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Difensore sbaglia PEC, restituzione nel termine? (Cass. 26465/22)

8 luglio 2022, Cassazione penale

Il fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, può essere integrato anche da erronee o fuorvianti informazioni ricevute dalla cancelleria, da dimostrare secondo gli ordinari oneri di allegazione: è quindi irragionevole escludere l'incolpevole affidamento del difensore per il deposito dell'impugnazione ad un indirizzo PEC in precedenza comunicato dalla cancelleria. 

Nel segnare il passaggio all'esclusiva modalità di deposito telematico delle impugnazioni, in concomitanza all'emergenza epidemiologica da Covid-19, l'evoluzione del quadro normativo di riferimento impone un approccio ermeneutico ispirato ad agevolare nella massima latitudine l'accesso alla tutela dei diritti.

L'art. 24, comma 4, L. 18 dicembre 2020, n. 176 ha introdotto, in via esclusiva, la modalità di deposito telematico di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e dunque diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale), con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata, inserito nel Registro generale degli indirizzi di cui all'art. 7, del regolamento del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011, n. 44, fino alla scadenza del termine di cui al R.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35 (termine, originariamente previsto al 31 luglio 2021, dapprima prorogato dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, fino al 31 dicembre 2021 e, successivamente, con D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, fino al 31 dicembre 2022).

Va privilegiato un approccio che ripudi un rigido formalismo, e che risponde alla necessaria verifica della tutela dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare e che, sostanzialmente, si individua nella certezza dell'identificazione del mittente, attraverso la identità digitale delineata dall'indirizzo pec ufficialmente attribuito al difensore, ed all'autenticità della sottoscrizione.

 

Corte di Cassazione,

sez. V penale

 ud. 26 aprile 2022 (dep. 8 luglio 2022), n. 26465
Presidente Catena – Relatore Tudino

Ritenuto in fatto

1.Con l'ordinanza impugnata del 13 dicembre 2021, la Corte d'appello di Ancona ha dichiarato inammissibile l'istanza di restituzione nel termine proposta da A s.r.l. al fine della proposizione dell'appello avverso la decisione del Tribunale di Ancona del 10 maggio 2021, con la quale è stata rigettata l'istanza proposta D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 34 bis, dalla medesima società.

1.1. La Corte d'appello ha ricostruito l'iter procedimentale e le formalità di deposito del ricorso introduttivo e dell'atto di appello, dando atto che: il ricorso D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 34 bis, era stato depositato, su indicazione della cancelleria del Tribunale, all'indirizzo pec dibattimento.tribunale.anconagiustizia.cert.it; che al medesimo indirizzo era stato inoltrato l'atto di impugnazione - contestualmente trasmesso anche alla Corte d'appello - avverso l'ordinanza di rigetto, deliberata il 10 maggio 2021; che con provvedimento del 22 giugno 2021 il Tribunale aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello in quanto depositato mediante inoltro ad indirizzo di posta elettronica certificata non indicato nell'elenco predisposto da DGSIA; che l'istante aveva chiesto alla Corte d'appello la restituzione nel termine, nelle more scaduto, per proporre l'impugnazione mediante inoltro ad uno degli indirizzi indicati; che frattanto il Tribunale di Ancona aveva, con provvedimento del 26 giugno 2021, rimesso nel termine la parte, reputando sussistere un errore scusabile, trasmettendo l'appello al giudice dell'impugnazione.

1.2. Tanto premesso, la Corte territoriale ha, preliminarmente, reputato che il provvedimento di restituzione nel termine del Tribunale fosse stato emesso dal giudice funzionalmente incompetente; ha ritenuto inammissibile l'istanza di restituzione alla medesima Corte rivolta, non ravvisando i presupposti del caso fortuito o della forza maggiore, per essere stata l'impugnazione proposta in violazione delle formalità previste dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, convertito con L. 18 dicembre 2020, n. 176.

