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Prescrizione e COVID19, la guida definitiva (Cass. 26215/20)

17 settembre 2020, Cassazione penale

Calcolo del termine di prescrizione dei reati in lockdown COVID19:  tre discipline derogatorie agli ordinari termini di prescrizione.

Una disciplina generale, applicabile a tutti i processi penali: la prescrizione e tutti i termini processuali sono sospesi per sessantaquattro giorni, cioè dal 9 marzo all'11 maggio 2020.

Una seconda disciplina valida solo per le udienze fissato in fase 2: sospensione della prescrizione per reati con udienze erano calendarizzate dal 12 maggio in poi, se rinviate a data successiva, va sospesa per tutto il tempo del rinvio e comunque non oltre il 30 giugno.

Una terza disciplina speciale riguarda solo i ricorsi pervenuti e pendenti in Corte di Cassazione tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, con sospensione della prescrizione nel periodo ricompreso tra il 9 marzo e il 31 dicembre 2020.

Corte di Cassazione

sez. V Penale

sentenza 13 luglio – 17 settembre 2020, n. 26215
Presidente De Gregorio – Relatore Morosini

 

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di A.A. , pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, in ordine al reato di cui all’art. 494 c.p., per essersi sostituito alla persona di B.A. , segretaria amministrativa della N 3.0 spa, a nome della quale aveva effettuato un ordine di materiale informatico, inviandolo tramite l’indirizzo e-mail e la "firma elettronica" della B. .
Già con la sentenza di primo grado, l’imputato era stato prosciolto dalla imputazione di truffa, per essersi il reato estinto per remissione di querela.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando sette motivi.
2.1 Con il primo motivo denuncia omessa motivazione sul motivo di appello con il quale si contestava la possibilità di configurare il reato di sostituzione di persona in relazione alla condotta in rassegna, che si sarebbe esaurita nell’invio di una e-mail apparentemente riferibile ad B.A. , senza utilizzo di una firma elettronica con valore legale ("firma elettronica "avanzata", "qualificata" o "digitale" secondo le previsioni del codice amministrativo digitale).
L’art. 491-bis c.p. nella versione anteriore al D.Lgs. n. 7 del 2016, nel punire il falso in documento informatico faceva riferimento alle sole falsità previste dal "presente capo" (il terzo) e non anche a quelle di cui al capo IV nel quale è inserito l’art. 494 c.p.. Lo stesso apparato normativo consentirebbe, quindi, di escludere che la falsificazione di un documento informatico ed il suo utilizzo a distanza possano, di per sé, costituire una sostituzione di persona.
La riforma del 2016 ha depenalizzato il falso in scrittura privata, il che dimostrerebbe come la sostituzione di persona sarebbe fatto diverso rispetto alla condotta in contestazione.
Ad opinare diversamente qualunque falsità in atti potrebbe essere anche una sostituzione di persona e non si distinguerebbe l’una fattispecie dall’altra.

2.2 Con il secondo, il terzo e il quarto motivo il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’art. 494 c.p. e alla "consunzione" nel delitto di truffa.
Il caso in rassegna non sarebbe assimilabile a quello oggetto della decisione assunta dalla Corte di cassazione in data 22 giugno 2018 (richiamata nel corpo della sentenza impugnata). Quella pronuncia riguarda la creazione ex novo di un account di posta elettronica intestato a soggetto ignaro e l’utilizzo verso gli utenti di internet indotti in errore circa l’identità del loro interlocutore.
Nella fattispecie qui in esame ricorrerebbe invece il diverso caso di "una singola corrispondenza abusiva attraverso una postazione già esistente, indirizzata verso un solo destinatario predeterminato".
Inoltre sul tema del concorso apparente di norme tra l’art. 494 c.p. e l’art. 640 c.p., la Corte di appello fa leva sul criterio della "diversità del bene giuridico protetto" che, tuttavia, risulta superato dai più recenti arresti delle Sezioni Unite in forza dei quali è stato eletto ad unico criterio quello di specialità codificato dall’art. 15 c.p..
L’applicazione del criterio codificato porterebbe ad escludere la sussistenza del delitto di sostituzione di persona e imporrebbe una pronuncia ai sensi dell’art. 129 c.p.p..

2.3 Con il quinto motivo il ricorrente rileva un vizio della motivazione "per travisamento" in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 c.p., n. 6 e art. 62-bis c.p..
In relazione all’art. 62 c.p., n. 6, la Corte di appello avrebbe ritenuto non adeguatamente documentato l’effettivo versamento nelle mani della persona offesa della somma concordata a titolo risarcitorio sulla base della sola "nota datata 21 giugno 2017 scambiata via e-mail tra i difensori". L’opinione troverebbe però smentita nei documenti in atti, da cui risulta che alla proposta trasmessa via e-mail il 21 giugno, è seguita la conclusione di un accordo il successivo 22 giugno 2017, giorno fissato per la trattazione dell’udienza; in quella sede l’avv. NM, quale procuratore speciale della N 3.0, ha sottoscritto l’accordo anche "per ricevuta della somma in contanti".
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello si è limitata ad osservare che la pena sarebbe stata quantificata "in misura minimale", come tale "non suscettibile di ulteriore riduzione". Osserva il ricorrente che la pena di mesi tre di reclusione inflitta, previa riduzione per il rito, non si colloca affatto in prossimità del minimo edittale, ma corrisponde "a nove volte la pena minima edittale" e a "più di un terzo del massimo".

