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Algoritmo che decide? Giammai (TAR Lazio 10964/19)

13 settembre 2019, TAR Lazio

Un algoritmo, quantunque preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali previste dalla legge.

Le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione, non possano mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere e che pertanto, al fine di assicurare l’osservanza degli istituti di partecipazione, di interlocuzione procedimentale, di acquisizione degli apporti collaborativi del privato e degli interessi coinvolti nel procedimento, deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso.

E' l'uomo che deve dominare le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo; ostando alla deleteria prospettiva orwelliana di dismissione delle redini della funzione istruttoria e di abdicazione a quella provvedimentale, il presidio costituito dal baluardo dei valori costituzionali scolpiti negli artt. 3, 24, 97 della Costituzione oltre che all’art. 6 della Convezione europea dei diritti dell’uomo.

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

N. 10964/2019 REG.PROV.COLL.

N. 12332/2016 REG.RIC.

Pubblicato il 13/09/2019

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 12332 del 2016, proposto da
EC, rappresentata e difesa dall'avvocato MU, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;


nei confronti

LL non costituito in giudizio;


per l'annullamento

1) Dei provvedimenti comunicati via mail il 13.8.2016, conclusivi della procedura di mobilità nazionale straordinaria di cui all’O.M. del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 241 dell’8.4.2016, con cui l’amministrazione ha disposto il trasferimento di:

CE presso l’ambito (..)  piuttosto che presso l’ambito richiesto (..);

2) Dei Bollettini del MIUR pubblicati il 13.8.2016, nella parte di interesse;

3) Quale atto presupposto, dell’Ordinanza Ministeriale n. 241 dell’8.4.2016, nella parte in cui ha previsto deroghe e posizioni di privilegio e precedenza, con disparità di trattamento e nella parte in cui ha precluso ai ricorrenti di presentare domanda di conferma della sede di titolarità, ovvero di assegnazione della sede definitiva nell’ambito di immissione in ruolo (art. 9, commi 10, 16 e 17);

4) Di ogni ulteriore atto, ancorché non cognito, connesso e/o presupposto. 


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2019 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; 
I ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza ministeriale 241/2016, nella parte in cui l’amministrazione ha obbligato tutti i docenti, e quindi gli odierni ricorrenti, immessi in ruolo nella fase C del piano straordinario assunzionale (art. 1, comma 98, lettera c), ad inoltrare domanda di mobilità.

Con sentenza 7544/2017 questo Tribunale ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario.

Il Consiglio di Stato, con sentenza 5409/2017, assunta prima della decisione delle Sezioni Unite della Cassazione regolativa sulla giurisdizione in ordine a queste controversie, ha ritenuto la giurisdizione di questo giudice.

I ricorrenti hanno, quindi riassunto il giudizio.

Alla camera di consiglio del 10 settembre 2019, avvertite le parti ex art. 60 c.p.a., il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato come da precedenti di questa Sezione con i quali è stata annullata l’ordinanza ministeriale qui impugnata, ritenendosi che “dirimente si profila in punto di diritto l’argomento secondo cui è mancata nella fattispecie una vera e propria attività amministrativa, essendosi demandato ad un impersonale algoritmo lo svolgimento dell’intera procedura di assegnazione dei docenti alle sedi disponibili nell’organico dell’autonomia della scuola.

Al riguardo ritiene la Sezione che alcuna complicatezza o ampiezza, in termini di numero di soggetti coinvolti ed ambiti territoriali interessati, di una procedura amministrativa, può legittimare la sua devoluzione ad un meccanismo informatico o matematico del tutto impersonale e orfano di capacità valutazionali delle singole fattispecie concrete, tipiche invece della tradizionale e garantistica istruttoria procedimentale che deve informare l’attività amministrativa, specie ove sfociante in atti provvedimentali incisivi di posizioni giuridiche soggettive di soggetti privati e di conseguenziali ovvie ricadute anche sugli apparati e gli assetti della pubblica amministrazione.

Un algoritmo, quantunque, preimpostato in guisa da tener conto di posizioni personali, di titoli e punteggi, giammai può assicurare la salvaguardia delle guarentigie procedimentali che gli artt. 2, 6,7,8,9,10 della legge 7.8.1990 n. 241 hanno apprestato, tra l’altro in recepimento di un inveterato percorso giurisprudenziale e dottrinario.

Invero, anticipando conclusioni cui a breve si perverrà seguendo l’iter argomentativo di seguito sviluppato, può sin da ora affermarsi che gli istituti di partecipazione, di trasparenza e di accesso, in sintesi, di relazione del privato con i pubblici poteri non possono essere legittimamente mortificate e compresse soppiantando l’attività umana con quella impersonale, che poi non è attività, ossia prodotto delle azioni dell’uomo, che può essere svolta in applicazione di regole o procedure informatiche o matematiche. Ad essere inoltre vulnerato non è solo il canone di trasparenza e di partecipazione procedimentale, ma anche l’obbligo di motivazione delle decisioni amministrative, con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale. …

Invero Il Collegio è del parere che le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione, non possano mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere e che pertanto, al fine di assicurare l’osservanza degli istituti di partecipazione, di interlocuzione procedimentale, di acquisizione degli apporti collaborativi del privato e degli interessi coinvolti nel procedimento, deve seguitare ad essere il dominus del procedimento stesso, all’uopo dominando le stesse procedure informatiche predisposte in funzione servente e alle quali va dunque riservato tutt’oggi un ruolo strumentale e meramente ausiliario in seno al procedimento amministrativo e giammai dominante o surrogatorio dell’attività dell’uomo; ostando alla deleteria prospettiva orwelliana di dismissione delle redini della funzione istruttoria e di abdicazione a quella provvedimentale, il presidio costituito dal baluardo dei valori costituzionali scolpiti negli artt. 3, 24, 97 della Costituzione oltre che all’art. 6 della Convezione europea dei diritti dell’uomo.

Si prospetta parimenti fondato anche l’ulteriore concorrente profilo di doglianza svolto con il secondo mezzo del gravame in riassunzione, con cui i ricorrenti censurano la mancata previsione della deroga al vincolo di permanenza quinquennale dei docenti di sostegno sulla medesima tipologia di posto, con conseguente loro esclusione dalle procedure di mobilità. Il non avere infatti stabilito che tali docenti, quanto meno ai fini della loro partecipazione al piano straordinario di mobilità territoriale, non sono tenuti al rispetto del predetto vincolo quinquennale, si è tradotto nella esclusione per i medesimi, di fatto, dalla possibilità di prendere parte alla procedura di mobilità, privandoli di una facoltà riconosciuta invece alla generalità degli altri docenti. Oltretutto, osserva il Collegio come la cennata mancata previsione di deroga al vincolo quinquennale appaia distonica e confliggente, con la conseguente irragionevolezza e disparità di trattamento, con la parallela previsione, invece, della deroga al vincolo triennale di permanenza nella sede, di cui all’art. 399 co. 3, d.lgs. n. 297/2004, contemplata per i docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2014 del primo periodo dell’art. 1, co. 108, L. n. 107/2015 proprio ai fini della loro partecipazione al contestato piano straordinario di mobilità” (sent. 9924/2018).

In conclusione, il ricorso deve essere accolto.

La novità delle questioni giuridiche, al momento della proposizione del ricorso, determina la compensazione delle spese di lite tra le costituite parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Sapone, Presidente

Claudia Lattanzi, Consigliere, Estensore

Raffaele Tuccillo, Primo Referendario