Chi anticipa anche per la controparte l'imposta di registro per una sentenza per evitare sanzioni ha diritto di essere rimborsato (con le spese legali).
Il criterio di imputazione dell’imposta di registro deve basarsi sulla logica dell’arricchimento: gravato dell’imposta sarà cioè colui che dalla operazione di divisione consegue un arricchimento in quanto gli viene assegnato un bene che eccede la propria quota di proprietà.
Il diritto di regresso del coobbligato in solido sorge a fronte del semplice pagamento in misura eccedente la propria quota di debito, senza che a tal fine sia necessario il pagamento dell’integrale debito gravante su tutti i condebitori, sicché anche sotto profilo non v’è dubbio circa la sussistenza di un diritto di regresso in capo alla ricorrente.
N. R.G. 333/2020
TRIBUNALE DI ROVERETO
in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Giulia Paoli, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA ex art. 702 ter c.p.c.
nella causa iscritta al n. 333 del ruolo affari contenziosi dell’anno 2020 e promossa con
ricorso depositato il 16.04.2020 da:
RP (c.f. **), nata il ** il ** ; rappresentata e difesa – giusta procura a margine dell’atto di ricorso - dall’Avv. Nicola Canestrini e dall’Avv. Federico Massara ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in Rovereto (TN), p.zza Podestà, n. 10;
PARTE RICORRENTE
contro
VP (c.f. **), nata il ** a **;
PARTE RESISTENTE - contumace
In punto di: azione di regresso tra condebitori in solido
Fatto e diritto
1. Con ricorso depositato in data 16.04.2020, Roberta Pezzini ha convenuto in giudizio la sorella, VP, allegando quanto segue:
- he con sentenza n. 119/2019 - pronunciata a chiusura della causa di divisione avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria sorta in occasione del decesso del padre delle odierne parti (**) e della sorella di quest’ultimo (**) - il Tribunale di Rovereto (1) ha assegnato la p.ed. ** in C.C. **, di valore pari ad € 88.082,00, a V, con acquisto da parte di quest’ultima della quota di 5/12 della sorella e di 2/12 della madre **, (2) ha assegnato la p.m. 3 della p.ed. ** in C.C. ** , di valore pari a € 80.000,00, all’odierna ricorrente con acquisto di 1⁄2 della quota di V; (3) ha condannato V e ** a versare a R, rispettivamente, € 4.018,50 ed € 96,66 a titolo di rimborso per le spese di successione dalla prima anticipate (doc. 1 di parte ricorrente);
che in data 07.05.2019 l’Agenza delle Entrate di Rovereto ha chiesto a tutte e tre le parti del giudizio di divisione (-.) il pagamento dell’imposta di registro relativa alla sentenza di cui al punto precedente, per un totale di € 16.479,00 (doc. 2 di parte ricorrente);
che la ricorrente ha dapprima provveduto a versare € 7.643,00, pari all’imposta da lei dovuta, ammontante ad € 7.300,00, oltre ad un’eccedenza versata in forza di un errore di conteggio;
che a fronte del mancato pagamento delle imposte da parte di V, al fine di evitare di incorrere in sanzioni e penalità stante la natura solidale dell’obbligazione, R ha versato € 8.516,35 a copertura quasi integrale della quota di debito gravante su V e pari ad € 9.176,66 (doc. 7 di parte ricorrente);
che malgrado le ripetute richieste ed intimazioni la resistente non ha corrisposto alla ricorrente quanto da quest’ultima anticipato a suo favore.
1.2. Sulla base di tali premesse RP ha chiesto la condanna della sorella VP alla ripetizione della quota di imposta versata dalla prima ma di competenza della seconda, oltre ad interessi legali e rivalutazione dal dì del dovuto al saldo, con vittoria delle spese del giudizio.
2. Nonostante la ritualità e la tempestività della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, nonché il rispetto del termine minimo di comparizione, la resistente non si è costituita e alla prima udienza tenutasi il 15.12.2020 né è stata dichiarata la contumacia.
