Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Imputato assolto ma la querelante .. non paga per la querela infondata (ass. 21041/22)

30 maggio 2022, Corte di Cassazione

Il querelante, qualora il querelato sia assolto perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, e la parte civile costituita, se la domanda viene rigettata o l'imputato è assolto per una causa diversa dal difetto di imputabilità, sono condannati, ove ne sia fatta richiesta, alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e, in caso di colpa grave, al risarcimento del danno a questi causato.

 Nel caso in cui ricorrano "giustificati motivi" (così l'art. art. 541 cod. proc. pen.) o "giusti motivi" (così l'art. 427 anche richiamato dall'art. 542 cod. pro. pen.) il giudice può disporre la  compensazione totale o parziale delle spese.

 Le formule citate, lette in una corretta prospettiva di sistema, fanno riferimento a situazioni che esulano dalla fisiologica dialettica processuale.

 Le stesse infatti sono da intendersi nel senso che le ragioni per le quali il giudice può disporre la compensazione devono essere "gravi ed eccezionali".

 La verifica circa il rilievo da attribuire in concreto alle peculiari situazioni che si possono verificare nel corso del processo, d'altro canto, in assenza di una specifica tipizzazione, è affidato al prudente apprezzamento del giudice che è tenuto a motivare sul punto evidenziando gli elementi sui quali ha fondato la propria conclusione.

La lista testi depositata fuori udienza dalla persona offesa prima che la stessa si costituisca parte civile non determina l'inammissibilità della stessa e le dichiarazioni rese dai testimoni, comunque ammessi dal giudice, sono utilizzabili.

Corte Suprema di Cassazione

Sez. II penale 21041 Anno 2022

Presidente: CAMMINO MATILDE

Relatore: MONACO MARCO MARIA

Data Udienza: 24/02/2022 - deposito 30 maggio 2022

  SENTENZA

 sul ricorso proposto da:

ZR nato il **/1971

avverso la sentenza del 20/05/2020 del TRIBUNALE di LIVORNO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;

lette le conclusioni del Procuratore Generale;

lette le conclusioni del difensore.

 RITENUTO IN FATTO

 Il TRIBUNALE di LIVORNO, con sentenza pronunciata il 20/5/2020, ha assolto ZR in relazione ai reati di cui agli artt. 640 e 485 cod. pen. con la formula perché il fatto non sussiste e ha respinto la richiesta da questa presentata di condannare la parte civile costituita, FE, ai sensi degli artt. 541 e 542 cod. proc. pen.

 1. Avverso la sentenza e l'ordinanza del 5/10/2016 ha proposto ricorso l'imputata che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi. 

1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 120, 485 e 640 cod. pen. e 427 e 542 nonché 468 cod. proc. pen. con riferimento al rigetto della domandadi condannare la querelante alla rifusione delle spese legali e a risarcire il danno causato all'imputata. Nel primo motivo la difesa rileva che il rigetto della domanda presentata dall'imputata si fonderebbe su di una motivazione carente e illogica che prenderebbe le mosse dalla valutazione, peraltro superficiale, delle dichiarazioni rese dai testimoni della parte civile che non avrebbero dovuto essere sentiti. La lista testi della parte civile, infatti, sarebbe stata sottoscritta da un difensore che allo stato era nominato in aggiunta, e quindi come secondo difensore, della persona offesa. Circostanza questa che renderebbe del tutto inefficace l'atto e, di conseguenza, i testi non avrebbero dovuto essere ammessi e quanto da loro riferito sarebbe inutilizzabile. Sotto altro profilo, d'altro canto, la motivazione con la quale la richiesta dell'imputato, è stata respinta, a fronte di un inequivoco dettato normativo, sarebbe carente.

 1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 185 cod. pen. e 78 e 541, comma 2 cod. proc. pen. con riferimento al rigetto della domanda di condannare la parte civile alla rifusione delle spese legali e a risarcire il danno causato all'imputata. Nel secondo motivo la difesa, anche richiamando gli articoli 91 e 92 cod. proc. civ. e la giurisprudenza sui punto, evidenzia che il rigetto della domanda sarebbe errato e fondato su di una motivazione del tutto carente.

A fronte della ritenuta riferibilità alla parte civile della sottoscrizione apposta all'ordine dei lavori e agli altri elementi acquisiti, infatti, sarebbe chiaramente emersa la colpa grave della parte civile/querelante e che la lite, pertanto, in analogia con l'art. 96 cod. proc. pen. era nella sostanza "temeraria".

2. In data 9 febbraio 2022 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte nelle quali il Procuratore Generale, Sost. dott. Ettore Pedicini, chiede l'annullamento con rinvio.

3. In data 15 febbraio 2022 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali l'avv. F insiste per l'accoglimento del ricorso. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 Il ricorso è infondato.

 1. Nei due motivi di ricorso la difesa deduce, in sintesi, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al rigetto della domanda di condannare la querelante, costituita parte civile, alla rifusione delle spesse legali sostenute dall'imputata e a risarcire il danno da questa subito.

