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Inconsapevole nel processo, ma può essere prosciolto (Cass. 34575/13)

8 agosto 2013, Cassazione penale

Il provvedimento di sospensione non va adottato e, se già disposto, va revocato laddove vi siano le condizioni per emettere nei confronti dell'imputato una sentenza a lui favorevole: situazioni nelle quali, prevalendo il principio del favor rei, la possibilità di una definizione del processo con una decisione vantaggiosa per l'imputato, ne giustifica la prosecuzione sulla base di una sorta di fictio di capacità processuale dell'imputato che si trova in una situazione di impedita autodifesa, al cui apporto difensivo è possibile, perciò, in via del tutto eccezionale, ragionevolmente rinunciare.

Il legislatore non tutela l'interesse in sè alla regolarità della costituzione e dello svolgimento del rapporto processuale - dovendo lo stesso, di regola, fare capo ad un soggetto capace di partecipare coscientemente al procedimento che lo riguarda e, così, di esercitare anche personalmente il diritto di difesa - bensì tutela quell'interesse se e quando lo stesso sia funzionale alla protezione piena dei diritti e delle facoltà dell'imputato (ovvero della persona sottoposta alle indagini).

L'istituto della sospensione del procedimento ha come suo scopo che l'imputato o l'indagato psichicamente incapace non venga giudicato in malam partem, con la conseguenza che deve escludersene la operatività in tutti i casi in cui sia possibile l'adozione di un provvedimento di definizione del procedimento favorevole allo stesso imputato: tanto si desume chiaramente dal dettato dell'art. 70 c.p.p., comma 1 e art. 71 c.p.p., comma 1, ma indirettamente anche dalle disposizioni contenute nell'art. 70, e art. 71, comma 4, che consentono al giudice, durante l'espletamento della perizia finalizzata ad accertare l'eventuale stato di incapacità processuale dell'imputato, come durante la già disposta sospensione del procedimento, di assumere comunque le prove che possano condurre al proscioglimento dell'imputato medesimo.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(data ud. 04/07/2013) 08/08/2013, n. 34575

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MILO Nicola - Presidente -

Dott. SERPICO F. - Consigliere -

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere -

Dott. APRILE Ercole - Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetan - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino;

nel procedimento nei confronti di:

G.F.T., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 13/07/2012 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ercole Aprile;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Fraticelli Mario, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con l'ordinanza sopra indicata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino rigettava la richiesta del P.M. di sospensione del procedimento penale a carico di G.F. T., sottoposto ad indagini in relazione ai reati di cui all'art. 336 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 4.

Rilevava quel Giudice come, benchè fosse risultato dimostrato che il G. si trovasse in condizioni di salute mentale tali da impedirgli di partecipare coscientemente al procedimento, la richiesta del P.M. dovesse essere disattesa dato che - essendo stato accertato che, all'epoca di commissione dei reati, il prevenuto fosse totalmente incapace di intendere e di volere e che, in seguito, fosse venuto meno qualsivoglia sua pericolosità sociale - la sospensione sine die avrebbe pregiudicato l'imputato che, invece, ben avrebbe potuto beneficiare dell'adozione di una sentenza di proscioglimento, non dovendo essere sottoposto all'applicazione di alcuna misura di sicurezza personale.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino il quale, nel dedurre la violazione di legge in relazione all'art. 71 c.p.p., ha evidenziato la erroneità di una decisione emessa in una situazione nella quale, accertata l'assoluta incapacità dell'indagato di partecipare coscientemente al procedimento, la sospensione dello stesso procedimento era atto dovuto per l'impossibilità di ritenere costituito un valido rapporto processuale.

3. Con requisitoria scritta depositata il 14/05/2013 il Sostituto Procuratore generale in sede ha chiesto l'accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata.

