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Guida in stato di ebbrezza, avvisi difensivi anche verbali? (Cass. 3725/20)

29 gennaio 2020, Cassazione penale

Il giudice di appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado è obbligato, anche d'ufficio, a rinnovare l'istruzione dibattimentale si riferisce all'ipotesi in cui venga in rilievo un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa, non altresì quando muta, come nel caso in esame, la valutazione del compendio probatorio complessivo.

La prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia è stata adempiuta mediante la deposizione dell'agente operante.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

(ud. 10/09/2019) 29-01-2020, n. 3725

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere -

Dott. TORNESI Daniela Rita - rel. Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T.D., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/11/2018 della CORTE APPELLO di TRIESTE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELA RITA TORNESI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI Simone, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

E' presente l'avvocato ZS, del foro di Venezia in difesa di T.D. in sostituzione dell'avvocato SG del foro di VENEZIA come da nomina a sostituto processuale ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza che insiste per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1.Con sentenza del 27 gennaio 2017 il Tribunale di Gorizia assolveva T.D. dal reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e comma 2 bis perchè il fatto non sussiste ritenendo inutilizzabile l'accertamento conseguito al prelievo ematico a causa dell'omesso avviso all'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

1.1. Al predetto imputato era contestato di essersi posto alla guida del motociclo Malaguti tg. (OMISSIS) in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico risultato dagli esami clinici: g./l. 2,34) provocando un incidente stradale.

In (OMISSIS).

2.Con sentenza del 19 novembre 2018 la Corte d'Appello di Trieste, a seguito di gravame del Procuratore Generale, ha dichiarato il T. colpevole del reato ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, lo ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di arresto ed Euro 1.500 di ammenda.

3. T.D. ricorre per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, elevando due motivi.

3.1.Con il primo motivo lamenta l'inosservanza e/o erronea applicazione delle norme processuali sottolineando che la Corte d'Appello ha ritenuto infondate le deduzioni tecniche del consulente della difesa senza rispettare l'obbligo previsto dall'art. 603 c.p.p., comma 3 bis. Deduce inoltre che le motivazioni sono viziate anche da contraddittorietà estrinseca in quanto le conclusioni sono scientificamente errate ed in palese contrasto con quanto affermato dal predetto consulente.

3.2.Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'inosservanza e l'erronea applicazione delle norme processuali in relazione all'art. 180 c.p.p., art. 182 c.p.p., comma 2, artt. 354 e 356 c.p.p. nonchè art. 114 disp. att. c.p.p..

4.Con i motivi aggiunti depositati il 24 luglio 2019 il ricorrente, a mezzo del difensore di fiducia, sviluppa ulteriormente le argomentazioni inerenti all'inosservanza delle norme processuali in relazione all'art. 603 c.p.p., comma 3 bis, art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 180 c.p.p. ribadendo che il giudizio di appello si è svolto senza il compimento della doverosa attività istruttoria nonostante l'espressa e motivata istanza formulata dalla difesa.

Motivi della decisione

1.Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo si premette che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489), il principio di diritto secondo cui il giudice di appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado è obbligato, anche d'ufficio, a rinnovare l'istruzione dibattimentale si riferisce all'ipotesi in cui venga in rilievo un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa, non altresì quando muta, come nel caso in esame, la valutazione del compendio probatorio complessivo.

E' stato precisato che l'obbligo di rinnovazione ricorre solo nel caso di una diversa valutazione dell'attendibilità di una prova dichiarativa, strettamente connessa al canone dell'oralità e non laddove si versi in una differente valutazione del complessivo compendio probatorio, nella sua inalterata dimensione dimostrativa perchè altrimenti si imporrebbe una inutile superfetazione processuale per l'audizione di una fonte il cui contenuto e la cui attendibilità sono rimasti inalterati nel corso del procedimento, anche allorquando la fallacia risieda nel ragionamento probatorio in quanto contraddittorio o illogico.

Al riguardo sono state sottolineate le differenze tra le categorie logiche dell'"interpretazione", quale attività di ricostruzione ed individuazione dei confini astratti della norma applicabile nel rapporto di interazione tra fattispecie astratta e fatto concreto, della "discrezionalità" relativa alla fase di ricostruzione, individuazione e/o concretizzazione dei concetti c.d. elastici della norma applicabile al caso concreto, e della "valutazione" delle prove inerente alla fase di accertamento del fatto concreto.

In tal senso si pone la stessa giurisprudenza della Corte EDU che ha delimitato l'obbligo di rinnovazione affermando che la valutazione dell'attendibilità di un testimone è un compito complesso che di solito non può essere soddisfatto da una semplice lettura delle sue dichiarazioni (Corte EDU Sez.3, 14 giugno 2011, Dan c/ Repubblica di Moldavia) e non ad una diversa valutazione probatoria.

