Illegittimo per i giudici di merito attingere ad un dato conoscitivo attraverso la consultazione in camera di consiglio della rete internet (qui: google maps). Si tratta di un canale di conoscenza attivato fuori dal contraddittorio processuale e che, dunque, ha permesso di acquisire unilateralmente dati informativi, determinando l'impiego di prove diverse da quelle acquisite nel dibattimento e nel contraddittorio delle parti, in violazione dell'art. 526 cod. proc. pen.. Non vale in proposito richiamare la categoria del notorio. Ciò perchè l'introduzione dell'elemento conoscitivo ha richiesto nel caso di specie lo sviluppo di un'attività acquisitiva di tipo cd. costituendo, che ha contribuito a fissarne il contenuto e l'oggetto dimostrativo.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Sez. I, Sent., (data ud. 20/05/2016) 01/09/2016, n. 36315
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo - Presidente - Dott. CAIRO Antonio - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.P., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 6/2015 CORTE ASSISE APPELLO di MILANO, del 23/04/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
Udito il Dott. Maria Francesca Loy, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il Difensore Avvocato CC che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte d'assise d'appello di Milano il 23 aprile 2015 ha confermato la decisione della Corte d'Assise di Pavia con cui il 9 maggio 2014, all'esito del celebrato dibattimento, previa esclusione della contestata recidiva, era stata inflitta al P.P. la pena dell'ergastolo, con isolamento diurno, per l'omicidio di L.G.. Il delitto era aggravato, perchè commesso in concorso con il figlio della vittima ed in presenza della circostanza di cui all'art. 61 c.p., n. 4, avendo agito i concorrenti provocando sevizie e con crudeltà verso la vittima. Erano state, invero, indotte al L. sofferenze prolungate, prima con calci e pugni al volto e, poi, legandolo, in modo da immobilizzarlo, per sottoporlo all'azione delle fiamme, ancora in vita.
1.1. L.G. era stato percosso violentemente all'interno dell'abitazione del figlio L.V., nel Villaggio (OMISSIS). La vittima era stata, infatti, vista per l'ultima volta la mattina del 2 luglio 2003, allorquando aveva fatto ivi ingresso, accompagnata dal figlio stesso e da altre persone. Poi, ancora in vita, era stata trasportata in (OMISSIS) ove il suo corpo, all'interno del cofano della vettura, era stato dato alle fiamme.
L'antefatto risulta ricostruito dai giudici del merito premettendo quanto segue.
L.V. era figlio di G. e di S.E.. Costei, all'epoca dei fatti, era diventata moglie di P.C., fratello dell'odierno imputato. L.G., dal suo canto, aveva sposato S.O., donna di cittadinanza rumena, che aveva fatto ritorno nella terra d'origine ove viveva unitamente al L.G.. La S., tuttavia, era fuggita dalla Romania, lasciando il marito ed avendo, tra l'altro, allacciato una relazione con il figlio di costui, V..
La sera prima dell'omicidio (l'(OMISSIS)) la S., presso l'Hotel Le Valli, aveva incontrato L.V.. Si annota nel provvedimento impugnato che vi sarebbe giunto anche P.P.. L.G. aveva minacciato duramente la donna, intimandole di tornare da lui. La S., tuttavia, aveva riferito l'accaduto al L.V., pur avendolo invitato a non perdere la calma.
Il probabile movente dell'omicidio era stato, dunque, collegato ai rapporti burrascosi tra la S. ed il L.G. stesso, oltre che a quelli di natura non dissimile tra costui ed il figlio.
Dalla sera del primo luglio e sino all'incendio della vettura, avvenuto prima delle 13,49 del giorno successivo, P.P. era rimasto in compagnia dei fratelli e del medesimo L.V..
La conclusione era stata ritratta da una serie di elementi.
Si è premesso che P.P. aveva, innanzitutto, utilizzato l'utenza telefonica nr. (OMISSIS) nel periodo di riferimento. Unico arco temporale in cui non risultava utilizzato il telefono era quello compreso tra il (OMISSIS) (dopo il delitto) ed il (OMISSIS). Egli aveva, ancora, ricevuto una chiamata sull'utenza il (OMISSIS) alle ore 17,02 (da una collega di lavoro, tale Pi.Ma.). La sera del primo luglio alle 23,56 con quell'utenza P.P., osservavano i giudici di merito, aveva chiamato la moglie, agganciando la cella di villa (OMISSIS). Tre minuti prima la S., che era in compagnia di L.V. e di P.C., aveva agganciato con il suo cellulare la medesima cella. Il telepass sulla vettura del L.V. attestava, altresì, che alle 23,17 egli era uscito al casello di (OMISSIS). Il dato era ritenuto convergente con la dichiarazione della S. stessa, che aveva affermato di aver incontrato quella sera L.V. e P.C., in compagnia di altre persone. Per tutta la notte del (OMISSIS) i telefoni di L.V., P.C. e P.P. avevano agganciato la cella di via (OMISSIS) ove era l'abitazione del primo. La sera del (OMISSIS) il telefono di P.P. era stato utilizzato per effettuare due chiamate. L'una alla propria moglie e l'altra a quella del fratello, G.. Le chiamate in uscita agganciavano una cella in Brescia; in risposta, di converso, si abbinavano alle celle nella provincia di Milano, rispondenti alle abitazioni dei due fratelli P..
