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Professionista consiglia, cliente decide: in caso di sbagli, chi paga? (Cass 6636/245)

12 marzo 2025, Cassazione civile

Sul notaio grava il dovere di informare il cliente in ordine alla disciplina anche fiscale dell'atto che viene richiesto di ricevere,  ma se le perplessità (qui riguardo all'applicabilità del regime fiscale agevolato) non vengono accolte dalle parti, la responsabilità è la loro.  

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

 Ord., (data ud. 13/09/2024) 12/03/2025, n. 6636

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27469/2021 R.G. proposto da:

A.A., in proprio e quale amministratore della RAF IMMOBILARE Srl, B.B., rappresentati e difesi dall'Avvocato IR (omissis), domiciliazione digitale come in atti;

- ricorrenti -

contro

ASSICURATORI DEI LLOYD'S, LLOYD'S INSURANCE COMPANY S.A., elettivamente domiciliati in ROMA, **, presso lo studio dell'Avvocato FM (omissis) che li rappresenta e difende, domiciliazione digitale come in atti;

- controricorrenti -

nonché contro

C.C., rappresentato e difeso dall'Avvocato RSM (omissis), domiciliazione digitale come in atti;

- controricorrente -

nonché contro

D.D.;

- intimato -

avverso la SENTENZA di CORTE D'APPELLO NAPOLI n. 2972/2021 depositata il 28/07/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere GABRIELE POSITANO.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3 gennaio 2012, Raf Immobiliare S.r.l, A.A. e B.B. evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, il notaio E.E. per sentir accertare la sua responsabilità professionale e condannarlo al risarcimento dei danni quantificati in Euro 82.600, oltre alla restituzione dell'onorario di Euro 1600 e al risarcimento del maggior danno patito per avere fatto ricorso al credito bancario al fine di reperire la provvista necessaria per pagare le imposte e le sanzioni dovute alla amministrazione finanziaria.

Gli attori esponevano che i coniugi A.A. e B.B., volendo alienare alla società immobiliare Raf (società della quale il A.A. era amministratore e i coniugi erano soci) due immobili siti in N, si erano rivolti al professionista per un parere di fattibilità e convenienza della vendita.

Il notaio aveva affermato che l'operazione era possibile e che i costi dell'atto erano ridotti trovando applicazione l'aliquota dell'1% ai sensi dell'articolo 1 della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986. In data 17 maggio 2007 era stato stipulato il contratto di vendita con applicazione dell'aliquota fiscale ridotta. Successivamente, l'Agenzia delle Entrate di N aveva notificato alla Raf Immobiliare l'avviso di liquidazione chiedendo il pagamento della somma di Euro 57.600 a titolo di imposta di registro, ipotecaria e catastale ritenendo che l'atto di vendita non potesse essere assoggettato alla tassazione agevolata. A ciò aveva fatto seguito la notifica di una cartella esattoriale dell'importo di Euro 82.609,91, comprensivo delle sanzioni e degli interessi.

L'avviso di liquidazione era stato impugnato davanti alla Commissione provinciale tributaria di Napoli e il ricorso era stato respinto, come pure l'appello. Poiché il trasferimento dell'immobile aveva l'unica finalità di "scaricare dalla tassazione i costi dei lavori edili" di ristrutturazione l'operazione sarebbe stata conveniente solo nel caso di tassazione ridotta, mentre con quella nella misura del 10% l'atto di vendita non presentava alcuna utilità.

Peraltro, dallo studio della disciplina emergeva con evidenza l'inapplicabilità dell'imposta di registro agevolata difettando il requisito soggettivo giacché i venditori erano persone fisiche non soggette ad IVA.

Si costituiva in giudizio il notaio E.E. rilevando che dall'articolo 6 del contratto di compravendita emergeva che la scelta del regime fiscale era stata il frutto di una richiesta esplicita delle parti.

Contestava la dinamica dei fatti esposti in citazione precisando di essersi limitato a recepire le indicazioni del commercialista delle parti, dottor D.D., il quale aveva rappresentato l'urgenza per i contraenti di trasferire gli immobili con un regime fiscale agevolato.

Concludeva per sentir accertare il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo responsabile dei fatti il commercialista, D.D., che provvedeva ad evocare in giudizio. Chiedeva altresì di citare in causa la propria compagnia assicuratrice, Lloyd's di Londra.

Si costituiva il commercialista chiedendo il rigetto della domanda, precisando di avere manifestato le proprie perplessità, sia al notaio, che alle parti riguardo all'applicazione della tassazione agevolata.

Si costituiva l'assicuratore contestando la pretesa.

Con sentenza del 22 settembre 2016 Tribunale di Napoli accoglieva la domanda attorea condannando il professionista al pagamento dell'importo richiesto, oltre interessi legali dalla pubblicazione di quella sentenza al saldo, e, in accoglimento della domanda di garanzia proposta dal notaio, condannava l'assicuratore a tenere indenne il professionista di tutte le somme dovute, detratta la franchigia di Euro 5000.

