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Decisioni

Arresti domiciliari ristretti senza fidanzata (Cass. 10657/19)

11 marzo 2019, Cassazione penale

Il divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare accede a quella che dispone gli arresti domiciliari, ma ha una sua propria autonomia, per la sua specifica e aggiuntiva efficacia afflittiva.

IL diritto a coltivare relazioni affettive per chi è ristretto è previsto per i condannati dagli artt. 15 e 28 della legge di ordinamento penitenziario (che danno attuazione ai precetti costituzionali di cui agli artt. 27, comma 3, e 29 Cost.), ma  non rileva per chi è in misura cautelare personale, dato che le misure cautelari rispondono a finalità ed a modalità attuative diverse rispetto a quelle che informano l'esecuzione della pena.

Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 18 febbraio – 11 marzo 2019, n. 10657
Presidente Palla - Relatore Scordamaglia

Ritenuto in fatto

1. Du. So. Iu., sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con la prescrizione aggiuntiva del divieto di comunicare con persone diverse da quelle con lui conviventi, ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Trieste del 15 novembre 2018, che ha respinto l'appello proposto avverso l'ordinanza della Corte di appello della stessa città, in data 15 ottobre 2018, di diniego dell'autorizzazione richiesta dal cautelato a ricevere, presso il luogo di detenzione, le visite della fidanzata, al fine di intrattenere con questa una relazione affettiva e sessuale.

2. L'impugnativa è affidata ad un solo motivo, con il quale si denuncia, promiscuamente, il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari. Al riguardo si evidenzia che il giudice censurato non aveva colto il senso del motivo di gravame, posto che l'oggetto del devolutum era riferito alla correttezza della decisione della Corte territoriale di privare ad libitum il soggetto ristretto del diritto di coltivare rapporti affettivi ed intimi, come del resto raccomandato da fonti internazionali vincolanti per l'ordinamento interno, su tale profilo non incidendo eventuali elementi di novità sul piano cautelare, come, invece, erroneamente ritenuto dal Tribunale giuliano.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.

1. E' jus receptum che la disposizione del divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare accede a quella che dispone gli arresti domiciliari, ma ha una sua propria autonomia, per la sua specifica e aggiuntiva efficacia afflittiva (Sez. U, n. 24 del 03/12/1996 - dep. 21/01/1997, P.M. in proc. Lombardi, Rv. 206465; Sez. 6, n. 21296 del 12/05/2009, Pozzi, Rv. 243678): ciò implica che tanto la sua adozione, che le sue eventuali modifiche devono essere oggetto di espressa e motivata statuizione (Sez. 4, n. 20380 del 07/03/2017, Affinito, Rv. 270026).

La ragione ispiratrice della norma di cui all'art. 284, comma 2, cod.proc.pen., in effetti , va colta nella necessità di consentire di regolare le forme di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari e di conformarne il concreto regime modale, attraverso limiti o divieti per l'imputato di comunicare con persone estranee al nucleo dei suoi familiari coabitanti ovvero con persone che stabilmente lo assistano, in riferimento alla riconosciuta esistenza di peculiari esigenze cautelari, sia di natura endoprocessuale che di prevenzione sociale, volte a scongiurare il pericolo di commissione di ulteriori reati della stessa specie di quelli ascritti al soggetto in stato di custodia domiciliare (Sez. 6, n. 3516 del 15/10/2008 - dep. 27/01/2009, Turrà, Rv. 242656).

2. Alla stregua dei principi di cui si è fatta rassegna, va preso atto che, considerato il giudizio di perduranza del grave quadro cautelare tracciato a carico dell'imputato, condannato, con doppia conforme sentenza di merito, per i reati di associazione per delinquere e di furto aggravato, e non privo di precedenti penali specifici, la deduzione circa la mancata considerazione del diritto del cautelato a coltivare rapporti affettivi è priva di valenza invalidante del provvedimento impugnato.

2.1. Correttamente esclusa, infatti, l'efficacia affievolitrice delle esigenze cautelari dispiegata dal mero decorso del tempo di esecuzione della misura, pur se accompagnato dalla corretta osservanza dei relativi obblighi, i quali costituiscono parte del nucleo essenziale del presidio che si chiede di rimodulare (Sez. 5, n. 45843 del 14/06/2018, D, Rv. 274133), il Tribunale giuliano ha concentrato il proprio incedere argomentativo sull'assenza di elementi di novità suscettibili di modificare in senso favorevole all'imputato la piattaforma cautelare: questi soli, in effetti, essendo suscettibili di giustificare un'attenuazione delle ragioni di maggior rigore sottese al provvedimento del divieto di incontro con persone estranee alla cerchia dei conviventi, aggiunto all'ordinaria misura degli arresti domiciliari.

2.2. Onde escludere la riconoscibilità di un'autonoma rilevanza del diritto del cautelato a coltivare relazioni affettive, preme sottolineare che gli artt. 15 e 28 della legge di ordinamento penitenziario - che danno attuazione ai precetti costituzionali di cui agli artt. 27, comma 3, e 29 Cost. ed esprimono il medesimo afflato dei documenti internazionali evocati dal ricorrente -, non sono suscettibili di travaso nella diversa materia delle misure cautelari personali, posto che queste rispondono a finalità ed a modalità attuative diverse rispetto a quelle che informano l'esecuzione della pena.

Nondimeno il difetto di espressa previsione di un'autorizzazione concedibile al cautelato domiciliare di coltivare la propria affettività con persona diversa dai propri conviventi, ove gli sia imposto il presidio di maggior rigore di cui all'art. 284, comma 2, cod.proc.pen., deve essere interpretata come sintomo della volutas legis di escludere che tale preteso diritto sia bilanciabile con le esigenze cautelari sottese alla restrizione preventiva della libertà personale: considerazione, questa, avvalorata dalla constatazione che, invece, proprio nel comma successivo dell'articolo menzionato, il legislatore ha ritenuto, parzialmente bilanciabili con quelle cautelari, le «indispensabili esigenze di vita» dell'imputato ovvero «la situazione di assoluta indigenza in cui questi versa» in funzione della concessione dell'autorizzazione ad assentarsi dal luogo di detenzione.

3. La manifesta infondatezza delle doglianze comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le consequenziali statuizioni di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.