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Elezione di domicilio presso difensore di ufficio: rescissione del giudicato (Cass. 33839/19)

25 luglio 2019, Cassazione penale

La formale adozione della dichiarazione di assenza determina il passaggio in giudicato della sentenza a prescindere dalla effettiva sussistenza delle condizioni di legge: l’istituto della rescissione del giudicato è stato introdotto al precipuo scopo di rimediare agli effetti di una declaratoria di assenza basata sulla apparente sussistenza dei presupposti previsto dalla legge, ma nei confronti di un imputato che, senza sua colpa, sia rimasto all’oscuro del processo, ovvero con la funzione di compensare gli effetti pregiudizievoli, nei confronti dell’imputato, dell’abolizione della notificazione dell’estratto della sentenza al contumace.

Il giudice investito di una richiesta di rescissione del giudicato deve verificare la sussisteva di una incolpevole mancata conoscenza del processo, verificando se ad esempio l'elezione di domicilio fatta contestualmente alla identificazione del condannato possano ingenerare un ragionevole affidamento circa il fatto che le comunicazioni successive verranno state recapitate presso la dimora richiesta ed indicata. 

Corte di Cassazione

sez. I Penale, sentenza 5 aprile – 25 luglio 2019, n. 33839
Presidente Tomassi - Relatore Cappuccio

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 19 marzo 2018 la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di A.R.P. , volta alla rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., ed all’impugnazione della sentenza del Tribunale di Rovigo del 9 luglio 2015, divenuta irrevocabile il 22 novembre 2015.
L’istanza era stata presentata asserendo che A. avesse preso conoscenza della sentenza emessa a suo carico solo in data 25 gennaio 2018, all’atto del suo arresto in esecuzione del medesimo titolo, dal momento che, dalla nomina di un difensore di ufficio ex art. 161 c.p.p., egli non aveva più avuto contatti con lo stesso ed era stato dichiarato assente dal conseguente processo celebrato a suo carico.
L’assenza, nella prospettiva del richiedente, era stata dunque determinata da incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, tale da legittimare la rescissione del giudicato nella formulazione dell’art. 629 bis c.p.p., nel testo novellato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 71.

2. La Corte di appello lagunare ha innanzitutto disatteso la richiesta, avanzata dall’istante con separata memoria ex art. 121 c.p.p., intesa alla proposizione di questione di legittimità costituzionale della L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 71, per contrasto con l’art. 24 Cost., art. 111 Cost., comma 1, e art. 117 Cost., comma 1, con riferimento ai principi di equità del processo ed effettività dei rimedi interni, sul rilievo che nella previsione dell’art. 175 c.p.p., per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la nomina formale di un difensore di ufficio, all’atto dell’esecuzione degli adempimenti previsti dall’art. 161 c.p.p., non è di per sé dimostrativa della conoscenza del processo.
Di conseguenza, ad analoghe conclusioni deve pervenirsi nell’applicazione dell’istituto, di nuova introduzione, regolato dall’art. 629 bis c.p.p., considerata, vieppiù, la diversità dei presupposti - la declaratoria di contumacia, in un caso, e di assenza, nell’altro - degli istituti previsti, rispettivamente, dagli artt. 175 e 629 bis c.p.p., tale da giustificare la non omogeneità della disciplina.
In relazione al merito dell’istanza, ha ricordato che la Corte di Cassazione ha di recente ribadito, in coerenza con un indirizzo costante, che la rescissione del giudicato non si applica al caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore di ufficio, poiché, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p., commi 2 e 3, dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere i contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento (così Sez. 5, n. 36855 del 07/07/2016, Baron, Rv. 268322, e Sez. 5, n. 12445 del 13/11/2015, Degasperi, Rv. 266368).
Ha aggiunto che neppure la eventuale negligenza del difensore nel seguire il processo può costituire prova che l’assenza del condannato dal processo sia stata dovuta a una incolpevole mancata conoscenza del procedimento, poiché una cosa è la conoscenza dell’esistenza del processo (che si ha con l’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio) altra è la diligenza nel parteciparvi, e che la presunzione di legale conoscenza del procedimento prevista dall’art. 420 bis c.p.p., è, pertanto, superabile solo nel caso in cui l’assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento (Sez. 5, n. 40848 del 13/07/2017, Fanici, Rv. 271015), circostanze questa che la difesa non ha in alcun modo né argomentato né provato.

