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Latitanza erroneaneamente dichiarata, tutto da rifare (Cass. 33618/21)

10 settembre 2021, Cassazione penale

Il sistema delle disposizioni che legittimano le notificazioni mediante fictio iuris deve essere interpretato con particolare cautela", perchè quello di partecipare al giudizio è un diritto fondamentale dell'imputato riconducibile all'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, riprodotto nell'art. 111 Cost., e l'ordinamento processuale deve tendere ad evitare che il giudizio penale si svolga in assenza dell'imputato.

L'erronea dichiarazione di latitanza dell'imputato, siccome fondata su decreto invalido, inficia la validità della citazione a giudizio che è da considerare tamquam non esset e travolge ogni atto successivo, imponendo la regressione del procedimento.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

(data ud. 11/06/2021) 10/09/2021, n. 33618

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PAOLA Sergio - Presidente -

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere -

Dott. BORSELLINO Maria Daniela - Consigliere -

Dott. COSCIONI Giuseppe - Consigliere -

Dott. SGADARI Giuseppe - est. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

- J.M., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa il 13/05/2020 dalla Corte di Appello di Bologna - sez. minorenni;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso, trattato con contraddittorio scritto ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Luigi Agostinacchio;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Tocci Stefano, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 13/05/2020 la Corte di Appello di Bologna sezione minorenni confermava la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bologna del 16/10/2019 con la quale J.M. era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per i reati di tentata rapina aggravata in concorso, lesioni personali e porto abusivo di coltello.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello il difensore di fiducia dell'imputato eccependo con un unico motivo la violazione di legge (artt. 296, 178 c.p.p., art. 179 c.p.p., comma 1, artt. 185, 420 ter c.p.p. e art. 24 Cost.) e la conseguente nullità del decreto di latitanza - emesso prima dell'udienza preliminare - e di tutti gli atti successivi.

Ha dedotto a riguardo che la corte territoriale aveva accertato la mancanza del presupposto della volontaria sottrazione, requisito indefettibile per la pronuncia del decreto di latitanza; aveva altresì affermato la conoscenza da parte dell'imputato della pendenza del procedimento a suo carico perchè, rintracciato in Italia, era stato destinatario della notifica dell'ordinanza custodiale del collocamento in comunità, e che nulla avesse eccepito in primo grado, tramite il difensore, in ordine al decreto di latitanza, così sanando la relativa nullità, da considerarsi a regime intermedio.

Il giudice di appello non aveva considerato invece che non vi era stata effettiva conoscenza del processo, prima della sua definizione con sentenza del 16/10/2019, e che era stato rappresentato in giudizio da un difensore di ufficio; che nessun atto a tal fine utile (comunicazione della nomina del difensore di ufficio del 04/04/2020, decreto di latitanza con la nomina di altro difensore di ufficio, decreto di rinvio a giudizio, verbale di udienza del 05/04/2019 con il quale era stato disposto il rinvio all'udienza del 16/10/2019) era stato tradotto e notificato in lingua nota al ricorrente.

3. Il motivo di ricorso è fondato.

4. Dall'esame degli atti - consentito in sede di legittimità, in ragione della natura processuale della questione - risulta che il giudizio di primo grado si è svolto senza la partecipazione dell'imputato, dichiarato latitante con decreto del 28/05/2018. Proposta impugnazione dal difensore di fiducia avverso la sentenza del tribunale sul rilievo che il processo si era illegittimamente celebrato in assenza dell'imputato, a costui è stato ritualmente notificato il decreto di citazione in appello presso la comunità privata dove era ristretto agli arresti domiciliari.

4.1 Nell'esaminare l'eccezione, la corte territoriale ha dato atto che "manca(va) il presupposto della volontaria sottrazione che è uno dei presupposti indefettibili perchè si pronunci il decreto di latitanza" ed ha tuttavia rigettato il rilievo formulato a riguardo, ritenendo trattarsi di "ipotesi di nullità a regime intermedio, sanata dalla pronuncia di primo grado...poichè prima della conclusione del procedimento di primo grado ( J.M.) ha avuto la notifica dell'ordinanza di custodia cautelare e la piena contezza dell'accusa e del procedimento a suo carico...e pur tuttavia nulla ha eccepito, tramite il suo difensore, in ordine al decreto di latitanza".

