aveva però accompagnato, alle 8,00, una persona di sesso femminile) esclusero di aver compiuto viaggi a Bologna prima dell'attentato. In particolare, lo esclusero i tre taxisti proprietari di di autovetture `Opel Ascona', due dei quali, peraltro, erano all'epoca dei fatti in vacanza.
Si è sottolineato, da parte della difesa del PICCIAFUOCO, che uno dei taxisti modenesi in servizio il 2 agosto 1980 era deceduto all'epoca degli accertamenti in parola. Il rilievo è corretto; senonché si provvide ad interpellare tale GOLDONI Giancarlo, subentrato nella licenza comunale al defunto PREVIDI Franco, del quale era strettissimo amico. Il GOLDONI riferì che mai il PREVIDI gli aveva raccontato alcunché a proposito dei fatti di Bologna, aggiungendo che, peraltro, lo scomparso era proprietario di una `Audi 100' di colore bianco (216).
Si è anche sostenuto -facendo riferimento alla nota vicenda del taxista milanese ROLANDI, testimone nel processo cosiddetto `di Piazza Fontana'- che determinati precedenti giudiziari possono aver consigliato il taxista che avrebbe accompagnato il PICCIAFUOCO a Bologna, di sottacere la circostanza. L'argomento non coglie nel segno: il ROLANDI si era venuto a trovare nella condizione di inchiodare qualcuno ad una tremenda accusa; l'ipotetico accompagnatore del PICCIAFUOCO, con altrettanto civismo, ma senza necessità di altrettanto coraggio, avrebbe avuto il grato compito di
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(216) - cfr. RA, V9bis, C383/A, pp. 39-47.
scagionare un uomo, con una sola parola, da un'accusa ancor più terribile.
A proposito del suo orario di arrivo alla stazione di Bologna, il PICCIAFUOCO ha fornito due differenti versioni. In un primo tempo (217) ebbe a dire d'esservi giunto circa 15 minuti prima della partenza del treno delle 10,34; in altra occasione (218), d'esservi giunto verso le 10,00. Se fosse vera quest'ultima ipotesi, non si comprende il motivo per cui non avrebbe preso l'espresso n. 514 diretto a Milano, partito proprio dal terzo binario qualche minuto prima delle 10,23 (ora in cui raggiunse la stazione di Lavino, per transitare poi, senza fermarvisi, alle 10,40 dalla stazione di Modena). Se fosse vera la prima, l'orario di arrivo verrebbe a coincidere, o quasi, con l'orario in cui il PICCIAFUOCO si sarebbe seduto sul muretto del terzo binario (posto che è l'imputato stesso a riferire d'aver raggiunto il terzo binario tre o quattro o cinque minuti prima dell'esplosione). Ma ciò contrasta insanabilmente con la circostanza che, giunto alla stazione
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(217) - IA, V9/a-2, C40, p4. (218) - IA, V9/a-2, C40, p9.
di Bologna, il prevenuto avrebbe acquistato il biglietto, il giornale, le sigarette, ed avrebbe anche trovato il tempo di sorseggiare un caffé: il tutto di sabato due agosto, in uno scalo ferroviario superaffollato.
Il PICCIAFUOCO ha mentito anche quando ha affermato d'aver prestato aiuto nell'opera di soccorso. Il 6 ottobre dell'83 sosteneva (219) ancora: "...confermo la circostanza da me già riferita di avere aiutato un agente della Polizia ferroviaria di cui ho anche descritto le caratteristiche fisiche, nell'opera di soccorso ai feriti. Insieme con tale agente trasportai due feriti che si trovavano nel piazzale del terzo binario, fino all'autoambulanza. Aggiungo che a questo punto persi di vista l'agente e prestai opera di soccorso in favore degli altri feriti che erano all'interno della stazione o sul piazzale. Aiutai a caricare diversi feriti sulle autoambulanze, feriti che io stesso, insieme con altri, accompagnai ai luoghi di cura che ricordo erano l'Ospedale S. Orsola e l'Ospedale Maggiore. Solo alla sera, dico meglio, nel tardo pomeriggio verso le quattro o le
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(219) - IA, V9/a-2, C40, p13. cinque, crollai col peso della stanchezza ed essendo in quel momento in un ospedale, mi feci medicare..." La prova del mendacio è documentale: si visto che il PICCIAFUOCO risulta medicato all'Ospedale Maggiore alle ore 11,39: il che significa, tra l'altro -tenuto conto del clima di enorme confusione e dei tempi tecnici necessari- che egli fu sicuramente tra i primi ad essere soccorso. Di fronte a siffatta risultanza, il PICCIAFUOCO ha dovuto modificare la precedente versione, sostenendo di essere ritornato alla stazione dopo essere stato medicato: il che, da parte di un ricercato privo di documenti, è semplicemente inconcepibile.
E' lecito chiedersi perché il latitante PICCIAFUOCO, anziché dileguarsi, si sia sottoposto alle cure mediche in ospedale.
Ha sostenuto l'Istruttore che il prevenuto, benché ferito solo leggermente, si sarebbe trovato in istato confusionale, data l'eccezionale potenza dell'esplosione, potenza certamente superiore al previsto. Rileva la Corte che un PICCIAFUOCO lucido e perfettamente cosciente, dall'alto della esperienza di una decennale latitanza, non si sarebbe comportato diversamente. Ferito leggermente, ma con i vestiti laceri e insanguinati, egli dava troppo nell'occhio per sperare, in quella particolarissima giornata, di rientrare a Modena senza intoppi: nelle sue condizioni, avrebbe dovuto inevitabilmente dar contezza di sé, con i rischi che ciò comportava, a tutti i rappresentanti delle forze dell'ordine in cui si fosse imbattuto. E, in quell'eccezionalegiornata, sarebbe stata follia illudersi di non incontrarne ad ogni pie' sospinto. La condotta più prudente consisteva proprio nell'accodarsi alla moltitudine degli altri feriti, approfittando dell'anonimato che la confusione dei primi soccorsi e il superaffollamento degli ospedali assicuravano. Medicato, ricompostosi, e con abiti puliti, il PICCIAFUOCO potè lasciare Bologna indisturbato.
Si è sostenuto che verrebbe conforto alla versione difensiva del PICCIAFUOCO dalla testimonianza (220) di Celestino CARLUCCIO. Occorre ricordare che, nelle prime dichiarazioni rese il 15/5/81, il prevenuto aveva affermato d'aver collaborato, nell'opera di soccorso, con un agente della Polizia Ferroviara, che aveva descritto come "molto alto,
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(220) - Cfr. IA, V9/a-2, C40, p8; EA, V10/a-1, C39, p3, e vu 4/2/88, pp. 12-14. magro, castano". Si credette di identificare tale agente in Celestino CARLUCCIO,il quale, esaminato in istruttoria, in un verbale che ha poi confermato in giudizio, ebbe a dichiarare: "...L'immagine che voi mi mostrate," (si trattava dell'immagine del PICCIAFUOCO) "mi sembra di riconoscere nelle sembianze una persona che io ho già visto, però non ricordo in che circostanza...Escludo però che detta persona abbia collaborato con me nel portare soccorso ai feriti." Va aggiunto che il CARLUCCIO ha riferito essere un ferroviere la persona che lo invitò a recarsi a prestar soccorso sul terzo binario. A distanza di oltre sette anni non è stato in grado di indicare in base a quali elementi riferì, a suo tempo, essersi trattato di un ferroviere; ma non si vede il motivo per cui, quando il ricordo era vivo, avrebbe dovuto fornire un'indicazione così precisa, se non avesse corrisposto alla realtà. Si è fatto leva, ancora, sul fatto che al CARLUCCIO si è arrivati sulla base dele indicazioni fornite dall'imputato. Senonché, il PICCIAFUOCO aveva fornito una descrizione tutto sommato generica: necessariamente avrebbe dovuto adattarsi a qualcuno dei numerosissimi poliziotti operanti quella mattina alla stazione di Bologna. E poi, occorre tener presente che il prevenuto era effettivamente quella mattina sul luogo dell'attentato, e, prima di essere accompagnato all'ospedale per i soccorsi, ha avuto il tempo di fissare nella memoria l'immagine dei primi soccorritori. Quanto al fatto che l'immagine dell'imputato non sia parsa estranea al CARLUCCIO, occorre semplicemente osservare che il teste si espresse in termini vaghi e dubitativi, che il PICCIAFUOCO era -per sua stessa ammissione- un frequentatore di Bologna, e che la sua immagine compariva sui bollettini di ricerca dei latitanti.
Non ha maggior pregio l'argomentazione difensiva con la quale si è sottolineato che il PICCIAFUOCO, all'Ospedale Maggiore, indicò la sua reale data di nascita. Non si vede che deduzioni se ne debbano trarre. Non certo che l'imputato fornì un'indicazione utile per rintracciarlo, dimostrando così di avere la coscienza tranquilla. Posto che la vera data di nascita, se collegata ad un nominativo e ad un luogo
di nascita falsi, non offre alcun elemento utile per
l'identificazione del possessore di un documento falso, resterebbe comunque da spiegare -se fosse vero il contrario- per quale motivo il latitante PICCIAFUOCO, colpevole o innocente che fosse della strage, nell'usare, per tutelarsi, false generalità, avrebbe però deciso di correre qualche rischio, indicando, fra gli altri, anche un dato genuino. Il fatto è che l'imputato sapeva di non correre alcun rischio. Già nel luglio, a Taormina, aveva esibito per due volte il documento intestato a VAILATI Enrico, nato l'11/11/1945. D'altronde, non è stato certamente attraverso la data di nascita che si è pervenuti all'identificazione dell'odierno imputato (221).
A questo punto, dimostrato quanto si era enunciato, e cioè che il prevenuto mente in maniera spudorata e pervicace circa le ragioni della sua presenza alla stazione di Bologna, è lecito, riprendendo una considerazione inizialmente svolta, trarre una prima parziale conclusione: il peso dell'accusa che grava in capo a Sergio PICCIAFUOCO è tale che egli non potrebbe permettersi ormai di tacere
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(221) - Cfr. RA. V9 bis, C383, pp. 81-82.
alcunché, per quanto grave, che fornisse, della sua presenza sul luogo dell'attentato, una valida e plausibile spiegazione, alternativa rispetto al suo coinvolgimento nella strage. Eppure egli, anche in giudizio, ha continuato a mentire.
2.1.2.6.2) I collegamenti del PICCIAFUOCO con organizzazioni eversive, e in, particolare, con il gruppo FIORAVANTI-CAVALLINI-MANGIAMELI-VOLO
2.1.2.6.2.1) Le notizie circa i legami con Terza Posizione
Innegabilmente -come ha sostenuto l'Istruttore- il passato del PICCIAFUOCO è quello di un delinquente comune. Ciononostante,leindicazioni relative ad una sua `politicizzazione'in epoca vicina alla strage edal suo ingresso nell'area di Terza Posizione non possono essere liquidate come notizie giornalistiche. Occorre infatti tener presente quanto segue. Nel rapporto (222) in data 8/7/1983, la Sezione Anticrimine della Legione Carabinieri di Ancona riferiva, tra l'altro: "...secondo notizie attinte, è risultato che negli ultimi anni il PICCIAFUOCO Sergio si sarebbe politicizzato entrando nell'organizzazione di destra `TERZA POSIZIONE'...nell'anno 1980, venne sospettato che
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(222) - cfr. RA, V9bis, C383/A, pp.6-7. fosse un terrorista rimasto coinvolto nell'attentato alla Stazione Ferroviaria di Bologna, ove rimase ferito..." Con rapporto (223) in data 1/10/1983, il Nucleo Operativo del Reparto Operativo del Gruppo Carabinieri di Ancona riferiva, tra le altre, le medesime notizie, allegando un articolo di stampa del quotidiano bolognese `Il Resto del Carlino', in data 28/3/1981, nel quale veniva indicato nel PICCIAFUOCO, ladro specialista in evasioni, il "misterioso ferito della strage".
Il 17/10/1983, presso il Comando della Compagnia Carabinieri di Osimo, il Giudice Istruttore prendeva visione del fascicolo, colà giacente, intestato al PICCIAFUOCO (224). E rilevava, tra l'altro, che, con rapporto 16/2/1981, la Compagnia dei Carabinieri di Ancona aveva segnalato una serie di notizie sul conto dell'odierno imputato. Tali notizie sono così riferite nel verbale redatto nell'occasione dall'Istruttore: "la Compagnia CC. di Ancona segnala: a)- che il PICCIAFUOCO sarebbe stato notato recentemente in Osimo e dintorni; b)- che si sarebbe
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(223) - cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 8 ss. (224) - cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 71-72. politicizzato entrando nell'organizzazione di TERZA POSIZIONE; c)- che sarebbe ricercato perché responsabile di un grave attentato; d)- che il PICCIAFUOCO è abilissimo nell'uso delle armi." Immediatamente di seguito, nel verbale, si legge: "Le notizie di cui ai punti precedenti vengono definite da fonte confidenziale, dall'estensione del rapporto a firma Maggiore Pasquale MORETTINI NATALINI".
Il 1° novembre 1983, il Maggiore Pasquale MORETTINI NATALINI, Comandante la Compagnia Carabinieri di Osimo, scriveva (225) al Giudice Istruttore, chiarendo che una serie di notizie contenute nel fascicolo personale del PICCIAFUOCO consultato dal Giudice Istruttore stesso erano state attinte dall'Arma di Modena. E spiegava che: fin dai primi giorni del febbraio 1981 era stata notata in sosta nel parcheggio dell'Ospedale di Loreto una vettura targata Modena; era stata contattata l'Arma di Modena per risalire al proprietario, identificato in COPPARONI Gianfranco; costui, già nel gennaio, aveva denunciato l'Ing. VAILATI Enrico per l'appropriazione indebita della vettura;
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(225) - cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 116-117.
dopodiché, il COPPARONI, avvicinato da militi dell'Arma di Modena, che gli comunicavano l'avvenuto ritrovamento della vettura, aveva loro riferito che: a) il VAILATI si identificava in PICCIAFUOCO Sergio- b) quest'ultimo era un pericoloso latitante che, rimasto ferito nella strage di Bologna, veniva indiziato di essere l'autore della strage stessa- c) presumibilmente il ricercato nel corso della latitanza si era politicizzato entrando nelle formazioni di estrema destra- d) le notizie le aveva apprese preso la Questura di Bologna; il COPPARONI aveva confermato il tutto all'Arma di Loreto all'atto del ritiro della vettura.
Da tutto quanto precede emerge che i Carabinieri sono venuti in possesso, in sedi e tempi diversi, di notizie solo in parte coincidenti. Ad Osimo affluiscono, filtrate attraverso l'Arma di Modena, informazioni che il COPPARONI ha raccolto in Questura a Bologna: al di là dell'identificazione VAILATI-PICCIAFUOCO, non si va oltre le generiche ipotesi di lavoro, germogliate dalla pista che si sta battendo. Ma ad Osimo affluiscono anche le notizie raccolte dai Carabinieri di Ancona, che -si badi- non erano certo attingibili da fonti giornalistiche laddove riferivano, sul conto del PICCIAFUOCO, notizie di carattere personale assai precise: la presenza in Osimo e dintorni; l'ingresso in Terza Posizione (non dunque un generico avvicinamento a formazioni dell'ultradestra); la grande abilità nell'uso delle armi. Sono, queste ultime, notizie provenienti da fonte confidenziale, come appunto l'Istruttore rilevò dalla lettura del fascicolo visionato in Osimo. E proprio tale provenienza da fonte confidenziale, se la fonte non fosse stata dalla Corte identificata, non consentirebbe di farne uso. In effetti, benché la norma sull'irricevibilità -nel caso che gli ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria non intendano rivelare i nomi delle loro fonti- delle notizie che la Polizia Giudiziaria apprende da propri informatori sia dettata in materia di esame testimoniale, nondimeno, poiché il problema dell'incontrollabilità della fonte -che è alla base di quel divieto di ricevibilità- si pone negli stessi termini anche quando la notizia, anziché dall'ufficiale od agente di Polizia Giudiziaria assunto come testimone, sia dallo stesso riferita in un rapporto giudiziario, si deve ritenere che la notizia fornita da fonte confidenziale rimasta non identificata non sia comunque utilizzabile, anche se contenuta in un rapporto, che, come tale, è sempre leggibile ai sensi dell'art. 466 I comma del Codice di procedura.
Senonché, nel caso di specie, la fonte è stata dalla Corte individuata: il che, consentendone il controllo, consente al tempo stesso l'utilizzabilità -e, quindi, la concreta utilizzazione, nella misura in cui debban ritenersi attendibili- delle notizie dalla medesima provenienti. Va ricordato, in proposito, come la Suprema Corte, pronunciandosi nell'analoga materia degli scritti anonimi di cui all'art. 141 del Codice di rito, ispirata dalla medesima `ratio', abbia affermato che (226) "uno scritto privo della firma o di altro valido, equivalente elemento di identificazione(sigla o pseudonimo),non puòpiù essere considerato anonimo ove taluno, successivamente alla sua formazione, abbia a rivendicarne la paternità o l'autore venga in altro modo identificato".
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(226) - Cfr. Cass., Sez. I, sent. n. 2208 del 2/3/79 -udienza 25/1/79- Presidente Fasani, imp. Barraco.
La fonte dei Carabinieri di Ancona è identificabile in Leonardo GIOVAGNINI. Costui, che è di Osimo, è stato direttore dell'emittente radiofonica `Radio MANTAKAS', con sede in quella città; egli aveva a suo tempo ricevuto ed accettato la proposta di costituire ad Osimo un nucleo di Terza Posizione, utilizzando la radio da lui diretta e come strumento per la diffusione delle idee del movimento e come polo di aggregazione dei simpatizzanti (227). Attorno all'emittente si era coagulato un gruppo di 40-50 persone, che non comprendeva, peraltro, solo simpatizzanti di Terza Posizione. Va rilevato fin da ora che la radio ricevette la visita di Paolo SIGNORELLI (228).
Il GIOVAGNINI è stato, per sua stessa ammissione, confidente dei Carabinieri (229); e -si noti- dei Carabinieri di Ancona. Ha ammesso d'aver conosciuto il suo compaesano
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(227) - Cfr. EA, V10/a, C265, p11. (228)-Nell'interrogatorio reso al Giudice Istruttore di Roma il 15/12/81 (cfr. AA, V11, C67, p81), il SIGNORELLI riferì: "...Sempre in tema di emittenti privatedebbo dire anche che ho visitato, credo nel 1978-1979, la sede di Radio MANTAKAS, ad Osimo. Mi recai insieme ad Edgardo NICOLETTI, che conosceva l'emittente, Virgilio PAU e le nostre rispettive consorti. Ad Osimo feci la conoscenza del responsabile della radio, un certo GIOVAGNINI, che venne poi arrestato nell 'ambito dell'inchiesta di T.P...." (229) - Cfr. vu 25/2/88, p87.
PICCIAFUOCO, pur facendo risalire l' ultima presenza in Osimo dell'odierno imputato a data assai remota e sostenendo di non averne poi avuto notizie diverse da quelle generiche, circolanti in paese, circa i "guai con la Giustizia" e la condizione di ricercato (230).
In aula, alla domanda specificamente volta a chiarire se i Carabinieri gli avessero richiesto informazioni sul conto del PICCIAFUOCO, il GIOVAGNINI ha così risposto (231): "è probabile che mi abbiano chiesto se conoscevo il PICCIAFUOCO come avete fatto voi questa mattina..." Tali parole, nonostante la precisazione secondo cui l'interrogato non avrebbe più visto il compaesano dall'età di 7 od 8 anni (precisazione sottintendente l'impossibilità d'aver fornito utili informazioni) costituiscono tuttavia una significativa ammissione: e di più non era lecito aspettarsi dal GIOVAGNINI, che è comparso di fronte alla Corte non come teste, ma in veste di imputato in procedimento connesso, ed ha risposto con le relative garanzie.
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(230) - Cfr. EA, V10/a-6, C265, p2. (231) - Cfr. vu 25/2/88, p88. Si è fatto cenno della visita del SIGNORELLI a `Radio MANTAKAS'; ancora, non deve sfuggire che, in epoca posteriore alla strage, il GIOVAGNINI si adoperò per reperire e di fatto fornì un rifugio in San Benedetto del Tronto a Luigi CIAVARDINI (232); e che ha ammesso altresì la conoscenza del MANGIAMELI (233).
Come si vedrà nei paragrafi successivi, è dimostrato il collegamento del PICCIAFUOCO col gruppo FIORAVANTI-CAVALLINI-MANGIAMELI-VOLO. Ove si tenga ulteriormente conto dei rapporti FIORAVANTI-CIAVARDINI (234), FIORAVANTI-SIGNORELLI (235), MANGIAMELI-CIAVARDINI (236) e MANGIAMELI-SIGNORELLI (237), nonché dell'accertata comune internità del PICCIAFUOCO e del SIGNORELLI alla banda armata oggetto di giudizio, si finirà per constatare che il PICCIAFUOCO ed il GIOVAGNINI si collocano al centro della medesima trama di legami.
Dunque, non solo il GIOVAGNINI è stato un informatore di quell'Arma di Ancona rivelatasi poi in possesso delle citate
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(232) - Cfr. EA, V10/a-6, C265, p28 e vu 25/2/88, p87. (233) - Cfr. EA, V10/a-6, C265, p12 e vu 25/2/88, p86. (234) - Cfr. supra, sub 2.1.2.5.2) e 2.1.2.5.3). (235) - Cfr. infra, sub 2.2.5.3). (236) - Cfr. supra, sub 2.1.2.5.5). (237) - Cfr. infra, sub 2.2.5.2), nota (104). notizie confidenziali relative al PICCIAFUOCO; non solo ammette d'essere stato interpellato dai Carabinieri circa la sua conoscenza dell'odierno prevenuto; non solo ammette di conoscerlo; ma, essendo suo compaesano, fa parte della medesima organizzazione (Terza Posizione) nella quale -secondo le notizie raccolte dall'Arma di Ancona- sarebbe entrato il PICCIAFUOCO, e si pone all'interno di una rete di collegamenti sovrapponibile a quella dell'odierno imputato: il che dipinge il GIOVAGNINI come persona perfettamente idonea ad essere depositaria delle surriferite notizie sul conto dell'imputato medesimo. Tali circostanze, nella selettività della loro combinata valenza, consentono di identificare appunto nel GIOVAGNINI la fonte da cui i Carabinieri attinsero le notizie in questione. Queste ultime, che sono anche oggettivamente riscontrate nella parte in cui attengono alla presenza del PICCIAFUOCO nei dintorni di Osimo (238), ricevono attestato di attendibilità, nella parte relativa all'ingresso in `Terza
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(238) - Il PICCIAFUOCO abbandonò l'auto del COPPARONI nel parcheggio dell'ospedale di Loreto: e Loreto dista da Osimo meno di 15 chilometri.
Posizione', da quegli stessi elementi -di cui si dirà in prosieguo- che riconnettono il PICCIAFUOCO al gruppo FIORAVANTI-MANGIAMELI-VOLO: dunque, ad una cellula in cui figura un `leader' di Terza Posizione, per giunta in contatto col GIOVAGNINI.
Va detto, peraltro, conclusivamente, che l'elemento di prova preso esame nel presente paragrafo svolge, nell'economia del giudizio a carico del PICCIAFUOCO, una funzione sostanzialmente sussidiaria. E' autonomamente raggiunta, sulla base delle prove che si esamineranno nei prossimi paragrafi, la dimostrazione del legame dell'imputato con una realtà eversiva più marcatamente caratterizzata (il gruppo FIORAVANTI-MANGIAMELI, come si è anticipato): ed è tale diverso e più specifico elemento che dovrà essere utilizzato allorché si valuterà più da vicino la responsabilità del prevenuto per i delitti contestatigli. In questo quadro, la prova dell'ingresso in Terza Posizione vale, in definitiva, a far luce sull' `iter' attraverso il quale il PICCIAFUOCO, delinquente comune latitante da anni, finì per approdare nell'ambiente della banda armata oggetto di giudizio.