2. Avverso l'ordinanza indicata della Corte d'appello di Ancona ha proposto ricorso A s.r.l., con atto a firma del difensore e procuratore speciale, Avv. V.G. , affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, ai quali antepone la ricostruzione dei segmenti procedimentali che hanno scandito la devoluzione della regiudicanda al giudice dell'impugnazione, in termini sovrapponibili alla ricognizione resa nell'ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge in riferimento al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, commi 6 bis – 6 novies, convertito con L. 18 dicembre 2020, n. 176, per avere la Corte territoriale erroneamente trascurato di considerare come la competenza funzionale a valutare l'istanza di cui all'art. 175 c.p.p., appartenga al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e che riceve l'impugnazione, solo al quale il comma 6-septies della norma citata attribuisce la potestà di dichiararne, nei casi previsti dal precedente comma 6 sexies, in ragione dell'immediato accesso alla verifica dei dati formali dell'atto di impugnazione.

2.2. Con il secondo motivo, deduce vizio della motivazione in relazione alla statuizione di inammissibilità dell'istanza di restituzione nel termine per avere la Corte territoriale erroneamente apprezzato i requisiti della forza maggiore, omettendo di considerare come l'indicazione, ricevuta dalla cancelleria, di un indirizzo utile al deposito dell'atto introduttivo, ritualmente accettato sebbene trasmesso a (omissis) , non ricompreso nell'elenco ufficiale di cui all'art. 24, comma 6 sexies citato, e definito con il provvedimento appellato, abbia indotto in errore incolpevole la parte nella successiva fase del deposito dell'atto di gravame, con conseguente sussistenza delle condizioni richieste dall'art. 175 c.p.p., al fine della restituzione del termine.

3. Con requisitoria scritta D.L. 11 aprile 2022, n. 137, ex art. 23, il Procuratore generale ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti alla Corte d'appello per il giudizio.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

1. Alla disamina dei motivi, va premesso come tanto l'ordinanza impugnata che il ricorso restituiscano la medesima scansione procedimentale relativamente alle formalità di deposito telematico sia dell'atto introduttivo, che dell'appello proposto avverso l'ordinanza del Tribunale in data 9 maggio 2021, con la quale è stata rigettata l'istanza di ammissione al controllo giudiziario, proposta ex art. 34 bis, comma 6, Codice antimafia.

Incontestata l'appellabilità del provvedimento che neghi l'applicazione del controllo giudiziario, richiesto ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 34 bis, comma 6, (Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019, Ricchiuto, Rv. 277156), va, ulteriormente, evidenziato, in limine, come l'ordinanza della Corte d'appello impugnata abbia statuito su due distinte quaestiones: in primo luogo, la Corte ha ritenuto di non dover decidere nel merito dell'impugnazione, proposta con atto depositato il 18 giugno 2021 a mezzo pec all'indirizzo (omissis) e trasmessa dal Tribunale, reputando tamquam non esset il provvedimento di restituzione nel termine emesso dal giudice a quo il 26 giugno 2021, successivamente alla declaratoria di inammissibilità statuita dallo stesso Tribunale il 22 giugno 2021; in secondo luogo, il provvedimento impugnato ha statuito l'inammissibilità dell'istanza di restituzione nel termine per proporre l'impugnazione ad un indirizzo invece censito nel catalogo DGSIA, rivolta anche alla Corte territoriale, reputandone insussistenti i presupposti.

I motivi di ricorso vanno, pertanto, esaminati in riferimento a siffatte rationes decidendi.

1.1. Il primo - e, per come si dirà, determinante - tema che si impone all'analisi investe la delimitazione della competenza alla verifica dell'ammissibilità dell'impugnazione, innovativamente attribuita dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 septies, convertito con L. 18 dicembre 2020, n. 176, recante "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID 19", al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; tema che rileva anche ai fini della correlata questione relativa all'individuazione del giudice competente al controllo sulla relativa statuizione.

1.1.1. L'art. 24, comma 4, citato ha introdotto, in via esclusiva, la modalità di deposito telematico di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e dunque diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale), con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata, inserito nel Registro generale degli indirizzi di cui all'art. 7, del regolamento del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011, n. 44, fino alla scadenza del termine di cui al R.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35 (termine, originariamente previsto al 31 luglio 2021, dapprima prorogato dal D.L. 23 luglio 2021, n. 105, fino al 31 dicembre 2021 e, successivamente, con D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, fino al 31 dicembre 2022).