Ancora, era annotato come l'arco temporale tra il giorno (OMISSIS) era l'unico periodo durante il quale il telefono del P.P. aveva agganciato le celle nel territorio di Brescia.
Si ricostruiva, poi, come L.G., giunto dalla Romania in Italia, avesse chiamato alle 10,18 del (OMISSIS) il figlio, V.. Il delitto era stato collocato tra le 10,50 e le 11,25 dello stesso giorno. I testi B. e Z. confermavano che il L.G. aveva incontrato il figlio; prelevato da costui e dagli altri accompagnatori, aveva fatto ingresso nell'abitazione del L.V. stesso. La Z. rammentava, altresì, d'aver udito lamenti di dolore e la preghiera di "smettere". Aveva, indi, visto uno dei soggetti uscire con un contenitore di alcool oltre ad aver notato la vettura allontanarsi con una coperta che ne copriva il bagagliaio.
Tutti i telefoni erano rimasti silenti sino alle 11,43. Solo quello del P.P. alle 11,30, agganciando la cella di via (OMISSIS) aveva contattato la moglie. Da ciò si era inferito che, eseguito il delitto, il gruppo si era allontanato. La vettura del L.V. era transitata, infatti, alle 11,33 sul tratto stradale di (OMISSIS) ed aveva imboccato la tangenziale di Milano alle 12.14. L'auto viaggiava accompagnandosi alla fiat Tempra - nel cui baule vi era il corpo di L.G. - sino a (OMISSIS).
La conclusione è stata ritratta dai giudici di merito dal fatto che alle 11,46, alle 12,01, alle 12,20, alle 12,26, alle 12,31 ed alle 12,40 i cellulari che erano in uso a P.C. ed a P.P. comunicavano tra loro, agganciando sempre le stesse celle, poste lungo il tratto autostradale sino a San Giuliano Milanese.
Alle 13,35 il cellulare del P.P. aveva agganciato la cella di (OMISSIS), collocata alla distanza di circa 3 km dal luogo in cui era stata bruciata la vettura al cui interno era il corpo del L. stesso. Dalla ricostruzione tracciata si inferiva che P.C. era in auto con L.V. e che P.P. e P.G. fossero a bordo della tempra e trasportassero il corpo del L.G.. Ciò perchè i telefoni in uso agganciavano le medesime celle che coprivano il tragitto percorso dalla vettura del L.V., monitorata attraverso i dati ricavati dal suo telepass. P.C., d'altro canto, era in contatto, a mezzo cellulare, con il fratello P. e dal telefono di P. era stata chiamata la moglie di P.G.. Infine, le tracce di dna all'interno dell'appartamento del L.V., sulle stoviglie ivi rinvenute ne documentavano la presenza certa dei fratelli P.C. e P.G..
1.2. La Corte d'assise d'appello confermava il giudizio e la ricostruzione operata dai primi giudici. Riteneva irrilevante che non fosse stato rinvenuto il dna del P.P. nell'appartamento del L.V. e considerava chiara la ricostruzione operata, attraverso l'elaborazione dei dati testimoniali, dei tabulati telefonici e degli altri elementi legati al controllo del telepass dell'auto del L.V..
L'ora del decesso, del resto, era fissata intorno alle 13,40 del (OMISSIS) ed alle 13,35 il cellulare del P.P. era posizionato a circa tre chilometri dal luogo in cui era stato trovato il cadavere. In particolare se ne localizzava l'aggancio alla cella di (OMISSIS), che serviva (OMISSIS), luogo in cui era stato trovato il cadavere della vittima. A quell'ora l'imputato aveva parlato con il fratello C., che al pari era ivi presente ed era stato già condannato per il concorso nell'omicidio.
La Corte d'assise d'appello riteneva non assorbenti i rilievi critici articolati sulle deposizioni dei testi B. e Z. e considerava corrette le conclusioni raggiunte sulla cella di (OMISSIS) e (OMISSIS). I ripetitori ivi installati servivano entrambi la località di (OMISSIS), sia pur in maniera differenziata, poichè solo una piccola porzione di territorio era coperta dall'apparato di (OMISSIS).
Non era poi stimata attendibile la dichiarazione dell'imputato secondo cui era stato prestato il telefono al fratello, G.. Ciò perchè sino al pomeriggio del 1 luglio l'apparecchio era stato in uso al P.P., che aveva ricevuto una telefonata da una collega di lavoro. Ancora, erano state effettuate telefonate alla moglie del medesimo P.P.. Sulla scorta di quanto indicato era confermata la prima statuizione.
2. Ricorre per cassazione P.P. a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dei criteri legali di valutazione della prova liberatoria e della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, in uno alla violazione di legge in relazione agli artt. 575 e 110 cod. pen..
