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Figlia malata, PEC nel fascicolo sbagliato: colpa del difensore (Cass. 48892/18)

25 ottobre 2018, Cassazione penale

L’assoluto impedimento fisico a comparire - e quindi il diritto al rinvio dell'udienza -  sussiste solo in presenza di specifica indicazione nel certificato medico prodotto a sostegno dell’istanza di patologie che rendano impossibile o rischioso lo spostamento per raggiungere il luogo dell’udienza.

Il difensore impedito a partecipare all'udienza non può esonerarsi dal dovere di diligenza di verificare la tempestiva sottoposizione della posta elettronica certificata al giudice, avendo anche l'onere di sostenere e difendere le ragioni dell’istanza dinanzi al Giudice, nel contraddittorio delle altre parti processuali.    


Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 20 settembre – 25 ottobre 2018, n. 48892
Presidente Palla – Relatore Scotti

 Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 15/5/2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona del 18/11/2014, appellata dall’imputata L.P. , ha ridotto la pena inflitta in primo grado ad entrambe le imputate, ossia a L.P. e L.L. (a quest’ultima ex art. 587 cod.proc.pen.), a due anni di reclusione ed Euro 600,00 di multa, revocando la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Il Tribunale aveva dichiarato L.P. e L. responsabili, in concorso fra loro, del reato di furto aggravato ex art.110, 624, 625 n.4, 99, commi 1, 2, n.1 e 2, e 3 cod.pen. per il furto con destrezza di catenine d’oro da una gioielleria, con recidiva specifica, infra-quinquennale e plurima, e le aveva perciò condannate alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, con interdizione temporanea dai pubblici uffici
2. Ha proposto ricorso l’avv. BA, difensore di fiducia dell’imputata L.P. , svolgendo un motivo, proposto ex art.606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen., per lamentare violazione della legge penale processuale in relazione all’art. 420 ter cod.proc.pen., a causa dell’illegittimo rigetto da parte del Tribunale della richiesta di rinvio dell’udienza del 30/9/2014 per legittimo impedimento dell’imputata, con la conseguente nullità assoluta e insanabile ex art.178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod.proc.pen..
L’imputata aveva presentato istanza di rinvio dell’udienza del 30/9/2014, corredata da certificato medico, perché costretta ad assistere la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, pervenuta a mezzo fax alla Cancelleria alle ore 18.28 del giorno antecedente l’udienza; il Tribunale non aveva avuto contezza dell’istanza, di cui non veniva dato atto in alcun modo e procedeva.
Alla successiva udienza del 18/11/2014 la difesa aveva chiesto di essere rimessa in termini per la proposizione dell’istanza di definizione nelle forme del giudizio abbreviato; l’istanza veniva respinta e l’imputata doveva "subire" il dibattimento.
La Corte aveva respinto il motivo di gravame, affermando che sarebbe stato onere della difesa sincerarsi della sorte della propria richiesta trasmessa a mezzo fax, inserita erroneamente in altro fascicolo e quindi non sottoposta al tempestivamente al Giudice procedente.
Così argomentando, la Corte territoriale si era conformata ad una linea interpretativa superata dal successivo e preferibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, che non grava l’istante dell’onere di verificare l’effettiva trasmissione della sua istanza, tempestivamente trasmessa al corretto indirizzo con lo strumento tecnologico.

