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Russia, rassicurazioni diplomatiche vanno verificate (Cass. 18044/22)

5 maggio 2022, Cassazione penale

L'Autorità giudiziaria dello Stato richiesto è tenuta a verificare, sulla base di informazioni precise e dettagliate riguardo alle connotazioni del trattamento e dell'intero percorso rieducativo seguito negli istituti penitenziari ove l'estradando verrà accolto, l'affidabilità della garanzia proveniente dallo Stato richiedente in merito all'osservanza degli standards convenzionali previsti ai fini del rispetto dei principi stabiliti dalla CEDU, così come interpretati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Per l'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen. la Corte d'appello può fondare la propria decisione in ordine all'esistenza di violazioni dei diritti umani nel Paese richiedente anche sulla base di documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative - quali, ad es., Amnesty International e Human Rights Watch -, in quanto si tratta di organizzazioni ritenute affidabili sul piano internazionale.

Quando ad uno Stato membro dell'Unione europea nel quale si sia recato un cittadino avente la cittadinanza di un altro Stato membro viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo, esso è tenuto ad informare lo Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza, al fine di consentire alle competenti autorità di quest'ultimo la possibilità di emettere un mandato d'arresto europeo per la sua consegna ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

 

Corte di Cassazione

Sent. Sez. VI penale

Num. 18044 Anno 2022

Presidente: RICCIARELLI MASSIMO Relatore: DE AMICIS GAETANO
Data Udienza: 30/03/2022 - deposito 5 maggio 2022

SENTENZA

sul ricorso proposto da
AK (alias KA)), nato il **/1965 in Russia

avverso la sentenza del 14/01/2022 della Corte d'appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Gaetano De Amicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. AL, che ha concluso insistendo nell'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 gennaio 2022 la Corte di appello di Milano ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per la estradizione processuale alla Federazione Russa del cittadino greco AK alias KA, in relazione all'ordine di cattura emesso dal Tribunale di Syktyvkar in data 15 marzo 2012 per i reati di partecipazione ad organizzazione criminale, partecipazione ad un gruppo armato stabile e ad assalti da esso perpetrati, nonché per il reato di omicidio, di cui agli artt. 210, par. 2, 209, par. 2, 105, par. 2, punti g) ed h) del codice penale russo.

2. Avverso la richiamata decisione hai proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo violazioni di legge ai sensi degli artt. 700, comma 2, lett. c), 703, 704 e 705 cod. proc. pen., in relazione all'omessa analisi dei rilievi dattiloscopici di confronto utili per l'accertamento della reale identità della persona richiesta, avendo la Corte d'appello omesso di raffrontare quelli trasmessi dallo Stato richiedente in relazione alla persona del K con quelli eseguiti sulla persona dell'A.

L'unico elemento di riscontro a sostegno della coincidenza delle due identità sarebbe offerto da una fotografia - non trasmessa con la richiesta di estradizione - della quale, peraltro, s'ignorano la provenienza e la natura, la data di formazione e l'autore della trasmissione.

Negli atti inviati dalla Federazione russa, inoltre, manca ogni riferimento alla persona dell'A, mentre qualsiasi atto ed elemento di riscontro indiziario in termini di imputazione del soggetto ricercato vengono riferiti esclusivamente alla persona del K.

2.1. Con un secondo motivo si deducono violazioni di legge ex artt. 705, comma 2, lett. a) e lett. c), 698 cod. proc. pen. e 4, par. 2, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in relazione alla omessa valutazione riguardo al trattamento carcerario e sanzionatorio cui l'estradando verrebbe sottoposto, per avere la Corte d'appello ritenuto sufficienti le generiche indicazioni fornite dallo Stato richiedente, sebbene alcuna indicazione concreta vi fesse rinvenibile con riferimento all'effettivo rispetto del disposto di cui all'art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nonostante i documentali rilievi inerenti alle condizioni drammatiche in cui versano gli istituti penitenziari russi e alle recenti condanne pronunciate dalla Corte EDU per condotte risultate contrarie all'art. 3 CEDU.

2.2. Con un terzo motivo, infine, si censurano analoghi vizi in relazione agli artt. 18, 20 e 21 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, attesa la mancata informazione alla Grecia, quale Stato di cittadinanza dell'estradando, dell'avvenuta ricezione della richiesta di estradizione proveniente da uno Stato terzo, con la conseguente omessa motivazione sull'eccezione difensiva al riguardo formulata.

