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Prova scientifica nel processo penale (Cass., 18080/15)

29 aprile 2015, Cassazione penale

Escluso che la prova scientifica introduca un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice, ciò che il giudice deve compiere è la verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto.

 

Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 18 marzo ? 29 aprile 2015, n. 18080

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Trento, con sentenza in data 4.10.2012 assolveva B.F. e A.G. dal delitto di omicidio colposo, loro ascritto, perché il fatto non sussiste. Ai predetti imputati, nella qualità di medici curanti, in servizio presso l'Ospedale di Cavalese, per colpa consistita nell'omessa diagnosi e nella mancata predisposizione di adeguata terapia, si addebita di aver provocato il decesso di R.G. , avvenuto per shock settico conseguente ad una diffusa setticemia da Listeria Monocytogenes, avvenuto alle ore 4.30 del (omissis) . La morte del degente era sopravvenuta dopo 40 ore dal ricovero presso il reparto di medicina; ed il ricovero era stato disposto a seguito dell'accesso del R. presso il locale Pronto Soccorso, per possibile trauma cranico, a seguito di incidente stradale.
2. La Corte di Appello di Trento, con sentenza in data 5.02.2014, confermava la richiamata sentenza, condannando la parte civile appellante al pagamento delle spese processuali.
Il Collegio ha rilevato che il giudizio assolutorio si fonda, in primo luogo, sulla estrema rarità della patologia che, secondo le conformi valutazioni espresse dai consulenti tecnici, ha una bassissima incidenza sulla popolazione e che, parallelamente, presenta un elevato tasso di mortalità.
Oltre a ciò, la Corte distrettuale ha sottolineato, nel confermare la valutazione espressa dal Tribunale, che la diagnosi rispetto a tale patologia si basa su indagini microbiologiche, che, nel caso, erano state correttamente disposte; e che, nell'attesa dei risultati, nonostante la terapia antibiotica avviata, era sopravvenuto il decesso, ad appena 40 ore del ricovero del paziente.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento hanno proposto ricorso per cassazione le parti civili E.R. , R.N. e R.P. , a mezzo del difensore.
I ricorrenti, con unico articolato motivo, denunciano la violazione di legge, la mancata assunzione di prova decisiva ed il vizio motivazionale.
Gli esponenti osservano che la Corte di Appello ha affermato che il quadro clinico del R. al momento del ricovero non fosse preoccupante e che i sanitari non avessero elementi per sospettare la setticemia, nel corso della giornata del (omissis) e nella notte tra il (omissis) .
Al riguardo, le parti civili osservano che attribuire valore scriminante, rispetto alla colpa medica, alla sommaria indicazione relativa al codice di accesso al Pronto Soccorso, integra un grave travisamento dei fatti. Considerano, inoltre, che il tipo di incidente stradale occorso al R. - uscita di strada senza coinvolgimento di altri veicoli - testimonia che il paziente, in stato febbrile, immunodepresso, era affetto da un problema neurologico, integrante la reale causa del sinistro.
Gli esponenti ritengono che la mancanza di indicazioni nel diario infermieristico rispetto al giorno (?) ed alla notte tra il (omissis) , non sta a significare che non fossero insorti problemi, ma dimostra che il paziente era stato trascurato.
I ricorrenti osservano che la Corte di Appello non ha esaminato il tema relativo al grado di difficoltà della prestazione medica e neppure il grado di diligenza richiesto. Considerano, inoltre, che se le analisi molecolari fossero state avviate subito, la diagnosi si sarebbe potuta effettuare già nel pomeriggio del giorno (omissis) .
I deducenti rilevano che nella sentenza impugnata manca il giudizio controfattuale, rispetto alla valenza salvifica da assegnare ad un tempestivo trattamento antibiotico mirato. Sul punto, considerano che la Corte di Appello ha omesso di assumere la prova decisiva, data dalla reiterazione di una perizia. Gli esponenti osservano che la terapia antibiotica venne avviata in realtà solo il giorno 15 febbraio; e assumono che la Corte di Appello abbia travisato anche le circostanze relative ai dosaggi degli antibiotici effettivamente somministrati al R. .
4. Gli imputati, a mezzo del difensore, hanno depositato memoria; chiedono che la Suprema Corte rigetti il ricorso.