3. Alla medesima udienza il giudice, ritenuta la causa matura, si è riservato la decisione ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c..
4. Tanto premesso, va esaminata la domanda di condanna formulata da parte ricorrente: detta domanda è fondata e merita pertanto accoglimento.
4.1. Preliminarmente va osservato che, come correttamente sostenuto dalla ricorrente, l’art. 57 del d.p.r. 131/1986 (Testo unico delle disposizioni vigenti in materia di imposta di registro) sancisce la solidarietà passiva delle parti del giudizio chiamate a versare l’imposta di registro; a tenore della richiamata disposizione, infatti, “oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l'atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli articoli 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli articoli 633, 796, 800 e 825 del codice di procedura civile”.
4.2. L’importo complessivo richiesto dall’Agenza delle Entrate alle parti del giudizio di divisione è pari ad € 16.479,00 (doc. 2 di parte ricorrente) ed è il risultato della somma degli importi calcolati sulle singole operazione oggetto di quel giudizio: ed in specie, sulla divisione della p.ed. ** in C.C. ** e relativo obbligo di conguaglio, sulla divisione della p.m. 3 della p.ed. ** in C.C.** e annesso obbligo di conguaglio e sulla somma che V e ** sono state condannate a ripetere a favore dell’odierna ricorrente a titolo di anticipazione dell’imposta di successione.
4.2.1. Nel dettaglio, dal calcolo effettuato dall’Agenza delle Entrate (doc. 5 di parte ricorrente) risulta che:
l’imposta di registro relativa alla divisione della p.ed. ** in C.C.** è pari ad € 9.056,56;
l’imposta di registro relativa alla p.m. 3 della p.ed. ** in C.C. ** ammonta ad € 7.300,00;
l’imposta di registro relativa alla somma dovuta da VP e daLR a RP (a titolo di ripetizione delle somme da quest’ultima anticipate per l’imposta di successione) è pari ad € 123,00 (3% della somma
complessiva di € 4.115,16 e quindi, € 120,10 a carico di VP ed € 2,90 a
carico di LR).
4.3. L’ammontare dell’imposta di registro liquidato dall’Agenzia delle Entrata non può essere messo in discussione nel presente giudizio, piuttosto ciò che va esaminato è la questione della ripartizione del debito tributario nei rapporti interni fra i coobbligati in solido.
4.3.1. A tal proposito si ritiene di dover operare un distinguo fra imposta di registro afferente alle operazioni di divisione e l’imposta di registro relativa alla condanna di V (e della madre **) al pagamento di una certa somma a favore di R.
4.3.1.1. Con riferimento alla prima ipotesi (imposta di registro dovuta in relazione alle operazioni di divisione), il criterio di imputazione dell’imposta di registro deve basarsi sulla logica dell’arricchimento: gravato dell’imposta sarà cioè colui che dalla operazione di divisione consegue un arricchimento in quanto gli viene assegnato un bene che eccede la propria quota di proprietà. Nel caso in esame con la divisione della p.ed. ** V ha conseguito il 100% del valore dell’immobile, pari ad € 151.000,00, quando invece il valore corrispondente alla sua quota (5/12) era pari a soli € 63.000; appare quindi del tutto coerente che, a fronte di un simile arricchimento, V sia tenuta a versare all’Erario un’imposta calcolata sull’eccedenza conseguita (e insindacabilmente – per lo meno nel presente giudizio - liquidata dall’Agenzia dell’Entrate).
Tale conclusione risulta inoltre conforme al principio sancito dall’art. 1475 c.c. in materia di vendita, secondo il quale è l’acquirente ad essere gravato da imposte e tasse scaturenti dal trasferimento ed è tanto più condivisibile se si considera che ai sensi dell’art. 34 del d.p.r. 131/1986 (testo unico sull’imposta di registro) “La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente”.
