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Nomina di un difensore di ufficio non garantisce sempre difesa effettiva (Corte EDU, Artico, 1980)

13 maggio 1980, Corte europea dei diritti dell'Uomo

La semplice nomina di un difensore di ufficio non garantisce un'assistenza efficace, poiché l'avvocato nominato può morire, ammalarsi gravemente, essere impedito per un periodo prolungato di agire o sottrarsi alle sue funzioni. Se la situazione viene notificata, le autorità devono sostituirlo o fargli adempiere i suoi obblighi.

La Convenzione intende garantire non diritti teorici o illusori, ma diritti pratici ed effettivi; ciò vale in particolare per i diritti della difesa in considerazione del posto preminente che occupa in una società democratica il diritto ad un processo equo, da cui derivano: l'art. art. 6-3-c parla di "assistenza" e non di "nomina". 

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI
TRIBUNALE (CAMERA)
CASO DI ARTICO v. ITALIA
(Applicazione n. 6694/74)
STRASBURGO 13 maggio 1980

Nel caso Artico,
La Corte europea dei diritti dell'uomo, che si riunisce, ai sensi dell'articolo 43 (art. 43) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") e delle pertinenti disposizioni del Regolamento della Corte, in qualità di Sezione composta dai seguenti giudici: G. WIARDA, Presidente, G. BALLADORE PALLIERI, M. ZEKIA,
La signora D. BINDSCHEDLER-ROBERT, il signor L. LIESCH, il signor F. GOLCUKLU, il signor J. PINHEIRO FARINHA e anche il signor M.-A. EISSEN, cancelliere, e il sig. H. PETZOLD, cancelliere aggiunto,
Deliberato in privato il 1° febbraio e il 30 aprile 1980, emette la seguente sentenza, adottata in quest'ultima data:

PROCEDURA

1. Il caso Artico è stato deferito alla Corte dalla Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo ("la Commissione"). Il caso ha avuto origine da un ricorso contro la Repubblica italiana presentato alla Commissione il 26 aprile 1974 ai sensi dell'articolo 25 (art. 25) della Convenzione da un cittadino italiano, il sig. Ettore Artico.
2. La domanda della Commissione, alla quale era allegata la relazione prevista dall'art. 31 (art. 31) della Convenzione, è stata depositata presso la cancelleria l'11 maggio 1979, entro il termine di tre mesi previsto dagli artt. 32 par. 1 e 47 (art. 32-1, art. 47). La domanda si riferiva agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) e alla dichiarazione della Repubblica italiana che riconosceva la competenza obbligatoria della Corte (art. 46) (art. 46). La richiesta della Commissione ha lo scopo di ottenere che la Corte si pronunci sulla sussistenza o meno di una violazione, da parte dello Stato convenuto, degli obblighi che gli incombono ai sensi dell'art. 6 comma. 3 c) (art. 6-3-c).
3. La Camera dei sette giudici da costituire comprendeva, in qualità di membri d'ufficio, il sig. G. Balladore Pallieri, giudice eletto di nazionalità italiana (art. 43 della Convenzione) (art. 43), e il sig. G. Wiarda, vicepresidente della Corte (art. 21 par. 3 b) del Regolamento della Corte). Il 17 maggio 1979, il vicepresidente ha estratto a sorte, su richiesta del presidente e alla presenza del cancelliere aggiunto, i nomi degli altri cinque membri, ossia il signor M. Zekia, la signora D. Bindschedler-Robert, il signor L. Liesch, il signor F.
Golcuklu e il sig. J. Pinheiro Farinha (articolo 43 in fine della Convenzione e articolo 21, paragrafo 4) (art. 43).
4. Wiarda ha assunto la presidenza della Camera (articolo 21, paragrafo 5, del regolamento). Egli accerta, tramite il Vice Cancelliere, il parere dell'Agente del Governo italiano ("il Governo") e dei Delegati della Commissione in merito alla procedura da seguire. Il 6 giugno 1979 decise che l'Agente doveva avere tempo fino al 7 novembre 1979 per depositare un memoriale e che i Delegati dovevano avere il diritto di depositare un memoriale in risposta entro due mesi dalla data di trasmissione del memoriale del Governo ad essi da parte del Cancelliere.
Il testo ufficiale francese del memoriale del Governo non è stato ricevuto dal cancelliere fino all'11 dicembre 1979. Il 17 dicembre, il Segretario della Commissione ha informato il Cancelliere che i Delegati avrebbero presentato le loro osservazioni alle udienze.
5. 5. Dopo aver consultato, tramite il Cancelliere, l'Agente del Governo e i Delegati della Commissione, il 18 dicembre il Presidente ordinò che le udienze orali si aprissero il 31 gennaio 1980.
6. 6. Le audizioni orali si sono svolte in pubblico presso il Palazzo dei diritti dell'uomo di Strasburgo il 31 gennaio. Immediatamente prima della loro apertura, l'Aula ha tenuto una breve riunione preparatoria; essa ha autorizzato il rappresentante del Governo e la persona che assiste i delegati della Commissione ad utilizzare la lingua italiana (articolo 27, paragrafi 2 e 3, del regolamento).

La Corte è stata adita:
- per il Governo:
M. IMPONENTE, Consigliere di Stato
(avvocato dello Stato), Delegato dell'agente;
- per la Commissione:
S. TRECHSEL, Delegato principale,
M. MELCHIOR, Delegato,
P. SOLINAS, l'avvocato del ricorrente
davanti alla Commissione, assistendo i Delegati ai sensi dell'art. 29 par. 1, seconda frase, del Regolamento del Tribunale.

La Corte ha ascoltato gli interventi delle persone che si sono presentate e le loro risposte ai suoi quesiti. Ha chiesto loro di produrre diversi documenti; la maggior parte di questi, e alcuni altri documenti, sono stati forniti il 31 gennaio dalla Commissione e il 20 marzo dal governo.

7. 7. L'11 febbraio 1980 il cancelliere, su istruzione della Corte, ha chiesto per iscritto alla Commissione di fornire ulteriori informazioni. Il segretario della Commissione vi ha risposto il 12 marzo.

SUI FATTI

1. Fatti particolari del caso
a) Le condanne e i ricorsi del richiedente
8. Il signor Ettore Artico, cittadino italiano, nato nel 1917, è un commercialista di professione.
Il 27 gennaio 1965, il signor Artico è stato condannato dal giudice del distretto di Verona (pretore) a diciotto mesi di reclusione e a una multa per truffa semplice. Il 6 ottobre 1970 gli è stata inflitta da quel giudice un'ulteriore pena di undici mesi di reclusione e una multa per truffa con recidiva, impersonificazione (sostituzione di persona) e per aver emesso assegni senza valore. Questi vari reati erano stati commessi nel maggio/giugno 1964. I ricorsi presentati dal ricorrente il 28 gennaio 1965 e l'11 dicembre 1970 sono stati respinti rispettivamente il 16 dicembre 1969 e il 17 aprile 1971 dal Tribunale penale di Verona, che ha trattato entrambi i casi in assenza del sig. Artico.
L'11 ottobre e il 13 novembre 1971 il pretore emetteva i mandati di carcerazione preventiva per l'esecuzione delle due pene detentive. I mandati sono stati notificati al ricorrente il 22 dicembre 1971; egli era stato infatti arrestato l'8 dicembre in relazione ad altri reati.