Il P.P. era l'unico concorrente che aveva optato per il giudizio ordinario. Egli era stato condannato senza che si fosse mai accertato che tipo di contributo avesse offerto al fatto. La responsabilità era stata fondata solo su un ragionamento ipotetico-deduttivo, in virtù del quale era stata inferita la sua presenza tra la sera del (OMISSIS) ed il pomeriggio del giorno seguente. Il percorso ricostruttivo era stato caratterizzato da congetture e supposizioni. A differenza di quanto accaduto per gli altri concorrenti non erano state trovate tracce biologiche del ricorrente nel luogo ove la vittima era stata duramente colpita. La Corte di merito aveva, tuttavia, concluso che quel dato non fosse idoneo a provare l'assenza del P. stesso in quel sito. Oppone la difesa che, tuttavia, la prova era carente. Essere nella stessa area coperta da una cella non significa essere in un preciso punto dell'area stessa, coperto dalla medesima cella.
Nel caso di specie l'affermazione di colpevolezza era derivata da una illogica e spersonalizzata estensione solidaristica di responsabilità. Era stato sovvertito il criterio di distribuzione degli oneri di prova e si era preteso che la Difesa, in sostanza, provasse l'innocenza, là dove si sarebbe dovuto pretendere, in primo luogo, che fosse l'Accusa a dare la prova dei fatti costitutivi a carico dell'imputato stesso.
La Difesa aveva evidenziato durante il dibattimento ed attraverso il suo consulente che la zona di (OMISSIS) era servita da un ripetitore specifico in (OMISSIS) e non solo da quello in località (OMISSIS). Alle 13,35, dunque, del (OMISSIS), il telefono dell'imputato non aveva agganciato il ripetitore di (OMISSIS) che serviva la località di (OMISSIS) - ma quello di (OMISSIS). Ciò escludeva che il cellulare ne documentasse la presenza nella località di (OMISSIS).
Se fosse stato lì, infatti, il telefono avrebbe agganciato la cella di (OMISSIS) e non di (OMISSIS). In ogni caso non sarebbe stato possibile dire che l'aggancio della cella di (OMISSIS) attestasse la presenza del P. in (OMISSIS).
Si annotava, poi, un dato di illogicità nel tratto di motivazione. Al momento della telefonata, infatti, i due soggetti ( P.C. e P.P.) non erano più insieme; diversamente non avrebbero intrattenuto un contatto telefonico.
Se ne è dedotta l'illogicità del tracciato ricostruttivo, poichè era impossibile ipotizzare che P.P. si stesse allontanando a bordo di un veicolo, avendo acquisito per certo che la vettura tempra stava bruciando.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia l'illogicità della sentenza in relazione alle dichiarazioni rese dai testi B., Z. e S.. Alcuno dei dichiaranti aveva riconosciuto P.P. come soggetto che la mattina dell'aggressione accompagnò L.G. nell'abitazione ove fu aggredito.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione sulle distanze e sui percorsi tracciati dai tabulati telefonici. Si duole il ricorrente che i giudici della Corte d'assise d'appello avrebbero in camera di consiglio consultato google maps, fuori dal contraddittorio e, dunque, acquisendo conoscenza unilaterale su dati informativi. Ciò avrebbe determinato l'impiego di prove diverse da quelle acquisite nel dibattimento e nel contraddittorio delle parti in violazione dell'art. 526 cod. proc. pen.. Così facendo la Corte d'assise d'appello era incorsa in un errore macroscopico facendo riferimento alla località di (OMISSIS), come uscita della tangenziale di Milano che era stata progettata nell'anno 2003, ma che risultava ultimata nell'anno 2014 e che, pertanto, era inesistente al momento dei fatti. Posta questa premessa erano state indotte conclusioni erronee su quanto prospettato dalla difesa.
Si è ribadito che alle 12.14 la vettura di L.V. era transitata al casello della tangenziale est di Milano (e non ad (OMISSIS) che non esisteva). Alle 12.01 entrambi i telefoni cellulari di P.C. e P.P. agganciavano la cella di (OMISSIS) viale delle industrie località che si trova a non meno di mezz'ora dalla tangenziale est, ove 13 minuti dopo sarebbe transitato L.V.. Per percorrere quel tragitto sarebbero occorsi almeno 30 minuti (trattandosi di circa 40 km) dato che rendeva impossibile la ricostruzione posta a fondamento della decisione.
Altro dato di incongruenza era relativo alla cella di Bagnatica, agganciata da P. e P.C. alle ore 11,52. Contrariamente L.V. era intercettato dalla cella di (OMISSIS) alle 11,57, in località che distava 30 Km da (OMISSIS). La Corte d'assise d'appello aveva erroneamente esaminato solo la distanza tra (OMISSIS) e una località inesistente all'epoca e non aveva preso in considerazione la tesi difensiva secondo cui le auto erano tre e non due.
2.5. Con il quinto motivo si censura l'omessa motivazione su un punto decisivo.
L'orario del decesso era stato fissato alle 13,40 circa del 2 luglio ed alla luce delle deposizioni si doveva desumere che la vettura era giunta in loco alle 13.15 orario non compatibile con la presenza dell'imputato in quel sito.
Il tema nonostante l'appello devoluto non era stato affrontato nel provvedimento impugnato.
2.6. Con il sesto motivo si censura il vizio di motivazione in relazione al movente del delitto: Le ipotesi formulate non attestavano alcun interesse del P. a partecipare a quel fatto.