2.4 Con il sesto motivo il ricorrente denuncia analogo vizio in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, alla sospensione condizionale della pena e alla sostituzione della pena detentiva ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53.
I benefici vengono negati in ragione di precedenti penali definiti "recenti" mentre risalgono a sette/otto anni addietro rispetto alla decisione di secondo grado.

2.5 Con il settimo motivo si duole della mancata applicazione del vincolo della continuazione tra il fatto in rassegna e quelli oggetto di altre pronunce di condanna cadute sotto l’esame della Corte di appello e delle quali il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto di ufficio, trattandosi di "istituto a favore del reo" che prescinde da una richiesta di parte.

3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. "rito scritto" ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-ter, convertito con L. n. 27 del 2020.

4. Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, la propria requisitoria scritta con la quale ha articolatamente concluso chiedendo il rigetto del ricorso; con lo stesso mezzo il difensore dell’imputato, avv. MB, ha trasmesso le proprie conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non presenta profili di inammissibilità (le questioni giuridiche sollevate con i primi quattro motivi non sono manifestamente infondate, mentre appaiono addirittura fondate le censure sul trattamento sanzionatorio e in particolare quelle sul diniego della circostanza attenuante del risarcimento del danno e sulla determinazione della pena); pertanto deve rilevarsi il decorso del termine di prescrizione.

2. Il termine massimo di prescrizione del reato in contestazione è pari ad anni sette e mesi sei ex artt. 157 e 161 c.p.; non risultano altre sospensioni ad eccezione di quella collegata al periodo della cd. "emergenza Covid-19" di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

3. Occorre stabilire quale sia, per il caso in oggetto, la disciplina dei termini e dei periodi di sospensione della prescrizione in relazione alla disciplina della cd. "emergenza Covid-19".
Per semplicità, si fa riferimento alla normativa attualmente in vigore e ai relativi termini, tenuto conto delle norme che si sono susseguite nel tempo e della circostanza che sono stati espressamente fatti salvi gli effetti dei provvedimenti medio tempore assunti.
3.1 Il presente processo, fissato per la trattazione all’udienza del 17 marzo 2017, è stato rinviato di ufficio in ossequio al disposto del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 1.
Considerato il periodo in cui cadeva l’udienza di trattazione, viene in rilievo la cd. "prima fase" dell’emergenza, dal 9 marzo al 11 maggio 2020, che trova regolamentazione nel citato D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 1, 2 e 4, non essendo il processo ricompreso nelle categorie a "trattazione obbligatoria" o "su richiesta" di cui all’art. 83, comma 3.
Il comma 1 del citato art. 83 prevede il rinvio di ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari a data successiva al 11 maggio 2020; il comma 2 la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020; il comma 4 la sospensione del corso della prescrizione nei procedimenti penali "per lo stesso periodo" di cui al comma 2, vale a dire dal 9 marzo 2020 al 11 maggio 2020.

