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Ora notturna non è sempre un'aggravante (Cass. 15214/18)

5 aprile 2018, Cassazione penale

Ai fini di valutare la sussistenza dell'aggravante della cd. minorata difesa, è necessario accertare in concreto, piuttosto che sulla base di una condizione astrattamente considerata, se le circostanze in, cui si è verificato il fatto abbiano effettivamente favorito la commissione del reato, per cui è necessario individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata.

Il tempo di notte avrà rilievo, secondo questa impostazione interpretativa, qualora concorrano ulteriori condizioni che abbiano effettivamente annullato o sminuito i poteri di difesa pubblica o privata.

Spetta infatti all’interprete delle norme penali il compito di renderle applicabili ai soli fatti concretamente offensivi, a seguito di un  accertamento in concreto, caso per caso, senza automatismi.

 


CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. IV PENALE - SENTENZA 5 aprile 2018, n.15214 - Pres. Blaiotta – est. Serrao


Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Trento, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente riformato la pronuncia emessa il 5/04/2016 dal Tribunale di Trento, che aveva ritenuto G.H. colpevole del reato di cui agli artt.110, 56, 624 bis, commi 1 e 3, cod. pen. in relazione alle aggravanti di cui agli artt.625 n.2 e 61 n.5 cod. pen. (capo A), e del reato di cui agli artt.337, 582, 585 cod. pen. in relazione all’art.576 n.1 e 5-bis cod. pen. (capo B), commessi in (...) nella notte tra il (omissis) , riqualificando il fatto contestato al capo A ai sensi degli artt.56, 624, 625 n.2 e 61 n.5 cod. pen. e rideterminando la pena in un anno, un mese e dieci giorni di reclusione ed Euro 100,00 di multa.

2. Avverso la sentenza di appello G.H. propone ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

a) inosservanza o erronea applicazione dell’art.61 n.5 cod. pen. e vizio di motivazione sul punto, per avere la Corte di Appello riconosciuto la sussistenza dell’aggravante sul mero dato che la condotta fosse stata posta in essere nottetempo, senza considerare le particolari circostanze del caso concreto, dalle quali emergeva che il cugino della persona offesa avesse mantenuto il pieno controllo della situazione osservando la scena dalla sua abitazione, ubicata al piano superiore dell’esercizio commerciale in cui si era tentato il furto;

b) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 62 bis e 69 cod. pen. nonché vizio di motivazione sul punto per avere la Corte territoriale negato le circostanze attenuanti generiche sulla base di una motivazione scarna, limitandosi a valutare i precedenti penali dell’imputato e trascurando lo stato di tossicodipendenza, le disagiate condizioni di vita e la contenuta gravità del fatto. Nel ricorso si stigmatizza l’omesso giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti;

c) inosservanza o erronea applicazione dell’art.133 cod. pen. nonché vizio di motivazione nella determinazione della pena base in misura troppo elevata e priva di giustificazione. Il ricorrente evidenzia l’errore materiale in cui è incorsa la Corte nell’indicare nella motivazione la pena base di due anni e due mesi di reclusione, pur avendo fatto riferimento al minimo della pena. Nel determinare la pena non si è tenuto conto del comportamento processuale dell’imputato e delle sue disagiate condizioni di vita.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

1.1. Con riguardo all’interpretazione della norma che disciplina la circostanza aggravante di cui all’art.61 n. 5 cod. pen. in relazione al furto commesso in ora notturna, nella giurisprudenza di legittimità si sono espressi due distinti orientamenti.

1.2. Secondo un primo orientamento, minoritario, la commissione di un furto in ora notturna integrerebbe di per sé gli estremi dell’aggravante della minorata difesa, sia per la ridotta vigilanza pubblica che in quelle ore viene esercitata sulle pubbliche vie e per la minore possibilità della presenza di testimoni, sia per la mancanza della ordinaria vigilanza da parte del proprietario, elementi che comportano una minorazione delle difese del soggetto passivo (Sez. 4, n. 34354 del 08/07/2009, Perica, Rv. 24498801).

In un caso concernente un tentativo di furto commesso in ore notturne in un esercizio commerciale, all’interno del quale erano presenti i proprietari, la Corte di Cassazione ha, pertanto, ritenuto sussistente l’aggravante sul presupposto che 'anche se il tempo di notte non è espressamente previsto dalla norma relativa alla circostanza aggravante indicata, il furto commesso in tale tempo integra l’ipotesi di cui all’art. 61 n. 5 c.p., sia perché nelle pubbliche vie è esercitata una minora vigilanza, sia per la mancata ordinaria vigilanza del proprietario'. La circostanza che i proprietari si trovassero all’interno del locale non avrebbe escluso l’aggravante, avendo questa carattere oggettivo, dovendosi ritenere circostanza eccezionale la presenza dei proprietari all’interno dell’esercizio di notte (Sez. 5, n. 35616 del 27/05/2010, Di Mella, Rv. 24888301).