2.7. Con il settimo motivo si censura il trattamento sanzionatorio e la scelta di negare le circostanze attenuanti generiche. P., contrariamente agli altri imputati, era incensurato e si disconosceva persino il concreto contributo materiale offerto. L'esercizio del potere discrezionale nella dosimetria sanzionatoria non risultava pertanto, correttamente svolto.
3. In data 4 maggio 2016 sono stati presentati motivi aggiunti nell'interesse di P.P..
3.1. Con il primo motivo si riprende la critica al ragionamento svolto sul percorso valutativo degli indizi. In particolare si sviluppa il tema relativo alla circostanza che il cellulare del P. era stato prestato al fratello, G., ragione per la quale era spiegabile la presenza del telefono in quella postazione. Del resto, la particolarità che dal telefono era stata effettuata una telefonata alla moglie di G. la notte dell'(OMISSIS) e verso la moglie del P.P. si sarebbe potuta spiegare con la ragione che proprio il fratello aveva chiamato la moglie dell'imputato, per parlare con lui. Si censura, poi, ed ancora il ragionamento svolto sull'assenza di tracce di dna nell'appartamento, elemento stimato come dato neutro.
Si annota, poi, che i testi Z. e B. avevano offerto una descrizione diversa del soggetto che aveva prelevato, unitamente agli altri, il L.G.. Il ricorrente era calvo e i testi stessi avevano, di converso, parlato di un soggetto con capigliatura scura; era alto 1,66 mt ed aveva tratti non compatibili con quelli di uno "slavo", di cui uno dei testi aveva riferito di rammentarne i caratteri. All'epoca dei fatti l'imputato aveva 41 anni e, pertanto, un'età non compatibile con quella indicata dai dichiaranti (sul punto è stata allegata la fotocopia del documento di identità). Il riconoscimento fotografico della teste S. era stato, infine, smentito e non confermato dalla successiva deposizione dibattimentale.
Nè il mancato supporto all'alibi sarebbe stato interpretabile come falsità di esso o suo fallimento.
3.2. Con il secondo motivo si discute della qualificazione giuridica del fatto. Era stato addebitato il concorso in omicidio doloso. Tuttavia, era certo che la morte non era avvenuta per le percosse e le lesioni. Sia pur gravemente colpito, il L. era deceduto successivamente, allorquando era stata bruciata la vettura in cui era stato posto. Il dolo di omicidio si sarebbe arrestato alla fase finale dell'azione aggressiva e, dunque, il segmento successivo nel suo dipanarsi storico era stato assistita da un elemento psicologico conforme alla volontà di distruggere il cadavere e non di uccidere. Vi sarebbe stata ipotesi di concorso di reati: tentato omicidio ed omicidio colposo.
3.3. Con il terzo motivo si contestano le aggravanti ritenute e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Sulla circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 4 si era erroneamente ritenuta presente nonostante il medico legale avesse affermato che il L. era totalmente privo di coscienza. La sua incapacità di provare o percepire dolore ne escludeva la ricorrenza. Le circostanze attenuanti generiche erano state ingiustamente negate non essendosi chiarito nè il contributo ai fatti nè il particolare che le stesse attenuanti erano state riconosciute al figlio del L..
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato per quanto si passa ad esporre.
1.1. In estrema sintesi, il tracciato logico su cui si fonda la decisione impugnata può essere così riassunto.
L.G., vittima del delitto, fu visto per l'ultima volta allorquando, accompagnato dal figlio, V., si recò al villaggio (OMISSIS), la mattina del (OMISSIS). Dopo essere stato violentemente picchiato, uscì da quella casa all'interno del bagagliaio, legato e con fratture cranio-facciali. Si è ritenuto pacifico che l'aggressione fu attuata dal figlio, V., e dalle tre persone che erano con lui, all'interno dell'abitazione. In particolare, due delle persone avevano lasciato tracce biologiche all'interno dell'immobile, tracce rispondenti ai profili genetici del P.G. e del P.C.. Si è appreso anche - perchè indicato nella sentenza di primo grado - che nel corso di un'intercettazione telefonica, captata successivamente ai fatti, P.G. ammise d'essere stato in quel luogo ed in quella congiuntura temporale. L'esame dei tabulati telefonici degli apparecchi in uso a L.V., P.C. e P.P. ha indotto i giudici del merito a ritenere acquisito il dato per cui i tre fratelli P. si trattennero presso l'abitazione - ove fu posta in essere la dura violenza in danno della vittima - insieme a L.V. dalle 22,35 del 1 luglio sino alla mattinata del 2 luglio. I tabulati, ancora, attestavano il contemporaneo spostamento dei quattro protagonisti, dopo l'aggressione alla vittima, dalle ore 11,30 del 2 luglio da Brescia verso Milano. La presenza del P.P. in compagnia del L.V. e dei fratelli, C. e G., ne documentava il ruolo concorsuale, essendo stati questi ultimi, tra l'altro, condannati per il concorso in quel delitto.