2.1.2.6.2.2) L'annotazione del nominativo PICCIAFUOCO da parte di Gilberto CAVALLINI
Il 12/9/1983 veniva catturato in Milano Gilberto CAVALLINI. Nell'occasione gli veniva sequestrata, tra le altre cose, un' agenda recante una lunga elencazione di detenuti di destra (239). In tale agenda figura anche il nominativo di Sergio PICCIAFUOCO (240). A proposito di tale annotazione, il CAVALLINI, il 26/10/1983, accettando in via eccezionale di rispondere sul punto -nel contesto di un interrogatorio ex art 348 bis C.P.P. nel quale aveva dichiarato di non voler rendere dichiarazioni in ordine alla strage- riferiva quantosegue (241):"Non conoscoassolutamenteilsuddetto PICCIAFUOCO, né ho idea del perché sia finito nell'elenco. Infatti l'elenco da me materialmente trascritto è stato redatto sulla base di fonti diverse anche giornalistiche. Può darsi che qualcuno mi abbia indicato il PICCIAFUOCO come uno dei detenuti appartenenti all'area della destra. Dico questo perché appunto l'elenco costituisce un quadro complessivo probabilmente incompleto dei detenuti di destra.
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(239) - RA, V9, C391, pp. 3-32. (240) - cfr. p24 dell'atto citato alla nota che precede. (241) - IA, V9/a-2, C41, pp. 2-3.
Poiché la S.V. mi rivela che la ragione dell'interesse verso il nominativo PICCIAFUOCO da parte degli inquirenti della strage di Bologna è costituita dal fatto che egli è rimasto ferito nell'esplosione della stazione, posso ipotizzare che di questa vicenda abbiano parlato i giornali e che attraverso essi il nominativo sia stato riversato nei miei elenchi." La risposta è -involontariamente- umoristica. Ci si dovrebbe immaginare il CAVALLINI, latitante da anni, punta di diamante del terrorismo neofascista, esponente di spicco dei N.A.R., intimamente legato alla Cellula Veneta del FACHINI, oltre che ai vertici dell'eversione romana (SIGNORELLI e CALORE), in contatto con Avanguardisti del calibro del BALLAN e del PAGLIAI, che, quando si tratta di fare un `censimento' dei detenuti della sua area, si affida ad incontrollate fonti giornalistiche. La cosa riesce tanto più inverosimile proprio in riferimento al PICCIAFUOCO: non si deve dimenticare che costui era presente alla stazione di Bologna, e che il CAVALLINI, pur nei limiti che si son visti, si è prestato a supportare l'alibi di due persone parimenti indicate da altre fonti come presenti, con funzione operativa, sul luogo dell'attentato. Ciò avrebbe -come minimo- imposto al CAVALLINI una seria verifica della fonte della notizia. Ed egli avrebbe avuto, in ipotesi, tutto il tempo per procedere a siffatta verifica: le prime notizie giornalistiche sul conto del PICCIAFUOCO risalgono ai primi mesi del 1981, mentre -secondo quanto ha chiarito Walter SORDI (242)- l'elencazione dovrebbe risalire alla fine dell'estate '82, dal momento che vi figura Luca POLI, arrestato appunto nell'estate dell'82, mentre non vi figura Fabrizio ZANI, arrestato nell'aprile del 1983.
D'altronde, con quale serietà d'intenti avesse operato l'annotatore emerge dal fatto che v'è una serie di nominativi -corrispondenti, evidentemente, a personaggi giudicati come `infami'- preceduti da una croce.
Neppure risulta che altri nominativi iscritti nell'elenco appartengano a persone non militanti nelle formazioni dell'ultradestra. Ciò in effetti sarebbe in contrasto con la natura stessa della rubrica, così come indicata dal CAVALLINI. E' stato in ogni caso scrupolo della Corte
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(242) - Al Giudice Istruttore il 14/10/83: cfr. EA, V10/a-5, p21.
sottoporre l'agenda a Walter SORDI; orbene, egli, nel riconoscere che vi sono nella rubrica nominativi a lui non noti, tra cui PICCIAFUOCO (che non conosceva neppure come VAILATI o PIERANTONI), ha peraltro precisato (243): "...praticamente tutti i nomi a me noti dell'elenco sono di destra...".
2.1.2.6.2.3) La patente intestata a VAILATI Eraclio
In data 22/5/1980, i Carabinieri di Merano sequestravano al PICCIAFUOCO la patente di guida di categoria `B' n. RM-1105310 apparentemente rilasciata a Roma il giorno 8/4/1971 a VAILATI Eraclio da Roma (244). Più precisamente, l'intestatario di tale documento risultava essere VAILATI Eraclio, nato a Roma il 7/9/1944, ivi residente in via Gregorio VII n. 133 (245).
Nel corso del procedimento per l'omicidio di Francesco MANGIAMELI, fu sequestrata ad Alberto VOLO, tra le altre cose, una patente di guida intestata a VAILATI Adelfio, nato a Roma il 18/1/1945 e residente in Palermo, in via della
Regione Siciliana n. 2204 (246).
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(243) - Cfr. vu 20/1/88, p248. (244) - Cfr. RA, V9 bis, C383/A, pp. 133, 136 e 93 retro. (245) - Cfr. RA, V9 bis, C383/A, p190. (246) - Cfr. EA, V10/a-3, C134/1, pp. 1 e 14.
Tre dati balzano agli occhi nella loro sconcertante eloquenza: l'identità del cognome, la similarità dei nomi, entrambi di origine greca, e l'identità del luogo di nascita. La significatività di tali circostanze aumenta in misura esponenziale per effetto del loro reciproco combinarsi, ma è già in partenza assai elevata: il cognome VAILATI è estremamente raro, come è agevole constatare attraverso la consultazione delle guide telefoniche dei vari distretti; i due nomi di battesimo, legati appunto dall'origine greca e da una certa assonanza, sono pressoché inusitati; i comuni italiani sono oltre 8.000 (e, peraltro, né il VOLO ne il PICCIAFUOCO sono nati a Roma). Tanto basterebbe a rendere pressoché incredibile l'ipotesi della semplice coincidenza, anche se i possessori dei due documenti falsi non fossero altrimenti collegabili tra loro. Senonché, il PICCIAFUOCO ed il VOLO sono, rispettivamente, l'unica persona presente alla stazione di Bologna senza plausibile giustificazione in occasione della strage, e l'unica persona al mondo autoaccusatasi della strage stessa.
Afronte di tale constatazione, nessun dubbio ha più ragion d'essere. Non giova obiettare che il PICCIAFUOCO ha in qualche modo spiegato da dove abbia tratto le false generalità di VAILATI Eraclio. In proposito, occorre ricordare che VALLATI Eraclio è persona realmente esistente, identificata -e poi escussa (247)- proprio sulla base delle indicazioni fornite dal prevenuto. In effetti, sembra non potersi dubitare che il PICCIAFUOCO, nell'adottare le false generalità di cui al documento sequestratogli a Merano, si sia richiamato a quelle del VALLATI, peraltro modificando il cognome in VAILATI (248). Ma ciò, lungi dal fornire elementi utili alla difesa dell'imputato, nel senso di escludere il collegamento col falso documento sequestrato al VOLO, può stare soltanto a significare che la straordinaria somiglianza dei due documenti discende dall'essere quello del VOLO paradigmato su quello del PICCIAFUOCO.
In effetti, chi non sa spiegare perché abbia adottato certe generalità è proprio il VOLO. Costui, in un primo tempo ebbe
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(247) - Cfr. EA, V10/a-6, C303, e vu 18/12/87, p24. (248) - Invitato a chiarire le ragioni di tale variante, il PICCIAFUOCO (IA, V9/a-2, C40, p64) ebbe a rispondere: "In un primo tempo volevo usare il cognome VALLATI che è quello di un commerciante effettivamente esistente a Matelica. Poi ho pensato a VAILATI."
a dichiarare (249): "...Circa la patente che era nel mio bagaglio a Cannara chiarisco che assieme alla carta d'identità intestata al SIINO, l'avevo portata con me in quanto Francesco mi aveva fatto presente che potevano essergli utili documenti da falsificare per dei suoi amici innocenti in difficoltà con la giustizia. Non utilizzò alcuno dei due documenti trovandoli inadatti. La patente la falsificai nel 1976 usando delle generalità che in qualche modo corrispondessero al mio cognome. Mi limitai quindi a ritoccare il mio nome e cognome fino a portarli alle generalità nuovamente assunte. Ritengo di non avere, anzi escludo di aver usato mezzi chimici perché ricalcai quanto era già sul documento. Lasciai inalterata la data di nascita; almeno così ricordo. Il cognome doveva essere VELINI, VELANI o qualcosa di simile. Prendo visione del documento. Il cognome VAILATI non mi è nuovo; mi sembra trattarsi di uno scrittore contemporaneo, comunque non ricordo perché lo scelsi..."
Successivamente, al Giudice Istruttore del presente procedimento (250): "Circa la patente falsificata con il
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(249) - EA, V10/a-3, C134/2, pp. 56-57. (250) - EA, V10/a-3, C134, p18.
nome di VAILATI non posso che ribadire ancora una volta quanto ho già dichiarato: in effetti usai il cognome VAILATI sia per un ricordo letterario, sia perché era un giocatore del Palermo all'epoca della falsificazione. Inoltre il cognome era particolarmente assonante con il mio e VOLO era facilmente correggibile in VAILATI. Anche Alberto si correggeva facilmente con Adelfio. "
Queste ultime dichiarazioni sono state sostanzialmente ribadite in giudizio (251); in particolare, è stato confermato che la scelta del cognome sarebbe dipesa da una duplice associazione mnemonica: letteraria e calcistica al tempo stesso.
Il VOLO mente su tutta la linea. E' arrivato ad affermare d'aver personalmente contraffatto le originarie generalità, con una tecnica che sarebbe eufemistico definire rudimentale: avrebbe prima inumidito e poi lasciato asciugare la patente, sovrapponendo ai dati originari, non completamente cancellati, quelli attualmente visibili. Una simile operazione non può esser stata realizzata se non con
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(251) - Cfr. vu 15/1/88, pp. 1 ss.
mezzi chimici, da chi aveva specifica competenza.
Che Alberto sia facilmente falsificabile in Adelfio è già affermazione ardita; che VOLO sia agevolmente correggibile in VAILATI lo è assai di più. A tutto concedere, poi, la modificabilità delle generalità originarie in quelle sovraimpresse potrebbe spiegare come l'operazione sia stata possibile, ma non darebbe ancora conto delle ragioni della scelta (di VAILATI rispetto, ad esempio, agli altri cognomi indicati dallo stesso VOLO; e di Adelfio rispetto a nomi più diffusi e di diversa origine). Resterebbe poi sempre da chiarire la scelta di Roma come falso Comune di nascita.
Si deve ancora rilevare che, in un primo tempo, il VOLO non ricordava neppure quale cognome figurasse sul documento; poi, presane visione, nell'affermare che non ricordava le ragioni della scelta, collegò il cognome VAILATI, ma solo in via d'ipotesi, a quello di uno scrittore contemporaneo. Risentito dopo tre anni, il VOLO si è trovato a dover riprendere, questa volta positivamente affermandola, la versione della reminiscenza letteraria, ma, avendo nel frattempo avuto la possibilità di verificarne l'inconsistenza (252), le è venuto affiancando l'ulteriore spiegazione, che fa prova soltanto del suo solerte, ma infruttuoso tentativo, di dar conto dei motivi della scelta: in effetti, la Corte ha accertato (253) che un giocatore col cognome di VAILATI approdò alla squadra del Palermo, ma soltanto nella stagione calcistica 1980-81, cioè in epoca posteriore a quella cui il VOLO fa risalire la falsificazione.
E' lecito formulare l'ipotesi -già suggerita dall'Istruttore- che le generalità VAILATI Adelfio provengano da Francesco MANGIAMELI, dal momento che lo stesso VOLO ha attribuito all'amico la richiesta di documenti falsi e che un indirizzo assai simile a quello presente sulla falsa patente del VOLO era annotato sull'agenda del MANGIAMELI (254).
E' certo, comunque, che il VOLO è costretto a mentire in
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(252) - Non consta che esista alcuno scrittore contemporaneo a nome VAILATI. Il Dizionario Bompiani degli Autori (Milano, 1987), registra un unico VAILATI: l'ingegnere e matematico Giovanni VAILATI, nato a Crema nel 1863 e morto nel 1909. (253) - Cfr. AAD, V4, C34. (254) - Cfr. la nota del Giudice Istruttore di Roma in data 29/1/1981, in EA, V10/a-3, C134/1, p1. Nell'agenda del `leader' siciliano di Terza Posizione era annotato, accanto alla sigla RL, l'indirizzo "Viale R. Siciliana 2551" (cfr. RA, V3, C82/1, p66).
maniera spudorata. Ma anche il PICCIAFUOCO non ha fatto chiarezza sulla provenienza della patente sequestratagli a Merano. Dopo l'iniziale reticenza, egli aveva indicato (255) il fornitore del documento in tale Antonio SMEDILE, titolare di un negozio di cine-foto-ottica in Roma. Lo SMEDILE, sentito (256) dal Giudice Istruttore, negò fermamente la circostanza e, tra l'altro, dichiarò: "...Voglio dire la verità poiché mi rendo conto che la spiegazione dei miei rapporti con il PICCIAFUOCO non è convincente. In effetti sapevo che il PICCIAFUOCO era latitante perché lo stesso mi aveva detto che era stato condannato in contumacia per cose di piccolo conto (furti). Per tali ragioni avendogli prestato la macchina" (257) "non potevo dire che glielaavevo data, ma vedendo che non me la restituiva mi risolsi a denunciare il furto. Effettivamente il PICCIAFUOCO mi parlò della necessità di avere dei documenti falsi, ma io dissi che si trattava di un campo nel quale non potevo aiutarlo anche perché non avrei saputo a chi rivolgermi. E' vero che
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(255) - Cfr. IA, V9/a-2, C40, p39 recto e verso. (256) - Cfr. EA, V10/a-6, C297, pp. 13-14. In giudizio, lo SMEDILE non è comparso, essendo irreperibile (vu 25/2/88, pp. 12 e 72). (257) - Si tratta dell'auto a bordo della quale viaggiava il PICCIAFUOCO quando fu fermato dai Carabinieri di Merano.
il PICCIAFUOCO è stato ospitato a casa mia ma non è vero che egli abbia da me ricevuto i documenti falsi. Ribadisco che sulla circostanza del documento dico la verità. A questo punto io ho detto veramente tutto dei miei rapporti con il PICCIAFUOCO e sono pronto anche a dichiarargli che egli mi procurava del materiale fotografico ed è per questo che io intrettenevo con lui dei rapporti. Se sono stato reticente prima è perché non volevo ammettere dei fatti che implicavano delle responsabilità di ordine penale. A questo punto come vedete vi ho detto tutto e se dico che i documenti falsi trovati a PICCIAFUOCO non provengono da me, come qualunque altro tipo di documento devo essere creduto perché non vedo quale ragione avrei di non ammettere anche questo particolare..."
Nel successivo confronto (258), fermo restando lo SMEDILE sulle sue posizioni, l'imputato negava persino di conoscerlo; e si spingeva ad escludere di aver mai reso le dichiarazioni consacrate nel verbale nel quale aveva indicato lo SMEDILE come il fornitore del documento.
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(258) - EA, V10/a-6, C297, p17 recto e verso.
Nell'interrogatorio (259) del 22/12/1985, il prevenuto mutava versione, e ricorreva allo stereotipo giudiziario di chiamare in causa persone decedute. Affermava che il documento `VAILATI' gli era stato fornito dopo la sua evasione del 1970 dal Carcere di Ancona da parte di tale Mario LORIA (260). Il nome del LORIA gli sarebbe stato fatto in carcere da tale LUDOVIGHETTI (261). Aggiungeva l'imputato che credeva di poter collocare i fatti nel settembre del 1970. Quest'ultima circostanza è certamente falsa, dal momento che la data di rilascio impressa sulla patente `VAILATI' era quella dell'8/4/1971 (262). Inoltre, il PICCIAFUOCO ed il LORIA -se fosse vero quanto riferito dal prevenuto- si dovevano conoscere bene, per essere stati detenuti insieme nel Carcere di Ancona: tant'è che il LORIA -a detta del PICCIAFUOCO- non avrebbe preteso compensi per la prestazione, ma soltanto il rimborso delle spese. Così stando le cose, non si comprenderebbe il ruolo del
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(259) - Cfr. IA, V9/a-2, C40, pp. 62 ss. In giudizio, l'imputato ha rettificato il tiro, spostando in avanti la consegna del documento: appunto al 1971. (260) - Ucciso con un colpo di pistola alla testa, e trovato cadavere il 18/9/83 (cfr. RA, V9 bis, C383/A, p229). (261) - Ucciso con un colpo di pistola al cuore, e trovato cadavere il 19/5/74 (cfr. RA, V9 bis, C383/A, p227). (262) - Cfr. RA, V9 bis, C383/A, p93 retro.
LUDOVIGHETTI. Ma il punto è che il PICCIAFUOCO ha atteso la fine dell'istruttoria per chiamare in causa due persone decedute, con ciò adottando una ben collaudata tecnica che rende vana ogni possibilità di verifica. In giudizio, ha così giustificato la tardività dell'indicazione (263): "Non avevo mai fatto prima i loro due nomi (LORIA e LUDOVIGHETTI) perché seppi che erano morti. Finché mi è stato possibile, non ho voluto dire i loro due nomi perché erano morti, pensai che poteva essere creduto un espediente". La debolezza di tale difesa è macroscopica; avendo a disposizione una giustificazione che egli temeva potesse non esser creduta, il PICCIAFUOCO si sarebbe determinato ad utilizzarla solo `in extremis': quasi che, in simili frangenti, fosse preferibile -com'egli ha fatto- dapprima rifiutare di fornire spiegazioni, e quindi fornirne di false e accusare un innocente, per poi scagionarlo, puerilmente sostenendo di non aver mai reso talune dichiarazioni consacrate in un atto pubblico.
In sostanza, il PICCIAFUOCO, pur rendendosi conto della
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(263) - Cfr. vu 8/4/87, p14.
gravità della sua posizione, si è rifiutato, prima tacendo e poi fornendo indicazioni false e di comodo, di palesare la reale provenienza del documento. Deve la Corte condividere il giudizio dell'Istruttore, secondo cui tale ostinazione non può essere spiegata con la mera omertà: lo escludono, infatti, il tempo trascorso (con ciò che esso comporta in termini di prescrizione) e l'elevatezza della posta in gioco (la responsabilità per il delitto di strage). La conclusione è dunque a senso unico: l'imputato non può rivelare la provenienza del documento, perché ciò consentirebbe di porlo in collegamento certo con l'organizzazione od il gruppo terroristico-eversivo nel cui ambito maturò l'ideazione della strage.
2.1.2.6.2.4) Il passaporto intestato a PIERANTONI Enrico
Il PICCIAFUOCO è stato in possesso di un ulteriore documento
in grado di ricollegarlo al gruppo FIORAVANTI. Si è dato conto sub 1.12.1) del contenuto del rapporto della DIGOS di Bologna in data 20/8/1987.
Occorre in proposito sgomberare subito il campo da un equivoco. Il tenore del rapporto testé citato può dar luogo ad una lettura travisante. Si deve escludere che il passaporto sequestrato al prevenuto al valico di Tarvisio sia il documento a suo tempo rilasciato a Riccardo BRUGIA. E' vero invece che il falso passaporto sequestrato a Tarvisio recava lo stesso numero (E 213730) di quello regolarmente rilasciato al BRUGIA dalla Questura di Roma. La circostanza è ormai definitivamente chiarita dal rapporto DIGOS 30/7/1987 (264).
Anche così ridimensionata, la circostanza conserva un'evidentissima valenza indiziaria a carico dell'imputato. Si è posto l'accento, da taluno, sul fatto che il BRUGIA avesse riferito essergli stato sequestrato il passaporto in originale, e non la fotocopia dello stesso. Ai fini che qui interessano, la circostanza apparirebbe priva di rilievo, atteso che il sequestro risale al 5 aprile del 1982, e quindi il documento sarebbe comunque sfuggito alla disponibilità del BRUGIA soltanto in epoca posteriore rispetto a quella in cui il PICCIAFUOCO risulta aver utilizzato un passaporto recante il medesimo numero di
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(264) - Cfr. AAD, V8, p5.
emissione. E' comunque stata cura della Corte, in accoglimento di un'istanza difensiva, acquisire agli atti la fotocopia di passaporto sequestrata al BRUGIA, che giaceva presso l'Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Roma (265).
Va qui segnalato un passo dell'interrogatorio reso dal BRUGIA al Procuratore della Repubblica in altro procedimento penale, acquisito in copia agli atti del giudizio (266): "...Sono stato imputato di partecipazione alla banda armata NAR e di aver favorito il coimputato ALIBRANDI Alessandro che risultò essere espatriato in Libano con un passaporto falsificato recante i dati anagrafici miei e se non erro il numero del mio passaporto. Per tali reati sono stato condannato a pena di anni 7 e mesi 8 di reclusione. In tale pena sono comprese anche le condanne per due rapine, commesse in Roma...Ignoro come l'ALIBRANDI sia venuto in possesso dei miei dati anagrafici e del numero del mio passaporto. Non so come mai anzi preciso volevo dire che ALIBRANDI era un conoscente ma non un amico. Non ricordo chi e quando me lo hanno presentato..."
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(265) - Trovasi in AAD, V9, C2. (266) - Cfr. AAD, V8, pp. 239 ss.
In altro passo dell'interrogatorio, si legge: "...Prendo atto che il teste ANSALDI Mauro (deposizione 17/11/87 a questo P.M.) afferma che io con NISTRI e PETRONE detenevo le attrezzature per falsificare documenti tra cui una IBM a testina rotante, moduli di patenti, carte di identità, libretti di circolazione, bolli per rinnovo di patenti e timbri vari, materiale sequestrato dai CC. di Torino nel 1982. Prendo atto altresì ...che io, unitamente a PETRONE e NISTRI, vengo indicato come persona che `falsificava documenti per conto della organizzazione nella quale siriconosceva e quindi TP Nar'. Tutto ciò non corrisponde alla realtà..."
Davanti alla Corte (267), il BRUGIA ha negato di conoscere il PICCIAFUOCO, anche come VAILATI o PIERANTONI; ha negato altresì di conoscere Valerio FIORAVANTI e d'aver falsificato documenti. Ha viceversa dovuto ammettere d'aver conosciuto Cristiano FIORAVANTI, con il quale avrebbe coabitato soltanto per pochi giorni in una casa di Pescasseroli; ed ha aggiunto essergli stato poi contestato che in tale casa
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(267) - Cfr. vu 26/1/88, pp. 24-28.
avevano dimorato -in epoca che egli indica come posteriore alla sua partenza- Francesca MAMBRO e Giorgio VALE.
Ancora una volta una prova documentale lega Sergio PICCIAFUOCO a formazioni dell'eversione di destra; e lo lega più precisamente al gruppo FIORAVANTI. Il numero ancora `pulito' del passaporto regolarmente rilasciato ad un terrorista viene messo a disposizione di altre persone, nel cui novero figurano anche Alessandro ALIBRANDI e Sergio PICCIAFUOCO. L'ALIBRANDI è a sua volta un terrorista, collegato, come il BRUGIA, al gruppo FIORAVANTI. E ancora una volta il PICCIAFUOCO non sa come difendersi. Si è dato conto, sub 1.12.4.4), delle risposte che, in giudizio, egli ha fornito di fronte alla contestazione del rapporto DIGOS in data 20/8/1987. In sostanza, la linea difensiva adottata sembra attribuire ad una coincidenza non voluta dall'imputato l'identità del numero `di serie' fra il passaporto falso che egli avrebbe ricevuto sin dalla metà degli anni '70 e quello regolarmente ottenuto dal BRUGIA nel 1978. Prima di rispondere sul punto alla Corte, il PICCIAFUOCO era già stato interrogato dal PUBBLICO MINISTERO nell'ambito del separato procedimento di cui si è fatto cenno sub 1.12.4.4). Nell'occasione, a proposito della provenienza di tutti i documenti intestati ad Enrico PIERANTONI sequestratigli al valico di Tarvisio (268), si era così espresso (269): "...Insisto nel dire che i documenti intestati a PIERANTONI Enrico mi furono consegnati completamente in bianco e senza timbri, ad eccezione del timbro a secco anzi di parte del timbro che finisce sul modulo, mentre la parte residua del timbro che va sulla foto, mancava. Tali documenti mi vennero consegnati tra il 1971 e '74 dal LORIA Mario..." Ancora una menzogna. La carta d'identità n. 44913683 sequestrata all'imputato a Tarvisio, apparentemente rilasciata dal Comune di Roma il 10/10/1979, è in realtà provento del furto di uno `stock' di documenti in bianco (dal n. 44913683 al n. 44913686) perpetrato nel Comune di Roma il 9/2/1981 (270): falso quindi che il PICCIAFUOCO possa averla ricevuta dal LORIA fra il '71 ed il '74.