In un altro caso, concernente un tentativo di furto commesso in ore notturne all’interno di un capannone industriale, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la sussumibilità del fatto nell’ipotesi aggravata di cui all’art. 61 n.5 cod. pen., a causa della ridotta vigilanza pubblica che in tali ore viene esercitata ed in considerazione delle minori possibilità per i privati di esercitare la sorveglianza, ammettendo, tuttavia, che a diversa conclusione si sarebbe giunti ove particolari circostanze (individuate ad esempio da Sez. 5, n. 19615 del 11/03/2011, Garritano, Rv. 25018301 nell’illuminazione) abbiano accentuato le difese del soggetto passivo (Sez.5, n.32244 del 26/01/2015, Halilovic, Rv. 26530001).

1.3. Secondo un diverso orientamento, che il Collegio condivide, atteso che il fondamento dell’aggravante in esame risiede nella considerazione in termini di maggior disvalore della condotta lì dove l’agente approfitti, attraverso un meditato calcolo, delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi, 'la valutazione della sussistenza dell’aggravante va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato'. È, dunque, necessario accertare in concreto, piuttosto che sulla base di una condizione astrattamente considerata, se le circostanze in, cui si è verificato il fatto abbiano effettivamente favorito la commissione del reato, per cui è necessario individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata.

Il tempo di notte avrà rilievo, secondo questa impostazione interpretativa, qualora concorrano ulteriori condizioni che abbiano effettivamente annullato o sminuito i poteri di difesa pubblica o privata (Sez.5, n.1917 del 18/10/2017, dep.2018, Bux, n.m.; Sez. 4, n. 53343 del 30/11/2016, Mihai, Rv. 26869701; Sez. 2, n. 3598 del 18/01/2011, Salvatore, Rv. 24927001; Sez. 1, n.10268 del 09/10/1996, Bertotti, Rv. 206117).

2. L’interpretazione che qui si intende ribadire è stata chiaramente espressa in una sentenza relativa ad un caso concernente un furto commesso all’interno degli uffici della Polizia Municipale in ore serali (quando gli stessi erano chiusi). In tale pronuncia, infatti, la Corte di Cassazione ha affermato che 'prescindendo dal fatto che la dottrina più recente ha definito oscura la ratio dell’aggravante, che, comunque, dovrebbe, presumibilmente, essere ravvisata in una esigenza di prevenzione generale, e tralasciando il problema della corretta interpretazione del concetto di approfittamento, che sembra ricondurre ad una valutazione di maggiore intensità del dolo, va detto che, anche a voler seguire la giurisprudenza tradizionale, che ritiene che la circostanza in esame abbia carattere oggettivo, è necessario perché ricorra l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. che la pubblica o privata difesa sia stata concretamente ostacolata, non occorrendo che sia stata resa impossibile, senza che rilevi la idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte o l’età', così escludendo che fosse sufficiente ad integrare l’aggravante il semplice riferimento al 'tempo di notte' (Sez. 5, n. 8819 del 02/02/2010, Maero, Rv. 24616001).

2.1. In un altro caso, concernente una rapina commessa in ore notturne ai danni di un soggetto anziano, la Corte di legittimità ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante in esame nell’età avanzata della vittima e nell’essere stato il fatto perpetrato in ora notturna, precisando che 'la debolezza fisica dovuta all’età senile costituisce una minorazione delle capacità difensive del soggetto che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestanza fisica, particolarmente quando la violenza non venga esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio, ma solo con mezzo fisico manuale, e quando risulti che la vittima del reato è stata scelta dall’agente in considerazione dell’età avanzata' (Sez. 2, n. 3598 del 18/01/2011, Salvatore, Rv. 24927001).

2.2. In un ulteriore caso, concernente il tentativo di furto di un’automobile parcheggiata in una zona periferica, commesso in ore notturne, la Corte regolatrice ha rilevato la sussistenza delle condizioni integranti l’aggravante della minorata difesa, quali la circostanza che l’autovettura fosse parcheggiata, in ora notturna, in una zona periferica, come tale pressoché deserta o comunque poco frequentata da passanti o automobilisti, ed il fatto che la vittima, che in quell’orario dormiva, non potesse contare sulla sorveglianza anche indiretta di terze persone (Cass., Sez. 4, n. 53343 del 30/11/2016, Mihai, Rv. 26869701).

3. Dall’esame di queste pronunce emerge, dunque, la finalità di assicurare una più sicura rispondenza della fattispecie circostanziale al principio di offensività, posto che all’interprete delle norme penali spetta il compito di renderle applicabili ai soli fatti concretamente offensivi. In tale ottica, 'solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentano, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata è idoneo ad assicurare la coerenza dell’applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo, ossia con il maggior disvalore della condotta derivante dall’approfittamento delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi' (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione).

