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Evade, ma davvero per soccorrere fidanzata? (Cass.16002/19)

11 aprile 2019, Cassazione penale

Non può essere dichiarata l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto.

In tema di evasione, non è idonea ad integrare la circostanza attenuante di cui all'art. 385, comma quarto, cod. pen., la circostanza che il soggetto sottoposto a misura degli arresti domiciliari ovvero della detenzione domiciliare, dopo essere evaso, rientri spontaneamente nella abitazione luogo da cui si è arbitrariamente allontanato, essendo indispensabile che lo stesso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un'autorità che abbia l'obbligo di tradurlo in carcere.

Nel giudizio di cassazione il vizio di motivazione (in tal senso dovendosi intendere la censura), infatti, non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono infondate, il loro mancato o erroneo esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia.


Corte di Cassazione

sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 11 aprile 2019, n. 16002
Presidente Di Stefano – Relatore Costantini

Ritenuto in fatto

1. An. Gi., per mezzo del proprio difensore, impugna la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che ha confermato la decisione del Tribunale di Firenze che aveva condannato il ricorrente, non applicata la recidiva contestata e con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di mesi dieci di reclusione, in ordine al delitto di cui all'art. 385 cod. pen., in Firenze il 23 luglio 2015.

2. IL ricorrente deduce i motivi di seguito indicati.

2.1. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento alla mancata applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.

La sentenza avrebbe trascurato di valutare i presupposti ai fini dell'applicazione dell'istituto sulla base di argomentati rilievi che sono attinenti, in astratto, al delitto di evasione, senza in realtà concretamente valutare la condotta del ricorrente che si era allontanato dall'abitazione al solo scopo di ricorrere alle cure mediche da apprestare in favore della fidanzata.

2.2. Violazione dell'art. 385, comma quarto, cod. pen.
Il ricorrente si era consegnato alle autorità di polizia facendo rientro in abitazione, circostanza che imponeva la concessione dell'invocata attenuante.
La Corte avrebbe errato laddove ha ritenuto la circostanza non applicabile in assenza di spontaneità della consegna, elemento non richiesto dalla norma in esame.

2.3. Violazione dell'art. 62-bis cod. pen. La Corte d'appello ha giustificato la mancata concessione delle attenuanti generiche rimproverando al ricorrente di non aver fatto ricorso al 118, senza prendere in esame l'episodicità del comportamento addebitato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Infondato risulta il secondo motivo con il quale si deduce la mancata applicazione dell'attenuante di cui all'art. 385, comma quarto, cod. pen. sulla base dell'immediato rientro in abitazione del ricorrente.

E’ principio consolidato di questa Corte Suprema quello secondo cui non è idonea ad integrare la circostanza attenuante di cui all'art. 385, comma quarto, cod. pen., la circostanza che il soggetto sottoposto a misura degli arresti domiciliari ovvero della detenzione domiciliare, dopo essere evaso, rientri spontaneamente nella abitazione luogo da cui si è arbitrariamente allontanato, essendo indispensabile che lo stesso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un'autorità che abbia l'obbligo di tradurlo in carcere (Sez. 6, n. 4957 del 21/10/2014, dep. 2015, Comandatore, Rv. 262154).

Seppure la sentenza impugnata abbia erroneamente fatto riferimento alla assenza del profilo della spontaneità, circostanza che, per quanto sopra detto risulta essere non necessario, tale errore in ordine ai presupposti di applicazione della attenuante di cui all'art. 385, comma quarto, cod. pen. risulta non conseguire effetti sullo specifico punto della sentenza, in considerazione del fatto che l'interpretazione ed il significato della norma opera a prescindere dalla motivazione che il giudice espone in proposito.

Nel giudizio di cassazione il vizio di motivazione (in tal senso dovendosi intendere la censura), infatti, non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono infondate, il loro mancato o erroneo esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia (Sez. 1, n. 16372 del 20/03/2015, De Gennaro, Rv. 263326).

3. In ordine al terzo motivo si osserva che, per consolidato principio di questa Corte, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).

