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Guida in stato di ebbrezza con incidente: patente revocata dopo messa alla prova positiva?

18 novembre 2018, Lara Battisti e Nicola Canestrini

L'estinzione del reato per positivo svolgimento di messa alla prova consente la revoca della patente, ma richiede che l'autorità amministrativa compia una istruttoria autonoma.

(scarica la sentenza del Tribunale di Rovereto, n. 272/18 dd. 14.11.2018)

1. Introduzione: messa alla prova, guida in stato di ebbrezza e sanzioni amministrative accessorie

Come noto, la sospensione del processo con messa alla prova, introdotta con legge 28/04/2014, n. 67 entrata in vigore il 17/05/2014, è una modalità alternativa di definizione del processo, attivabile sin dalla fase delle indagini preliminari, mediante la quale è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, laddove il periodo di prova cui acceda l'indagato / imputato, ammesso dal giudice in presenza di determinati presupposti normativi, si concluda con esito positivo.

Quando il procedimento penale svenga definito attraverso la estinzione del reato per esito positivo di messa alla prova, l’art. 168 ter c.p. prevede espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge.

Nel caso del reato di guida in stato di ebbrezza, nei casi più gravi - quali ad esempio la recidiva nel o nei casi di incidente stradale provocato da un conducente al quale sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l  nonché in altre specifiche ipotesi - è prevista quale sanzione accessoria della revoca della patente, e cioè il provvedimento amministrativo che priva definitivamente di efficacia il titolo di guida con la conseguenza che il titolare - eventualmente dopo aver atteso obbligatoriamente per un periodo di tempo - può riottnenerla solo  dopo aver superato  i prescritti esami (mentre la sospensione della patente priva solo temporaneamente il conducente del documento, che viene poi restituito).

Nel procedimento penale,  la revoca della patente è disposta direttamente dal giudice penale ed applicata dal Prefetto (art.224, 2°comma, c.d.s.); il problema specifico nasce per il fatto che nel caso della messa alla prova manca la sentenza di condanna, recte: manca l’accertamento della responsabilità penale ed il procedimento si conclude con il proscioglimento per estinzione del reato.

In tal caso, si è affermato che "la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva “messa alla prova” e dell’estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell’articolo 224, comma 3 c.d.s., in capo al Prefetto” ( Cassazione penale, sentenza n. 40069 del 17/9/2015): ancora, "in tema di guida in stato di ebbrezza, il giudice che dichiari l’estinzione del reato per l’esito positivo della prova, ai sensi dell’art. 168-ter cod. pen., non può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di competenza del Prefetto ai sensi dell’art. 224, comma terzo, C.d.s., in considerazione della sostanziale differenza tra l’istituto della messa alla prova, che prescinde dall’accertamento di penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, previste dagli artt. 186, comma nono bis e 187, comma ottavo bis, C.d.s., la cui disciplina lascia al giudice, in deroga al predetto art. 224, la competenza ad applicare la sanzione amministrativa accessoria"(Cass. pen., sez. IV, 20 settembre 2016, n. 39107).

L’articolo 224 c.d.s. prevede infatti testualmente che: “la declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili.L’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria…”.

(scarica Tribunale di Rovereto, sentenza 272/18 dd. 14.11.2018)

2. Presupposti per la revoca della patente quale sanzione amministrativa accessoria in caso di estinzione del reato per superamento della messa alla prova

L’art. 168/2 ter c.p. prevede l’applicabilità delle sanzioni amministrative, anche a seguito della declaratoria di estinzione del reato, SOLO “ove previste per legge” [“l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge”]. La formulazione di tale articolo suggerisce che la disciplina dell’istituto della messa alla prova sia norma di matrice generale.Assunto desumibile sia dalla collocazione dell’istituto all’interno del codice (tra le cause di estinzione del reato del titolo VI del codice penale e tra i procedimenti penali di cui agli artt. 464 bis c.p.p. e ss) che dalla pluralità dei reati a cui è applicabile (tutti i reati puniti con pena non superiore a anni 4).

L’inciso “non pregiudica” e “ove previste dalla legge” di cui al secondo comma dell’art. 168 ter c.p. è, pertanto, un chiaro rinvio legislativo all’applicabilità o meno delle sanzioni accessorie in base alle disposizioni della singola norma incriminatrice (non potendo certo la norma generale analizzare/prevedere/escludere l’applicabilità delle singole sanzioni amministrative per ogni ipotesi di reato).

In applicazione del criterio di specialità normativo, quindi, la sanzione della revoca della patente a seguito dell’estinzione del reato di cui agli artt. 168 ter c.p. e 464 septiesc.p.p. sarà applicabile solo qualora un tanto sia previsto dalla singola norma incriminatrice.