Ebbene, così delineato il percorso logico che sorregge il tracciato ricostruito dai giudici del merito, deve osservarsi che si tratta di un quadro dimostrativo che sviluppa e fonda il ragionamento sui connotati tipici della prova indiziaria.
L'incedere argomentativo parte dagli elementi certi, per inferire le conseguenze logico-razionali che da essi sarebbe legittimo ritrarre, secondo i canoni esperenziali della deduzione. Tuttavia, nel caso di specie, la motivazione del provvedimento impugnato, non risulta, a giudizio di questo Collegio, appagante su due aspetti essenziali del ragionamento prospettato.
Il primo è di valenza centrale e determinante per la individualizzazione della piattaforma dimostrativa a carico dell'imputato, secondo il modello della prova indiziaria.
Il secondo concerne, di converso, un aspetto afferente la ricostruzione materiale nel postfatto dell'aggressione, che anche potrebbe acquisire, se elaborata nel rispetto dei canoni tipici del contraddittorio sulla prova, valenza logica importante.
I due distinti aspetti, singolarmente ponderati e, dunque, complessivamente o rimeditati, alla luce degli altri elementi di prova, in difetto di una spiegazione appagante, potrebbero concorrere a segnare quel margine di razionalità che il dubbio deve presentare, per risultare rilevante in ragione del disposto di cui all'art. 533 cod. proc. pen..
1.2. Il primo tema, è intuibile, riguarda l'attribuzione dell'uso dell'utenza cellulare al P.P., nella congiuntura temporale rilevante per il segmento commissivo del delitto.
Il punto, che ha rilevanza centrale, nella selezione degli elementi che in fatto individualizzerebbero il concorso del P. stesso nel delitto, impone un approfondimento al giudice di merito ed una spiegazione di plausibilità diversa a sostegno della motivazione resa e che abbia caratteri di maggiore coerenza.
Ciò perchè, in difetto, si finirebbe, attraverso un'apparenza argomentativa, per proporre un tracciato motivazionale, in parte qua, con caratteri puramente assertivi ed apodittici.
In questo senso si è avuto modo di anticipare che si sia ritenuto certo l'uso del cellulare, nella fase commissiva del delitto, in capo al P.P.. Dall'uso e dalla disponibilità dell'apparecchio telefonico se ne è inferita la presenza fisica, nel contesto territoriale in cui si consumava il delitto, già dalla sera del 1 luglio, a partire dalle ore 23,35. Il ragionamento risulta aver valorizzato la circostanza che alle precedenti ore 17,00 circa, il P. stesso aveva intrattenuto una conversazione personale, utilizzando proprio l'apparecchio telefonico in questione (conversazione del 17,02 con Pi.Ma. in data (OMISSIS)).
L'affermazione, che nel tracciato argomentativo della decisione impugnata documenterebbe un dato certo, non è, tuttavia, accompagnata ad un elemento informativo che anche avrebbe potuto dare conoscenza importante.
Si omette di specificare, invero, se quella conversazione di tipo personale, effettuata dall'imputato, ne documentasse già la presenza nel territorio bresciano, teatro del delitto.
Questo particolare avrebbe, infatti, supportato con altro spessore l'incedere logico nella direzione prospettata dalla sentenza impugnata ed avrebbe permesso di ritenere che, unitamente al cellulare, la sera del (OMISSIS) alle 23,35, nella zona bresciana, fosse presente anche fisicamente il suo utilizzatore, P.P., che alle precedenti ore 17,02 aveva intrattenuto un colloquio, di tipo personale, con l'utenza della Pi.. All'orario indicato era, infatti, certo che quel colloquio telefonico era stato intrattenuto dal ricorrente. Informazione siffatta avrebbe, pertanto, permesso di acquisire certezza su un elemento dirimente e, cioè, che in area bresciana quella sera oltre al telefono del medesimo P.P., vi fosse anche costui, personalmente, nella diretta disponibilità dell'apparecchio.
Il punto non risulta affatto considerato in motivazione; nè si rinvengono indicazioni per intendere quale cella abbia agganciato la telefonata richiamata (delle 17,02). Piuttosto, il ragionamento deduttivo si sviluppa postulando la continuità della detenzione del telefono stesso, secondo un criterio d'esperienza, pur plausibile, ma che si sarebbe dovuto, tuttavia, confrontare funditus, in assenza del chiarimento indicato, con il tema opposto a discarico sul punto dalla difesa.
Su questo dato la sentenza impugnata rappresenta che la difesa aveva indicato che il P. affermava d'aver prestato il telefono al fratello ( P.G.) (fl. 14 sentenza Corte d'assise d'appello). Si è ritenuto che detta ipotesi non meritasse considerazione, poichè la stessa Difesa non aveva provato la rispondenza al vero dell'affermazione e l'indicazione non risultava accompagnata da elementi che permettevano di ritenere certa la consegna e la restituzione dell'apparecchio mobile.
Si è annotato che nulla si sapeva delle ragioni per le quali P.G. avesse chiesto in prestito il telefono al fratello, nè per quanto tempo. Su questi aspetti, in difetto di richieste istruttorie, non era stato possibile vagliarne la fondatezza.