9. Il 25/26 dicembre 1971, il signor Artico, che si trovava allora nel carcere di Brindisi, si appellò nuovamente al Tribunale penale contro entrambe le decisioni del pretore. Affermava di non essere a conoscenza delle sentenze del Tribunale Penale e per questo motivo depositava con i ricorsi per cassazione, tra l'altro, "l'eventuale sentenza di secondo grado". Il fatto che le cause fossero state trattate in assenza del sig. Artico è stato l'obiettivo fondamentale di queste domande: esse hanno contestato in particolare la regolarità sia della procedura seguita per quanto riguarda la notifica di vari atti che delle dichiarazioni di non rintracciabilità del richiedente (decreto di irreperibilita; art. 170 c.p.p.).

Con due ordinanze del 6 marzo 1972, il Tribunale penale ha dichiarato irricevibili i ricorsi per il motivo che essi erano diretti contro decisioni che erano già state oggetto di ricorso. Contestualmente, il Tribunale penale, per motivi di competenza, ha trasmesso alla Corte di Cassazione le domande di annullamento.

10. Il 10 e 14/15 marzo il sig. Artico, allora nel carcere di Venezia, ha depositato presso quest'ultima Corte le dichiarazioni con le sue ulteriori argomentazioni. Sebbene questo non sia stato menzionato tra i principali motivi invocati, le dichiarazioni si sono concluse con una nuova richiesta: i reati oggetto delle decisioni del pretore dovrebbero essere dichiarati estinti per prescrizione (prescrizione; artt. 157 e ss. del Codice Penitenziario).
(Codice Penale) nel novembre/dicembre 1971, poiché a quella data era scaduto il termine legale di sette anni e sei mesi.
Nelle memorie del 3 e 10 luglio 1973, che trattavano solo della presunta irregolarità procedurale e non della questione della prescrizione legale, il pubblico ministero ha sostenuto che le domande del sig. Artico erano manifestamente infondate.
Con due ordinanze del 12 novembre 1973, la Corte di Cassazione, riunita in camera di consiglio, ha dichiarato irricevibili i ricorsi per mancanza di irregolarità procedurale, ma non ha sollevato la questione della prescrizione.

11. 11. Nel corso del 1975, il sig. Artico, richiamandosi ancora una volta alla questione della prescrizione, ha presentato alla Corte di Cassazione un ricorso (istanza di revisione) contro le decisioni del 27 gennaio 1965 e del 6 ottobre 1970, confermate dal Tribunale penale il 16 dicembre 1969 e il 17 aprile 1971. Con sentenza del 5 agosto 1975, la Corte di Cassazione ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di mera frode, contraffazione e emissione di assegni senza valore. Di conseguenza, le sentenze del Tribunale Penale di Verona sono state annullate, ma non, nel caso di quella del 1971, per quanto riguarda il reato di truffa ripetuta.

Nel contempo, il Tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di rilascio provvisorio presentata dal ricorrente, in quanto non era stato accertato che la sua detenzione derivasse dalle decisioni impugnate.

12. Artico è stato tuttavia rilasciato il 23 agosto 1975 in applicazione di una direttiva  (provvedimento) emanata in pari data dalla Procura della Repubblica di Milano (procura della Repubblica). La direttiva, dopo aver fatto riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione del 1975, ricalcolò a due anni e otto mesi il periodo complessivo di reclusione da scontare per il reato di recidiva e per vari altri reati; essendo il ricorrente in carcere dall'8 dicembre 1971, il periodo era già scaduto il 7 agosto 1974.

Il 4 novembre 1977 la Corte di Cassazione ha respinto la domanda del sig. Artico per il risarcimento del danno da detenzione abusiva con la motivazione che era stata presentata fuori termine.

Con direttiva del procuratore della Repubblica di Ferrara del 15 marzo 1978, è stato effettuato un nuovo calcolo del periodo di reclusione che il ricorrente doveva scontare per vari reati; la detenzione "indebitamente" ("indebitamente") subita dall'8 agosto 1974 al 23 agosto 1975 è stata compensata con altre pene.

b) L'assistenza legale gratuita del richiedente

13. 13. Il sig. Artico, originariamente rappresentato da un avvocato di sua scelta, il sig. Ferri, ha incluso nella sua dichiarazione del 10 marzo 1972 alla Corte di Cassazione una richiesta di assistenza legale gratuita in relazione alle domande di annullamento. Tale richiesta è stata accolta l'8 agosto 1972 dal Presidente della Seconda Sezione Penale ("il Presidente della Sezione") che ha nominato a tal fine l'Avvocato Della Rocca di Roma.

14. In data 4 settembre, l'Avv. di Artico scriveva al Presidente della Sezione e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione (in prosieguo: il "Procuratore generale") per informarli di non aver ricevuto alcuna notizia dall'Avvocato Della Rocca e per chiedere che si provveda a fornire un'effettiva assistenza. Con lettera dell'8 settembre, l'Avv. Della Rocca informava il ricorrente che solo al suo rientro dalle vacanze era venuto a conoscenza dell'incarico, dichiarava che altri impegni gli impedivano di accettarlo e forniva il nome di un collega di cui raccomandava vivamente al ricorrente di avvalersi. Il 10 ottobre il sig. Artico ha chiesto al sig. Della Rocca di richiedere la nomina di un sostituto secondo le modalità previste dalla legge. In una lettera del 18 gennaio 1973 al ricorrente, l'Avvocato dichiarava che il 17 ottobre aveva presentato al Presidente della Sezione una formale richiesta (istanza) in tal senso, indicando in essa che per motivi di salute non era in grado di svolgere un compito che definiva molto impegnativo e gravoso (molto impegnativo e grave); riteneva di aver così adempiuto ai suoi obblighi ed esprimeva il desiderio di essere lasciato in pace.
Il 30 gennaio 1973 il ricorrente scriveva al Presidente della Sezione e alla Procura della Cassazione chiedendo la sostituzione del sig. Della Rocca e allegando copia della lettera di quest'ultimo del 18 gennaio. La cancelleria della Corte di Cassazione avrebbe risposto il 26 febbraio con una nota in cui si affermava che il sig. Della Rocca continuava ad agire in quanto un avvocato nominato per il patrocinio a spese dello Stato non aveva il diritto di rifiutare la nomina. Il 6 marzo il sig. Artico - che ha fatto riferimento in successive occasioni a vari testi di legge - ha inviato alla Procura della Cassazione una denuncia con la quale chiedeva, oltre alla sostituzione del sig. Della Rocca, l'irrogazione di sanzioni penali e disciplinari; su tale denuncia non sembra essere stato dato alcun seguito, copia della quale era stata inviata al Presidente di Sezione. Il 12 marzo il ricorrente ha scritto al Presidente della Corte di Cassazione, tra l'altro, per richiamare la sua attenzione sulla mancanza di assistenza legale e per chiedere il suo intervento. Con telegramma del 4 maggio la cancelleria informava il ricorrente che il sig. Della Rocca non era stato sostituito e che le domande di annullamento erano ancora presso la Procura della Repubblica. Tre giorni dopo il signor Artico scriveva nuovamente alla Procura della Cassazione per lamentarsi, tra l'altro, dell'assenza di un avvocato sostituto e, il 6 giugno, l'anagrafe inviava al ricorrente un telegramma con la stessa formulazione del precedente. Con lettera del 19 giugno alla Procura della Cassazione, di cui è stata inviata copia al Presidente della Sezione, il sig. Artico ha sottolineato le gravi conseguenze della situazione per la difesa e ha chiesto nuovamente la nomina di un altro avvocato.