3. Con memoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 24 marzo 2022 il difensore dell'estradando, Avv. AL, ha illustrato ulteriori argomenti a sostegno dei motivi del ricorso, insistendo nel suo accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2. In ordine al primo motivo deve rilevarsi come le affermazioni contenute nella sentenza impugnata non siano risolutive riguardo ai molteplici profili di doglianza attinenti al necessario accertamento della reale identità dell'estradando, poiché, per un verso, non hanno spiegato, se non in via congetturale, il motivo per il quale egli sia in possesso di regolari documenti di identità rilasciati dalle autorità greche, per altro verso, non hanno esaminato il complesso delle eccezioni puntualmente formulate dalla difesa.

Richiamato quanto già esposto in narrativa (v., supra, il par. 2), deve altresì soggiungersi come, ai fini della certa attribuzione dell'identità del K alla persona dell'odierno ricorrente, la decisione impugnata abbia incongruamente ritenuto sufficiente il contenuto di una missiva inviata dallo Stato richiedente, ove si rilevava che, in apparente contraddizione con quanto attestato nei documenti in possesso dell'estradando (certificato di nascita e matrimonio dei genitori) e con quanto da lui stesso dichiarato, la persona dell'A non era registrata con passaporto russo e non era cittadino della Federazione russa: a tal riguardo, infatti, la Corte distrettuale non ha valutato l'errore nella indicazione del nominativo dell'estradando, né le circostanze di fatto — anch'esse puntualmente segnalate dalla difesa - relative all'assenza di ogni accertamento rispetto alla madre del ricorrente e al numero di passaporto russo verificato come non corrispondente al nominativo dell'A.

Sui rilievi dattiloscopici offerti in conoscenza dallo Stato richiedente non è stato svolto alcun accertamento comparativo, né può ritenersi sorretta da una congrua base logico-argomentativa la congetturale affermazione secondo cui l'accertata genuinità dei documenti di identità greci non escluderebbe l'assunzione di una nuova identità.

3. Parimenti fondato deve ritenersi il terzo motivo di ricorso, concernente l'omessa attivazione della procedura di informazione della Repubblica Ellenica, di cui l'estradando è cittadino, in merito alla richiesta di estradizione avanzata nei suoi confronti dalla Federazione Russa.

Sotto tale profilo, invero, deve ritenersi assorbente la decisiva considerazione che le decisioni al riguardo emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15; 10 aprile 2018, Pisciotti, C.191/16; 17 dicembre 2020, BY con l'intervento di Generarstaatsanwaltschaft Berlin, C-398/19) hanno stabilito il principio secondo cui, quando ad uno Stato membro dell'Unione europea nel quale si sia recato un cittadino avente la cittadinanza di un altro Stato membro viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo, esso è tenuto ad informare lo Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza, al fine di consentire alle competenti autorità di quest'ultimo la possibilità di emettere un mandato d'arresto europeo per la sua consegna ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

Analogo principio è stato al riguardo affermato da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 26310 del 26/05/2021, Klug, Rv. 281543).

A tal fine, conformemente al principio di leale cooperazione sancito dall'art. 4, par. 3, primo comma, TUE, l'Unione europea e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai Trattati (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15, punto 42), sicché spetta allo Stato membro richiesto informare le autorità competenti dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza non solo dell'esistenza di una domanda di estradizione che la riguarda, ma anche di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell'ambito di tale domanda di estradizione, fermo restando che tali autorità sono nondimeno tenute a rispettare la riservatezza di tali elementi qualora quest'ultima sia stata richiesta da detto Stato terzo, debitamente informato al riguardo.

Inoltre, incombe egualmente sullo Stato membro richiesto dell'estradizione l'obbligo di tenere informate dette autorità di ogni cambiamento della situazione in cui si trova la persona reclamata, che risulti rilevante ai fini dell'eventuale emissione nei suoi confronti di un mandato d'arresto europeo conformemente a quanto esposto nei punti 43 e 44 della richiamata decisione del 17 dicembre 2020, pronunziata dalla Corte di giustizia nel caso BY.

4. In ordine al contenuto delle ragioni di doglianza oggetto del secondo motivo di ricorso questa Suprema Corte si è in linea generale pronunziata, stabilendo il principio secondo cui, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., è necessario valutare se sussiste un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente, utilizzando, a tal fine, elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione colà vigenti e, verificata la sussistenza di tale rischio, deve svolgere un'indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto,
l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (cfr. Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher,, Rv. 268109).