Avverso tale sentenza proponevano appello gli assicuratori DEI LLOYD'S con atto di citazione del 21 marzo 2017 chiedendo il rigetto della domanda e la condanna degli attori alla restituzione delle somme versate in esecuzione della decisione di primo grado. In via subordinata, chiedevano accertarsi la colpa esclusiva o concorrente del commercialista D.D. e degli attori.

Si costituivano D.D. e A.A., in proprio e quale amministratore della Raf Immobiliare Srl, e B.B., con separati atti, eccependo l'inammissibilità del gravame e la sua infondatezza.

Si costituiva altresì il notaio E.E. spiegando appello incidentale per il rigetto della domanda e la restituzione della somma corrisposta al difensore degli attori.

Con sentenza del 28 luglio 2021 la Corte d'Appello di Napoli in accoglimento delle impugnazioni rigettava la domanda proposta, nei confronti di C.C., da A.A., in proprio e nella dedotta qualità, e da B.B., con condanna di questi ultimi alla restituzione in favore dell'assicuratore delle somme percepite sulla base della sentenza di primo grado, dichiarava assorbita la domanda di garanzia proposta da C.C. nei confronti della compagnia assicuratrice e regolava le spese del doppio grado di giudizio.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione A.A., in proprio e quale amministratore della società Raf Immobiliare Srl, e B.B., affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso gli assicuratori dei Lloyd s' nonché LLOYD'S INSURANCE Company e C.C. chiedendo la inammissibilità e, comunque, il rigetto del ricorso.

I ricorrenti, C.C. e gli assicuratori Lloyd's nonché LLOYD'S INSURANCE Company depositano memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, degli articoli 116, 244c.p.c. e 2697, 2727, 2729 c.c. e, ai sensi articolo 360, n. 5 c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo e il difetto o la contraddittorietà della motivazione.

La circostanza che in occasione del primo incontro riferito dalla teste F.F., il notaio ed il commercialista avessero opinioni differenti sull'aliquota applicabile, non proverebbe che il notaio avesse poi reso una adeguata consulenza fiscale alle parti interessate.

La seconda parte della prova testimoniale si tradurrebbe in una dichiarazione de relato ex parte actoris che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere priva di valenza probatoria. In questo ricorrerebbe l'errore di diritto, per non avere applicato alla dichiarazione de relato il regime giuridico riconosciuto dalla giurisprudenza in materia.

In secondo luogo, la circostanza riferita dalla teste, di avere modificato la bozza che, inizialmente, prevedeva l'applicazione dell'imposta piena e non agevolata, non costituirebbe prova favorevole alla posizione del notaio. Analoga valutazione dovrebbe riferirsi alla circostanza che il ricorso tributario avverso la cartella di accertamento sarebbe stato redatto dal commercialista D.D.

Il motivo è inammissibile perché parte ricorrente pretende di rimettere alla valutazione della Corte di legittimità accertamenti che riguardano il profilo probatorio che sono esclusivamente fattuali e di pertinenza del Giudice di merito.

Costituisce principio consolidato quello secondo cui spetta solo al Giudice di merito l'individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove, controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del Giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che - per il tramite dell'art. 132, n. 4, c.p.c. - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 - 01).

Ma quella violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il Giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove" (Cass. n. 11892 del 2016).

Nel caso di specie la violazione di legge non potrebbe neppure riguardare il regime della prova testimoniale de relato, poiché la valutazione del materiale probatorio operata dalla Corte territoriale è stata complessiva e fondata su una pluralità di elementi.

In particolare, con riferimento alla rilevanza delle dichiarazioni testimoniali, la Corte ha distinto le dichiarazioni apprese direttamente dalla testimone, per essere stata presente al dialogo e ne ha tratto le opportune considerazioni giuridiche, rispetto a quelle percepite de relato, riferite al secondo incontro tra i due professionisti.

A prescindere dalla circostanza secondo cui anche la testimonianza de relato actoris costituisce un elemento di cui il Giudice può tenere conto ai fini della decisione (pur avendo un valore probatorio fortemente attenuato), nel contesto di altre risultanze di causa (Cass. 7 ottobre 2020, n. 21568) quelle dichiarazioni sono state prese in considerazione dalla Corte territoriale unitamente ad altri elementi probatori.

In particolare, ritiene la Corte di merito che il riscontro alle dichiarazioni testimoniali è costituito dall'art. 6 del contratto di compravendita che prevede che "le parti chiedono quindi l'applicazione del trattamento fiscale di cui all'articolo 1" della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986. Clausola che non avrebbe avuto senso se l'iniziativa dell'applicazione del regime fiscale agevolato fosse riferibile ad un consiglio del notaio.

