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Ingiustamente arrestato a fini estradizionali: indennizzabile anche il tentativo di suicidio (Cass. 50165/19)

3 dicembre 2019, Cassazione penale

La determinazione dell'indennizzo in un procedimento riparatorio dell'ingiusta detenzione a fini estradizionali non può basarsi sul criterio aritmetico adottato per la ingiusta detenzione "ordinaria", non potendosi automaticamente trasporsi alla restrizione a fini estradizionali un criterio aritmetico ricavato da disposizioni riferite a presupposti applicativi affatto diversi e infungibili.

E' dovere del giudice della riparazione misurarsi con le specificità della vicenda sottostante e tenere globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà: la volontarietà di un tentativo di suicidio non può valere a derubricare come irrilevante la riferibilità causale della misura restrittiva risultata ingiusta rispetto ad una decisione di tentare il suicidio.

 

Cassazione penale

Sez. 4 Num. 50615 Anno 2019 Presidente: PICCIALLI PATRIZIA

Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 03/12/2019

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

KM  nato a DARAB (IRAN) il **/*/1979

avverso l'ordinanza del 20/02/2019 della CORTE APPELLO di MILANO

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH; lette/sentite le conclusioni del PG

RITENUTO IN FATTO 

1. La Corte d'appello di Milano, con ordinanza resa il 20 febbraio 2019, ha accolto l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata per conto di KM, soggetto di nazionalità iraniana e colpito da un mandato di cattura internazionale emesso dal Tribunale di Teheran in data 3 giugno 2009, cui faceva seguito l'arresto del sunnominato, che veniva eseguito il 6 agosto 2016, convalidato il 9 agosto dello stesso anno dalla Corte d'appello di Milano e revocato 1'11 agosto successivo (con conseguente scarcerazione del K) in seguito al riconoscimento in suo favore dello status di rifugiato politico da parte del Regno Unito.

Nell'accogliere l'istanza riparatoria, sulla base dell'assenza di un comportamento doloso o gravemente colposo da parte del K, la Corte milanese ha ritenuto che la determinazione del quantum dovesse muovere dal criterio aritmetico indicato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 24287/2001, basato come noto sul rapporto tra il tetto massimo dell'indennizzo, di cui all'art. 315, comma 2, cod.proc.pen., e la durata massima della custodia cautelare, di cui all'art. 304 cod.prioc.pen.. Considerato tale criterio, la Corte di merito ha riconosciuto equitativamente al K una somma complessiva di entità maggiore, pari a 3.000,00 euro (rapportati ai 6 giorni di detenzione ingiusta) per i pregiudizi morali, personali e familiari subiti, mentre non é stato ritenuto meritevole di valutazione il ricovero dell'instante in ospedale a seguito dell'assunzione, da parte sua, di una massiccia dose di un farmaco.

Avverso la prefata ordinanza ricorre il K, con atto articolato in tre motivi.

2.1. Con il primo il deducente lamenta vizio di motivazione in relazione alla quantificazione dell'indennizzo: ripercorrendo i passaggi in base ai quali la riparazione per ingiusta detenzione é stata riconosciuta anche nel caso di restrizione a fini estradizionali, il ricorrente evidenzia che nella specie il criterio aritmetico basato sulla sentenza a SS.UU. del 2001 non può essere applicato nel caso di specie, atteso che il termine massimo della restrizione a fini di estradizione (pari a un anno e nove mesi, in base all'art. 714, comma 4, cod.proc.pen.) é assai minore rispetto a quello di durata massima della custodia cautelare, con la conseguenza che la somma giornaliera spettante (derivante dalla divisione dell'importo massimo di 516.456,90 euro per il termine di durata massima della detenzione) é di gran lunga superiore e deve computarsi in ragione di C 813,31 (anziché C 235,82) per ogni giorno di carcere.

Ne consegue che la determinazione dell'indennizzo in favore del K si é basata su parametri non corretti e va certamente riesaminata. 

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione alla mancata valutazione del tentativo di suicidio del K, posto in essere al momento dell'arresto e derivante - si afferma nel ricorso - dalle sofferenze psicologiche indotte dalle persecuzioni di cui egli fu vittima da parte del regime iraniano, che gli sono valse lo status di rifugiato politico in Gran Bretagna. Sul punto il percorso argomentativo seguito dalla Corte ambrosiana si appalesa del tutto carente e meritevole di rivalutazione.

2.3. Con il terzo motivo il deducente denuncia violazione di legge con riferimento alla disposta compensazione delle spese, pur a fronte della totale soccombenza da parte dell'amministrazione finanziaria.

Nella sua requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, ritenuta la fondatezza del ricorso, ha concluso chiedendo che l'ordinanza impugnata venga annullata con rinvio.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 Il ricorso é fondato, nei termini e per le ragioni di cui appresso.

La determinazione dell'indennizzo é stata richiesta nell'ambito del procedimento riparatorio dell'ingiusta detenzione a fini estradizionali.

