Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Parte civile non ha veto sulla MAP, ma solo diritto a contraddittorio (Cass. 19931/23)

10 maggio 2023, Cassazione penale

La messa alla prova deve  garantire all'interessato il massimo livello di accessibilità al nuovo istituto e a questo il conseguimento delle finalità deflattive che gli sono proprie, ancora più dopo il rinnovato favore del legislatore rispetto all'istituto.

La cosiddetta riforma Cartabia non soltanto ha esteso l'operatività dell'istituto di messa alla prova anche a reati di maggior gravità rispetto a quelli che sinora lo rendevano accessibile, ma ha anche previsto un potere di sollecitazione da parte del pubblico ministero, che può persino farsi promotore della proposta di ammissione della persona sottoposta ad indagini alla messa alla prova: in tal caso è previsto che alla persona offesa venga semplicemente dato un avviso della facoltà di depositare una memoria.

Ordinanza di ammissione di messa alla prova non può essere censurata qualora la persona offesa / parte civile non sia stata privata del diritto al contraddittorio, la cui violazione legittima il ricorso per cassazione contro l'ordinanza di ammissione dell'imputato alla messa alla prova.

Esente da censure la ordinanza ammissiva MAP quando ha esercitato, in particolare, il suo diritto ad esprimersi sui fatti costituenti oggetto del processo penale (e rilevanti, nell'ottica sopra evidenziata, ai fini della decisione sulla messa alla prova) e sull'ammontare del risarcimento, così come è previsto dagli artt. 10 e 16 della Direttiva 2012/29/UE (cfr. Sez. Un., n. 36754 del 14/07/2022, per un esame dei diritti della persona offesa nel procedimento penale).

 

 

Cassazione penale

sez. V, ud. 19 aprile 2023 (dep. 10 maggio 2023), n. 19931
Presidente Miccoli – Relatore Sgubbi

Ritenuto in fatto

1. G.P., persona offesa costituitasi parte civile in un processo che la vedeva vittima di violenza privata commessa il 26.9.2020, ricorre contro le ordinanze con le quali il Tribunale di Trento ha ammesso gli imputati C.P., D.D., A.G. e K.B. alla sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis cod. pen.

2. La ricorrente deduce violazione di legge con riguardo all'art. 464-quater cod. proc. pen.: in particolare, in violazione della norma di cui al comma 7 del citato articolo, l'ordinanza che ha ammesso gli imputati alla sospensione del procedimento con messa alla prova non sarebbe stata preceduta dall'audizione della persona offesa, pur presente.

Dagli atti allegati al ricorso risulta che G.P. si era costituita parte civile in vista della prima udienza del 14.3.2022 ed aveva depositato documenti ed una memoria difensiva. Gli imputati avevano in tal sede chiesto l'ammissione alla messa alla prova e il giudice aveva disposto un rinvio. Anche alla successiva udienza, in data 11.10.2022, la parte civile ed il suo difensore erano presenti. Il giudice si era riservato di decidere sull'istanza ed aveva provveduto fuori udienza, con ordinanza notificata alle parti.

La ricorrente richiama un precedente di questa sezione (n. 26205 del 15/06/2022) che ha annullato simile ordinanza per mancata audizione della persona offesa.

2. Il Procuratore gGenerale ha concluso per iscritto nel senso dell'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.

L'imputato B. ha depositato memoria nella quale ha chiesto rigettarsi il ricorso della persona offesa.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

1. La ricorrente, persona offesa, lamenta che il Tribunale di Trento abbia provveduto sulla richiesta degli imputati, volta ad ottenere la sospensione del procedimento con messa alla prova, senza procedere alla sua audizione, come previsto dall'art. 464-quater, comma 1, cod. proc. pen.

La mancata audizione della persona offesa legittima quest'ultima ad immediato ricorso per cassazione, come previsto dal comma 7 del citato articolo.

La ricorrente ricorda che la disciplina della messa alla prova «sottolinea le finalità ripristinatorie e risarcitorie dell'istituto e valorizza l'audizione della persona offesa. La stessa infatti può riferire al giudice non solo e non tanto in merito ai fatti contestati, quanto in particolare in ordine alla portata del programma di trattamento, alle condotte riparatorie adottabili e più in generale alle prescrizioni da inserire nel programma, affinché la vantaggiosa alternativa offerta all'indagato non si concluda in un annientamento di ogni ruolo di chi è vittima del reato».

2. Il precedente giurisprudenziale citato dalla ricorrente (Sez. 5, n. 26205 del 15/06/2022) si riferiva ad un caso nel quale la persona offesa si era presentata in udienza ed aveva espressamente chiesto di essere sentita; il giudice non aveva tenuto in conto la sua richiesta ed aveva ammesso l'imputato alla messa alla prova senza motivare in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi indicati nell'art. 168-bis cod. pen.