Si rileva in proposito come la Corte di appello ha negato la concessione delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. sulla base della gravità del reato commesso tenuto conto del doppio titolo restrittivo contemporaneamente violato per mezzo dell'allontanamento; è stata anche smentita la tesi del ricorrente a mente della quale si sarebbe recato presso una farmacia in considerazione delle condizioni di salute della fidanzata; circostanza che, per l'astratta possibilità di potere invece fare ricorso al servizio 118, risultava scarsamente credibile. Questo, infatti, è il senso della motivazione della decisione che assegna alla condotta del ricorrente una particolare rilevanza alla contestata violazione. Seppure, invero, il contenuto della motivazione sullo specifico aspetto risulti essere enunciato in termini sintetici e di incerta comprensione, il significato dell'espressione utilizzata dalla Corte di merito deve essere interpretato facendo anche ricorso alla motivazione della sentenza di primo grado al riguardo.

Occorre infatti ribadire, sul piano generale ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte d'appello, che siffatta decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, quando l'iter motivazionale di entrambe si dispiega secondo l'articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti (ex multis, Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061).

La sentenza di primo grado, pur affermando che la circostanza non era determinante ai fini dell'integrazione oggettiva e soggettiva del reato, aveva dato atto dei controlli effettuati da parte dei Carabinieri che escludevano che il ricorrente si fosse recato presso l'indicata farmacia, chiusa nell'orario in questione e presso la quale non era stato utilizzato il citofono dal ricorrente, mentre nessuna allegazione era stata fornita in ordine al presunto malore della fidanzata che, proprio in virtù della possibilità di poter, se del caso, fare ricorso al servizio del 118, non è stata oggetto di positiva valutazione.

Questo risulta il senso, quindi, da assegnare all'enunciato della Corte territoriale al riguardo che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non ha in alcun modo accusato l'An. di non aver fatto ricorso al servizio di soccorso sanitario del "118", ma ha inteso solo affermare che la giustificazione addotta in ordine al solo riferito malore della fidanzata non fosse stata in alcun modo dimostrata, rimanendo, quindi, ferma la responsabilità, sic et simpliciter, per un allontanamento dal luogo di detenzione, senza che ricorresse alcuna giustificazione giuridicamente rilevante.

4. Ciò detto in ordine al secondo e terzo motivo, deve a questo punto essere affrontato il primo motivo di ricorso connesso alla mancata applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.

In proposito si deve dare atto che la risposta al ricorso risulta erroneamente risolto dalla Corte di merito che, in concreto, esclude anche la sola astratta possibilità di poter applicare, in ipotesi di evasione la causa di non punibilità in questione. Evenienza questa certamente mai affermata da questa Corte che, invece, ne ha consentito la applicazione in ipotesi di evasioni scarsamente offensive (in tal senso, infatti Sez. 6, n. 19126 del 09/03/2016, Casillo, non massimata; non anche Sez. 6, n. 45073 del 16/09/2015, Barrara, Rv. 265224, decisione che, pur frequentemente richiamata anche dal ricorrente, non risulta pertinente).

Ciò non consente di ritenere fondato il motivo di ricorso formulato che, ancora una volta, intende assegnare a circostanze smentite già dal primo giudice, il fondamento della richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità ex art. 131bis cod. pen.

Anche in tal caso deve essere fatto rinvio al contenuto della sentenza della Corte di merito che ha valorizzato la gravità del reato alla luce della contestuale plurima violazione di misure restrittive (cautelare e detentiva), unitamente a quanto dal primo giudice osservato a mente dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. e che ha portato ad una determinazione della pena al di sopra dei minimi edittali (un anno e tre mesi), risultano circostanze che ne impongono la esclusione.

Conforme, infatti, risulta giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide secondo cui, non può essere dichiarata l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto (Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015, Lembo, Rv. 265317).

Deve, quindi, essere corretto, a mente dell'art. 619, comma 1, cod. proc. pen., l'errore di diritto della motivazione della sentenza che, per quanto sopra indicato in ordine alla complessiva motivazione resa in punto di gravità del fatto contenuta nelle congiunte decisioni di merito, non hanno avuto influenza alcuna sul giudizio; e ciò specie con riferimento alla ritenuta rilevanza del fatto posta anche a base dell'omessa concessione delle attenuanti generiche, circostanze che non consentirebbero di formulare un distinto giudizio in ordine all'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.