Infine, la Corte di merito con argomentazione logica e ragionevole ha reputato che la circostanza che l'impugnazione dell'avviso di liquidazione fu redatto dal commercialista D.D. renderebbe inverosimile la tesi secondo cui sarebbe stato il commercialista a sostenere l'inapplicabilità del regime fiscale agevolato.

Pertanto, non sussiste violazione dell'articolo 116 c.p.c. dell'articolo 2967 c.c. laddove il Giudice di merito, nell'esercizio del prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie, indichi con motivazione logica ed esauriente le ragioni della ritenuta decisività di alcune risultanze istruttorie a preferenza di altre.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione, ai sensi dell'articolo 360, n. 3 c.p.c., degli articoli 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c., ai sensi dell'articolo 360, n. 5, la illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo i ricorrenti la clausola contenuta nell'articolo 6 non può costituire elemento di prova della provenienza della richiesta di agevolazione dalle parti e non dal notaio.

Il motivo è destituito di fondamento. La doglianza si atteggia quale critica alla sufficienza e idoneità della motivazione della decisione impugnata, laddove si pretende una valutazione atomistica delle singole deposizioni e non già il necessario esame complessivo delle stesse unitamente agli altri elementi probatori, non essendo consentito a questa Corte di procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa.

Va rilevato che la motivazione adottata dalla Corte territoriale è logica e coerente laddove ritiene che il notaio abbia offerto la prova dell'esatto adempimento riguardo al dovere di informazione e consiglio posto a suo carico.

Un primo elemento è dedotto dalla deposizione della teste F.F., sminuita dal primo Giudice, la quale fu presente al primo incontro tra notaio e commercialista in cui il primo manifestò esplicitamente il convincimento sull'inapplicabilità del regime fiscale agevolato.

La deposizione troverebbe riscontro nel contratto di compravendita che, all'articolo 6, prevede che "le parti chiedono quindi l'applicazione del trattamento fiscale di cui all'articolo 1" della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986.

Infine, la circostanza che l'impugnazione dell'avviso di liquidazione fu redatta dal commercialista D.D. fa presumere - secondo la Corte territoriale - che fosse stato il commercialista a sostenere l'applicabilità del regime fiscale, supportando quelle ragioni anche davanti alla Commissione Tributaria.

La seconda censura oggetto del motivo si atteggia come contestazione all'interpretazione di una clausola contrattuale, senza fare alcun riferimento ai criteri di ermeneutica ex art. 1362 e segg. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte al fine di far valere tale violazione, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il Giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 9/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione, ai sensi dell'articolo 360, n. 3 c.p.c., degli articoli 116c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c., ai sensi dell'articolo 360, n. 5 c.p.c, l'illogicità e contraddittorietà della motivazione. La Corte territoriale avrebbe contraddittoriamente affermato nella premessa della decisione di condividere i principi espressi nella sentenza di primo grado, riguardo al fatto che il notaio sia gravato di un obbligo di consulenza fiscale e di consiglio altamente specializzato, senza però trarne le dovute conseguenze.

Il motivo è inammissibile poiché si richiede alla Corte di legittimità di svolgere una indagine in fatto. I ricorrenti non intendono affermare che la Corte non avrebbe applicato il principio giurisprudenziale secondo cui sul notaio grava il dovere di informare il cliente in ordine alla disciplina anche fiscale dell'atto che viene richiesto di ricevere, ma contestano la ricostruzione in fatto che, al contrario, secondo la Corte territoriale avrebbe dimostrato che il professionista era stato adempiente rispetto al dovere di consiglio, poiché aveva espresso le proprie perplessità riguardo all'applicabilità del regime fiscale agevolato.

La Corte territoriale ha infatti chiaramente argomentato che l'esame delle "risultanze istruttorie, sollecitato con i motivi di gravame, induce a ritenere che il notaio E.E. abbia offerto la prova dell'esatto adempimento del dovere di informazione e consiglio posto a suo carico ... evincendosi dalle fonti di prova innanzi richiamate che non venne meno al dovere di consigliare correttamente le parti in ordine al profilo fiscale dell'atto di compravendita che la registrazione dell'atto, secondo l'aliquota agevolata, fu voluta dalle parti, verosimilmente per le ragioni indicate dalla teste F.F. nella sua deposizione ("preciso che il dottore D.D. riferì che il signor A.A. aveva dei problemi economici e che quindi chiedeva applicarsi l'imposta di registro con aliquota dell'1%")".

Le considerazioni contenute nella memoria non consentono di superare le argomentazioni che precedono.

Il ricorso per quanto precede deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della parte controricorrente Assicuratori DEI LLOYD'S e LLOYD'S INSURANCE Company e del controricorrente C.C., liquidandole in Euro 5.000,00 ciascuno, per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ivi compresi esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Conclusione
Così deciso, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, in data 13 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2025.