3. A. ha proposto, tramite il difensore, avv. Giovanni Gentilini, ricorso per cassazione articolando tre motivi.

3.1. Con il primo motivo, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c), per erronea applicazione delle norme processuali in relazione all’art. 629 bis c.p.p., comma 1.
Rileva, al riguardo, che l’art. 629 bis c.p.p., è ispirato ai medesimi principi che animavano, nel previgente sistema incentrato sulla dichiarazione di contumacia, l’art. 175 c.p.p., comma 2 bis, disposizione che non autorizzava alcune presunzione di conoscenza per il caso di elezione di domicilio presso il difensore di ufficio nella fase delle indagini preliminari, seguita da notificazione all’imputato dei successivi atti processuali presso il difensore domiciliatario.
Obietta che l’interpretazione prescelta dal giudice di merito cozza, sul piano esegetico, con il dettato dell’art. 629 bis c.p.p., comma 1, letteralmente cesellato intorno al lemma "celebrazione del processo", e trascura la scelta del legislatore della riforma di ricondurre i termini della conoscenza consapevole attorno al fondamentale momento del "processo" e non già del "procedimento", con esclusione quindi - sul piano della valenza dimostrativa di qualsivoglia riferimento ad atti anteriori all’esercizio dell’azione penale, quale la dichiarazione elettiva effettuata da A. al momento di esecuzione degli adempimenti previsti dall’art. 161 c.p.p., peraltro nel 2012, ovvero sotto la vigenza di un diverso sistema di garanzie - quelle contemplate dall’art. 175 c.p.p., comma 2 bis, - che meglio salvaguardava il diritto alla piena conoscenza in capo all’imputato inconsapevole.
Imputa al giudice del merito di non avere considerato, assumendo che l’introduzione della disciplina dell’assenza ha impedito ogni possibile rimando alle garanzie previste per il contumace, che la dichiarazione elettiva era stata resa dall’odierno ricorrente quando, per "contratto processuale", quell’atto aveva prodotto determinati effetti e, soprattutto, lo dotava di determinate garanzie costituzionali e convenzionali per l’ipotesi in cui non fosse stato dimostrato che egli aveva avuto contezza del processo o vi aveva partecipato.
La segnalata aporia avrebbe trovato conferma, nella prospettiva del ricorrente, con l’eclatante correzione alla normativa di settore apportata dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, mediante l’introduzione dell’art. 162 c.p.p., comma 4 bis, intervento ricognitivo della "inefficacia in fatto" che doveva - e tuttora deve - riconoscersi alle dichiarazioni elettive non assentite dal difensore ufficioso, ovvero (come nel caso di specie) non seguite da alcuna prova materiale che l’indagato/imputato ha contattato o è stato contattato dal difensore designato, in relazione al processo e non al procedimento.
Il ricorrente, ripropone, in subordine, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 629 bis c.p.p., già rigettata dalla Corte di appello.

3.2. Con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per carenza assoluta di motivazione in ordine ad una circostanza, obiettivamente ingannevole e foriera di ambiguità, specificamente segnalata nell’istanza originaria, che atteneva all’essere stato l’A. , nel giro di pochi minuti, chiamato, da un lato, ad effettuare l’elezione di domicilio (peraltro con forme e secondo modalità che, a seguito della novella del 2017, devono ritenersi incomplete) e, dall’altro, a compilare una "scheda di identificazione" nella quale inserire, tra l’altro, il proprio "domicilio in Italia", così essendosi ingenerato in lui il falso convincimento che egli sarebbe stato destinatario di comunicazioni formali presso la propria dimora, da lui espressamente indicata ((omissis) ).
3.3. Con il terzo ed ultimo motivo, chiarisce che, quantunque il condannato, alla data di trattazione del ricorso, avrà probabilmente espiato la pena, permane il suo interesse a vedere ristorati i propri diritti processuali, anche in vista di una possibile riparazione ex art. 314 c.p.p..
4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.

