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Minore abusato, chi stabilisce attendibilità? (Cass. 41111/19)

8 ottobre 2019, Cassazione penale

Ai fini del giudizio di attendibilità delle dichiarazioni del teste minorenne che sia vittima di reati sessuali, il ragionamento probatorio non può prescindere dalla necessità che tali dichiarazioni debbano riguardare cose e persone realmente esistenti rispetto alle quali sia verosimile, al di là di ogni ragionevole dubbio, per la specificità dei dettagli e dei racconti, che il minore possa aver avuto un impatto con un'esperienza da questi vissuta come inusitata, fastidiosa e sovente traumatica.

In tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, il giudice non è vincolato, nell'assunzione e valutazione della prova, al rispetto delle metodiche suggerite dalla cd. "Carta di Noto", salvo che non siano già trasfuse in disposizioni del codice di rito con relativa disciplina degli effetti in caso di inosservanza, di modo che la loro violazione non comporta l'inutilizzabilità della prova così assunta; tuttavia, il giudice è tenuto a motivare perchè, secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto più stringente quanto più grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida.

In tema di dichiarazioni rese dal teste minore vittima di reati sessuali, la valutazione della sua attendibilità è compito esclusivo del giudice, che deve procedere direttamente all'analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell'esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendo limitarsi a richiamare il giudizio al riguardo espresso da periti e consulenti tecnici, cui non è delegabile tale verifica, ma solo l'accertamento dell'idoneità mentale del teste, diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti, e se sia attualmente in grado di riferirne senza influenze dovute ad alterazioni.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Sent., (ud. 04/04/2019) 08-10-2019, n. 41111

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente -

Dott. DI NICOLA Vito - Consigliere -

Dott. CERRONI Claudio - rel. Consigliere -

Dott. GAI Emanuela - Consigliere -

Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16.10.2017 della Corte di Appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Cerroni Claudio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Seccia Domenico, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

udito per la parte civile l'avv. MAB, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e il risarcimento del danno;

udito per l'imputato l'avv. VD che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16 ottobre 2017 la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del 25 ottobre 2016 del Tribunale di Ascoli Piceno, ha rideterminato in anni tre mesi otto di reclusione la pena inflitta ad T.A. per il reato, così riqualificato, di cui all'art. 609-bis ultimo comma c.p. in danno dei minori G.G. e Ga.Ri..

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con otto motivi di impugnazione.

2.1. Col primo motivo il ricorrente, deducendo falsa applicazione della norma di cui all'art. 192 c.p.p., nn. 1 e 2, ha allegato l'inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, a fronte delle plurime prove di falsità delle medesime come si evinceva anche dall'esame incrociato delle dichiarazioni, laddove al contrario i Giudici del merito avevano valutato tali cd. "aggiustamenti progressivi" come aspetti parziali e marginali dell'accaduto in relazione alle date dei fatti. Si rendeva pertanto necessario riaprire l'istruttoria.

2.2. Col secondo motivo il ricorrente ha censurato per violazione di legge le giustificazioni addotte dalla Corte territoriale circa la falsità delle dichiarazioni accusatorie, nate in ragione della contrapposizione del ricorrente per cause di natura politica e frutto dell'accordo tra i due ragazzi in tesi abusati, laddove peraltro le dichiarazioni non trovavano riscontro proprio per una questione di tempi e di date dei pretesi abusi.

2.3. Col terzo motivo è censurata l'applicazione dell'art. 192 c.p.p. in relazione alle contraddizioni testimoniali, valutate sempre come mere imprecisioni.

2.4. Col quarto motivo è stata dedotta illogicità della motivazione nella parte in cui accedeva alla ricostruzione del fatto, che avrebbe contemplato l'introduzione della mano in pantaloni allacciati, spiegando che ai giovani poteva capitare di usare pantaloni di taglia maggiore, ma anche in tal caso non vi erano elementi tali da giustificare l'episodio.

2.5. Col quinto motivo è stata censurata la decisione impugnata laddove, da un lato, vi erano state violazioni della Carta di Noto e, dall'altro, era stata demandata al consulente tecnico la valutazione sulla credibilità del teste Ga., così conferendogli un'indagine di pertinenza del solo Giudicante.

2.6. Col sesto motivo è stata negata qualsiasi tendenza pedofila del ricorrente, laddove erano state malamente interpretate frasi, non dette, dalla madre del ricorrente, nonchè indagini svolte col computer dalla moglie dello stesso, ed infine una corrispondenza informatica con un ragazzo.