Ebbene, a prescindere dal fatto che, là dove si tratti di ipotesi che possano delineare dubbio serio sulla colpevolezza ed esistano margini di approfondimento istruttorio, realisticamente praticabili, è obbligo del giudice di merito provvedere in tal senso, non risulta che, in difetto, sia rielaborabile proprio quella mancata acquisizione istruttoria in senso sfavorevole.
In ogni caso, va sottolineato come l'intero passaggio della motivazione non risulti convincete e finisca per risolversi in una sorta di sequenza argomentativa apparente.
La ragione per la quale, in astratto, P.G. avesse eventualmente ed in ipotesi richiesto l'apparecchio telefonico non è un elemento determinate che vale ad escludere storicamente la possibilità alternativa, opposta in fatto ed a discolpa dall'imputato. Ciò perchè sono gli stessi giudici del merito a dare atto della circostanza che il P.G. non disponeva, in quella specifica congiuntura, di un apparecchio telefonico proprio ed utilizzava quello del fratello. A ben vedere, allora, non può porsi come dato argomentativo, a supporto dell'ipotesi - che fosse inverosimile o non rispondente al reale la prospettazione secondo cui il telefono era stato dato in prestito dall'imputato al fratello - la mancata indicazione da parte dell'imputato della ragione per la quale dovesse avvenire la consegna di quel telefono.
La decisione impugnata, contrariamente, valorizza, tra gli altri, questo dato, finendo per rendere una motivazione che assume carattere d'apparenza su un elemento che, di converso, avrebbe dovuto approfondire.
Anche la conversazione intrattenuta con Pi.Ma., si è anticipato, non è tra i dati materiali che permettono ex se, ed in difetto dell'indicazione enucleata, sulla cella agganciata al momento della conversazione stessa, di superare la prospettazione a discarico, ritenendola storicamente incompatibile con le serie eventuali rappresentate in alternativa.
La circostanza (anche utilizzata a confutazione della tesi a discarico) che costei non abbia mai avuto rapporti o contatti telefonici con P.G. finisce, come la precedente, per diventare ininfluente, ai fini che qui rilevano. Ciò perchè, avuto riguardo all'orario della conversazione, risulta ancora compatibile quel colloquio con l'ipotesi opposta a discolpa e non pone inconciliabilità oggettiva, nè logica della dichiarazione stessa con una consegna dell'apparecchio successiva al medesimo colloquio. Anche la telefonata delle ore 23,56 alla moglie del P.P., A.M., indicata come incongruente rispetto all'ipotesi che P.G. chiamasse la stessa A., è stata in chiave difensiva spiegata con il fatto che i contatti avvenivano tra i due fratelli, attraverso l'utenza della donna e proprio per effetto del prestito dell'apparecchio dall'uno all'altro dei due germani. In altri termini, si è opposto, che P.G. chiamasse la cognata per interloquire con il fratello.
Sono aspetti in fatto che non spetta al giudice di legittimità vagliare.
Si tratta, tuttavia, di coordinate importanti del ragionamento logico, che vanno attentamente valutate e adeguatamente ponderate, a fronte di un quadro di prova che oscilla, continuamente, sul percorso d'un incedere logico-deduttivo, fondato sulla "compatibilità" tra una serie di eventi e l'ipotesi oggetto di verifica.
D'altro canto, l'elemento ulteriore, del quale si sarebbe dovuto tenere conto, è proprio legato alla circostanza, anche richiamata, in sede di motivazione, e relativa alla mancanza di contatti tra il telefono cellulare in questione e soggetti che potessero oggettivamente riferirsi al solo P.P., in un periodo compreso tra luglio ed il 7 luglio. Questo elemento, egualmente annotato ed evocato a supporto del ragionamento svolto, posta come massima d'esperienza quella della continuità nella disponibilità dell'apparecchio, finisce per non conciliarsi univocamente proprio con la mancanza di telefonate in uscita, esclusivamente riferibili al P.P.. Si tratterebbe, dunque, d'un argomento che ancora una volta ammetterebbe un'ipotesi compatibile anche con la tesi a discarico.
In un tracciato siffatto, a ben vedere, il rigore della motivazione deve essere tale da rendere irrazionale ogni possibile lettura alternativa dei dati e, dunque, non idonea a istituire nel percorso stesso quel dubbio ragionevole che fonda l'art. 533 cod. proc. pen..
La frammentazione nello scrutinio degli elementi ed al pari la lettura unitaria che li deve caratterizzare, nel procedimento che costella il percorso ricostruttivo indiziario, può indubbiamente ricorrere alla categoria della "compatibilità storica". Ciò, tuttavia, non può tralasciare ed annullare ogni segmento che presenterebbe forza equidimostrativa e finirebbe per ammettere anche una ricostruzione alternativa.
La soluzione, in ipotesi siffatte, va valutata nella sua dimensione complessiva all'esito di un esame comparativo e finale di tutti gli elementi di cui si dispone.
E', pertanto, in questi casi il tracciato motivazionale a dare conto del grado di resistenza logica dell'ipotesi verosimile e preferibile, secondo i canoni dell'esperienza e della conoscenza, che il giudice è chiamato ad indicare nello sviluppo delle ragioni poste a fondamento della decisione.