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(268) - Alla frontiera gli eran state sequestrate anche una patente di guida ed una carta d'identità con la medesima intestazione. (269) -Cfr. AAD, V8, pp. 228-229. (270) - Cfr. AAD, V8, pp. 2 e 14-15.
Di nuovo l'imputato mente sulla provenienza di documenti da lui utilizzati e si trova anche qui a doversi arroccare su una posizione insostenibile; ma non ha alternativa, perché una spiegazione veritiera dei fatti costituirebbe la confessione del suo collegamento con quegli ambienti nei quali la strage venne organizzata ed eseguita.
2.1.2.6.3) La questione del tatuaggio
Il Giudice Istruttore ha ritenuto (271) che l'imputato abbia sovrapposto il tatuaggio attualmente visibile sul suo braccio destro ad altro tatuaggio precedentemente impressovi, che avrebbe ricollegato il PICCIAFUOCO a formazioni eversive di destra: ed ha attribuito alla circostanza rilievo accusatorio a carico del prevenuto.
Reputa la Corte di non dover fare altrettanto. Le acquisizioni processuali, e quelle dibattimentali in particolare, certamente non consentono di condividere tale assunto. E'necessario ricordare quanto segue. Con telegramma del Questore di Sondrio in data 6/2/1981 (272), diretto alle varie autorità di Polizia, si indicava, fra l'altro, la
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(271) - SO, p429. (272) - RA, V9 bis, C383, p76.
presenza sul braccio destro del PICCIAFUOCO di un tatuaggio raffigurante la rosa dei venti e due lettere "C" ad essa sottostanti. Il 1° aprile 1981, l'imputato veniva arrestato al valico di Tarvisio, perché "identificato, senza alcun dubbio per PICCIAFUOCO Sergio da un tatuaggio a forma di rosa dei venti con sotto due lettere: C.C. che ha sul braccio destro e da una cicatrice sul naso" (273). Il 15 maggio dello stesso anno, agli ufficiali di Polizia Giudiziaria che lo sentivano a titolo di sommarie informazioni testimoniali, l'odierno imputato faceva le seguenti dichiarazioni (274): "...Il tatuaggio che porto sul braccio destro e che vi mostro situato all'altezza della spalla è formato da una mezza luna con sottostante" (sic) "cinque punti inframezzati da due consonante" (sic) "C e C, il tutto risale all'età di 16 anni e ricordo di una passione giovanile di cui indico solo il nome Claudia..."
Nel verbale di esame testimoniale reso dal PICCIAFUOCO al Giudice Istruttore il 6 ottobre 1983, si legge (275):
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(273) - RA, V9bis, C383/A, p195. Trattasi del rapporto già citato sub 1.2.22), lettera e), nota (92). (274) - IA, V9/a-2, C40, p5. (275) - IA, V9/a-2, C40, p14.
"...Effettivamente avevo un tatuaggio con cinque punte e con
la lettera CC sul braccio destro. Esaminato il braccio il G.I. nota che il tatuaggio è stato interamente ricoperto da
un nuovo tatuaggio contenente un'ancora. Richiesto di dichiarare perché abbia ricoperto il precedente tatuaggio, il teste dichiara: quello di prima non era la `ROSA DEI VENTI' ma i cinque punti della malavita. Le lettere CC. sono le iniziali della mia ragazza CECCHINI Claudia, ma si tratta di una cosa che risale a molti anni fa . Ho voluto ricoprire il tatuaggio perché non volevo più portare i cinque punti della malavita..."
Il 15 novembre 1985, la teste Carla CURATO riferiva (276) al Giudice Istruttore: "Sono stata la ragazza di PICCIAFUOCO Sergio -da me conosciuto come VAILATI Eraclio- nel periodo di tempo dal giugno 1978 all'Aprile 1979...Quando il PICCIAFUOCO cominciò a frequentarmi aveva già una croce celtica con le iniziali C.C...."
Della versione resa in dibattimento dal prevenuto si è dato conto sub 1.11.4.3).
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(276) - EA, V10/a-6, C301, p1, recto e verso.
Il 18/12/1987 la Corte escuteva il teste Lorenzo MONTORIO, indicato dall'imputato come colui che, molti anni addietro, in riformatorio, gli aveva tatuato i `cinque punti della malavita', le iniziali C.C. ed il `baffo'. Il MONTORIO riconosceva d'aver impresso un tatuaggio all'odierno imputato e, invitato a descriverlo, così si esprimeva (277): "non posso essere molto sicuro...mi pare che si trattasse di un'ancoretta o qualcosa del genere, di un'ancora". Il teste eseguiva anche un disegno, nel quale è agevolmente riconoscibile appunto un'ancora (278). Prendeva poi visione del tatuaggio attualmente impresso sul braccio del PICCIAFUOCO, nell'occasione presente in aula. L'imputato affermava non essere quello attualmente visibile (raffigurante un'ancora) il tatuaggio a suo tempo impressogli dal MONTORIO e descriveva la figura precedentemente tatuata sul suo braccio. Il teste, nell'escludere che fosse opera sua il tatuaggio mostratogli, affermava a quel punto di averne effettivamente impresso uno al PICCIAFUOCO, ma di non poter indicare con sicurezza
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(277) - Vu 18/12/87, p12. (278) - Vu 18/12/87, p38.
che cosa esso raffigurasse.
Nel corso della medesima udienza, tanto la CURATO (279) quanto Cristina PARACCHINI (280) escludevano, dopo averne presa visione, che il tatuaggio attualmente visibile sul braccio destro del prevenuto fosse quello da loro conosciuto in precedenza. Dalle parole della prima emergeva che ella aveva sostanzialmente memoria soltanto della presenza delle lettere "CC", in quanto corrispondenti alle sue iniziali, e non era in grado di ricordare se, nel tatuaggio, fossero presenti altri segni. La donna affermava altresì che ella non sapeva cosa fosse una croce celtica prima di averla sentita nominare dal Giudice (evidentemente il Giudice Istruttore) e che, anche in istruttoria, aveva sostenuto di non ricordare altro che la presenza delle due "C".
La versione della PARACCHINI, direttamente dal verbale d'udienza: "La teste: `non ricordo su quale braccio avesse il tatuaggio. So che erano dei puntini, se dopo erano stelle
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(279) - Cfr. vu 18/12/87, pp. 19-21. (280) - Cfr. vu 18/12/87, pp. 22-23. La PARACCHINI aveva avuto una relazione col PICCIAFUOCO fra il '74 ed il '77. Il 6/2/81 (RA, V9 bis, C383, p83) aveva dichiarato alla Polizia Giudiziaria, a proposito dell'odierno imputato: "...ho notato su una delle sue braccia un tatuaggio consistente in tre o quattro stelle a tre o quattro punte di piccola dimensione..."
o...erano dei puntini interspaziati l'uno dall'altro.' Il Presidente: `solo puntini?'. La teste: `puntini, a distanza direi che possono essere dei puntini, non lo so, se erano stelle o meno.' Il Presidente: `tre o quattro stelle, ma di piccole dimensioni, quindi dice che non sa se erano stelle o puntini.' La teste interviene: `erano punti neri, dell'inchiostro penso.' Il Presidente:`ricorda che ci fossero delle C?' La teste: no, questo no.' Il Presidente: `ricorda che ci fosse una croce in quel tatuaggio?' La teste: `solo puntini, ricordo.' Il Presidente: `esclude che ci fosse qualsiasi altra cosa?' La teste: `assolutamente sì'..."
Delle risultanze della perizia d'ufficio disposta dalla Corte e depositata il 19/2/1988 si è dato conto sub 1.12.4.5).
Il 22 febbraio 1988 la Corte provvedeva ad escutere il personale della Polizia di frontiera che aveva a suo tempo provveduto ad arrestare il PICCIAFUOCO. Dal verbale d'udienza:
deposizione Maresciallo Arrigo NERI (281):
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(281) - Vu 22/2/88, pp. 58-59.
"...Il teste: `per quello che mi ricordo assomigliava senz'altro a una rosa dei venti, un cerchio e due lettere CC con un puntino in mezzo. Non era molto chiaro ma a noi è sembrato così'.
Il Presidente: `per rosa dei venti lei cosa intende?' Il teste: `come un cerchio con delle punte, una specie di bussola anche, con tante punte.'...Il Presidente: `lei parlò di rosa dei venti perché nella segnalazione si parlava di rosa dei venti o perché lei la definì così?' Il teste: `no, perché nel telegramma si parlava di rosa dei venti. Poi siamo andati anche a vedere come era fatta la rosa dei venti per essere certi di che si trattasse e per quanto mi ricordo assomigliava alla rosa dei venti.'...Il Presidente:`lei ricorda che ci fosse una circoscrizione intorno ?' Il teste: `non molto netta precisa, ma per quanto ricordo era circolare con dei punti o delle punte'. Il Presidente: `una cosa è dire che la forma sia circolare , un'altra cosa è dire che era circoscritta, cioè che c'era una linea esterna che racchiudeva tutto il disegno.' Il teste:`di preciso non potrei dirlo.'..."
Deposizione Brigadiere Sergio FRIGO (282):
"...Il Presidente: `è in grado di ricordare come era fatto questo tatuaggio che aveva sul braccio?' Il teste: `era il segno caratteristico della rosa dei venti, un cerchio con dentro una stella a più punte , adesso non saprei ricordare quante.' Il Presidente: `lei ricorda il cerchio?' Il teste: `sì, il cerchio grosso modo me lo ricordo'. Il Presidente: `e ricorda le due C.' Il teste: `le due C, quelle sì, le ricordo benissimo.'...Il Presidente: `perché la chiamò rosa dei venti, lei conosceva già il disegno che viene denominato...?' Il teste: `no, siccome avevamo...cioè non lo conoscevo sì, ma siccome avevamo la segnalazione della Questura di Sondrio che diceva che questo PICCIAFUOCO aveva il tatuaggio sul braccio destro, sono andato a documentarmi per vedere come era fatta, proprio per essere sicuri di quello che era, da fare.'..."
Deposizione Appuntato Domenico TOGNONI (283):
"...Il teste: `era come una bussola, una rosa dei venti con delle lancette e aveva sotto due lettere: CC.' Il
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(282) - Vu 22/2/88, p61. (283) -Vu 22/2/88, p66.
Presidente: `ricorda quante erano le punte?' Il teste: `le punte erano quattro, più qualcuna piccola che si vedeva.'..."
I tre testimoni non avevano del tatuaggio un ricordo sufficientemente nitido, da metterli in grado di riprodurlo graficamente. Il solo TOGNONI ha eseguito un disegno (284), che tuttavia rappresenta ciò che egli intende per rosa dei venti, e non il suo ricordo del tatuaggio (285).
Il quadro complessivo formato dalle acquisizioni processuali passate in rassegna è piuttosto confuso, ma non del tutto indecifrabile. Si può ragionevolmente affermare che il sul braccio dell'imputato, sotto quello attualmente visibile, non sia mai stato impresso un tatuaggio a forma di croce celtica o di rosa dei venti. Nel verbale del 15 maggio 1981 il tatuaggio è descritto dall'imputato sotto gli occhi di due ufficiali di polizia giudiziaria. E la descrizione che se ne fa (corrispondente al disegno che l'imputato sostiene di aver avuto tatuato sin da ragazzo) è tale da escludere che la figura allora visibile potesse * * ** * (284) - Vu 22/2/88, p69 (285) - Vu 22/2/88, p67, righi 42-45. esser stata sovrapposta, occultandole, ad una croce celtica o ad una rosa dei venti.
Il verbale trae conforto dalla relazione di perizia in atti. Infatti, sembra da escludere che precedenti tatuaggi siano stati cancellati o abrasi; le vestigia ancora visibili del precedente tatuaggio sono compatibili con la descrizione fornitane dall'imputato; non sono stati rilevati segni che invece lo possano assimilare ad una croce celtica; e, per di più, la figura attualmente visibile sul braccio del prevenuto ètale per cui essa sarebbe idoneaad inglobare soltanto una croce celtica minuscola (che potrebbe, infatti, essere occultata solamente in due settori dell'ancora non eccedenti i due centimetri di lato). (286)
Pervenuti a questo risultato, resta aperta la diversa questione di ciò che, di volta in volta, nel corso degli anni, poteva apparire agli occhi di chi vedeva il braccio dell'imputato. Pone il problema proprio il complessivo stato di confusione del quadro delle acquisizioni probatorie: mentre è possibile che la figura descritta il 15 maggio 1981
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(286) - Cfr. relazione di perizia, p12.
si sia formata per effetto di più operazioni di tatuaggio eseguite in tempi diversi, è ipotizzabile anche che la figura tatuata venisse dal PICCIAFUOCO modificata con mezzi diversi dal tatuaggio, con esso in qualche modo confondibili, ma, a differenza di esso, facilmente rimuovibili (si può pensare, ad esempio, a disegni eseguiti con la china). La testimonianza MONTORIO non è valsa in alcun modo a far chiarezza sull'assetto originario del tatuaggio. Peraltro, non può sfuggire il fatto che, mentre la PARACCHINI ha escluso la presenza di segni diversi dai puntini, la CURATO ha affermato di ricordare le lettere "CC".
Poiché la relazione del prevenuto con la PARACCHINI precede quella con la CURATO, si deve concludere che le lettere "CC" furono tatuate in un periodo intermedio. Le due donne non hanno memoria della mezza luna di cui al verbale 15 maggio 1981. Poiché di tale mezza luna o `baffo' non è fatta menzione neppure nel rapporto della Polizia di confine di Tarvisio, é ragionevole ipotizzare che si tratti di un'aggiunta risalente al periodo 1° aprile 15-maggio 1981.
E' dunque assai probabile che, negli ultimi anni di latitanza e fino al momento dell'arresto, il prevenuto avesse tatuati sul braccio destro -sovrastanti alle due "CC"- alcuni puntini disposti a croce (287) o lungo un'ideale circonferenza (288). Tenuto conto della sua internità -ampiamente dimostrata sopra- rispetto a formazioni della destra eversiva, è possibile che egli usasse, con altri mezzi, unendo i punti e tracciando linee, conferire provvisoriamante alla figura tatuata una conformazione diversa, che la avvicinasse a simboli utilizzati da esponenti delle formazioni di destra. Ciò potrebbe spiegare le dichiarazioni rese dalla CURATO al Giudice Istruttore e le testimonianze -che posson dirsi corali- del personale della Polizia di frontiera. Si tratta, tuttavia di un' ipotesi indimostrata ed indimostrabile. Ve n'è una alternativa, che non è -ad avviso della Corte- meno probabile. Escludendo che il PICCIAFUOCO usasse modificare il tatuaggio, è dato comunque congetturare che, in base alle descrizioni avute dalla PARACCHINI e dalla CURATO (289),
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(287) - Cfr. il disegno -eseguito dal MONTORIO- in vu 18/12/87, p39. (288)-Cfr. il disegno eseguito dalla PARACCHINI, in vu 18/12/87, p40. (289) - Dalle quali appunto erano state attinte le indicazioni sul tatuaggio: cfr. AAD, V4, C37.
personale della Questura di Sondrio, credendo di
interpretare il significato del tatuaggio -forse anche sotto
la suggestione della circostanza che il PICCIAFUOCO appariva in qualche modo legato alle indagini sulla strage di Bologna- l'abbia definito come raffigurante una rosa dei venti. Nell'ottica di questa ricostruzione, da parte della Polizia di frontiera di Tarvisio potrebbe esservi stato un burocratico allineamento all'indicazione contenuta su un telegramma che recava l'autorevole sottoscrizione del Questore: in sostanza, una volta riscontrata l'effettiva presenza di un tatuaggio, lo si sarebbe ritenuto -dopo la frettolosa consultazione di qualche testo su cui era raffiguratala rosa dei venti- in qualche modo sussumibile, con molta approssimazione, sotto la definizione datane nel telegramma. Tale supino adeguamento avrebbe potuto esser favorito dal fatto che il tatuaggio non era l'unico elemento di identificazione: nel rapporto si cita anche una cicatrice sul naso; e, in ogni caso, il bollettino delle ricerche, recava l'immagine dell'imputato.
Seguendo fino in fondo questa congettura, si può ritenere che la CURATO, persona semplice e di modesti mezzi espressivi, in preda all'emozione, abbia involontariamente indotto in equivoco il Giudice Istruttore, lasciando intendere d'aver visto, a suo tempo, ciò di cui ella, sino al momento in cui le fu posta una certa domanda, ignorava persino l'esistenza. La disamina dei fatti è valsa, da un lato, a spiegare perché la Corte non utilizza in senso accusatorio le acquisizioni processuali relative alle figure -completamente o parzialmente tatuate- che sono state presenti sul braccio del PICCIAFUOCO, prima che vi fosse impresso il tatuaggio attualmente visibile;dall'altro, ad individuarei possibili sviluppi storici, tra loro alternativi, attraverso i quali si è potuti approdare a determinate risultanze. Questo secondo aspetto ha dovuto essere approfondito anche perché si è sostenuto che in danno del PICCIAFUOCO si sia tentato di realizzare una frode processuale (290): tesi che meritava la più attenta considerazione.
Orbene, reputa la Corte che le due ipotesi ricostruttive
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(290) - Cfr. brm n.3 del 9/6/88, giri 230 ss.
sopra formulate esauriscano la gamma di quelle sostenibili sulla scorta degli atti. Non è viceversa sostenibile che si sia teso a criminalizzare il PICCIAFUOCO. Anche a prescindere dai motivi per i quali dovrebbe essere stata posta in atto una congiura in danno del PICCIAFUOCO, bisognerebbe ipotizzare legati dal patto scellerato il Questore di Sondrio, il personale della Polizia di confine di Tarvisio e, a ben vedere, un'indefinita moltitudine di funzionari edagenti di Polizia, dal momento che nulla garantiva il passaggio del PICCIAFUOCO attraverso il valico di Tarvisio o, più in generale, il suo passaggio attraverso un valico di frontiera. Ma -e questo sembra in sé risolutivo- non si riuscirebbe a capire il senso di una simile macchinazione: perché la notizia, `dolosamente' diffusa, della presenza della rosa dei venti sul braccio del PICCIAFUOCO, e la successiva `falsa' attestazione di riconoscimento del tatuaggio sarebbero state destinate a trovare in qualsiasi momento clamorosa ed irrefutabile smentita da parte dell'imputato, il quale, come fece il 15 maggio del 1981, avrebbe poi potuto continuare a mostrare, scoprendo il braccio destro, la prova vivente della frode in suo danno. Dipese soltanto dal prevenuto, che fece sovrapporre al precedente l'attuale tatuaggio, la scomparsa di tale prova vivente. Ad ogni modo, prima della sovrapposizione, la figura visibile sul braccio del PICCIAFUOCO veniva descritta nel verbale 15 maggio 1981 e così consegnata alla memoria del processo: processo nel cui dibattimento il verbale in questione, nella parte relativa al tatuaggio,veniva letto all'udienza del 13/4/1987 (291).
2.1.2.6.4) Le conclusioni della Corte in ordine alle circostanze di cui sub 2.1.2.6.2)
Si è visto che due documenti, utilizzati dal PICCIAFUOCO in tempi diversi, ricollegano costui al FIORAVANTI ed al suo gruppo: l'uno attraverso il VOLO, che, essendo l'unica persona al mondo autoaccusatasi della strage, è, al tempo stesso,interno algruppo palermitano che fa capo al MANGIAMELI, assassinato da FIORAVANTI e sodali perché divenuto inaffidabile dopo l'attentato, ed indicato da persone a lui vicine come l'85ª vittima della strage; l'altro, attraverso il BRUGIA, che è personaggio legato a
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(291) - Cfr. brm n.1 del 13/4/87, giri 199-204.
Cristiano FIORAVANTI,a Francesca MAMBRO, a Giorgio VALE, che è già stato condannato per aver fatto parte dei NAR, e che ebbe a suo tempo a mettere lo stesso numero di passaporto utilizzato dal PICCIAFUOCO anche a disposizione di Alessandro ALIBRANDI, altro terrorista strettamente legato a Valerio FIORAVANTI.
La valenza indiziaria del possesso da parte del PICCIAFUOCO di ciascuno dei due documenti, isolatamente considerati, è elevatissima, se riguardata dal punto di vista statistico. Con il moltiplicarsi delle coincidenze diminuisce in ragione geometrica la probabilità che esse siano frutto di mera casualità (292). Ove si prendano simultaneamente in considerazione i due documenti, ogni eventuale residuo dubbio in ordine all'effettiva esistenza dei collegamenti cui essi rinviano viene meno. Ma non basta. In questo quadro si innesta un riscontro, anch'esso di natura documentale: Sergio PICCIAFUOCO, che certamente non è noto per essere un militante neofascista, è però indicato fra i
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(292) - Si è detto, ad esempio, sub 2.1.2.6.2.3), dell'aumento in misura esponenziale della significatività dei vari elementi in comune fra le patenti sequestrate al PICCIAFUOCO ed al VOLO, per effetto del loro reciproco combinarsi.
detenuti della destra nell'agenda di Gilberto CAVALLINI, che, nel periodo a cavallo della strage, divide fraternamente la latitanza con Valerio FIORAVANTI, e ne conosce con precisione i movimenti e le frequentazioni.Le conclusioni cui si perviene sulla base di valutazioni di ordine statistico ricevono dunque inequivoca ed irrefutabile conferma. La conclusione è una ed una sola: gli imputati Sergio PICCIAFUOCO e Valerio FIORAVANTI sono tra loro in stretto collegamento all'interno della medesima cellula terroristico-eversiva.
E, attraversole notizie fornite da Leonardo GIOVAGNINI ai Carabinieri di Ancona, è persino possibile rendersi conto dell'`iter' che, attraverso l'avvicinamento ad un gruppo marchigiano di Terza Posizione, ha condotto il latitante PICCIAFUOCO sino al gruppo MANGIAMELI-FIORAVANTI.
2.1.2.7)Valutazioni d'insieme in ordine alle posizioni FIORAVANTI, MAMBRO e PICCIAFUOCO
Sergio PICCIAFUOCO è personaggio assai diverso da come ha inteso apparire. Durante gli oltre dieci anni di latitanza non vive affatto di espedienti, di piccoli furti, di piccole truffe. Viaggia continuamente attraverso la penisola,
servendosi anche del mezzo aereo, e varca sovente il confine.Frequenta luoghi come Saint-Moritz, Vienna, Taormina. Conduce vita dispendiosa, avendo notevole disponibilità di denaro. La teste CURATO (293): "...Il PICCIAFUOCO aveva buona disponibilità di danaro e non si
tirava indietro, quando si trattava di pagare per divertimenti o altro..."
La teste PARACCHINI (294): "...Il VAILATI durante il periodo che mi frequentava aveva disponibilità di molto denaro liquido frutto, a suo dire, della sua attività commerciale e di eredità avuta dai genitori..."
Escussione dibattimentale di Claudia Mirella PARISI (295): "...Il Presidente: `è uscita più volte con PICCIAFUOCO? L'ha portata al ristorante..' La teste interviene: `sì, andavamo fuori a mangiare, a ballare.' Il Presidente: `pagava lui il conto.' La teste: `sempre'..."
Nel rapporto dei Carabinieri di Bologna in data 19/2/1986 sono annotati undici pernottamenti del PICCIAFUOCO in alberghi bolognesi: in due casi soltanto egli alloggiò in
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(293) - EA, V10/a-6, C301, p1 recto. (294) -RA, V9 bis, C383, p83. (295) -vu 18/12/87, p27.
alberghi di seconda categoria; negli altri nove casi, presso il Crest Hotel, di prima categoria (296). Non occorre aggiungere altro. In assenza di attività lecite altamente remunerative, che il PICCIAFUOCO, per la sua
condizione di latitante, non avrebbe neppure potuto
svolgere, il tenore di vita dell'imputato durante la latitanza sta a dimostrare l'elevatezza del livello del suo inserimento in attività ed ambienti criminali. Il dato si armonizza perfettamente con i collegamenti di cui si sono esaminate le prove sub 2.1.2.6.2). Il PICCIAFUOCO ha un passato di delinquente comune, ma dopo l'evasione sa dimostrare di non essere un `povero diavolo' né un balordo. Conduce dieci anni di latitanza dorata, muovendosi con sconcertante disinvoltura attraverso la penisola. I suoi collegamenti, di rispettabile livello, lo pongono in contatto, negli ultimi anni, con ambienti della destra eversiva non impermeabili alla criminalità comune. Si avvicina all'ambiente di Terza Posizione ed entra in collegamento -come si è visto essere ampiamente provato- con
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(296) -RA, V9 bis, C383 bis, pp. 259-260.
il gruppo VOLO-MANGIAMELI-FIORAVANTI.