Orbene, il calcolo dell'indennizzo giornaliero costituito dal rapporto tra il tetto massimo dell'indennizzo di cui all'art. 315, comma secondo, cod. proc. pen. e il termine massimo della custodia cautelare di cui all'art. 303, comma quarto, lett. c), espresso in giorni, moltiplicato per il periodo, anch'esso espresso in giorni, di ingiusta restrizione subita (Sez. U, Sentenza n. 24287 del 09/05/2001, Min. Tesoro e Caridi, Rv. 218975), costituisce bensì un criterio convenzionale di portata generale; ma si basa su parametri e su presupposti alquanto diversi da quelli oggetto della restrizione a fini estradizionali cui si riferisce la richiesta riparatoria di che trattasi, atteso che la sottoposizione dell'estradando a restrizione della libertà ha natura e funzioni non sovrapponibili a quelle delle misure cautelari personali adottate ai sensi degli artt. 272 e ss. cod.proc.pen..

Ciò non significa, peraltro, che l'indennizzo giornaliero vada determinato, nel caso di specie, su una differente base di calcolo aritmetico (ossia trasponendo il criterio adottato dalle SS.UU. alle previsioni in materia di durata massima delle misure coercitive nell'ambito del procedimento di estradizione); di tal che non può automaticamente ritenersi che il quantum giornaliero spettante nel caso di specie debba essere determinato rapportando l'entità massima della riparazione (definita dall'art. 315, comma 2, cod.proc.pen., in 516.456,90 euro) al periodo massimo di restrizione di cui all'art. 714, comma 4, cod.proc.pen. (pari a un anno e nove mesi).

Conseguentemente, per determinare il quantum di indennizzo caso di ingiusta detenzione a fini estradizionali, rimane valido il principio generale, affermato dalle Sezioni Unite nella richiamata sentenza Caridi, secondo il quale il tratto caratteristico dell'istituto della riparazione per ingiusta detenzione «é che la liquidazione dell'indennità deve avvenire in via equitativa. La delicatezza della materia e le difficoltà per l'interessato di provare nel suo preciso ammontare la lesione patita ha indotto il legislatore a non prescrivere al giudice l'adozione di rigidi parametri valutativi, lasciandogli, al contrario - s'intende, entro í confini della ragionevolezza e della coerenza - ampia libertà di apprezzamento delle circostanze del caso concreto».

Orbene, considerata la generale natura equitativa dell'indennizzo ed attesa la natura convenzionale del criterio stabilito nella citata sentenza apicale, nulla vieta di darne applicazione estensiva anche al di fuori del perimetro costituito dal pregiudizio sofferto in dipendenza dell'applicazione di restrizioni della libertà non riconducibili alle misure coercitive di cui agli artt. 284 e ss. cod.proc.pen. (ed anche, quindi, all'ipotesi di misure cautelari adottate ai sensi degli artt. 714 e ss. cod.proc.pen.); ma tenendo ben presente che non può automaticamente trasporsi alla restrizione a fini estradizionali un criterio aritmetico ricavato da disposizioni riferite a presupposti applicativi affatto diversi e infungibili (come ha fatto la Corte di merito nell'ordinanza impugnata, sia pure integrando in aumento, peraltro in termini modesti, il predetto criterio).

Risulta poi certamente fondata la lagnanza del ricorrente (espressa nel secondo motivo) riferita all'asserita irrilevanza del tentativo di suicidio posto in essere dal Khosravi al momento dell'arresto.

Preme sottolineare, a fronte della scarna motivazione resa sul punto dalla Corte ambrosiana, che é dovere del giudice della riparazione misurarsi con le specificità della vicenda sottostante e tenere globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà (cfr. ex multis Sez. 4, n. 40906 del 06/10/2009, Mazzarotto, Rv. 245369; Sez. 4, n. 18361 del 11/01/2019, Rv. 276259). Nella specie, non é stata adeguatamente valorizzata nella motivazione dell'ordinanza impugnata la peculiarità di una condizione di forte disagio psicologico di una persona che, come il ricorrente, si é vista applicare una restrizione della libertà in territorio estero in dipendenza della sua posizione di oppositore al regime (come emerso in base al successivo riconoscimento dello status di rifugiato), tale da indurlo a un gesto suicidiario: la volontarietà di tale gesto, in particolare, non può valere a derubricare come irrilevante la riferibilità causale della misura restrittiva risultata ingiusta rispetto alla decisione del K di tentare il suicidio.

 Pertanto l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, limitatamente alla determinazione dell'indennità, per nuovo giudizio sul punto.

In tale sede saranno rivalutati tutti gli elementi incidenti sulla determinazione del quantum debeaturin favore del K (motivando adeguatamente in ordine alla prova del nesso causale tra tali elementi - ivi compreso il tentativo di suicidio all'atto dell'arresto - e i pregiudizi indennizzabili) nonché la questione del regime delle spese in relazione al criterio della soccombenza, che in sede di rinvio va rapportato all'esito globale del processo

(cfr. Sez. 3, Sentenza n. 20904 del 11/01/2017, Ministero dell'Economia e delle Finanze e altro, Rv. 270195).

 P.Q.M. 

Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla misura dell'indennità dovuta e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Milano.

 

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 20