2. L’istante ha chiesto la rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., che prevede, al comma 1, che "Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo".
In fatto, ha dedotto che l’assenza è stata determinata da una incolpevole conoscenza della celebrazione del processo, tale da legittimare l’applicazione dell’istituto invocato.

3. La Corte di appello di Venezia ha disatteso la richiesta affermando, in sostanza, che l’adozione della dichiarazione di assenza al cospetto di una delle ipotesi espressamente tipizzate dal legislatore, ovvero l’elezione del domicilio presso il difensore di ufficio, preclude in radice l’accesso alla rescissione, a nulla rilevando il successivo sviluppo dei rapporti tra imputato e difensore e la condotta da quest’ultimo posta in essere in sede processuale.

4. L’iter argomentativo seguito dalla Corte di appello non appare condivisibile.
Se è vero, infatti, che la formale adozione della dichiarazione di assenza determina il passaggio in giudicato della sentenza a prescindere dalla effettiva sussistenza delle condizioni di legge, non può essere dimenticato, per contro, che l’istituto della rescissione del giudicato è stato introdotto al precipuo scopo di rimediare agli effetti di una declaratoria di assenza basata sulla apparente sussistenza dei presupposti indicati dall’art. 420 bis, ma nei confronti di un imputato che, senza sua colpa, sia rimasto all’oscuro del processo, ovvero con la funzione di compensare gli effetti pregiudizievoli, nei confronti dell’imputato, dell’abolizione della notificazione dell’estratto della sentenza al contumace.

4.1. A questo proposito va, innanzitutto, notato, in linea con quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite nella motivazione (cfr., in specie, pag. 15) della sentenza n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, come, venuto meno - nel transito dalla disciplina incentrata sulla contumacia a quella che, invece, fa leva sulla nozione di assenza - il riferimento alla colpa, la condizione soggettiva dell’imputato assente trova momento di verifica, per esplicita scelta, del legislatore, in sede di giudizio di rescissione ove, con ottica ex post, vengono recuperati gli spazi di tutela che la disciplina dell’assenza ha, in sostanza, eliminato.
Univoca conferma della distinzione - sotto il profilo sia lessicale che degli effetti processuali - tra i casi in cui l’assenza sia stata dichiarata in carenza dei presupposti di legge (qualora, cioè, il giudice avrebbe dovuto prendere atto dell’impedimento a comparire ovvero sospendere il processo) e quelli in cui, processualmente corretta la relativa dichiarazione, l’imputato dimostri, nondimeno, che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, si trae dal disposto dell’art. 604 c.p.p., comma 5 bis, norma pure introdotta dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, ed afferente al giudizio di appello, che prevede, nel primo caso, che il giudice di secondo grado dichiari la nullità della sentenza e, nel secondo, che la sentenza venga, invece, annullata, ad entrambe le pronunzie conseguendo la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.

D’altro canto, la stessa giurisprudenza citata dall’estensore del provvedimento impugnato a sostegno della propria decisione riconosce, a ben vedere, che l’istituto della rescissione del giudicato è destinato ad operare anche nei casi in cui l’assenza è stata dichiarata, sotto il profilo formale, ritualmente.

In particolare, se la sentenza della Sez. 5, n. 36855 del 07/07/2016, Baron, Rv. 268322, rinvia, in argomento, a quella, emessa dalla medesima Sezione, n. 12445 del 13/11/2015, Degasperi, Rv. 266368, la lettura di quest’ultima fornisce utili elementi di conferma alla costruzione che si va delineando, riconoscendosi che, quantunque dalla elezione di domicilio "deriva una presunzione di conoscenza del processo, che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato e, pertanto, a concludere il processo anche con una sentenza di condanna idonea a passare in giudicato", "il condannato, per contro, potrà far valere l’eventuale mancata conoscenza della celebrazione del giudizio a suo carico nelle forme e nei limiti previsti dall’art. 625 ter c.p.p. (N. d.R.: oggi, art. 629 bis c.p.p.), gravando su di lui l’onere di provare che il difetto di informazione non dipenda da una causa a lui ascrivibile a titolo di colpa".

