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Indagato deve interessarsi del procedimento, rescissione negata (Cass. 13051/23)

29 marzo 2023, Cassazione penale

Per poter rescindere il giudicato, l'ignoranza incolpevole del processo non deve essere valutata in relazione ai singoli atti della progressione processuale, dato che la conoscenza della esistenza del procedimento, seppur provata in relazione ad una fase germinale dello stesso, genera un onere di diligenza che si esprime anche nel dovere di mantenere i contatti con il difensore (sia esso di fiducia, che di ufficio). Una diversa interpretazione - che implichi la presunzione secondo cui solo in caso di nomina di difensore di fiducia possa ritenersi la conoscenza degli atti processuali rivolti all' imputato che presso il primo abbia eletto domicilio, mentre non potrebbero ritenersi parimenti conosciuti gli atti notificati presso il difensore d'ufficio, nonostante l'elezione di domicilio – si presterebbe, secondo tale orientamento, al facile abuso del processo, potendo in questo modo l' interessato diversamente atteggiarsi secondo l'esito del giudizio, anche avvantaggiandosi del decorrere del tempo e della sua incidenza sulla prescrizione. 

 

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

 (data ud. 21/02/2023) 29/03/2023, n. 13051

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -
Dott. DI SALVO Emanuele - Consigliere -
Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -
Dott. RICCI A.L.A. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato il (Omissis);
avverso l'ordinanza del 30/05/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI; lette le conclusioni del PG che
ha chiesto il rigetto del ricorso.
 
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
 
1. La Corte di Appello di Bologna con ordinanza depositata il 6 giugno 2022 ha respinto l' istanza di rescissione del giudicato presentata da A.A., con riferimento alla sentenza del Tribunale di Rimini del 7 novembre 2019 irrevocabile il 26 maggio 2020 compresa nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Rimini e fondata sul presupposto che la notifica del decreto di citazione a giudizio all' imputato era stata effettuata al domicilio eletto presso il difensore di ufficio con il quale egli non aveva mai avuto contatti.
 
2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso il condannato a mezzo del proprio difensore formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione. Il difensore lamenta che la Corte di Appello, nel ritenere che nel caso di specie non vi fosse la prova del fatto che l' imputato non avesse avuto conoscenza del procedimento e che in ogni caso vi fosse la prova positiva che la eventuale mancata conoscenza del processo non era dovuta a sua incolpevole ignoranza, sarebbe andata di contrario avviso rispetto ai principi dettati dalla sentenza SS UU n. 23948 del 28 novembre 2019, secondo la quale ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio da parte dell' indagato, dovendo il giudice verificare anche che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l' indagato, tale da far ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. Nell'ordinanza impugnata la Corte aveva esaltato, ai fini della prova della conoscenza, una serie di indici attinenti esclusivamente alla fase delle indagini preliminari ed al contenuto dell'accusa, e non anche, come invece sarebbe stato necessario, attinenti alla celebrazione del processo.
 
3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Giuseppina Casella, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso.
 
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di specificità.
 
5. Ai sensi dell'art. 629 bis c.p.p., nella formulazione in vigore al momento della pronuncia dell'ordinanza impugnata (prima della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 10 ottobre 2022 n. 150, art. 37, comma 1, a decorrere dal 30 dicembre 2022, D.L. 31 ottobre 2022 n. 162, ex art. 6), il condannato con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato, qualora provi che l'assenza è dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
 
Per espressa disposizione legislativa, dunque, è il condannato che deve dare prova non solo di non aver avuto conoscenza della celebrazione del processo, ma anche che tale mancata conoscenza non sia dipesa da sua colpa.
 
6.La Corte territoriale ha ritenuto che negli atti non vi fosse prova del fatto che l' imputato non avesse avuto conoscenza del procedimento e che invece vi fosse la prova positiva che la eventuale e indimostrata mancata conoscenza non fosse dovuto ad ignoranza incolpevole. A tal fine la Corte ha rilevato che:

- il 19 giugno 2014, alle ore 1.30, A.A., era stato sottoposto a perquisizione personale ed in tale occasione aveva ricevuto tutti gli avvisi di legge, perchè presunto responsabile di un furto aggravato commesso alcune ore prima; la perquisizione aveva avuto esito positivo, essendo stati rinvenuti in possesso dell'odierno ricorrente -e dunque sottoposti a sequestro- le carte di credito e il bancomat contenuti nella borsetta rubata e gli scontrini degli acquisti effettuati da A.A., utilizzando proprio quei mezzi di pagamento;
- il 20 giugno 2014, alle ore 1.45, A.A., era stato compiutamente identificato presso la Caserma dei
Carabinieri Miramare di Rimini, in quanto formalmente indagato per il delitto di furto aggravato; in occasione dell' identificazione, A.A., era stato invitato a nominare difensore di fiducia ed
eleggere/dichiarare domicilio per le notificazioni: in assenza di una nomina fiduciaria, era a lui stato assegnato un difensore d'ufficio, l'Avv. RT; nell' impossibilità di dichiarare domicilio, in quanto senza fissa dimora, e avvisato che in mancanza di elezione/dichiarazione di domicilio tutte le notificazioni sarebbero state effettuate mediante consegna di copia al difensore, A.A. aveva eletto domicilio per le notificazioni presso il difensore d'ufficio; nella stessa occasione gli erano stati comunicati il nominativo e i recapiti (indirizzo e numero di telefono) del difensore d'ufficio assegnatogli, Avv. RT; egli, al contrario, non aveva fornito alcuna modalità per essere rintracciato, nè un recapito telefonico;
- il difensore d'ufficio, che era risultato sempre presente nel corso del processo di primo grado, svoltosi in assenza dell'A.A., non aveva mai rappresentato di non aver intrattenuto rapporti con il proprio assistito ed anzi ne aveva richiesto l'esame;
- nella istanza di rescissione non vi era alcun cenno dell'assenza di contatti dell'Avv. RT, con l'allora imputato, nè era stata dedotta alcuna circostanza idonea a comprovare che A.A. ver Sas se nell' impossibilità di contattare il difensore d'ufficio, di instaurare e mantenere con quest'ultimo un rapporto e, quindi, di informarsi sull'iter del procedimento.

Sulla base di tali elementi la Corte di Appello ha rigettato la richiesta di rescissione, evidenziando che l' imputato non aveva provato l'assenza di colpa nella mancata conoscenza del processo ed anzi che ladisponibilità da parte di A.A., del recapito e dell' indirizzo del difensore che gli era stato assegnato dovevano essere ritenuti indicativi di una sua grave negligenza rispetto alla conoscenza della vicenda processuale.

La decisione impugnata è conforme all' indirizzo secondo cui l'ignoranza incolpevole non deve essere valutata in relazione ai singoli atti della progressione processuale, dato che la conoscenza della esistenza del procedimento, seppur provata in relazione ad una fase germinale dello stesso, genera un onere di diligenza che si esprime anche nel dovere di mantenere i contatti con il difensore (sia esso di fiducia, che di ufficio). Una diversa interpretazione - che implichi la presunzione secondo cui solo in caso di nomina di difensore di fiducia possa ritenersi la conoscenza degli atti processuali rivolti all' imputato che presso il primo abbia eletto domicilio, mentre non potrebbero ritenersi parimenti conosciuti gli atti notificati presso il difensore d'ufficio, nonostante l'elezione di domicilio – si presterebbe, secondo tale orientamento, al facile abuso del processo, potendo in questo modo l' interessato diversamente atteggiarsi secondo l'esito del giudizio, anche avvantaggiandosi del decorrere del tempo e della sua incidenza sulla prescrizione (Sez. 4 n. 10238 del 03/03/2020, Rv. 278648).
 
7. Il ricorso in esame si è limitato a reiterare lo stesso generico argomento già proposto in sede di istanza di rescissione, fondato sulla notifica del decreto di citazione presso il difensore di ufficio domiciliatario (insufficiente secondo il dictum di SS UU n. 23948 del 28 novembre 2019, Ismail a fondare la dichiarazione di assenza ex art. 420 bis c.p.p.), e non si è confrontato con il percorso argomentativo adottato dalla Corte. In particolare il ricorrente ha ribadito nuovamente di non aver avuto conoscenza della vocatio in iudicium, ma nulla ha dedotto, come invece sarebbe stato necessario, in merito alla circostanza per cui la mancata conoscenza non sarebbe dipesa da una sua negligenza. Sotto tale ultimo profilo all'argomento utilizzato nella ordinanza impugnata per il quale il condannato, dopo essere stato fermato, perquisito e informato dell' indagine a suo carico in ordine al delitto di furto aggravato ed indebito utilizzo di carte di credito, aveva eletto domicilio presso un difensore di ufficio del quale gli erano stati forniti tutti gli utili recapiti, il ricorrente nulla ha opposto e nulla ha replicato in ordine alla incolpevole mancata conoscenza del processo.
 
8. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non ver S a s se in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. motivazione semplificata.
 
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2023