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Squadra investigativa comune rende superfluo OIE (Cass. 35396/24)

20 settembre 2024, Cassazione penale

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Le squadre investigative comuni (SIC) sono uno strumento d'investigazione che consente alle autorità di diversi Stati di svolgere congiuntamente attività d'indagine a livello transnazionale, condividendone i risultati acquisiti.

Nel quadro europeo, la possibilità di costituire squadre investigative comuni si inserisce nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia c.d. orizzontale, cioè quella tra le autorità nazionali dei Paesi membri, rappresentando una forma di assistenza di carattere operativo e non "rogatoriale", finalizzata alla repressione di fenomeni criminosi che coinvolgono l'ambito territoriale di due o più Stati. Si tratta, cioè, dell'individuazione di uno specifico e unico spazio investigativo comune, nel quale i componenti della squadra operano direttamente e in tempi reali, compiendo tutti gli atti e le operazioni necessari allo scopo per cui la medesima è stata costituita e in tutti i territori degli Stati che ne fanno parte, senza dover ricorrere ad altre forme di assistenza giudiziaria e applicando, di volta in volta, le regole processuali secondo il c.d. criterio della lex loci.

 

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

 Sent., (data ud. 09/07/2024) 20/09/2024, n. 35396

 

Composta da

Dott. DE AMICIS Gaetano - Presidente

Dott. VIGNA Maria Sabina - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (Omissis)

avverso la ordinanza del 02/08/2023 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Maria Sabina Vigna;

sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Alessandro Cimmino, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

letti i motivi aggiunti e la memoria di replica depositati dalla difesa.

Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l'istanza di riesame di A.A., al quale il Giudice delle indagini preliminari aveva applicato la misura degli arresti domiciliari per il reato di cui all'art. 74 D.P.R. 8 ottobre 199U n. 309 e 416-bis. 1 cod. peri., perché si associava con B.B., C.C., D.D., E.E. e altri, alio scopo di commettere una pluralità indeterminata di reati in materia di importazione, trasporto, detenzione e successiva cessione a terzi di sostanza stupefacente.

In particolare, l'indagato, operativo nell'articolazione tedesca dell'associazione, unitamente a F.F., G.G., H.H. e I.I., coadiuvava gli altri componenti dell'associazione nella commercializzazione dello stupefacente, nonché metteva a disposizione la propria autovettura per gli spostamenti e ne noleggiava altre.

Il Tribunale del riesame evidenzia che era stato accertato che, tramite operatori portuali corrotti nei porti di G, A e R, l'organizzazione recuperava i carichi di cocaina giunti via mare dal Sud America, per complessivi 4.046 chili di cocaina; ciò da maggio 2020 a maggio 2021.

2. Avverso l'ordinanza ricorre per cassazione A.A., deducendo i motivi di seguito sintetizzati, conformemente al disposto dell'art. 173
disp. att. cod. proc. pen. 

2.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 416-bis bcod. pen., per difetto dell'elemento costitutivo dell'affectio societatis, essendosi A.A. limitato ad accompagnare in auto, in alcuni viaggi, esponenti del sodalizio criminoso, senza peraltro partecipare a compravendite di partite di stupefacenti né a ritirare, nel corso di tali viaggi, un cripto-telefonino funzionale all'attività dell'organizzazione mafiosa dedita al traffico di stupefacenti. 

Gli indizi raccolti proverebbero unicamente che J.J. e il ricorrente hanno effettuato un viaggio dalla Germania a S, ma non anche che hanno commesso reati. Vi è un sostanziale travisamento della prova.

Il ricorrente, inoltre, non è implicato in alcun reato scopo.

Il dato relativo all'incarico asseritamente dato da J.J. a A.A. di reperire acquirenti di stupefacente in Germania, verrebbe ricavato dal contenuto di una captazione in territorio belga, nell'ambito di una attività di intercettazione rispetto alla quale non è stato effettuato dal giudice competente alcun controllo di legittimità, stante l'omessa menzione dei provvedimenti autorizzativi e del contenuto dei medesimi.

Inoltre, osserva la difesa che la condotta è stata compiuta in territorio belga; che le operazioni di intercettazioni delle comunicazioni eseguite all'interno dell'autovettura di J.J. non sono state richieste dalla autorità italiana a quella belga; che i risultati di tali operazioni acquisite dalla autorità belga non sono stati richiesti dalla autorità giudiziaria italiana nei modi normativamente previsti; che, pertanto, la acquisizione e la trasmissione di tali elementi non sarebbe avvenuta in modo rituale e che, quindi, i dati sono inutilizzabili.

Si deduce, in conclusione, la nullità del decreto di convalida delle intercettazioni disposte in via d'urgenza dal Pubblico ministero in data 4 febbraio 2020 in relazione alle utenze di A.A.; la nullità dei decreti di proroga; la inutilizzabilità delle intercettazioni.