Nella stessa direzione milita, del resto, la sentenza della Sez. 5, n. 40848 del 13/07/2017, Fanici, Rv. 271015, nella cui motivazione si legge, tra l’altro, che la normativa "sul processo in "assenza", nell’abolire il processo contumaciale, ha fissato i casi in cui possa validamente presumersi la conoscenza del processo da parte dell’imputato, nel contempo confinando il diritto dell’imputato stesso, che di fatto non abbia avuto tale tempestiva effettiva conoscenza, a vedersi tutelato soltanto con lo strumento della rescissione del giudicato, destinato ad operare solo nel caso in cui sia lo stesso imputato a provare che l’assenza è stata dovuta ad una "incolpevole" mancata conoscenza della celebrazione del processo".

Non è senza significato, peraltro, che sulla medesima scia si sia posta la Sez. 1, con la recente ordinanza n. 9114 del 29 gennaio 2019, Ismal, con la quale è stata rimessa alle Sezioni Unite la questione, in larga parte coincidente con quella posta, nel merito, dall’odierno ricorrente, relativa all’attitudine dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio nominato all’atto dell’identificazione del soggetto da parte della polizia giudiziaria a giustificare una valida pronuncia della dichiarazione di assenza ex art. 420 bis c.p.p..

Nel corpo di tale provvedimento è stato, infatti, affermato, tra l’altro, che (pag. 9) le "nuove norme sul processo in assenza...., da un lato, hanno abolito il processo contumaciale e, dall’altro, hanno stabilito i casi in cui possa validamente presumersi la conoscenza del processo da parte dell’imputato, nel contempo confinando il diritto dell’imputato stesso, che di fatto non abbia avuto tale tempestiva effettiva conoscenza, a vedersi tutelato soltanto con lo strumento della rescissione del giudicato di cui all’art. 625 ter c.p.p., ora art. 629 bis c.p.p., onerante peraltro lo stesso imputato della prova che la sua assenza è dipesa da una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo", nonché (pag. 10) che l’impugnazione straordinaria disciplinata dall’art. 629 bis c.p.p., riguarda "anche, anzi primariamente, i casi in cui si dimostri che l’assenza, correttamente dichiarata, sia stata determinata da un’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo".

4.2. Così individuate le coordinate ermeneutiche di riferimento, tangibile appare la fallacia della prospettiva prescelta dalla Corte di appello di Venezia che, nell’affermare che "la rescissione del giudicato non si applica al caso in cui l’imputato sia stato dichiarato assente avendo eletto domicilio presso il difensore di ufficio, poiché, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p., commi 2 e 3, dall’elezione di domicilio deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a proceder in assenza dell’imputato", ha finito con l’avallare una interpretazione abrogatrice dell’istituto.

Erra, del pari, il giudice di merito nell’assumere, sul presupposto, stavolta correttamente enunciato, che la presunzione legale di conoscenza prevista dall’art. 420 bis c.p.p., è superabile solo nel caso in cui l’assenza sia dovuta ad assoluta impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, che l’istante non aveva, sul punto, speso alcuna argomentazione.

La Corte di appello, invero, avrebbe dovuto verificare se le circostanze in fatto dedotte dall’istante, e specificamente compendiate nel secondo motivo di ricorso per cassazione, fossero o meno idonee a configurare in capo ad A. una incolpevole mancata conoscenza del processo; se, cioè, le peculiari circostanze in cui era avvenuta l’elezione di domicilio e le relative modalità esecutive avessero fondato nell’odierno ricorrente un ragionevole affidamento circa il fatto che le comunicazioni successive gli sarebbero state recapitate presso la dimora da lui espressamente indicata.

5. Consegue alle superiori considerazioni l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Venezia per un nuovo esame dell’istanza che, libero nell’esito, tenga conto dei rilievi che sono stati sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Venezia.