A tal proposito, l’art. 186 Cds così prevede: Qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a  1,5  grammi per litro (g/1), fatto salvo  quanto  previsto  dal  quinto  e  sesto periodo della lettera c)  del  comma  2  del  presente  articolo,  la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del  titolo  VI” (artt. da 222 a 224 Cds, quest’ultimo a sua volta richiama gli art. 118 e 119 Cds). La norma incriminatrice, in altre parole, ancora la revoca della patente all’accertamento di due specifici elementi, che distinguono tale ipotesi criminosa dalle ipotesi illecite prospettate dall’art. 186 lett. a) e b) per le quali non è comminabile detta sanzione accessoria: tasso alcolemico superiore ad 1,5 g/l (e) causazione del fatto-sinistro con verifica dell’attribuzione causale dal fatto all’agente.

In tal senso, affinché il fatto reato possa dirsi accertato, è necessario che il giudice penale abbia verificato, con provvedimento di condanna divenuto irrevocabile, la sussistenza di tutti gli elementi del fatto reato stesso e, dunque, abbia individuato scrupolosamente non solo gli elementi materiali ma anche quelli psicologici del reato.

La giurisprudenza in tal senso ha chiarito che “non vi è alcuna differenza concettuale fra “accertamento del reato” e “sentenza di condanna”[1] ai fini penali ordinamentali.

All’accertamento del fatto reato in tali termini non è, allora, idoneo il provvedimento di cui agli artt. 464 septiesc.p.p. e 168 terc.p. poiché trattasi di sentenza di proscioglimento finalizzata esclusivamente alla verifica dell’esito del progetto di messa alla prova.

Il Supremo Consesso, nel confermare che la pronuncia ex art. 464 septies c.p.p. rientri a pieno titolo nell’alveo delle sentenze di proscioglimento, ha parimenti riconosciuto come questa non sia idonea ad accertare il fatto reato contestato: “la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova, di cui all'art. 464-septies cod. proc. pen., non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilità, ….[2].

Così, nemmeno l’ordinanza di sospensione per messa alla prova ex art. 464 quaterc.p.p., “implica una valutazione sul merito dell'ipotesi di accusa, costituendo esercizio della discrezionalità giurisdizionale fondata sulla delibazione dell'inesistenza ictu oculi di cause di immediato proscioglimento ex art. 129 c.p.p., sulla verifica dell'idoneità del programma di trattamento, e su una prognosi favorevole di non recidiva[3],[4].

da quanto detto discende che una sentenza di non luogo a precedere per estinzione del reato per regolare svolgimento della M.A.P. non possa configurare il presupposto di legge per l’inflizione della sanzione della revoca della patente, non essendo idonea ad accertare il reato contestato.

Inquadrata la sentenza di proscioglimento che consegue al superamento positivo della messa alla prova tra le cause di "estinzione del reato per altra causa" previste dall'art. 224/3 CdS, [5], non può che discenderne l’obbligo per il Prefetto di provvedere ad un’autonoma valutazione del fatto – presupposto.

Invero, predetto comma stabilisce che, nel caso di estinzione del reato per altra causa il Prefetto “procede all'accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili”. Tale disposizione, impone, invero, che in detti datti casi sia il Prefetto ad operare un autonomo accertamento delle condizioni di legge.

Tale interpretazione trova suffragio, oltre che nel comma 3 dell’art. 224 Cds e nell’art. 222 e 219 Cds (che impongono, in ogni caso, l’accertamento delle “condizioni di legge”), anche in una pronuncia della Cassazione[6]la quale, pur pronunciandosi sull’applicazioni di altra sanzione accessoria rispetto a quella in esame, ribadisce l’obbligo del Prefetto di accertarne i requisiti fondanti, posto che la sentenza emessa a seguito del buon esito della messa alla prova non accerta il reato[7].

Spetta, dunque, al Prefetto, in virtù del combinato disposto degli artt. 7 della L. 231/90 e art. 224 CDS e 168 ter c.p.[8], instaurare un procedimento amministrativo volto all’accertamento autonomo dei presupposti fondanti la sanzione della revoca, comunicando al sanzionando il suo avvio[9][10].

Simile interpretazione, a parere di chi scrive, è l’unica possibile poiché costituzionalmente orientata, in particolare in riferimento all’art. 24 Costituzione [posto che l’avvio di un “nuovo” procedimento amministrativo garantisce al sanzionato il diritto di veder instaurato un doveroso quanto mai opportuno contradditorio con l’amministrazione valevole all’accertamento dei presupposti di merito e di legge], all’art. 3 Costituzione [al fine di permettere al Prefetto di valutare il singolo caso concreto omettendo automatismi già pesantemente censurati dalla Corte Costituzionale[11][12][13]] nonché agli artt. 16 e 27/3 Costituzione [al fine di evitare che alla commissione di un reato punito con l’ammenda (quindi, ritenendo che il bene giuridico protetto sia di relativa importanza) consegua una sanzione amministrativa, agli effetti concreti, estremamente afflittiva per il sottoposto, idonea finanche a incidere su beni primari quali la illegittima compressione del diritto di circolazione e del diritto al lavoro per molteplici anni].