Per quanto di rilievo in questa sede, è stato - tra l'altro - previsto come il deposito, eseguito con le indicate modalità, debba essere effettuato utilizzando gli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari, indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato sul Portale dei servizi telematici, segnalando, altresì, che, con il medesimo provvedimento, sono indicate le specifiche tecniche relative al formato degli atti e alla sottoscrizione digitale, nonché le "ulteriori modalità di invio" e disposizioni per messaggi che eccedono la dimensione massima stabilita (art. 24, comma 4, seconda parte).

In ottemperanza alle disposizioni citate, il Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia ha emanato - il 9 novembre 2020 - il provvedimento attuativo, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari degli atti depositati ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. L'allegato 1 del decreto censisce, in particolare, gli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi, eseguiti con le richiamate modalità.

Nell'integrare la disposizione in parola, la legge di conversione ha introdotto i commi da 6 bis a 6 undecies, con i quali sono state previste disposizioni specifiche relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione penale.

In particolare, il comma 6-ter stabilisce che l'impugnazione è trasmessa, a mezzo pec, dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate, espressamente escludendo, in tal modo, la tradizionale modalità di deposito materiale prevista dall'art. 582 c.p.p., comma 2.

Il comma 6 quinquies, inoltre, estende l'applicazione di siffatte modalità a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati - e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli artt. 410 e 461 c.p.p., e art. 667 c.p.p., comma 4, ed ai reclami giurisdizionali previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354 - prevedendo che, per le richieste di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari, l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6 ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7.

Come reso esplicito già dalla riportata rubrica della L. n. 137 del 2020, siffatte modalità rispondono alla ratio di dematerializzazione del deposito degli atti di impugnazione, in tal modo evitando la confluenza degli utenti presso gli uffici giudiziari e, nel contempo, agevolando il rispetto del distanziamento sociale per la celebrazione, presso i medesimi uffici, delle attività che, invece, non possono essere svolte con modalità alternative alla presenza fisica.

1.1.2. Le peculiari modalità di deposito introdotte hanno, simmetricamente, richiesto una specifica disciplina delle cause di inammissibilità dell'impugnazione, integrativa della generale previsione di cui all'art. 591 c.p.p., esplicitamente fatta salva, e la individuazione della correlativa competenza, assegnata, in via esclusiva, al giudice a quo che riceve l'impugnazione.

Il D.L. n. 137 del 2020, citato art. 24, comma 6 sexies, difatti, prevede che l'impugnazione è inammissibile: a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 bis, non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale; c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4; d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore; e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati di cui al comma 4.

Per quel che interessa in questa sede, la specifica causa di inammissibilità declinata dalla lett. e) del comma 6-sexies individua il solo indirizzo, esplicitamente censito dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, quale unico luogo virtuale designato, presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, per il deposito dell'atto di impugnazione.

1.2. Dalla disciplina sinteticamente richiamata emerge che:

- l'impugnazione è inammissibile quando sia stata depositata utilizzando un indirizzo diverso da quello attribuito all'ufficio, ai fini del deposito, nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati;

- è assegnata, in via esclusiva, al medesimo giudice che ha emesso l'atto impugnato la competenza a dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione per i casi tassativamente previsti dal comma 6 sexies citato.

1.2.1. L'interpretazione di siffatte, innovative, disposizioni ha già dato luogo ad una significativa elaborazione giurisprudenziale.

Valorizzando la tassatività delle nuove ipotesi previste, in una prospettiva comunque protesa ad una interpretazione sostanziale delle cause di inammissibilità, questa Sezione (n. 24953 del 10/05/2021, Garda Jenesis, Rv. 281414) ha già affermato che non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione la trasmissione ad un indirizzo pec dell'ufficio giudiziario diverso da quello indicato come abilitato dal provvedimento organizzativo del presidente del Tribunale, ma compreso nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in quanto tale sanzione processuale è prevista dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), D.L. cit. esclusivamente in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi neppure nell'allegato del citato provvedimento direttoriale. Nello stesso senso si è espressa - per la specifica causa di inammissibilità in disamina - Sez. 3, n. 26009 del 29/04/2021, F., Rv. 281734.

