Commette reato chi rovista nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompendole ed asporti quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via: perché ciò imbratta il suolo pubblico in modo tale da renderlo sudicio, con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE - SENTENZA 22 giugno 2018, n.29018 - Pres. Davigo – est. Ariolli
Ritenuto in fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ricorre per cassazione avverso la sentenza in data 12/9/2017 del G.I.P. che, in sede di richiesta di decreto penale di condanna, ha dichiarato, ai sensi dell’art. 129 e 459, comma 3, cod. proc. pen., non doversi nei confronti di E.D. in ordine al delitto di cui all’art. 639, comma 2, cod. pen. perché il fatto non sussiste.
1.1. Deduce il ricorrente la violazione di legge e la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che il G.I.P., pur avendo riconosciuto che l’imputato è stato autore del deturpamento e dell’imbrattamento contestati, ha escluso la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, facendo leva sulla natura isolata della condotta e nell’intenzione di disfarsi dei materiali (dapprima estrapolati dai sacchi della spazzatura ed a lui non utili e quindi poi abbandonati sul suolo pubblico). Al riguardo, osserva, invece, come la fattispecie non richieda alcuna abitualità della condotta e neppure il fine di distruggere il bene, essendo sufficiente la coscienza e volontà di cagionare il deturpamento.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
2.1. Va anzitutto precisato che corretta risulta la qualificazione giuridica del fatto operata dal giudice del merito, mentre errate sono le conclusioni raggiunte in punto di esclusione dell’elemento soggettivo.
2.1.1. Integra, infatti, il delitto di cui all’art. 639, comma 2, cod. pen., la condotta di chi, dopo aver rovistato nelle buste dei rifiuti conferiti in regime di raccolta differenziata, al fine di asportare quanto di suo interesse, rompa le buste che lì contengono ed asporti quanto a lui utile, abbandonando il resto sulla pubblica via, in ragione del pregiudizio dell’estetica e della pulizia conseguente, risultando imbrattato il suolo pubblico in modo tale da renderlo sudicio, con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini (sulla particolare natura della condotta del reato di cui all’art. 639 cod. pen. vedi Sez. 2, n. 5828 del 24/10/2012, dep. 6/2/2013, Rv. 255241 e sulla differenza con il danneggiamento Sez. 2, n. 2768 del 2/12/2008, dep. 21/1/2009, Rv. 242708).
2.1.2. La circostanza che l’agire dell’imputato sia stato sorretto dalla 'semplice' volontà di disfarsi momentaneamente, ovvero, accantonare, i materiali che non erano a lui più utili, non vale però ad escludere l’elemento soggettivo del reato, ciò attenendo alle ragioni che lo hanno spinto a delinquere, profilo estraneo all’accertamento del dolo che, invece, investe la verifica della previsione e volontà del fatto tipico, cioè di tutti gli elementi oggettivi della fattispecie di reato. Trattandosi di dolo generico è indifferente per l’esistenza del reato il fine per cui il soggetto agisce, occorrendo soltanto che questi si sia rappresentato l’evento dannoso ed abbia agito di conseguenza. Nel caso in esame, dalla stessa ricostruzione del fatto operata dal giudice del merito risulta che l’imputato pose in essere un comportamento, quale quello di selezionare, accantonare e poi lasciare i materiali che non erano di suo 'gradimento' sulla pubblica via, logicamente espressivo proprio dell’intento di deturpare ed imbrattare.
2.2. Né, infine, può escludersi il dolo in ragione della natura episodica della condotta, tenuto conto che la fattispecie non richiede affatto una ripetizione dei comportamenti (verificandosi il momento consumativo del reato proprio con il prodursi dell’effetto di imbrattamento o di deturpamento) e che l’abbandono ormai diffuso e sistematico dei rifiuti che non formano oggetto di diretto 'interesse' da parte di chi rovista nei cassonetti, ha conferito all’incriminazione quella 'dannosità sociale' sufficiente ad attribuirle legittimazione sostanziale e, dunque, in assenza di elementi negativi del fatto o cause di esclusione della pena, a rendere ragionevole l’applicazione di una sanzione penale.
- Va, pertanto, annullata senza rinvio la sentenza impugnata, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Salerno per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Salerno per l’ulteriore corso.