Orbene, Valerio FIORAVANTI è raggiunto da pesantissime prove di coinvolgimento nella strage ed è indicato, in particolare, come presente alla stazione di Bologna in occasione dell'attentato. In questa situazione, mentre la presenza del PICCIAFUOCO alla stazione rappresenta un formidabile ed irresistibile riscontro obiettivo rispetto alle indicazioni d'altra natura che vogliono il FIORAVANTI responsabile della strage, è vero altresì, in virtù dei collegamenti di cui si è ripetutatamente detto, che le prove `aliunde' raccolte a carico del FIORAVANTI vengono a ripercuotersi in capo al PICCIAFUOCO.
Per chiarire sino in fondo il senso di quanto si viene dicendo, vale la pena di ricorrere ad un esempio. Si immagini che taluno riferisca al giudice d'aver appreso da una persona della partecipazione di quest'ultima ad un furto. Si immagini ancora che altra persona, apparentemente priva di collegamenti con l'autore della confessione stragiudiziale, sia stata sorpresa, subito dopo il delitto, nelle immediate adiacenze del luogo ove esso è stato consumato, e non soltanto non sia in grado di giustificare la propria presenza in quel luogo, ma fornisca sul punto versioni contraddittorie ed inverosimili.
Si immagini infine che, nel corso delle indagini, a distanza di tempo, sia possibile accertare, per altra via e in modo incontrovertibile, lo strettissimo collegamento che unisce, all'interno della medesima organizzazione criminale, l'autore della confessione stragiudiziale all'individuo sorpreso nei pressi del luogo del delitto.
Non è chi non veda la risolutività diun siffatto accertamento ai fini dell'individuazione della responsabilità dell'uno e dell'altro individuo per il delitto in questione.
La decisività dell'accertamento potrebbe essere svalutata soltanto ove il collegamento fra i due fosse stato notorio prima della perpetrazione del reato: perché in tal caso si tratterebbe di verificare che l'indicazione proveniente dalla persona che assume di aver ricevuto la confessione stragiudiziale sia genuina e non frutto di un'iniziativa calunniosa, artatamente predisposta perché idonea a trovare apparente riscontro nella circostanza -già nota al calunniatore ed ai suoi eventuali ispiratori- della presenza, sul luogo del delitto, di un sodale del calunniato.
Ma l'irresistibilità del compendio probatorio costituito dalla chiamata dello SPARTI, dall'ingiustificata presenza del PICCIAFUOCO alla stazione di Bologna e dagli accertati collegamenti tra il FIORAVANTI ed il PICCIAFUOCO sta proprio in questo: nel fatto che il PICCIAFUOCO non è conosciuto, neppure come VAILATI, negli ambienti romani in cui gravita il FIORAVANTI. Si è visto, in particolare, sub 2.1.2.6.2.3), che il PICCIAFUOCO era sconosciuto a Walter SORDI. Ma dello imputato (e, quindi, del suo legame col FIORAVANTI) non si hanno notizie neppure da altri personaggi dell'eversione romana sfilati, con varie vesti processuali, davanti a questa Corte. Ed è naturale che sia così: perché la strage è delitto di cui il FACHINI, il FIORAVANTI e la MAMBRO rifiuteranno sempre la responsabilità; è delitto inconfessabile anche negli ambienti terroristici ed eversivi, estranei alla banda armata oggetto di giudizio, in cui essi si muovono abitualmente; risponde ad un disegno che è proprio soltanto di una ristretta cerchia di individui facenti parte della banda armata che qui si giudica, emergendo esso -secondo quanto si è visto- come incontrollata ed improvvisa impennata, frutto di un violento colpo d'acceleratore, dalla progettualità in gestazione in quel periodo negli ambienti dell'eversione neofascista, della quale travalicava decisamente i limiti.
Sergio PICCIAFUOCO ha tutte la carte in regola per entrare nel selezionatissimo `staff' operativo che si occupa della realizzazione dell'attentato. Autentico maratoneta della latitanza, che sa gestire con grande oculatezza, gravita in quella zona grigia che si colloca all'incrocio fra criminalità comune ed eversione neofascista; la sua `politicizzazione', attraverso contatti con l'ambiente marchigiano di Terza Posizione e legami assai stretti con il gruppo VOLO-MANGIAMELI-FIORAVANTI-CAVALLINI, rappresenta soltanto un modo per ampliare ed articolare la rete dei suoi collegamenti in ambienti criminali, senza farne mai un individuo significativamente ideologizzato; quest'ultimo requisito lo rende idoneo -agli occhi del FACHINI e del FIORAVANTI- ad essere associato, verosimilmente dietro opportuno compenso, ad un'impresa cui altri si rifiuterebbero di collaborare per motivi `politici'; la grande `professionalità' e riservatezza ne fanno un individuo di sicura affidabilità, assolutamente indisponibile ad infrangere i vincoli omertosi.
Quanto precede riempie di significative valenze una circostanza che, isolatamente considerata, potrebbe apparire irrilevante, ma che, valutata assieme ed attraverso le altre, ne viene illuminata, e a sua volta le corrobora. Il PICCIAFUOCO è in Sicilia nel luglio del 1980. In data 3, quando ancora non alloggiava presso l'`Atlantis Bay', scrive da Taormina, alla CURATO, una cartolina che reca il timbro postale del giorno successivo (297). Fra il 5 ed il 10 luglio alloggia all' `Atlantis Bay' (298). Sarà di nuovo ospite di quell'albergo fra il 19 ed il 25 luglio (299), prima di rientrare a Modena. Non ha chiarito l'imputato dove eglisi sia venuto a trovare fra il 10 ed il 19 luglio; in
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(297) - Cfr. RA, V9 bis, C383/A, p204 quater. (298) - Cfr. RA, V9 bis, C383 bis, p239. (299) - Cfr. RA, V9 bis, C383 bis, p238. giudizio ha così risposto sul punto (300): "...Dal 10 al 19 dove sono stato? E' assurdo, non ricordo dove sono stato. Sono sempre le stesse domande..."
Orbene, proprio nella seconda decade di luglio arrivano in Sicilia il FIORAVANTI e la MAMBRO, che, avendo alloggiato prima all' `Hotel Politeama di Palermo', sono, nei giorni successivi, dal 14 in avanti, fin verso la fine del mese, ospiti del MANGIAMELI in Tre Fontane (301).
Se si pensa che il PICCIAFUOCO entra in contatto con la destra eversiva tramite Terza Posizione, di cui il MANGIAMELI è un `leader', che fra il PICCIAFUOCO ed il FIORAVANTI v'è uno stretto legame, e che una delle prove del collegamento, il `documento VAILATI', indica come tramite il duo VOLO-MANGIAMELI, allora emerge in tutta la sua evidenza come il quadro probatorio in cui si vengono a fondere -come si è detto- le prove raccolte a carico del FIORAVANTI e l'ingiustificata presenza del PICCIAFUOCO alla stazione di Bologna riceva ulteriore, concreto, preciso conforto dall'essersi entrambi gli imputati (e la MAMBRO) recati in
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(300) - Cfr. vu 8/4/87, p22. (301) - Cfr. RA, V9, C382, pp. 8-9.
Sicilia, nel luglio, dall'aver il FIORAVANTI alloggiato
proprio presso il MANGIAMELI, dal non aver il PICCIAFUOCO fatto chiarezza in ordine ai suoi spostamenti nell'isola proprio nelladecade coincidente con quella dell'arrivo del FIORAVANTI e dell'inizio del suo soggiorno presso il MANGIAMELI, dall'essersi gli imputati trattenuti in Sicilia fin verso la fine del mese, e dal non essere infine mai stato chiarito con quale mezzo e in compagnia di chi il FIORAVANTI e la MAMBRO (che non furon visti partire in aereo), abbiano lasciato l'isola.
Di un ulteriore elemento di prova gravante in capo al FIORAVANTI ed alla MAMBRO si dirà, ad evitare ripetizioni e per comodità espositiva, trattando la posizione FACHINI, cui occorre fare rinvio (302).
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(302) - Cfr. infra, sub 2.1.2.8.4).
2.1.2.8) La posizione di Massimiliano FACHINI
2.1.2.8.1) Il ruolo del FACHINI nella destra padovana ed i suoi rapporti con Roberto RINANI
Dalle dichiarazioni istruttorie di Luigi VETTORE PRESILIO, nelle parti che qui interessano (303), emerge che Roberto RINANI apparteneva all'organizzazione facente capo al FACHINI, con la quale aveva contatti ancora all'epoca della carcerazione nel corso della quale fece le note rivelazioni al VETTORE.
Giova riprendere un passo del verbale 13/11/1980 (304): "...Egli" (il RINANI) "mi disse che era rimasto sempre in contatto con l'ambiente dell'estrema dx padovana ed in particolare con la cellula veneta già facente capo a FREDA e VENTURA e di cui è attualmente principale esponente a Padova FACHINI Massimiliano.
Commentando poi il fatto che era stato fissato il processo d'appello per la strage di Catanzaro mi disse che tuttavia STIZ non avrebbe avuto il piacere di conoscere l'esito del processo, ed alla mia domanda di spiegarmi perché, disse che stavano preparando un attentato nei confronti del
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(303) - Cfr. supra, sub 1.1.3.1), 1.1.9) e 1.2.5). (304) -EA, V10/a-1, C30, p65 recto e verso. suddetto Magistrato..."
Dal RINANI il VETTORE aveva appreso altresì che l'attentato al dott. STIZ sarebbe stato preceduto da altro attentato (agevolmente identificabile `a posteriori' nelle strage di Bologna), che avrebbe dovuto esser posto in essere dal medesimo gruppo.
Si è visto ancora, in narrativa, come il VETTORE avesse riferito agli inquirenti della pregressa attività dinamitarda del FACHINI.
Si tratta di verificare se il ruolo e l'attività del FACHINI nell'ambito dell'eversione neofascista padovana ed i suoi collegamenti con Roberto RINANI restino affidati soltanto alle dichiarazioni del VETTORE PRESILIO, ovvero siano provati attraverso conferme `aliunde' provenienti.
Per ciò che attiene all'antica vocazione eversiva e dinamitarda del FACHINI, ed alla sua risalente `operatività' all'interno della cellula veneta, la conferma viene dalle dichiarazioni rese il 1° novembre 1980 da Sergio TONIN al PUBBLICO MINISTERO di Padova (305).
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(305) - EA, V10/a-6, C279, pp. 3 verso ss. Le dichiarazioni del TONIN, deceduto, sono state dichiarate utilizzabili: cfr. vu 26/2/88, p30. Nel verbale (segue)
Si avrà occasione di menzionare, in altra parte della
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(segue) si legge, tra l'altro: "...L'ascendente dello SWICH sui giovani si manifestò in modo evidente fin dal 1969. A quel tempo apparivano a lui particolarmente legati, nell'ambito della federazione, Massimiliano FACHINI, Gustavo BOCCHINI, Giancarlo PATRESE, Nicolò PEZZATO, Alberto e Nicola SCATTOLIN, Giorgio MUNARI, Marco FIORONI, Michele FIORETTA, Loris LOMBRONI, Presilio VETTORE. Tutti costoro erano aderenti al movimento giovanile e in parte ne erano anche dirigenti. A.D.R. Particolarmente significativo mi sembrò, nel senso che ho appena accennato, l'episodio avvenuto una sera dell'aprile 1969 davanti alla sede comunale di Padova, che la stampa definì con la locuzione `notte di fuoco del Municipio'. Era allora federale e capo gruppo missino al Consiglio comunale di Padova l'Avv. Lionello LUCI, il quale da qualche tempo non riusciva a parlare in consiglio per l'ostruzionismo dei seguaci del PCI che, provenienti anche dalla provincia, affollavano sistematicamente l'aula. In occasione del Consiglio comunale dell'aprile 1969 le forze giovanili del Partito che facevano capo -oltre che allo SWICH- al FACHINI e al BOCCHINI decisero di intervenire in massa presso il Municipio con l'intento di affrontare l'opposto schieramento politico edi consentire al capogruppo del MSI di svolgere il suo intervento in seno al Consiglio. Io ero allora vicefederale e mi trovavo nell'aula consiliare quando udii provenire dall'esterno il rumore ripetuto e fragoroso di spari di armi da fuoco. Corsi all'esterno e constatai che gli spari erano stati provocati da pistole lanciarazzi che vidi in mano a numerosi giovani del MSI che si erano scontrati con gruppi contrapposti del PCI. Fra i giovani missini riconobbi il FACHINI, il BOCCHINI, il PATRESE, il VETTORE e un certo BORDIGNON. Notai anche lo SWICH che, prima di uscire dalla federazione per recarsi davanti al Municipio con i suddetti giovani, mi aveva confidato che aveva organizzato gli scontri unitamente al FACHINI... Ricordo che il FACHINI indossava quella sera una tenuta da battaglia, con tuta da paracadustista di color grigio verde e stivaletti anfibi. Ricordo inoltre la presenza nel gruppo di un certo MARIGA di Mestre, che era armato -a quanto appresi successivamente da alcuni dei partecipanti agli scontri, che adesso non rammento più- con alcuni involucri contenenti materiale esplosivo e provvisti di miccia... Soltanto dopo qualche tempo mi accorsi che lo SWICH usava metodi e perseguiva obiettivi politici che erano radicalmente opposti ai miei e compresi, purtroppo tardivamente, che egli aveva usato di me per radicarsi e imporsi nel Partito." (segue)
trattazione, ulteriori tappe del `curriculum vitae' del
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(segue) "Infatti, pur essendo entrato a far parte della federazione, egli continuò a far lega con FREDA e VENTURA, di cui non faceva mistero di condividere metodi e strategie e il cui operare politico andava sviluppandosi al di fuori e in contrasto con il MSI, essendo entrambi fra i massimi esponenti del `Gruppo di AR' che costituiva la principale articolazione di `Ordine Nuovo' nel Veneto. A.D.R. Più precisamente, mi risulta che di tale gruppo facevano parte FREDA, VENTURA, FACHINI, TRINCO, POZZAN, DE ECCHER, MERLO, DE CANIO, BRANCATO... Si trattava di un gruppo paramilitare che si proponeva di realizzare attentati per sovvertire l'ordine costituito. Esso aveva la disponibilità di esplosivo, che si procurava rubandolo dalle cave in attività nella zona dei Colli Euganei: ciò appresi, confidenzialmente, dal PARNIGOTTO...e, se non ricordo male, da un giovane iscritto al `Fronte della Gioventù' che mi pare si chiamasse PARISOTTO... Il gruppo si rese responsabile, per quanto ne so, di alcuni episodi avvenuti in Padova nel 1968/69, fra cui rammento: 1) l'attentato alla Chiesa degli Ebrei in prossimità del teatro Verdi, di cui fu danneggiato -mi sembra- il portone d'ingresso con ordigni incendiari e sporcato il muro esterno con svastiche e scritte antisemitiche; 2) la deflagrazione di una carica di esplosivo sulla terrazza della federazione in via Zabarella, verificatasi mentre io e altri componenti della federazione stavamo partecipando ad una manifestazione in piazza Pedrocchi; 3) l'attacco ad una sezione del PSIUP di via S.Sofia. Per quanto riguarda il primo attentato... Per quanto riguarda gli altri due fatti, avvenuti lo stesso giorno, venni a sapere da un dirigente del gruppo giovanile del Partito, che adesso non sono in grado di ricordare, che gli autori di esso erano stati FACHINI, BRANCATO e alcuni giovani della federazione giovanile di Vicenza e il loro scopo era stato quello di farne ricadere la responsabilità sull'estrema sinistra... A.D.R. Qualche giorno dopo l'esplosione dell'ordigno che distrusse l'ufficio del Rettore di Padova Prof. OPOCHER, nell'aprile 1969, Giuseppe MAZZOLA mi confidò di aver sentito parlare tra loro, in federazione, un gruppetto di 7/8 giovani fra cui il FACHINI, il BRANCATO, il BOCCHINI, il PEZZATO e -mi sembra- il DE ECCHER i quali, rievocando l'attentato e congratulandosi l'un l'altro per la buona" (segue)
FACHINI. Lo si troverà nel 1973 in Ispagna, assieme a Stefano DELLE CHIAIE. Lo si ritroverà nel 1975 ad Albano Laziale, in occasione del tentativo di riunificazione di Ordine Nuovo ed Avanguardia Nazionale.
Che la sua vocazione eversiva e dinamitarda non si fosse affievolita ad un decennio di distanza dai fatti riferiti dal TONIN emerge da quanto si verrà dicendo nel capitolo relativo al delitto di banda armata. Si vedrà come e attraverso quali fonti restino complessivamente provate una serie di circostanze: la centralità della figura del FACHINI nell'ambito della cellula veneta (o `gruppo del Nord'), che, attraverso di lui, nell'ambiente di Costruiamo l'Azione era autorevolmente rappresentata; la sua funzione di procacciatore di armi ed esplosivo; il suo ruolo di esperto di tecnica esplosivistica e di promotore di una campagna di attentati. Non deve sfuggire che l'esperienza di Costruiamo
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(segue) "riuscita di esso, se ne erano attribuita implicitamente la paternità...Chiamai il BRANCATO e, dopo averlo messo al corrente di quanto mi era stato riferito, senza peraltro rivelargliene la fonte, gli chiesi espressamente di confermare o di smentire che egli, il FACHINI, il BOCCHINI, il PEZZATO e -mi pare- il DE ECCHER avessero compiuto l'attentato. Il BRANCATO tergiversò e alla fine confermò che la notizie era vera..." l'Azione si colloca fra il 1978 ed il 1979 e si esaurisce nella primavera di tale ultimo anno, costituendo, quindi, l'antecedente immediato della banda armata di cui al presente procedimento, formatasi, con le caratteristiche che si vedranno, alla fine del 1979. E all'interno di tale esperienza è dato rinvenire fra il FACHINI, il SIGNORELLI ed il SEMERARI un legame eversivo cui proprio il VETTORE -come si è avuto modo di rilevare- era stato in grado difar riferimento prima che le vicende di Costruiamo l'Azione fossero ricostruibili attraverso i contributi processuali di chi in quell'ambiente aveva gravitato (306).
In ordine all'indicazione relativa ai collegamenti FACHINI-
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(306) -Si rilegga quanto riferito in narrativa sub 1.1.9), lettera b). Il fatto che la circostanza della riunione al `Pino Verde' di Camposampiero non ha trovato conferma (cfr. RA, V5, C172) e che il VETTORE indica presenti alla riunione, oltre a quelle citate in narrativa, anche altre persone per le quali -a differenza del FACHINI, del SIGNORELLI e del SEMERARI- non è stato poi rinvenuto alcun riscontro di collegamento con l'ambiente nel quale germinarono gli attentati del '79, se impone di riaffermare la necessità di utilizzare accusatoriamente quelle sole parti dei contributi provenienti dal VETTORE che resistono alla più rigorosa verifica processuale, non vale a scalfire il nucleo delle dichiarazioni che qui interessa: quello che attiene, appunto ai legami eversivi, in epoca significativa, tra il FACHINI ed il SIGNORELLI, e che ha trovato ampia conferma `ab externo'.
RINANI, si deve rilevare quanto segue. Gli imputati hanno
escluso persino di essersi personalmente conosciuti. Tanta e
tale era la preoccupazione di allontanare da sé il sospetto di rapporti di natura terroristica, che essi hanno preferito arroccarsi su una posizione logicamente inaccettabile: inaccettabile tanto con riferimento all'attività politica lecita ed ufficiale, quanto con riferimento all'attività eversiva.
Per quanto attiene al primo aspetto, basti rammentare che entrambi gli imputati sono stati politicamente attivi in Padova nelle file del Movimento Sociale Italiano: il FACHINI -per sua stessa ammissione, come si è visto- è stato iscritto al partito sino al 1973, ricoprendo anche la carica di consigliere comunale, fino alla naturale scadenza del mandato, nel 1975; il RINANI si iscrisse al M.S.I. nel 1975 (dopo aver incominciato a frequentare il partito -a suo dire- in quello stesso anno) e fu segretario delle Sezione Arcella di Padova dall'autunno '76 al dicembre '77 (307).
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(307) -La debolezza della linea difensiva adottata dai due imputati non sfugge allo stesso RINANI, che pure si ostina a sostenerla. Interrogatorio dibattimentale, in vu 7/4/87, p13: "...A.D.P.R.: FACHINI non l'ho neanche mai visto per strada; sembra impossibile che due Padovani in una città, che hanno svolto attività politica non si siano conosciuti..."
Ma è soprattutto con riferimento al secondo aspetto che la linea difensiva adottata dagli imputati si scontra con una serie di acquisizioni processuali che confortano le indicazioni provenienti dal VETTORE PRESILIO. Posta la centralità della figura del FACHINI rispetto all'eversione neofascista veneta ed a quella padovana in particolare, e la sua posizione di comando rispetto ad un gruppo, ad una cellula terroristica (come si vedrà meglio in sede di trattazione del delitto di banda armata), occorre qui valutare una serie di elementi probatori dalla cui complessiva valutazione è dato desumere l'internità del RINANI alla medesima organizzazione clandestina.
Delle dichiarazioni rese il 2/11/1980 da Sergio TONIN al PUBBLICO MINISTERO di Padova si è dato conto in narrativa
sub 1.2.6). Traggono esse conforto anche da quanto riferito da GHEDINI Niccolò (308): "...Preciso, anche se non ho
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(308) - Dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria il 27/9/80 (EA, V10/a-2, C82, p2) e confermate in giudizio (vu 1/2/88, p26). In tale ultima sede, peraltro, il teste ha precisato il contenuto delle sue conoscenze personali: "...Il Presidente interviene: `per quanto è a sua conoscenza, questa violenza si limitava a degli scambi di pugni, a scontri di piazza, diciamo così, anche senza uso di armi, oppure a uso di armi o addirittura di esplosivi?' Il teste: `per quanto ne so io era semplicemente...si bastonavano per le piazze. Dopo, da quello che si era appreso per esempio dai giornali, si sapeva che o si presupponeva che facessero anche uso di armi ma questo ovviamente lo si sapeva de relato.' Il Presidente: `non ha mai sentito parlare di esplosivi?' Il teste: `no'."
nessuna prova che CONTIN allora faceva parte di un gruppo violento della Sez. Arcella, almeno presumo. Il gruppo del quale faceva parte CONTIN era formato da: RINANI, BENELLE, BERTOCCO, FASOLATO ed altri conosciuti da me solo di vista che frequentavano p.zza Cavour, il Pedrocchi. Il CONTIN con il gruppo summenzionato faceva capo a RINANI, unica persona che secondo me aveva un'ascendenza su questi ragazzi, capace di trascinarli e di indottrinarli secondo il suo volere. Preciso che da quando RINANI si è dato alla latitanza il gruppo anzidetto mi è sembrato che fosse sbandato, che non avesse più un capo carismatico. Il predetto gruppo era formato da circa 20 unità..."
Marco AFFATIGATO, al Giudice Istruttore di Bologna, in altro
procedimento, ha riferito (309) d'aver partecipato, fra il '73 ed il '74, in Padova, ad una riunione cui era presente anche il RINANI: riunione "nella quale si parlò dell'acquisto o del passaggio a titolo gratuito di armi che
avrebbero dovuto esserci consegnate dagli Ustascia".
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(309) - EA, V10/a-5, C215, p24. Le dichiarazioni dell'AFFATIGATO, assente dalla Repubblica quando avrebbe dovuto essere escusso dalla Corte, sono state dichiarate utilizzabili (vu 3/12/87, p13).
Maurizio CONTIN ebbe a sua volta a rendere, in forma alquanto prudente e guardinga, timide ma eloquenti dichiarazioni (310): "...Successivamente dopo le sue dimissioni dall'Arcella ho avuto la sensazione che" (il RINANI)"sia entrato a far parte di un ristretto gruppo che forse rappresenta la continuità rispetto ad `Ordine Nuovo' disciolto. Io dirigo i giovani di Piazza Cavour e il RINANI
rappresenta il tramite tra me ed il gruppo cui egli appartiene..." Si legge, nello stesso verbale: "...Un'altra volta alcuni manifesti li ebbi direttamente da FACHINI che incontrai casualmente alla stazione FF.SS e col quale" (li) "andai a prendere direttamente a casa sua in via Annibale da
Bassano..."