2.7. Col settimo motivo il ricorrente ha poi contestato la verità di altri abusi che sarebbero stati da lui compiuti negli anni precedenti, per fatti comunque ormai ampiamente prescritti. Falsa era stata la storia delle molestie al M., come si evinceva dai dati inconfutabili sulla docenza al catechismo, sul possesso di un'autovettura da parte dell'imputato (veicolo entrato invece in produzione cinque anni dopo l'episodio di pretesa molestia), sulle date quindi del fatto. Falsa era stata la storia narrata dal V., anche in tal caso per riscontri oggettivamente falsi sulla vettura e sull'età in cui lo stesso teste era stato cresimato, sì da rendere impossibile la verificazione dell'episodio. Falsa doveva considerarsi, per la sua inattendibilità ed inverosimiglianza in relazione ai luoghi della pretesa aggressione sessuale, anche la deposizione del Gu.. In ogni caso la Corte le aveva ritenute rilevanti, ancorchè false, per delineare la personalità dell'imputato.

2.8. Con ultimo motivo il ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale nulla aveva detto in relazione alla contestata mancata concessione delle attenuanti generiche, laddove era stato specificato che difendersi dall'accusa non poteva comportare detto mancato riconoscimento.

3. La difesa delle parti civili ha dimesso memoria con la quale ha eccepito l'inammissibilità del ricorso, stante la mancata proposizione di censure rilevanti in sede di legittimità.

4. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

5. Il ricorso è infondato.

5.1. I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro evidente connessione.

In proposito, infatti, è ovviamente essenziale la valutazione circa l'attendibilità del teste, poichè in tema di reati sessuali la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 41282 del 05/10/2006, A. e altro, Rv. 235578). Tanto più che è principio altrettanto consolidato che le dichiarazioni della persona offesa - cui non si applicano le regole dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (ex plurimis, Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, M., Rv. 265104).

5.1.1. Al riguardo, la sentenza impugnata ha dato conto dei rilievi dell'imputato appellante, invero replicati nella presente sede, quanto alla diversità delle versioni rese soprattutto dal più giovane dei soggetti in tesi abusati, con particolare riferimento alla collocazione temporale degli abusi ed alle persone presenti in occasione delle molestie; nonchè in relazione alle testimonianze di contorno concernenti episodi risalenti negli anni (per i quali v. infra), ovvero all'interpretazione di scambi epistolari con altri ragazzi nell'ambito della vita parrocchiale.

Ciò posto, la Corte territoriale ha dato ragionevole conto dell'attendibilità riconosciuta alle dichiarazioni rese dai ragazzi, escludendo che gli stessi si fossero messi d'accordo per calunniare il parente, tra l'altro in esito ad un "acrobatico" coinvolgimento del maggiore dei due, il G., chiamato a confermare episodi ormai datati al solo fine di riscontrare e corroborare la denuncia del più giovane cugino.

In particolare, non è stata rinvenuta alcuna ragione - secondo il provvedimento impugnato - per la quale i giovani avrebbero dovuto muovere accuse gravi ed infamanti nei riguardi del congiunto, visti i buoni rapporti esistenti tra i nuclei familiari. Mentre i ritenuti "aggiustamenti" temporali delle deposizioni non toccavano il nucleo centrale delle dichiarazioni, ed andavano fatti risalire da un lato alla ripetitività delle relazioni familiari (legate alla periodica discesa nelle Marche del nucleo familiare del G. residente in Veneto), e dall'altro al ricordo sgradevole della molestia in sè, e non del tempo in cui essa era stata arrecata. Laddove comunque gli abusi erano stati infine comunque collocati tra il 2007 ed il 2008, quanto al G., e nel periodo tarda estate-autunno 2011, quanto al Ga..

5.1.2. A questo proposito, il ricorrente ha inteso invece sostenere l'esistenza di un complotto politico, elaborato ai suoi danni per stroncarne le ambizioni di diventare sindaco.

Al riguardo ha affermato che i rapporti familiari erano solo apparentemente buoni, che le dichiarazioni rese erano frutto di un accordo tra i ragazzi e su "possibilissimo" suggerimento di altri, anche se in proposito non vi era prova, e che nelle famiglie degli abusati vi era aperta e dichiarata ostilità nei riguardi del ricorrente. In tal modo ha inteso introdurre questioni di fatto che erano state escluse in sede di merito (e che la stessa difesa del ricorrente non aveva sposato), tra l'altro senza allegare - a sostegno di tali asserzioni - alcuno specifico richiamo ad atti processuali ed in definitiva fornendo un'autonoma ricostruzione della vicenda, alternando valutazioni personali a congetture che, parimenti, non hanno trovato riscontro in giudizio quanto alla genesi delle accuse poste nei suoi confronti, risalenti da un lato alle ammissioni fatte dal più giovane Ga. a scuola, e ribadite successivamente dal G. in separata sede agli organi di p.g., all'evidenza allertati dall'istituzione scolastica.