15. 15. Con comunicazione del 25 settembre, la cancelleria della Corte di Cassazione informava Della Rocca che la causa avrebbe dovuto essere esaminata il 12 novembre 1973. Il 5 ottobre la cancelleria ha inviato al sig. Artico, in risposta al suo telegramma, un telegramma che gli comunicava la data dell'udienza e che l'avvocato non era stato sostituito. Le lettere del 6 ottobre del ricorrente al Presidente della Sezione e alla Procura della Cassazione, che facevano riferimento ad alcune precedenti comunicazioni di analoga natura, lamentavano l'atteggiamento del sig. Della Rocca e l'inerzia delle autorità e contenevano un'ulteriore richiesta di sostituzione. Il 2 novembre l'Avv. Artico ha presentato al Presidente di Sezione, con copia al Procuratore della Cassazione, l'ultima di tali richieste, adducendo una violazione dei diritti della difesa e chiedendo il rinvio dell'udienza; tale richiesta è però pervenuta alla Corte di Cassazione solo il 20 dicembre, mentre già il 12 novembre aveva dichiarato inammissibili le domande di archiviazione (cfr. precedente paragrafo 10).
2. 2. Disposizioni rilevanti di diritto interno
a) Domande di annullamento presentate alla Corte di Cassazione
16. 16. Ai sensi dell'art. 524 del codice di procedura penale:
"La richiesta di reprimere può essere presentata alla Corte di Cassazione per i seguenti motivi:
1) mancata osservanza o errata applicazione del diritto penale
2) esercizio da parte di un tribunale di un potere riservato per legge agli organi legislativi o amministrativi o non concesso alle autorità statali;
3) inosservanza delle norme del presente Codice nei casi in cui è previsto che l'inosservanza comporti la nullità, l'inammissibilità o la decadenza.
La domanda è inammissibile se presentata per motivi non previsti dalla legge o manifestamente infondati".
17. L'articolo 531 prevede quanto segue:
"Quando un motivo di inammissibilità è invocato da una parte o è sollevato d'ufficio, la questione è decisa in via preliminare dalla Corte di cassazione in camera di consiglio ...
In tutti i casi di cui sopra, la Corte si pronuncia sulla questione, tenendo conto delle memorie scritte del pubblico ministero, senza l'intervento di avvocati difensori.
Tuttavia, nei casi previsti dall'ultimo comma dell'articolo 524, la memoria del pubblico ministero è depositata presso la cancelleria del Tribunale e ne viene data immediata comunicazione all'avvocato del ricorrente. Quest'ultimo ha il diritto di presentare, entro quindici giorni dalla notifica, al presidente della sezione investita della causa, una domanda scritta di audizione in udienza pubblica. Se tale richiesta viene presentata, la Corte si riunisce in seduta pubblica.
Se il richiedente non ha nominato un avvocato, la suddetta comunicazione sarà data all'avvocato ufficialmente nominato a tal fine dal Presidente".
b) Assistenza legale gratuita
18. 18. L'assistenza legale gratuita è disciplinata, tra l'altro, dalle disposizioni del Regio Decreto (Regio Decreto) n. 3282 del 30 dicembre 1923.
In materia penale, l'assistenza legale è concessa di diritto a chiunque si trovi in "stato di povertà" ("stato di poverta"; art. 15), la cui frase deve essere interpretata nel senso di incapacità di sostenere le spese in questione (art. 16). La decisione di concedere il patrocinio a spese dello Stato è presa dal Presidente del Tribunale (art. 15; si veda anche l'art. 3 del Regio Decreto n. 602 del 28 maggio 1931). Una volta concesso, è l'autorità giudiziaria adita che nomina l'avvocato che deve agire per l'interessato (art. 29 del Decreto del 1923). L'autorità giudiziaria o il presidente del tribunale può far designare un avvocato sostituto, sia di propria iniziativa, in presenza di gravi motivi, sia se l'avvocato originario "stabilisce motivi legittimi che lo obbligano ad astenersi, o lo autorizzano ad essere esonerato, dall'agire" (art. 32). Analogamente, l'articolo 128 del Codice di procedura penale prevede che un avvocato nominato ufficialmente possa essere sostituito "per un motivo giustificato".
L'articolo 5 del Regio Decreto n. 602 del 28 maggio 1931 stabilisce che l'avvocato difensore che non sia in grado di agire deve fornire una motivazione scritta; anche dopo che tale dichiarazione sia stata fatta e fintanto che non sia stato sostituito, l'avvocato deve adempiere agli obblighi del suo ufficio.
La parte assistita perde il beneficio del patrocinio a spese dello Stato se incarica un avvocato di sua scelta (art. 128 del Codice di procedura penale).
In generale, il patrocinio a spese dello Stato è sottoposto al controllo dell'autorità giudiziaria, che può adottare le misure necessarie per garantire la corretta assistenza dell'assistito e, fatta salva l'azione risarcitoria di quest'ultimo, può chiedere l'applicazione di sanzioni disciplinari agli avvocati che trascurano i loro doveri (art. 4 del decreto del 1923).
c) Procedura in caso di prescrizione legale
19. 19. In virtù dell'articolo 152 del Codice di Procedura Penale, il giudice è tenuto, in ogni fase del procedimento, a prendere atto d'ufficio dell'estinzione di un reato; la prescrizione legale ha effetto per effetto di legge, anche quando il ricorso è altrimenti inammissibile.
Il Governo ha ammesso che nel caso di specie la Corte di Cassazione avrebbe dovuto sollevare essa stessa la questione nelle sue decisioni sulle domande di annullamento.

