In caso di mancata impugnazione a seguito di abbreviato il giudice dell’esecuzione non può concedere la sospensione condizionale al condannato nei confronti del quale, per effetto della mancata impugnazione della sentenza resa in esito a giudizio abbreviato, abbia ridotto la pena di un sesto, a norma dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., contenendone la misura nei limiti di cui all’art. 163 cod. pen.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
(data ud. 09/07/2024) 15/10/2024, n. 37899
Dott. DI NICOLA Vito - Presidente / Dott. SIANI Vincenzo - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato il (Omissis)
avverso l'ordinanza del 19/04/2024 del GIP TRIBUNALE di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
lette le conclusioni del PG, RAFFAELE GARGIULO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 19 aprile 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha parzialmente accolto l'istanza avanzata nell'interesse di A.A., condannato, con sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del suddetto Tribunale del 5 dicembre 2023, irrevocabile il 20 marzo 2024, alle pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa, istanza finalizzata all'applicazione della riduzione della frazione di un sesto della pena, per omessa proposizione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., e, una volta rideterminata la pena, alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell'art. 163 cod. pen.
Il giudice dell'esecuzione, dopo l'instaurazione del contraddittorio, ritenuta l'applicabilità dell'art. 442, comma 2-bis, cit., ha rideterminato la pena inflitta, rigettando nel resto la domanda.
Quanto alla prospettazione disattesa, il giudice dell'esecuzione, pur dopo aver ridotto la pena irrogata ad anni uno, mesi undici, giorni dieci di reclusione ed Euro 667,00 di multa, ha ritenuto che, ai fini della verifica dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale, la pena rilevante fosse sempre quella irrogata nel giudizio di cognizione, eccedente il limite di legge.
Siccome la riduzione della pena di un sesto a cui A.A. aveva diritto veniva determinata in sede esecutiva, senza che l'art. 676 cod. proc. pen. avesse contemplato la possibilità di adottare in quella sede quel provvedimento ulteriore, mentre per altri ambiti ciò era stato espressamente previsto, al giudice dell'esecuzione non è stato consentito di esercitare in quel caso un potere non conferitogli dall'ordinamento.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di A.A. chiedendone l'annullamento e affidando l'impugnazione a un unico motivo con cui lamenta l'inosservanza dell'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 671, 673 e 676 cod. proc. pen., e manifesta illogicità della motivazione.
Secondo la difesa, l'affermazione del giudice dell'esecuzione ha aderito a una linea interpretativa orientata per l'assoluta intangibilità del giudicato per concludere nel senso della non deducibilità in sede esecutiva dell'applicazione della sospensione condizionale della pena inflitta, divenuta, in virtù della riduzione per la mancata impugnazione della sentenza di condanna all'esito di abbreviato, compatibile con la disciplina dell'art. 163 cod. pen.
Il ricorrente fa osservare che, contrariamente alla tesi sviluppata nel provvedimento oggetto di verifica, si è andato man mano affermando un orientamento che valorizza la funzione del giudice dell'esecuzione al fine di intervenire, quanto alla concessione della sospensione condizionale, in sede esecutiva al fine permettere l'esame del relativo punto a seguito delle novità che hanno mutato la situazione a suo tempo esaminata dal giudice della cognizione: si cita, al riguardo, oltre al caso testuale dell'applicazione della continuazione in sede esecutiva, secondo la disciplina dettata dall'art. 671 cod. proc. pen., anche quella della revoca di condanna per un reato determinata da abolitio criminis, con il richiamo dell'evoluzione giurisprudenziale registratasi sull'argomento anche per l'intervento delle Sezioni Unite.
Nella complessiva situazione esaminata, non si ravvisano, da parte della difesa, ragioni logiche che spieghino perché la riduzione disposta ai sensi dell'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. non debba concorrere alla determinazione della pena ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena, di guisa che, essendo il giudice dell'esecuzione a determinare la corrispondente riduzione, nei suoi poteri deve rientrare anche quello di emettere i provvedimenti conseguenti e, in particolare, la sospensione condizionale della pena stessa.
In questa prospettiva, secondo il ricorrente, ove si pervenisse a negare la possibilità dell'esame dell'istanza di sospensione condizionale in sede esecutiva, si approderebbe a una decisione chiaramente contrastante con i principi di parità di trattamento e di legalità, inverati negli artt. 3, 25 e 27 Cost.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria articolata, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto, al di fuori dell'art. 671 cod. proc. pen., norma eccezionale, non si prevede la possibilità di concessione della sospensione condizionale della pena in sede esecutiva e l'elaborazione giurisprudenziale si è costantemente espressa in tal senso, non essendo interpretabile in senso contrario l'orientamento maturato in caso di revoca della sentenza di condanna relativamente a reato determinata da abolitio criminis o da dichiarazione di incostituzionalità, per cui il giudice dell'esecuzione si è correttamente attenuto all'orientamento costante, senza violare alcuno dei principi indicati dal ricorrente.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito precisate.
