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Fatto tenue si giudica dal comportamento (Cass.23245/19)

28 maggio 2019, Cassazione penale

Non esiste quindi un'offesa tenue o grave in chiave archetipica poichè è la concreta manifestazione del reato a segnarne il disvalore. Ciò che conta è, dunque, il riferimento testuale alle modalità della condotta, al comportamento. La nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.

Il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l'esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza. Il giudizio sulla tenuità del fatto comporta, in conseguenza, una valutazione che ha ad oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1. Si richiede, in breve, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta; e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto. 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

(ud. 20/02/2019) 28-05-2019, n. 23245

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. TORNESI Daniela Rita - Consigliere -

Dott. NARDIN Maura - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI PALERMO;

nel procedimento a carico di:

P.V., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/10/2015 del TRIBUNALE di MARSALA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELA DAWAN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PERELLI SIMONE, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Procuratore generale della Corte di appello di Palermo ha impugnato la sentenza con cui il Tribunale di Marsala assolveva P.V. dal reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 (commesso in (OMISSIS)) per particolare tenuità del fatto: il giudice, sostiene, non deve esclusivamente limitarsi a verificare l'astratta applicabilità dell'istituto avuto riguardo ai limiti edittali di pena e alla non abitualità del reato ma deve sottoporre ad un rigoroso vaglio critico il requisito della tenuità dell'offesa, il quale non è determinato dal fatto che la pena editale sia contenuta in ambiti "limitati" o che il reato sia generalmente considerato di "non particolare disvalore sociale" ma richiede, di contro, una rigorosa disamina delle modalità della condotta, della esiguità del danno o del pericolo da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'art. 133 c.p..

In relazione al reato commesso, per le caratteristiche intrinseche e per le finalità cui è destinato, non può reputarsi sussistente la fattispecie di cui all'art. 131-bis c.p. in quanto le modalità della condotta e l'entità del danno causato o causabile non consentono di considerare l'offesa "di particolare tenuità".

Motivi della decisione


1. Il ricorso è inammissibile perchè connotato da manifesta infondatezza e genericità.

2. La sentenza impugnata ricorda che, prima dell'apertura del dibattimento, le parti concordemente chiedevano pronunciarsi sentenza ai sensi dell'art. 469 c.p.p., comma 1-bis, in considerazione della particolare tenuità del fatto. Il Giudice - ritenuto che, nel caso di specie, l'offesa fosse di particolare tenuità "in ragione delle specifiche modalità della condotta già desumibili dalla prospettazione accusatoria" - rilevava altresì la non ricorrenza di alcuna delle condizioni ostative indicate dall'art. 131-bis, c.p..

3. Come è noto, il legislatore ha limitato il campo d'applicazione dell'anzidetta causa di non punibilità in relazione alla gravità del reato, desunta dalla pena edittale massima; ed alla non abitualità del comportamento. In tale ambito, il fatto particolarmente tenue va individuato alla stregua di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori: le modalità della condotta, l'esiguità del danno o del pericolo, il grado della colpevolezza. Il giudizio sulla tenuità del fatto comporta, in conseguenza, una valutazione che ha ad oggetto le modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo valutate ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1. Si richiede, in breve, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta; e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594), in una ampia e compiuta illustrazione dell'istituto di recente conio, hanno tra l'altro affermato, per ciò che qui interessa, che non esiste quindi un'offesa tenue o grave in chiave archetipica poichè è la concreta manifestazione del reato a segnarne il disvalore. Ciò che conta è, dunque, il riferimento testuale alle modalità della condotta, al comportamento. La nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.

Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall'agente; secondo l'insegnamento espresso nella pagina fondativa del fatto nella teoria generale del reato. Ed è chiaro che la novella intende per l'appunto riferirsi alla connotazione storica della condotta, essendo in questione non la conformità al tipo, bensì l'entità del suo complessivo disvalore.

Essendo allora in considerazione la caratterizzazione del fatto storica nella sua interezza, non si dà tipologia di reato per la quale non sia possibile la considerazione della modalità della condotta; ed in cui sia quindi inibita ontologicamente l'applicazione del nuovo istituto. L'opinione contraria manifestata dal ricorrente è deviata dalla impropria sovrapposizione tra il fatto tipico ed il fatto storico, tra l'offesa e la sua entità e condurrebbe a frustrare le finalità deflative sottese alla novella.

4. Ciò premesso, il Collegio osserva che, in conformità ai menzionati principi, la motivazione offerta dal Tribunale di Marsala si appalesa adeguata dando la stessa conto dell'insussistenza: di circostanze idonee a connotare di disvalore la condotta, di un'abitualità nella condotta dell'imputato e delle altre condizioni negative e ostative indicate dall'art. 131-bis c.p., comma 3.

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2019