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(310) - Al PUBBLICO MINISTERO il 2/9/80 (EA, V10/a-2, C66, p3): dichiarazioni lette in dibattimento (cfr. vu 23/11/87, p14) essendo il CONTIN, citato come teste, assente dalla Repubblica. Il motivo della circospezione del CONTIN in occasione della testimonianza istruttoria è reso palese dal seguente passo del verbale: "...Si dà atto che invitato il CONTIN a chiarire i propri rapporti con il FACHINI ed il RINANI nonché a specificare l'attività svolta dagli stessi egli dichiara, senza fare alcun riferimento preciso a dette persone di essere stato già minacciato di aver paura di loro più che per un mandato di cattura, aggiunge di non sapere niente, di volersene stare fuori e basta, che non sono cose perlui dal momento che egli è solo un ragazzo di piazza. Si dà atto altresì che il CONTIN scoppia in lacrime e invitato a riferire quanto sa con l'assicurazione che le cose da lui dette rimarranno coperte dal segreto istruttorio, dichiara che Padova non c'entre niente, è tutto a Roma..."
Si son riportate, sub 1.8.8), le dichiarazioni di Gianluigi NAPOLI circa la consegna, da parte del FACHINI al RINANI, di manifesti raffiguranti una colomba bianca su fondo grigio. In giudizio, all'udienza del 26/11/1987 (311): "Il P.M.: `se conferma le proprie dichiarazioni in ordine ai rapporti tra FACHINI e RINANI.' NAPOLI: `questo senz'altro, comunque non posso dire nulla di particolare; però FACHINI disse espressamente che lo conosceva, che gli aveva dato i manifesti con la colomba e le inferriate di ferro sullo sfondo.'" Circa la provenienza dei manifesti raffiguranti la colomba, soccorrono le seguenti dichiarazioni (312) di Sergio CALORE, confermate in giudizio (313): "Il 7 maggio 79 se mal non rammento si doveva tenere una manifestazione al
cinema Holliwod di Roma sul tema dei carceri speciali e dei manicomi criminali: per tale manifestazione SEMERARI si era reso disponibile a tenere una relazione di carattere tecnico...Per propagandare tale manifestazione furono stampati due manifesti, uno riproducente un fotomontaggio
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(311) - Vu 26/11/87, p858. (312) - AA, V4, C24, p167. (313) - Vu 9/12/87, p61. raffigurante le sbarre, due mani, una colomba recante la
dicitura `Libertà per i detenuti politici Comitati Popolari contro la repressione'...Preparai ambedue i manifesti dal punto di vista grafico, il primo fu stampato presso la tipografia che stampava anche C.L.A." (cioè, Costruiamo l'Azione).
Si è visto, sub 1.12.4.4), come al RINANI, nel 1978, fossero state sequestrate (314) 4 copie di un altro manifesto, che si è appreso da Sergio CALORE essere stato allegato al n. 1 di Costruiamo l'Azione del marzo 1978. Orbene, sempre il CALORE, all'udienza del 9/12/87 ha confermato (315) le seguenti dichiarazioni rese in istruttoria (316): "Sui rapporti che FACHINI aveva con l'ambiente padovano, non so quasi nulla poiché egli gestiva in modo rigorosamente
personale tutti i rapporti con l'ambiente veneto. Egli era talmente esclusivista in questo senso che rifiutò di stabilire contatti diretti tra Roma e il Veneto anche per normali attività politiche come la distribuzione del
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(314) - Cfr. PQA, V2, C55, p20. (315) - Vu 9/12/87, p26. (316) - IA, V9/a-1 bis, C6, pp. 5-6. giornale. Tutto il materiale di Costruiamo l'Azione destinato al nord passava esclusivamente per le sue mani."
Gli elementi di prova sin qui passati in rassegna sono idonei a corroborarsi vicendevolmente, in quanto convergono, in modo corale, nella medesima direzione. E' idonea a confermarli, ricevendone a sua volta conforto, un'ulteriore indicazione, proveniente da Paolo ALEANDRI. Nel verbale in atti in data 5/11/1981 si legge, tra l'altro (317) "... Certo è che del gruppo veneto ho conosciuto anche" (318) "il RAO, certo Vittorio mi pare LE PENNE, Marino GRANCONATO, sentito da loro parlare di RINANI come appartenente al loro gruppo..." Successivamente, il 4/10/1985, l'ALEANDRI riferiva ancora all'Istruttore (319): "...Il nome di RINANI l'ho sentito fare da FACHINI come uno che apparteneva al
loro gruppo , insieme a RAHO e gli altri del Veneto che io
conoscevo. Peraltro di RINANI non saprei dire altro..."
In giudizio (320): "Il Presidente: `lei ha mai conosciuto
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(317) - EA, V10/a-4, C190/3/2, p1 verso. (318) - L' "anche" è giustificato dal contesto: si tratta di conoscenze ulteriori rispetto al `leader' del gruppo veneto: rispetto, cioè, a Massimiliano FACHINI. (319) - EA, V10/a-4, C190/3/2, p71. (320) - Cfr. vu 7/1/88, pp. 22-23. RINANI?' ALEANDRI: `di RINANI...il nome, quando mi fu
chiesto, non mi diceva molto, ho il dubbio di averlo incontrato, ma in ogni caso non c'è mai stata frequentazione.' Il Presidente: `ne ha mai sentito parlare in quel periodo?' ALEANDRI: `probabilmente sì, ma non saprei dirlo con precisione.' Il Presidente: `lei in uno degli interrogatori che ha reso ha dichiarato di aver sentito parlare di RINANI come componente del gruppo del nord da FACHINI? Ricorda questo?' ALEANDRI: `in questo momento non lo ricordo, c'è anche un discorso, che per questi ricordi un pò marginali, cioè di persone che ho conosciuto molto poco, a volte l'evoluzione del discorso porta a certi ricordi che in quel momento sono precisi; ora non ricordo, è molto probabile che l'abbia sentito, ma comunque in ogni caso posso averlo soltanto sentito.' Il Presidente:`si tratta di cose che lei avrebbe recepito di seconda mano?' ALEANDRI: `non ho assolutamente avuto una frequentazione di nessun
tipo.'..."
Il giorno successivo (321), l'ALEANDRI, che pure ribadiva la
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(321) - Cfr. vu 8/1/88, p32. vaghezza dei suoi attuali ricordi, specificamente interpellato sul punto, confermava le dichiarazioni rese nel verbale dell'81, così motivando: "certo, confermo il verbale perché evidentemente ci sono due elementi che vorrei mettere in evidenza. Intanto l'elemento temporale penso sia chiaro per tutti, è chiaro che a distanza di anni posso ricordare meno, ma c'è un altro elemento ancora. Quando si sostiene un interrogatorio e questo va avanti per ore, si concentra l'attenzione su una serie di fatti e, inevitabilmente, si arriva anche a ricordare di più, perché la concentrazione non è come quella che ci può essere in aula, a distanza di anni, relativa a una sola domanda; c'è una serie di fatti che io riporto alla mente e che mi riportano un flusso di ricordi maggiore. Comunque confermo il verbale."
L'ALEANDRI veniva a quel punto posto i fronte al fatto che il 21/10/1981, al Giudice Istruttore di Roma aveva dichiarato (322) cosa diversa, e cioè che il nome RINANI
Roberto non gli suggeriva alcun ricordo, che egli poteva
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(322) - cfr. EA, V10/a-4, C190/3/1, p65.
averlo sentito, ma, essendo accanito lettore di giornali, non escludeva di averlo letto in qualche occasione in cui era comparso sulla stampa. L'ALEANDRI, nel confermare anche quel verbale, così spiegava: "...Come le ho già fatto presente, evidentemente in quell'altra occasione ho avuto modo di sviluppare un discorso più ampio che mi ha portato quest'altro ricordo, ma io non presento mai tesi precostituite, se ho dichiarato questo può anche darsi che abbia fatto questa confusione. Io riferisco solo le cose che mi appaiono, non studio gli atti."
Così prosegue il verbale d'udienza: "Il Presidente: `dalle risultanze di questo verbale lei oggi che cosa può dire? Che non ricorda se il nome di RINANI l'ha sentito sui giornali o meno?' ALEANDRI: `ma quello che avrà percepito anche lei, cioè che è un ricordo assolutamente confuso quindi può darsi che l'abbia sentito da FACHINI, adesso non ricordo, può darsi che l'abbia sentito in questo ambiente, può anche darsi che l'abbia appreso dai giornali, non lo escludo. Non è sicuramente una persona che ho conosciuto quindi non è un particolare molto importante, secondo me.'..."
L'ALEANDRI dà prova, con le dichiarazioni che si son volute diffusamente riportare, di profonda onestà intellettuale. Già prima di ricevere lettura di quanto riferito al Giudice Istruttoredi Roma, aveva mostrato di non avere alcuna intenzione di calcare la mano, di forzare il ricordo in senso accusatorio. Poi, con distacco e lucidità, ha tenuto ben distinti il piano del ricordo attuale da quello delle conoscenze affidate, in tempi diversi, ai verbali istruttori, ed ha saputo dar conto, in modo efficace e perfettamente attendibile, di come determinate circostanze possano affiorare o non alla memoria in relazione all'ordine ed al grado di approfondimento con cui un certo argomento viene affrontato.
Tanto premesso, osserva la Corte: l'ALEANDRI non ha attualmente ricordi specifici sulla circostanza in esame e si tratta quindi di rifarsi a quanto egli ricordava nelle varie sedi istruttorie; l'ipotesi che egli possa aver appreso il nome del RINANI dalla stampa è residuale rispetto a quella più specifica dell'aver attinto la notizia direttamente da esponenti del `gruppo del nord'; tale secondo ricordo è emerso due volte, a distanza di quattro anni l'una dall'altra; che nell'ambiente di Costruiamo l'Azione-M.R.P. il FACHINI o persone a lui vicine possano aver comunicato all'ALEANDRI il nome di un loro sodale è cosa non soltanto credibile, ma assai probabile; la militanza del RINANI all'interno della cellula eversiva facente capo al FACHINI trova conferma nelle dichiarazioni del VETTORE PRESILIO ed in tutti gli elementi probatori sopra passati in rassegna per verificare l'attendibilità del VETTORE PRESILIO stesso in relazione alla specifica questione che si sta esaminando.
Conclusivamente: da tutto quanto precede risulta complessivamente provata in modo certo non semplicemente la conoscenza tra il RINANI ed il FACHINI, ma l'internità del primo rispetto alla cellula veneta capeggiata dal secondo. Alla luce di questa prova, l'assenza di contatti ufficiali tra i due imputati -che emerge dalla lettura degli atti- è idonea a definire ulteriormente la natura dei loro rapporti. Occorre all'uopo rileggere alcune illuminanti dichiarazioni di NAPOLI che si sono già riportate sub 1.8.8): "...Poiché ho parlato di FACHINI, voglio precisare che i miei rapporti con lui prima della detenzione comune si riducono a due incontri fugaci ed occasionali. Bisogna comprendere che FACHINI è un maniaco della sicurezza e della compartimentazione e per nessuna ragione egli deroga alla regola di non incontrare mai persone appartenenti all'area della destra al di fuori dei contatti programmati e con le persone a ciò appositamente preposte..."
2.1.2.8.2) L'esplosivo
E'dimostrato che: Roberto RINANI fu in grado di anticipare a Luigi VETTORE PRESILIO la perpetrazione della strage di Bologna ad opera di un gruppo di cui egli stesso faceva parte; capo della cellula veneta cui apparteneva il RINANI era Massimiliano FACHINI; quest'ultimo, all'esito dell'inchiesta condotta dal `commissario politico' Edgardo BONAZZI, che attinse notizie da qualificatissime fonti nel periodo immediatamente susseguente la strage, venne indicato come colui che, assieme al SIGNORELLI, per l'esecuzione dell'attentato aveva avuto il torto, o l'imprudenza, di affidarsi a dei "ragazzini". Si tratta di vedere se altre acquisizioni confortino tale complesso di indicazioni, convergenti nel senso della responsabilità del FACHINI per la strage del 2 agosto 1980. Orbene, una significativa e puntuale conferma viene dalle emergenze processuali in ordine alla natura dell'esplosivo usato per la strage ed alla sua provenienza.
Si è visto, sub 1.2.8), che la relazione di perizia in atti indica il T4 tra i costituenti principali della carica esplosiva utilizzata per l'attentato del 2 agosto. Nondimeno, sull'effettiva presenza del T4 nel composto esplosivo sono state espresse delle riserve. Si è sostenuto che tale presenza potrebbe ricollegarsi al fatto che la stazione ferroviaria di Bologna è stata, in periodo bellico, bersaglio di bombardamenti aerei. Ma siffatto rilievo non ha evidentemente pregio, dal momento che il T4 è stato rinvenuto anche sotto le carrozze e sui carrelli del treno straordinario 13534 Ancona-Basilea (323), interessato dall'esplosione. Si è poi fatto leva sul fatto che il T4 non compare nei campioni repertati nell'immediatezza
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(323) - Cfr. prospetto n. 5, alla pagina 41 della relazione peritale, in PA, V1. dell'esplosione, ma soltanto in campioni prelevati a distanza di tempo. Non si vede a quali conclusioni processualmente utili si possa pervenire sulla base di tale ulteriore rilievo: infatti, di fronte al dato obiettivo del rinvenimento del T4, resterebbe una mera illazione, priva del supporto del benché minimo principio di prova e di ogni verosimiglianza, quella secondo cui taluno, eludendo i controlli, avrebbe potuto, dopo la strage ed i primi prelievi, disseminare tracce di T4 sulla carrozze del treno Ancona-Basilea e nel cratere dell'esplosione.
Tanto premesso, occore dar conto di quanto segue. Così i periti chimico-esplosivistici (324): "...Per ciò che riguarda il T4 è da notare che, nelle attuali formulazioni Nazionali, il particolare tipo di esplosivo non viene più richiamato esplicitamente. La sua presenza è quindi conseguente all'impiego di tritolo di recupero, ossia derivante da sconfezionamento di cariche di esplosivo; tale
tipo di tritolo contiene, molto frequentemente, un'aliquota
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(324) - Cfr. relazione di perizia, pp. 47-48.
di T4...sulla riscontrata presenza del T4 potrebbe essere formulata l'ipotesi che, per rendere migliore la innescabilità della carica di esplosivo da mina, sia stato usato un detonatore secondario confezionato con T4, flemmmatizzato o plastico. La predetta ipotesi non è peraltro molto probabile, considerato che gli esplosivi gelatinati sono sicuramente innescabili anche con un semplice detonatore del numero 6;..."
Tecnicamente parlando, dunque, per quanto concerne il T4, due sono le alternative: o con esso fu confezionato un detonatore secondario, ovvero esso entrò a far parte della miscela esplosiva, in quanto frammisto al tritolo che della miscela stessa era un componente principale. In tale ultima ipotesi, il tritolo sarebbe stato proveniente da recupero, cioè da sconfezionamento di cariche esplosive. Così la perizia chimico-esplosivistica comparativa (325): "...In proposito è però da considerare" (che) "il T4 è un esplosivo che in genere non compare nelle formulazioni riportate per
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(325) - Cfr. relazione di perizia, pp. 26-27, in PA, V1.
gli esplosivi per impieghi civili, considerato anche il suo costo. Nella fabbricazione degli esplosivi anzidetti, per motivi di economia, viene quasi sempre utilizzato tritolo di recupero da sconfezionamento di munizioni militari. In tal caso, a seconda del materiale caricato in dette munizioni, il tritolo di recupero sarà costituito da tritolo puro (caso di munizionamento caricato a tritolo) o da tritolo inquinato da altri esplosivi (ad es. come nel caso di munizionamento caricato con COMPOUND B, per cui il tritolo contiene del T4). In pratica quindi si può verificare che un determinato tipo di esplosivo gelatinato, fabbricato in tempi o stabilimenti diversi, contenga T4 o meno a seconda delle disponibilità momentanee della fabbrica e quindi dell'impiego di Tritolo puro o di Tritolo di recupero da sconfezionamento di munizioni caricate a Tritolo-T4..."
Quindi, meglio precisando i termini dellla questione: o innesco secondario al T4 o T4 proveniente da recupero di munizionamento militare.
Orbene, non soltanto il T4 `tout court', ma l'una e l'altra delle due alternative sopra individuate riconducono a Massimiliano FACHINI. Udienza 10/12/1987, interrogatorio di Sergio CALORE ex art. 450 bis C.P.P.: "...Il P.M.: `conferma quanto ha dichiarato il 10/3/85: <>, cioè Veneto e cioè FACHINI.' CALORE: `sì, lo confermo.'" (326)
Udienza 9/12/1987 (327): "CALORE interviene: `quello di provenienza di FACHINI era di tipo militare e c'era sia dell'esplosivo che assomigliava a dei pezzi di parmigiano, per essere precisi...' Il Presidente: `e che esplosivo era?' CALORE:`FACHINI riferiva che questo proveniva da recuperi fatti da materiale bellico in un laghetto veneto e poi c'era dell'altro esplosivo, che era dell'anfo, che in particolare fu la causa del fallimento di alcuni attentati dimostrativi, perché era un esplosivo particolarmente sordo all'innesco, ossia richiedeva l'applicazione di un innesco secondario, cioè di una piccola carica di esplosivo più sensibile che rendesse possibile la detonazione della carica principale'..."
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(326) - Vu 10/12/87, p55. Le dichiarazioni 10/3/85 cui si fa riferimento in detto verbale trovansi in Cal., V5, C12, p63. (327) - Vu 9/12/87, p19.
Così Paolo ALEANDRI, il 7/8/1981, al Giudice Istruttore di Roma (328): "...Io nel frattempo mi ero messo in contatto con quelli del gruppo di Padova ed in particolare con FACHINI e RAO, giacché dai discorsi fatti mi era sembrato di capire che il gruppo di Padova fosse ben organizzato e disponesse di esplosivo. Fu così che Roberto RAO mi portò una borsa contenente una decina di chili di esplosivo di tipo speciale: si trattava infatti di un composto cristallino compatto diviso parte in pezzi aventi la forma di tocchi di parmigiano e parte in forme circolari con un buco in mezzo. Non sono sicuro delle presenza delle forme circolari complete mentre sono certo delle forme che ho chiamato tocchi di parmigiano (mi è venuta in mente quest'ultima definizione perché mia madre casualmente rinvenne l'esplosivo nel mio appartamento a Roma e lo scambiò appunto per pezzi di parmigiano avariato) detto esplosivo aveva una particolarità tecnica: infatti, per il suo corretto impiego doveva essere preinnescato nel senso che accanto al detonatore doveva essere collocata un'altra
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(328) - EA, V10/a-4, C190/3/1, pp. 7-8.
sostanza esplosiva più sensibile all'azione del detonatore stesso. Infatti, tra il materiale portatomi dal RAO vi era oltre al detonatore anche alcuni cilindri di esplosivo da utilizzare a tale scopo fatti di sostanza che non so precisare..." (329)
La precisazione è stato in grado di farla il CALORE (330):
"... l'esplosivo di FACHINI comprendeva oltre quello a forma di parmigiano, l'ANFO e delle `pizzette' di T4 da usare come innesco per gli esplosivi più sordi..."
Ancora l'ALEANDRI sul modo in cui il FACHINI provvedeva ad approvvigionarsi (331): "...FACHINI diceva che questo esplosivo veniva recuperato da un lago da una persona chiamata da loro il `sub' ed era un esplosivo di provenienza bellica, erano delle bombe che poi venivano disattivate e veniva estratto questo esplosivo, recuperato da materiale bellico..."
Dall'interrogatorio dibattimentale dell'ALEANDRI (332), a
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(329) - L'esplosivo fornito dal RAHO era di pertinenza del FACHINI; ad ogni modo, l'ALEANDRI ha riferito d'aver ricevuto esplosivo direttamente anche dal FACHINI: cfr. vu 7/1/88, p25. (330) -Cfr. confronto CALORE-ALEANDRI 13/12/84, in Cal., V5, C12, p27. (331) - Vu 7/1/88, p26. (332) - Vu 7/1/88, p25.
proposito dell'innesco secondario o preinnesco: "Il Presidente: `FACHINI ebbe modo di spiegarle come doveva essere usato l'esplosivo?' ALEANDRI: `certo'. Il Presidente: `e spiegò la necessità del preinnesco? fu lui o fu una vostra deduzione?' ALEANDRI: `per essere precisi la questione del preinnesco fu spiegata la prima volta che scese con esplosivo di provenienza FACHINI, RAHO, e ci spiegò lui la faccenda del preinnesco insieme ad altre'..."
Dall'interrogatorio dibattimentale di Gianluigi NAPOLI, ex art. 450 bis C.P.P. (333): "...Il Presidente: `conferma di aver sentito fare dal MELIOLI il discorso del laghetto veneto come luogo dove potevano essere recuperati dei materiali esplosivi?' NAPOLI: `il MELIOLI accennava d'aver sentito -questo si riferiva sicuramente al FACHINI- che avvenivano recuperi di esplosivo in acqua, in un laghetto si parlava.' Il Presidente: `parlava di un laghetto?' NAPOLI continua: `anche se lui non ha mai detto di aver praticamente partecipato...Si dice...così, insomma sempre nel solito modo, piuttosto..."
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(333) - vu 26/11/87, p857.
Più avanti (334): "L'Avv. MENARINI: `vorrei porre al NAPOLI questa domanda, che nasce dalla lettura di questa deposizione e in sostanza la tipologia dell'esplosivo proveniente dal recupero di munizioni militari.' Il Presidente: `lasciamo dire tutto quello che ricorda di questo discorso.' NAPOLI: `quello che mi ricordo di questo discorso è il discorso della tipologia, cioè di esplosivo di tipologia militare è riferito al fatto che era esplosivo, da quello che si diceva, recuperato dal fondo di un lago, o di un laghetto. E quindi era sicuramente di tipo militare. Per ciò che riguarda il discorso di MELIOLI con riferimento al FACHINI, non ricordo esattamente se ho fatto esplicitamente il nome del MELIOLI o se ho addebitato il fatto al FACHINI, perché l'uno me ne parlò dettagliatamente anche con il discorso dei detonatori, mentre MELIOLI ne parlava, ma con il suo solito modo di affermare le cose, ma sinceramente mai in maniera dettagliata che avesse potuto vedere o provare di persona il tutto.' Il Presidente: `secondo le sue precedenti dichiarazioni, FACHINI non le avrebbe parlato
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(334) - vu 26/11/87, pp. 871.
della provenienza, cioè laghetti, di questo esplosivo, mentre di questo avrebbe parlato MELIOLI. Se lo ricorda?' NAPOLI: `probabilmente è così come lei me lo riferisce. Però probabilmente il discorso portato avanti dal MELIOLI, cioè del possibile recupero di esplosivi da un lago, era qualcosa che già da tempo circolava nell'ambiente di destra.'..."
Un altro passo del medesimo interrogatorio (335): "Il Presidente: `le parlò anche del confezionamento di esplosivi FACHINI?' NAPOLI: `ma sì, parlò in altre discussioni, quella che si parlava.....e fu in quel frangente che parlò del discorso dell'esplosivo sordo e quindi aveva bisogno di essere mischiato con doppio detonatore' Il Presidente: `Perché?' NAPOLI: `per avere una migliore deflagrazione'. Il Presidente: `cioè le disse che c'era un modo di fabbricare l'esplosivo?....Vuole ripetere?' NAPOLI: `no di fabbricare l'esplosivo' Il Presidente: `voglio dire di confezionarlo'. NAPOLI: `di confezionare l'esplosivo...cioè la bomba...ecco, e quindi venivano immessi due detonatori, nel caso
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(335) - Vu 26/11/87, pp. 853-854.
elettrici,per avere una migliore deflagrazione poiché, essendo esplosivo sordo, necessitava di questo, altrimenti esplodeva in parte..."
Quantunque -come si è testé visto- il NAPOLI abbia in qualche modo tentato in giudizio di `alleggerire' la posizione del MELIOLI, le dichiarazioni precedentemente rese sul conto del FACHINI sono state sostanzialmente confermate. D'altronde, attesa la natura dei rapporti MELIOLI-FACHINI, quale sarà illustrata in sede di trattazione della banda armata, non è lecito dubitare del fatto che il MELIOLI fosse fonte degna del massimo credito, in possesso di notizie di prima mano, del tutto genuine, che attingeva non già in conversazioni salottiere intrecciate con esponenti militanti neofascisti a lui vicini, ma direttamente dal `leader' della cellula veneta. Non a caso, infatti, il contenuto delle informazioni ricevute dal NAPOLI era in tutto analogo a quanto appreso dal CALORE e dall'ALEANDRI direttamente dalla voce del FACHINI e del RAHO.
