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Notifica a avvocati, PEC equivale a raccomandata (Cass. 26506/20)

22 settembre 2020, Cassazione penale

Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall’invio di copia dell’atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento .. o dalla PEC.

La notifica a mezzo PEC è equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti; equivalenza che, come è di facile rilievo, trova la sua ragione nel fatto che la PEC offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all’identificazione del mittente e all’avvenuta ricezione dell’atto (documentabile, in caso della PEC, attraverso la produzione del rapporto di consegna al destinatario e ricevuta di accettazione).

La lettera raccomandata, di cui può avvalersi il difensore ai sensi dell’art. 152 c.p.p., può essere sostituita dalla comunicazione a mezzo PEC, con la conseguenza che la notifica effettuata a mezzo PEC dal difensore dell’imputato al difensore della persona offesa ex art. 299 c.p.p., deve ritenersi validamente effettuata.

 

Corte di Cassazione

sez. II Penale, sentenza 22 luglio – 22 settembre 2020, n. 26506
Presidente Verga – Relatore D’Agostini

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 10/2/2020 il Tribunale del riesame di Palermo dichiarava inammissibile l’appello avverso il provvedimento in data 17/1/2020 con il quale il G.i.p. del Tribunale di Palermo aveva respinto la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, presentata nell’interesse di N.M. , imputato di estorsione aggravata in danno di tre persone offese.
Osservava il Tribunale che la notifica alle persone offese della richiesta ex art. 299 c.p.p., prevista dal comma 3 dell’articolo nei procedimenti per "delitti commessi con violenza alla persona", era stata effettuata tramite PEC, ai difensori delle persone offese, con una modalità non consentita alle parti private.
2. Ha proposto ricorso N.M. , a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio motivazionale.
Sostiene la difesa che le notifiche della richiesta erano state validamente eseguite a mezzo PEC, inviate ai difensori delle persone offese, costituitesi parti civili, con una modalità che offre non minori garanzie rispetto a quelle dell’invio di una raccomandata e che ha consentito alle stesse di essere coinvolte nella dinamica cautelare.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
2. Il Collegio condivide i principi espressi da questa Corte in una fattispecie sovrapponibile a quella in esame.
Si è affermato, infatti, che dal disposto del D.L. 16 ottobre 2012, n. 179, art. 16 (convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), norma che disciplina l’utilizzo della PEC da parte delle cancellerie, non può trarsi la conseguenza secondo cui le parti private nel processo penale non possono mai fare ricorso alla posta elettronica certificata per le proprie comunicazioni.
La stessa disposizione preclude soltanto l’utilizzo della notifica a mezzo PEC a cura della cancelleria, qualora il destinatario sia l’imputato (persona fisica), mentre per le notificazioni fra difensori occorre far riferimento a quanto previsto dall’art. 152 c.p.p. ("salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall’invio di copia dell’atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento") e il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 ("1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68. 2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta. 3. La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso mediante posta elettronica certificata sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche").

Pertanto, "sulla base dell’art. 48 dell’anzidetto Codice la notifica a mezzo PEC è equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti; equivalenza che, come è di facile rilievo, trova la sua ragione nel fatto che la PEC offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all’identificazione del mittente e all’avvenuta ricezione dell’atto (documentabile, in caso della PEC, attraverso la produzione del rapporto di consegna al destinatario e ricevuta di accettazione). In tale contesto normativo deve allora ritenersi che la lettera raccomandata, di cui può avvalersi il difensore ai sensi dell’art. 152 c.p.p., può essere sostituita dalla comunicazione a mezzo PEC, con la conseguenza che, nel caso in esame, la notifica effettuata a mezzo PEC dal difensore dell’imputato al difensore della persona offesa ex art. 299 c.p.p., deve ritenersi validamente effettuata.

Tale conclusione consente di soddisfare pienamente le esigenze di tutela della persona offesa, sottese all’art. 299 c.p.p., non essendo dubitabile che la comunicazione a mezzo PEC costituisce uno strumento idoneo a portare un atto a conoscenza del destinatario e ad avere certezza sulla sua ricezione" (così Sez. 2, n. 6320 del 11/01/2017, Simeoli, Rv. 268984).

Questa Corte, inoltre, ha già affermato come debba essere consentito alle parti private di effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata nel caso in cui ciò sia necessario per rendere effettive le facoltà processuali alle stesse riconosciute, come nel caso di una richiesta di rimessione del processo ex art. 45 c.p.p., da notificare dagli imputati alle parti civili (Sez. 5, n. 55886 del 02/10/2018, Giustini, Rv. 274603) ovvero di presentazione delle richieste e delle memorie al giudice competente nel procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive (Sez. 3, n. 11475 del 17/12/2018, dep. 2019, Giacalone, Rv. 275185; Sez. 3, n. 17844 del 12/12/2018, dep. 2019, Benigno, Rv. 275600; Sez. 3, n. 14832 del 13/12/2017, dep. 2018, Barzanti, Rv. 272692).

Anche nel caso della notificazione della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, da effettuare ai sensi dell’art. 299 c.p.p., comma 3, al difensore della persona offesa, sussistono evidenti esigenze di celerità: "la peculiarità della norma in esame è che l’onere dell’avviso condiziona la procedibilità delle istanze de libertate e quindi - in concreto - l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’indagato o dell’imputato e l’interesse di costoro a non vedere ingiustificatamente negato o sospeso l’esame delle loro richieste in una materia così delicata quale quella della libertà personale. Appare dunque evidente che tale situazione comporta necessariamente il contemperamento di due diversi ordini di beni tutelati e costituzionalmente rilevanti: da un canto i diritti di libertà e di difesa delle persone indagate o imputate e dall’altro i diritti di tutela della vita privata, dell’incolumità personale e dell’esercizio delle proprie facoltà delle persone offese dal reato. Tale contemperamento risulta raggiunto ove la vittima del reato abbia provveduto agli adempimenti previsti dal citato art. 299 c.p.p., comma 3; in tali ipotesi, infatti, la parte offesa mostra quell’interesse a conoscere le vicende processuali di colui che ha esercitato e può continuare a esercitare violenza nei suoi confronti e al contempo mette l’indagato o l’imputato nelle condizioni di effettuare celermente le notifiche necessarie a consentire la definizione del procedimento incidentale de libertate che lo riguarda" (così, da ultimo, Sez. 1, n. 5552 del 17/01/2020, Gangemi, Rv. 278483; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435).
3. Nel caso di specie, dunque, il difensore dell’imputato ha ritualmente effettuato la notifica della richiesta ai difensori delle persone offese a mezzo PEC; conseguentemente, l’ordinanza impugnata va annullata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo per l’ulteriore corso.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi, ai sensi dell’art. 94 norme di attuazione c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo, sezione per il riesame delle misure cautelari, per l’ulteriore corso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.