Considerato in diritto

1. Il motivo proposto è manifestamente infondato per due concorrenti ordini di ragioni.
1.1. In primo luogo, la ricorrente lamenta violazione della legge penale processuale in relazione all’art.420 ter cod.proc.pen., a causa dell’illegittimo rigetto da parte del Tribunale della richiesta di rinvio dell’udienza del 30/9/2014 per legittimo impedimento dell’imputata, con la conseguente nullità assoluta e insanabile ex art.178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod.proc.pen., a suo dire scaturente dal mancato esame e accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza del 30/9/2014, corredata da certificato medico, per la necessità assistere la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, trasmessa a mezzo fax alla Cancelleria alle ore 18.28 del giorno antecedente l’udienza; il Tribunale non aveva avuto contezza dell’istanza, di cui non era stato dato atto in alcun modo e aveva proceduto, così privando l’imputata della possibilità di accedere al giudizio abbreviato.
1.1. L’art. 420 ter, commi 1 e 3, cod.proc.pen. si riferisce alla assoluta impossibilità a comparire.
Di conseguenza, la giurisprudenza di questa Corte, pur riconoscendo che l’impossibilità predetta non va intesa in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l’imputato, in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che egli debba essere in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge, non si accontenta, al fine del necessario differimento dell’udienza per impedimento, della mera attestazione di un’infermità, documentata da un certificato medico che si limiti a prescrivere alcuni giorni di riposo e cura; è invece necessaria l’indicazione nella certificazione degli elementi opportuni per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità del carattere assolutamente ostativo dell’impedimento.
Sono stati pertanto ritenuti legittimi i provvedimenti di rigetto delle istanze di rinvio dell’udienza, per impedimento dell’imputato o del difensore a comparire, documentate da un certificato medico che si limitava ad attestare un’infermità e a indicare una prognosi, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’impedimento, non riscontrabili laddove si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, non denotino la sussistenza di una condizione tale da comportare l’impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute (Sez. 5, n. 3558 del 19/11/2014 - dep. 2015, Margherita e altro, Rv. 262846; Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014, F, Rv. 260814;Sez. 6, n. 36373 del 04/04/2014, Casciello, Rv. 260614; Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013, G., Rv. 254896); l’assoluto impedimento fisico a comparire richiesto dalla legge sussiste perciò solo in presenza di specifica indicazione nel certificato medico prodotto a sostegno dell’istanza di patologie che rendano impossibile o rischioso lo spostamento per raggiungere il luogo dell’udienza (Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264362).
Nella specie, l’impedimento determinato da motivi di salute, secondo la stessa allegazione della ricorrente, non riguardava la persona dell’imputata, ma la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, cosa questa che non concretizza in alcun modo una forma di "assoluta impossibilità" a comparire, dal momento che le esigenze di assistenza ben potevano essere soddisfatte anche per interposta persona (coniuge, convivente, familiari, amici, e, se non altro, personale opportunamente retribuito).
Il ricorso e la stessa istanza non deducono e non dimostrano l’impossibilità di provvedere in via alternativa alle addotte esigenze di assistenza della minore, meramente allegata in modo del tutto generico (".... Non avendo, allo stato, persone che possano prestare efficace assistenza alla bambina al suo posto").
V’è anche da aggiungere che il certificato allegato all’istanza afferma l’esistenza della malattia della bimba ma non la sua data di insorgenza, non valuta la gravità dell’eventuale stato febbrile e neppure a rigore contiene l’affermazione di averla visitata.
1.2. La censura è manifestamente infondata anche sotto un altro profilo.
La Corte territoriale si è infatti conformata alla condivisibile giurisprudenza di legittimità, in tema di comunicazione dell’impedimento (dell’imputato o del difensore), del tutto prevalente e, diversamente da quanto assume la ricorrente.
Secondo tale orientamento, la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento, inviata a mezzo telefax in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile, ma l’utilizzo di tale non regolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi, in sede di impugnazione, dell’omesso esame della richiesta stessa, di accertarsi - mediante un sostituto processuale, un addetto di studio o un’interlocuzione telefonica (o, nel caso dell’impedimento dell’imputato, a maggior ragione, a cura del difensore stesso) del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente. Solo nel caso in cui l’impedimento - improvvisamente ed inevitabilmente insorto - sia tale da precludere all’interessato qualsiasi possibilità di attivazione, il medesimo è esentato dalle predette verifiche, salvo l’onere di provare le circostanze che le hanno rese inattuabili (Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 - dep. 2018, Deriù, Rv. 272049; Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264361; Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013 - dep.2014, Stucchi, Rv. 258526).
Secondo un indirizzo apparentemente meno severo, l’invio a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore non comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente, ma è pur sempre necessario dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente l’esistenza dell’istanza (Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016 - dep. 2017, Asmarandei, Rv. 268942).
Analogamente si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte con riferimento al diverso mezzo di trasmissione della posta elettronica certificata.
A fronte di un indirizzo più restrittivo, secondo cui nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata (Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702, resa in fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo p.e.c. dal difensore di fiducia dell’imputato), l’orientamento più elastico assimila la soluzione a quella prevalsa nella giurisprudenza a proposito della trasmissione a mezzo fax. Tali pronunce ritengono pur sempre che la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non sia di per sé irricevibile o inammissibile, e che il ricorso a tale irregolare modalità di trasmissione comporti l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mai/ in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice procedente. (Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Pigionanti, Rv. 260963; Sez. 6, n. 35217 del 19/04/2017, C, Rv. 270912; Sez.2, n.53692 del 23/11/2017, Ishlyamski, in motivazione).
Della correttezza di tale orientamento in tema di necessità di controllo circa l’effettiva trasmissione tempestiva al Giudice procedente dell’istanza non è consentito dubitare almeno nel caso in cui si tratti di un impedimento dell’imputato, perché il difensore non può certamente esonerarsi dal dovere di diligenza di verificare la circostanza, come pure da quello di sostenere e difendere le ragioni dell’istanza dinanzi al Giudice, nel contraddittorio delle altre parti processuali.
Nella fattispecie la ricorrente non solo non dimostra affatto che la richiesta spedita a mezzo posta elettronica certificata sia stata sottoposta al giudice prima dell’udienza ma anzi riconosce il contrario, non contestando quanto riferito nella sentenza impugnata (e cioè che da un’anonima annotazione di cancelleria contenuta nel fascicolo di primo grado risultava che il documento era pervenuto dopo l’udienza ed erroneamente inserito in altro fascicolo).
All’udienza del 30/9/2014 l’avv.GA, difensore di L.P. non era presente, e veniva sostituito ex art.97, comma 4, cod.proc.pen. dall’avv. S.
Appare quindi ineccepibile il rilievo ostativo opposto dalla Corte territoriale, basato sul mancato controllo da parte del difensore.
2. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna della ricorrente ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen. al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n. 186).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 settembre – 25 ottobre 2018, n. 48892
Presidente Palla – Relatore Scotti