Deriva da quanto premesso che, nel caso di specie, si sarebbe dovuto approfondire l'elemento che, in chiave logica, orienta ab initio l'argomentazione deduttiva. Ciò perchè, è chiaro, esso permette di individualizzare il concorso a carico dell'imputato e di valorizzare tutti gli altri elementi che ad esso risultano essersi abbinati, a partire dai rapporti di parentela con gli altri concorrenti, sino a giungere al tragitto, ricostruito ex post, attraverso le celle agganciate dall'apparecchio telefonico, tragitto che anche concorre in via logica ed in termini marcati a segnare la seconda fase commissiva del delitto.
L'aggancio delle celle telefoniche, che contestualizzano la sequenza dello spostamento del corpo del L. e dei correi, in località (OMISSIS), nella struttura logica della decisione, si accompagna alla presenza fisica del P.P. nel locus commissi delicti. Detta presenza può essere indubbiamente argomentata attraverso l'impiego del cellulare, ma, a fronte della spiegazione alternativa offerta a discarico, occorre che la motivazione si confronti, partitamente, con ogni profilo della tesi a discarico e, soprattutto, con quelli sopra già enucleati.
In questa logica la motivazione della sentenza impugnata riporta alcuni riferimenti ad intercettazioni telefoniche ed alle sentenze pronunciate nei confronti dei concorrenti nel delitto. Proprio sfruttando il legame di parentela esistente tra i fratelli P. si è ritenuto di ritrarre, da quel dato, un elemento ulteriore a sostegno dell'ipotesi d'accusa, elaborando l'ipotesi secondo cui i due fratelli, P. e P.G., avrebbero offerto supporto al P.C., nella fase esecutiva anche in funzione del rapporto che costui aveva con L.V.. Ebbene, pur richiamato questo aspetto, non si indica alcun elemento, utilizzato nei giudizi a carico dei concorrenti, per affermarne la responsabilità, che possa istituire un collegamento altrettanto certo tra la posizione dell'odierno ricorrente ed il delitto stesso e che ne possa documentare la presenza non solo in funzione delle celle agganciate dal cellulare, ma della disponibilità effettiva che costui aveva dell'apparecchio o, ancora, del fatto che egli fosse stato anche personalmente presente in quei luoghi nella frazione temporale di esecuzione del delitto.
Non si rinvengono indicazioni sulle celle agganciate nella fase successiva, allorquando i correi si allontanarono dalla scena del delitto e nei giorni seguenti l'azione stessa. Non si è in grado di verificare, attraverso l'apparecchio, se e quando il P. fece ritorno presso la sua abitazione; non si dispone di alcun elemento da poter vagliare criticamente, anche al fine di ponderare il grado di resistenza della tesi opposta a discarico, su un punto davvero importante della ricostruzione.
Ciò sarebbe stato viepiù necessario, riflettendo sulle circostanze, anche logicamente valorizzate che, ancora una volta, non risolvono univocamente il nucleo centrale della individualizzazione della responsabilità del medesimo P.P.. Basta richiamare gli esiti dei profili genetici, isolati all'interno dell'abitazione del L.V., che pur non dimostrando che il ricorrente non avesse fatto accesso quella notte, all'interno dell'abitazione, non ne documentano, tuttavia, direttamente la presenza in positivo e finiscono per attestare, ancora una volta, un aspetto che torna alla categoria della "compatibilità". Rielaborando, invero, l'elemento certo della presenza dei due fratelli, G. e C., oltre che del L.V., si argomenta, in ragione dei rapporti tra costoro, per offrire supporto logico all'ipotesi. Questo aspetto che può essere indubbiamente valorizzato, nel costrutto a carico richiede, tuttavia, che si acquisisca un elemento che, con crismi di certezza, in fatto, possa far affermare che lo stesso imputato fu, tuttavia, presente ed incontrò i concorrenti stessi nella medesima congiuntura temporale ed esecutiva del delitto. Si torna, allora, ed a ben vedere, alla disponibilità dell'apparecchio telefonico ed al ragionamento su cui occorre offrire una motivazione che, valorizzando l'intero materiale e prescindendo da asserzioni apodittiche, permetta di giungere a questa conclusione, oltre il dubbio ragionevole. Diversamente il ragionamento indiziario partirebbe da un'ipotesi per giungere ad una soluzione egualmente ipotetica.
Di ciò non sembra si siano adeguatamente avveduti i giudici del merito. Ancora, pur avendo fatto riferimento al contenuto di intercettazioni, con tutta evidenza eseguite nella fase successiva al delitto, intercettazioni che avrebbero parrebbe, in definitiva, convalidato l'ipotesi della presenza personale anche del P.P. (e non quella del solo telefono cellulare) nella zona del delitto, non operano ad esse richiami specifici, nè indicano i contenuti della locuzione da cui si potrebbe intendere, anche attraverso rielaborazioni deduttive o commenti sui fatti, la presenza del P. in loco.
Questo aspetto egualmente induce un approfondimento che va necessariamente eseguito nel giudizio di merito, involgendo una rivalutazione di temi di fatto, che non possono spettare alla Corte di legittimità.