La censura, in prima battuta, prende le mosse dalla considerazione che la motivazione sul punto si fonderebbe anche sulle dichiarazioni rese dai testi della parte civile che, di contro, sarebbero inutilizzabili in quanto questi, indicati in una lista testi sottoscritta da un difensore nominato "in aggiunta" dalla persona offesa e pertanto privo di legittimazione, non avrebbero dovuto essere ammessi. Le doglianze sono complessivamente infondate.

 1.1. La circostanza che la lista testi sia depositata fuori udienza dalla persona offesa prima che la stessa si costituisca parte civile non determina l'inammissibilità della stessa e le dichiarazioni rese dai testimoni, comunque ammessi dal giudice, sono utilizzabili. Come più volte anche ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, la persona offesa ha la facoltà di indicare testimoni avvalendosi dei poteri riconosciutigli dall'art. 90 cod. proc. pen., anche prima della costituzione di parte civile e, laddove si costituisca, ha il diritto all'ammissione delle prove testimoniali indicate nella lista già utilmente depositata nei termini di cui all'art. 468, comma 1 cod. proc. pen., essendo l'imputato stato posto nella condizione di conoscere l'ambito di indagine rispetto al quale organizzare la propria difesa in dibattimento (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 27388 del 21/02/2018, Di Taranto, Rv. 273411; Sez. 5, n. 28748 del 08/06/2005, Neroni, Rv. 232297 e anche Sez. 3, n. 16868 del 08/03/2005, Di Giovannantonio, Rv. 231983 per la quale "la costituzione di parte civile al dibattimento, in tempo non più utile per la presentazione delle liste ex art. 468, comma primo, cod. proc. pen., non può privare la parte civile del diritto di chiedere prove, ai sensi dell'art. 493, comma terzo, cod. proc. pen.") Per altro verso, d'altro canto, non assume alcun rilievo la circostanza che nel caso di specie la lista testi sia stata sottoscritta da un difensore allo stato nominato "in aggiunta" al primo.

 La successiva costituzione di parte civile in dibattimento, peraltro avvenuta a mezzo proprio del medesimo difensore munito di procura speciale, infatti, impone di ritenere che l'atto fosse comunque riferibile alla persona offesa e, pertanto, che sia stato validamente presentato nei termini di legge.

 Quanto all'ammissibilità dei testimoni e all'utilizzabilità delle dichiarazioni da questi rese, infine, è in ogni caso opportuno ribadire che l'eventuale inammissibilità della lista testi di una delle parti non fa venir meno la facoltà da parte del giudice di utilizzare, a norma dell'articolo 507 cod. proc. pen., i testi contenuti nella lista da questa presentata quando la loro assunzione appaia decisa (in termini analoghi cfr. Sez. 5, n. 6229 del 21/12/1999, dep. 2000, Bartolucci, Rv. 216241).

 1.2. La pronuncia in ordine alle spese e al risarcimento del danno è corretta e la motivazione sul punto non è manifestamente illogica.

 A norma degli articoli 541, 542 e 427 cod. proc.pen. il querelante, qualora il querelato sia assolto perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, e la parte civile costituita, se la domanda viene rigettata o l'imputato è assolto per una causa diversa dal difetto di imputabilità, sono condannati, ove ne sia fatta richiesta, alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e, in caso di colpa grave, al risarcimento del danno a questi causato.

 Nel caso in cui ricorrano "giustificati motivi" (così l'art. art. 541 cod. proc. pen.) o "giusti motivi" (così l'art. 427 anche richiamato dall'art. 542 cod. pro. pen.) il giudice può disporre la  compensazione totale o parziale delle spese.

 Le formule citate, lette in una corretta prospettiva di sistema, fanno riferimento a situazioni che esulano dalla fisiologica dialettica processuale.

 Le stesse infatti -come di recente evidenziato prendendo le mosse da quanto disposto dall'art. 92 cod. proc. civ. a seguito della sentenza dalla Corte costituzionale del 7 marzo 2018, n. 77- sono da intendersi nel senso che le ragioni per le quali il giudice può disporre la compensazione devono essere "gravi ed eccezionali" (Sez. 6, n. 35931 del 24/06/2021, Daidone, Rv. 282110)

 La verifica circa il rilievo da attribuire in concreto alle peculiari situazioni che si possono verificare nel corso del processo, d'altro canto, in assenza di una specifica tipizzazione, è affidato al prudente apprezzamento del giudice che è tenuto a motivare sul punto evidenziando gli elementi sui quali ha fondato la propria conclusione.

 Nel caso di specie il Tribunale, se pure in termini da ultimo sintetici, con il riferimento allo svolgimento dei fatti e allo stato di salute della persona offesa che era convinta in buona fede di essere stata raggirata, ha dato complessivo e sufficiente conto dei motivi per i quali ha respinto la domanda di condanna della F ai sensi degli articoli 541 e 542 cod. proc. pen.

 Ragione questa per cui, in conclusione, la decisione, corretta quanto all'applicazione dei criteri previsti dalle norme e che non risulta palesemente illogica, non è sindacabile in questa sede.

 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 P.Q.M.

 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma 24/2/2022 – 30/05/2002