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Ancona con sentenza del 15/5/2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona del 18/11/2014, appellata dall’imputata L.P. , ha ridotto la pena inflitta in primo grado ad entrambe le imputate, ossia a L.P. e L.L. (a quest’ultima ex art. 587 cod.proc.pen.), a due anni di reclusione ed Euro 600,00 di multa, revocando la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Il Tribunale aveva dichiarato L.P. e L. responsabili, in concorso fra loro, del reato di furto aggravato ex art.110, 624, 625 n.4, 99, commi 1, 2, n.1 e 2, e 3 cod.pen. per il furto con destrezza di catenine d’oro da una gioielleria, con recidiva specifica, infra-quinquennale e plurima, e le aveva perciò condannate alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, con interdizione temporanea dai pubblici uffici
2. Ha proposto ricorso l’avv. Barbara Antenucci, difensore di fiducia dell’imputata L.P. , svolgendo un motivo, proposto ex art.606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen., per lamentare violazione della legge penale processuale in relazione all’art. 420 ter cod.proc.pen., a causa dell’illegittimo rigetto da parte del Tribunale della richiesta di rinvio dell’udienza del 30/9/2014 per legittimo impedimento dell’imputata, con la conseguente nullità assoluta e insanabile ex art.178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod.proc.pen..
L’imputata aveva presentato istanza di rinvio dell’udienza del 30/9/2014, corredata da certificato medico, perché costretta ad assistere la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, pervenuta a mezzo fax alla Cancelleria alle ore 18.28 del giorno antecedente l’udienza; il Tribunale non aveva avuto contezza dell’istanza, di cui non veniva dato atto in alcun modo e procedeva.
Alla successiva udienza del 18/11/2014 la difesa aveva chiesto di essere rimessa in termini per la proposizione dell’istanza di definizione nelle forme del giudizio abbreviato; l’istanza veniva respinta e l’imputata doveva "subire" il dibattimento.
La Corte aveva respinto il motivo di gravame, affermando che sarebbe stato onere della difesa sincerarsi della sorte della propria richiesta trasmessa a mezzo fax, inserita erroneamente in altro fascicolo e quindi non sottoposta al tempestivamente al Giudice procedente.
Così argomentando, la Corte territoriale si era conformata ad una linea interpretativa superata dal successivo e preferibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, che non grava l’istante dell’onere di verificare l’effettiva trasmissione della sua istanza, tempestivamente trasmessa al corretto indirizzo con lo strumento tecnologico.

