La diffusione delle tracce musicali in assenza di qualunque titolo abilitativo, configura quella attività di sfruttamento dell'opera senza averne diritto, che è contemplata dalla norma incriminatrice di cui all'art. 171, comma 1, lett. a), della legge n. 633 del 1941.
Il reato è reato istantaneo, la cui consumazione avviene, eventualmente uno actu, al momento della fruizione sine titulo dell'opera, salva la possibilità che le reiterate condotte di indebito utilizzo del fonogramma configurino altrettante violazioni della legge penale, in ipotesi unificate dal vincolo della continuazione.
Integra il delitto di cui all'art. 171, lett. a), della legge n. 633 del 1941, la condotta dell'emittente radiofonica che, pur avendo assolto gli obblighi di legge nei confronti degli autori e dei titolari dei diritti connessi, diffonda e riproduca brani musicali in violazione delle disposizioni contrattuali pattuite con l'Associazione cui è demandata la tutela dei diritti dei produttori fonografici (Società Consortile Fonografici), omettendo di munirsi dei supporti originali da cui estrarre la c.d. copia tecnica.
Vanno disitinti i diritti degli autori e l’ulteriore tutela apprestata dalla legge per i produttori fonografici: i diritti degli autori di composizioni musicali sono tutelati dalla SIAE; quelli dei produttori discografici ed artisti sono tutelati dalla SCF (Società Consortile Fonografici).
L’ignoranza inevitabile della legge penale non coincide con l’ignoranza o con l’errore sulla legge extrapenale.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Sent., (ud. 06/06/2018) 28-11-2018, n. 53316
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito - Presidente -
Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -
Dott. MENGONI Enrico - Consigliere -
Dott. MACRI' Ubalda - rel. Consigliere -
Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Venezia, nel procedimento a carico di:
M.V., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 6.7.2017 della Corte d'appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Molino Pieetro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 6.7.2017 la Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Treviso in data 25.11.2015 che aveva assolto M.V. dal reato di cui agli art. 81 cpv c.p., L. n. 633 del 1941, art. 171, comma 1, lett. a), perchè, nella qualità di legale rappresentante della "Farmacia (..) S.a.s. del dr M.V. e C.", aveva diffuso 553 brani musicali senza aver assolto agli oneri relativi ai diritti connessi di spettanza della S.C.F. S.r.l. (d'ora innanzi SCF) La Corte territoriale ha concordato con la decisione di prime cure, secondo cui difettava l'elemento psicologico dell'elusione del pagamento dei diritti d'autore.
Dai documenti prodotti in giudizio non era chiaro quale fosse il contratto completo sottoscritto dal M. con il music provider Digiwork S.r.l. e quindi comprendere gli obblighi spettanti all'una o all'altra parte contraente. La Digiwork S.r.l. si era definita licenziataria SIAE e SCF (clausola 9) dichiarando di aver assolto ogni obbligo di legge legato alla propria attività e di manlevarne completamente la controparte (clausola 8). Era evidente, per la complessità della materia, che era dubbia la volontà del M. di non adempiere all'obbligo nei confronti della SCF; infatti, nelle immediatezze, aveva dichiarato alla Guardia di Finanza che era convinto che la società che gli forniva il servizio avesse provveduto all'adempimento delle imposte previste perchè così gli era stato assicurato dal promotore. La circostanza che fosse laureato in farmacia, all'evidenza, non rilevava quanto all'automatica conoscenza della materia tecnica del diritto d'autore e della proprietà intellettuale, tanto che per operare nel settore si era affidato ad un music provider.
2. Il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Venezia premette in fatto a) che la SCF - Consorzio Consortile Fonografici - concede licenza per l'utilizzazione di fonogrammi e videoclip all'interno di esercizi commerciali, a fronte del versamento di un compenso da parte degli utilizzatori, assicurando con la propria opera d'intermediazione la remunerazione degli investimenti sostenuti dai produttori discografici per consentire la fruizione di prodotti musicali: i diritti spettanti a produttori ed artisti, cosiddetti diritti connessi, sono autonomi rispetto a quelli degli autori di composizioni musicali e sono oggetto di una specifica tutela penale la cui gestione non è riservata in esclusiva alla SIAE, a differenza dei diritti d'autore, essendo lasciata ai produttori discografici la piena libertà di scegliere se affidarne la gestione ad SCF; b) che, nello specifico, la Guardia di Finanza aveva verificato che nei locali della farmacia era installata e funzionante un'emittente radiofonica digitale, commercializzata da "Rafflesia group", fornitore della piattaforma musicale, attraverso i cui canali erano diffusi i contenuti musicali riconducibili al provider Digiwork S.r.l., fornitore di fonogrammi; c) che la Farmacia aveva assolto ai diritti d'autore presso la SIAE, ma non aveva chiesto preventivamente alla SCF il rilascio della licenza per il diritto d'esecuzione in pubblico della musica, di qui la contestazione in esame; d) che, all'atto della redazione del verbale di notifica della violazione, il M. aveva dichiarato che era convinto che la società che forniva il servizio avesse provveduto all'adempimento delle imposte previste, perchè così assicuratogli dal promotore; e) che, successivamente, aveva regolarizzato la sua posizione ed era stato assolto dal reato ascrittogli in primo ed in secondo grado.