Nè, invero, è stata mossa specifica contestazione al passaggio della sentenza impugnata (cfr. pag. 7 del provvedimento della Corte dorica), che appunto espressamente escludeva qualsivoglia ragione che avrebbe potuto giustificare un disvelamento così gravido di conseguenze negative per l'interessato.

5.1.3. Non può quindi che residuare la logicità, certamente non viziata ed ancor meno viziata in modo manifesto, delle valutazioni operate in proposito dai Giudici del merito.

In definitiva, infatti, ai fini del giudizio di attendibilità delle dichiarazioni del teste minorenne che sia vittima di reati sessuali, il ragionamento probatorio non può prescindere dalla necessità che tali dichiarazioni debbano riguardare cose e persone realmente esistenti rispetto alle quali sia verosimile, al di là di ogni ragionevole dubbio, per la specificità dei dettagli e dei racconti, che il minore possa aver avuto un impatto con un'esperienza da questi vissuta come inusitata, fastidiosa e sovente traumatica (Sez. 3, n. 42984 del 04/10/2007, B., Rv. 238066).

5.2. In relazione poi al quarto motivo di impugnazione, il provvedimento censurato ha motivato adeguatamente - e comunque non in modo manifestamente illogico - la ricostruzione del fatto, quanto all'analisi delle dichiarazioni accusatorie concernenti le azioni insidiose poste in essere, tanto in relazione alla possibilità di introduzione della mano - la quale si "poteva fare spazio" - nei pantaloni dei ragazzi quanto al teatro degli abusi rappresentato da una stanza "dove stare più tranquilli", la cui finestra consentiva sì di essere visti, ma soprattutto di controllare la presenza di occhi indiscreti e di eventualmente arrestare le proprie azioni illecite.

5.3. Per quanto concerne il quinto profilo di censura, è appena il caso di ricordare che, in tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, il giudice non è vincolato, nell'assunzione e valutazione,della prova, al rispetto delle metodiche suggerite dalla cd. "Carta di Noto", salvo che non siano già trasfuse in disposizioni del codice di rito con relativa disciplina degli effetti in caso di inosservanza, di modo che la loro violazione non comporta l'inutilizzabilità della prova così assunta (cfr. anche Sez. 3, n. 5754 del 16/01/2014, S., Rv. 259133); tuttavia, il giudice è tenuto a motivare perchè, secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto più stringente quanto più grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida (Sez. 3, n. 648 del 11/10/2016, dep. 2017, L., Rv. 268738).

Al riguardo, il provvedimento impugnato ha comunque osservato che in ogni caso la memoria di un ragazzo di quattordici-quindici anni era sostanzialmente assimilabile a quella di un adulto, mentre del pari - quanto al ventilato inquinamento della prova per la sua ripetuta consumazione - la Corte territoriale ha evidenziato che ben poco tempo era passato tra il disvelamento ed il contatto con l'autorità.

Sì che la pretesa perdita di credibilità della persona offesa, a fronte di questi specifici rilievi della sentenza impugnata, è rimasta mera petizione di principio, laddove appunto le previsioni della Carta, in definitiva, si limitano a fornire suggerimenti volti a garantire l'attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso. Ed in proposito la motivazione resa non evidenzia alcuna violazione di legge.

5.3.1. Vero è poi che, in tema di dichiarazioni rese dal teste minore vittimà di reati sessuali, la valutazione della sua attendibilità è compito esclusivo del giudice, che deve procedere direttamente all'analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell'esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendo limitarsi a richiamare il giudizio al riguardo espresso da periti e consulenti tecnici, cui non è delegabile tale verifica, ma solo l'accertamento dell'idoneità mentale del teste, diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti, e se sia attualmente in grado di riferirne senza influenze dovute ad alterazioni psichiche (Sez. 3, n. 47033 del 18/09/2015, F., Rv. 265528).

Ciò posto, la sentenza impugnata (cfr. pag. 12) ha in effetti dato conto che il consulente del Pubblico ministero aveva appunto concluso per l'attendibilità del minore Ga. "dal punto di vista clinico", escludendo tanto la presenza di disturbi psicologici in grado di alterare la percezione della realtà quanto la tendenza a fantasticare. In tal modo, al di là della terminologia adottata e contrariamente ai rilievi del ricorrente, l'indagine dello specialista era rimasta confinata nell'ambito a costui devoluto, non debordando nelle valutazioni di esclusiva pertinenza del Giudice.