Sez. 6, n. 46119 del 9/11/2021, M., Rv. 282346 ha, invece, ritenuto inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell'elenco allegato al provvedimento del 9 novembre 2020 del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, comma 4, convertito con modificazione dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, seppur indicato come utilizzabile dal provvedimento organizzativo adottato dal presidente del tribunale, non potendo questo derogare alla previsione di legge.

1.2.2. Pronunciandosi sulle diverse cause di inammissibilità previste dal comma 6 sexies, in disamina, questa Corte ha, comunque, privilegiato un approccio che ripudia un rigido formalismo, e che risponde alla necessaria verifica della tutela dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare e che, sostanzialmente, si individua nella certezza dell'identificazione del mittente, attraverso la identità digitale delineata dall'indirizzo pec ufficialmente attribuito al difensore, ed all'autenticità della sottoscrizione (Sez. 6, n. 40540 del 28/10/2021, Calderone, Rv. 282306; Sez. 6, n. 40540 del 2021; Sez. 1, n. 2784 del 20/12/2021, dep. 2022, Khaffou, Rv. 282490; Sez. 1, n. 41098 del 15/10/2021, Pirone, Rv. 282151).

1.2.3. Utili indicazioni sul tema della latitudine delle cause di inammissibilità delle impugnazioni, correlate al luogo - materiale o virtuale - di deposito, si rinvengono in Sez. Un. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167.

Allarmando il principio secondo cui "in tema di impugnazioni cautelari, il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall'art. 311 c.p.p., comma 2, del giudice che ha emesso l'ordinanza", il supremo consesso non ha escluso - ma, anzi, ha esplicitamente riconosciuto - la possibilità di presentazione dell'impugnazione presso un ufficio diverso, ponendosi, in tal caso, a carico del ricorrente, il rischio che l'impugnazione sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto, escluso comunque che sulla cancelleria incomba l'obbligo di trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 582 c.p.p., comma 2, la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo.

Pur pronunciandosi in materia di impugnazioni cautelari, le Sezioni unite hanno mostrato dichiarata adesione ad un approccio di tipo sostanzialistico, rimarcando come - ferma restando l'opzione del legislatore nel disegnare specifici itinerari del deposito dell'impugnazione - solo l'inosservanza del termine di presentazione ne determina, in realtà, l'inammissibilità; sicché il luogo di presentazione finisce per rilevare ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione, con la conseguenza per cui il ricorso depositato presso una cancelleria diversa, ancorché le formalità connesse alla presentazione siano le stesse, rimane privo di effetti se nel termine, previsto a pena di decadenza, non perviene anche nella cancelleria legalmente individuata. Se tale condizione si avvera, non vi sono ragioni sostanziali - hanno affermato le Sezioni unite - per negare la validità dell'impugnazione, in quanto non viene compromessa la scansione temporale degli adempimenti relativi alla presentazione richiesti dalla legge, e, dunque, può ritenersi raggiunta la finalità del ricorrente di attivare il sistema impugnatorio: "In questo caso occorre avere riguardo non al principio di conversione dell'art. 568 c.p.p., comma 5, (impugnazione della parte con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto) - che attiene al diverso profilo dell'irregolarità sostanziale del mezzo di impugnazione, opera nel presupposto dell'esistenza in un atto dei requisiti di un atto diverso e richiede, comunque, una valutazione del giudice - bensì al principio del raggiungimento dello scopo dell'atto. Tale principio, declinato nell'art. 156 c.p.c., comma 3, ha ormai assunto una valenza generale e trova implicita affermazione anche nel processo penale, come è dato evincere, ad esempio, dall'art. 184 c.p.p., comma 1. L'atto raggiunge, infatti, l'obiettivo che il ricorrente si era prefisso. L'attività di deposito rimane irregolare ed assume efficacia solo per il concomitante intervento di fattori esterni (l'inoltro alla cancelleria competente), della cui mancanza il ricorrente non può che assumersi il rischio per la scelta di non avere seguito le regole indicate per la presentazione dell'impugnazione".