Con un unico motivo, deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione alla L. n. 633 del 1941, art. 171, comma 1, lett. a). Certo il fatto, doveva ritenersi irrilevante l'invocato errore, che era caduto su un elemento sostanzialmente estraneo alla fattispecie incriminatrice e comunque non giustificabile per gli obblighi d'informazione sulle disposizioni relative ad un determinato settore di attività economiche gravanti su un soggetto che le esercitava in maniera professionale. Nè poteva condividersi che la Corte territoriale avesse giustificato la ritenuta incolpevole commissione del reato valorizzando "l'oggettiva complessità della materia, di nicchia e non nota a chiunque", perchè, in questo modo si sarebbe finito con il legittimare ampie sacche d'impunità in tutti quei settori di attività regolati da norme penali che presentavano caratteri di peculiare complessità o più marcato tecnicismo.
3. La parte civile ha presentato una memoria nella quale ha argomentato per l'impossibilità che il comportamento del M. fosse scriminato dalla buona fede.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è infondato.
Pacifici i fatti, i Giudici di merito hanno ritenuto di motivare l'assoluzione per l'assenza dell'elemento psicologico in capo all'imputato.
Non mette conto in questa sede ricordare la differenza tra SIAE e SCF su cui amplius si vedano Sez. 3., n. 2515/15, Angeli, Rv 263174, secondo cui integra il delitto di cui alla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171, lett. a), la condotta dell'emittente radiofonica che, pur avendo assolto gli obblighi di legge nei confronti degli autori e dei titolari dei diritti connessi, diffonda e riproduca brani musicali in violazione delle disposizioni contrattuali pattuite con la SCF, omettendo di munirsi dei supporti originali da cui estrarre la cosiddetta copia tecnica (caso per vero diverso da quello in esame), e Sez. 3, n. 27074/07, PM c/ Bonacini, non massimata.
Ed invero, il tema d'indagine non è la sussistenza dell'elemento materiale del reato, bensì dell'elemento psicologico.
Il Tribunale ha osservato che dal contratto era chiaro che il M. non potesse essersi reso conto dell'inadempimento degli oneri a suo carico, "trattandosi peraltro di questioni tecniche e fiscali complesse e particolari; il reato contestato (trattandosi di delitto doloso) richiedeva pertanto una consapevolezza e volontà di elusione da parte dell'imputato che non è stata in alcun modo dimostrata in sede di indagine".
La Corte territoriale ha osservato che "... la confusione derivante da un simile modello di contratto (di cui peraltro non vi è prova di sottoscrizione da parte dell'imputato) induce a ritenere dubbia la consapevolezza e volontà in capo al M. di eludere così facendo gli oneri SCF, come lo stesso ebbe a dichiarare, credibilmente, nell'immediatezza alla Guardia di finanza e riportato nel verbale di notifica 22/4/2013 in atti...", aggiungendo che la laurea in farmacia non rilevava, all'evidenza, al fine di ritenerlo un soggetto particolarmente qualificato ed al corrente del diritto d'autore e della proprietà intellettuale, tanto che si era affidato ad un music provider.
Orbene, a fronte di tali motivazioni il ricorrente non ha dedotto elementi specifici da cui dedurre il dolo, ma si è limitato a disquisire sull'inescusabilità dell'errore; inoltre non ha contestato la parte della motivazione della Corte territoriale in cui era stato accertato che la società proponente il servizio, la Digiwork, aveva affermato di aver assolto ad ogni obbligo di legge legato alla propria attività, il che ragionevolmente aveva indotto il M., che per giunta aveva dichiarato di aver assolto agli oneri nei confronti della SIAE, nel falso convincimento della regolarità della procedura seguita.
Osserva questo Collegio che nel precedente di questa Sezione n. 38174/17, PG c/Ghizzo, non massimato, l'imputato per il quale era stata esclusa la buona fede era un operatore professionale, titolare dell'emittente radiofonica (OMISSIS), che aveva corrisposto gli oneri alla SIAE ma non quelli dovuti dal 2000 alla SCF. Analogamente nella sentenza n. 34172/17, Detassis, l'imputato era il legale rappresentante di una società commerciale ed era stato accertato dalla Corte territoriale, con ragionamento ritenuto immune da censure da questa Corte, che il contratto con la Digiwork prevedesse espressamente l'adempimento degli oneri (ivi compresi quelli nei confronti della SCF) da parte del cliente.
Nella fattispecie, invece, la Corte territoriale ha precisato che non era dato capire, dai documenti prodotti in giudizio, quale fosse il contratto completo sottoscritto dal M. con la Digiwork da cui evincere con certezza gli oneri da adempiere e la relativa spettanza.
Ed invero dal modello del 30.9.2008 non era chiaro chi fosse il committente, tanto più che la Digiwork s'era dichiarata licenziataria sia della SIAE sia di SCF, dichiarando di assolvere gli obblighi di legge con conseguente manleva. Inoltre, essendo il M. un farmacista non poteva pretendersi una conoscenza qualificata di una materia così tecnica tanto che si era rivolto ad un'apposita società esercente l'attività di music provider.
Ritiene il Collegio che la Corte territoriale, nel negare la responsabilità, non ha violato la legge, ma si è limitata a confermare con argomentazione razionale la sentenza di proscioglimento resa dal Tribunale ai sensi dell'art. 129 c.p.p., perchè il fatto non costituisce reato. D'altra parte, il Pubblico ministero non ha indicato elementi certi da cui desumere in tale contesto il dolo del reato ascritto al M..
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla per le spese trattandosi del ricorso del Procuratore generale.
P.Q.M.
rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018