Inoltre, ci si duole del fatto che la motivazione del decreto sarebbe interamente basata sugli esiti investigativi derivanti dall'attività svolta da agenti sotto copertura la cui identità non è mai stata disvelata. La mancata ostensione degli atti non consentirebbe di accertare la legittimità della attività eseguita dall'infiltrato e, in particolare, l'esistenza della autorizzazione.

3. La difesa ha depositato motivi aggiunti, i quali, muovono dalla lettura della sentenza n. 44154/2023 del 26/10/2023 di questa Sezione/ e dalla ricostruzione sistematica ivi contenuta, censurando

-la mancata previsione della impugnabilità dell'ordine di indagine;

- la presunzione di legittimità degli atti compiuti all'estero, dovendo la stessa essere, di volta in volta, verificata prestando attenzione al contenuto dell'ordine emesso per richiedere e giustificare il compimento dell'atto.

-l'impossibilità per la parte privata di dedurre la illegittimità dell'o.e.i. dinanzi al Giudice italiano.

Motivi della decisione

1.11 ricorso è, complessivamente, infondato.

2.Il primo motivo sulla sussistenza dell'affectio societatis non può trovare accoglimento.

2.1. Il Tribunale del riesame, con motivazione congrua e puntuale, richiama tutti i gravi indizi di colpevolezza, dai quali desumere agevolmente tale elemento costitutivo del reato. In particolare:

- le intercettazioni intercorse tra J.J. e l'indagato, che era incaricato dal primo di reperire acquirenti in Germania di hashish "marocchino", dei quale faceva anche visionare una campionatura;

- l'intercettazione nel corso della quale A.A. avvisava il coindagato H.H. di essere stato sottoposto a controllo di polizia mentre faceva ritorno in Germania dal Belgio;

-l'intercettazione nel corso della quale A.A. chiedeva un incontro, insieme a H.H., con un possibile acquirente, tale K.K.;

-l'intercettazione nel corso della quale A.A. confidava alla propria fidanzata che C.C., che stava arrivando in Germania, gli aveva chiesto di non portarsi dietro il cellulare.

L'ordinanza impugnata evidenzia, inoltre, 1) gli spostamenti del ricorrente in Belgio e a S. Luca, ove incontrava i correi e svolgeva le funzioni di autista per i fratelli L.L.; 2) la presenza dello stesso ad A, in compagnia di M.M., in coincidenza con l'arrivo di 930 kg. di cocaina; 3) la circostanza che A.A. avesse messo a disposizione di H.H. la sua auto e che questi partisse per M al fine di prelevare J.J. e C.C..

Il Tribunale del riesame sottolinea, infine, che l'appartenenza di A.A. all'associazione si ricava anche dalla partecipazione offerta dal ricorrente alla trasferta in C, assieme ad altri membri dell'articolazione tedesca, finalizzata a ritirare il telefono criptato che il sodale H.H. avrebbe di lì a poco utilizzato per le interlocuzioni con gli associati durante il viaggio in Sud America. Il Tribunale del riesame ha, in conclusione, esaurientemente, logicamente e razionalmente argomentato (con motivazione senz'altro non affetta da vizi rilevabili in questa sede) le ragioni del proprio convincimento in ordine al fatto che A.A. era persona di estrema fiducia del sodalizio e che sussistevano i gravi indizi di colpevolezza del reato di cui all'art. 74 D.P.R 8 ottobre 1990, n. 309.

Deve, da ultimo, sottolinearsi che, in ogni caso, i travisamenti denunciati dal ricorrente altro non sono che un' inammissibile rilettura del compendio indiziario.

3. Il secondo motivo è infondato.

Nell'ordinanza impugnata si spiega puntualmente che le informazioni alla base del provvedimento sono tratte dall'informativa del R.O.S. dei Carabinieri di L, nell'ambito delle collegate indagini sviluppate (in Joint Investigation team) in B e nei L.

Occorre sottolineare che le squadre investigative comuni (SIC) sono uno strumento d'investigazione che consente alle autorità di diversi Stati di svolgere congiuntamente attività d'indagine a livello transnazionale, condividendone i risultati acquisiti. Nel quadro europeo, la possibilità di costituire squadre investigative comuni si inserisce nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia c.d. orizzontale, cioè quella tra le autorità nazionali dei Paesi membri, rappresentando una forma di assistenza di carattere operativo e non "rogatoriale", finalizzata alla repressione di fenomeni criminosi che coinvolgono l'ambito territoriale di due o più Stati. Si tratta, cioè, dell'individuazione di uno specifico e unico spazio investigativo comune, nel quale i componenti della squadra operano direttamente e in tempi reali, compiendo tutti gli atti e le operazioni necessari allo scopo per cui la medesima è stata costituita e in tutti i territori degli Stati che ne fanno parte, senza dover ricorrere ad altre forme di assistenza giudiziaria e applicando, di volta in volta, le regole processuali secondo il c.d. criterio della lex loci.

Correttamente, quindi, per acquisire le intercettazioni con telefoni tedeschi, non si è fatto ricorso all'o.e.i.