Complessivamente quindi, attraverso l'esame delle dichiarazioni del CALORE, dell'ALEANDRI e del NAPOLI, in larga parte sovrapponibili, ed idonee, in virtù dei rispettivi apporti, a fornire una ricostruzione coerente di talune circostanze, è dato ricavare che: il FACHINI ed il gruppo a lui facente capo disponevano di notevoli quantitativi di esplosivo di recupero militare; il FACHINI ed i suoi fedelissimi indicavano tale esplosivo come proveniente dallo sconfezionamento di materiale bellico giacente in un laghetto del Veneto; fra le altre sostanze esplosive di recupero militare figurava anche il T4; il gruppo facente capo al FACHINI adottava la tecnica del preinnnesco o innesco secondario (tecnica poi trasmessa anche al `gruppo M.R.P.'); quale innesco secondario potevano essere usate `pizzette' di T4.
Va rilevato che `pizzette' di T4 furono utilizzate da Marcello IANNILLI come detonatore secondario in uno degli attentati M.R.P.: precisamente, nell'attentato a Regina Coeli (336).
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(336) - Cfr. CALORE, confronto CALORE-ALEANDRI 13/12/84, in Cal., V5, C12, p27, e interrogatorio dibattimentale, in vu 9/12/87, p37. Lo IANNILLI, che è autore confesso dell'attentato, si è ben guardato dall'ammettere la circostanza riferita dal CALORE. "...Del detonatore al T4 non ho mai sentito parlare..." (vu 30/4/87, p25).
E va rilevato ancora che il Giudice Istruttore di Treviso procede (337) oggi nei confronti di Massimiliano FACHINI per il reato di cui agli artt. 56 e 280 C.P. in danno dell'On. Tina ANSELMI, commesso in Castelfranco Veneto l'8/3/1980 (attentato ricompreso nel programma terroristico della banda armata che qui si giudica e sul quale si dovrà tornare in prosieguo). In quel procedimento è stata disposta una perizia (338) tecnica, la quale, tra l'altro, doveva servire ad acclarare se l'esplosivo utilizzato in occasione di detto fallito attentato fosse "della stessa natura" di quello, descritto dal CALORE, dall'ALEANDRI e dal NAPOLI, che sarebbe stato -secondo costoro- nella disponibilità del FACHINI, nonché se le caratteristiche di innesco e di mancato funzionamento dell'ordigno corrispondessero a quanto riferito negli interrogatori delle persone sopra indicate. Le conclusioni in ordine alla natura del materiale esplosivo: "...Per quanto sopra visto, accertato che l'esplosivo usato per l'attentato di Castelfranco era
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(337) - Cfr. vu 13/6/88, p225. (338) - Cfr. vu 13/6/88, pp. 226 ss. La relazione è stata acquisita agli atti con ordinanza ex art. 469 C.P.P. (cfr. vu 17/6/88, pp. 12-13).
tritolo, proveniente da una mina anticarro e quindi
sicuramente di provenienza militare (recupero e scaricamento di ordigni bellici rinvenuti? provenienza furtiva da cantieri di scaricamento?), si può affermare che la natura di questo esplosivo ben si accorda con le descrizioni fornite dall'ALEANDRI e dal NAPOLI." Le conclusioni in ordine alle caratteristiche di innesco: "...In definitiva, punti di corrispondenza fra le caratteristiche di innesco dell'ordigno di Castelfranco e le descrizioni degli interrogati si riscontrano: - nell'impiego di un detonatore secondario; - nell'impiego di un detonatore elettrico."
Si è dato conto in narrativa, sub 1.12.4.2), delle acquisizioni processuali attraverso le quali gli elementi di prova sin qui passati in rassegna hanno trovato una formidabile complessiva conferma di carattere oggettivo: sulla base delle dichiarazioni del NAPOLI, attinte da Dario FIGNAGNANI (339), è stato possibile individuare i luoghi ove era sommerso il materiale bellico dal cui sconfezionamento proveniva l'esplosivo utilizzato dalla cellula di
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(339) - Costui,citato a comparire in giudizio, si è avvalso della facoltà di non rispondere all'interrogatorio ex art. 450 bis C.P.P. (cfr. vu 15/2/88, p16).
Massimiliano FACHINI. Più specificamente, dal rapporto dei Carabinieri in data 2/11/1987: "...La prima immersione dei CC subacquei aveva luogo nello specchio antistante il forte San Nicolò di Riva, ove i militari, su una scarpata a fondo fangoso, a circa otto metri di profondità e ad otto/dieci metri dalla linea di battigia a partire dall'angolo -versante di Torbole- di detto fortino,localizzavano alcuni proiettili di grosse dimensioni, verosimilmente di mortaio e di cannone, riportandone a riva due di mortaio...infine, in prossimità dell'isolotto di Malcesine, altre immersioni venivano effettuate lungo una scarpata con sedimento fango- roccioso, ad una profondità di circa trenta metri. Nel corso di tale ispezione, venivano notati proiettili di grosso calibro sparsi sul fondale, che non venivano recuperati per difficoltà tecniche..."
Osserva la Corte che la significatività del riscontro costituito dai ritrovamenti di cui si è detto non è scalfita dal fatto che essi siano avvenuti non in un `laghetto' (secondo l'indicazione proveniente dalle fonti sopra menzionate), ma nel più vasto lago italiano. Innanzitutto, il lago ed i punti di rinvenimento si collocano, geograficamente, sotto la `giurisdizione' del FACHINI. Quanto al fatto che al CALORE ed all'ALEANDRI non fosse stata fornita un'indicazione topograficamente precisa, esso si spiega agevolmente con l'impostazione assolutamente esclusivistica adottata dal FACHINI nella gestione della cellula veneta. Anche dopo il suo ingresso nell'area di Costruiamo l'Azione-M.R.P., egli continuò a gestire in modo personale i contatti con i componenti della cellula veneta, al punto che -come si è visto trattando altro argomento- tutto il materiale di Costruiamo l'Azione destinato all'Italia settentrionale doveva passare necessariamente per le sue mani. Il fatto di considerare proprio `feudo' la cellula veneta e le sua risorse comportava per il FACHINI, coerentemente, che la chiave d'accesso all'arsenale dovesse rimanere riservata al `leader' ed ai suoi fedelissimi veneti. Non a caso, all'individuazione dell'arsenale subacqueo si è pervenuti soltanto grazie alle informazioni indirettamente provenienti dal neofascista veneto Dario FIGNAGNANI.
Osserva ancora il Collegio che il recupero di materiale bellico dal fondo di un bacino idrico è operazione assai delicata, ma tecnicamente realizzabile; e che la lunga permanenza in acqua di ordigni bellici non necessariamente ne comporta l'inutilizzabilità. Tanto discende anche dal parere scritto del Prof. Aurelio GHIO, perito di balistica ed esplosivistica, interpellato dalla stessa difesa del FACHINI. Si riporta di seguito, nelle parti che interessano, il parere in questione (340): "...Premetto che il recupero di `proiettili' -e quindi si intende munizionamento inesploso impiegato dalle artiglierie terrestri o bombe lanciate da aeroplani- prevede
- il disinnesco delle stesse
- lo svuotamento ed il recupero della carica di scoppio.
Che nel caso non si può parlare di `cariche di lancio' bensì solo ed unicamente di cariche di scoppio.
Il disinnesco non è operazione per dilettanti. Sappiamo tutti quanti artificieri sono rimasti uccisi pur avendo pratica di questo tipo di lavoro.
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(340) - Parere inserito nel corpo di note d'udienza dell'Avv. BEZICHERI (cfr. vu 14/6/88, pp. 28-30).
Il recupero poi se in acqua prevede idonea attrezzatura non
solo per il ritrovamento (metal detector, ecc.) ma altresì per il sollevamento dal fondo.
Tutte operazioni cioè complesse, delicate che non si possono eseguire senza adeguatapreparazione, cognizione, esperienza...
...c) - per il recupero vale quanto già detto: sono fin stati fatti dei films sulla pericolosità del recupero stesso e sulle varie tecniche. Quindi nozioni specifiche sulle singole `spolette', sui congegni interni delle stesse, attrezzatura per il recupero da fondali (in massima le munizioni sono immerse nel fango del fondo quindi appositi strumenti rivelatori), e tutta la attrezzatura per il recupero fisico del munizionamento. Sovente sono di peso notevole specie quelle di aereo e ne consegue una macchinosità del recupero. Infatti i `tecnici' non le recuperano ma le fanno esplodere sul posto.
d) - lo stato di conservazione varia molto dall'ambiente, dall'involucro (se sottile o meno) dall'impatto che pur senza esplosione può aver incrinato l'involucro, ecc. Si hanno peraltro munizioni con polveri ben conservate anche dopo decenni in quanto il caricamento avviene con particolari cure ed in massima per compressione o per fusione sia si tratti di tritolo che di T4 flemmatizzato.
In sostanza: tutto si può fare. Basta esserne capaci, avere la attrezzatura e la tranquillità necessarie. Ma non è cosa semplice.
Si potrebbe scrivere dei romanzi e fare tutte le illazioni che si vogliono. Ma un conto è fare dei progetti su carta un conto è la pratica.
Ripeto: tutto si può fare ma all'atto pratico -e basta pensare le `prove' che si devono fare per vedere se l'esplosivo è ancora attivo- è cosa assai complicata..."
Che l'operazione di recupero sia tecnicamente realizzabile, con riferimento allo specifico contesto che qui viene in considerazione, è poi dimostrato -come si è avuto modo di vedere poco sopra- dall'avvenuto recupero, ad opera dei Carabinieri subacquei, di due proiettili di mortaio nello specchio d'acqua antistante il forte di San Nicolò di Riva.
Né mancavano al FACHINI preparazione ed esperienza adeguate
in materia esplosivistica.
Si pensi poi che lo stesso gruppo FIORAVANTI, dotato di esperienza, mezzi ed organizzazione di livello assai inferiore rispetto alla cellula veneta, era stato in grado di realizzare operazioni analoghe. Così Cristiano FIORAVANTI (341): "Di procacciamento di esplosivo posso solo dire che gli attentati fatti dal nostro gruppo (tre al PSI uno al PCI-zona Alberone) furono fatti con esplosivo procurato nei seguenti modi: con balestite granulare ricavata da proiettili di contraerea pescati in più riprese nell'estate e inverno 1979 a Ponza su un relitto di nave americana. Mio fratello provvedeva a predisporlo ed a preparare l'ordigno che esplodeva con semplice miccia. A pescarlo provvedevamo io, mio fratello, ALIBRANDI e TIRABOSCHI..."
Non soltanto dunque l'esplosivo veniva ripescato, ma, a dispetto dell'ambiente e del tempo trascorso, si era conservato in condizioni tali da poter poi essere utilmente impiegato in una serie di attentati dinamitardi.
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(341) - EA, V10/a-3, C140 bis, p10.
2.1.2.8.3) L' `avvertimento' del FACHINI a Jeanne COGOLLI
Si è dato conto, sub 1.5.9) ed 1.6.3), rispettivamente delle dichiarazioni rese da Mauro ANSALDI al Procuratore della Repubblica di Torino il 28/10/1982, e dallo stesso ANSALDI e da Paolo STROPPIANA al Giudice Istruttore del presente procedimento il 9/5/1983, in merito all'incontro avvenuto prima della strage tra Massimiliano FACHINI e Jeanne COGOLLI.
Va segnalato che sia l'ANSALDI che lo STROPPIANA (342), nel dicembre '85, ebbero a confermare all'Istruttore le dichiarazioni precedentemente resegli sul punto.
Nel dicembre del 1984 erano stati sentiti anche nel procedimento cosiddetto `della calunnia': ed in quella sede avevano reso dichiarazioni (343) sostanzialmente in linea con le precedenti.
In giudizio, mentre lo STROPPIANA non ha avuto indecisioni nel confermare (344) quanto già dichiarato sull'episodio, l'ANSALDI (345) ha introdotto qualche elemento di
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(342) - Cfr., rispettivamente, EA, V10/a-5, C230 bis, p5, ed EA, V10/a-5, C226 bis, p14. (343) - Cfr., rispettivamente, Cal., V5, C4, pp. 5-6, e Cal., V5, C54, pp. 3 verso e 4 recto. (344) - Cfr. vu 19/11/87, pp. 58-59. (345) - Vfr. vu 18/11/87, pp. 49 ss.
confusione. Ma si tratta di titubanze che non scalfiscono il nucleo delle sue dichiarazioni. Infatti, è vero che l'ANSALDI ha affermato di non essere in grado di precisare se il FACHINI -secondo il racconto della COGOLLI- avesse detto alla donna che sarebbe potuto "succedere" o che sarebbe potuto "succederle" qualcosa; ma ciò, a ben vedere, non introduce alcun dubbio circa il vero contenuto del messaggio trasmesso dal FACHINI alla COGOLLI; non dà adito ad interpretazioni alternative rispetto all'unica plausibile, cioè a quella dell'amichevole avvertimento ad allontanarsi per tempo, onde evitare di rimanere coinvolta negli arresti degli estremisti di destra che sarebbero verosimilmente seguiti alla strage. Quale che sia stata l'espressione letterale adottata, essa non poteva suonare come minaccia: ciò resta escluso dalla conferma (346), da parte dell'ANSALDI, del contenuto complessivo del discorso fattogli dalla donna. E quel discorso era tale per cui, se anche l'espressione usata fosse stata "succederle", essa non avrebbe potuto riferirsi che alle conseguenze, per
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(346) - Cfr. vu 18/11/87, p72.
l'interlocutrice del FACHINI, dell'ondata di repressione in danno dei militanti della destra che sarebbe eventualmente scaturita dall'attentato.
Le dichiarazioni dell'ANSALDI e dello STROPPIANA sono dunque tra loro coerenti ed idonee a corroborarsi a vicenda. Non appaiono dettate da intenti gravatori nei confronti del FACHINI: manca, nel generico avvertimento attribuito all'imputato, ogni riferimento diretto alla strage, che pure, da chi avesse velleità calunniatorie, o, comunque, la volontà di forzare la mano, avrebbe potuto essere inserito nel riferire il racconto della COGOLLI. Non deve sfuggire che l'ANSALDI, anche nel dar conto dei commenti della donna a proposito dell'episodio, anziché caricare le tinte, ebbe ad esprimersi in termini alquanto distaccati, riferendo semplicemente aver ella detto che avevano trovato conferma certi sospetti, suoi e dello ZANI, in ordine alle responsabilità per la strage.
Neppure si può dire che le dichiarazioni in esame siano viziate da un sospetto `volontarismo': l'ANSALDI, lungi dal mettersi in contatto con i giudici bolognesi che indagavano sulla strage, per rilasciare clamorose rivelazioni in vista di benefici processuali, disse quanto sapeva, per la prima volta alla fine del 1982, rispondendo ad una specifica domanda del PUBBLICO MINISTERO di Torino, che lo interrogava su delega del Giudice Istruttore di Roma. Quest'ultimo provvide poi a trasmettere gli atti, ai sensi dell'art. 165 bis C.P.P., al Giudice Istruttore del presente procedimento. Lo STROPPIANA fu in seguito sentito sui fatti in esamesolo in quanto indicato dall'ANSALDI.
Si è messa in risalto la circostanza che i due hanno subito un periodo di carcerazione comune: ora, a meno di non cedere alla logica del `post hoc, ergo propter hoc', non è dato in alcun modo, in assenza di diversi concreti elementi in merito, far discendere da un fraudolento accordo la conferma che alle dichiarazioni dell'ANSALDI è venuta da parte del suo ex sodale.
Si è fatto leva su due ulteriori circostanze. Nelle prime dichiarazioni, rese al PUBBLICO MINISTERO di Torino, l'ANSALDI aveva riferito che -secondo il racconto della COGOLLI- destinatario dell'avvertimento era stato anche Fabrizio ZANI, che sarebbe stato presente in occasione dell'incontro con il FACHINI. Ora, è risultato che lo ZANI nei mesi a cavallo della strage era detenuto (347). Osserva la Corte che non soltanto non v'è più traccia della presenza dello ZANI all'incontro con il FACHINI nelle dichiarzioni dell'ANSALDI successive alle prime, ma che la circostanza in questione non compare nei verbali dello STROPPIANA. Poiché l'ANSALDI ebbe rapporti di frequentazione di apprezzabile durata con la COGOLLI e lo ZANI, dagli stessi ricevendo numerose confidenze, è comprensibile che le prime dichiarazioni al PUBBLICO MINISTERO di Torino in ordine alla presenza dello ZANI siano state frutto della sovrapposizione di due diversi ricordi, ovvero che, richiamando alla memoria i fatti, l'ANSALDI, prima di mettere meglio a fuoco i suoi ricordi, abbia fatto confusione, per esser stato lo ZANI presente in occasione del racconto della donna (si è visto che era presente quando lo STROPPIANA ne chiese conferma dopo qualche tempo).
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(347) - Cfr. AAD, V4, C31, p3. La circostanza era stata prontamente rilevata dal PUBBLICO MINISTERO: cfr. RI, C4, p280.
La seconda circostanza sulla quale si è fatto leva (348) riguarda un particolare riferito dall'ANSALDI al Procuratore della Repubblica nel procedimento `della calunnia'. Dopo aver ripreso il racconto dell'avvertimento, l'ANSALDI nell'occasione soggiungeva (349): "...Fu così che COGOLLI mi disse di avere lasciato precipitosamente la sua abitazione e di essersi nascosta con NALDI, per un breve periodo, in una cascina molto fredda perché priva di riscaldamento, ubicata in una campagna emiliana..." Dell'allontanamento del NALDI e della COGOLLI da Bologna si dirà in prosieguo. Qui si osserva come si debba ritenere che il particolare dell'aver la COGOLLI trovato rifugio nella cascina e l'ulteriore particolare dell'esser la cascina stessa fredda perché priva di riscaldamento non fossero collegati tra loro nel racconto della donna, nel senso che costei non poteva aver indicato il soggiorno estivo come in qualche modo caratterizzato dall'assenza di riscaldamento. E in effetti, a ben vedere, l'ANSALDI non dice che la COGOLLI gli abbia riferito d'aver
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(348) - Cfr. appunti dell'imputato FACHINI inseriti nelle note difensive 22/6/88 dell'Avv. BEZICHERI, in vu 22/6/88, p413. (349) - Cal., V5, C4, p5 recto.
sofferto il freddo in quell'occasione. L'incongruenza è quindi, verosimilmente, soltanto apparente: e tale apparenza deriva dalla giustapposizione, nel verbale, di due particolari logicamente scollegati. Ma se pure l'ANSALDI avesse inteso porli in relazione ed indicare quindi il soggiorno emiliano di piena estate funestato dal freddo, ciò, lungi dal incidere negativamente sulla sua credibilità, finirebbe paradossalmente per rafforzarla. Si intende dire che la grossolanità dell'incongruenza dimostrerebbe non esser stato affatto il racconto predisposto `a tavolino' con fini calunniatori, ma esser lo stesso invece frutto della meccanica ed acritica narrazione di circostanze effettivamente apprese dalla fonte indicata. Sarebbe tale incongruenza garanzia di genuinità, anche perché presente in dichiarazioni rese ad oltre due anni di distanza dalle prime, quando, cioè, chi fosse stato animato dall'intento di appesantire maliziosamente le proprie rivelazioni, aggiungendo particolari, avrebbe avuto tutto il tempo per non incorrere in banali incidenti di percorso.
E' a chiedersi a questo punto se sia verosimile che la COGOLLI possa aver fatto determinate confidenze all'ANSALDI ed allo STROPPIANA. Di ciò non sembra sia ragionevole dubitare, atteso il rapporto di conoscenza e frequentazione all'interno degli ambienti dell'eversione neofascista (350); rapporto protrattosi per vario tempo, dopo che lo STROPPIANA e l'ANSALDI, referenti torinesi del FIORE e dell'ADINOLFI, ebbero provveduto, per incarico di costoro, nell'autunno del 1981, a far rimpatriare lo ZANI e la COGOLLI dalla Francia (351).
Alla stregua di quanto precede -e nonostante la scontata smentita proveniente dalla COGOLLI e dallo ZANI, delle cui ragioni si dirà in prosieguo- resta dunque provato che: agli inizi dell'82 la COGOLLI rivelò all'ANSALDI d'esser stata amichevolmente avvertita dal FACHINI, in epoca prossima alla strage, di allontanarsi da Bologna, per evitare noie, dal momento che sarebbe dovuto accadere `qualcosa di grosso'; l'ANSALDI, dal canto suo, mise lo STROPPIANA a parte di tale
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(350) - La stessa COGOLLI ha dovuto ammettere d'aver conosciuto l'ANSALDI e lo STROPPIANA: cfr. vu 17/12/87, p40. E lo ZANI, dal canto suo, ha riferito non soltanto d'averli frequentati nell' '81-'82, ma d'aver con loro parlato del FACHINI: cfr. vu 11/2/88, p17. (351) - EA, V10/a-5, C226 bis, p3.
confidenza; di lì a qualche tempo, lo STROPPIANA, presente
lo ZANI, chiese alla COGOLLI la conferma di quanto la donna aveva precedentemente riferito all'ANSALDI, e si sentì rispondere "che era tutto vero".
Ci si deve ora chiedere se la COGOLLI potesse aver
effettivamento ricevuto l'avvertimento dal FACHINI e se ella, comunque, non abbia inteso porre l'odierno imputato in cattiva luce presso i due militanti torinesi di Terza Posizione, inventando di sana pianta l'episodio dell'avvertimento. Che all'epoca della strage di Bologna la COGOLLI potesse aver già maturato una sorta di avversione politica -interpretata dall'ANSALDI come vero e proprio odio- nei confronti del FACHINI, in quanto rappresentante della `vecchia destra', è certamente possibile. Peraltro, la donna e lo ZANI erano confluiti soltanto da poco in Terza Posizione, e, poiché negli anni precedenti avevano avuto rapporti con personaggi dell'area da cui venivano in qualche modo prendendo le distanze, è del tutto naturale e, quindi, perfettamente credibile, che con costoro mantenessero rapporti, almeno a livello personale. E' bene ricordare in proposito che la COGOLLI, per conto di Massimiliano FACHINI, aveva provveduto a diffondere il giornale `Costruiamo l'Azione'. In giudizio, la donna aveva significativamente negato d'aver conosciuto il FACHINI (352) e di aver diffuso il giornale (353). Poi, posta di fronte a talune dichiarazioni rese in proposito dall'odierno imputato in sede di interrogatorio dibattimentale (354), ebbe a dichiarare quanto segue (355): "...io non posso che confermarle quanto ho detto prima, ossia, io non ho mai distribuito il giornale e perlomeno....posso aver incontrato questa persona senza sapere che era lui, però....secondo me può essere avvenuto soltanto in occasione di comizi o conferenze..." Il FACHINI è, sul punto, fonte assolutamente insospettabile, dal momento che avrebbe avuto tutto l'interesse a negare ogni rapporto di conoscenza e collaborazione con la COGOLLI. Eppure costei, anche così smascherata e pur mostrando l'affanno, si sforza di non ceder terreno.
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(352) - Vu 17/12/87, p39. (353) - Vu 17/12/87, p40. (354) - Per la sintesi dell'interrogatorio dibattimentale dell'imputato, cfr. supra, sub 1.11.4.1). (355) -Vu 17/12/87, p43.
Non deve sfuggire che anche lo ZANI, davanti a questa Corte,
ha negato (356) recisamente che la COGOLLI (357) abbia mai distribuito della stampa per conto del FACHINI o su suo incarico.