5. Ritiene il Collegio di aderire all'indirizzo interpretativo secondo cui l'erronea dichiarazione di latitanza dell'imputato, siccome fondata su decreto invalido, inficia la validità della citazione a giudizio che è da considerare tamquam non esset e travolge ogni atto successivo, imponendo la regressione del procedimento.

E' quindi errata l'affermazione secondo cui, dichiarata la latitanza nella fase delle indagini preliminari, l'imputato avrebbe potuto eccepire la nullità delle notifiche in tal modo effettuate e l'invalidità, di conseguenza, del giudizio celebratosi in sua assenza, soltanto denunziando il decreto di latitanza emesso nella fase delle indagini nei termini dell'art. 181 c.p.p., comma 2.

6. Si rinvia a tal fine all'esaustiva e condivisibile motivazione di cui a Cass. sez. 1 - sent. n. 17703 del 04/03/2010 - dep. 10/05/2010 - Rv. 247061, con la quale si è anzitutto chiarito che, come affermato in dottrina, sono relative le nullità a previsione speciale che non siano riconducibili alle nullità d'ordine generale e non siano definite assolute da specifiche disposizioni di legge, tanto desumendosi dal sistema e dalla lettera dell'art. 181 c.p.p., comma 1, che circoscrive le nullità "diverse da quelle previste dall'art. 178 c.p.p. e art. 179 c.p.p., comma 2", precisandosi che il regime relativo può riferirsi solo alle nullità meno radicali, che non attengono all'instaurazione del contraddicono) ossia che non determinano l'omessa citazione dell'imputato (art. 179 c.p.p.) o la lesione del suo diritto di intervenire nel processo (art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c).

Al rispetto di esigenze che stanno a base del giusto processo, primo fra tutti il diritto dell'imputato di essere effettivamente avvisato e di essere posto in grado di intervenire, è d'altro canto preordinato "il requisito della personalità delle notificazioni degli atti" ribadito nell'elaborazione della giurisprudenza costituzionale. Tale requisito non può essere escluso se non in caso di tassative situazioni che consentono di ritenere sufficientemente accertata la volontà dell'imputato di sottrarsi al processo (latitanza, evasione) o effettivamente impossibile (irreperibilità) procedere altrimenti.

Ne deriva che il sistema delle disposizioni che legittimano le notificazioni mediante fictio iuris deve essere interpretato "con particolare cautela", "perchè quello di partecipare al giudizio è un diritto fondamentale dell'imputato riconducibile all'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, riprodotto nell'art. 111 Cost., e l'ordinamento processuale deve tendere ad evitare che il giudizio penale si svolga in assenza dell'imputato" (Cass. Sez. 5, sent. n. 2956 del 21/11/2001, Mangia).

6.1 Tale indirizzo interpretativo è stato peraltro già condiviso da questa Corte (sez. 3, n. 1621 del 30/09/2015, Deninski, Rv. 266687; di recente sez. 1, sent. n. 13733 del 25/02/2020 - dep. 06/05/2020 n. m. che ha ribadito essere più aderente al dato normativo il filone giurisprudenziale, che si colloca in perfetta continuità con la sentenza Sez. U. Palumbo, secondo la quale l'erronea dichiarazione di latitanza dell'imputato, siccome fondata su decreto invalido per assenza di ricerche, pur risultando dagli atti la stabile dimora all'estero dell'imputato medesimo, inficia la validità della citazione a giudizio che è da considerare tamquam non esset e travolge ogni atto successivo, imponendo la regressione del procedimento dinanzi al giudice dell'udienza preliminare).

7. Deve concludersi perciò che il vizio equivale ad omissione della citazione e che l'erronea dichiarazione di latitanza ha fatto sì che si procedesse in primo grado in assenza di J.M. senza che ne sussistessero le condizioni. Ricorre perciò la nullità della vocatio in iudicium prevista dall'art. 179 c.p.p. Deve di conseguenza pronunciarsi l'annullamento della sentenza impugnata, di quella di primo grado e del decreto di rinvio a giudizio, anch'esso notificato all'imputato sull'erroneo presupposto della sua latitanza, con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna per il corretto esercizio dell'azione penale.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata, quella di primo grado e il decreto di rinvio a giudizio, disponendo trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021