4. Il ricorso è infondato.

Anche a voler superare la obiezione che l'ordinanza di rigetto di una richiesta di sospensione del procedimento, avanzata ai sensi dell'art. 71 c.p.p., non dovrebbe essere impugnabile - dato che il comma 3 di tale articolo, nel prevedere la possibilità di ricorrere per cassazione "contro l'ordinanza", sembrerebbe far riferimento esclusivamente al provvedimento con il quale è disposta la sospensione, adottato ai sensi dei precedenti commi 1 e 2 dello stesso art. 71 (in questo senso Sez. 3, n. 20296 del 26/04/2012, Bonini, Rv. 252765; Sez. 1, n. 9676 del 19/02/2004, Santapaola, Rv. 227232) - tenuto conto che si porrebbe, comunque, la necessità di verificare l'eventuale impugnabilità del provvedimento per abnormità, va detto che l'ordinanza impugnata appare adottata nel pieno rispetto della normativa processuale di riferimento.

Ed infatti, l'art. 71 c.p.p., comma 1, nello stabilire che "se risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso", prevede che tale provvedimento di sospensione debba essere emesso "sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere".

In altri termini, il legislatore non tutela l'interesse in sè alla regolarità della costituzione e dello svolgimento del rapporto processuale - dovendo lo stesso, di regola, fare capo ad un soggetto capace di partecipare coscientemente al procedimento che lo riguarda e, così, di esercitare anche personalmente il diritto di difesa - bensì tutela quell'interesse se e quando lo stesso sia funzionale alla protezione piena dei diritti e delle facoltà dell'imputato (ovvero della persona sottoposta alle indagini). Come la dottrina ha argutamente sottolineato, l'istituto della sospensione del procedimento ha come suo scopo che l'imputato o l'indagato psichicamente incapace non venga giudicato in malam partem, con la conseguenza che deve escludersene la operatività in tutti i casi in cui sia possibile l'adozione di un provvedimento di definizione del procedimento favorevole allo stesso imputato: tanto si desume chiaramente dal dettato dell'art. 70 c.p.p., comma 1 e art. 71 c.p.p., comma 1, ma indirettamente anche dalle disposizioni contenute nell'art. 70, e art. 71, comma 4, che consentono al giudice, durante l'espletamento della perizia finalizzata ad accertare l'eventuale stato di incapacità processuale dell'imputato, come durante la già disposta sospensione del procedimento, di assumere comunque le prove che possano condurre al proscioglimento dell'imputato medesimo.

Nè va trascurato che, a mente dell'art. 72, comma 2, la sospensione va revocata con ordinanza anche quando, pur permanendo lo stato di incapacità dell'imputato a partecipare coscientemente al processo, il giudice rilevi che vi sono le condizioni per pervenire ad una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei riguardi di quell'imputato.

L'interpretazione logico-sistematica delle norme appena considerate consente, dunque, di affermare che il provvedimento di sospensione non va adottato e, se già disposto, va revocato laddove vi siano le condizioni per emettere nei confronti dell'imputato una sentenza a lui favorevole: situazioni nelle quali, prevalendo il principio del favor rei, la possibilità di una definizione del processo con una decisione vantaggiosa per l'imputato, ne giustifica la prosecuzione sulla base di una sorta di fictio di capacità processuale dell'imputato che si trova in una situazione di impedita autodifesa, al cui apporto difensivo è possibile, perciò, in via del tutto eccezionale, ragionevolmente rinunciare.

Alla luce di tale regula iuris va rilevata la correttezza della scelta operata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, avendo lo stesso riconosciuto, con un provvedimento che non ha creato alcuno stallo procedimentale, l'esistenza di tutte le condizioni per l'emissione di una sentenza di non doversi procedere nei riguardi dell'imputato G., pacificamente risultato sì incapace, per un sopravvenuto aggravarsi delle sue già precarie condizioni di salute psichica, di attendere coscientemente al suo procedimento, ma anche non imputabile al momento della commissione dei reati addebitati, nonchè non più pericoloso socialmente, dunque non suscettibile dell'applicazione pregiudizievole di una misura di sicurezza personale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2013