PROCEDIMENTO DINANZI ALLA COMMISSIONE

20. 20. Nella sua domanda del 26 aprile 1974 alla Commissione, il sig. Artico ha fatto riferimento a presunte violazioni di:
- Articolo 5 par. 1 (art. 5-1) della Convenzione, per detenzione illegale;
- art. 6 par. 3 c) (art. 6-3-c), per il fatto di non essere stato assistito da un avvocato dinanzi alla Corte di Cassazione nel procedimento conclusosi il 12 novembre 1973.
21. 21. Il 1° marzo 1977 la Commissione ha dichiarato irricevibili, per mancato esaurimento dei mezzi di ricorso interni, le denunce relative alla presunta illegittimità del trattenimento, ma ha accolto la domanda per quanto riguardava l'assenza di assistenza legale.
Nella sua relazione dell'8 marzo 1979, la Commissione ha espresso il parere unanime che vi era stata una violazione dell'art. 6 par. 3 c) (art. 6-3-c).

OSSERVAZIONI FINALI PRESENTATE AL GIUDICE

22. 22. Alle udienze del 31 gennaio 1980, il Governo ha mantenuto le seguenti dichiarazioni fatte nel suo memoriale:
"Si chiede alla Corte di dichiarare inammissibile o infondata l'istanza presentata da Ettore Artico contro il Governo italiano".
Il Delegato principale della Commissione, da parte sua, ha invitato la Corte
- "di respingere per le ragioni addotte, ma soprattutto per estoppel, le obiezioni preliminari sollevate dal Governo italiano";
- "per quanto riguarda il merito, decidere se la Convenzione sia stata violata e, in caso affermativo, concedere al ricorrente la giusta soddisfazione di un importo da determinarsi da parte della Corte".
RIGUARDO ALLA LEGGE
I. LE RICHIESTE PRELIMINARI DEL GOVERNO
23. 23. Il Governo ha contestato l'ammissibilità del ricorso per i seguenti tre motivi.
In primo luogo, ratione temporis: la dichiarazione resa dall'Italia ai sensi dell'articolo 25 (art. 25) è stata espressamente formulata in modo da applicarsi solo al periodo successivo al 31 luglio 1973 (Annuario della Convenzione, vol. 16, pag. 10), mentre i fatti contestati si sono verificati in un momento che non poteva essere successivo al 3 e al 10 luglio 1973, essendo queste le date in cui sono state depositate le memorie del pubblico ministero (cfr. il precedente paragrafo 10).
In secondo luogo, non erano stati esauriti i mezzi di ricorso interni (art. 26) (art. 26) in quanto il ricorrente non aveva denunciato all'Ordine degli avvocati la condotta dell'Avvocato Della Rocca né avviando un'azione civile per risarcimento danni o un procedimento penale per inadempienza di un avvocato ai propri obblighi professionali ("patrocinio infedele"; art. 380 c.p.p.).
In terzo luogo, se si volesse - erroneamente, secondo il Governo - ritenere lo Stato responsabile della mancanza di assistenza legale, qualsiasi "decisione finale" fittizia della Corte di Cassazione che rifiutasse di nominare un altro avvocato avrebbe potuto essere presa solo prima del 3 e del 10 luglio 1973. Tra tale decisione e il deferimento della questione alla Commissione - il 26 aprile o il 12 luglio 1974 - intercorreva quindi un intervallo di tempo superiore a sei mesi, concludendo che il sig. Artico non aveva rispettato il termine di sei mesi previsto dall'art. 26 (art. 26) della Convenzione.
24. 24. La Corte è competente a prendere conoscenza di tali motivi preliminari nella misura in cui lo Stato convenuto li abbia preventivamente sollevati dinanzi alla Commissione nella misura in cui il loro carattere e le circostanze lo consentano (sentenza De Wilde, Ooms e Versyp del 18 giugno 1971, serie A n. 12, pagg. 29-31, par. 47-55).
25. Tale condizione non è soddisfatta nel caso del secondo motivo del Governo. Nulla ha impedito di includerlo nelle osservazioni scritte o orali presentate alla Commissione, eppure è stato presentato per la prima volta nel memoriale del Governo del dicembre 1979 alla Corte. Certo, il Governo aveva già invocato la regola dell'esaurimento dei mezzi di ricorso interni dinanzi alla Commissione nel luglio 1976 e nel febbraio 1977, ma lo ha fatto per motivi totalmente diversi e unicamente in relazione alle denunce di cui all'art. 5 (art. 5), denunce che sono state peraltro respinte da tale istituzione il 1° marzo 1977 ai sensi dell'art. 27 par. 3 (art. 27-3) (cfr. i precedenti commi 20 e 21; Allegato II alla relazione, sezione "Presentazione delle Parti", commi 1 e 2 lett. b., e sezione "La Legge", comma 1).
26. Esattamente lo stesso non si può dire delle eccezioni di irricevibilità ratione temporis e per il mancato rispetto del termine in quanto apparentemente sollevate dal Governo nell'udienza dell'8 dicembre 1978 dinanzi alla Commissione. Tali motivi non sono stati accolti dalla Commissione: in mancanza di unanimità tra i suoi membri, essa ha ritenuto che l'art. 29 (art. 29) non fosse applicabile nel caso di specie. In effetti, i paragrafi 5 e 6 della relazione della Commissione non contengono sufficienti dettagli per determinare se gli argomenti allora addotti dal Governo fossero sostanzialmente identici a quelli ora avanzati; tuttavia, si può supporre che ciò sia vero, poiché i delegati della Commissione non hanno dato alcuna indicazione contraria.
27. D'altro canto, i Delegati hanno fatto presente che l'udienza dell'8 dicembre 1978 riguardava il merito del ricorso e non la sua ricevibilità, sulla quale la Commissione si era pronunciata più di ventuno mesi prima, cioè il 1° marzo 1977. Su tale base, essi hanno sostenuto che vi è stato un estoppel anche per quanto riguarda questi due motivi.
La Corte osserva che la struttura dell'apparato di protezione istituito dalle sezioni III e IV della Convenzione mira a garantire che lo svolgimento del procedimento sia logico e ordinato. La funzione di vaglio che gli articoli 26 e 27 (art. 26, art. 27) assegnano alla Commissione è il primo dei suoi compiti (citata sentenza del 18 giugno 1971, pag. 30, punto 51). Certo, l'art. 29 (art. 29), in vigore dal 21 settembre 1970, prevede un successivo riesame della ricevibilità, ma subordina il rigetto "a posteriori" di una domanda al voto unanime della Commissione. Il rigore di questa condizione, che segna un allontanamento dal principio della decisione a maggioranza previsto dall'articolo 34 (art. 34), dimostra che lo spirito della Convenzione richiede che gli Stati convenuti sollevino di norma le loro obiezioni preliminari nella fase dell'esame iniziale di ammissibilità, in mancanza delle quali esse saranno respinte.
È vero che il motivo che motiva un'obiezione preliminare viene talvolta alla luce solo dopo la decisione di accoglimento della domanda: ad esempio, un'inversione della giurisprudenza interna può rivelare l'esistenza di un rimedio fino ad allora sconosciuto (sentenza del 18 giugno 1971, sopra citata, pagg. 24-25, par. 37, pp. 31-32, par. 56-57, e pp. 33-35, par. 61-62) o un richiedente può formulare un nuovo ricorso la cui ammissibilità non è stata ancora contestata dal Governo convenuto (sentenza Delcourt del 17 gennaio 1970, Serie A n. 11, p. 8, par. 15, e pagg. 19-20, par. 39-40; sentenza Schiesser del 4 dicembre 1979, serie A n. 34, p. 10, par. 20-21, e pp. 16-17, par. 39-41). In tali casi, le circostanze non consentono di invocare motivi di inammissibilità ad una data anteriore; inoltre, nonostante l'apparente genericità della formulazione dell'articolo 29 (art. 29), lo Stato convenuto ha diritto, per analogia, a beneficiare delle disposizioni che disciplinano la fase iniziale del procedimento, ossia ad ottenere dalla Commissione, in una decisione integrativa, una decisione a maggioranza (art. 34) (art. 34). 34) sulle questioni di competenza o di ricevibilità sottoposte alla Commissione dallo Stato immediatamente indotta a farlo dal cambiamento della situazione giuridica (citata sentenza Schiesser, p. 17, par. 41).
Tuttavia, il presente caso non fornisce un esempio di una situazione di questo tipo. Nulla ha impedito al Governo di invitare la Commissione, prima del 1° marzo 1977, a respingere la domanda ratione temporis o per il mancato rispetto del termine di sei mesi. Tuttavia, il Governo ha inutilmente rinviato tale richiesta all'8 dicembre 1978, con la conseguenza che la sua richiesta avrebbe potuto essere accolta solo in caso di voto unanime (art. 29) (art. 29). Il Governo ha così perso il vantaggio di una decisione a maggioranza (art. 34) (art. 34) e non si può ritenere che il Governo abbia recuperato la decisione applicando la Corte (art. 20 par. 1 del Regolamento della Corte); ritenere il contrario porterebbe a un risultato incompatibile con la struttura della Convenzione e con una corretta amministrazione della giustizia.
28. 28. La Corte dichiara pertanto che il Governo non può sollevare ciascuna delle obiezioni preliminari su cui intende fare affidamento.