(scarica Tribunale di Rovereto, sentenza 272/18 dd. 14.11.2018)

3. Conclusioni

Qualora si aderisca alla interpretazione proposta, ed accolta dal Tribunale di Rovereto con la sentenza in commento, la  causa di estinzione del reato prevista dall’art. 168 ter c.p. è inquadrabile nelle ipotesi di cui all’art. 224 Cds comma 3, ovvero “estinzione del reato per causa diversa dalla morte del sanzionato”.

Ciò comporta come  conseguenza che, in base a quanto previsto in tali ipotesi,  l’autorità amministrativa competente “è tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti previsti per l’irrogazione della sanzione accessoria della revoca e cioè: l’aver guidato in stato di ebbrezza e l’aver provocato con la propria condotta  un incidente stradale”.

Ne consegue – evidentemente – che l’autorità amministrativa deve “procedere a previa istruttoria per l’accertamento dei presupposti di cui all’art. 186 comma 2 bis Cds”, come imposto dall’art , violando così l’art. 224 comma 3 Cds”; in difetto di tale istruttoria, la applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente è illegittima e va quindi annullata.

 

(commento a Tribunale di Rovereto, sentenza 272/18 dd. 14.11.2018)

 

Note:

[1] Cass. Pen, 4.8.2004 n. 34293

[2] Cassazione penale, sez. II, 05/10/2016 n. 53648Il provvedimento di sospensione con messa alla prova contiene infatti solo una delibazione sommaria in ordine alla assenza delle condizioni per pronunciare una eventuale sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., essendo principalmente fondata sulla espressione della prognosi relativa alla efficacia del reinserimento. Si tratta di una sentenza che non effettua alcun approfondito scrutinio delle prove e non esprime alcun accertamento di responsabilità, dunque non può essere alla base di alcun contrasto di giudicati.

[3] Tale approdo interpretativo non può ritenersi in contrasto con la pacifica idoneità a fondare il contrasto di giudicati della sentenza di patteggiamento o del decreto penale di condanna: in questi casi le pronunce sono emesse all'esito di riti a prova contratta che contengono, a differenza della pronuncia di sospensione del procedimento per messa alla prova, un compiuto accertamento di responsabilità fondato sull'analisi delle prove disponibili (non assunte in contraddittorio per volontà delle parti).

[4] Cassazione penale, sez. III, 20/01/2016,  n. 14750

[5] Non sarebbe peregrino sostenere che la sentenza di cui all’art. 464 septiesc.p.p. sia una sentenza di proscioglimento e come tale soddisfi il requisito di cui all’art. 224 Cds/3 e dunque sia idonea e sufficiente a garantire l’inapplicabilità della revoca della patente.

[6] Cassazione penale, sez. III, 10/05/2017 n. 39455

[7] Da quanto precede, e dalla lettera del citato art. 31, discende allora che tale ordine richiede comunque la pronuncia di una sentenza di condanna (o ad essa equiparata, come la sentenza di applicazione di pena concordata), non risultando a ciò sufficiente l'avvenuto accertamento della commissione dell'abuso, come nel caso di sentenza di estinzione per prescrizione (da ultimo, Sez. 3, n. 50441 del 27/10/2015, Franchi, Rv. 265616; tra le altre, Sez. 3, n. 756 del 2/12/2010, Sicignano, Rv. 249154; Sez 3, n. 8409 del 28/2/2007, Muggianu, non massimata; Sez. 3, n. 10/2/2006, Cirillo, Rv. 233673).

In conseguenza di quanto esposto, e contrariamente a quanto argomentato dal PG ricorrente, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, pur avendo natura di sanzione amministrativa, non può essere applicato in conseguenza della declaratoria di estinzione per esito positivo del procedimento di sospensione con messa alla prova, pronuncia che - per i motivi sopra esposti riguardo al carattere del nuovo istituto di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, che non sembra prevedere un preventivo accertamento di penale responsabilità ben difficilmente può essere equiparata alla "sentenza di condanna" richiesta come presupposto dall'art. 31 del T.U.E.(argomenti, sul punto, si traggono da Sez. 2, n. 53648 del 05/10/2016, M., Rv. 268635, secondo cui "la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova, di cui all'art. 464 - septies c.p.p., non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilità, sicchè essa non può essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale"; si veda anche Sez. 3, n. 14750 del 20/01/2016, Genocchi, Rv. 266387, secondo cui "L'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui all'art. 464 quater c.p.p., non determina l'incompatibilità del giudice nel giudizio che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa ma esclusivamente una delibazione sull'inesistenza di cause di proscioglimento immediato ai sensi dell'art. 129 c.p.p., nonchè una verifica dell'idoneità del programma di trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva").

