In assenza di enunciazione della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti va annullato il sequestro probatorio di un'agenda: l'estrazione di copia delle informazioni di un supporto fisico o digitale dissequestrato non è consentita, realizzando un autonomo vincolo, a meno che non intervenga un differente atto ablatorio (non hanno senso i concetti di "copia" ed "originale" quando si prelevino da un supporto digitale i dati informatici in esso memorizzati, così non ha senso di parlare di riproduzione in copia quando l'informazione venga comunque acquisita attraverso una duplicazione del documento).
Corte di Cassazione
sez. VI penale, ud. 7 novembre 2024 (dep. 12 dicembre 2024), n. 45644
Ritenuto in fatto
1. F.A.R., per mezzo del difensore, impugna l'ordinanza del Tribunale di Bari che, in funzione di Tribunale ex art. 309 cod. proc. pen., in parziale accoglimento del riesame avverso il provvedimento di convalida di perquisizione e sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero il 4 maggio 2024 in ordine ai delitto di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, ha disposto l'annullamento del decreto limitatamente alla somma di denaro in contante di euro 2.065,00, disponendone la restituzione.
Il Tribunale ha rilevato - per quel che in questa sede rileva - come non fosse evincibile dalla lettura del verbale e dalla mera indicazione del titolo di reato la ragione del sequestro con riferimento alla necessità di un vincolo reale probatorio.
Il Tribunale, pertanto, rilevata la carenza assoluta di motivazione ha annullato il sequestro, disponendo, la restituzione della sola somma di denaro in sequestro.
2. Il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge penale e processuale ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. nella parte in cui il Tribunale del riesame, pur avendo annullato il sequestro probatorio per carenza assoluta di motivazione del provvedimento ablatorio, ha poi disposto la restituzione della sola somma di denaro in contante e non anche degli appunti che costituivano parte del compendio sequestrato dalla polizia giudiziaria.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve preliminarmente essere ribadito il principio di diritto secondo cui il ricorso per cassazione dei provvedimenti cautelari reali è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. che può involgere quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante o privo di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692), perché sprovvisto dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e Piter" logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Rv. 254893).
3. Essendo questo il perimetro entro il quale deve essere valutato il provvedimento impugnato, l'ordinanza del Tribunale della cautela risulta giuridicamente assente nella parte in cui non ha evidenziato i motivi per cui, a fronte di un annullamento pur espressamente enunciato in parte motiva in ordine al sequestro probatorio disposto sul presupposto che la convalida del Pubblico Ministero fosse carente di indicazioni tali da far comprendere le ragioni poste alla base del vincolo imposto, non ha inteso poi disporre la restituzione di tutti i beni in sequestro, compreso il quaderno di appunti che nel medesimo contesto e con lo stesso atto era stato sequestrato dalla polizia giudiziaria a seguito del suo rinvenimento all'interno della borsa dell'indagata.
4. Palese, invero, risulta la discrasia contenuta nel provvedimento impugnato che, da un canto, evidenzia l'insufficienza della sola enunciazione del titolo di reato per cui si procede (73 d.P.R. n. 309 del 1990) e ne statuisce l'annullamento, in adesione a quella giurisprudenza di questa Corte secondo cui deve essere comunque ipotizzata una fattispecie di reato, tale da giustificare le ragioni del vincolo impresso (pag. 3, testualmente: «Per tali ragioni, il decreto di sequestro deve essere annullato, con conseguente restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto»), dall'altro, dispone, in parziale accoglimento dell'istanza di riesame, la sola restituzione della somma di denaro in contante e non anche la restituzione di tutti i beni in sequestro, sul cui vincolo nessuna motivazione si scorge.
5. La carenza assoluta di motivazione in ordine alle ragioni del sequestro probatorio degli appunti (sia quanto al provvedimento di sequestro convalidato dal Pubblico Ministero, sia - in parte qua - quanto all'ordinanza del riesame) impone l'annullamento senza rinvio del provvedimento di convalida del sequestro e di quello del riesame impugnato con la conseguente necessità che il bene venga restituito all'avente diritto.
In tal senso depone ormai solida giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell'accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, neppure integrato sul punto dal pubblico ministero all'udienza di riesame, sia stato confermato dall'ordinanza emessa all'esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (S.U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226713 - 01).
6. Non risulta inutile precisare, richiamando decisioni di questa Corte che si sono occupate della questione afferente all'oggetto della restituzione, come la stessa debba avvenire senza che possa ipotizzarsi una previa estrazione di copia da parte degli organi inquirenti, tenuto conto che, così facendo, verrebbe vanificato, in ipotesi come quella in esame in cui sono stati sequestrati appunti personali che la ricorrente custodiva nella propria borsa, lo stesso provvedimento di questa Corte.
La presente decisione, infatti, non si limita ad annullare il provvedimento del Tribunale del riesame che, nonostante avesse messo in risalto, per quel che qui rileva, l'assenza di indicazioni tali da consentire di apprezzare la sussunzione della condotta in una fattispecie astratta di reato, ha comunque mantenuto il vincolo reale su parte di quanto oggetto di sequestro, ma lo stesso decreto di sequestro del Pubblico Ministero.