II. LA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ART. 6 PAR. 3 c) (art. 6-3-c)

A. Domande di prova

29. Per stabilire i fatti, la Commissione si è dovuta affidare principalmente al sig. Artico e ai documenti da lui prodotti: il governo, pur non contestando espressamente questi vari dati, aveva sostenuto che egli aveva l'onere della prova; quando la Commissione aveva chiesto al governo alcuni dettagli sullo svolgimento dei procedimenti del 1972 e del 1973 dinanzi alla Corte di cassazione, la risposta era stata che la cancelleria di tale Corte non poteva fornirli perché, dopo che le domande di annullamento erano state dichiarate inammissibili, i fascicoli erano stati restituiti ai tribunali da cui provenivano (cfr. punti 12 e 13 della relazione).
Un approccio simile è stato adottato dal governo dinanzi alla Corte. Essi hanno espresso dubbi sull'autenticità di diversi documenti prodotti dal ricorrente e sull'esistenza stessa della lettera che il 17 ottobre 1972 il sig. Della Rocca avrebbe inviato al Presidente della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione (cfr. punto 14). Essi sottolineavano inoltre che era estremamente difficile ricostruire un quadro dettagliato dei rapporti del signor Artico con la legge nel suo Paese.
30. La Corte fa riferimento a questo punto alla sentenza Irlanda contro Regno Unito del 18 gennaio 1978: "nel caso ad essa deferito, la Corte esamina tutto il materiale che le è stato sottoposto, sia esso proveniente dalla Commissione, dalla Commissione, dalla Corte o da altri Stati membri".
Parti o altre fonti"; se necessario, il Tribunale "ottiene materiale proprio motu" e "non si basa sul concetto che l'onere della prova è a carico dell'uno o dell'altro dei due Governi interessati" (Serie A n. 25, p. 64, par. 160). Mutatis mutandis, queste osservazioni si applicano altrettanto o addirittura di più ad una causa derivante da una domanda presentata ai sensi dell'articolo 25 (art. 25) in quanto né il singolo richiedente né la Commissione hanno lo status di parte in causa dinanzi alla Corte (sentenza Lawless del 14 novembre 1960, serie A n. 1, pagg. 11, 14 e 15-16; regola 1 del Regolamento della Corte).
Nel presente procedimento, il sig. Artico ha fornito sufficienti elementi di prova prima facie. Tra i documenti di cui ha fornito copia alla Commissione vi erano telegrammi della cancelleria della Corte di Cassazione e molti di questi documenti erano passati nelle mani delle autorità carcerarie che ne tenevano traccia nei loro archivi (registri delle carceri di Brindisi, Milano e Venezia). Il Governo non può quindi limitarsi a formulare riserve su questi materiali. Anche in questo caso, la Corte rifiuta di credere che le difficoltà amministrative o pratiche su cui si basa il Governo siano insormontabili in una società moderna. Inoltre, la Corte ricorda che gli Stati contraenti hanno il dovere di cooperare con le istituzioni della Convenzione per giungere alla verità (sentenza del 18 gennaio 1978, p. 60, par. 1). 148 in fine, e p. 65, par. 161 in ammenda). Di conseguenza, la Corte considera i fatti riassunti ai precedenti punti 8-15 come accertati e li prenderà come base per l'esame del merito della causa.

B. Questioni di merito

31. 31. Il ricorrente ha denunciato una violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera a). 3 (c) (art. 6-3-c) della Convenzione, che recita:

"Ogni persona accusata di un reato ha i seguenti diritti minimi:
(c) di difendersi di persona o attraverso l'assistenza legale di propria scelta o, se non ha mezzi sufficienti per pagare l'assistenza legale, di ottenerla gratuitamente quando l'interesse della giustizia lo richieda;
Questa tesi è stata accettata all'unanimità nella sostanza dalla Commissione, ma è stata contestata dal Governo.

32. 32. Il paragrafo 3 dell'articolo 6 (art. 6-3) contiene un elenco di applicazioni specifiche del principio generale enunciato nel paragrafo 1 dell'articolo (art. 6-1). I vari diritti di cui il paragrafo 3 contiene un elenco non esaustivo riflettono alcuni aspetti della nozione di processo equo nei procedimenti penali (si veda il paragrafo 87 della relazione della Commissione; sentenza Deweer del 27 febbraio 1980, serie A n. 35, p. 30, par. 56). In sede di verifica dell'osservanza del paragrafo 3, non si deve dimenticare il suo scopo fondamentale, né si deve separarlo dalle sue radici.
33. 33. Come la Commissione ha osservato nei paragrafi 87-89 della sua relazione, la lettera (c) (art. 6-3-c) garantisce il diritto ad una difesa adeguata sia di persona che tramite un avvocato, diritto rafforzato dall'obbligo dello Stato di fornire assistenza legale gratuita in alcuni casi.