In definitiva si ritiene quindi che l’imposta di registro dovuta per la divisione della p.ed. ** in C.C. ** debba gravare VP in quanto assegnataria di tale immobile.
4.3.1.2. Quanto invece all’imposta di registro calcolata sulle somme dovute da V a titolo di condanna al rimborso delle imposte di successione anticipate dalla sorella, si ritiene che la logica di riparto non sia quella dell’arricchimento, che non sussiste (posto che il soggetto che consegue la somma ottiene esattamente ciò che fin dall’inizio gli spettava), bensì un criterio di causalità.
In altri termini, poiché colui che è stato condannato al pagamento di una somma avrebbe sin dall’inizio dovuto versare quell’importo, tutte le obbligazioni, fra cui quelle per imposte (e fra esse l’imposta di registro), nascenti dalla condanna debbono gravare sul soggetto che, con il suo comportamento, l’ha resa necessaria.
Questa conclusione appare del resto coerente con il principio generale in base al quale la parte vittoriosa non può subire alcuna conseguenza negativa dal giudizio.
4.4. Alla luce di quanto argomentato si ritiene che l’imposta di registro vada ripartita fra le parti come segue:
RP, in quanto assegnataria della p.m. 3 della p.ed. ** in C.C. **, è tenuta al versamento dell’imposta afferente a detta assegnazione e pari ad € 7.300,00 (doc. 5 di parte ricorrente);
VP, in quanto assegnataria della p.ed. ** in C.C. ** e in quanto condannata al pagamento a favore della sorella della somma di € 4.018,85, è tenuta al versamento sia dell’imposta scaturente da detta assegnazione, pari ad € 9.056,56, sia dell’imposta inerente al capo di condanna, pari ad € 120,00, per untotale di € 9.176,76;
**, in quanto condannata al pagamento di € 96,66 a favore della figlia Roberta, è gravata dall’imposta di registro connessa a detta condanna e pari ad € 2,90.
4.5. Dalla produzione delle quietanze di pagamento inviate dall’Agenzia delle Entrate e allegate al ricorso sub documenti n. 3 e n. 7, risulta che ** ha già versato la somma complessiva di € 16.159,30 e dunque un’eccedenza di € 8.859,35 rispetto a quanto da lei dovuto (e pari ad € 7.300,00); la ricorrente vanta dunque un diritto di regresso nei confronti della sorella V pari a tale eccedenza.
4.5.1. Da precisare che, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, il diritto di regresso del coobbligato in solido sorge a fronte del semplice pagamento in misura eccedente la propria quota di debito, senza che a tal fine sia necessario il pagamento dell’integrale debito gravante su tutti i condebitori, sicché anche sotto profilo non v’è dubbio circa la sussistenza di un diritto di regresso in capo alla ricorrente.
4.5.2. Tanto premesso, si condanna Viviana Pezzini al pagamento a favore di Roberta Pezzini della somma pari ad € 8.859,35, a titolo di regresso, oltre ad interessi legali dal dì del dovuto al saldo, con la precisazione che - a partire dalla data del deposito del ricorso - il saggio di interesse legale è parti a quello indicato all’art. 1284, co. 4 c.c..
5. Le spese del giudizio, nella somma liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M.
Il Tribunale di Rovereto in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta o assorbita, così provvede:
CONDANNA VP (c.f. **) al pagamento a favore di RP (c.f. **) della somma pari ad € 8.859,35, oltre ad interessi legali dal dì del dovuto al saldo, con la precisazione che, a partire dalla data del deposito del ricorso, il saggio di interesse legale è parti a quello indicato all’art. 1284, co. 4 c.c.;
CONDANNA VP (c.f. **) al pagamento a favore di RP (c.f. **) delle spese del giudizio liquidate in € 145,50 per anticipazioni (valori bollati) ed in € 1.615,00 per competenze, oltre al 15% per spese generali, C.N.P.A. ed I.V.A. come per legge.
Così deciso in Rovereto 19/12/2020
Il giudice dott.ssa Giulia Paoli