2. È opportuno premettere che l'oggetto del ricorso, al di là del più vasto spettro della materia dedotta innanzi al giudice dell'esecuzione, inerisce esclusivamente alla giuridica possibilità di concedere o meno da parte del giudice dell'esecuzione la sospensione condizionale nell'ipotesi - verificatasi in questo frangente - in cui il condannato, per effetto dell'omessa proposizione dell'impugnazione, ai sensi dell'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., della sentenza resa all'esito di giudizio abbreviato, abbia fruito della corrispondente riduzione di pena e, per tale riduzione, la pena stessa si sia ridimensionata in entità per la quale sarebbe divenuta ammissibile, in punto di principio, la concessione della sospensione condizionale della sua esecuzione.
Il contraddittorio su questo argomento si è sviluppato in modo rituale.
All'esito il giudice dell'esecuzione ha ritenuto esulante dai suoi poteri quello di concedere, all'esito della riduzione della pena garantita dalla norma suindicata al condannato che non impugni la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti in giudizio svoltosi con il rito abbreviato, in quanto la legge nulla ha previsto in merito e si tratterebbe di ascrivere alla fase esecutiva di un provvedimento ordinariamente previsto per la fase cognitoria.
3. Posto ciò, la prospettazione formulata dal ricorrente, volta a far applicare la sospensione condizionale della pena nella fase esecutiva all'esito della suddetta riduzione di pena, ma al di fuori dell'ambito espressamente segnato dalla legge, non può trovare accoglimento.
3.1. In via ordinaria, la sospensione condizionale dell'esecuzione della pena forma oggetto di valutazione da parte del giudice della cognizione, che la concede o la nega formulando le relativa prognosi, pur quando non sussistano precedenti ostativi, secondo la disciplina fissata dagli artt. 163 e ss. cod. pen.
In prima approssimazione, quindi, la sospensione condizionale della pena può essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione, che deve valutare la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive richieste dall'art. 163 cod. pen., mentre, in sede esecutiva, il beneficio può essere concesso solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione (Sez. 3, n. 29162 del 27/06/2012, Palermo, Rv. 253164-01).
Si è affermato, in tal senso, che in ambito esecutivo, applicazione analogica la previsione di cui all'art. 671, comma 3, cod. proc. pen.: ciò, anche nel caso in cui le pene ostative alla concessione della sospensione condizionale siano state dichiarate estinte per indulto, posto che la concessione di tale beneficio, pur estinguendo la pena e facendone cessare l'espiazione, non elimina gli altri effetti penali scaturenti ape legis dalla condanna (Sez. 1, n. 29877 del 24/03/2023, Susino, Rv. 284972-01; v. anche Sez. 7, ord., n. 31091 del 15/10/2020, Cavataio, Rv. 279875-01).
Oltre alla disciplina specifica di cui all'art. 671 cod. proc. pen. (la cui tenuta costituzionale, per aspetti diversi dalla problematica che segue, è stata saggiata: Sez. 3, n. 528 del 05/02/1996, Vanacore, Rv. 204701-01; v. inoltre Sez. 1, n. 49582 del 21/09/2022, Camassa, Rv. 284008-01, per la puntualizzazione delle coordinate ermeneutiche inerenti alla norma, anche per ciò che concerne il beneficio della non menzione), si rileva un concreto spazio applicativo dell'istituto della sospensione condizionale in executivis con riferimento alla fattispecie regolata dall'art. 673 cod. proc. pen.
In particolare, il giudice dell'esecuzione, qualora, in applicazione di tale norma, pronunci per intervenuta abolitio criminis ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, può, nell'ambito dei "provvedimenti conseguenti" alla suddetta pronuncia, concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall'art. 164, primo comma, cod. pen., sulla base non solo della situazione esistente al momento in cui era stata pronunciata la condanna in questione, ma anche degli elementi sopravvenuti (Sez. U, n. 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Catanzaro, Rv. 232610-01); ciò, con la doverosa puntualizzazione che, qualora il giudice dell'esecuzione, pronunci, in applicazione dell'art. 673 cod. proc. pen., per intervenuta abolitio criminis, ordinanza di revoca di precedenti condanne, le quali siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, non può - nell'ambito dei "provvedimenti conseguenti" alla suddetta pronuncia - concedere il beneficio, previa formulazione del favorevole giudizio prognostico richiesto dall'art. 164 cod. pen., quando per farlo si determini a esprimere proprie e autonome valutazioni tali da porsi in contrasto con quelle già formulate dal giudice della cognizione (Sez. 1, n. 33817 del 20/06/2014, Lamberti, Rv. 261433-01).