Ciò non vuol dire, evidentemente, che l'ordine di demolizione, in quanto tale, rimanga irrimediabilmente precluso dall'intervenuta estinzione del reato, perchè anzi, proprio in forza dell'espressa previsione dell'art. 138 - ter c.p., esso potrà e dovrà essere irrogato, ricorrendone i presupposti di legge, dalla autorità amministrativa preposta; significando solo che non ricorrono le condizioni di legge per la concorrente impartizione da parte del giudice penale, in ragione del particolare esito processuale che non consente l'integrazione del presupposto processuale (sentenza di condanna) previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31.

D'altra parte - e conclusivamente sul punto - tale approdo interpretativo pare trovare indiretta conferma nella giurisprudenza (Sez. 4, n. 29639 del 23/06/2016, Conti, Rv. 267880; Sez. 4, n. 40069 del 17/09/2015, Pettorino, Rv. 264819; Sez. 4, n. 39107 del 08/07/2016, Rossini, Rv. 267608) espressa da questa Corte su una fattispecie - guida in stato in ebbrezza - che sembra presentare tratti di somiglianza con quella in esame per la previsione di un potere giurisdizionale sussidiario di irrogazione di sanzione amministrativa, laddove si è affermato che il giudice che dichiari l'estinzione del reato di cui all'art. 189 C.d.S., per l'esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell'art. 168 - ter c.p., non può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di competenza del Prefetto ai sensi dell'art. 224 C.d.S., comma 3; e ciò proprio in considerazione della sostanziale differenza tra l'istituto della messa alla prova, che prescinde dall'accertamento di penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, di cui all'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, e art. 187 C.d.S., comma 8 bis, motivo per il quale non può trovare applicazione la disciplina - ivi prevista - che lascia al giudice, in deroga al predetto art. 224, la competenza ad applicare la sanzione amministrativa accessoria.

 

 [9]A sostegno della necessità di avvio del procedimento amministrativo in caso di revoca ex art. 218 e ss. CDS, si richiama quanto previsto in punto di revoca ex art. 130 CDS. In quest’ultimo caso, l’amministrazione instaura un contraddittorio con il sanzionato, riconoscendogli il diritto di difesa fattiva tramite proposizione di scritti difensivi etc.. Nell’ipotesi di revoca della patente “obbligatoria” di cui all’art. 219 CDS, l’avvio del procedimento amministrativo con pedissequo avviso al sanzionato, ai sensi dell’art. 7 della L. 241/1991, è esclusa, come ben può evincersi dal tenore della norma e dalla sua collocazione normativa, perché il fatto-reato è previamente accertato dal giudice penale con sentenza di condanna irrevocabile

[10] T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 20/03/2003, n.879 che precisa: “il decreto prefettizio di revoca della patente di guida, in assenza dell'avviso di avvio del procedimento, ex art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241, è da considerarsi illegittimo, attesa la natura discrezionale della valutazione compiuta dalla pubblica amministrazione rispetto alla quale la suddetta norma garantisce il cittadino. L'avviso di avvio del procedimento, nella materia in esame, può omettersi solamente nell'ipotesi di sospensione provvisoria della patente, infatti, la tutela dei beni dell'ordine e della sicurezza pubblica assume carattere d'urgenza”.

[11] Corte Costituzionale 172/2012“l’automatismo della sanzione … è irragionevole, contrastando con il principio di proporzione, che è alla base della razionalità che informa il principio di eguaglianza” giacché“non consente il giusto e adeguato proporzionamento della sanzione all’addebito

[12] Il Giudice delle leggi ha infatti dichiarato, in svariate occasioni, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che contengono tali “automatismi”, in particolare quando esse sono formulate in modo tale da non permettere di modulare gli effetti della regola in relazione alle peculiarità della specifica situazione. Da tali sentenze pare addirittura potersi desumere una sorta di “presunzione di irragionevolezza” degli automatismi: la norma si presume incostituzionale (in quanto l’automatismo la carica di potenziali profili di irragionevolezza) salvo prova contraria.

[13] Ex multis, la sentenza n. 2 del 1999, relativa all’automatica radiazione di diritto dall’albo dei ragionieri e periti commerciali degli iscritti che abbiano riportato condanna penale per alcuni tipi di reato, è stata ritenuta illegittima perché: «l’automatismo della sanzione disciplinare è irragionevole, contrastando con il principio di proporzione, che è alla base della razionalità che informa il principio di eguaglianza.

 

(scarica la sentenza del Tribunale di Rovereto, n. 272/18 dd. 14.11.2018)