Inoltre le Sezioni Unite "Patalano" (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Rv. 269785) hanno affermato che quando il giudice di appello intenda procedere alla reformatio in peius di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all'esito di giudizio ordinario o abbreviato, non ha l'obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva qualora emerga che la lettura della prova compiuta dal primo giudice sia stata travisata per omissione, invenzione o falsificazione.

Ciò significa, come chiarito nel medesimo arresto, che la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale non risulta indispensabile nel caso di mero "travisamento", della prova dichiarativa, dunque nell'ipotesi in cui la difformità cada sul significante (il documento) e non sul significato (il documentato) "per omissione, invenzione o falsificazione".

Conseguentemente la Corte di Appello potrà così prescindere dall'interlocuzione diretta con la fonte di prova in tutti i casi in cui riscontri che il primo giudice di merito sia pervenuto all'assoluzione incorrendo in errore nell'estrazione dell'informazione dal contributo narrativo traendovi un fatto inesistente o palesemente diverso da quello riferito dal teste.

Tale indirizzo è stato ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità successiva (Sez. 5, n. 53415 del 18/06/2018, Rv. 274593) che ha affermato che il giudice d'appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado non è tenuto a procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa qualora non vengano messi in dubbio la credibilità dei testi o il contenuto delle loro deposizioni ma la decisione in sede di gravame sia invece fondata solo su una diversa valutazione del medesimo materiale probatorio utilizzato in primo grado.

La Suprema Corte (Sez. U. n. 14426 del 28/01/2019) ha ulteriormente chiarito che i principi di diritto sopra richiamati vanno applicati anche alle dichiarazioni rese dal perito e dal consulente tecnico che vanno assimilate a vere e proprie prove dichiarative, talchè l'obbligo di riassunzione da parte del giudice di appello si impone, in ipotesi di ribaltamento di precedente sentenza di assoluzione, nel caso di diverso apprezzamento delle stesse.

Al riguardo si rammenta che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità (Sez. U. n. 14426 del 28/01/2019, Pavan), anche le dichiarazioni rese dal perito e dal consulente tecnico di parte nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative sicchè sussiste, per il giudice di appello, che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, semprechè decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l'obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l'esame del perito o del consulente tecnico.

Devono ritenersi prove dichiarative "decisive" quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato o anche contribuito a determinare un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso contesto probatorio, si rivelano potenzialmente idonee a incidere sull'esito del giudizio di appello nell'alternativa "proscioglimento- condanna". Appaiono parimenti "decisive" quelle prove dichiarative che, ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti, da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell'esito di condanna.

2.1.Orbene, ciò premesso, nella fattispecie in esame la Corte distrettuale, nel riformare l'esito decisorio di primo grado, ha correttamente ritenuto superflua la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale sollecitata dalla difesa di T.D. che richiedeva l'escussione del consulente tecnico di parte Dott. S.V. evidenziando, con argomentazioni ampie e congrue, che, anche a voler dare per buono l'assunto del predetto consulente il quale sosteneva che l'impiego di una metodica enzimatica comporterebbe un risultato sovrastimato rispetto a quello contestato, risulterebbero, in ogni caso, sussistenti gli estremi del reato previsto dall'art. 186 C.d.S., lett. c), così come contestato.

Da ciò deriva la superfluità della prova dedotta e, comunque, non si riscontrano, nel provvedimento impugnato, i dedotti vizi di contraddittorietà argomentativa.

3.Quanto al secondo motivo, si osserva che i giudici di secondo grado hanno ritenuto tardiva l'eccezione di inutilizzabilità dell'accertamento alcolemico rappresentando che non era stata formulata nell'atto di opposizione a decreto penale di condanna bensì, per la prima volta, all'udienza dibattimentale del giudizio di primo grado del 27 gennaio 2017 (Sez. 4, n. 7686 del 16/01/2018, Rv. 272465).

E' stato inoltre sottolineato che il teste Brigadiere di P.G. C.W., nel corso della sua deposizione, aveva dichiarato di avere provveduto a dare verbalmente gli avvertimenti di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p. al T. dicendosi ben consapevole dell'importanza del predetto adempimento nel procedimento penale. Al riguardo la Corte distrettuale, facendo applicazione dei principi di diritto della Suprema Corte (Sez. 4, n. 7677 del 06/02/2019, Rv. 275148), ha correttamente osservato che nel caso in esame la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia è stata adempiuta mediante la deposizione dell'agente operante.

4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020