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Liberazione anticipata e pendenza di pendenza di procedimento penale (Cass. 33848/19)

25 luglio 2019, Cassazione penale

Nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti mere ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, ma tale possibilità non esime il Tribunale di sorveglianza dall'obbligo di valutare la pertinenza dei fatti contestati rispetto all'opera di rieducazione alla quale il soggetto è stato sottoposto, non potendo il solo riferimento a una pendenza giudiziaria ritenersi preclusivo alla concessione del periodo di liberazione anticipata richiesto.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

 (ud. 30/04/2019) 25-07-2019, n. 33848)

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica - Presidente -

Dott. LIUNI Teresa - Consigliere -

Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -

Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.B.N., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 06/11/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. DANIELE CAPPUCCIO;

lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 6 novembre 2018 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo, presentato nell'interesse di D.B.N., avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Roma ha, a sua volta, respinto la richiesta di liberazione anticipata per il semestre (OMISSIS).

Il Tribunale di sorveglianza ha condiviso le considerazioni svolte dall'estensore del provvedimento oggetto di reclamo in ordine all'incidenza sui presupposti per l'applicazione dell'istituto de quo della condotta che D.B., collaboratore di giustizia, avrebbe posto in essere l'(OMISSIS), in occasione di un colloquio in carcere con l'ex convivente D.L., consistita, una volta appreso dell'intenzione della donna di lasciarlo e di trasferirsi altrove insieme al figlio nato dalla loro unione, nel minacciare di morte la compagna ed i di lei genitori.

Ha, in particolare, rilevato che l'episodio - per il quale, avendo la D. sporto denunzia (estesa ad ulteriori e pregressi comportamenti violenti, che avevano talora costretto la donna a ricorrere alle cure dei sanitari) il (OMISSIS), pende procedimento penale innanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca - deve essere valutato, sebbene non ancora processualmente accertato, in quanto attesta che " D.B. è certamente un soggetto violento ed aggressivo, radicato in un percorso di devianza dal quale con fatica ha scelto di affrancarsi. Ed evidentemente non senza cadute o contraddizioni".

Ha ritenuto che, in attesa degli sviluppi del procedimento, può darsi credito alla parola della persona offesa, contrapposta a quella del condannato, in quanto la sua denunzia "costituisce un fatto ed un'assunzione di responsabilità precisa innanzi alla legge, operata in termini dotati di una loro plausibilità e credibilità" e che, quali che siano gli esiti degli accertamenti in corso di esecuzione, "nelle condizioni date vi sono tutti i presupposti per ritenere che il D.B. abbia avuto quanto meno un atteggiamento aggressivo e minatorio nei confronti della donna e dei suoi genitori, atteggiamento che non può essere archiviato come compatibile con l'adesione al trattamento rieducativo".

Ha reputato superflui gli approfondimenti istruttori sollecitati dal condannato, vertenti su episodi successivi e distinti, concernenti la sopravvenuta normalizzazione dei rapporti tra i due e la percezione, da parte della D., di una somma di denaro versata dal Servizio Centrale di Protezione, e considerato, conclusivamente, che, quantunque le ulteriori informazioni sul collaboratore di giustizia relative al semestre non appaiano negative, emergendo un comportamento corretto e privo di violazioni, la condotta minatoria posta in essere da lui posta in essere l'(OMISSIS) imponga il rigetto della domanda di liberazione anticipata.

2. D.B. propone, tramite il difensore avv. SF, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale deduce violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 54, nonchè per carenza, manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione e travisamento del fatto, in riferimento anche ai principi consacrati negli artt. 24 e 27 Cost. e art. 6 CEDU. Segnala, innanzitutto, che D.B. vanta un risalente percorso collaborativo, sempre positivamente vagliato anche con riferimento alla rilevanza del contributo fornito in sede investigativa e processuale, ha costantemente fruito della liberazione anticipata, oltre che dei permessi premio, ed ha reciso ogni collegamento con ambienti delinquenziali e di criminalità organizzata.