Sul punto deve essere richiamata la decisione di questa Corte che proprio per evidenziare i limiti del necessario interesse alla restituzione del bene sottoposto a sequestro ha distinto nettamente tra ciò che il bene è in grado di esprimere in quanto tale, si pensi al denaro, ai gioielli, ad una pistola legalmente detenuta, e quanto invece quel bene è in grado di esprimere per il ricorrente in ragione di un dato informativo comunque di qualche utilità per il suo detentore e, in quanto tale, replicabile per un numero indeterminato di volte. Si è, infatti, precisato come realizzi comunque un «sequestro probatorio l'acquisizione, mediante estrazione di copia informatica o riproduzione su supporto cartaceo, dei dati contenuti in un archivio informatico visionato nel corso di una perquisizione legittimamente eseguita ai sensi dell'art. 247 cod. proc. pen., quando il trattenimento della copia determina la sottrazione all'interessato dell'esclusiva disponibilità dell'informazione» (Sez. 6, n. 24617 del 24/02/2015, Rizzo, Rv. 264093).
Seppure la decisione richiamata abbia avuto ad oggetto il sequestro dei "dati informatici" che secondo la disciplina prevista dalla legge n. 48 del 2008 sono sequestrabili, essendosene prevista l'equiparazione ai beni materiali, le ragioni che sono alla base di tale decisione, il cui principio di diritto è stato in concreto richiamato in numerose altre pronunce di questa Corte che hanno rilevato la permanenza del sequestro del bene tutte le volte in cui si effettua e trattiene una copia quando permane, sul piano del diritto sostanziale, una perdita autonomamente valutabile per il titolare del dato che si vede di fatto privato della titolarità esclusiva del dato cognitivo contenuto nel bene che di fatto esplica una mera funzione servente tale da veicolare l'informazione.
Qualora si consentisse la realizzazione di realizzare una copia, si è osservato (in motivazione cfr. Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358), si avallerebbe la possibilità di sequestrare un bene per realizzare una copia identica all'originale, con funzione meramente esplorativa, impedendo il successivo controllo di legittimità in ordine alla adozione del provvedimento ablatorio sul presupposto della mera restituzione del contenitore dei dati (Sez. 6, n. 41974 del 14/02/2019, Guastella, Rv. 277372, in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che la decisione di estrarre copia dei dati informatici è espressione di un'autonoma e discrezionale valutazione dell'autorità giudiziaria, che richiede l'indicazione della rilevanza probatoria di ciò che è stato acquisito e della pertinenza con gli ipotizzati reati).
Nessuna differenza, allora, sussiste tra il "dato informatico" contenuto su un supporto digitale o l'informazione contenuta su supporto cartaceo o di altro tipo, potendosi affermare come in entrambe le ipotesi ciò che rileva non è il bene in sé, ma l'interesse del titolare ad esercitare sullo stesso una esclusiva signoria non concedendo a terzi di conoscere l'informazione contenuta.
Seppure ciò possa, eventualmente, coincidere anche con un eventuale interesse a veder espunta l'informazione dal compendio probatorio, evenienza che come ribadito da questa Corte (si è affermato che «Una volta restituita la cosa sequestrata, la richiesta di riesame del sequestro, o l'eventuale ricorso per cassazione contro la decisione del tribunale del riesame è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, che non è configurabile neanche qualora l'autorità giudiziaria disponga, all'atto della restituzione, l'estrazione di copia degli atti o documenti sequestrati, dal momento che il relativo provvedimento è autonomo rispetto al decreto di sequestro, né è soggetto ad alcuna forma di gravame, stante il principio di tassatività delle impugnazioni»; la fattispecie era relativa al sequestro di un computer e di alcuni documenti (Sez. U, n. 18253 del 24/04/2008, Tchmil, Rv. 239397 - 01) non è idonea a supportare un concreto interesse all'impugnazione da parte del ricorrente, ciò che nel caso in esame rileva attiene al differente e non sempre sovrapponibile (rispetto alla valenza probatoria) profilo della titolarità del bene, da intendersi nei limiti sopra precisati di diritto del possessore a restare titolare esclusivo delle informazioni contenute nel supporto.
Dopo tutto, se per ormai pacifica giurisprudenza di questa Corte l'estrazione di copia delle informazioni di un supporto digitale dissequestrato realizza un autonomo vincolo non consentito senza differente atto ablatorio, non si vede perché analoga situazione non si realizzi allorché una determinata informazione venga trascritta su un supporto fisico, quale quello è cartaceo, e di questa se ne faccia copia: come non hanno senso i concetti di "copia" ed "originale" quando si prelevino da un supporto digitale i dati informatici in esso memorizzati, così non ha senso di parlare di riproduzione in copia quando l'informazione venga comunque acquisita attraverso una duplicazione del documento.
Quanto osservato non si pone in contrasto con la citata sentenza delle Sezioni Unite Tchmil citata, non tanto perché la citata decisione è di fatto coeva alla legge n. 48 del 2008 del 18 marzo 2008 con cui è stata ratificata dall'Italia la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica (entrata in vigore il 5 aprile 2008), quanto perché la sentenza non ha preso in esame il tema del sequestro dell'informazione contenuta sul supporto cartaceo, limitandosi ad affrontare la tematica in ordine alla rilevanza probatoria del dato informatico.
In tale direzione vanno anche le decisioni di questa Corte che, seppure abbiano sempre ad oggetto problematiche connesse alla restituzione del bene inteso quale supporto digitale (per la capacità di tale strumento di essere naturalmente destinato alla conservazione di un gran quantità di informazioni) hanno stabilito che nel sequestro di supporti informatici la copia del dato informatico in esso contenuto ed il suo trattenimento non possono ritenersi una "restituzione del bene" in sequestro quando il valore in sé del dato risulti ancora sottratto all'avente diritto (S.U, n. 40963 del 20/07/2017, Andreucci, Rv. 270497, che ha confermato quanto statuito da Sez. 6, n. 24617 del 24/02/2015, Rizzo, cit.).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e il decreto di sequestro, disponendo la restituzione dei documenti sequestrati all'avente diritto.