Considerato in diritto

1. Il vaglio del ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.


1.1 Occorre, in primo luogo, richiamare i principi che, secondo diritto vivente, governano l'apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere svolto in sede di legittimità.
Nel delineare l'ambito dello scrutinio di legittimità, secondo i limiti della cognizione dettati dall'art. 609 cod. proc. pen., si è chiarito che alla Corte regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli specialisti.

La Suprema Corte ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel processo penale, non può avere l'esito di accreditare l'esistenza, nella regolazione processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice; che il ricorso a competenze specialistiche con l'obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi dell'uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti (conferimento dell'incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti, escussione degli esperti in dibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione progressiva; e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi causali imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità alle regole della logica dimostrativa dell'opinione espressa dal giudice di merito, quale approdo della sintesi critica del giudizio (Cass. Sez. 4, sentenza n. 80 del 17.01.2012, dep. 25.05.2012, n.m.).


1.2 Chiarito che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito, deve rilevarsi che, non di rado, la soluzione del caso posto all'attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo l'impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall'affidabilità delle informazioni che, attraverso l'indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta di questione di centrale rilevanza nell'indagine fattuale, giacché costituisce parte integrante del giudizio critico che il giudice di merito è chiamato ad esprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo.

Il giudice deve, pertanto, dar conto del controllo esercitato sull'affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l'imparzialità e l'autorevolezza scientifica dell'esperto che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali.

E, come sopra chiarito, il controllo che la Corte Suprema è chiamata ad esercitare, attiene alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito ha espresso nella sentenza impugnata. Del resto, la Corte regolatrice ha anche recentemente ribadito il principio in base al quale il giudice di legittimità non è giudice del sapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate.

La Suprema Corte è cioè chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Rv. 248944; Cass. Sez. 4, sentenza n. 42128 del 30.09.2008, dep. 12.11.2008, n.m.).

E si è pure chiarito che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l'una piuttosto che l'altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, è del pari certo, in sintonia con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, che non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l'omesso esame critico di ogni più minuto passaggio della perizia (o della consulenza), poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all'onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento (vedi, da ultimo, Cass. Sez. 4, sentenza n. 492 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, n.m.).

1.3 Tanto chiarito, deve osservarsi che, con riguardo all'apprezzamento della prova scientifica, afferente specificamente all'accertamento del rapporto di causalità, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che deve considerarsi utopistico un modello di indagine causale, fondato solo su strumenti di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi universali.

Ciò in quanto, nell'ambito dei ragionamenti esplicativi, si formulano giudizi sulla base di generalizzazioni causali, congiunte con l'analisi di contingenze fattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilistico della generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante; e che è invece importante che la generalizzazione esprima effettivamente una dimostrata, certa relazione causale tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv. 222138).

Nella verifica dell'imputazione causale dell'evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l'agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta.

Con particolare riferimento alla casualità omissiva - che pure viene in rilievo nel caso di specie - si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio: il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili, e culmina nel giudizio di elevata "probabilità logica" (Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando l'apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248943).

Ai fini dell'imputazione causale dell'evento, pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all'imputato dall'ordinamento.

Si tratta di insegnamento da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite che si sono soffermate sulle questioni riguardanti l'accertamento giudiziale della causalità omissiva ed i limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire la valutazione argomentativa espressa in sede di merito (cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014, n.m.).

2. Ebbene, applicando i richiamati principi di diritto al caso in esame, deve considerarsi che le conformi valutazioni effettuate dai giudici di merito, sulla questione relativa alla prova della riferibilità causale del decesso del paziente alla condotta attiva ed omissiva che si ascrive agli imputati, risultano immuni dalle dedotte aporie di ordine logico e paiono del tutto congruenti, rispetto all'acquisito compendio probatorio.
In particolare, la Corte di Appello, soffermandosi sulla questione, ritenuta dirimente, della riferibilità causale del decesso del paziente rispetto alla condotta dei sanitari, ha rilevato che R. , secondo le conformi valutazioni espresse da tutti i consulenti tecnici, era affetto da una patologia che ha una bassissima incidenza sulla popolazione e che presenta un elevatissimo indice di mortalità. Si tratta di un apprezzamento della prova scientifica acquisita al processo che, alla luce delle considerazioni sopra svolte, non risulta sindacabile in questa sede.

