Soltanto al publico ministero compete l'identificazione, tra le informazioni e le comunicazioni che gli pervengono, della notizia di reato e, quindi, a contrario, della pseudonotizia, per la cui archiviazione non deve perciò intervenire il giudice delle indagini preliminari.
Per evitare comunque l'esclusione erronea di notizie di reato tramite l'iscrizione al registro delle pseudonotizie, il giudice, richiesto dell'archiviazione di un affare iscritto al registro delle pseudo notizie, non può rimettere gli atti al PM dichiarando non luogo a provvedere, bensì procede all'esame e, se ve ne sono i presupposti, anche all'archiviazione di un fascicolo rubricato a mod. 45.
Quando il querelante ritiene erronea la iscrizione come pseudonotizia, deve sollecitare il PM a inviare il fascicolo all'esame del giudice ai fini di un controllo sull'infondatezza della notizia di reato: in caso di rifiuto della trasmissione degli atti al giudice, tale rifiuto, causando una stasi procedimentale, può costituire provvedimento abnorme, in quanto tale ricorribile per cassazione.
La richiesta di avocazione che non istituisce obbligo in capo al Procuratore Generale presso la Corte d'appello di avocare, nè tantomeno di iscrivere il fascicolo a mod. 21.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
(ud. 24/10/2012) 20-12-2012, n. 49485
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Presidente -
Dott. MARINI Luigi - Consigliere -
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere -
Dott. GRAZIOSI Chiara - rel. Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
2) A.G. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 32/2011 PROC.GEN.CORTE APPELLO di PALERMO, del 15/02/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette le conclusioni del PG: rigetto.
Svolgimento del processo
1. Con provvedimento emesso il 15 febbraio 2012 la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Palermo ha respinto l'istanza di avocazione di un procedimento, n. 2305/2010 mod. 45 P.R. Palermo, proposta dal difensore di A.G., dalla cui denuncia-querela era derivato il suddetto procedimento, che peraltro il PM aveva archiviato.
Il Procuratore Generale ha ritenuto che l'avocazione non è un rimedio utilizzabile nel caso di iscrizione al mod. 45 tranne si tratti di erronea valutazione della pseudonotizia, che invece, come notitia criminis, andava iscritta nel registro delle notizie di reato (modello 21). Ha altresì affermato che per gli atti penalmente irrilevanti non vi è procedura formale di archiviazione, e quindi non vi è controllo del giudice; e i fatti esposti nella denuncia- querela non hanno in questo caso rilevanza penale.
2. Contro tale provvedimento ha presentato ricorso la difesa di A., denunciando due motivi.
Il primo motivo prospetta violazione delle norme processuali stabilite a pena nullità, per avere il Procuratore Generale, omettendo l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, violato l'art. 335 c.p.p.. L'iscrizione ex mod. 45 effettuata dal PM, invero, era un atto abnorme, dato che nella querela vi erano tutti gli elementi utili per non ritenere la notizia infondata ai fini dell'iscrizione ex art. 335 c.p.p.. Il Procuratore Generale erroneamente aveva approvato l'operato del PM ritenendo de plano la notizia infondata. La giurisprudenza insegna che l'iscrizione nel registro ex art. 335 è un atto del Pubblico Ministero connotato da doverosità e neutralità, ma la Procura Generale non ha applicato tali principi.
Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 408 c.p.p. in relazione all'art. 109 disp. att. c.p.p.. Il PM, archiviando direttamente il caso, ha violato la legge penale escludendo le garanzie richieste dal querelante nell'atto di querela, cioè l'informazione ex art. 408 c.p.p.. Il Procuratore Generale avrebbe dovuto rilevare tale violazione registrando egli stesso la notizia di reato secondo il modello 21. Insegna la giurisprudenza che non sono sottraibili al controllo del gip le notizie di reato su un fatto "manifestamente infondato"; inoltre, quando il denunciante ha chiesto di essere avvisato della richiesta di archiviazione ex art. 408 c.p.p., non può procedersi all'autoarchiviazione del procedimento ma occorre inviare gli atti al gip per la deliberazione sulla richiesta di archiviazione, previa fissazione d'udienza se sussiste opposizione.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è inammissibile.
I due motivi possono essere accorpati nel vaglio, giacchè il loro sostanziale contenuto è la censura della sottrazione, effettuata dal Procuratore della Repubblica e avallata dal Procuratore Generale, dell'archiviazione al controllo del giudice.
Consolidata giurisprudenza insegna che, a monte della procedura di archiviazione, nel cui ambito - se sussiste opposizione ammissibile e la notizia di reato non è palesemente infondata - il controllo del giudice si dispiega all'esito del contraddicono in un procedimento camerale, occorre come presupposto l'esistenza di una notitia criminis. Il legislatore, infatti, ha previsto (ai sensi dell'art. 206 disp. att. c.p.p., con D.M. 30 settembre 1989) la c.d. pseudonotizia istituendo presso le procure della Repubblica il registro degli atti non costituenti notizia di reato (mod. 45); e poichè è potere-dovere soltanto del pubblico ministero l'esercizio dell'azione penale, al pubblico ministero soltanto compete l'identificazione, tra le informazioni e le comunicazioni che gli pervengono, della notizia di reato e, quindi, a contrario, della pseudonotizia, per la cui archiviazione non deve perciò intervenire il giudice delle indagini preliminari (da ultimo Cass. Sez. 1, 29 luglio 2009 n. 31278).
Per evitare comunque l'esclusione erronea di notizie di reato tramite l'iscrizione al registro delle pseudonotizie, il giudice, richiesto dell'archiviazione di un affare iscritto al registro delle pseudo notizie, non può rimettere gli atti al PM dichiarando non luogo a provvedere, bensì procede all'esame e, se ve ne sono i presupposti, anche all'archiviazione di un fascicolo rubricato a mod. 45 (cfr. Cass. sez. 1, 21 ottobre 2009 n. 42884; Cass. sez. 3, 25 maggio 2006 n.18388; Cass. sez. 3, 9 luglio 2003 n.29040; Cass. sez. 1, 9 aprile 2001 n. 14434; S.U. 15 gennaio 2001 n. 34); non risulta peraltro che il ricorrente abbia sollecitato il PM a inviare il fascicolo all'esame del giudice ai fini di un controllo sull'infondatezza della notizia di reato; se lo avesse fatto e il PM avesse rifiutato la trasmissione degli atti al giudice, tale rifiuto, causando una stasi procedimentale, sarebbe stato provvedimento abnorme, in quanto tale ricorribile per cassazione.
Il ricorrente ha invece chiesto l'avocazione, richiesta che non istituisce obbligo in capo al Procuratore Generale presso la Corte d'appello (Cass. sez. 6, 5 giugno 2000 n. 1666) di avocare, nè tantomeno di iscrivere il fascicolo a mod. 21,. Un rifiuto motivato di avocazione non determina poi una stasi procedimentale, rimanendo all'interessato il potere di chiedere il controllo del giudice sull'infondatezza della notizia di reato.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2012