La Corte aveva dunque rilevato violazione dell'art. 464-quater cod. proc. pen. che, laddove prevede che il giudice debba sentire le parti e la persona offesa, appare dettato «a tutela dell'integrità del contraddittorio e della conseguente necessità di acquisire e valutare i contrapposti interessi coinvolti nel procedimento».

Se questa è indubbiamente la finalità della norma, occorre però considerare le caratteristiche del caso concreto, cui si attaglia piuttosto un altro precedente della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile un ricorso come quello oggi presentato «in quanto risulta che la persona offesa abbia partecipato attivamente al procedimento rappresentando il suo interesse al risarcimento» (Sez. 7, n. 39655 del 19/07/2016).

Risulta infatti dal verbale dell'udienza dell'11 ottobre 2022 che, assenti gli imputati, rappresentati dal difensore di fiducia, e presente la parte civile ed il suo difensore: a) il giudice abbia interloquito con le parti sulla misura del risarcimento, indicando come congrua la somma di 200 euro per ciascuno degli imputati e ritenendo invece insufficiente la minor somma inizialmente proposta; b) il difensore degli imputati abbia assentito alla proposta, nulla opponendo il pubblico ministero; c) il difensore della parte civile abbia rilevato «che visti i fatti commessi ai danni della persona offesa come da documentazione fotogrammi il risarcimento risulta insufficiente».

Sentite le parti nel modo appena evidenziato, il giudice si è riservato di decidere con separata ordinanza, la quale ha compiutamente motivato in ordine ai presupposti della richiesta misura.

Dunque, il caso è completamente diverso da quello citato come tertium comparationis dalla persona offesa ricorrente: lì vi era stato il rifiuto del giudice di dar corso al contraddittorio espressamente richiesto dalla persona offesa; qui la persona offesa si è costituita parte civile, ha presenziato all'udienza ed è stata assistita dal difensore che ha interloquito proprio sugli elementi, rilevanti ai sensi del combinato disposto degli artt. 133 cod. pen. e 464-quater, comma 3, cod. proc. pen., che il giudice doveva considerare in vista della sua decisione.

Infatti, il difensore della parte civile ha evidenziato la ritenuta gravità dei fatti come risultante proprio dai documenti che la persona offesa aveva depositato, nonché la ritenuta insufficienza del risarcimento.

Risulta inoltre, come si diceva in premessa, che la persona offesa abbia depositato una memoria scritta.

Non risulta invece che il difensore della parte civile, presente all'udienza, abbia chiesto espressamente che la parte assistita, pure presente, rendesse dichiarazioni ulteriori rispetto a quanto già argomentato e dedotto con la memoria, con i documenti, con l'atto di costituzione di parte civile e con la breve difesa orale, sul punto specifico, di cui è traccia nel citato verbale.

3. Già la sentenza Rigacci delle Sezioni Unite (n. 33216 del 31/03/2016) aveva evidenziato la necessità «di una lettura coerente di tutti i segmenti della disciplina, in grado di garantire all'interessato il massimo livello di accessibilità al nuovo istituto e a questo il conseguimento delle finalità deflattive che gli sono proprie».

Oggi, la necessità di una lettura del genere è ancora più evidente a fronte del rinnovato favore del legislatore rispetto all'istituto, cui è stato dato ulteriore impulso dalla cosiddetta riforma Cartabia che non soltanto ne ha esteso l'operatività anche a reati di maggior gravità rispetto a quelli che sinora lo rendevano accessibile, ma ha anche previsto un potere di sollecitazione da parte del pubblico ministero, che può persino farsi promotore della proposta di ammissione della persona sottoposta ad indagini alla messa alla prova: in tal caso è previsto che alla persona offesa venga semplicemente dato un avviso della facoltà di depositare una memoria (nuovo art. 464-ter.1 cod. proc. pen., introdotto dall'art. 29, comma 1 lett. b) d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150).

4. Conclusivamente, quanto riassunto rende evidente che, nel caso di specie, la persona offesa non è stata privata del diritto al contraddittorio la cui violazione legittima il ricorso per cassazione contro l'ordinanza di ammissione dell'imputato alla messa alla prova, ed anzi lo abbia esercitato in misura piena.

Ha esercitato, in particolare, il suo diritto ad esprimersi sui fatti costituenti oggetto del processo penale (e rilevanti, nell'ottica sopra evidenziata, ai fini della decisione sulla messa alla prova) e sull'ammontare del risarcimento, così come è previsto dagli artt. 10 e 16 della Direttiva 2012/29/UE (cfr. Sez. Un., n. 36754 del 14/07/2022, per un esame dei diritti della persona offesa nel procedimento penale).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Va disposto - ai sensi dell'art 52 d. Igs 30 giugno 2003 n. 196 e in caso di diffusione del presente provvedimento - l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.