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MAE rifiutato per pendenza del procedimento per stessi fatti? (Cass. 46642/21)

20 dicembre 2021, Cassazione penale

Nell'ambito di un procedimento MAE il rifiuto della consegna per la pendenza di un  procedimento penale per gli stessi fatti mira a tutelare le prerogative dello Stato dì esecuzione in funzione della composizione di un conflitto che però deve essere esistente, e non meramente potenziale, in quanto dimostrato dalla effettiva volontà dello Stato di affermare in concreto la propria giurisdizione, bastando la esistenza di un procedimento penale in corso di svolgimento sul fatto oggetto del m.a.e. e quindi a carico dello stesso soggetto cui si riferisce il predetto mandato di arresto.

La facoltà per lo Stato di esecuzione di avvalersi del motivo di rifiuto della consegna ha lo scopo di prevenire che la stessa persona sia oggetto di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi che potrebbero dare luogo ad una violazione del principio del ne bis in idem. 

Il giudice dello Stato di esecuzione deve valutare, nella propria libera discrezionalità, se opporre o meno il motivo facoltativo di rifiuto, se le condotte ascritte al ricorrente coincidano con quelle per le quali si procede nello stato di emissione.

Corte di Cassazione

Sez. 6 penale Num. 46642 Anno 2021

Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI Relatore: AMOROSO RICCARDO

Data Udienza: 17/12/2021 (dep. 20/12/2021)

 

SENTENZA

  sul ricorso proposto da P S, nato a Reggio Calabria il 31/05/1990 avverso la sentenza del 09/11/2021 della Corte di Appello di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere Riccardo Amoroso; udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Nicola Lettieri, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi l'avv. AG  e l'avv. FSF, difensori di S P , che concludono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. 

 RITENUTO IN FATTO

  1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Reggio Calabria ha disposto la consegna di S P  alle competenti Autorità della Germania, in relazione al m.a.e. emesso il 13 ottobre 2021 dalla Procura Europea - centro Monaco di Baviera, in relazione al mandato di cattura nazionale emesso dall'Amtsgericht di Monaco di Baviera il 29 settembre 2021 per i reati di evasione fiscale e associazione a delinquere, commessi a Eichstat dal 2017 al 2021, in relazione alla emissione di una ordinanza cautelare con cui è stata disposta la custodia in carcere.

 In particolare, dopo la convalida dell'arresto eseguito in data 20 ottobre 2021 di iniziativa della Polizia Giudiziaria, il ricorrente è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari ed all'esito dell'udienza del 9 novembre 2021 la Corte di appello ne ha disposto la consegna alla competente A.G. dello Stato emittente, subordinatamente alla condizione che dopo la condanna gli sia consentito di espiare la pena detentiva in Italia. La Corte ha ritenuto infondate le eccezioni di nullità del verbale di arresto e di tutti gli atti conseguenti dedotta dal ricorrente in relazione all'omessa informazione al momento dell'arresto del diritto di nominare un difensore presso l'Autorità giudiziaria dello Stato emittente. Sono state ritenute anche infondate le ulteriori ragioni addotte dalla difesa in relazione al motivo dì rifiuto previsto dall'art. 18-bis per la pendenza in Italia di un procedimento penale per gli stessi fatti oggetto del mandato di arresto, nonché in relazione all'accertamento del rischio per il consegnando di subire un trattamento inumano per le condizioni carcerarie esistenti presso lo Stato emittente.

 2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d'appello, i difensori di fiducia di SP  hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo í motivi qui di seguito illustrati.

 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 9, commi 5 e 12, comma 1-bis della legge n.69/2005, e dell'art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc.pen. per la nullità del verbale di arresto e degli atti conseguenti, che è stata rigettata dalla Corte di appello sebbene tempestivamente eccepita dalla difesa e ritenuta fondata rispetto alla circostanza certa del mancato avviso all'indagato in sede di esecuzione dell'arresto della facoltà di nominare un difensore di fiducia presso l'Autorità Giudiziaria dello Stato emittente. Al riguardo viene richiamata la precedente decisione della Corte di Cassazione che recentemente nella sentenza n. 35818 del 14 dicembre 2020 ha affermato che tale violazione integra gli estremi di una nullità di ordine generale a regime intermedio perché riguardante l'assistenza dell'indagato. Si chiede pertanto l'annullamento della sentenza per nullità derivata di tutti gli atti conseguenzialí all'arresto.

 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 2 e 18 I. n. 69/2005 in relazione all'omessa verifica delle condizioni di detenzione che il P  avrebbe trovato in Germania in ragione di carenze igienico-sanitarie e di sovraffollamento.

 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art.18-bis lett. a), legge n.69/2005 per la interpretazione errata della citata disposizione che non attribuirebbe alcuna rilevanza secondo il ricorrente alla necessità della pendenza in Italia di un procedimento penale per gli stessi fatti nei confronti del medesimo soggetto interessato dal mandato di arresto europeo. Inoltre si rappresenta che il motivo di rifiuto invocato dalla difesa è quello che ricade nell'ipotesi di cui alla lett. a) e non di quella alla lett. b) del medesimo articolo.