La COGOLLI e lo ZANI mentono spudoratamente, per allontanare dalla donna il sospetto della persistenza di contatti operativi -in epoca relativamente vicina alla strage- con coloro che, nel gergo delle nuove generazioni dell'eversione neofascista, vengon definiti `vecchi tramoni'. Senonché, per avere la misura dell'inserimento della COGOLLI in certi ambienti, occorre por mente al fatto che ella potrebbe esser stata raccomandata al FACHINI, quale possibile distributrice di Costruiamo l'Azione, nientemeno cheda Paolo SIGNORELLI (358). La preoccupazione che spinge la COGOLLI e lo ZANI a negare **** * (356)- Cfr.vu11/2/88,pp.17-18. (357)- I rapporti fra la COGOLLI e lo ZANI sono assai stretti: o di coniugio, o -in libertà- di convivenza. (358) - Si è visto -sub 1.11.4.1)- che il FACHINI, nell'interrogatorio dibattimentale, ha riferito che il nominativo della COGOLLI gli fu fornito dal SIGNORELLI o da altri. Visto che la conoscenza avvenne nell'ambito dell'esperienza di Costruiamo l'Azione, gli "altri" erano comunque persone vicine al SIGNORELLI. Ad ogni buon conto, ai fini che qui rilevano, decisivo è il fatto che -secondo lo stesso FACHINI- l'indicazione potrebbe essere venuta, appunto, da Paolo SIGNORELLI.
il ruolo di distributrice del giornale ed i contatti all'uopo avuti dalla donna con il FACHINI impone ai due, a maggior ragione -se l'episodio dell'avvertimento ha avuto realmente luogo- di sostenere con decisione la falsità di quanto riferito dall'ANSALDI e dallo STROPPIANA a proposito
del racconto che questi ultimi avrebbero ricevuto. E la preoccupazione in tanto si acuisce, in quanto l'episodio dimostra che, all'epoca della strage, non erano ancora stati recisi definitivamente i legami con determinati ambienti.
Conclusivamente: la verosimiglianza del fatto che il FACHINI,in ossequio a pregressi e non remoti legami, possa aver dato alla COGOLLI il noto avvertimento si misura sui collegamenti operativi certi fra il FACHINI e la donna all'epoca di Costruiamo l'Azione, nonché sul fatto che la COGOLLI godeva di favorevoli referenze da parte del SIGNORELLI o di persone a lui vicine; e riceve conforto dallanegativadello ZANI e della COGOLLIsulpunto:negativa
che offre la spiegazione dell'interesse -certamente maggiore- ad escludere anche la circostanza dell'avvertimento.
Si potrebbe ancora sostenere che l'episodio, pur verosimile, non è accaduto, ed il racconto della COGOLLI all'ANSALDI ed allo STROPPIANA fu frutto del malanimo della donna verso il
FACHINI: malanimo che sarebbe maturato nel periodo di avvicinamento agli ambienti di Terza Posizione. L'ipotesi è del tutto inattendibile, giacché, ove si fosse trattato di diffondere nell'ambiente dell'eversione neofascista notizie calunniose sul conto del FACHINI, non si vede perché si sarebbe fatto ricorso ad un espediente così indiretto, che, isolatamente considerato, a ben vedere, stava a dimostrare soltanto che il FACHINI era preventivamente a conoscenza della programmazione dell'attentato.
Ma v'è molto di più: Jeanne COGOLLI lasciò precipitosamente Bologna poco prima della strage..
Così Elio NALDI ai Carabinieri, il 4/8/1980 (359): "Sono fratello di NALDI Mario Guido, nato a Bologna, con me residente. Mio fratello, Mario Guido, in atto si trova in Corsica, almeno così ha detto che andava con mia madre; poi
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(359) - EA, V10/a-1, C17, p1.
si sarebbe diretto in Francia.
Mio fratello è partito Sabato Mattina 2/8/1980 all'alba a mezzo di autostop e per quanto mi risulta è partito insieme ad un suo vecchio amico tale MANCINI Claudio da Bologna via Scipione del Ferro n. 13 e credo insieme ad una amica a nome COGOLI Giovanna da Bologna.
Mio fratello è partito attrezzato con zaino di colore verde militare e tenda; sconosco come egli sia vestito in quanto al momento della sua partenza io dormivo.
Credo che faccia rientro in Bologna per la fine del mese di Agosto.
A.D.R. l'appartamento occupato da me e mio fratello è composto da due camere tinello e cucina e vi abitiamo da circa due mesi; periodicamente mio fratello riceve amici e amiche nella sua stanza tra questi suppongo che riceva anche la COGOLI Giovanna.
A.D.R. Conosco la COGOLI Giovanna solo di vista avendola incontrata solo due volte..."
Il teste, il 22/1/1985, al Giudice Istruttore (360):
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(360) - EA, V10/a-1, C17, pp. 2-3.
"A.D.R.: In effetti, così come dichiarai ai CC 4/8/80, mio fratello, Mario Guido, partì da Bologna sabato mattina 2/8/80 all'alba.
Ciò fece insieme al suo amico Claudio MARTINI, col quale si recò in vacanza in Corsica. Dissi ai CC. che ritenevo fosse partita insieme a mio fratello anche la sua amica COGOLLI Jeanne. Ciò perché in quel periodo la COGOLLI dormiva, anzi aveva dormito, in casa nostra perché il suo ragazzo ZANI Fabrizio era detenuto in San Giovanni in Monte. Per tale ragione avendomi mio fratello detto che partiva con una ragazza pensai che fosse partito con la COGOLLI.
So invece che la COGOLLI non partì con mio fratello.
Infatti qualche giorno dopo il mio esame dinanzi ai Carabinieri, essendo stata disposta una perquisizione in casa, mi misi in contatto con mio fratello...il quale mi disse che era partito insieme a Claudio MARTINI ed a due ragazze Sofia e Fiorenza da me non meglio conosciute." (361) "Se non ricordo male la COGOLLI lasciò la nostra abitazione il giorno in cui ZANI Fabrizio fu scarcerato...
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(361) - Le due donne, comparse avanti a questa Corte, hanno confermato la circostanza: cfr. vu 12/12/87. pp. 30 ss. e 35 ss.
...A.D.R.: Durante il periodo in cui la COGOLLI rimase nostra ospite io la vedevo anche il sabato e la domenica e non mi risulta che viaggiasse fuori Bologna. Va detto però che io stavo fuori dalla mattina alla sera lavorando anche 15 ore al giorno e quindi spesso non la vedevo neppure..."
In giudizio, la deposizione di Elio NALDI, dopo la conferma sia delle dichiarazioni rese ai Carabinieri che di quelle rese all'Istruttore (362), si è così sviluppata (363): "...L'Avv. BEZICHERI: `se la Giovanna COGOLLI ha pernottato e si è fermata nella loro abitazione solo nel periodo in cui aveva bisogno di fermarsi a Bologna per andare a trovare Fabrizio ZANI in carcere.' Il teste: `che io ricordi sì, perché ricordo che lei dormiva lì perché la mattina andava a San Giovanni in Monte. Io la vidi un paio di volte prima perché frequentava mio fratello così, però non so se la vedeva spesso o meno. Io l'ho vista un paio di volte. Poi, quando ho visto che dormiva in casa, era perché aveva detto che andava a trova" (sic) "Fabrizio che era a San Giovanni in Monte.' Il Presidente: `glielo aveva detto lei o suo
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(362) - Con la sola precisazione che il cognome del compagno di viaggio del fratello era "MANCINI". (363) - Vu 23/11/87, p17. fratello?' Il teste: `no, l'ha detto mio fratello'. L'Avv. BEZICHERI: `se ricorda quale è stato il periodo in cui la COGOLLI si fermò presso la loro abitazione per andare a trovare Fabrizio ZANI in carcere.' Il teste: `potrebbe essere stato ottobre-novembre, adesso di preciso non ricordo.' L'Avv. BEZICHERI: `dell'anno?' Il teste: `del 1980.'..."
Osserva la Corte: l'idea che la COGOLLI fosse partita assieme a Mario Guido NALDI poté esser suggerita al fratello di costui soltanto da un soggiorno della donna in casa NALDI nel periodo immediatamente precedente la strage. E non e possibile che il teste abbia fatto confusione, riferendo al periodo di fine luglio-inizio agosto un precedente soggiorno della COGOLLI, in occasione di un periodo di detenzione dello ZANI in Bologna. Infatti, l'ultimo periodo di carcerazione patito da Fabrizio ZANI in Bologna prima dell'attentato si viene a collocare fra il 15 ed il 20 maggio 1980 (364) e precede quindi la strage di oltre due mesi. Le prime dichiarazioni del teste sono di due giorni soltanto posteriori all'attentato. E' ben possibile -come
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(364) - Cfr. AAD, V4, C31, p4.
traspare dalle parole di Elio NALDI- che questi non incrociasse la donna anche per vari giorni, durante i periodi in cui la stessa alloggiava nella camera di Mario Guido. Ed è quindi possibile che, alla data del 2 agosto, la COGOLLI si fosse allontanata già da qualche giorno, senza che il teste se ne fosse accorto, al punto da essere indotto a crederla partita la mattina del 2 assieme a Mario Guido. Ma non è ragionevolmente sostenibile che, soltanto 48 ore dopo la partenza del fratello, Elio NALDI possa aver posto tale partenza in relazione con un soggiorno della COGOLLI di oltre due mesi precedente. Un simile appiattimento della prospettiva diacronica del ricordo è invece giustificabile soltanto ad anni di distanza e spiega le successive dichiarazioni del teste.
Le prime dichiarazioni di Elio NALDI sono di estrema importanza, perché rappresentano anche l'unica testimonianza raccolta sulla partenza da Bologna di Mario Guido nell'immediatezza dei fatti: dunque, in epoca non sospetta. Orbene, il teste riferì essere il fratello partito all'alba del 2 agosto, ed ha poi sempre confermato la circostanza. Dell'indicazione, puntuale e proveniente da persona che non si ha certo motivo di ritenere sfavorevolmente orientata nei confronti di colui sul cui conto è chiamata a deporre, non è dato in alcun modo dubitare. Chi ricorda male è dunque la teste IORI Fiorenza, una delle compagne di viaggio di Mario Guido NALDI, la quale, escussa in istruttoria per la prima volta il 15/11/1985 (365), non ebbe a precisare l'orario della partenza, e soltanto in giudizio (366), a distanza di oltre sette anni dai fatti, ha indicato le ore 8 e 3/4 - 9.
Quanto poi a Mario Guido NALDI, si è visto che egli aveva riferito al CALIPATTI un orario ancora diverso (367). Ma su tale indicazione non è dato fare, evidentemente, alcun affidamento, provenendo essa da persona condizionata da varie ed opposte esigenze. Il NALDI, esponente dell'ultradestra legato a pericolosi terroristi, in contatto con quel Luca DE ORAZI coivolto nell'inchiesta sin dalle prime battute, aveva interesse, da un lato, a sostenere d'aver lasciato Bologna prima della perpetrazione dell'attentato, e, dall'altro, a collocare la partenza in
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(365) - EA, V10/a-6, C294, p9. (366) - Vu 12/12/87, pp. 35-36. (367) - Cfr. supra, sub 1.1.3.3)
orario tale da non farla apparire precipitosa.
La partenza all'alba -che resta quindi provata attraverso la deposizione di Elio NALDI- non era legata ad esigenze di viaggio, pacifico essendo che il gruppo viaggiò in `autostop' sino a La Spezia e che il traghetto per la Corsica non era stato prenotato. Altre dunque erano le ragioni che avevano imposto la `levataccia'. E' lecito quindi supporre che il NALDI avesse urgenza di lasciare Bologna.
Non ci si potrebbe sospingere al di là delle ipotesi, se la precipitosa partenza non si inserisse coerentemente nel quadro sin qui passato in rassegna, ricevendone conforto, e corroborandolo a sua volta. Si intende dire che la circostanza non può essere considerata e valutata se non unitamente a quella della partenza della COGOLLI da Bologna il 2 agosto o pochi giorni prima, e che entrambe debbono poi venire ad inserirsi -come parte essenziale del compendio- nella costellazione degli indizi a carico di Massimiliano FACHINI.
Prima di chiudere l'argomento, occorre soltanto rilevare come la circostanza dell'avvertimento lanciato dal FACHINI alla COGOLLI sia cronologicamente compatibile con gli spostamenti dell'imputato nel periodo a cavallo della strage.
Risulta dagli atti (368) che il FACHINI, fra il 26 luglio ed il 7 agosto del 1980, avrebbe alloggiato, con moglie e figlio, presso il campeggio `Riviera', sito in Ugento, in provincia di Lecce. Anche a prescindere dalla possibilità che il prevenuto, durante il periodo di soggiorno della famiglia in Puglia, sia risalito nel settentrione per uno o più giorni, va comunque rilevato che l'incontro con la COGOLLI in Bologna si può collocare, in data 26 luglio o prossima al 26 luglio, lungo il percorso fra Padova ed Ugento. Sin dal 9/5/1983, chiarendo le precedenti dichiarazioni, Mauro ANSALDI aveva affermato (369) quanto segue: "...In realtà la COGOLLI non mi disse con precisione quanto tempo prima del 2 agosto incontrò il FACHINI; ma ripeto mi disse di averlo incontrato `quasi casualmente' a Bologna prima della strage del 2 agosto 1980..."
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(368) - Cfr. RA, V2, C30, p2. (369) - EA, V10/a-5, C230 bis, p3.
2.1.2.8.4) La testimonianza di Stefano NICOLETTI
Si tratta, in questa sede, di fare un semplice rinvio, essendo stato l'argomento esaminato sub 2.1.2.3.6) e 2.1.2.3.7). Occorre ricordare come dalle dichiarazioni, indubitabilmente genuine, del NICOLETTI, attinte da quella fonte di assoluta autorevolezza che si identifica in Edgardo BONAZZI, emerga la responsabilità del FACHINI, per essersi egli affidato, per l'esecuzione del massacro, ai cosiddetti "ragazzini".
Quest'ultimo dato è di primaria importanza: il NICOLETTI, deliquente comune privo di spessore `politico' e di adeguate conoscenze del mondo dell'eversione, senza fornire indicazioni nominative circa i "ragazzini" e sapere a chi tale definizione si attagli (e dunque, indubbiamente, senza propositi gravatori nei confronti del FIORAVANTI e della MAMBRO), testimoniando oltre sei mesi prima dello SPARTI, introduce nel processo un preciso collegamento fra il FACHINI ed i due coimputati testé nominati. Invero, tenuto conto delle prove raccolte a carico del FIORAVANTI e della MAMBRO e dei collegamenti FIORAVANTI-FACHINI (dei quali si dirà `in sede materiae'), non è chi non veda in chi si identifichino i "ragazzini", tali qualificati per la differenza generazionale che li separa dal capo della cellula veneta. Il dato è singolarmente consonante con quello evidenziato sub 2.1.2.5.5), dove, nel dar conto di quanto il VOLO è venuto riferendo circa le allusioni che il MANGIAMELI faceva alla strumentalizzazione di giovani estremisti, addirittura di 16-17 anni, da parte di personaggi esperti per la perpetrazione di atti delittuosi, si è posto l'accento sul fatto che il CIAVARDINI, ospite del MANGIAMELI dopo la strage, ed il FIORAVANTI e la MAMBRO, suoi ospiti sino a pochissimi giorni prima dell'attentato, benché `militarmente' capaci, erano, rispetto a personaggi d'altra levatura, `politicamente' e anche anagraficamente dei `ragazzini'. Ma la consonanza non si limita a questo: perché, attraverso le parole con cui il VOLO è venuto, pur frammentariamente e reticentemente, riferendo quanto il MANGIAMELI gli diceva, è possibile ricostruire il filo unitario che, nelle confidenze del MANGIAMELI, con riferimento alla strage di Bologna, legava il FACHINI ed il SIGNORELLI ai "giovani estremisti". Il VOLO,in giudizio,
sentito in una veste che non lo vincolava alla verità storica, ha avuto cura -come s'è visto- di puntualizzare che
certi discorsi erano espressione di opinioni del MANGIAMELI, manifestate nel corso di chiacchierate informali. E già prima, in istruttoria, nel 1984, aveva sostenuto che il MANGIAMELI non gli aveva esternato precisi sospetti sul conto di chicchessia in ordine alle responsabilità per la strage di Bologna, limitandosi a sostenere la tesi della `strage di Stato'.
Ma nel 1980 aveva dapprima, nel settembre, affermato che l'amico sosteneva esser la strage opera dei servizi segreti diretta a provocare una reazione contro la destra e che il SIGNORELLI, il FACHINI e l'AFFATIGATO erano in effetti agenti dei servizi; poi, nel novembre, pur annacquando il contenuto delle affermazioni del MANGIAMELI col presentarle come espresse in forma suppositiva ed in occasione di letture di brani giornalistici in cui comparivano i nomi dei vari TILGHER, FACHINI, AFFATIGATO, aveva riferito di allusioni dell'amico all'infiltrazione, sui resti di Avanguardia Nazionale, di provocatori dei servizi segreti, che operavano attraverso la perpetrazione di gravi delitti, tra cui "forse anche la stessa strage di Bologna", nonché alla strumentalizzazione dei giovani estremisti da parte di personaggi esperti. Non era lecito aspettarsi di più dal VOLO, non solo comprensibilmente timoroso delle conseguenze delle proprie affermazioni, ma necessariamente ambiguo e reticente, per via del rapporto, allo stato degli atti non definitivamente chiarito, che lo legava al MANGIAMELI. Si tratta comunque di indicazioni di grande rilievo. Il MANGIAMELI nulla doveva apprendere dalla lettura dei giornali, e nulla doveva affidare all'immaginazione, per esser strettamente legato ad un responsabile della strage, che ospitò sino a pochi giorni prima dell'attentato, per essere legato altresì al SIGNORELLI (370) e per esser stato personalmente al centro del programma terroristico da cui la strage germogliò, assumendo poi caratteristiche tali che il MANGIAMELI venne da essa dissociandosi, al punto da rendersi inaffidabile e da dover essere eliminato. Il
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(370) - Cfr. infra, sub 2.2.5.2), nota (104).
MANGIAMELI riferiva dati di fatto di cui aveva qualificata e diretta conoscenza. Le dichiarazioni del VOLO vanno quindi idealmente depurate da ciò che egli vi ha inserito per stemperarne la valenza. Vanno altresì depurate dalla valutazione politica che vuole la strage come frutto dell'iniziativa dei servizi per provocare una reazione contro la destra. Non è chi non veda come, in tal modo, ponendo in collegamento il dato dell'attribuzione della responsabilità della strage a personaggi collegati ai servizi, quello del ruolo di agenti dei servizi attribuito al FACHINI ed al SIGNORELLI, nonché quello della strumentalizzazione dei giovani estremisti, le qualificatissime indicazioni provenienti dal MANGIAMELI attraverso il VOLO, appaiano, nella sostanza, significativamente sovrapponibili a quelle provenienti dal BONAZZI attraverso il NICOLETTI.
Si è visto ancora come già negli spezzoni di conversazione captati nel carcere di Ferrara alla fine dell'agosto 1980 si facesse dipendere l'enormità delle conseguenze dell'attentato dall'affidamento di taluno a dei "ragazzini".
Il peso dell'indicazione non va enfatizzato, giacché è ben possibile che con l'espressione "ragazzini" si intendesse alludere al DE ORAZI, perché lo si riteneva responsabile della strage. Ma tale peso non va nemmeno sottovalutato. Infatti, se pure si è inteso alludere al DE ORAZI, resta comunque dimostrato che personaggi contigui alla banda armata oggetto di giudizio non trovavano affatto inverosimile, ma, al contrario -secondo le loro esperienza e conoscenze- perfettamente credibile che, all'interno del gruppo responsabile della strage, avessero cooperato diverse componenti generazionali: con il che l'assunto del concorso nella strage del FACHINI da un lato, e del FIORAVANTI e della MAMBRO dall'altro, riceve ulteriore, seppure indiretto e generico, conforto (371).
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(371) - Non altrettanto si può affermare, viceversa, con riferimento all'ulteriore indicazione rinvenibile in atti a proposito dei "ragazzini": vale a dire quella proveniente da Raffaella FURIOZZI. A prescindere dalla valutazione che di tale indicazione si farà in ordine alla posizione del TADDEINI da parte del giudice competente, nella presente sede, mentre è dato trarne -come si vedrà- argomento di prova a carico del FIORAVANTI e della MAMBRO, non è lecito inferirne alcunché a carico del FACHINI. E' vero peraltro, ai fini che qui rilevano, che l'esser il FIORAVANTI in ipotesi riuscito a "manovrare" i "ragazzini" TADDEINI e DE ANGELIS (aspetto sul quale la Corte non è chiamata a pronunciarsi) non contrasta in alcun modo con l'assunto del concorso nella strage del FIORAVANTI e del FACHINI. 2.1.2.8.5) Il ruolo del FACHINI nella banda armata ed il quadro d'insieme
Si è già detto altrove come dall'appartenenza di un
individuo ad una banda armata non sia lecito far discendere
automaticamente la responsabilità dello stesso per i singoli delitti riferibili all'organizzazione. Ciò è vero anche per chi, all'interno della formazione armata, occupi posizioni di vertice. E' peraltro indubitabile che tale posizione di vertice e lo svolgimento di un particolare ruolo
costituiscano, in capo al singolo, un indizio di per sé inidoneo a fondare alcun convincimento, ma da utilizzare necessariamente assieme agli altri specifici elementi
d'accusa, con valenza tanto più pregnante quanto più la gravità e le ulteriori caratteristiche del delitto da giudicare tendano ad individuare il delitto stesso come frutto di un'iniziativa maturata agli alti livelli decisionali dell'organizzazione ed a sue specifiche componenti.
Ora, nel rilevare come la strage di Bologna rappresenti, in termini `militari', la massima e `politicamente' più impegnativa espressione della strategia della banda armata oggetto di giudizio (strategia su cui ci si dovrà soffermare `in sede materiae'), occorre anticipare quanto si verrà dimostrando in altra parte della trattazione: che in tale banda, sinché essa ebbe vita, il FACHINI occupò, con continuità, una posizione di primissimo piano. Rivestì egli, più specificamente, il ruolo di capo gerarchico della cellula veneta o `gruppo del Nord'. Nella banda armata formatasi alla fine del 1979, investì il patrimonio di esperienze terroristico-eversive, di competenza esplosivistica, di capacità organizzative maturate negli anni precedenti, sino al 1978-1979, quando egli partecipò, come ideologo, organizzatore, promotore di una campagna di attentati da non rivendicare, fornitore di esplosivo, alle vicende del gruppo coagulatosi attorno a Costruiamo l'Azione.
Tanto premesso, si osserva che la strage di Bologna rappresentava un fatto di gravità tale da comportare necessariamente una decisione a livello di `direzione strategica'; essa costituiva l'espressione più qualificata di una determinata strategia; richiedeva, per la sua natura
stessa, grande esperienza `militare'; non avrebbe potuto essere realizzata senza un'adeguata organizzazione ed i necessari supporti logistici. Si tratta di circostanze che, unitariamente considerate, nel loro interagire, vengono evidentemente a riempire di contenuti pesantemente indizianti, rispetto al delitto di strage, quella posizione di vertice e quello specifico ruolo che il FACHINI -in virtù dell'esperienza, della competenza e della disponibilità di mezzi, delle quali si è fatto cenno e più ampiamente si dovrà dire- venne a svolgere all'interno dell'organizzazione armata.
In questo quadro indiziario si innestano coerentemente gli specifici elementi d'accusa esaminati nei paragrafi precedenti: elementi d'accusa che, per la valenza di ciascuno di essi e l'idoneità a corroborarsi vicendevolmente, in ragione dell'obiettiva convergenza, formano un compendio probatorio irresistibile.
2.1.2.9) Le dichiarazioni di Raffaella FURIOZZI
Si è ritenuto -nell'ordine della trattazione- discorporare quest'elemento di accusa dalle posizioni FIORAVANTI e MAMBRO -alle quali, per la parte che qui interessa, si riferisce- e di trattarne separatamente in questa sede, perché ci si trova di fronte ad un' acquisizione intervenuta all'esito dell'istruttoria e dopo l'emissione del mandato di cattura del dicembre 1985 nel quale aveva già preso corpo l'ipotesi accusatoria portata a giudizio: acquisizione che, compiute le necessarie valutazioni, si viene a porre quale ulteriore elemento di conforto rispetto ad un convincimento di colpevolezza già ampiamente giustificato dalle prove `aliunde' raccolte, valutate nel loro complesso e nel loro interagire logico.
E' venuta meno quello che si era presentato -subito dopo le dichiarazioni istruttorie della FURIOZZI- come il più serio motivo di perplessità in ordine all'attendibilità della donna. Cisiriferisce alle dichiarazioni (372)di Ivano BONGIOVANNI: costui, ristretto come l'IZZO nel carcere di
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(372) - Cfr. EA, V10/a-7, C311.
