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Dichiarazioni dell'indagato nel verbale amministrativo (Cass. 12004/22)

1 aprile 2022, Cassazione penale

Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale (la cui natura non muta sia che venga acquisito quale atto irripetibile, ovvero quale prova acquisibile ex art. 234 c.p.p., come affermato in epoca più recente).

Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile: ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. Il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p., cui segue il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

sentenza di data ud. 16/02/2022, deposito 01/04/2022, n. 12004
 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito - Presidente -

Dott. GALTERIO Donatella - Consigliere -

Dott. DI STASI Antonella - rel. Consigliere -

Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -

Dott. REYNAUD Gianni Filippo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F.A., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 08/10/2021 del Tribunale di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DI STASI Antonella;

lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale GIORDANO Luigi, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio;

lette per l'imputato le conclusioni scritte dell'avv. Giovanni Fusco che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 08/10/2021, il Tribunale di Napoli rigettava l'istanza di riesame, proposta nell'interesse di F.A. avverso il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 30/04/2021, con il quale si era disposto il sequestro preventivo, in via diretta e per equivalente, a fini di confisca, in relazione al reato di cui all'art. 81 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione F.A., a mezzo del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.

Con il primo motivo deduce violazione dell'art. 309 c.p.p., comma 9 e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale, a fronte della eccepita omessa autonoma valutazione degli elementi indiziari a carico dell'imputato da parte del Giudice per le indagini preliminari, aveva offerto una motivazione erronea e non condivisibile, in quanto il provvedimento genetico aveva offerto una motivazione apparente, in priva di riferimento ad elementi di fatto giustificativi del fumus commissi delicti.

Con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 e vizio di motivazione, lamentando che non era condivisibile la motivazione del Tribunale in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, non essendo sostenibile l'esistenza di operazioni soggettivamente inesistenti difettando la terza impresa esecutrice dei lavori e difettando anche l'elemento soggettivo, come evincibile dalla circostanza del rinvenimento del denaro sequestrato grazie all'indagato.

Con il terzo motivo deduce violazione dell'art. 321 c.p.p., comma 1, per difetto del fumus commissi deliciti e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale aveva ritenuto sussistente una interposizione fittizia tra società e, in particolare, un'ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti secondo cui il rapporto di appalto esistente tra la società C e la società IS sarebbe stato apparente in quanto la prestazione oggetto del contratto di appalto sarebbe stata eseguita dalla società cooperativa EL, senza valutare i dati probatori offerti dalla difesa.

Con il quarto motivo deduce errata applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, lamentando che il Tribunale, nonostante specifico motivo di gravame, nulla aveva argomentato in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti del reato contestato relativamente alle imposte dirette ed alla correlata richiesta di parziale revoca della misura ablatoria in relazione alla somma dedotta in dichiarazione a fini IRES; richiama il principio di diritto secondo cui il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 è integrato con le imposte dirette dalla solo inesistenza oggettiva delle operazioni indicate nelle fatture, mentre con riguardo all'Iva è integrato anche dalla inesistenza soggettiva.

Con il quinto motivo deduce errata applicazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. e art. 63 c.p.p., comma 2 e art. 64c.p.p. e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale aveva posto a fondamento della valutazione del fumus commissi delicti le dichiarazioni rese dall'indagato B.V. assunte dai verbalizzanti della Agenzia delle Entrate in violazione degli artt. 62 e 63 c.p.p..

Chiede, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

3. Si è proceduto in camera di consiglio senza l'intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 conv. in L. n. 176 del 2020.

Motivi della decisione

1. I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili.

Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).

Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, quindi, può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa; il vizio logico, infatti, va distinto dalla motivazione meramente apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione presente (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129).

Nella specie, i motivi in esame si sostanziano in censure di merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale in relazione al fumus commissi delicti, avendo il Collegio cautelare ampiamente e congruamente argomentato in relazione ai plurimi elementi di fatto ritenuti dimostrativi della inesistenza soggettiva delle operazioni relative alle fatture di cui all'imputazione.

Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.

2. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato.

E' indubbio che, a norma dell'art. 220 disp. att. c.p.p., quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale debbano essere compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice di rito.

Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale (la cui natura non muta sia che venga acquisito quale atto irripetibile, come ritenuto da una risalente pronuncia, Sez. 3, n. 36399 del 18/05/2011, Aponte, Rv. 251235, ovvero quale prova acquisibile ex art. 234 c.p.p., come affermato in epoca più recente da Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523). Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez.3, n. 54379 del 23/10/2018, Rv.274131; Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. Il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p., cui segue il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330).

Nondimeno, la violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. non determina automaticamente l'inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l'inutilizzabilità o la nullità dell'atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l'art. 220 disp. att. rimanda (Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, Pelini, Rv. 269299).

Nella specie, il ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 62 c.p.p., art. 63 c.p.p., comma 2 e art. 64, c.p.p. quale violazione di norme processuali che avrebbero determinato l'inutilizzabilità degli elementi probatori a sostegno dell'ipotesi accusatoria.

La doglianza è manifestamente infondata.

L'inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell'art. 63 c.p.p., comma 2, delle dichiarazioni rese da soggetti che fin dall'inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di imputati o di persone sottoposte ad indagini richiede che a carico degli stessi risulti l'originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità e tale condizione non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico (Sez. 1, n. 48861 del 11/07/2018, Rv. 280666 - 01). Inoltre, le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, in relazione ai quali non opera la sanzione processuale di cui all'art. 63 c.p.p., comma 1, (cfr. Sez. 2, n. 5823 del 26/11/2020, dep. 2021 Rv. 280640 - 01; Sez. 2, n. 23594 del 11/06/2020, Rv. 279804 - 01; Sez. 2, n. 30965 del 14/07/2016, Rv. 267571 - 01).

3. E', invece, fondato il quarto motivo di ricorso.

Il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, motivando solo con riferimento alle dichiarazioni annuali a fini dell'IVA (anno di imposta 2014 ed anno di imposta 2015) ed all'inesistenza soggettiva delle operazioni indicate nelle fatture di cui all'imputazione.

Del tutto omessa è, invece, la motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato anche con riferimento alle dichiarazioni annuali a fini dell'Ires di cui all'imputazione (anno di imposta 2014 ed anno di imposta 2015).

Va ricordato che si è costantemente affermato il principio secondo cui il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2) è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all'IVA esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura (Sez. 3, n. 6935 del 23/11/2017, dep. 13/02/2018, Rv. 272814; Sez. 3, n. 27392 del 27/04/2012, Rv. 253055; Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010, Rv. 246327).

4. La carenza motivazionale rilevata integra il vizio di violazione di legge dedotto, con conseguente annullamento sul punto dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame; il ricorso va, poi, dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alle dichiarazioni annuali presentate ai fini dell'Ires e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli, competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2022