 In ogni caso si rappresenta che il procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Milano, iscritto fra gli altri a carico di P G, fratello del ricorrente, ha ad oggetto un'associazione a delinquere per la commissione di frodi fiscali per operazioni di vendita di autovetture che vedono coinvolte anche società italiane (** S.r.l. e **S.r.l.) e società tedesche (* Gmbh) che risultano coinvolte anche nel procedimento pendente in Italia per la stessa tipologia di reati fiscali. Si deve dare atto che con atto depositato in cancelleria e trasmesso via p.e.c., sono stati articolate nuove deduzioni in relazione al terzo motivo di ricorso, evidenziandosi che la prova della pendenza in Italia di un procedimento penale a carico del ricorrente si è concretizzata successivamente al deposito dei motivi di ricorso in Cassazione, in quanto, in data 22/11/2021, è stata notificata copia dell'ordinanza di custodia cautelare emessa in data 27/10/2021 dal G.I.P. presso il Tribunale di Torino, nella quale il sig. PS, anche se non destinatario di alcuna misura cautelare, risulta indagato, al capo 1), per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv., 640 comma 1 e 2, 61-bis cod. pen.. Al riguardo si descrivono le condotte ascritte al ricorrente che coincidono in parte con quelle per le quali si procede in Germania, essendo relative a frodi fiscali nel commercio di autovetture realizzate dalle stesse società operanti in Italia ed in Germania, come può evincersi dal raffronto con il contenuto della documentazione integrativa trasmessa dall'Autorità emittente ed allegata ai motivi nuovi. 

 CONSIDERATO IN DIRITTO 

 1. Il ricorso è fondato con riferimento alla questione dedotta con il terzo motivo per le ragioni di seguito indicate. 

 Con riferimento alla prima questione relativa alla omessa comunicazione all'indagato, al momento dell'arresto della facoltà di nominare un difensore di fiducia presso l'Autorità Giudiziaria dello Sato emittente, si deve ribadire l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, pur in assenza di una espressa sanzione processuale prevista dalle citate norme, l'omesso avviso alla persona della quale è chiesta la consegna della facoltà di nominare un difensore nello Stato che ha emesso il mandato, concernendo l'assistenza dell'arrestato e compromettendone l'assistenza legale, determina una nullità generale a regime intermedio, che deve essere eccepita in caso di arresto di p.g. non oltre l'udienza di convalida dell'arresto (Sez. 6, n. 51289 del 06/11/2017, Marinkovic, Rv. 271501; Sez. 6, n. 24301 del 09/05/2017, U, Rv. 270377). Tuttavia, da quanto emerge dalla stessa esposizione del motivo, non solo il giudice della convalida ha provveduto a fornire al ricorrente la suddetta informazione, ma che lo stesso ricorrente in quella sede non ha manifestato la volontà di nominare un difensore nello Stato di emissione, così escludendo in radice un concreto e reale pregiudizio alle prerogative defensionali, patito in conseguenza della omessa iniziale comunicazione, determinandosi comunque una irrilevanza di detta causa di nullità oltre l'ambito degli effetti esplicati fino a quella fase nel procedimento afferente unicamente l'applicazione della misura cautelare. 

 2. Quanto al secondo motivo se ne deve ugualmente rilevare la infondatezza.

 Solo nel caso in cui siano state allegate o comunque evidenziate informazioni provenienti da fonti autorevoli e accreditate o da precedenti sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo riguardanti lo Stato di emissione del M.A.E., deve essere verificato e ponderato il concreto rischio che il soggetto, di cui è chiesta la consegna, possa trovarsi esposto all'eventualità della sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti, correlati alle condizioni degli istituti carcerari del Paese di emissione, in ragione del sovraffollamento o di altri strutturali e non puramente contingenti problemi. Nel caso di specie la genericità della doglianza, non suffragata da alcuna allegazione, rende del tutto legittima la decisione della Corte di appello che ha ritenuto non giustificata la richiesta verifica di rassicurazioni dallo Stato di emissione circa le condizioni detentive che avrebbero riguardato il soggetto interessato dalla procedura di consegna. Si deve ribadire il principio secondo cui a carico del ricorrente incombe un preciso onere di allegazione degli elementi e delle circostanze idonei a fondare il timore che la consegna preluda alla sua sottoposizione nello Stato richiedente a trattamento incompatibile col rispetto dei diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 38850 del 18.9.2008, Rv. 241261), sicchè la Corte di appello è tenuta ad acquisire informazioni in ordine al trattamento che sarà riservato al consegnando solo se questi abbia allegato elementi oggettivi, precisi ed aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente. 

 3. Fondata è, invece, la questione dedotta con il terzo e ultimo motivo. 

 Appare evidente come nel caso in esame si tratti di reati transnazionali, per cui, come è stato già affermato da questa Corte di cassazione, si pone in modo prioritario il problema della cooperazione giudiziaria, per assicurare non solo l'interesse alla repressione di detti reati che coinvolgono i territori di più Stati, ma anche l'interesse ad assicurare il principio del "ne bis in idem", riconosciuto dalla Convenzione di Schengen del 19 giugno 1990, e sancito anche dall'art.50 della Carta di Nizza, che si configura come garanzia da invocare nello spazio giuridico europeo (Sez. 6, 3/06/2018 Rv. 273544). 