Il sig. Artico ha sostenuto di essere vittima di una violazione di tale obbligo. Il Governo, invece, ha ritenuto che l'obbligo fosse soddisfatto dalla nomina di un avvocato per il patrocinio a spese dello Stato, sostenendo che ciò che è avvenuto successivamente non era in alcun modo una preoccupazione della Repubblica italiana. Secondo loro, pur avendo rifiutato di assumere l'incarico affidatogli l'8 agosto 1972 dal Presidente della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, l'Avvocato Della Rocca ha continuato fino alla fine e "a tutti gli effetti" ad essere l'avvocato del ricorrente. Secondo il Governo, il sig. Artico si lamentava, insomma, della mancata nomina di un sostituto, ma ciò equivaleva a rivendicare un diritto non garantito.

La Corte ricorda che la Convenzione intende garantire non diritti teorici o illusori, ma diritti pratici ed effettivi; ciò vale in particolare per i diritti della difesa in considerazione del posto preminente che occupa in una società democratica il diritto ad un processo equo, da cui derivano (cfr. sentenza Airey del 9 ottobre 1979, serie A n. 32, pp. 12-13, punto 13). 24, e il precedente paragrafo 32). Come giustamente sottolineato dai Delegati della Commissione, l'art. 6 par. 3 c) (art. 6-3-c) parla di "assistenza" e non di "nomina". Anche in questo caso, la semplice nomina non garantisce un'assistenza efficace, poiché l'avvocato nominato per il patrocinio a spese dello Stato può morire, ammalarsi gravemente, essere impedito per un periodo prolungato di agire o sottrarsi alle sue funzioni. Se la situazione viene notificata, le autorità devono sostituirlo o fargli adempiere i suoi obblighi. L'adozione dell'interpretazione restrittiva del Governo porterebbe a risultati irragionevoli e incompatibili sia con la formulazione della lettera c) (art. 6-3-c) che con la struttura dell'art. 6 (art. 6) nel suo complesso; in molti casi l'assistenza legale gratuita potrebbe rivelarsi inutile.
Nel caso di specie, il signor Artico non ha mai usufruito dei servizi del signor Della Rocca. Fin dall'inizio l'avvocato ha dichiarato di non essere in grado di agire. Egli ha invocato prima l'esistenza di altri impegni e successivamente il suo stato di salute (cfr. punto 14). Il Tribunale non è chiamato ad indagare sulla rilevanza di queste spiegazioni. Essa ritiene, come la Commissione (cfr. paragrafo 98 della relazione), che il ricorrente non abbia ricevuto un'assistenza effettiva dinanzi alla Corte di Cassazione; per quanto lo riguarda, la suddetta decisione dell'8 agosto 1972 è rimasta lettera morta.
34. 34. L'articolo 6, lettera c), comma 1, lettera c), dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c). 3 (art. 6-3-c) fa tuttavia dipendere la spettanza del diritto da esso previsto da due condizioni. Mentre in questo caso non vi è stata alcuna discussione sulla prima condizione - che la persona accusata di un reato non disponga di mezzi sufficienti -, il Governo ha negato che la seconda condizione sia soddisfatta: a suo avviso, l'"interesse della giustizia" non richiede che il signor Artico riceva l'assistenza legale gratuita.

L'oggetto della procedura di Cassazione è stato, così il Governo ha sostenuto, cristallizzato dai motivi addotti a sostegno delle domande di annullamento, motivi che sono stati depositati dal ricorrente nel dicembre 1971 con l'assistenza di un avvocato di sua scelta, il sig. Ferri. Tuttavia, il Governo continuava, i motivi si riferivano ad una questione - la regolarità della citazione a comparire in tribunale - che era di estrema semplicità, tanto che il Pubblico Ministero, nel luglio 1973, sostenne che le domande erano manifestamente infondate (cfr. i precedenti paragrafi 9-10); quindi, un avvocato non avrebbe svolto che un ruolo "modesto", limitandosi a ricevere la comunicazione che la Corte di Cassazione avrebbe preso la sua decisione in camera di consiglio (cfr. il precedente paragrafo 17).

Secondo i Delegati della Commissione, questo parere contrastava con quello del Presidente della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione. All'8 agosto 1972, quando questo giudice concesse il patrocinio a spese dello Stato richiesto il 10 marzo, erano trascorsi diversi mesi dal deposito delle domande di annullamento e delle motivazioni; inoltre, il signor Artico aveva inviato alla cancelleria, il 10 e il 14/15 marzo, le dichiarazioni che egli stesso aveva redatto e che riportavano le sue ulteriori argomentazioni (cfr. precedenti paragrafi 9-10). Il Presidente è tuttavia giunto alla conclusione che vi è una reale necessità di nominare un avvocato per il patrocinio a spese dello Stato. I delegati dubitavano che al momento attuale il Governo fosse disposto a sostenere il contrario.
La Corte ricorda che, fatte salve alcune eccezioni non pertinenti al caso di specie, chiunque si trovi in stato di povertà ha diritto, secondo la legge italiana, all'assistenza legale gratuita in materia penale (art. 15 del Regio Decreto n. 1). 3282 del 30 dicembre 1923; si veda anche l'articolo 125 del Codice di Procedura Penale).
In ogni caso, in questo caso l'interesse della giustizia ha richiesto la prestazione di un'assistenza effettiva

. Questo sarebbe stato, secondo il signor Della Rocca, un compito molto impegnativo e oneroso (cfr. supra, paragrafo 14). In ogni caso, la procedura scritta, che è di primaria importanza davanti alla Corte di Cassazione, non si era ancora conclusa entro l'8 agosto 1972. Un avvocato abilitato avrebbe potuto chiarire i motivi addotti da (?) Artico e, in particolare, dare la necessaria enfasi alla questione cruciale della prescrizione legale che non era stata quasi mai toccata nelle dichiarazioni "voluminose e verbose" del 14/15 marzo 1972 (cfr. il precedente paragrafo 10 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980). Inoltre, solo un avvocato avrebbe potuto contrastare le argomentazioni del pubblico ministero facendo sì che la Corte di Cassazione tenesse un'udienza pubblica dedicata, tra l'altro, a una discussione approfondita della questione (cfr. il precedente paragrafo 17).

