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Delega a sostituto nel processo penale solo per iscritto (Cass. 26606/18)

11 giugno 2018, Cassazione penale

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Nel processo penale la delega ad altro difensore deve essere conferita per iscritto, dato che la legge 247/2012 non ha abrogato l'articolo 96 c.p.p.: ciò  vale per i difensori di tutti le parti. 

(NOTA: cfr. però successiva sentenza 48862/18 che afferma che basta la delega orale).

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 aprile – 11 giugno 2018, n. 26606
Presidente Palla – Relatore Fidanzia

Ritenuto in fatto

1. Ricorre V.R. avverso l’ordinanza di archiviazione emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, ai sensi dell’art. 410 cod. proc. pen., nel procedimento iscritto contro C.A. per il reato di diffamazione.
Il ricorrente lamenta la violazione del contraddittorio, in quanto all’udienza del 26 aprile 2017, svoltasi dinanzi al Giudice per le indagini preliminari, era stato impedito all’avv. I.C., presente in udienza per delega "orale" del difensore officiato (avv. M.C.), di esporre le proprie ragioni.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato. La questione posta dal ricorrente attiene, evidentemente, alle modalità di conferimento - da parte del difensore officiato della delega prevista dall’art. 102 cod. proc. pen.: vale a dire, se debba essere conferita necessariamente per iscritto, ovvero se possa essere conferita oralmente. La prima soluzione è quella giuridicamente corretta.
1. A tale conclusione occorre pervenire, innanzitutto, per il chiaro disposto degli artt. 96 cod. proc. pen. e 34 delle D.A.C.P.P.: la prima di dette norme - nel prevedere, per l’imputato, il diritto di nominare non più di due difensori di fiducia - stabilisce, al secondo comma, che "la nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata"; la seconda - rubricata espressamente "designazione del sostituto del difensore" - stabilisce che "il difensore designa il sostituto nelle forme indicate nell’art. 96, comma 2, del codice".

Chiave di lettura è, quindi, l’art. 96, comma 2, cod. proc. pen., per il quale la nomina (come la designazione del sostituto, in virtù del rimando fatto dall’art. 34 D.A.c.p.p.) deve essere documentata per iscritto, perché solo in tal modo può avere effetto dinanzi all’Autorità giudiziaria.

Infatti:

a) se la nomina è fatta con "dichiarazione resa all’autorità procedente", essa è necessariamente inserita in un verbale, non essendo concepibile una nomina affidata alla memoria degli operatori giudiziari;

b) se "è consegnata all’autorità procedente dal difensore" vuol dire che è stata effettuata per iscritto e in tale forma consegnata all’Autorità giudiziaria;

c) se "è trasmessa con raccomandata" all’autorità giudiziaria procedente vuol dire che è stata previamente raccolta in forma scritta.

Di conseguenza, dovendo la designazione del sostituto avvenire nelle stesse forme, non è ammissibile la designazione orale. Essa può avvenire con dichiarazione reset personalmente dal difensore all’autorità procedente (nel qual caso è inserita a verbale), ovvero consegnata o trasmessa per iscritto all’autorità procedente.

2. Ciò che è stato stabilito per il sostituto del difensore dell’imputato vale, a maggior ragione, per il sostituto del difensore delle altre parti private (art. 100 cod. proc. pen.) e della persona offesa (art. 101 cod. proc. pen.), dal momento che l’art. 34 D.A. c.p.p. si riferisce, indistintamente, ad ogni difensore, sia per la sua collocazione sistematica (è ricompreso nel capo IV del titolo I, che detta norme per ogni "difensore"), sia per il suo contenuto semantico (parla, genericamente, del "difensore").