5.4. In relazione poi al sesto motivo di impugnazione, il ricorrente non ha censurato quanto decisivamente osservato dal provvedimento impugnato, ossia che - anche tenendo conto della deposizione della moglie dell'imputato - era comunque emerso che non poteva che essere stato il T. a fare uso della messaggistica via Skype, dall'inequivoco contenuto di natura omosessuale ed anche pedo-pornografica, attestante in ogni caso l'attrazione dell'imputato in particolare per i giovani maschi. Nè la sentenza merita parimenti censura quanto alla rievocazione delle eloquenti frasi rivolte ad un giovane, in tesi destinate a rafforzarne il cammino evangelico ma tradotte in un linguaggio che tutt'altre finalità evocava. Mentre, quanto all'invocazione del lavaggio casalingo dei panni sporchi, al più il provvedimento impugnato ha rievocato il contenuto delle telefonate intercorse che, nel periodo, di queste cose parlavano. Nè, per vero, il ricorso ha specificato in alcun modo l'eventuale lamentato travisamento operato dalla Corte territoriale nell'esegesi di tali riscontri, al di là del modesto rilievo che siffatti aspetti hanno assunto nel giudizio.

5.5. E' infondato anche il settimo motivo di ricorso.

Il ricorrente si è ampiamente speso per sostenere la falsità delle deposizioni rese dai soggetti indicati sub 2.7..

Al riguardo, peraltro, il provvedimento impugnato - parzialmente rettificando in parte qua la prima decisione nel suo percorso argomentativo - ha del tutto svalutato le vicende oggetto delle testimonianze, assumendo che si trattava comunque di fatti avvenuti molti anni prima rispetto a quanto oggetto di giudizio, e che avrebbero potuto essere rilevanti ai soli fini della ricostruzione della personalità e degli interessi sessuali dell'imputato, già invece emersi chiaramente. In altre parole, anche in caso di mancata acquisizione delle testimonianze in questione, ovvero di loro riconosciuta inattendibilità, vi sarebbe stata solida piattaforma probatoria cui ancorare la condanna. Sì che appariva superfluo approfondire vicende attinenti ad un mero "colore" di contorno, a fronte degli esiti dell'istruttoria dibattimentale.

In tal modo, quindi, piattaforma probatoria ed istruttoria dibattimentale erano tenute ben separate, ai fini della valutazione di responsabilità, rispetto ad altri episodi risalenti e sui quali, in definitiva, non vi è stata alcuna pronuncia rilevante ai fini di giudizio.

5.6. In relazione infine all'invocata concessione delle attenuanti generiche, a suo tempo è stato precisato che detta concessione, o meno, costituisce un giudizio di fatto sottratto al controllo di legittimità: essa è demandata dalla legge al criterio discrezionale del giudice del merito che ha la funzione di adeguare la determinazione della pena all'entità dello episodio criminoso; sicchè, quando detto giudice ha motivato in ordine alla concreta irrogazione della pena, con riferimento esplicito ai criteri di valutazione di cui all'art. 133 c.p., il relativo giudizio (anche di implicito rigetto della richiesta di concessione delle attenuanti in parola) non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 21 del 30/11/1988, dep. 1989, Di Rosa, Rv. 180073).

In ogni caso, peraltro, al di là della censura in ordine alla pretesa omessa motivazione al riguardo, la presunzione di non meritevolezza impone semmai al giudice di primo grado di spiegare le ragioni che giustificano la decisione di mitigare il trattamento sanzionatorio, mentre nel caso di mancato riconoscimento di tale riduzione l'obbligo di motivazione non sussiste, in assenza di richiesta da parte dell'interessato o nell'ipotesi di richiesta generica (Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 270694).

Invero la meritevolezza dell'adeguamento della pena, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni del fatto o del soggetto, non può infatti mai essere data per presunta, ma necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Lamin, Rv. 271315).

5.6.1. Va invero altresì ricordato che (Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone e altri, Rv. 265878) è inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio.

Infatti, in proposito, il primo Giudice aveva osservato che non vi erano stati segni di ravvedimento ovvero di consapevolezza, mentre non aveva inteso sanzionare la difesa processuale dalle accuse (cfr. in proposito, Sez. 3, n. 50565 del 29/10/2015, Rossi, Rv. 265592).

Sì che, in definitiva, mai l'odierno ricorrente aveva inteso allegare le ragioni atte a giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche, sebbene - a questo proposito - tali circostanze abbiano lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, Villani, Rv. 275640). Mai siffatti elementi sono stati invece allegati, mentre le dedotte circostanze circa le modalità del fatto e la condotta ivi tenuta dall'odierno ricorrente sono già state considerate ai fini della concessione della speciale attenuante di cui all'art. 609-bis c.p., u.c., che ha già inciso significativamente sul trattamento sanzionatorio.

5.7. In definitiva, quindi, alcun motivo di impugnazione risulta meritevole di accoglimento, con la conseguente infondatezza del ricorso.

6. Al rigetto consegue altresì la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese delle parti civili, liquidate nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese delle parti civili che liquida in complessivi Euro 4900, oltre spese generali al 15% e oltre accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019