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Stampate o screenshot sono prove nel processo penale (Cass. 8736/18)

22 febbraio 2018, Cassazione penale

La possibilità di acquisire un documento e di porlo a fondamento della decisione prescinde dal fatto che provenga da un pubblico ufficiale o sia stato autenticato: l'articolo 239 c.p.p.. stabilisce che "se occorre verificarne la provenienza, il documento è sottoposto per il riconoscimento alle parti private o ai testimoni."

L'estrazione di dati archiviati in un supporto informatico non costituisce accertamento tecnico irripetibile anche dopo l’entrata in vigore della legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull’attendibilità della prova rappresentata dall’accertamento eseguito.


I dati di carattere informatico contenuti nel computer, in quanto rappresentativi di cose, rientrano tra le prove documentali e l’estrazione dei dati è una operazione meramente meccanica, sicché non deve essere assistita da particolari garanzie.

I fotogrammi scaricati dal sito internet "Google Earth", costituiscano prove documentali pienamente utilizzabili.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Sez. V, Sent., (ud. 16/01/2018) 22-02-2018, n. 8736

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio - Presidente -

Dott. MAZZITELLI Caterina - Consigliere -

Dott. MORELLI Francesca - rel. Consigliere -

Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere -

Dott. TUDINO Alessandrina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.F.A., nato il (OMISSIS) parte civile;

nel procedimento a carico di:

G.G., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/04/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MORELLI FRANCESCA;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI SIMONE;

Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento ai soli effetti civili;

Udito il difensore:

L'avv. I. chiede l'accoglimento del ricorso e deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione;

L'avv. C. chiede l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Napoli ha assolto per non avere commesso il fatto G.G., che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva, invece, ritenuto colpevole di diffamazione continuata.

1.1. In esito al giudizio di primo grado, G. era stato ritenuto l'autore di alcuni articoli di contenuto diffamatorio in danno di D.F.A., presidente della Provincia di (OMISSIS), comparsi sul quotidiano on line (OMISSIS)caserta(OMISSIS).

I giudici di appello, dopo avere sostanzialmente aderito al primo motivo di appello della difesa e censurato l'ordinanza, pronunciata dal Tribunale il 13.10.14, di rigetto dell'istanza di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato, dopo avere, invece, ritenuto corretta la decisione del Tribunale di respingere la richiesta di assunzione di ulteriori mezzi di prova ai sensi dell'art. 507 c.p.p., ha comunque assolto l'imputato ritenendo non provato che gli articoli di contenuto diffamatorio fossero a lui riconducibili.

2. Ha proposto ricorso il difensore e procuratore speciale della persona offesa, D.F.A., deducendo vizi motivazionali in quanto la Corte d'Appello avrebbe ingiustificatamente dato credito a quanto riferito dall'imputato in sede di spontanee dichiarazioni, negando la paternità degli articoli, senza tenere conto di quanto documentalmente provato.

La riconducibilità del sito (OMISSIS)caserta(OMISSIS) all'imputato era stata documentata da una copia cartacea delle schermate telematiche del sito che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto inattendibile per l'assenza di una vidimazione notarile e in assenza di altri dati che ne confermassero la certezza e l'autenticità.

Secondo la difesa, l'estrazione dei dati informatici non soggiace ai principi sanciti per l'utilizzabilità degli atti irripetibili, i dati informatici sono soggetti alla libera valutazione del giudice ed è onere della parte che ne abbia interesse dimostrarne l'eventuale alterazione.

Molteplici sarebbero gli elementi da cui trarre la convinzione che G. sia stato l'autore degli articoli: essi sono a firma dell'imputato; dalla copia del sito prodotta dalla difesa emerge che il direttore responsabile del sito è l'imputato; vi è in atti una lettera di scuse che G. ha indirizzato alla persona offesa ed un articolo successivo sugli stessi temi trattati negli articoli diffamatori indicati nell'imputazione.

Motivi della decisione


1. Il ricorso è fondato.

L'estrazione di dati archiviati in un supporto informatico non costituisce accertamento tecnico irripetibile anche dopo l'entrata in vigore della L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l'obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull'attendibilità della prova rappresentata dall'accertamento eseguito (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015 dep. 21/03/2016 Rv. 266477; Sez. 2, n. 29061 del 01/07/2015 Rv. 264572).

I dati di carattere informatico contenuti nel computer, in quanto rappresentativi di cose, rientrano tra le prove documentali (Cass. Sez. 3, n. 37419 del 05/07/2012 Rv. 253573) e l'estrazione dei dati è una operazione meramente meccanica, sicchè non deve essere assistita da particolari garanzie.

Si è recentemente ritenuto che i fotogrammi scaricati dal sito internet "Google Earth", costituiscano prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell'art. 234 c.p.p., comma 1 o art. 189 c.p.p. (Sez. 3, n. 48178 del 15/09/2017 Rv. 271313).

La possibilità di acquisire un documento e di porlo a fondamento della decisione prescinde dal fatto che provenga da un pubblico ufficiale o sia stato autenticato, come parrebbe ritenere la Corte d'Appello.

Qualunque documento legittimamente acquisito è soggetto alla libera valutazione da parte del giudice ed ha valore probatorio, pur se privo di certificazione ufficiale di conformità e pur se l'imputato ne abbia disconosciuto il contenuto (Sez. 2, n. 52017 del 21/11/2014 Rv. 261627).

2. Il giudice di primo grado, oltretutto, non si era limitato ad affermare la riconducibilità all'imputato del sito e degli articoli diffamatori sulla base della documentazione prodotta dalla parte civile e riproducente le pagine del sito (OMISSIS), ma aveva indicato ulteriori elementi, enumerati nel ricorso della parte civile, che confermavano tale indicazione.

Si tratta di dati certamente significativi che sono stati ingiustificatamente ignorati dal giudice di appello mentre, per contro, nessuna indicazione specifica era stata offerta dall'imputato a sostegno della tesi, inopinatamente accolta, secondo cui non sarebbe esclusa una alterazione dei dati riportati nei documenti prodotti dalla difesa e riproducenti le pagine del sito internet.

3. Poichè l'annullamento delle sentenza è disposto ai soli effetti civili, il giudice di rinvio va individuato, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., nel giudice civile competente per valore in grado di appello.

4. "La parte civile non può ottenere la rifusione delle spese processuali all'esito del giudizio di legittimità che si è concluso con l'annullamento con rinvio, ma può far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all'esito del gravame." Sez. 5, n. 25469 del 23/04/2014 Rv. 262561.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2018