In altri termini - escluso l'obbligo di trasmissione dell'impugnazione al giudice competente - non v'è spazio per la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione che, entro il termine di decadenza della sua proposizione, abbia comunque raggiunto il suo scopo.

1.2.4. Siffatta opzione esegetica si allinea alla più recente giurisprudenza Europea in tema di diritto di accesso alla giustizia, ai sensi dell'art. 6 CEDU, nella declinazione espressa nella sentenza della Corte di Strasburgo n. 55064 del 28/10/2021, Succi c. Italia.

Nel ripudiare l'acritico ossequio al mero formalismo, la Corte Europea sembra respingere l'applicazione di una regola, quando la stessa si riveli disfunzionale e contrastante con altre norme e, al tempo stesso, altre letture ne risultino maggiormente coerenti con la mens legis o con l'impianto complessivo derivante dalla considerazione del sistema in cui la norma stessa è chiamata ad interagire.

Si è, in tal senso, osservato come la formula utilizzata dall'art. 111 Cost., comma 1, - il giusto processo regolato dalla legge - trovi tutta la sua espansione quando sia la legge ex ante a regolare, in maniera chiara e prevedibile, le modalità e le forme di accesso al giudice, e non questi a selezionarle ex post.

L'opzione, formulata dal legislatore dell'emergenza, di definire un autonomo percorso normativo per il deposito telematico di tutti gli atti di impugnazione deve, allora, essere letta alla luce degli evidenziati principi.

2. Nel quadro così delineato, possono formularsi le seguenti osservazioni, decisive per la soluzione della questione qui controversa.

2.1. Innanzitutto, va affermato che l'impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, non può essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio a quo e trasmesso al giudice dell'impugnazione.

Va, ulteriormente, osservato che non può essere disconosciuto un generale principio di affidamento nelle indicazioni che, nella fase di esordio e messa a regime della digitalizzazione dei depositi per via telematica, possono essere state rese dagli uffici agli utenti interlocutori e che, ove documentate, possano aver indotto in incolpevole errore i destinatari riguardo il luogo virtuale cui indirizzare l'atto, che abbia raggiunto il suo scopo.

L'ordinanza di inammissibilità resa dal giudice a quo, nei casi esclusivamente previsti dal comma 6 sexies citato, è provvedimento irretrattabile ed impugnabile con il ricorso per cassazione.

La competenza a decidere sull'istanza di restituzione nel termine, proposta ai sensi dell'art. 175 c.p.p., è attribuita - anche per le ipotesi di inammissibilità in disamina, in assenza di una disciplina derogatoria delle regole generali - al giudice dell'impugnazione.

Se - come già rilevato - dalla lettura del più volte citato art. 24, comma 6 septies emerge, all'evidenza, come il legislatore dell'emergenza abbia voluto assegnare al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato la competenza, funzionale ed esclusiva, alla verifica delle condizioni formali di ammissibilità dell'impugnazione, limitatamente ai casi previsti dal precedente comma 6 sexies, valorizzando la prossimità di quel giudice con il sistema telematico, e la conseguente immediata accessibilità alla verifica dei requisiti formali che solo l'ufficio immediatamente destinatario è in grado di svolgere, alcuna ragione milita, invece, per una diversa conclusione riguardo la competenza a decidere sull'istanza di restituzione nel termine.

2.2. Nel caso in esame, il Tribunale di Ancona ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello depositato mediante inoltro all'indirizzo pec già indicato al difensore per il deposito dell'atto introduttivo.

Lo stesso Tribunale ha, con ordinanza in data 26 giugno 2021, restituito l'appellante nel termine per depositare ritualmente l'appello mediante inoltro all'indirizzo di posta certificata utile.

Ebbene, tale ultimo provvedimento - fondato sulla ritenuta scusabilità dell'errore in cui il difensore è incorso, in conseguenza dell'utile deposito su altro indirizzo pec dell'atto introduttivo - è stato reputato tamquam non esset dalla Corte d'appello di Ancona, in quanto assunto dal giudice funzionalmente incompetente.