La lettura complessiva delle disposizioni consente di ricostruire il seguente quadro:
- a causa del periodo di emergenza pandemica, il legislatore, come aveva già fatto per altre calamità (es. gli eventi sismici), ha disposto, al comma 2, la sospensione di tutti i termini processuali, mutuando caratteri e modalità espressive dalla disciplina che regola la sospensione dei termini nel periodo feriale, prevedendone l’estensione anche ai provvedimenti giudiziari e al deposito della loro motivazione (vale a dire a termini di regola esclusi dalla sospensione);
- nel concetto di sospensione dei termini sono ricomprese, pacificamente, anche le udienze; il legislatore, al comma 1, si è fatto carico di regolamentare la sorte delle udienze fissate nella "prima fase" dell’emergenza, stabilendo il rinvio di ufficio a data successiva al 11 maggio 2020 (salve le eccezioni di cui al comma 3 che qui non interessano);
- per i procedimenti penali, in relazione al medesimo periodo di sospensione dei termini processuali (9 marzo - 11 maggio 2020), il legislatore ha previsto la sospensione del corso del termine di prescrizione.
In sintesi, attraverso il rinvio di tutte le udienze fissate nel periodo 9 marzo - 11 maggio 2020 e la sospensione "assoluta" di tutti i termini processuali (compresi quelli generalmente estranei ad altre tipologie di sospensione), il legislatore ha perseguito l’intento di congelare tout court il procedimento penale, per il tempo ritenuto strettamente indispensabile a superare l’emergenza sanitaria predeterminato per legge nella misura fissa e inderogabile di sessantaquattro giorni: dal 9 marzo (compreso) al 11 maggio 2020.
Il "dato teleologico" è reso manifesto dalla relazione illustrativa al D.L. n. 18 del 2020: "Si è dovuto constatare, infatti, in relazione alla previsione originaria di cui al D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 2, comma 2, il fiorire di dubbi interpretativi e prassi applicative sostanzialmente elusive del contenuto della previsione o comunque non adeguatamente sensibili rispetto all’evidente dato teleologico della norma, costituito dalla duplice esigenza di sospendere tutte le attività processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia, da un lato, e di neutralizzare ogni effetto negativo che il massimo differimento delle attività processuali disposto dal comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali, dall’altro".
Ne consegue che, nel calcolo del tempo necessario a prescrivere, occorre tenere conto di 64 giorni di sospensione, dal 9 marzo 2020 (compreso) al 11 maggio 2020.
3.2. Nel caso di specie non torna applicabile, invece, la disciplina contenuta nel D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 6, 7 e 9, che si riferisce alla cd. "seconda fase" dell’emergenza, dal 12 maggio al 30 giugno 2020.
In forza di essa i capi degli uffici adottano le misure organizzative necessarie anche in ordine alla trattazione degli affari giudiziari (art. 83, comma 6); con tali misure i capi degli uffici possono prevedere, tra l’altro, il rinvio delle udienze penali a data successiva al 30 giugno 2020, salve le eccezioni indicate al comma 3 (art. 83, comma 7, lett. g). Nei procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g) e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020 (comma 9).
In sostanza per i processi con udienza fissata nella seconda fase, interessati dai provvedimenti organizzativi adottati dai capi degli uffici, la prescrizione opera dalla data di udienza a quella di rinvio e comunque non oltre al 30 giugno.
Come detto, il procedimento in rassegna - ricadente nella "prima fase", e rinviato di ufficio, ai sensi dell’art. 83, comma 1, a "nuovo ruolo" e preventivato a data successiva al 30 giugno - non può beneficiare, in aggiunta ai 64 giorni, anche della ulteriore sospensione collegata al secondo periodo: il dato testuale dell’art. 83, comma 9 è insuperabile laddove pone l’effetto sospensivo in rapporto di necessaria ed esclusiva correlazione con il rinvio dell’udienza penale fissata nel "secondo periodo", senza contemplare altra eventualità.
3.3. Ritiene il collegio che al procedimento in rassegna, "pervenuto" prima del 9 marzo 2020, non si applichi neppure la disciplina speciale per i procedimenti dinanzi alla Corte di cassazione di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3-bis.
In forza di tale previsione, per i procedimenti "pendenti" e "pervenuti" alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 opera una "causa speciale" di sospensione della prescrizione dal 9 marzo al 31 dicembre 2020, o alla data fissata per l’udienza, se precedente.
La norma in rassegna postula la concorrenza di entrambi i presupposti del "pervenimento" e della "pendenza" nel periodo indicato, sicché non si applica ai procedimenti "pendenti" nel periodo, ma "pervenuti" anteriormente ad esso.
Depongono in tal senso le seguenti considerazioni.
Anzitutto la norma impiega la congiunzione "e" ad indicare che i requisiti devono essere presenti congiuntamente e non alternativamente.
Inoltre il comma 3-bis costituisce una norma sostanziale di sfavore a carattere eccezionale, come tale non suscettibile di interpretazione estensiva e ancor meno analogica, dunque la forzatura del dato letterale non sembra un’opzione percorribile.
L’espressione impiegata dal legislatore non è delle più felici (l’iscrizione a registro generale dei pervenuti determina la pendenza dal medesimo giorno), ma può trovare spiegazione, verosimilmente, nella circostanza che l’art. 83, comma 3-bis abbia collegato il concetto di "pendenza" alla data della sua entrata in vigore, intendendo per "pendenti" quelli "ancora" pendenti al 30 aprile 2020, purché pervenuti nel periodo indicato, all’epoca in parte già decorso.
Va dato atto che, nelle more della stesura della presente motivazione, il principio che precede si trova affermato nella notizia di decisione n. 3 del 2020, della quinta sezione penale (ud. 14/07/2020, ric. Lungaro) e che successivamente la questione, ritenuta di "speciale importanza", è stata rimessa alle Sezioni Unite dal Presidente della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 610 c.p.p., comma 2, (udienza 24 settembre 2020, ric. Sanna).
4. Nel caso in rassegna, in base alle sentenze di merito, il reato in parola è stato consumato in data 5 ottobre 2012, giorno dell’invio del messaggio di posta elettronica utilizzando l’account di B.A. .
Il termine di prescrizione del reato è spirato in data 8 giugno 2020 (anni sette e mesi sei cui si aggiungono 64 giorni di sospensione ex D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi, 1, 2 e 4.
Ergo, in difetto di elementi che possano comportare in modo assolutamente non contestabile, ex art. 129 c.p.p., comma 2, il proscioglimento nel merito dell’imputato, va rilevato il decorso del termine di prescrizione per tutti i reati in contestazione.
5. Discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.