4. Nel caso concreto la Corte territoriale ha ritenuto che non potesse considerarsi alla stregua di una sorveglianza programmata la percezione, del tutto casuale, dei rumori in strada da parte di un cugino della vittima, che abitava al secondo piano dello stabile in cui si trovava il negozio in cui si era tentato il furto. Ma si tratta di motivazione in cui non si è considerato se, in concreto, il tempo di notte avesse comportato un difetto di vigilanza da parte del proprietario, né quali fossero le condizioni che consentissero, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, come si desume dall’essersi ignorato che nel capo d’imputazione fosse contestato un tentativo di accesso all’esercizio commerciale mediante sfondamento della porta d’accesso con un piccone.

Il provvedimento impugnato deve essere, per tale motivo, annullato limitatamente al punto concernente la circostanza aggravante prevista dall’art.61 n.5 cod. pen., con rinvio alla Corte di Appello di Trento - Sezione distaccata di Bolzano affinché riesamini compiutamente le condizioni in cui si è concretamente svolto il tentativo di furto.

5. In punto di determinazione del trattamento sanzionatorio in generale, occorre osservare che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede nel caso in cui la sanzione sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 cod. pen. di irrogare una pena in misura media o prossima al minimo edittale (Sez.4, n.27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv.25835601; Sez.2, n.28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv.25646401; Sez. 4, n.21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.25619701).

5.1. È, altresì, ripetutamente affermato che, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la determinazione della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la cosiddetta motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell’Anna, Rv. 22714201) o con formule sintetiche (tipo 'si ritiene congrua', Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 25620101; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 21158301), ma afferma anche che la ratio della disposizione di cui all’art.62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, consistenti nel caso in esame nella condotta successiva al reato, essendo contestato il delitto di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, e nei numerosi precedenti penali (Sez.2, n.3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 26582601).

5.2. Con specifico riguardo alla determinazione della pena ai sensi dell’art.81, secondo comma, cod. pen., la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. 6 n. 7777 del 29/1/2013, Bardeggia, Rv. 25505201) esprime il principio secondo il quale, se l’aumento di pena che è possibile apportare ai sensi dell’art.81, secondo comma, cod. pen. può astrattamente raggiungere il triplo ‘ della pena massima, non è tuttavia sufficiente per la legittimità della decisione determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge, dovendo il giudice, nella motivazione, dare conto delle valutazioni operate su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale, ivi compresa la determinazione dell’aumento di pena per la continuazione (Sez. 2 n.23653 del 15/5/2008, Asseliti, Rv. 24061201). Ciò in forza della previsione contenuta nell’art. 533, comma 2, cod. proc. pen. secondo cui '... se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso dei reati o sulla continuazione'. Di conseguenza, deve ritenersi che la mancanza di motivazione sulla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione, non essendo previsto nell’art. 81 cod. pen. un aumento minimo di pena, ma solo un massimo quantificato nella misura del triplo della pena base, sottrae all’imputato il controllo sull’uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale, integrando, quindi, un vizio di motivazione della sentenza rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez.2, n.51731 del 19/11/2013, Foria, Rv.258108; Sez.4 n.6853 del 27/1/2009, Maciocco, Rv.24286701).

5.3. L’applicazione coerente dei due principi sopra enunciati comporta il corollario che, quando il giudice abbia dato conto del riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati contestati al medesimo imputato ed abbia giustificato in base ai criteri di cui all’art.133 cod. pen., la misura dell’aumento stabilito a titolo di continuazione, in misura inferiore all’aumento medio previsto dall’art.81, secondo comma, cod. pen., può ritenersi che abbia correttamente assolto all’obbligo di motivazione.

6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per carenza d’interesse. In tanto può dirsi sussistente un interesse ad impugnare, in quanto il provvedimento comporti la possibilità della lesione in concreto di un diritto o di un altro interesse giuridico della parte che impugna, sicché resta escluso il potere di impugnativa ogni qual volta l’interesse si esaurisca nella pretesa meramente teorica alla esattezza giuridica della pronuncia giudiziale. In particolare, nel caso in esame non è interesse della parte ricorrente affermare la deroga al principio generale secondo il quale il dispositivo prevale sulla motivazione, essendo il dispositivo correttamente determinato in relazione alla pena base detentiva di un anno e due mesi di reclusione, a fronte di una motivazione contenente sul punto l’erronea indicazione di una pena superiore.

7. Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame limitatamente alla sussumibilità del fatto nell’ipotesi aggravata.

Ferma restando, allo stato, l’infondatezza dei motivi inerenti al trattamento sanzionatorio, al giudice del rinvio non sarà precluso provvedere alla rideterminazione della pena in relazione all’esito decisorio.

 P.Q.M.

 Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la circostanza aggravante di cui all’art.61 n.5 cod. pen. con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Trento - Sezione Distaccata