Si è inoltre precisato che, in tema di estradizione per l'estero, in presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti attestata da fonti internazionali affidabili, è onere della corte di appello, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., richiedere informazioni integrative tese a conoscere il trattamento penitenziario cui sarà in concreto sottoposto l'estradando, ai sensi dell'art. 13 della Convenzione europea di estradizione, anche in mancanza di allegazioni difensive al riguardo (Sez. 6, n. 22818 del 23/07/2020, Balcan, Rv. 279567).

4.1. Nell'esaminare le ragioni di doglianza formulate dalla difesa, la Corte distrettuale si è uniformata al quadro dei principi testé richiamati, disponendo l'acquisizione, tramite il Ministero della giustizia, di informazioni integrative dalle competenti Autorità dello Stato richiedente, sì da verificare lo stato delle attuali condizioni di trattamento nei relativi istituti cili pena.

Sulla base della nota di risposta inviata dal Ministero della giustizia in data 11 gennaio 2022, con la quale si trasmettevano gli elementi di riscontro pervenuti dallo Stato richiedente, la sentenza impugnata ha ritenuto infondate le eccezioni difensive in punto di adeguatezza del trattamento detentivo, per un verso escludendo l'esistenza di una situazione di fatto diffusa a carattere sistemico, o comunque generalizzato, di violazione dei diritti fondamentali delle persone ristrette negli istituti penitenziari dello Stato richiedente, per altro verso ponendo in rilievo la circostanza che nella casa circondariale indicata come quella di destinazione dell'estradando - situata nel territorio della Repubblica dei Komi - non sussistono condizioni di sovraffollamento carcerario per l'idoneità degli spazi abitativi (di quattro mq.) riservati a ciascuna' persona e vengono rispettati gli altri standards rilevanti (durata dell'esposizione a luce diurna, riscaldamento, approvvigionamento idrico, illuminazione naturale ed artificiale, attrezzature presenti nelle celle ecc.) ai fini dell'osservanza delle garanzie previste dalle disposizioni di cui agli artt. 3 e 4 CEDU.

4.2. Ciò premesso, deve tuttavia rilevarsi che l'Autorità giudiziaria dello Stato richiesto è tenuta a verificare, sulla base di informazioni precise e dettagliate riguardo alle connotazioni del trattamento e dell'intero percorso rieducativo seguito negli istituti penitenziari ove l'estradando verrà accolto, l'affidabilità della garanzia proveniente dallo Stato richiedente in merito all'osservanza degli standards convenzionali previsti ai fini del rispetto dei principi stabiliti dalla CEDU, così come interpretati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (da ultimo v. Sez. 6, n. 9680 del 26 gennaio 2022, Plasciuc; Sez. 6, n. 31257 del 6 ottobre 2020, Nastas; v., inoltre, i precedenti richiamati da Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Ministero della giustizia- Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Rv. 280433).

Nella medesima prospettiva devono altresì richiamarsi i principi stabiliti dalla Corte di giustizia (Grande Sezione, 2 aprile 2020, C-897-19 PPU, I.N.), secondo cui lo Stato membro richiesto dell'estradizione, conformemente all'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta le pene o i trattamenti inumani e degradanti, non può limitarsi a prendere in considerazione le sole dichiarazioni dello Stato terzo richiedente o l'accettazione, da parte di quest'ultimo, di trattati internazionali che garantiscono, in via di principio, il rispetto dei diritti fondamentali. L'autorità competente dello Stato membro richiesto « deve fondarsi, ai fini di tale verifica, su elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, elementi che possono risultare, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali, quali sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, da decisioni giudiziarie dello Stato terzo richiedente nonché da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d'Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15, EU:C:2016:630, punti da 55 a 59 e giurisprudenza ivi citata)».