1.3. L'altro profilo, che è stato segnalato, concerne la fase successiva alla dura violenza esercitata nei confronti della vittima e la ricostruzione dell'allontanamento dall'abitazione, per raggiungere il luogo in cui fu commesso il delitto. Nella specie, si è indicato che sarebbero state usate due vetture: la mercedes di P.V. (è un chiaro refuso, indicato al fl. 18 par. 3.5. della sentenza della Corte d'assise d'appello, essendo evidente che il richiamo debba essere inteso a L.V.) e la fiat tempra, della vittima. Ancora, si indica che P.P. e P.C. sarebbero stati su due vetture differenti per i sette contatti telefonici registrati tra i due soggetti, tra le ore 11,36 e le ore 13,35, con aggancio delle medesime celle telefoniche.
La difesa, in parte qua, ha annotato incongruenze temporali, alla luce dei dati disponibili attraverso l'incrocio degli orari di transito registrati attraverso il telepass collocato sulla vettura del L.V.. L'auto indicata era transitata alle 12,14 per il casello della tangenziale est di Milano collocato a circa 40 km da (OMISSIS), viale delle Industrie, ove le celle avevano registrato l'aggancio dei cellulari in uso a C. e P.P. alle 12.01 e, dunque, circa 13 minuti prima. Si trattava di uno spazio temporale non sufficiente per percorrere quel tratto di strada. Ancora, alle 11,57 L.V. aveva agganciato la cella di (OMISSIS) a circa 30 km da (OMISSIS), ove 5 minuti prima delle 11,52 erano collocati i telefoni di C. e P.P..
Su questi rilievi che evidentemente richiedevano un riscontri di carattere tecnico la Corte d'assise d'appello ha evidenziato che la verifica del sito google maps misurata tra il casello di (OMISSIS) e di (OMISSIS), da cui dipartirebbe la tangenziale di Milano disterebbe 15,6 km percorribili in 9 minuti circa. Anche sul secondo aspetto si è indicato che si sarebbe trattato di una distanza di circa 14,3 km, misurata percorrendo le statali di collegamento e che sul tratto autostradale si sarebbe ridotta notevolmente, essendo un itinerario rettilineo. Il tutto in ogni caso si sarebbe dovuto valutare alla luce della copertura dei ripetitori e non della distanza tra le località in cui essi erano posizionati.
La doglianza prospettata, sul punto, dal ricorrente con il quarto motivo è egualmente fondata, in relazione alla violazione della legge processuale.
Effettivamente i giudici della Corte d'assise d'appello risultano aver attinto un dato conoscitivo, a confutazione della prospettazione a discarico, attraverso la consultazione in camera di consiglio del sito internet google maps. Si tratta di un canale di conoscenza attivato fuori dal contraddittorio processuale e che, dunque, ha permesso di acquisire unilateralmente dati informativi. Ciò finisce per determinare l'impiego di prove diverse da quelle acquisite nel dibattimento e nel contraddittorio delle parti, in violazione dell'art. 526 cod. proc. pen.. Non vale in proposito richiamare la categoria del notorio. Ciò perchè l'introduzione dell'elemento conoscitivo ha richiesto nel caso di specie lo sviluppo di un'attività acquisitiva di tipo cd. costituendo, che ha contribuito a fissarne il contenuto e l'oggetto dimostrativo.
Ebbene, ed a prescindere dall'affermato errore in fatto, non valutabile dalla Corte di legittimità, sul riferimento alla località di (OMISSIS), come uscita della tangenziale di Milano - che era stata progettata si afferma nell'anno 2003, ma che risultava ultimata nell'anno 2014 e che, pertanto, era inesistente al momento dei fatti - ciò che va posto in luce è che il punto specifico della distanza viaria si sarebbe dovuto sottoporre al preliminare vaglio del contraddittorio, tra le parti, permettendo a ciascuna di contro dedurre o comunque di averne conoscenza preventiva.
2. Alla luce di quanto premesso la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'assise d'appello di Milano. Risultano assorbiti tutti gli altri motivi sviluppati.
Il giudice del rinvio, oltre ai temi selezionati e già indicati, riesaminerà anche l'affermata incongruenza sul contatto telefonico delle 13,35 tra il P.P. e il P.C. ed alla motivazione opposta sul punto, relativo alla disponibilità di veicoli, attraverso i quali avrebbero potuto percorrere distanze superiori ad un chilometro in un paio di minuti; In questa logica si è ritenuto che in quel momento i due fratelli non fossero insieme e che si stessero già allontanando (cfr. fl. 15 sentenza impugnata; diversamente non avrebbe avuto significato il contatto telefonico). Sul punto, ha obiettato la difesa, la contraddittorietà tra premessa maggiore e conclusione.
In particolare si sarebbe affermato che due erano le vetture interessate. L'una condotta da L.V. - a bordo della quale vi era anche P.C.-; l'altra, appunto, (fiat tempra), data alle fiamme - con il corpo della vittima all'interno del bagagliaio - a bordo della quale si era posto il P.P.. Il punto di contrasto si anniderebbe proprio nel non aver considerato che P.P. non si sarebbe potuto allontanare a bordo di una vettura che, di converso, era appena stata data alle fiamme.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'assise d'appello di Milano.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016