Considerato in diritto

1. Il motivo proposto è manifestamente infondato per due concorrenti ordini di ragioni.
1.1. In primo luogo, la ricorrente lamenta violazione della legge penale processuale in relazione all’art.420 ter cod.proc.pen., a causa dell’illegittimo rigetto da parte del Tribunale della richiesta di rinvio dell’udienza del 30/9/2014 per legittimo impedimento dell’imputata, con la conseguente nullità assoluta e insanabile ex art.178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod.proc.pen., a suo dire scaturente dal mancato esame e accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza del 30/9/2014, corredata da certificato medico, per la necessità assistere la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, trasmessa a mezzo fax alla Cancelleria alle ore 18.28 del giorno antecedente l’udienza; il Tribunale non aveva avuto contezza dell’istanza, di cui non era stato dato atto in alcun modo e aveva proceduto, così privando l’imputata della possibilità di accedere al giudizio abbreviato.
1.1. L’art. 420 ter, commi 1 e 3, cod.proc.pen. si riferisce alla assoluta impossibilità a comparire.
Di conseguenza, la giurisprudenza di questa Corte, pur riconoscendo che l’impossibilità predetta non va intesa in senso esclusivamente meccanicistico, come impedimento materiale che risulti superiore a qualsiasi sforzo umano, prescindendo dalle condizioni psico-fisiche in cui versa l’imputato, in quanto la garanzia sottesa all’esercizio del diritto di difesa comporta che egli debba essere in grado di presenziare al processo a suo carico come parte attiva della vicenda che lo coinvolge, non si accontenta, al fine del necessario differimento dell’udienza per impedimento, della mera attestazione di un’infermità, documentata da un certificato medico che si limiti a prescrivere alcuni giorni di riposo e cura; è invece necessaria l’indicazione nella certificazione degli elementi opportuni per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità del carattere assolutamente ostativo dell’impedimento.
Sono stati pertanto ritenuti legittimi i provvedimenti di rigetto delle istanze di rinvio dell’udienza, per impedimento dell’imputato o del difensore a comparire, documentate da un certificato medico che si limitava ad attestare un’infermità e a indicare una prognosi, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’impedimento, non riscontrabili laddove si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, non denotino la sussistenza di una condizione tale da comportare l’impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute (Sez. 5, n. 3558 del 19/11/2014 - dep. 2015, Margherita e altro, Rv. 262846; Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014, F, Rv. 260814;Sez. 6, n. 36373 del 04/04/2014, Casciello, Rv. 260614; Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013, G., Rv. 254896); l’assoluto impedimento fisico a comparire richiesto dalla legge sussiste perciò solo in presenza di specifica indicazione nel certificato medico prodotto a sostegno dell’istanza di patologie che rendano impossibile o rischioso lo spostamento per raggiungere il luogo dell’udienza (Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264362).
Nella specie, l’impedimento determinato da motivi di salute, secondo la stessa allegazione della ricorrente, non riguardava la persona dell’imputata, ma la figlia, affetta da rinofaringite e bronchite acuta, cosa questa che non concretizza in alcun modo una forma di "assoluta impossibilità" a comparire, dal momento che le esigenze di assistenza ben potevano essere soddisfatte anche per interposta persona (coniuge, convivente, familiari, amici, e, se non altro, personale opportunamente retribuito).
Il ricorso e la stessa istanza non deducono e non dimostrano l’impossibilità di provvedere in via alternativa alle addotte esigenze di assistenza della minore, meramente allegata in modo del tutto generico (".... Non avendo, allo stato, persone che possano prestare efficace assistenza alla bambina al suo posto").
V’è anche da aggiungere che il certificato allegato all’istanza afferma l’esistenza della malattia della bimba ma non la sua data di insorgenza, non valuta la gravità dell’eventuale stato febbrile e neppure a rigore contiene l’affermazione di averla visitata.
1.2. La censura è manifestamente infondata anche sotto un altro profilo.