35. Il Governo ha obiettato che si trattava di una pura congettura. A loro avviso, la violazione dell'articolo 6, paragrafo 6, lettera a), è da considerarsi una pura congettura. 3, lettera c) (art. 6-3-c), la mancanza di assistenza deve aver effettivamente pregiudicato la persona accusata di un reato.
La Corte sottolinea, d'intesa con i Delegati della Commissione, che in questo caso il Governo chiede l'impossibile in quanto non si può provare al di là di ogni dubbio che un sostituto del sig. Della Rocca avrebbe invocato la prescrizione legale e avrebbe convinto la Corte di Cassazione quando il ricorrente non fosse riuscito a farlo. Tuttavia, appare plausibile, nelle particolari circostanze, che ciò sia avvenuto. Soprattutto, non vi è nulla nell'art. 6 comma. 3 lett. c) (art. 6-3-c) che indica che tale prova è necessaria; un'interpretazione che introducesse tale requisito nel sottoparagrafo lo priverebbe in larga misura della sua sostanza. Più in generale, l'esistenza di una violazione è concepibile anche in assenza di pregiudizio (cfr. sentenza Marckx del 13 giugno 1979, serie A n. 31, p. 13, comma 27); il pregiudizio è rilevante solo nell'ambito dell'articolo 50 (art. 50).
36. 36. Il Governo ha criticato il signor Artico per non aver fatto ricorso ai servizi del collega di cui parlava molto bene il signor Della Rocca (cfr. punto 14) e per non aver indotto la Corte di Cassazione a prendere atto della questione della prescrizione legale, asseritamente perché non l'ha invocata in tempi brevi, cioè a partire dal dicembre 1971, o con sufficiente enfasi e persistenza.
La seconda critica equivale a dire che l'interesse della giustizia non ha richiesto la presenza di un avvocato, su cui la Corte si è già pronunciata (si veda il precedente paragrafo 34), anzi conferma semmai che la sua presenza era indispensabile. Anche la prima critica non è oggetto di esame, in quanto il ricorrente avrebbe perso il beneficio dell'assistenza legale gratuita se avesse seguito il consiglio dell'Avvocato Della Rocca (cfr. precedente paragrafo 18).
In realtà, il signor Artico ha tentato accanitamente di rettificare la posizione: ha moltiplicato le sue lamentele e le sue rimostranze sia presso il suo avvocato d'ufficio - tanto da importunarlo e perfino esasperarlo - sia presso la Corte di Cassazione (cfr. precedenti paragrafi 14-15). È vero che lo Stato non può essere ritenuto responsabile di ogni carenza di un avvocato nominato ai fini del patrocinio a spese dello Stato, ma, nelle particolari circostanze, spettava alle autorità italiane competenti prendere provvedimenti per garantire che il ricorrente godesse effettivamente del diritto a cui aveva riconosciuto di avere diritto. Due corsi erano aperti alle autorità: o per sostituire il sig. Della Rocca o, se del caso, per indurlo ad adempiere ai suoi obblighi (cfr. precedente paragrafo 33). Essi hanno scelto un terzo corso - rimanendo passivi - mentre il rispetto della Convenzione richiedeva un'azione positiva da parte loro (cfr. la citata sentenza Airey, p. 14, par. 25 in fine).
37. La Corte conclude quindi che vi è stata una violazione delle prescrizioni dell'art. 6 par. 3 c) (art. 6-3-c).
38. 38. Inizialmente, la ricorrente ha presentato un'ulteriore domanda basata sulla lettera b) dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera c) (art. 6-3-c). 3 (art. 6-3-bis); egli ha invocato tale lettera (b) e la lettera (c) in combinato disposto con gli articoli 13, 14, 17 e 18 (art. 13, art. 14, art. 17, art. 18) (decisione di ammissibilità del 1° marzo 1977, sezioni "Reclami" e "Comunicazioni delle Parti"). Alla luce delle conclusioni di cui al comma precedente, la Corte non ritiene di doversi pronunciare su questioni alle quali il Governo o la Commissione non hanno fatto riferimento nel corso del procedimento dinanzi ad essa pendente.
III. applicazione dell'articolo 50 (art. 50)
39. A nome del signor Artico, il signor Solinas ha chiesto il pagamento
- di onorari professionali per i servizi resi dinanzi alla Commissione e alla Corte;
- di eque somme per l'illegittima detenzione che si presume derivi dalla violazione dell'art. 6 comma. 3 c) (art. 6-3-c) e di lesioni non pecuniarie.
I Delegati della Commissione, dal canto loro, hanno invitato il Tribunale a concedere al ricorrente, ai sensi dell'art. 50 (art. 50), il soddisfacimento di un importo da determinarsi da parte del Tribunale.
La Corte, sentite anche le osservazioni del Governo, ritiene che la questione sia pronta per la decisione (art. 50 comma 3, prima frase, del Regolamento della Corte).
A. Onorari professionali
40. In una nota del 27 febbraio 1980, il signor Solinas ha indicato che i suoi onorari ammontano a Lire 2.573.000 da cui vanno detratte le somme già ricevute dal Consiglio d'Europa, ossia FF 6.949,43 secondo un curriculum vitae che il Segretario alla Commissione ha fornito alla cancelleria il 12 marzo in risposta ad una domanda della Corte.
Da questi due documenti e dal paragrafo 4 della relazione risulta che il ricorrente ha avuto il beneficio del gratuito patrocinio - dinanzi alla Commissione e poi, dopo il deferimento della causa alla Corte, nei suoi rapporti con i Delegati - per tutto il periodo successivo alla decisione di ammissibilità del 1° marzo 1977. Egli non ha sostenuto di aver pagato o di essere tenuto a pagare al sig. Solinas, che non agiva per lui prima di tale data, onorari supplementari per i quali avrebbe potuto chiedere il rimborso. Ne consegue che, a tale riguardo, il sig. Artico non ha sostenuto alcun costo e non ha subito alcun danno risarcibile ai sensi dell'art. 50 (art. 50). La Corte rimanda a questo punto alla sentenza Luedicke, Belkacem e Kog del 10 marzo 1980 (serie A n. 36, pag. 8, punto 15).
B. "Detenzione illegale" e lesioni non pecuniarie
41. Basandosi su varie direttive (provvedimenti) relative alla concomitanza (unificazione) o al cumulo delle sue sentenze (cfr. paragrafo 12 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980), il sig. Artico ha affermato che sarebbe stato rilasciato il 7 agosto 1974, anziché il 23 agosto 1975, se il 12 novembre 1973 la Corte di Cassazione avesse dichiarato la prescrizione del procedimento per prescrizione. Egli sosteneva che i dodici mesi e i sedici giorni da lui trascorsi in carcere indebitamente (indebita carcerazione) erano la "diretta e immediata conseguenza della violazione del diritto alla difesa".