In ordine alla questione della interpretazione dell'art.18-bis, lett. a), legge 69/2005, sì deve innanzitutto rilevare che nell'elenco dei motivi di rifiuto facoltativo della consegna indicati nella predetta disposizione, sono stati inclusi in particolare anche ì casi - prima considerati nel novero dei motivi di rifiuto (obbligatorio) dì cui alla lett. p) dell'art. 18 legge cit. (già trasfusi nell'art. 18- bis, lett. b, a seguito della prima modifica apportata con la legge 4 ottobre 2019,n.117) - di mandato di arresto che abbia ad oggetto reati che dalla legge italiana sono considerati commessi in tutto o in parte nel suo territorio oltre quelli, inclusi ora nella lett. b) dello stesso articolo, per i quali risulta la pendenza di un procedimento in Italia per lo stesso fatto nei confronti della persona ricercata. 

Si deve al riguardo osservare che per giurisprudenza consolidata in tema dì mandato di arresto europeo, anche il motivo di rifiuto facoltativo della consegna previsto dalla predetta disposizione dì cui alla lett. a), richiede comunque la sussistenza di elementi sintomatici della effettiva volontà dello Stato di affermare la propria giurisdizione sul fatto oggetto del m.a.e. 

 In tutti tali casi l'opposizione del motivo dì rifiuto della consegna mira infatti a tutelare le prerogative dello Stato dì esecuzione in funzione della composizione di un conflitto che è già esistente, e non meramente potenziale, in quanto dimostrato dalla effettiva volontà dello Stato di affermare in concreto la propria giurisdizione, desunta dalla esistenza di un procedimento penale in corso di svolgimento sul fatto oggetto del m.a.e. e quindi a carico dello stesso soggetto cui si riferisce il predetto mandato di arresto (Sez. 6, n. 2959 del 22/01/2020, M., Rv. 278197). 

 Nel caso di specie, assume senza dubbio rilevanza la produzione documentale depositata con i nuovi motivi, ai fini della dimostrazione della identità dei fatti oggetto del procedimento penale pendente in Italia a carico dello stesso ricorrente, che integra la condizione da cui sarebbe conseguita la facoltà per lo Stato di esecuzione di avvalersi del motivo di rifiuto della consegna allo scopo di prevenire che la stessa persona sia oggetto di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi che potrebbero dare luogo ad una violazione del principio del ne bis in idem. 

 Va osservato che il mandato di arresto europeo è stato emesso dalla Procura Europea in relazione ad una ordinanza cautelare emessa dall'A.G. di Monaco, quindi ai sensi dell'art. 33 del Regolamento UE 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017 relativo all'istituzione della Procura europea («EPPO»), trattandosi di reati rientranti nella competenza materiale e territoriale di detto organo giudiziario ai sensi degli artt. 22 e 23 del citato Regolamento UE. 

 La Corte di appello ha ritenuto insussistente il motivo di rifiuto evidenziando che al momento della decisione non risultava a carico del ricorrente la pendenza di alcun procedimento che rendesse evidente l'esistenza di un possibile conflitto tra le diverse autorità giudiziarie competenti a procedere e, quindi, facendo corretta applicazione dei principi affermati dalla Corte di Cassazione circa la necessità di verificare la sussistenza di "un medesimo comportamento criminoso" realizzato dal "medesimo soggetto", sia pure in parte nel territorio dello Stato (Sez. 6, n. 2959 del 22/01/2020, M. cit.). 

 Ora risulta, invece, che è pendente un nuovo procedimento penale in Italia a carico anche del ricorrente, in quanto, in data 22/11/2021, è stata notificata copia dell'ordinanza di custodia cautelare emessa in data 27/10/2021 dal G.I.P. presso il Tribunale di Torino, nella quale PS, anche se non destinatario di alcuna misura cautelare, risulta indagato, al capo 1), per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv., 640 comma 1 e 2, 61-bis cod. pen. 

 Si rende, pertanto, necessario un nuovo giudizio di merito su tale elemento di novità, perché la Corte di appello valuti, nella propria libera discrezionalità se opporre o meno il motivo facoltativo di rifiuto, se le condotte ascritte al ricorrente coincidano con quelle per le quali si procede in Germania, trattandosi di frodi fiscali nel commercio di autovetture realizzate dalle stesse società operanti in Italia ed in Germania, come può evincersi dal raffronto con il contenuto della documentazione integrativa trasmessa dall'Autorità emittente ed allegata ai motivi nuovi.

 Per queste ragioni, l'accoglimento del terzo motivo di ricorso impone l'annullamento con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto.

  La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69/2005. 

 P.Q.M. 

 annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69 del 2005.  Così deciso in Roma il 17 dicembre 2021 (deposito 20 dicembre 2021)