Non sussiste un diritto al silenzio assoluto ma un diritto a non subire rumori che superino la normale tollerabilità tenuto conto delle situazioni soggettive.
Il rispetto della normativa in materia di inquinamento acustico, e in particolare in relazione al rumore immesso nell’ambiente abitativo non significa che i rumori siano leciti anche da un punto di vista civilistico dovendosi tener conto del rumore di fondo del luogo ove si trovano gli appartamenti interessati, dell’orario in cui il rumore viene prodotto; della natura del rumore e la ripetizione dello stesso. Si tratta di due normative autonome e differenti, che richiamano due distinti settori del diritto: i rapporti con la pubblica amministrazione da un lato (per evitare l’inquinamento acustico) e i rapporti privati dall’altro (per evitare di danneggiare il vicino di casa).
Tribunale di Napoli, sez. VIII Civile, sentenza 30 maggio – 8 giugno 2018, n. 5681
Giudice Di Salvo
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione, ritualmente notificato (…), in qualità di proprietario di un immobile sito in (…) facente capo di un complesso di nr. 5 villette su due livelli con mura perimetrali e confini adiacenti, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di (…) rappresentando quanto segue:
che la predetta aveva costruito un nuovo bagno al piano superiore della sua proprietà che era immediatamente confinante col muro della propria camera da letto;
che da tale bagno derivavano all’attore una serie di fastidi e danni mai riscontrati prima;
che le nuove opere sono solo quelle esterne e sono costituite da due griglie sistemate sulle pareti esterne…e da una tubazione in P.V.C. di diametro pari a circa 100mm per lo scarico di acque luride;
che l’attore subiva i rumori di diversa natura prodotti sia di giorno che di notte nel muro comune in corrispondenza della camera da letto e della cucina dell’attore a causa dei nuovi impianti idrici di carico e scarico, in violazione dell’art. 889 c.c..
Antecedentemente, sempre su impulso del (…), era stato, altresì espletato Accertamento tecnico preventivo (RG. 42141/06), ad opera dell’arch. A. F., in seguito veniva instaurato il presente giudizio.
Si istaurava il contraddittorio con la costituzione della convenuta la quale rappresentava che alcuna nuova costruzione era stata da lei realizzata, se non una mera ristrutturazione, effettuata nell’anno 2000 (ovvero ben sei anni dall’instaurazione del presente giudizio) che aveva comportato solo un diverso posizionamento dei due bagni siti al piano superiore su cui già a far data dalla costruzione dell’edificio, (risalente agli anni ’70), si rilevava l’esistenza di due bagni, di cui uno confinante con la camera da letto dell’abitazione attorea.
La convenuta G., inoltre, eccepiva il carattere di ordinaria amministrazione di eventuali rumori, riferibili a quelli di lieve entità normalmente rilevabili tra immobili posti a confine (con carattere di reciprocità) e circoscritti, chiaramente, nei limiti di cui all’art. 844 c.c., in ogni caso non determinati dalla parziale ristrutturazione della villetta.
Depositate le memorie ex art. 183 comma VI c.p.c., veniva rigettata la richiesta di ammissione di prova testimoniale articolata dall’attore e veniva svolta nuova CTU e – dopo varie lungaggini processuali tra cui anche la soppressione della sezione distaccata di (…) – la causa veniva, infine, riservata in decisione.
Venendo al merito della controversia va rilevato che vi è una netta contrapposizione tra le risultanze della CTU svolta in sede di ATP e quelle della CTU svolta nel corso del presente giudizio.
Invero, la prima CTU a cura dell’arch. A. F. precisa i seguenti punti:
“osservando le piante originali fornite dal costruttore le cucine delle singole abitazioni collocate, ovviamente al piano rialzato, sono installate con gli impianto di carico e scarico sulle parti comuni di confine” e ciò già al momento dell’acquisto;
anche in origine gli impianti erano posti nel muro di confine come da edificazione della ditta costruttrice;
per il bagno del piano rialzato della convenuta, benché ristrutturato, il CTU precisa che gli impianti di carico e scarico sono rimasti nella posizione originaria;
per il bagno del piano superiore della convenuta il CTU precisa che anche qui l’originario bagno era posizionato proprio nel muro di confine e, quindi, anche gli impianti di carico e scarico erano posti nel muro comune alle due proprietà; in questo predetto piano la convenuta ha creato un secondo bagno posizionandone gli scarichi affianco al bagno già esistente.
Il CTU ing. P. ha condiviso gli accertamenti sullo stato dei luoghi della CTU dell’ATP ma ha, invece, precisato quanto segue:
Il rumore originato dai servizi igienici ubicati nell’abitazione della sig.ra G. G. supera il limite di tollerabilità stabilito in +3 db(a) rispetto al rumore di fondo sia continuo che istantaneo, sia al piano rialzato che al primo piano con la particolarità che al primo piano gli impianti sono in corrispondenza della parte comune.
Pertanto il CTU Ing. P. proponeva per la soluzione della problematica denunciata o l’interposizione di elementi fonoassorbenti o nello spostamento delle sorgenti sonore.