Ciò posto, analizzando specificamente i motivi di doglianza che erano stati dedotti dalla parte civile, la Corte territoriale ha osservato che, al momento dell'accesso del R. , il (omissis) , presso il Pronto Soccorso, per stato confusionale in soggetto coinvolto in un sinistro stradale, il quadro clinico non si presentava come preoccupante; e che, non di meno veniva disposto alle ore 13.07 il ricovero del paziente nel reparto di Medicina e, tenuto conto degli alti valori di globuli bianchi riscontrati, avviata alle successive ore 20.00 una terapia antibiotica con Rocefin 1 g.

Il Collegio ha quindi sottolineato che i primi dati allarmanti erano emersi solo il mattino seguente, quando il paziente viene descritto nel diario infermieristico come "rallentato"; e che in tale momento il quadro clinico rimaneva comunque confuso e non tale da indirizzare in modo specifico verso una diagnosi di Listeriosi.
A questo punto della trattazione, non resta che rilevare che la Corte di Appello ha escluso la possibile rilevanza dei profili di colpa ascrivibili ai sanitari, atteso che i tempi tecnici necessari per l'effettuazione di una diagnosi sulla base dell'indagine microbiologica erano superiori al tempo intercorso tra la manifestazione dei primi sintomi che potevano indurre il sospetto di una setticemia e l'insorgenza della morte.
Invero, la Corte territoriale si è specificamente soffermata sui temi di doglianza introdotti dalla parte civile, relativi al ritardo con il quale venne effettuata la TAC, nel pomeriggio del medesimo giorno 15 febbraio ed al mancato trasferimento del paziente presso l'Ospedale di Trento. Sul punto, la Corte di merito ha osservato che tali evenienze non avevano svolto alcun ruolo causale, rispetto alla verificazione dell'evento letale. In particolare, i giudici di secondo grado hanno considerato che, dal momento in cui il quadro ebbre ad aggravarsi, cioè a dire dalle ore 7.00 del 15.02.2011, sarebbero occorse 24/36 ore per l'espletamento degli esami biologici sul campione ematico; e che ciò stava a significare che, rispetto all'insorgenza della morte, avvenuta alle ore 4.30 del (OMISSIS) , anche ipotizzando l'immediato invio del campione di sangue al laboratorio sin dalle ore 7.00 del 15 febbraio, non vi sarebbe comunque stato il tempo di somministrare neppure la prima dose di antibiotico mirato.

Sulla scorta di tali rilievi, la Corte territoriale ha evidenziato che neppure sussistevano i presupposti per sostenere l'inadeguatezza della terapia. Ed ha conclusivamente osservato che la somministrazione di Rocefin e Zitromax, antibiotici a largo spettro, risultava comunque corretta. E deve pure considerarsi che il mancato accoglimento, da parte della Corte territoriale, della richiesta di nuovo espletamento di perizia medico-legale, di cui si da atto in sentenza, non risulta sindacabile, alla luce delle richiamate considerazioni svolte dalla Corte distrettuale. Al riguardo, preme considerare che la giurisprudenza di legittimità risulta consolidata nel rilevare che il vigente codice di rito penale pone una presunzione di completezza dell'istruttoria dibattimentale svolta in primo grado; che la rinnovazione, anche parziale, del dibattimento, in sede di appello, ha carattere eccezionale e può essere disposta unicamente nel caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti; e che solo la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell'uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6379 del 17/03/1999, dep. 21/05/1999, Rv. 213403). E, nell'alveo dell'orientamento interpretativo ora richiamato, la Suprema Corte ha affermato che l'esercizio del potere di rinnovazione istruttoria si sottrae, per la sua natura discrezionale, allo scrutinio di legittimità, nei limiti in cui la decisione del giudice di appello, tenuto ad offrire specifica giustificazione soltanto dell'ammessa rinnovazione, presenti una struttura argomentativa che evidenzi - per il caso di mancata rinnovazione - l'esistenza di fonti sufficienti per una compiuta e logica valutazione in punto di responsabilità (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 40496 del 21/05/2009, dep. 19/10/2009, Rv. 245009).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.