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Genitori psichiatrici? Adottabilità dei figli non è automatica (Cass. 26293/18)

18 ottobre 2018, Cassazione civile

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La dichiarazione di adottabilità presuppone non già per consentire al minore di essere accolto in un contesto più favorevole, così sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici, ma solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ivi compreso l'affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio.

Malattia psichiatrica dei genitori senza abusi, abbandono o violenza non comporta adottabilità dei minori.

Ai fini dell'accertamento dello stato di abbandono quale presupposto della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali, anche permanenti, o comportamenti patologici dei genitori, essendo necessario accertare la capacità genitoriale in concreto di ciascuno di loro, a tal fine verificando l'esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita equilibrata e serena dei figli e tenendo conto della positiva volontà dei genitori di recupero del rapporto con essi. 

 

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 luglio – 18 ottobre 2018, n. 26293

Presidente Bisogni – Relatore Tricomi

Ritenuto che:

La Corte d'appello di Lecce, sezione minorenni, con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto il gravame proposto da Ka. Bi. e Ma. Ri. ed ha revocato la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore Gi. Ri. (nata a Lecce il 14/11/20121, pronunciata dal Tribunale per i minorenni di Lecce in data 03/07/2014, ai sensi degli artt.8 e ss. della legge 4 maggio 1983, n.184.
La Corte territoriale ha ritenuto, anche alla luce della consulenza tecnica, di non condividere la scelta di dichiarare la minore adottabile con conseguente interruzione degli incontri e dei rapporti con i genitori biologici. In particolare ha affermato che non esisteva una situazione di abbandono o di violenze e abusi ai danni della minore e che i comportamenti della madre e la sua struttura di personalità, accertata mediante approfondita indagine tecnica, non erano risultati pregiudizievoli per la figlia; ha quindi considerato che le persistenti difficoltà familiari avevano carattere potenzialmente transitorio e ben avrebbero potuto essere superate attuando un percorso di sostegno con l'aiuto dei servizi sociali (fol. 10).
In particolare, dando atto dei profili di problematicità psichiatrica e psicologica di entrambi i genitori, ha rimarcato che la decisione di dichiarare la adottabilità della minore era stata presa sulla scorta della sola relazione negativa circa le capacità genitoriali redatta in data 06/11/2013 dalle psicologhe della associazione "Nostra Famiglia" di Ostuni, dove la piccola era stata collocata in data 27/04/2013, per poi essere data in affidamento, ed ha ritenuto che non vi fosse stata una attenta analisi dell'incidenza della misura dell'adozione.
Ha quindi sottolineato che vi erano fatti nuovi di cui tenere conto, segnatamente il percorso terapeutico intrapreso positivamente dalla madre dopo l'accertamento compiuto il 06/11/2013 e le conclusioni rassegnate nella CTU - disposta in secondo grado, al fine di accertare non solo le capacità genitoriali, ma anche le capacità accuditive ed educative e la possibilità di attuare un percorso di affiancamento e/o sostegno da parte di struttura specializzata, onde consentire il recupero del rapporto genitoriale con la minore, - che aveva evidenziato elementi positivi in relazione alla capacità accuditive ed educative, segnalando che la coppia, che nel frattempo aveva avuto un altro figlio di cui si stava occupando senza grossi problemi.
Ma. Ma., nella qualità di curatore speciale della minore, giusta nomina del Tribunale per i minorenni di Lecce del 21/12/2012, ricorre per cassazione ex art. 17, ultimo comma, della legge n.184/1983, con due mezzi.
I genitori resistono con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.

Considerato che:

1. Preliminarmente va accolta l'eccezione di inammissibilità del controricorso per assenza di procura speciale perché fondata.
La procura in atti, apposta su foglio a parte privo degli elementi di congiunzione, non contiene infatti alcun riferimento né alla specifica controversia, né alla proposizione del giudizio di cassazione (cfr. Cass. nn. 8741/2017, 2554/2017, 58/2016); ciò comporta l'inammissibilità del controricorso.
2. Sempre preliminarmente va dichiarata irricevibile la documentazione prodotta dal ricorrente con la memoria, in applicazione del condiviso principio secondo il quale nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione, secondo quanto disposto dall'art. 372 cod. proc. civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l'ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero eventuali nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata (Cass. n. 7515 del 31/03/2011); ne consegue che è inammissibile la produzione allegata alla memoria difensiva, atteso che i documenti prodotti (tre relazioni dei Servizi Sociali dell'ASI- di Lecce ed una della Comunità Alloggio "Centro sociale Annibale di Francia"), successivi alla notifica del ricorso per cassazione, non rispondono ai requisiti anzidetti.
3. Con il primo motivo il curatore speciale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 8, 10, 12 e 15 della legge n.184/1983 e degli artt.7-9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
Sostiene che non è stato considerato il reale stato di abbandono della minore, segnalato dalla comunità Nuova Famiglia, ove era collocata, e dalla stessa CTU disposta dalla Corte di appello lamentando sostanzialmente una motivazione assertivamente centrata sui principi di diritto e non calata nella puntuale valutazione delle emergenze processuali e degli stessi esiti della CTU disposta dalla stessa Corte di appello.
4. Con il secondo motivo è denunciato l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che viene individuato nell'esame della CTU, le cui conclusioni sono state - a dire del ricorrente - completamente disattese.
5. I motivi possono essere trattati congiuntamente perché sono strettamente connessi ed involgono la medesima statuizione.
6. Sono infondati e vanno respinti perché la sentenza impugnata risponde alle linee guida che governano i presupposti e ispirano la disciplina dell'adozione, in forza dei quali l'interesse prevalente del minore è quello «di vivere, per quanto possibile, con i propri genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia» di origine (Cass. n. 13435/2016), di guisa che «il giudice di merito deve, prioritariamente, tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità» (Cass. n. 22589/2017).
Come, più volte affermato con condiviso principio, il ricorso alla dichiarazione di adottabilità deve rappresentare la extrema ratio (Cass. nn.23979/2015, 3915/2018), «cui è possibile ricorrere non già per consentirgli di essere accolto in un contesto più favorevole, così sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici, ma solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ivi compreso l'affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio.» (Cass. n.7391/2016) ed è richiesto al giudice di merito di operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell'intervento dei servizi territoriali.» (Cass. n. 7559/2018).
In particolare è stato rimarcato che «Ai fini dell'accertamento dello stato di abbandono quale presupposto della dichiarazione di adottabilità, non basta che risultino insufficienze o malattie mentali, anche permanenti, o comportamenti patologici dei genitori, essendo necessario accertare la capacità genitoriale in concreto di ciascuno di loro, a tal fine verificando l'esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita equilibrata e serena dei figli e tenendo conto della positiva volontà dei genitori di recupero del rapporto con essi.» (Cass. n. 7391 del 14/04/2016).
Inoltre «il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori.» (Cass. n. 24445/2015)
La Corte di appello ha dato corretta applicazione a detti principi giacché con puntualità ha ripercorso le vicende della piccola Gi. e dei suoi genitori ed ha dato conto del fatto che la Bi., nelle more della definizione della procedura di adottabilità, aveva intrapreso con esiti positivi un percorso terapeutico di cui non si era tenuto conto in primo grado, e che la CTU, svolta in secondo grado, pur riconoscendo e considerando i limiti personologici e psicopatologici dei due genitori, aveva tuttavia valorizzato i comportamenti accuditivi assunti a seguito della nascita di un altro figlio ed una certa complementarietà nell'assunzione dei ruoli materno e paterno, sulla scorta dei quali aveva prospettato un possibile progressivo riavvicinamento genitori-figlia, ove adeguatamente supportato da una struttura specializzata.
Sulla scorta della complessiva indagine la Corte di appello ha escluso la ricorrenza della situazione di abbandono, pur avendo ravvisato - allo stato - difficoltà transitorie legate alla patologia psichiatrica e/o psicologica dei genitori in via di remissione, potenzialmente superabili mediante un percorso di sostegno con l'aiuto dei Servizi sociali da sottoporre nel prosieguo a monitoraggio, a cura dell'Autorità giudiziaria competente.
Il ricorrente sostanzialmente propone e sostiene una sua personale valutazione dei fatti e degli esiti della CTU, lontana dai principi prima illustrati, e trascura le conclusioni assunte dalla Corte di appello- in linea con la giurisprudenza di legittimità - circa l'assenza dello stato di abbandono e la motivazione intesa a sottolineare la possibilità di preservare il rapporto di genitorialità naturale attraverso un adeguato supporto.
Risultano, infine, inammissibili le considerazioni svolte dal ricorrente circa il legame relazionale tra la minore e la famiglia affidataria - svolte nella memoria ex art.380 bis 1, cod. proc. civ.- per la novità e la carenza di specificità, giacché non appaiono rientrare, alla stregua del ricorso e della sentenza, nei temi di causa.
6. In conclusione il ricorso va rigettato.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Nulla per le spese, stante l'inammissibilità del controricorso.

P.Q.M.
- Dichiara inammissibile il controricorso;
- Rigetta il ricorso;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il giorno 5 luglio 2018.