42. 42. Il Governo ha espresso riserve sull'esistenza stessa di un'anomala privazione della libertà, sostenendo che le opinioni divergenti espresse dalle autorità che a loro volta hanno esaminato la questione, compresa la Corte di Cassazione nel 1975 (cfr. paragrafo 11 della multa di cui sopra), e la straordinaria prolificità (straordinaria prolificita) delle condanne penali del ricorrente dimostravano l'enorme difficoltà (difficolta enorme) di ripercorrere il suo curriculum vitae.
Le prove documentali lasciano tuttavia l'impressione che il signor Artico sarebbe stato effettivamente rilasciato già il 7 agosto 1974 se la Corte di Cassazione avesse ritenuto, nelle sue sentenze sulle domande di annullamento della limitazione prevista dalla legge. In realtà, le prospettive di una tale decisione sarebbero state maggiori se il richiedente avesse avuto il beneficio di un'effettiva assistenza legale. Su questo punto, la Corte fa riferimento ai precedenti punti 30, 34 e 35 e concorda con il parere dei Delegati della Commissione; ricorda inoltre che in alcuni casi la perdita di reali opportunità giustifica il riconoscimento di una giusta soddisfazione (cfr. sentenza Konig del 10 marzo 1980, serie A n. 36, p. 17, punto 19).
43. 43. Tuttavia, il danno che il ricorrente ha asserito di aver subito a causa della sua illegittima detenzione non è che un'ipotetica e, al massimo, indiretta conseguenza della violazione dell'art. 6 comma. 3 c) (art. 6-3-c); la causa "diretta ed immediata" di tale lesione è in realtà da ricercarsi in un'interferenza con la sua libertà fisica.
A questo proposito non va dimenticato che il 1° marzo 1977 la Commissione ha dichiarato inammissibile, per mancato esaurimento dei rimedi interni, la denuncia relativa alla presunta violazione dell'art. 5 (art. 5); essa ha ritenuto che, dopo la sentenza di appello del 5 agosto 1975, il sig. Artico avrebbe dovuto chiedere un risarcimento nei tribunali del suo paese in forza dell'art. 571 c.p.p.p. o dell'art. 5 c.p.p.p.. 5 (art. 5-5) della Convenzione (si veda il precedente paragrafo 21 e l'appendice II della relazione).
44. 44. A quel punto il richiedente ha presentato una domanda di risarcimento, che è stata però respinta dalla Corte di Cassazione il 4 novembre 1977, poiché il termine legale di diciotto mesi era scaduto il 5 febbraio (cfr. il precedente paragrafo 12 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980).
Il Governo ha sottolineato che tale sentenza è definitiva e non è oggetto di alcuna contestazione da parte del ricorrente (decisione irrevocabile, definitiva, non impugnata); ha sostenuto che solo per questo motivo è stata chiusa la questione del risarcimento per detenzione illegale.
Il Tribunale non è convinto da questa argomentazione. Certo, il signor Artico ha omesso di ricorrere in tempo utile ai mezzi di ricorso previsti dalla legge italiana, ma ciò non obbliga il Tribunale a respingere le sue attuali pretese (cfr. sentenza De Wilde, Ooms e Versyp del 10 marzo 1972, Serie A n. 14, pp. 7-10, par. 1, lett. a). 14-16 e 20, e la citata sentenza Konig, pp. 14-15, par. 15); inoltre, tali pretese hanno una diversa base giuridica, ossia le conseguenze della mancanza di un'effettiva assistenza legale.
45. Tuttavia, va ricordato che il Pubblico Ministero di Ferrara si è opposto alle successive sentenze di condanna all'anno e ai sedici giorni di reclusione in questione (v. supra, paragrafo 12). Il ricorrente ha sostenuto che il beneficio pratico di tale provvedimento era limitato a sedici giorni, sostenendo che gli sarebbe stato comunque concesso un anno di condono (indulto) in ragione del D.P.R. n. 413 del 4 agosto 1978 (Gazzetta Ufficiale, 1978, pagg. 5557-5560). In realtà, la direttiva (provvedimento) della Procura della Repubblica di Ferrara è anteriore al decreto, essendo stata emanata il 15 marzo 1978. In tale data, il signor Artico doveva ancora scontare un "saldo a debito" di un anno, dieci mesi e ventuno giorni dopo l'indennità di compensazione. Ciò gli conferiva un vantaggio tangibile, fermo restando il vantaggio che avrebbe potuto successivamente trarre dal suddetto decreto. La compensazione, pur non fornendogli una completa riparazione (restitutio in integrum), ha risarcito in larga misura il danno subito (cfr. sentenza Ringeisen del 22 giugno 1972, serie A n. 15, p. 10, par. 1). 26; la sentenza Neumeister del 7 maggio 1974, Serie A n. 17, pp. 18-19, par. 40-41; la sentenza Engel e altri del 23 novembre 1976, Serie A n. 22, pp. 68-69, par. 10).
46. 46. Per quanto riguarda la natura del danno residuo, la Corte rileva che il sig. Artico non ha accertato, o addirittura asserito, alcun danno patrimoniale. D'altra parte, l'ulteriore periodo di reclusione che potrebbe essere stato determinato - indirettamente - dall'assenza di un'effettiva assistenza legale (cfr. supra, nn. 42 e 43) gli ha indubbiamente causato un danno non patrimoniale.
47. 47. A ciò si aggiunge il danno non patrimoniale derivante direttamente dalla violazione dell'art. 6 comma. 3 c) (art. 6-3-c), per il quale la compensazione del suddetto termine con sentenze successive non ha evidentemente alcuna rilevanza: per più di un anno il ricorrente è rimasto senza avvocato, se non nominalmente, nonostante le sue pressanti e ripetute denunce e rimostranze (cfr. i precedenti commi 13-15). Con ogni probabilità gli è stata lasciata una dolorosa sensazione di isolamento, confusione e negligenza. In particolare, quando il 3 e 10 luglio 1973 il pubblico ministero ha presentato la domanda di archiviazione in camera di consiglio, il sig. Artico deve essersi sentito indifeso, poiché solo un avvocato avrebbe potuto controbattere a tale presentazione chiedendo un'udienza pubblica in presenza delle parti (cfr. punti 10 e 17).
48. 48. Nessuno dei suddetti elementi di danno si presta ad un processo di calcolo. Considerandoli insieme in modo equo, come richiesto dall'art. 50 (art. 50), il Tribunale ritiene che il sig. Artico debba essere soddisfatto valutato in tre milioni (3.000.000) di lire.
PER QUESTI MOTIVI, IL TRIBUNALE ALL'UNANIMITÀ
1. 1. Dichiara che il Governo non può più contestare l'ammissibilità della domanda;
2. 2. Dichiara che vi è stata una violazione dell'articolo 6, paragrafo 1. 3 c) (art. 6-3-c);
3. 3. Dichiara che la Repubblica italiana è tenuta a versare alla ricorrente il risarcimento del danno
Lire 3.000.000 per lesioni non pecuniarie;
4. 4. Respinge il resto del credito per giusta soddisfazione.
Fatto in inglese e in francese, il testo francese fa fede, presso il Palazzo dei Diritti Umani, Strasburgo, questo tredici maggio millenovecentoottanta.
Per il presidente Leon LIESCH Giudice
Marc-Andre EISSEN Registrar