4. I motivi aggiunti devono essere esaminati alla luce dei principi di recente affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, che si sono pronunciate in merito alle questioni di diritto sollevate dal ricorrente, (Sez. U, n. 23756 del 29/02/2024, Giorgi; Sez. U, n. 23755 del 29/02/2024, Gjuzi).

Anche nei casi sottoposti alle Sezioni Unite il compendio indiziario posto alla base delle misure cautelari personali era costituito principalmente da elementi acquisiti tramite o.e.i. da parte dell'autorità giudiziaria italiana (nella specie il Pubblico ministero) e segnatamente da comunicazioni scambiate su chat di gruppo mediante un sistema cifrato, e già a disposizione dell'autorità giudiziaria francese.

4.1. Le Sezioni Unite, dopo avere illustrato le ragioni per cui nei casi esaminati, analoghi a quello rilevante in questa sede, non può farsi riferimento, per giustificare l'acquisizione delle chat, all'art. 234-bis
cod. proc. pen. - che risulta applicabile nel diverso caso della diretta acquisizione di documenti e dati informatici, conservati all'estero, se del caso previo consenso del detentore, come peraltro già rilevato in alcune pronunce, che nondimeno avevano escluso la sussistenza di cause di inutilizzabilità (in tal senso Sez. 6, n. 46833 del 26/10/2023, Bruzzaniti, Rv. 285543, Sez. 6, n. 48838 del 11/10/2023, Brunello, Rv. 285599, Sez. 6, n. 46482 del 27/09/2023, Bruzzaniti, Rv. 285363) -, ha/w riconosciuto la sostanziale legittimità degli ordini europei di indagine: comunque voglia qualificarsi l'attività di indagine autonomamente svolta in Francia -riconducibile o meno ad attività di intercettazione-, è stato al riguardo sottolineato che: 1) si trattava di acquisire atti già nella disponibilità dell'A.G. francese; 2) in tale prospettiva sussisteva il requisito dell'ammissibilità in un caso interno analogo, di cui all'art. 6, parag. 1, lett. b) della direttiva 2014/41/UE, venendo in rilievo gli strumenti che assicurano la circolarità della prova, anche nel caso di intercettazioni telefoniche, secondo quanto previsto dall'art. 270 cod. proc. pen., comunque non implicanti l'intervento autorizzatorio del giudice, fermo restando che venivano in rilievo reati di criminalità organizzata; 3) sussisteva il requisito della proporzionalità in rapporto al mirato quadro di indagine; 4) non erano ravvisabili in fase di esecuzione degli ordini europei di indagine violazioni di diritti fondamentali, comunque non specificamente allegate e comprovate dalla parte interessata; 5) non era necessaria ai fini dell'utilizzabilità del dato probatorio la disponibilità dell'algoritmo utilizzato per la decriptazione, incidente sull'affidabilità del dato piuttosto che sulla sua utilizzabilità, fermo restando che sul piano tecnico solo il corretto algoritmo avrebbe assicurato un risultato attendibile in mancanza di specifica allegazione di elementi tali da far dubitare della reale corrispondenza del dato criptato a quello risultante dalla decriptazione; 6) non avrebbe potuto prospettarsi la competenza del giudice all'adozione dell'ordine europeo di indagine, neppure nella prospettiva che venisse in rilievo corrispondenza, essendo anche a tal fine sufficiente il provvedimento del Pubblico ministero, diversamente da quanto, sulla scia di arresti della Corte di giustizia dell'Unione Europea, è ora previsto ai fini dell'acquisizione di tabulati recanti i dati esterni di traffico e ubicazione, dall'art. 132
 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che fa riferimento all'acquisizione direttamente presso un gestore di servizi telefonici e telematici e non all'acquisizione di dati già nella disponibilità di altra Autorità Giudiziaria; 7) è onere gravante sulla parte che deduca un profilo di inutilizzabilità, allegare documentazione a riguardo, tanto più se ciò avvenga in sede di legittimità, ove risulta rafforzato l'onere di allegazione e di prova di elementi tali da comprovare vizi e carenze da cui discenda l'inutilizzabilità di elementi acquisiti. 

4.2. Declinati i suddetti principi in relazione al caso in esame, i motivi aggiunti sopra richiamati non possono portare all'annullamento dell'ordinanza impugnata. Invero, il procedimento seguito per l'acquisizione a mezzo o.e.i. delle chat criptate utilizzate a carico del ricorrente - del tutto identico a quello scrutinato dalle Sezioni Unite - è legittimo, concernendo delitti per i quali nell'ordinamento interno può essere disposta l'intercettazione ai sensi dell'art. 266 cod. proc. pen., né il ricorrente ha evidenziato specifiche e concrete violazioni dei diritti fondamentali idonee a integrare l'invalidità della prova acquisita, ed essendo del tutto legittima l'acquisizione delle chat trasmesse con tale o.i.e. 

5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso i Roma, il 9 luglio 2024.

Depositato in cancelleria il 20 settembre 2024.