Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Incidente: rifiuto test etilometrico non comporta revoca della patente (Cass. 57711/18)

20 dicembre 2018, Cassazione penale

In riferimento al reato di rifiuto, di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada non è configurabile la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, conducendo un veicolo in stato di ebbrezza, poiché manca il dato fattuale necessario perché possa sussistere l’elemento circostanziale richiesto dal comma 2-bis, cioè a dire l’accertamento dello "stato di ebbrezza", in cui versa il conducente del veicolo nel momento in cui provoca un incidente stradale. In altre parole, il responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada non è da considerarsi, secondo quanto testualmente affermato dalle Sezioni Unite, "conducente in stato di ebbrezza" ex lege, concetto che costituisce elemento costitutivo dell’aggravante in esame.

 

Corte di Cassazione

 sez. IV Penale,

sentenza n. 57711/18

udienza 5 dicembre – deposito 20 dicembre 2018

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente riformato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rimini il 14/12/2015, che aveva dichiarato R.M. responsabile del reato previsto dall’art. 186, comma 7, d. lgs. 30 aprile 1992, n.285 con l’aggravante di aver cagionato un sinistro stradale, commesso in (omissis) , condannandolo alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 2.400,00 di ammenda con revoca della patente di guida e confisca dell’autovettura. La Corte territoriale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio in mesi quattro di arresto ed Euro 1.600,00 di ammenda ed ha disposto la sospensione condizionale della pena.

2. R.M. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) illogicità e mera apparenza della motivazione, trattandosi di motivazione avulsa dalle contingenze processuali. I giudici di merito hanno ritenuto che la mancata insufflazione nel dispositivo etilometrico fosse indice di mala fede, trascurando le condizioni personali del ricorrente, ottuagenario privo di un arto inferiore; la motivazione è illogica nella parte in cui ha sostenuto che l’imputato avrebbe potuto proporre agli inquirenti una modalità alternativa per la verifica del tasso alcolemico;

b) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada e vizio di motivazione sul punto; nonostante la difesa avesse devoluto la questione inerente alla sussistenza della circostanza aggravante la Corte territoriale ha respinto l’istanza ignorando il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con sent. n. 46625/15 e confermando l’aumento di pena e la sanzione accessoria della revoca della patente.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1. Deve premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, per cui, sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità, deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (Sez. U, n.6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 19122901).

1.2. I giudici di merito hanno correttamente qualificato come rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolemico la condotta dell’imputato, che "fingeva di soffiare nell’apparecchio o vi immetteva volutamente aria insufficiente", ritenendo con motivazione insindacabile in quanto non manifestamente illogica che la dinamica e gli effetti del sinistro, non particolarmente traumatici, non giustificassero l’asserito turbamento psicologico al quale sarebbe stata ascrivibile, secondo la difesa, l’incapacità di soffiare nell’apparecchio.

1.3. La Corte ha, dunque, ritenuto, in conformità al giudice di primo grado, che il comportamento dell’imputato fosse sussumibile nella fattispecie astratta che prevede la rilevanza penale del rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico, interpretando come rifiuto la condotta sostanzialmente elusiva del metodo idoneo a consentire la rilevazione. Si tratta di corretta qualificazione giuridica del fatto espressa con motivazione esente da vizi, non essendo previsto che la condotta tipica del reato si debba concretare in un rifiuto verbale. Giova, in proposito, ricordare che nella giurisprudenza della Corte di legittimità è stata ritenuta sussumibile nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 186, comma 7, cod. strada anche la condotta ammissiva dello stato di ebbrezza, indirettamente espressiva del rifiuto di sottoporsi all’accertamento (Sez. 4, n. 5409 del 27/01/2015, Avondo, Rv. 26216201; Sez. 4, n. 36566 del 18/09/2006, Baruffaldi, Rv. 23537101; Sez. 4, n. 3444 del 12/11/2003, dep. 2004, Simoncelli, Rv. 22978401).

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

2.1. La sentenza impugnata ha confermato sia l’incremento della sanzione pecuniaria applicato dal giudice di primo grado per la circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada sia la sanzione accessoria della revoca della patente di guida, operando la riduzione per le circostanze attenuanti generiche sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.

2.2. Il predetto trattamento sanzionatorio si pone in contrasto con il principio affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 46625 del 29/10/2015, Zucconi, Rv. 26502501), posto che l’aggravante di cui si tratta deve ritenersi ontologicamente incompatibile rispetto alla specifica fattispecie di reato prevista dall’art. 186, comma 7, cod. strada per il caso in cui il conducente rifiuti di sottoporsi al test strumentale; il dato di ordine testuale evidenzia la diversità strutturale tra l’azione di condurre un veicolo "in stato di ebbrezza", che integra l’elemento specializzante richiesto dalla circostanza aggravante, e quella di rifiutarsi "di sottoporsi all’accertamento di tale stato".

In riferimento al reato di rifiuto, di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada, in altre parole, non è configurabile la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, conducendo un veicolo in stato di ebbrezza, poiché manca il dato fattuale necessario perché possa sussistere l’elemento circostanziale richiesto dal comma 2-bis, cioè a dire l’accertamento dello "stato di ebbrezza", in cui versa il conducente del veicolo nel momento in cui provoca un incidente stradale. In altre parole, il responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada non è da considerarsi, secondo quanto testualmente affermato dalle Sezioni Unite, "conducente in stato di ebbrezza" ex lege, concetto che costituisce elemento costitutivo dell’aggravante in esame.

2.3. A ciò si aggiunga che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche avrebbe imposto il giudizio di bilanciamento previsto dall’art. 69 cod. pen., non potendosi estendere alla circostanza aggravante, comunque erroneamente applicata, il divieto previsto dall’art. 186, comma 2-septies, cod. strada.

3. Conclusivamente, rigettato il ricorso con riguardo al primo motivo di censura, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2 bis, cod. strada, con riduzione del trattamento sanzionatorio secondo quanto indicato in dispositivo, nonché sul punto concernente la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, che deve essere eliminata.

Tenuto conto della scelta del giudice di merito di irrogare la sanzione penale in misura pari al minimo edittale, può procedersi ai sensi dell’art. 620 lett. i) cod.proc.pen. a determinare la misura della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente nel minimo edittale.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, nonché alla revoca della patente di guida, statuizione che elimina.

Ridetermina la pena in mesi quattro di arresto ed Euro mille di ammenda. Dispone la sospensione della patente di guida di R.M. per la durata di mesi sei.

Rigetta nel resto il ricorso.