PALIANO,avevaattribuito al compagno di detenzione un progetto di evasione:progetto in cui si sarebbero inseriti strumentalmente degli ammaestramenti impartiti dall'IZZO alla FURIOZZI, la quale sarebbe stata imbeccata in ordine alle circostanze rivelate agli inquirenti bolognesi. La totale inaffidabilità del BONGIOVANNI emerge con ogni evidenza dall'aver egli reso, in un breve volger di tempo, fra l'aprile ed il maggio del 1986, una molteplicità di versioni diverse in ordine ai pretesi ammaestramenti (373). In aula, di fronte a questa Corte, il BONGIOVANNI ha approfittato della facoltà di non rispondere
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(373) - Cfr., rispettivamente, EA, V10/a-7, C311/1, p6; EA, V10/a-7, C311/1, p16; EA, V10/a-7, C311, p6. Nel corso dell'esame reso al Giudice Istruttore del presente procedimento, al BONGIOVANNI fu contestata (EA, V10/a-7, C311, p8) la molteplicità delle versioni fornite; egli ebbe a giustificarsi col dire che le contraddizioni erano "solo apparenti"; ma ciò contro evidenza: infatti, aveva dapprima riferito, al Direttore del Carcere di Paliano, d'aver anticipatamente saputo che l'IZZO e la FURIOZZI concordavano dichiarazioni atte a coinvolgere il MUSUMECI, il BELMONTE, il GELLI ed altri nei fatti criminosi più oscuri del recente passato; poi, al PUBBLICO MINISTERO di Roma, che l'IZZO non gli aveva precisato cosa la FURIOZZI dovesse rivelare ai giudici di Bologna; infine, al Giudice Istruttore del presente procedimento -ad un mese di distanza dalle prime dichiarazioni e dopo esser stato già più volte sentito in altre sedi- d'aver, saputo, in anticipo rispetto alle dichiarazioni della FURIOZZI, che costei, su suggerimento dell'IZZO, avrebbe dovuto dire d'aver appreso dal MACCIO' che la strage era stata commessa dal FIORAVANTI, dalla MAMBRO e da altri.
all'interrogatorio (374). Va segnalato che, con sentenza di primo grado in data 1/7/1986 (375), il Tribunale di Frosinone non soltanto ha assolto l'IZZO, la FURIOZZI ed altri dalle accuse relative ad un precedente tentativo di evasione loro attribuito dal BONGIOVANNI, e risalente al dicembre 1985-gennaio 1986, ma, con specifico riferimento al progetto della primavera 1986, nell'ambito del quale sarebbero state costruite a tavolino le rivelazioni in ordine alla strage, ha rilevato (376): "...stranamente il BONGIOVANNI non è riuscito a fornire il benché minimo elemento di prova...il BONGIOVANNI nulla ebbe a dire di concreto sul 2° progetto di evasione che potesse guidare gli inquirenti nelle indagini..." E ancora (377): "...la segnalazione di tale secondo progetto, la cui imminenza tanto lo aveva spaventato, è assistita da così pochi elementi di prova da non consentire al P.M. neppure l'inizio delle indagini preliminari..."
Non occorre aggiungere altro, potendosi fare rinvio, per
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(374) - Cfr. vu 17/11/87, p223. (375) - Cfr. vu 17/11/87, pp. 18-45. (376) - Cfr. vu 17/11/87, p26. (377) - Cfr. vu 17/11/87, p34.
ciò che riguarda il possibile movente del BONGIOVANNI alle lucide considerazioni svolte dall'Istruttore (378). Tanto premesso, va osservato che i rapporti FURIOZZI-MACCIO' erano certamente tali da giustificare la rivelazione, dall'uno all'altra, di notizie anche assai scottanti. Non soltanto i due erano sentimentalmente legati,ma militavano nella medesima organizzazione armata: al punto che la donna fu tratta in arresto a seguito del conflitto a fuoco con le forze dell'ordine nel quale il MACCIO' perse la vita (379).
Quanto poi all'esistenza di rapporti CAVALLINI-MACCIO' ed alla loro idoneità a spiegare il passaggio di confidenze dal primo al secondo, va segnalato come le dichiarazioni della FURIOZZI e dell'IZZO siano tutt'altro che prive di conforto in atti.Occorre osservare, in proposito, che il MACCIO', il quale capeggiava un gruppo collocantesi a cavallofra Terza Posizione e N.A.R.,dimorava in Milano da diversi anni. Orbene, non soltanto il CAVALLINI è di Milano, ma su quella piazza egli si trovò ad operare, nell'ambito dell'attività delittuosa da lui svolta in epoca
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(378) - Cfr. SO, pp. 747-749. (379) - Cfr. RA, V12, C437, p8.
successiva alla strage e fino alla cattura, avvenuta appunto in Milano, nel settembre del 1983. L'estrazione politica e l'ambito territoriale di attività accomunano dunque significativamente il CAVALLINI ed il MACCIO'. Aggiungasi che quest'ultimo, per il ruolo egemone che rivestiva all'interno del gruppo di appartenenza (ove si trovava ad essere l'elemento politicamente più preparato), aveva titolo per entrare in rapporto con personaggio del prestigio e dello spessore terroristico del CAVALLINI. Non solo; va segnalato ancora che, assieme a Gilberto CAVALLINI fu arrestato anche Andrea CALVI. Orbene, è stato costui un militante milanese del Fronte della Gioventù, ove il MACCIO' ebbe un ruolo di primo piano (380).
In giudizio, le rispettive dichiarazioni istruttorie in ordine ai fatti riferiti dal MACCIO' alla FURIOZZI hanno trovato conferma da parte di quest'ultima (381) e di Angelo IZZO (382), che dalla donna tali fatti aveva appreso. In
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(380) - La FURIOZZI (EA, V10/a-7, C306, p2) ebbe a riferire che il MACCIO' era stato Vicesegretario del Fronte della Gioventù di Milano. La notizia risulta confermata in RA, V13, C427, pp. 8-9, ove si legge che il MACCIO' "risultava aver ricoperto cariche dirigenziali nel `Fronte della Gioventù' di Milano". (381) -Cfr. vu 25/11/87, pp. 21-22. (382) -Cfr. vu 25/11/87, p95.
aula, la FURIOZZI, lungi dal mostrare animosità o intenti gravatori nei confronti delle persone coinvolte dalle sue dichiarazioni, ha viceversa mostrato grande senso di responsabilità, ribadendo puntigliosamente i limiti delle sue conoscenze e non facendo mistero del travaglio interiore generato dal confermare accuse di cui ella non conosceva la fondatezza, per aver appreso le notizie da persona deceduta (e quindi non in grado di confermarle), la quale, a sua volta le aveva attinte da altra persona. Un siffatto atteggiamento processuale è parso alla Corte ispirato ad accenti di sincerità e depone nel senso della genuinità delle dichiarazioni della donna.
Così valutate, le dichiarazioni della FURIOZZI, anche attraverso la conferma dell'IZZO, vengono a corroborare il quadro probatorio riferibile alla posizioni MAMBRO e FIORAVANTI, per essere esse coerenti con gli altri elementi d'accusa già altrove esaminati a carico di detti prevenuti; indirettamente, per via dell'interagire -di cui si è detto e si dirà- fra gli elementi raccolti a carico dei vari imputati di strage, le suddette dichiarazioni si riverberano sull'assunto accusatorio nel suo complesso.
2.1.2.10) Le dichiarazioni di Giuseppe RIZZO
Reputa la Corte di non dover utilizzare accusatoriamente la testimonianza di Giuseppe RIZZO di cui si è dato conto in narrativa, sub 1.9.4). Invero, ci si trova, per ciò che attiene alla valutazionedella testimonianza, in una situazione di insuperabile perplessità.
Depongono,`prima facie', nel senso della genuinità, le seguenti circostanze:
a) ilRIZZO non ha precedenti che autorizzino a ritenerlo un mitomane;
b) il suo contributo processuale, che lo esponeva ad evidenti quanto seri pericoli (si pensi all'accoltellamento subito dal VETTORE), non era finalizzato all'ottenimento di benefici, essendo il teste, nel marzo del 1986, ormai prossimo ad ottenere comunque la semilibertà;
c) le dichiarazioni, assai particolareggiate e complessivamente coerenti, hanno trovato conferma in dibattimento;
d)in occasione della deposizione istruttoria,il RIZZO, cui fu mostrata una serie di fotografie e fu richiesto di indicare se fra le stesse riconoscesse le sembianze di una o più persone incontrate nella villa ove lo condusse il MAZZIERI, dichiarò che gli sembrava di riconoscere il padrone di casa alternativamente nell'una o nell'altra di due fotografie, recanti l'immagine di persone fra loro alquanto somiglianti, una delle quali era effettivamente il SEMERARI (383);
e)è agli atti un rapporto (384), redatto ad opera del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Bologna, dal quale emerge-come si è visto- una serie di sorprendenti riscontri alle dichiarazioni del teste; ci si riferisce, fra le altre, alle seguenti circostanze:
- il MAZZIERI, per esser nativo di Osimo ed ampiamente pregiudicato, ben poteva aver conosciuto e frequentato il PICCIAFUOCO;
- il MAZZIERI ed il RIZZO subirono effettivamente, nel 1979, un periodo di comune detenzione nel carcere di
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(383) - Cfr. EA, V10/a-7, C309, pp. 7-8. (384) - Trovasi in CP, C6.
Jesi;
- il RIZZO ed il RINANI patirono, nel 1985, un periodo di comune detenzione nel carcere di Rimini, e, per essersi succeduti nell'incarico di addetto alla biblioteca, "avevano avuto, benché si trovassero in sezioni talvolta diverse, varie possibilità di incontro";
- il SEMERARI era stato proprietario di una villetta che, per ubicazione e caratteristiche, poteva, con ragionevole approssimazione, attribuibile all'imprecisione del ricordo, corrispondere a quella di cui aveva riferito il RIZZO;
Agli elementi di valutazione passati in rassegna sembrano, in prima approssimazione, contrapporsene altri, di segno contrario e di notevole peso specifico; in particolare:
f) è alquanto inverosimile che il RINANI si sia lasciato andare a confidenze tanto compromettenti con un detenuto per reati comuni; si potrebbe obiettare che, se fosse veritiera la prima parte della deposizione RIZZO, il RINANI, per aver incontrato l'odierno teste nella villa del SEMERARI, avrebbe potuto scambiarlo per un camerata; senonché, dopo esser stato `scottato' dalla precedente esperienza delle rivelazioni fatte al VETTORE, ben difficilemente si sarebbe indotto ad indulgere ad ulteriori confidenze con qualcuno che non avesse l'autorevolezza del `commissario politico' Edgardo BONAZZI;
g) è poco verosimile la circostanza, riferita dal teste in giudizio (385), secondo cui egli ed il RINANI si sarebbero parlati non nell'intimità di un ambiente chiuso, ma, stando il RIZZO alla finestra della cella, ed il RINANI nell'area dei `differenziati', su cui la finestra si affaccia;
h) la deposizione, resa all'esito dell'istruttoria, ha la singolare quanto macroscopicamente sospetta caratteristica di coinvolgere in un'unica trama tutti i principali imputati già raggiunti dal mandato di cattura del dicembre 1985: vi compaiono il PICCIAFUOCO ed il RINANI, indicati come esecutori materiali della strage, assieme ad alcune altre persone, fra cui una donna
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(385) - Cfr. vu 29/1/88, p63.
coraggiosissima, che è fin troppo facile identificare; vi compare il FACHINI, indicato come il fornitore dell' esplosivo; e vi compare, ancora, il SIGNORELLI, che sarebbe stato frequentatore della carrozzeria di Milano frequentata anche dal CAVALLINI (nella quale si deve riconoscere la carrozzeria ove rimase ucciso il Brigadiere LUCARELLI);
i) mentre il RIZZO ebbe a dichiarare d'aver appreso dal RINANI che il PICCIAFUOCO, dopo la strage, si era sottratto all'arresto, andandosi a riparare su un'autoambulanza "della MUGELLO-PARMA", ha trovato smentita la circostanza che un automezzo con tale denominazione sia stato utilizzato per i soccorsi apprestati ai feriti della strage;
l)ha trovato smentita, attraverso un testimoniale (386) assolutamente corale, la circostanza della presenza del RINANI in Bologna la mattina del 2 agosto 1980.
Alla stregua di quanto precede, e tenuto conto, in particolare, del dimostrato alibi del RINANI per la mattina
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(386) - Cfr. vu 24/2/88, pp. 13-14 e 17-20.
del 2 agosto 1980, è ipotizzabile una molteplicità di antefatti della deposizione RIZZO, tutti possibili, anche se certamente non equiprobabili; è cioè possibile:
A) che il RINANI, avendo incontrato il RIZZO nella villa del SEMERARI, si sia poi effettivamente indotto a fargli determinate confidenze, con l'esclusione del particolare della sua partecipazione materiale all'attentato, in ordine al quale il RIZZO potrebbe esser stato tradito dalla memoria o animato da volontà gravatoria nei confronti del RINANI; si tratta di ipotesi poco probabile, non soltanto per le ragioni di cui sub f), g), ed i), ma perché difficilmente un cattivo ricordo -che avrebbe potuto giustificare l'indicazione del particolare di cui sub i)- sarebbe potuto cadere su una circostanza di primario rilievo, ed altrettanto difficilmente il RIZZO, entrato in possesso di notizie di tale importanza e risoltosia collaborare conla giustizia, vi avrebbe aggiunto un particolare falso, destinato a compromettere la credibilità dell'intera testimonianza;
B)che la testimonianza sia stata costruita a tavolino dal RIZZO: congettura ancora meno probabile, non solo per la ragione indicata sub a), ma perché il teste, per la sua estraneità agli ambienti della destra eversiva, non sembra potesse essere autonomamente in possesso del patrimonio conoscitivo necessario per elaborare il racconto fatto al Giudice Istruttore;
C) che il contenuto della deposizione sia stato artatamente predisposto da terzi, animati da volontà gravatoria nei confronti degli odierni imputati, ed insufflato al RIZZO; in questo caso si tratterebbe in primo luogo di spiegare come e perché costui, prossimo ad ottenere la semilibertà, si sarebbe prestato al gioco; di spiegare ancora da chi e perché si sarebbero costruita a tavolino una testimonianza aggiuntiva -peraltro manifestamente sospetta per la ragione di cui sub h) e contenente indicazioni come quella di cui sub i)- contro imputati già raggiunti dal compendio probatorio che supportava il mandato di cattura del dicembre 1985; e si tratterebbe, infine, di ipotizzare che chi si muoveva dietro le quinte, conoscitore necessariamente profondo della posizione degli odierni imputati, ignorasse che il RINANI era in grado di smentire clamorosamente il teste in ordine alla circostanza del ruolo, al RINANI stesso attribuito, di esecutore materiale della strage; che questa possa esser stata la genesi della testimonianza è dunque ipotesi estremamente remota;
D) che il contenuto della deposizione sia stato artatamente predisposto da terzi, animati da volontà di intossicare le risultanze istruttorie; l'ipotesi ha il pregio di sciogliere l'apparente contrasto fra quasi tutte le circostanze indicate da a) ad l); troverebbero così spiegazione la natura particolareggiata della deposizione, la sua `tenuta' dibattimentale e la presenza di una serie di riscontri idonei a corroborarla, e, al tempo stesso, l'inserimento di circostanze volte a minare la credibilità della testimonianza, ivi compresa quella della ruolo asseritamente avuto dal RINANI in occasione della strage, destinata ad essere, all'occorrenza, clamorosamente smentita; il coinvolgimento di vari imputati in una trama unitaria sarebbe poi stato destinato, una volta caduta la testimonianza RIZZO, a lanciare ombre di dubbio e perplessità anche sulle acquisizioni genuine a carico dei prevenuti; si tratta di una ricostruzione tutt'altro che improbabile, allo stato degli atti contrastata soltanto dall'obiezione, peraltro non certamente insuperabile, relativa all'apparente mancanza d'interesse del RIZZO a farsi coinvolgere in una simile operazione;
E)infine, che il RINANI, avendo incontrato il RIZZO nella villetta del SEMERARI (il viaggio del RIZZO in compagnia del MAZZIERI si colloca nel periodo della pregressa latitanza del RINANI), ed avendolo reincontrato in carcere, si sia determinato -in ossequio alla strategia processuale di cui sub D)- a raccontare al compagno di detenzione i fatti negli identici termini in cui questi ebbe poi a riferirli al Giudice Istruttore; una simile scelta, per l'ipotesi che il RIZZO avesse assunto veste di testimone nel processo, sarebbe stata tesa a screditare anche la parte della sua eventuale deposizione relativa all'incontro nella villa del SEMERARI, ed, indirettamente, attraverso l'individuazione di un falso confidente del RINANI, ad ingenerare dubbi sulla testimonianza VETTORE; è questa una non improbabile genesi dellatestimonianza,allaquale è dato contrapporre la circostanza dicui sub g):obiezione tuttavia non insuperabile, atteso che la situazione ambientale descritta, se non era certamente la più idonea all'uopo, era comunque tale da consentire, a chi si comportasse con la dovuta circospezione e adottasse i necessari accorgimenti, lo scambio di notizie in forma riservata.
All'esito di questa rassegna, appare dunque assai più probabile, rispetto ad altre,la genesi della testimonianza RIZZO come tentativo di inquinamento, posto in essere personalmente dal RINANI, o da terzi rimasti ignoti. In inquest'ultimo caso, si tratterebbe -come si avrà occasione diverificare attraverso l'esame dei fatti relativi al delitto di calunnia- della reiterazione di un trito e tristo copione processuale. Ai fini che qui rilevano, va tuttavia osservato come l'attuazione di manovre intossicanti non si traduca necessariamente in una prova di colpevolezza a carico di coloro in favore dei quali le manovre sono poste in essere. Comunque, se pure le suddette manovre fossero provate in termini di certezza, la testimonianza RIZZO non potrebbe essere utilizzata in sé, per il delitto di strage, proprio perché, in tal caso, il teste (avendone o non la consapevolezza) sarebbe stato strumentalizzato. Potrebbe viceversa, nel caso di cui sub E) esser utilizzata a carico del RINANI per il delitto di partecipazione a banda armata (con riferimento all'incontro nella villa del SEMERARI).
Le ipotesi di cui sub B) e C), in quanto verificate, condurrebbero all'inutilizzabilità in senso accusatorio della testimonianza.
Le sole ipotesi ricostruttive che porterebbe ad utilizzare contro gli odierni imputati la deposizione del RIZZO sono dunque quella di cui sub A) e quella di cui sub E), ma limitatamente -quest'ultima- alla responsabilità del RINANI per il delitto del capo 2) della rubrica.
Peraltro, di fronte al ventaglio delle ipotesi prospettate, ed all'impossibilità, allo stato degli atti, di optare in termini di certezza processuale, per una specifica alternativa, resta quella situazione di insuperabile perplessità di cui si è fatto inizialmente cenno: al che deve conseguire la scelta di non utilizzare la testimonianza ai fini della decisione.
2.1.2.11) Il movente
L'individuzione del movente funge da ulteriore e chiarificatrice verifica del quadro accusatorio formato dagli specifici elementi di prova gravanti in capo agli imputati e passati in rassegna nei paragrafi che precedono.
Orbene, tale movente va individuato facendo riferimento al programma `politico-militare' della banda armata oggetto di giudizio: nel senso che la strage, come altri attentati, fu realizzata per dar esecuzione a quel programma, di cui rappresentò il momento di massima espansione. Si vedrà, `in sede materiae', come la banda armata perseguisse una strategia che era, al tempo stesso, di ricompattamento del frastagliato arcipelago e di riunificazione delle componenti vecchie e nuove dell'eversione neofascista (aspetto questo rilevabile dalla stessa composizione soggettiva della banda),di massima espansione militare -nell'ambito di un'ipotesi di lotta armata contro le Istituzioni che prevedesse la moltiplicazione degli obiettivi e la realizzazione di azioni via via più gravi- nonché, mediatamente, di condizionamento degli equilibri politici del paese. Tra i molteplici strumenti tattici idonei al perseguimento di siffatta strategia si collocava l'attentato,eclatante, anonimo, di carattere indiscriminato, idoneo ad evidenziare in maniera clamorosa la presenza operativa della destra eversiva, a proporre l'immagine di un'incontenibile potenzialità `militare', a prospettare le possibilità di successo della lotta armata, facendo conseguentemente accedere alla clandestinità gli indecisi, nonché, sull'altro versante, a sgomentare e disorientare l'opinione pubblica, a porre in difficoltà sempre maggiori gli apparati dello Stato, impegnati in indagini complesse ed estenuanti, a creare uno scollamento fra il corpo sociale e le istituzioni, diffondendo la sensazione della ingovernabilità del fenomeno con i mezzi ordinari. Restano così agevolemente identificate le causali della strage. Ve n'è certamente una ulteriore, che con esse si amalgama, inquadrandosi nel medesimo disegno. Si allude all'intento celebrativo, che ricollega l'attentato del 2 agosto 1980 alla strage del treno `Italicus': intento evidenziato dalla scelta di Bologna come città da colpire, di un obiettivo ferroviario, nonché della data del 2 agosto, che cadeva immediatamente a ridosso del 6° anniversario della strage dell' `Italicus' (risalente al 4/8/1974) ed attorno alla quale era previsto -e di fatto ebbe luogo- ildeposito del provvedimento conclusivo dell'istruttoria a carico di Mario TUTI, Luciano FRANCI e Piero MALENTACCHI (387).
2.1.2.12) Considerazioni e valutazioni conclusive
Resta dimostrato, in virtù di tutto quanto precede, il coinvolgimento degli imputati FACHINI, FIORAVANTI, MAMBRO e PICCIAFUOCO nella strage del 2 agosto 1980 e dei delitti di cui ai capi 4), 5), 6), 7) ed 8) della rubrica, nel procedimento n. 12/86 R.G.C.A.
In capo al FACHINI, sulla scorta degli elementi di prova a suo carico raccolti e passati in rassegna, è dato
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(387) - L'ordinanza di rinvio a giudizio fu emessa dall'allora Consigliere Istruttore dott. VELLA in data 31/7/1980 (cfr. AA, V9, C50, p107) e depositata il giorno stesso.
individuare un ruolo penalmente apprezzabile nella fase dell'ideazione, dell'organizzazione e della predisposizione dei mezzi.
Valerio FIORAVANTI, Francesca MAMBRO e Sergio PICCIAFUOCO convennero alla stazione di Bologna. La loro presenza esime la Corte dall'individuazione del compito specifico da ciascuno svolto sul luogo del delitto -che non sarebbe comunque individuabile allo stato degli atti- poiché tale presenza `in loco' si spiega soltanto con un ruolo esecutivo dei suddetti tre imputati: invero, data la natura dell'operazione, a ridurre al minimo le possibilità di riconoscimento, si imponeva la presenza sul luogo dell'azione delle solo persone materialmente necessarie alla buona riuscita della stessa. Tanto basta ai fini dell'accertamento della penale responsabilità, essendo ogni ruolo esecutivo idoneo ad integrare la figura del concorso materiale. In concreto si intende dire che, essendo alternativamente attribuibili al FIORAVANTI ed alla MAMBRO -l'uno in funzione di copertura dell'altra o viceversa- il ruolo di corrieri dell'esplosivo ed al PICCIAFUOCO quello di collocatore materiale dell'ordigno, oppure a quest'ultimo il trasporto ed a quelli la collocazione dell'ordigno, ovvero al PICCIAFUOCO il compito del trasporto, al CIAVARDINI, al TADDEINI ed al DE ANGELIS (in quanto costoro -come si dovrà verificare in altra sede- siano stati presenti alla stazione di Bologna) quello della collocazione dell'ordigno, ed al FIORAVANTI ed alla MAMBRO quello della "copertura militare" (da intendersi come intervento armato per assicurare la ritirata ai complici in caso di imprevisti), ovvero ancora al PICCIAFUOCO il compito di controllore non visto dell'operato dei giovanissimi collocatori materiali (388), dopo l'allontanamento dalla stazione del FIORAVANTI e della MAMBRO non appena consegnato l'esplosivo, in ogni caso gli odierni imputati si troverebberoad aver posto in essere una condotta idonea ad integrare il concorso nel delitto di strage.
Va osservato, con specifico riferimento alla posizione della MAMBRO, che, anche a prescindere dallo svolgimento di una condotta strettamente operativa (la quale sola -come si è
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(388) - E'questo il ruolo attribuito al PICCIAFUOCO dal patrono di parte civile Avv. MONTORZI, in sede di discussione, all'udienza del 16/3/1988.
detto- giustifica la sua presenza alla stazione, ed è perfettamente in linea con la partecipazione materiale della donna ad innumerevoli altre azioni delittuose), la sua penale responsabilità sarebbe fuori discussione. Infatti, il
il FIORAVANTI e la MAMBRO, dal momento in cui si venne a formare il loro sodalizio terroristico ed esistenziale e fino al forzato scioglimento, non soltanto vissero un `curriculum' assolutamente parallelo, ma concorsero, con ruolo paritar
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