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Poste deve risarcire recapito tardivo? (Cass. 22546/19)

10 settembre 2019

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La tardiva restituzione dell’avviso di ricevimento non è un inadempimento contrattuale dell’operatore postale idoneo a giustificare l’eventuale risarcimento del danno: per la notificazione degli atti giudiziari, L. n. 890 del 1982, art. 6 esclude ogni indennità per lo smarrimento dell’avviso di ricevimento e prevede esclusivamente che sia rilasciato un duplicato di esso.

Ogni risarcimento presuppone, comunque e in ogni caso, la specifica allegazione e la prova di un effettivo e concreto pregiudizio subito: in tema, andava provato un pregiudizio che non abbia potuto trovare riparazione mediante il rilascio, senza spese, di un duplicato dell’avviso smarrito (o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo), secondo quanto prevede la L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6.

 

Corte di Cassazione

sez. VI Civile

– 3, ordinanza 4 aprile – 10 settembre 2019, n. 22546
Presidente Frasca - Relatore Tatangelo

Rilevato che:

L’avvocato D.G.G. ha agito in giudizio nei confronti di Poste Italiane S.p.A. per ottenere il pagamento, a titolo di indennizzo o a titolo di risarcimento del danno, del costo sostenuto per la spedizione di uno o più atti giudiziari a mezzo del servizio postale, i cui avvisi di ricevimento gli erano stati restituiti oltre il decimo giorno lavorativo successivo alla data di spedizione.
La domanda è stata accolta dal Giudice di Pace di Guardia Sanframondi (con condanna della società convenuta al pagamento dell’importo di Euro 41,25).
Il Tribunale di Benevento, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto la condanna ad Euro 13,75, compensando le spese del doppio grado.
Ricorre il D.G. , sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso Poste Italiane S.p.A., che propone ricorso incidentale sulla base di due motivi.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso incidentale fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente fondato, con assorbimento del principale.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Considerato che:

1. Per evidenti ragioni di ordine logico, i motivi del ricorso incidentale, relativi al merito della controversia, vanno esaminati prima del ricorso principale, che attiene esclusivamente alla regolamentazione delle spese di lite.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia "Violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 6 e dei principi generali di cui agli artt. 1218 c.c. e s.s. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denunzia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
I due motivi, che in considerazione della loro intima connessione logica possono essere esaminati congiuntamente, sono manifestamente fondati.
La società ricorrente sostiene che, pur avendo correttamente escluso il diritto ad un indennizzo pari al costo sostenuto per ciascuna spedizione a mezzo raccomandata di atti giudiziari in conseguenza della tardiva restituzione (oltre i dieci giorni lavorativi dalla data di spedizione) dei relativi avvisi di ricevimento (questione che non risulta più in discussione nella presente sede, non essendo stata oggetto di censure da parte dell’attore soccombente), il giudice di merito avrebbe poi erroneamente riconosciuto all’attore stesso, in via equitativa, un risarcimento del danno (sia pure in misura inferiore al costo di spedizione delle suddette raccomandate) per il relativo inadempimento contrattuale, danno non configurabile e comunque non allegato e provato e neanche liquidabile, di conseguenza, in via equitativa.
Anche a prescindere dalla astratta possibilità di configurare, nella tardiva restituzione dell’avviso di ricevimento, un inadempimento contrattuale dell’operatore postale idoneo a giustificare l’eventuale risarcimento del danno (ciò che, anzi, sembra doversi escludere, in considerazione del fatto che, per la notificazione degli atti giudiziari, L. n. 890 del 1982, art. 6 esclude ogni indennità per lo smarrimento dell’avviso di ricevimento e prevede esclusivamente che sia rilasciato un duplicato di esso, il che avalla l’idea che un ritardo nella restituzione a maggior ragione sia irrilevante come fonte di danno, dato che il rilascio del duplicato si colloca necessariamente dopo la scadenza del termine entro cui l’avviso di ricevimento doveva restituirsi), è comunque assorbente in proposito la considerazione che tale risarcimento presupporrebbe, comunque e in ogni caso, la specifica allegazione e la prova di un effettivo e concreto pregiudizio subito dal mittente in conseguenza del suddetto ritardo, pregiudizio che non abbia potuto trovare riparazione mediante il rilascio, senza spese, di un duplicato dell’avviso smarrito (o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo), secondo quanto prevede la L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6.
Orbene, nella decisione impugnata si dà chiaramente atto (cfr. pag. 3, rigo 17) che l’attore non ha provato alcuno specifico pregiudizio derivante dal ritardo nella restituzione degli avvisi di ricevimento degli atti giudiziari notificati, tanto meno un pregiudizio che non fosse riparabile mediante il rilascio in suo favore dei duplicati degli stessi (che in verità non risulta neanche siano stati richiesti).
Il tribunale ha ritenuto, anzi, che proprio la mancanza di prova di uno specifico pregiudizio derivante dall’inadempimento a suo dire imputabile alla società convenuta giustificasse la liquidazione di un danno in via equitativa.
In tal modo la decisione si pone in palese contrasto con il costante orientamento di questa Corte, secondo il quale l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili e risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provarne l’entità nel suo preciso ammontare, ciò che non esime, però, la parte interessata - per consentire al giudice il concreto esercizio di tale potere, la cui sola funzione è di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso - dall’onere di dimostrare non solo l' "an debeatur" del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi "in re ipsa", ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20889 del 17/10/2016, Rv. 642928 - 01; conf.: Sez. 2, Sentenza n. 4310 del 22/02/2018, Rv. 647811 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 4534 del 22/02/2017, Rv. 643131 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 127 del 08/01/2016, Rv. 638248 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 11968 del 16/05/2013, Rv. 626250 - 01; Sez. 6 - L, Ordinanza n. 27447 del 19/12/2011, Rv. 619916 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 20990 del 12/10/2011, Rv. 620130 - 01).

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata.

Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto ai fini della decisione della controversia: la mancanza di prova di uno specifico pregiudizio derivante all’attore dal ritardo nel recapito degli avvisi di ricevimento risulta infatti già accertata dal giudice di merito e ciò impedisce in ogni caso la possibile liquidazione di qualunque risarcimento.
La causa può pertanto essere decisa nel merito con il rigetto integrale delle domande dell’attore.

2. Con l’unico motivo del ricorso principale si denunzia "Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Il ricorrente deduce che il giudice di appello, pur avendo accolto parzialmente il gravame della società convenuta, non avrebbe potuto disporre la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.
Il ricorso principale è peraltro assorbito in virtù dell’accoglimento del ricorso incidentale e della conseguente cassazione della decisione impugnata, che rende necessaria una nuova regolamentazione delle spese dell’intero giudizio, sulla base del suo effettivo esito finale.

3. Il ricorso incidentale è accolto, assorbito il principale.
La sentenza impugnata è cassata in relazione e, decidendo nel merito, le domande dell’attore D.G. sono rigettate.
Per le spese del giudizio si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:
- accoglie il ricorso incidentale, assorbito il principale; cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dall’attore D.G. ;
- condanna il ricorrente D.G. a pagare le spese dell’intero giudizio in favore della controricorrente Poste Italiane S.p.A., liquidandole come segue: complessivi Euro 400,00, oltre spese generali ed accessori di legge; per il giudizio di appello, complessivi Euro 500,00, oltre spese generali ed accessori di legge; per il giudizio di legittimità, complessivi Euro 600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.