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Autentica non contestuale alla firma della procura speciale (Cass. 29/14)

2 gennaio 2014, Cassazione penale

 La contestualità della vidimazione per autentica non costituisce requisito essenziale di affidabilità dell'atto, ove il professionista sia in grado autonomamente di attestare la genuinità della sottoscrizione e la sua riconducibilità al suo assistito, attestazione di cui, con la sottoscrizione dell'atto, si assume la responsabilità. 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 27/11/2013) 02-01-2014, n. 29

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MILO Nicola - Presidente -

Dott. LANZA Luigi - Consigliere -

Dott. PETRUZZELLIS An - rel. Consigliere -

Dott. DI STEFANO Pierlui - Consigliere -

Dott. PATERNO' RADDUSA Benedet - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 27/03/2013 del Gip del Tribunale di Lodi;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. GERACI Vincenzo che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Gip del Tribunale di Lodi, con sentenza del 27/03/2013, ha applicato la pena di anni quattro di reclusione ed Euro 26.000 di multa nei confronti di B.F., in relazione al reato di detenzione di un rilevante quantitativo di marijuana, previamente respingendo, con autonoma ordinanza, la richiesta dell'interessato di revoca dell'istanza di applicazione della pena, in quanto sopraggiunta dopo il consenso del P.m., in un momento in cui l'accordo raggiunto deve qualificarsi irrevocabile.

2. Nel suo ricorso la difesa di B. impugna l'ordinanza richiamata e la sentenza, eccependo violazione di legge, in relazione all'art. 39 disp. att. cod. proc. pen. e art. 110 cod. proc. pen..

Si deduce la nullità della procura speciale rilasciata all'avv. S. che l'aveva autenticata, poichè questi non risulta aver effettuato alcun accesso presso la struttura ove era astretto il B.. A fronte di tale risultanza il Gip avrebbe dovuto sentire personalmente l'interessato, come previsto dall'art. 446 cod. proc. pen. per accertarsi della sua volontà ben potendo, per effetto di quanto verificatosi, risultare viziata la volontà espressa dall'odierno ricorrente.

3. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge con riferimento alla disposizione di cui all'art. 447 cod. proc. pen. che prescrive solo nell'ipotesi di cui al comma 3 l'irrevocabilità della richiesta di applicazione pena, conseguenza, che secondo il difensore, deve escludersi negli altri casi.

4. La difesa di B. ha depositato nei termini una memoria nella quale si contestano le deduzioni sull'inammissibilità dell'impugnazione formulate dal Pg. presso questa Corte, osservando che le sue argomentazioni tradiscono l'omessa valutazione dell'attestazione riguardante il mancato ingresso dell'avvocato S., che risulta aver autenticato la firma del B. nella richiesta di applicazione pena, nella struttura carceraria ove l'interessato era astretto all'atto della formulazione dell'istanza, documentato dalle allegazioni al ricorso.

Per tale motivo si insiste nell'accoglimento dell'impugnazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. L'assunto sul quale è basata l'eccezione di nullità dei provvedimenti impugnati, costituito dalla rilevanza della mancanza di contestualità tra sottoscrizione della procura speciale da parte dell'interessato, e la sua autenticazione a cura del difensore, risulta infondato, in forza di quanto già chiarito in autonome pronunce di questa Corte sull'argomento, sulla base delle quali si è ritenuto che la contestualità della vidimazione per autentica non costituisce requisito essenziale di affidabilità dell'atto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21950 del 24/04/2008, Rv. 240486), ove il professionista sia in grado autonomamente di attestare la genuinità della sottoscrizione e la sua riconducibilità al suo assistito, attestazione di cui, con la sottoscrizione dell'atto, si assume la responsabilità. Ciò in quanto, proprio la disposizione di cui all'art. 39 disp. att. cod. proc. pen., la cui applicazione si invoca da parte del ricorrente, non richiede alcuna contestualità.

Alla luce di tali principi, la sicura non contestualità dell'autentica di firma, che fonda l'eccezione contenuta il ricorso, e risulta dimostrata dall'attestazione del mancato ingresso del difensore certificatore nella struttura carceraria ove B. era astretto, risulta irrilevante al fine di escludere la riconducibilità alla volontà del sottoscrittore delle richieste formulate, mentre la cesura tra quanto risulta dalla lettura dell'atto e la sua effettiva volontà potrebbe essere dimostrata solo attraverso la proposizione della querela di falso, al fine di contestare la riconducibilità della firma all'apparente sottoscrittore, così effettivamente privando della fede privilegiata la dichiarazione di autenticità formulata dal professionista.

Il percorso indicato non risulta seguito dal ricorrente, che fonda la sua eccezione esclusivamente sulla mancanza di contestualità tra firma ed autentica, non ponendo neppure indirettamente in dubbio di aver effettivamente sottoscritto l'atto.

3. Per contro non risulta fondata neppure l'ulteriore eccezione proposta in forza della disposizione di cui all'art. 447 c.p.p., comma 3 che vorrebbe far discendere da tale previsione di irrevocabilità una regola generale contraria, di cui la lettera della disposizione invocata costituirebbe l'unica eccezione.

In realtà l'irrevocabilità del consenso, ad accordo perfezionato, discende dai principi generali, in materia di negozi giuridici bilaterali ricettizi, ove si prevede che l'incontro delle volontà crei conseguenze giuridiche, superabili sono nei limiti indicati dalla legge; tale interpretazione è stata più volte ribadita da questa Corte nella specifica materia (cfr. solo da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 38070 del 11/07/2012, dep. 01/10/2012 imp. Parascenzo, Rv. 254371). Peraltro la disposizione richiamata costituisce, in senso opposto a quanto prospettato, un'eccezione qualificando irrevocabile il consenso di una parte in pendenza del termine concesso dal giudice all'altra parte per esprimere la propria valutazione, in quanto anticipa l'effetto della immutabilità della manifestazione di volontà ad un momento precedente rispetto all'incontro di volontà, in conseguenza della necessità del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo ed evita indebite regressioni del procedimento, che si imporrebbero in ipotesi di revoca del consenso, e si pongono in contrasto con tale principio.

Conseguentemente, evocare l'interpretazione opposta nella specie, ove pacificamente l'incontro di volontà era già intervenuto, evidenzia la manifesta infondatezza della violazione di legge eccepita.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013.

Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2014