3.2. D'altro canto, sia il caso dell'abolitio criminis, sia quello inerente alla declaratoria dell'illegittimità costituzionale della norma incriminatrice determinano sopravvenienze che incidono sul quadro sanzionatorio, per così dire, genetico, nel senso che, la valutazione prognostica da effettuarsi ai sensi dell'art. 164 cod. pen. - in thesi non compiuta in allora -diviene possibile alla stregua del novum sopravvenuto, idoneo a incidere sull'ammissibilità della valutazione che avrebbe dovuto farsi se esso fosse maturato in sede cognitiva.
Non può assimilarsi alle ipotesi suddette, suggestivamente evocate dal ricorrente, il caso previsto ora dall'art. 676 cod. proc. pen. in relazione alla fattispecie della modificazione della pena regolata dall'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Essa afferisce, indubbiamente, a uno snodo peculiare, perché determina la riduzione della pena - come però definitivamente irrogata nel giudizio di cognizione - quale beneficio premiale per la scelta di non proseguire il giudizio stesso in sede impugnatoria.
È vero che la riduzione di pena matura prima che la pena stessa venga posta in esecuzione, ponendosi essa a cavallo fra la definizione della cognizione e la promozione della fase esecutiva. Ma resta il dato di fatto che il giudice della cognizione, avendo irrogato una pena detentiva superiore ai limiti fissati dall'art. 163 cod. pen., non aveva, in radice, la possibilità giuridica di formulare la valutazione prognostica di cui all'art. 164 cod. pen. Poi, il giudice dell'esecuzione, operando la riduzione automatica derivante dalla mancata impugnazione per cui aveva optato il condannato, ha determinato una pena inferiore ai suddetti limiti fissati dall'art. 163 cod. pen.
Però, tale riduzione è intervenuta comunque - e necessariamente - in sede esecutiva, senza che tale postuma modificazione della pena appaia poter influire sugli effetti penali derivanti dalla sua determinazione in sede cognitiva, in mancanza di un'espressa indicazione del legislatore in tal senso.
In carenza di una tale indicazione, deve concludersi che è stato evocato da A.A. un potere non assegnato al giudice dell'esecuzione.
3.3. In merito a questa prospettazione, occorre dunque arrestarsi al rilievo che il riesame in sede esecutiva del punto inerente alla concessione della sospensione condizionale della pena al di fuori dei casi previsti dalla legge non è suscettibile di ammissione generalizzata.
Far riferimento, come ha prospettato il ricorrente, all'emanazione dei provvedimenti conseguenti alla disposizione di riduzione della pena, provvedimenti che, anche ai sensi dell'art. 676 cod. proc. pen. - disposizione nell'ambito della quale, prima, il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel comma 1, e, poi, il D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31, nel comma 3-bis, hanno collocato la disciplina processuale dell'applicazione della riduzione di pena stabilita dall'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. -, competono al giudice dell'esecuzione quando esercita i suoi poteri nella corrispondente sfera di competenze, non appare dirimente.
Si considera in contrario che per la stessa estinzione del reato provvedimenti conseguenti non annoverano in modo meccanicistico e generalizzato la esaminabilità o riesaminabilità della questione della sospensione condizionale, in relazione alla modificazione o elisione del corrispondente effetto condannatorio.
Si richiama, fra l'altro, l'affermazione che, in tema di sentenza di patteggiamento, l'estinzione degli effetti penali conseguente, ai sensi dell'art. 445, comma 2, cod. proc. pen., all'utile decorso del termine di due o cinque anni (secondo che si tratti di delitto o di contravvenzione), deve intendersi limitata, con riferimento alla reiterabilità della sospensione condizionale, ai soli casi in cui sia stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, con la conseguenza che, ove sia stata applicata una sanzione detentiva, di questa occorre comunque tenere conto ai fini della valutazione, imposta dagli artt. 164, ultimo comma, e 163 cod. pen. circa la concedibilità di un secondo beneficio (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218529-01; fra le successive, Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, Mkarrem El Mostafa, Rv. 277457 01; Sez. 6, n. 27589 del 22/03/2019, P., Rv. 276076-01).
3.4. Pertanto, deve ritenersi non superabile rispetto alla proposta ermeneutica coltivata dalla difesa la constatata carenza, nel descritto sistema, della norma attributiva al giudice dell'esecuzione del potere di prendere in esame la questione della sospensione condizionale all'esito della riduzione di pena disposta ai sensi dell'art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen.
4. Corollario delle considerazioni svolte è che l'impugnazione deve essere rigettata.
Alla reiezione del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso il 9 luglio 2024. Depositata in Cancelleria il 15 ottobre 2024.