In relazione a tali profili, di contro, non risulta essere stata esaminata la documentazione dal ricorrente prodotta in merito al rilievo attribuibile a recenti decisioni di condanna emesse dalla Corte EDU (Terza Sezione, 19 gennaio 2021, Shlykov e altri c. Russia, nn. 78638/11 ecc.) per violazioni (relative a pratiche di ammanettannento sistematico e prolungato di persone detenute per gravi fatti di reato) verificatesi nel territorio ove sarebbe ubicato l'istituto penitenziario di destinazione, né quella relativa alle risultanze offerte da una dettagliata e recente (13 gennaio 2022) inchiesta giornalistica di un quotidiano italiano riguardo all'esistenza di pratiche di tortura ed atti di violenza diffusi in numerosi istituti di pena dello Stato richiedente, ovvero agli esiti di una, altrettanto recente, visita ispettiva effettuata (dal 20 settembre al 4 ottobre 2021) in numerosi centri penitenziari russi dal Comitato di prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa [Council of Europe's Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT)].

V'è altresì da considerare che, alla luce dei principi stabiliti da questa Suprema Corte in ordine ai criteri di verifica del denunciato pericolo di trattamenti crudeli, disumani o degradanti (da ultimo v. Sez. 6, n. 54467 del 15/11/2016, Resneli, Rv. 268933), per l'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen. la Corte d'appello può fondare la propria decisione in ordine all'esistenza di violazioni dei diritti umani nel Paese richiedente anche sulla base di documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative - quali, ad es., Amnesty International e Human Rights Watch -, in quanto si tratta di organizzazioni ritenute affidabili sul piano internazionale, secondo quanto affermato anche dalla giurisprudenza della Corte EDU nella sentenza Saadi c. Italia del 28 febbraio 2008.

A tal proposito, dall'ultimo rapporto elaborato dall'organizzazione Amnesty International (2021-2022) emerge, con riferimento alle condizioni in cui versano gli istituti di pena dello Stato richiedente, la persistenza, con tratti definiti "endemici", di atti di tortura ed altri maltrattamenti in danno di persone ristrette in stato custodiale, mentre continuano ad essere "assai rari" i procedimenti giudiziari avviati nei confronti degli autori di tali condotte.

4.3. Deve infine rilevarsi che, in seguito al conflitto bellico di recente verificatosi nel territorio dell'Ucraina, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, preso atto (con la Risoluzione CM/Res (2022)2 adottata il 16 marzo 2022) che il Governo della Federazione Russa, con comunicazione del 15 marzo 2022, ha informato il Segretario Generale del proprio recesso dal Consiglio d'Europa e della propria intenzione di denunciare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ha deciso - nell'ambito della procedura avviata ai sensi dell'art. 8 dello Statuto del Consiglio d'Europa - che la Federazione Russa cessi di essere membro del Consiglio d'Europa a partire dal 16 marzo 2022.

Con una successiva Risoluzione adottata il 23 marzo 2022 nella riunione 1429- bis dei Delegati dei Ministri [CM/Res(2022)3)], il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, richiamate, in particolare, la sua precedente risoluzione del 16 marzo 2022 e quella adottata il 22 marzo 2022 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sulle conseguenze della cessazione dell'appartenenza della Federazione Russa al Consiglio d'Europa alla luce dell'art. 58 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ha deciso, fra l'altro, che la Federazione Russa, pur continuando ad essere parte contraente delle convenzioni e dei protocolli conclusi nell'ambito del Consiglio d'Europa, cui ha espresso il proprio consenso ad essere vincolata, e che sono aperti all'adesione di Stati terzi (come ad es. quella relativa all'estradizione), cessa di essere un'Alta Parte contraente della Convenzione europea dei diritti dell'uomo il 16 settembre 2022.

Evenienze fattuali e procedimentali, quelle or ora indicate, che la Corte distrettuale dovrà esaminare unitamente al complesso dei su esposti profili di criticità che hanno costituito oggetto delle — non adeguatamente vagliate - ragioni di doglianza enucleate nel secondo motivo di ricorso, apprezzandone in concreto l'incidenza alla luce del fatto che nella domanda di estradizione le Autorità dello Stato richiedente hanno richiamato espressamente le disposizioni di cui agli artt. 3 e 6 CEDU quali parametri di riferimento da rispettare al fine di garantire l'estradando dal pericolo di torture o trattamenti inumani, degradanti e lesivi della dignità umana: disposizioni convenzionali, queste, che racchiudono l'affermazione di principi fondamentali, solennemente sanciti in una Convenzione internazionale della quale lo Stato richiedente, tuttavia, cesserà di far parte dal 16 settembre 2022, in conseguenza del suo recesso dal Consiglio d'Europa e della sua intenzione di denunciare proprio quella Convenzione europea.

5. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello in dispositivo indicata.

La Cancelleria provvederà all'espletamento degli incombenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.