L'inosservanza dell'obbligo di fermarsi all'invito degli agenti in servizio di polizia stradale - integra la violazione amministrativa dall'art. 192, comma primo, cod. strad. e non il reato di cui all'art. 650 cod. pen.
Corte di Cassazione
sez. VI Penale, sentenza 9 settembre ? 11 ottobre 2016, n. 42951
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di L'Aquila ha confermato quella emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Avezzano in data 23/01/2013 e la condanna ivi stabilita di E. M. A. alla pena di un anno di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 650 cod. pen. (capo B), art. 337 cod. pen. (capo C); artt. 582, 585, 576 n.1, 61 n. 2 cod. pen. (capo D) e art. 635 cod. pen. (capo E dell'imputazione) aggravati dalla recidiva reiterata infraquinquennale (art. 99 cod. pen.).
Rispondendo ad alcune delle doglianze formulate con l'atto d'appello, la Corte territoriale ha statuito che la contestata inottemperanza all'ordine di arrestare l'autovettura impartito con paletta segnaletica ha integrato il reato di cui all'art. 650 cod. pen. (capo B), mentre gli atti di autolesionismo praticati dallo imputato, comunque accompagnatisi a quelli di violenza esercitati nei confronti dei pubblici ufficiali, hanno integrato il delitto di resistenza di cui al capo C.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine a tutti i reati oggetto di condanna.
Con riferimento al reato di danneggiamento (capo E), sostiene che la documentazione versata in atti non è idonea a fornire la prova della sussistenza del reato di cui all'art. 635 cod. pen., dal momento che il water dei Commissariato della Polizia di Stato di Avezzano oggetto del contestato danneggiamento non risultava affatto divelto, ma solo leggermente spostato dalla sua sede.
Quanto al reato di cui al capo B, deduce che la condotta in addebito integra esclusivamente l'illecito amministrativo di cui all'art. 192, comma 1 C.d.S.
Con riferimento al delitto di resistenza, deduce poi che i meri atti di autolesionismo non possono avere integrato il reato de quo, non avendo egli manifestato alcuna volontà di opporsi all'operato dei pubblici ufficiali; contesta, infine, la sussistenza delle lesioni personali patite dai pubblici ufficiali, quali risultanti dai referti medici acquisiti agli atti processuali, dovendo le stesse essere qualificate come mere percosse (art. 581 cod. pen.).
Considerato in diritto
1. II ricorso è infondato e va rigettato, tranne per la parte concernente la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen.
2. Risulta infondata la doglianza riferita alla pretesa inconfigurabilità dei delitto di cui all'art. 337 cod. pen. in dipendenza da atti di autolesionismo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, infatti, <il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da una condotta autolesionistica dell'agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell'ufficio ad opera del pubblico ufficiale> (Sez. 6, sent. n. 10878 del 18/11/2009, dep. 2010, M. e altro, Rv. 246675; Sez. 6, sent. n. 4929 del 17/12/2003, dep. 2004, Moraes De Jesus, Rv. 229511).
3. Attengono, invece, propriamente al merito dei giudizio le censure riferite alle modalità del danneggiamento contestato al capo E nonché la sussistenza delle lesioni personali cagionate (e certificate dai sanitari) ai pubblici ufficiali di cui al capo D e come tali risultano improponibili in questa sede di legittimità (art. 606, comma 3 cod. proc. pen.)
4. E' invece fondata la doglianza riguardante la configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. (capo B), che la Corte territoriale ha ritenuto integrata dalla mera inottemperanza all'ordine di fermarsi, giusta motivazione consistente, peraltro, in una mera tautologia (<non potendo la condotta del prevenuto (. ..) inquadrarsi nella semplice inottemperanza all'ordine di fermarsi (...) astrattamente punibile con una semplice sanzione amministrativa>).
La statuizione, come detto immotivata, si pone, infatti, anche in contrasto con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui <nell'inosservanza dell'obbligo di fermarsi all'invito degli agenti in servizio di polizia stradale - costruita come reato dall'art. 650 cod. pen. e come violazione amministrativa dall'art. 192, comma primo, cod. strad. - risultano dei tutto identici sia il fine perseguito, cioè la prevenzione e l'accertamento di reati e infrazioni in materia di circolazione stradale, sia le rispettive condotte. Ne consegue che, vertendosi nell'ipotesi di concorso apparente di norme, in forza del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, l'omessa ottemperanza da parte dei conducente di un veicolo all'invito a fermarsi di funzionari, ufficiali e agenti cui spetta la prevenzione e l'accertamento dei reati in materia di circolazione stradale integra gli estremi dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 192, comma 1 cod. strad., e non già quelli della fattispecie criminosa di cui all'art. 650 cod. pen.> (Sez. 1, sent. n. 8385 del 10/07/1998, Balestra, Rv. 211147; Sez. 6, sent. n. 23824 del 29/04/2003, Artese, Rv. 225688; Sez. 1, sent. n. 3943 del 15/01/2008, Faggioli, Rv. 238382; Sez. 1, n. 36736 del 17/09/2008, Beninati, Rv. 241127).
5. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto eliminata la pena corrispondente.
Può, tuttavia, procedersi direttamente in questa sede alla eliminazione ai sensi dell'art. 620 lett. I) cod. proc. pen., atteso che dalla sentenza di primo grado si ricava che l'aumento a titolo di continuazione (art. 81 cod. pen.) sulla pena base riferita al più grave reato di cui all'art. 337 cod. pen. è stato determinato nella misura di un mese di reclusione anche per la contravvenzione de qua, aumento successivamente ridottosi a venti giorni per effetto del rito speciale di cui all'art. 442 cod. proc. pen. e che va, pertanto, espunto.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo B perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e per l'effetto elimina la pena corrispondente pari a giorni venti di reclusione.
Rigetta nel resto il ricorso.