Lamenta che il Tribunale di sorveglianza, pur dando atto dell'assenza di riscontri al dire della D., abbia fondato la decisione, in spregio al principio costituzionale di non colpevolezza, sulla sola parola della presunta vittima, ancora non positivamente delibata dalla competente autorità giudiziaria, esaltando altresì la rilevanza di condotte collocate in diverso arco temporale e pure non accertate e pretermettendo, per contro, la miriade di elementi che avrebbero dovuto indurlo ad esitare positivamente l'istanza del condannato, così orientando, in definitiva, la decisione ad inammissibile pregiudizio colpevolista.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

4. Con memoria depositata il 10 aprile 2019 il ricorrente ha ribadito le ragioni addotte a sostegno dell'impugnazione, rappresentando, tra l'altro, che, nelle more della celebrazione della camera di consiglio, il procedimento penale scaturito dalla denunzia dell'ex compagna di D.B. è stato definito mediante archiviazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.

2. Il Tribunale di Sorveglianza ha tratto argomento, in vista del rigetto della richiesta di liberazione anticipata, dalla condotta serbata da D.B. l'(OMISSIS), che ha ritenuto, sebbene ancora non processualmente accertata, idonea ad attestare la deviazione del condannato dal percorso segnato dal trattamento rieducativo.

Ciò ha fatto in apparente ossequio all'indirizzo ermeneutico secondo cui nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti mere ipotesi di reato, senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, rilevando la sola valutazione della condotta del condannato, al fine di stabilire se lo stesso, a prescindere dall'accertamento giudiziale sulla sua responsabilità penale, sia meritevole dei benefici penitenziari richiesti (Sez. 1, n. 42571 del 19 aprile 2013, Cagnoni, n. m.; Sez. 1, n. 33089 del 10/05/2011, Assisi, Rv. 250824; Sez. 1, n. 37345 del 27/09/2007, Negri, Rv. 237509).

Tale possibilità non esime, comunque, il Tribunale di sorveglianza dall'obbligo di valutare la pertinenza dei fatti contestati rispetto all'opera di rieducazione alla quale il soggetto è stato sottoposto, non potendo il solo riferimento a una pendenza giudiziaria ritenersi preclusivo alla concessione del periodo di liberazione anticipata richiesto.

Ne discende che, seppure è astrattamente possibile che la condotta tenuta da D.B., non ancora oggetto di un giudizio definitivo, possa essere valutata negativamente dalla giurisdizione di sorveglianza ai fini della concessione del beneficio richiesto, nel compimento di tale verifica non ci si può esimere dall'enucleazione degli elementi fattuali e dalla valutazione del comportamento dell'istante, laddove rilevanti in relazione all'opera di rieducazione sociale che lo riguarda.

Compito, questo, cui il Tribunale di sorveglianza capitolino si è, in sostanza, sottratto, giacchè, a fronte di un addebito rimesso alla sola parola della persona offesa ed inserito nel più ampio contesto dei dissidi residuati alla fine della comunione di vita tra i due protagonisti della vicenda, ne ha, da un canto, apprezzato la veridicità ritenendone, dall'altro, l'attitudine sicuramente dimostrativa dell'insuccesso dell'azione rieducativa spiegata in favore del condannato, azione cui, per il resto, D.B. ha nondimeno risposto, nel semestre di interesse, in modo corretto e rispettoso delle prescrizioni impostegli.

Considerata l'unicità ed episodicità della violazione, la natura del comportamento contestato e l'assenza di evidenze obiettive di riscontro al contributo della D., che deve essere opportunamente contestualizzato, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, pertanto, meglio verificare - in forza della compiuta disamina del comportamento complessivamente serbato da D.B. in costanza di collaborazione e di esecuzione della pena e, all'occorrenza, tenendo conto degli sviluppi processuali della denunzia sporta dalla D. - se ed in quale misura il contegno che si ascrive all'odierno ricorrente sia stato, come apoditticamente esposto nella motivazione del provvedimento impugnato, espressione di un atteggiamento aggressivo e minatorio in radice incompatibile con l'adesione al trattamento rieducativo.

3. Discende dalle precedenti considerazioni l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per nuovo esame, che tenga conto dei principi affermati e dei rilievi formulati.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019