La Corte territoriale si è infatti conformata alla condivisibile giurisprudenza di legittimità, in tema di comunicazione dell’impedimento (dell’imputato o del difensore), del tutto prevalente e, diversamente da quanto assume la ricorrente.
Secondo tale orientamento, la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento, inviata a mezzo telefax in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile, ma l’utilizzo di tale non regolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi, in sede di impugnazione, dell’omesso esame della richiesta stessa, di accertarsi - mediante un sostituto processuale, un addetto di studio o un’interlocuzione telefonica (o, nel caso dell’impedimento dell’imputato, a maggior ragione, a cura del difensore stesso) del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente. Solo nel caso in cui l’impedimento - improvvisamente ed inevitabilmente insorto - sia tale da precludere all’interessato qualsiasi possibilità di attivazione, il medesimo è esentato dalle predette verifiche, salvo l’onere di provare le circostanze che le hanno rese inattuabili (Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 - dep. 2018, Deriù, Rv. 272049; Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264361; Sez. 2, n. 9030 del 05/11/2013 - dep.2014, Stucchi, Rv. 258526).
Secondo un indirizzo apparentemente meno severo, l’invio a mezzo telefax della richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore non comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente, ma è pur sempre necessario dimostrare che il giudice sia stato messo nella condizione di conoscere tempestivamente l’esistenza dell’istanza (Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016 - dep. 2017, Asmarandei, Rv. 268942).
Analogamente si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte con riferimento al diverso mezzo di trasmissione della posta elettronica certificata.
A fronte di un indirizzo più restrittivo, secondo cui nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata (Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702, resa in fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo p.e.c. dal difensore di fiducia dell’imputato), l’orientamento più elastico assimila la soluzione a quella prevalsa nella giurisprudenza a proposito della trasmissione a mezzo fax. Tali pronunce ritengono pur sempre che la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non sia di per sé irricevibile o inammissibile, e che il ricorso a tale irregolare modalità di trasmissione comporti l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mai/ in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice procedente. (Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Pigionanti, Rv. 260963; Sez. 6, n. 35217 del 19/04/2017, C, Rv. 270912; Sez.2, n.53692 del 23/11/2017, Ishlyamski, in motivazione).
Della correttezza di tale orientamento in tema di necessità di controllo circa l’effettiva trasmissione tempestiva al Giudice procedente dell’istanza non è consentito dubitare almeno nel caso in cui si tratti di un impedimento dell’imputato, perché il difensore non può certamente esonerarsi dal dovere di diligenza di verificare la circostanza, come pure da quello di sostenere e difendere le ragioni dell’istanza dinanzi al Giudice, nel contraddittorio delle altre parti processuali.
Nella fattispecie la ricorrente non solo non dimostra affatto che la richiesta spedita a mezzo posta elettronica certificata sia stata sottoposta al giudice prima dell’udienza ma anzi riconosce il contrario, non contestando quanto riferito nella sentenza impugnata (e cioè che da un’anonima annotazione di cancelleria contenuta nel fascicolo di primo grado risultava che il documento era pervenuto dopo l’udienza ed erroneamente inserito in altro fascicolo).
All’udienza del 30/9/2014 l’avv.Gianluigi Amoroso, difensore di L.P. non era presente, e veniva sostituito ex art.97, comma 4, cod.proc.pen. dall’avv. Saccomeni.
Appare quindi ineccepibile il rilievo ostativo opposto dalla Corte territoriale, basato sul mancato controllo da parte del difensore.
2. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile; ne consegue la condanna della ricorrente ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen. al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n. 186).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.