Il CTU precisa che “il rumore originato dai servizi igienici ubicati nell’abitazione della sig.ra F. G. supera il limite di normale tollerabilità stabilito in +3 db(a) rispetto al rumore di fondo” … e ciò esclusivamente “durante le fasi di scarico e di carico della cassetta di scarico del wc del bagno al piano rialzato (piano inferiore); durante l’utilizzo dei componenti dei bagni del primo piano”… “tranne che per gli areatori”… con particolare riferimento al bagno piccolo posto al piano superiore (cfr. pag. 9 di 11 CTU).
La convenuta ha precisato che dall’estate 2016 il villino è rimasto disabitato per effetto del trasferimento di tutto il nucleo familiare della convenuta (cfr. certificato di stato di famiglia della G. (al 01/01/2007), nonché certificati di residenza dei suoi figli (f. F. e F. D.) oltre che della medesima (documenti, tutti, attestanti circostanze sopravvenute alla scadenza del termine ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c. e , pertanto, di formazione successiva).
Circa lo scarico del wc del piano rialzato, lo stato dei luoghi non è mutato in seguito alla ristrutturazione, rispetto all’epoca di costruzione.
Pertanto, è da ritenersi che ogni questione relativa sia da ritenersi infondata e ormai prescritta.
Circa i bagni posti al piano superiore, questi sono stati utilizzati come zona notte con conseguente utilizzo ridotto in termini di tempo e nelle ore serali.
Va, altresì, considerato che il CTU, dopo aver ricostruito il rapporto di confine sussistente tra gli immobili in esame (a pag. 9) ha in effetti riscontrato che anche il bagno originario della G., ad oggi immutato, risulterebbe “rumoroso”.
Si ricorda che la Suprema Corte è costante nell’affermare che “non avendo il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose carattere assoluto, ma essendo esso relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona alle abitudini degli abitanti, spetta al giudice del merito sia accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e l’individuazione degli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della normale tollerabilità" (ex multis Cass n. 3438/10).
Pertanto, il fastidio e la sua insopportabilità devono essere valutati caso per caso.
In particolare nella sentenza n. 3440 dell’11 febbraio 2011, si legge che “il limite di tollerabilità non è assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona, per cui tale limite è più basso in zone destinate ad insediamenti abitativi, ma è anche vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore.
In altri termini, il fatto che un rumore venga percepito non significa anche che sia intollerabile. La normale tollerabilità, poi, va riferita alla sensibilità dell’uomo medio. Non si può, infine, non tenere conto della durata continua o della occasionalità delle immissioni sonore.
Nella specie i giudici di merito, ritenendo scarsamente percepibili le immissioni di rumore, hanno tenuto conto di tutti gli elementi essenziali (il rumore della ventola d’aspirazione er percepibile solo nelle ore serali o notturne; la ventola era situata in immobile addirittura non confinante con quello della attrice e funzionava solo quando veniva usato il bagno, per eliminare i cattivi odori)”.
Pertanto, non sussiste un diritto al silenzio assoluto quanto piuttosto a non subire rumori eccessivi che superino la normale tollerabilità tenuto conto delle situazioni soggettive.
Se è vero che “quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni, l’esistenza del danno è in re ipsa e , pertanto, il vicino, fino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non venga eliminato, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno a norma dell’art. 2043 c.c. (Sez. 2, Sentenza n. 4693 del 18/10/1978; Sez. 2, Sentenza n. 2580 del 12/03/1987; Sez. 3 Sentenza n. 5844 del 13/03/2007” (Cass. 2864/2016), tuttavia, una cosa è il rispetto della disciplina amministrativa in tema di soglie di rumori, altra la previsione codicistica secondo cui i rumori – specie quelli in un condominio – non devono risultare intollerabili.
Si tratta di due normative autonome e differenti, che richiamano due distinti settori del diritto: i rapporti con la pubblica amministrazione da un lato (per evitare l’inquinamento acustico) e i rapporti privati dall’altro (per evitare di danneggiare il vicino di casa).
Dunque, il rispetto del decreto del 1991 non significa che i rumori siano leciti anche da un punto di vista civilistico dovendosi tener conto del rumore di fondo del luogo ove si trovano gli appartamenti interessati, dell’orario in cui il rumore viene prodotto; della natura del rumore e la ripetizione dello stesso.
Pertanto, è da ritenersi – come osservata dalla parte convenuta – che la causa dei rumori vada ricercata nella modalità costruttive originarie dei villini, carenti nell’isolamento acustico (vizio strutturale accettato dalle parti fin dall’acquisto).
Va dunque ritenuto che i locali oggetto di giudizio non sono stati più utilizzati dopo il 2016 e la causazione dei rumori della zona notte sia avvenuta in modo discontinuo ed in orari di prima serata, circostanza che non possono arrecare all’attore alcun apprezzabile disturbo.
In conclusione, alla luce delle molteplici considerazioni finora svolte, la domanda attorea deve esser rigettata.
La natura della presente controversia e l’esito della stessa costituiscono, complessivamente considerati, motivi idonei a giustificare l’integrale compensazione delle spese di lite, ai sensi di quanto disposto dall’art. 92, comma secondo, del Codice di Procedura Civile
P.Q.M.
Il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunziando nella causa civile promossa come in narrativa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
rigetta la domanda;
compensa le spese.