Siffatta statuizione non s'appalesa censurabile.

Questa Corte di legittimità ha già chiarito che i vizi dell'ordinanza adottata in occasione della rimessione in termini sono suscettibili di essere rilevati soltanto dal giudice ad quem (Sez. 4, n. 20420 del 27/04/2021, Khan, Rv. 281207; n. 1202 del 2012, Rv. 254255), in occasione del giudizio introdotto attraverso gli ordinari strumenti di impugnazione (cfr. anche Sez. 3, n. 5771 del 19/7/2017, dep. 2018, Cicala, Rv. 272118), ed anche sotto il profilo dell'incompetenza funzionale del giudice che la ha emessa (Sez. 6, ord. n. 1599 del 27/5/1993, Dal Maso, Rv. 196020).

Del resto, questa Sezione ha, di recente, riaffermato (n. 1206 del 20/11/2020, dep. 2021, Martincigh, Rv. 280749) che è affetta da vizio di incompetenza funzionale, rilevabile anche d'ufficio nel giudizio di cassazione, l'ordinanza con cui il giudice che ha emesso la sentenza decide, in luogo del giudice superiore, sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione.

Il primo motivo è, pertanto, infondato.

2.3. Il secondo motivo è, invece, fondato.

2.3.1. Intanto va, in primis, rilevato come l'atto di gravame sia stato trasmesso dal difensore anche alla Corte d'appello di Ancona, contestualmente al deposito presso il giudice a quo; il che non consente di dubitare - in applicazione dei principi richiamati supra al §1.2.3. - che l'atto abbia tempestivamente raggiunto il suo scopo, devolvendo - nei termini perentori di legge - la regiudicanda al giudice dell'impugnazione.

2.3.3. Per altro verso, il provvedimento di reiezione dell'istanza di restituzione nel termine qui impugnato è stato illegittimamente statuito.

La Corte territoriale si è, invero, limitata a richiamare la giurisprudenza che esclude la ricorrenza della forza maggiore nei casi di mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione; ma non ha nè esplorato la ratio decidendi delle citate pronunce, nè si è confrontata con le specifiche peculiarità della vicenda in esame.

Invero, questa Corte ha - solo - escluso che il mancato o l'inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, sia di per sé idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittimano la restituzione nel termine; ma ha, invece, ribadito la necessità di valutare le specifiche declinazioni della fattispecie concreta, nonché il quadro normativo in cui si inserisce la vicenda oggetto del procedimento (Sez. 6, n. 2112 del 16/11/2021, dep. 2022, Coppola, Rv. 282667).

In particolare, è stato recentemente riaffermato (Sez. 2, n. 17708 del 31/01/2022, Morelli, Rv. 283059) - in una prospettiva tutta protesa alla tutela dell'affidamento incolpevole, secondo l'ordinaria diligenza - che il fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l'impugnazione, può essere integrato anche da erronee o fuorvianti informazioni ricevute dalla cancelleria, da dimostrare secondo gli ordinari oneri di allegazione.

Ora, se si considera che è documentato - ed anzi incontrovertibilmente confermato dalla deliberazione della decisione di primo grado impugnata (rectius: impugnanda) - cha all'indirizzo pec comunicato dalla cancelleria, non censito nell'apposito elenco, il ricorso introduttivo D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 34 bis, è stato ritenuto ritualmente depositato, s'appalesa del tutto irragionevole l'opzione seguita dalla Corte territoriale nell'escludere l'incolpevole affidamento del medesimo difensore anche per il deposito dell'impugnazione.

La Corte di merito, infine, non si è affatto confrontata con il "quadro normativo in cui si inserisce la vicenda oggetto del procedimento" che, nel segnare il passaggio all'esclusiva modalità di deposito telematico delle impugnazioni, in concomitanza all'emergenza epidemiologica da Covid-19, impone un approccio ermeneutico ispirato ad agevolare nella massima latitudine l'accesso alla tutela dei diritti.

3. Alla luce delle illustrate argomentazioni, l'ordinanza impugnata deve esser annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Ancona per il giudizio.

P.Q.M.

annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Ancona per il giudizio.