D’altra parte, non è ipotizzabile, per il sostituto di detti difensori, una soluzione diversa, dal momento che già per il difensore della parte civile, del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria l’attribuzione del ministero deve avvenire per procura speciale, trattandosi di soggetti che agiscono nell’ambito di un rapporto civilistico, ancorché inserito nel processo penale, mentre, per il difensore della persona offesa, la forma scritta è prescritta dall’art. 101 cod. proc. pen. (che rimanda, ancora una volta, all’art. 96/2 cod. proc. pen.). Sotto il profilo dell’inquadramento giudico va considerato che la sostituzione processuale è sussumibile nello schema della rappresentanza (art. 1387 cod. civ.); il che conferma che il conferimento dell’incarico deve avvenire con le forme previste per la nomina del difensore (art. 1392 cod. civ. e 96 cod. proc. pen.).
3. Alla medesima conclusione occorre pervenire se si ha riguardo non alla "nomina", ma alla documentazione della qualità di difensore all’autorità procedente. Infatti, per tutti i "difensori", la documentazione della qualità (all’autorità procedente) può avvenire solo in forma scritta (si veda l’art. 27 D.A.c.p.p.), sicché - anche tralasciando quanto prevede, per la nomina, l’art. 34 cit. - non è concepibile che il sostituto del difensore sia esonerato dall’obbligo di documentare, alla stessa maniera, la sua qualità, trattandosi di soggetto che fa le veci del difensore e sottostà, quindi, alla medesima disciplina.
4. Né a conclusione diversa è possibile pervenire se si ha riguardo alla disciplina positiva della professione forense, contenuta nel R.D.L. n. 1578 del 27 novembre 1933 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) e nella legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense). Tanto perché l’art. 9 del R.D.L. 1578/33 prevede espressamente che "il procuratore può, sotto la sua responsabilità, farsi rappresentare da un altro procuratore esercente presso uno dei Tribunali della circoscrizione della Corte d’appello e Sezioni distaccate. L’incarico è dato di volta in volta per iscritto negli atti della causa o con dichiarazione separata". Tale norma non è stata abrogata dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), dal momento che l’art 65 della legge suddetta fa salve le norme anteriori fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti dalla stessa legge (regolamenti che non risultano - allo stato - emanati) e dal momento che non risulta esercitata la delega prevista dall’art. 64 della medesima legge (secondo cui il Governo avrebbe potuto adottare, entro ventiquattro mesi, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professione forense). La disposizione contenuta nell’art. 14, comma 2, della legge 247/2012, richiamata dal difensore di V. , secondo cui "gli avvocati possono farsi sostituire o coadiuvare da altro avvocato, con incarico anche verbale" va interpretata, pertanto, nel senso che la sostituzione può avvenire anche oralmente, ma al di fuori del processo, nel cui ambito vige, invece, la regola specificamente dettata dagli artt. 96/2 cod. proc. pen. e 34 D.A. c.p.p..
Non è possibile, quindi, per le ragioni anzidette, accedere all’opinione del ricorrente e del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, secondo cui la legge 247/2012 avrebbe implicitamente abrogato l’art. 9 del R.D.L. n. 1578/1933, né a siffatta conclusione inducono motivi di ordine logico (la "vanificazione" della previsione contenuta nell’art. 14 cit.), giacché l’interpretazione qui accolta non esclude l’operatività dell’art. 14 cit. in ambito extra-processuale (laddove rilevano esclusivamente i rapporti tra parti private) e perché niente impedisce al difensore di officiare per iscritto altro avvocato, allorché voglia delegare la rappresentanza processuale. D’altra parte, anche se si volesse ritenere abrogato l’art. 9 cit. dalla legge 247/2012 non per questo verrebbe meno la previsione degli artt. 96/2 cod. proc. pen. e 34 D.A.c.p.p., atteso che queste norme dettano una disciplina valevole in ambito settoriale, sicché non sarebbero toccate da una normativa disciplinante - in via generale - la professione forense, e perché non può dirsi che la legge 247/2012 regoli "l’intera materia già regolata dalla legge anteriore" (art. 15 delle preleggi), dal momento che ne resta fuori l’istituto della rappresentanza processuale.
5. È infondato, pertanto, l’unico motivo di ricorso, che va, di conseguenza, rigettato. Consegue anche, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.