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Obbligo di prestare soccorso stradale (Cass. 10736/18)

8 marzo 2018, Cassazione penale

In tema di circolazione stradale, il reato di omissione di soccorso stradale è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - SENTENZA 9 marzo 2018, n.10736 - Pres. Di Salvo – est. Cenci

Ritenuto in fatto

La Corte di appello di Milano il 23 febbraio 2017 ha integralmente confermato la sentenza con cui il 22 febbraio 2016 il Tribunale di Sondrio ha riconosciuto M.G. responsabile del reato di cui all’art. 189, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in quanto, trovandosi alla guida di una trattrice agricola ed essendo rimasto coinvolto in un sinistro stradale con feriti (C.C. , C.A. e Co.Si. ), si allontanava dal luogo prima che le forze di polizia potessero procedere alla sua identificazione ed alle verifiche ed ai rilievi del caso, fatto commesso l’11 novembre 2013.

Ricorre tempestivamente per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore, che si affida a quattro motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale.

2.1. Mediante i primi due motivi censura violazione degli artt. 42, comma 2, cod. pen. in tema di elemento soggettivo e 533, comma 1, cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza del dolo ed al mancato riconoscimento di ipotesi logiche alternative rispetto all’accusa.

Richiamata la motivazione della Corte di appello nella parte in cui sottolinea che la difesa ignora le fotografie, da cui risulta che l’auto delle sorelle C. era sfondata nella parte anteriore sinistra, 'segno oggettivo di un evento inevitabilmente percepibile e di impossibile sottovalutazione' (p. 1 della sentenza) e che i gravi danni ai veicoli coinvolti, tra i quali quello delle signore C. , ed 'il fumo sprigionatosi dopo l’impatto, comunque percepito dal M. che sia pure fugacemente arrestò la marcia dopo qualche metro, salvo poi prontamente allontanarsi, le modalità con cui i due conducenti feriti uscirono dall’abitacolo segnalano l’oggettiva impossibilità di sottovalutare l’accaduto e di escludere danni alle persone coinvolte' (p. 2), il ricorrente censura il ragionamento, secondo cui sussisterebbe il dolo perché l’imputato ha percepito o avrebbe dovuto percepire il verificarsi di un sinistro idoneo a produrre danni.

In realtà - si sottolinea nel ricorso - affinché possa dirsi sussistente il dolo non è sufficiente la sola percezione del verificarsi di un incidente stradale idoneo a produrre eventi lesivi ma è anche necessaria la consapevolezza da parte dell’agente che l’incidente sia riconducibile al proprio comportamento, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (si richiama Sez. 4, n. 17220 del 09/05/2012), e ciò in quanto il comma 1 dell’art. 189 del d. Igs. n. 285 del 1992 richiede il collegamento tra il comportamento dell’agente e l’incidente.

Si evidenzia che l’imputato, pur avendo sicuramente percepito il verificarsi di un sinistro, tanto da essere sceso dal mezzo per recarsi sul luogo dell’incidente, non avrebbe percepito 'il suo ruolo causale o comunque il suo coinvolgimento in detto sinistro (ruolo che, peraltro, non è stato nemmeno accertato dalla Polstrada: D.Z. , verbale udienza 9/11/15, p. 9 e 10)' (p. 5 del ricorso).

Si sottolinea la mancanza di prova dell’urto tra il trattore dell’imputato e l’autovettura (due testi lo affermano, C.A. e V. , ma una lo esclude, Co. , circostanza non riferita dalla Corte di appello; alla p. 4 della sentenza di primo grado si ammette la possibilità che non vi sia stato urto diretto tra i veicoli; la polizia giudiziaria non ha riscontrato la presenza di segni sulla lama collocata sulla parte anteriore sinistra del mezzo di M. ), sullo specifico punto sottolineando il travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte di merito, che (p. 3) 'confonde la robustezza della trattrice in genere con quella della lama pur in assenza della benché minima scalfittura' (p. 6 del ricorso).

Il passaggio da ultimo richiamato sarebbe illogico, 'dal momento che proprio l’assenza di qualsiasi segno indica che se mai urto o contatto è avvenuto allora è stato di entità così lieve da non poter essere percepito dal M. . D’altra parte, considerate le dimensioni della trattrice, sarebbe stato sufficiente a causare il sinistro anche un contatto molto lieve ed è senz’altro ascrivibile a fatto notorio che un mezzo agricolo come la trattrice-falciatrice in questione ha un alto livello di rumorosità quando è in marcia riducendo, quindi, drasticamente la percezione auditiva del conducente' (p. 6 del ricorso).

In tema di accertamento del dolo, la Corte di appello avrebbe poi trascurato il comportamento successivo dell’imputato, essendo estremamente probabile che lo stesso non si sia accorto di avere concorso a cagionare il sinistro. Essendo, infatti, indiscusso, oltre che riferito dal teste di accusa V. , che M. si è fermato, si è recato sul luogo del sinistro e, ivi giunto, ha parlato con il suo collega D.G. , appare del tutto illogico che la persona che non voglia essere identificata si fermi, posteggi, così che la targa sia immediatamente rilevabile da chiunque, per di più nella sua zona di residenza dove è conosciuto. L’insieme di tali circostanze dimostrerebbe la mancata consapevolezza da parte di M. di aver causato l’incidente; emergerebbe, comunque, l’impossibilità di riconoscerlo colpevole, ai sensi dell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., sussistendo un più che ragionevole dubbio sull’elemento soggettivo del reato.

2.2. Con il terzo ed il quarto motivo si censura promiscuamente violazione di legge e difetto motivazionale in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. proc. pen., essendo stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità sulla base di una motivazione (p. 3 della sentenza) che si stima errata e fallace, in quanto è da escludersi l’abitualità del comportamento, essendo l’imputato incensurato, e l’offesa tenue, poiché M. stava viaggiando a velocità normale, non è stata accertata alcuna invasione della opposta corsia né perdita di controllo del veicolo, subito dopo l’incidente l’imputato si è comunque fermato, ponendo in concreto i presupposti per la propria successiva, agevole, identificazione e, una volta rintracciato dalla p.g., è tornato sul luogo dell’incidente ('condotta che è valsa all’imputato la mancata contestazione anche del più grave reato di cui al c. 7 dell’art. 189', p. 14 del ricorso), circostanze tutte sintomatiche di un dolo di intensità, comunque, minima.

Infine, si evidenzia che, avendo la Corte di appello, per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., enfatizzato il danno (p. 3 della sentenza impugnata), le lesioni patite dalle signore C. e dal sig. Co. non sarebbero da considerare danni conseguenti alla condotta, perché il reato di lesioni colpose non è stato contesto né a M. né ad alcuno.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

1.1. I primi due motivi enfatizzano il mancato urto tra veicoli e l’assenza di prova del contatto diretto tra la trattrice condotta dall’imputato ed altra vettura.

1.1.1. In realtà, però, l’ampia dicitura dell’art. 186, comma 1, del codice della strada non presuppone affatto un urto ma solo, con dicitura piuttosto ampia, il verificarsi di un 'incidente comunque ricollegabile al (...) comportamento' dell’utente della strada, pur se non responsabile dell’incidente stesso (Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017 Spernanzoni, Rv. 271260; né peraltro responsabile di alcun reato: cfr. Sez. 4, n. 33761 del 17/05/2017, Tafa, Rv. 270905; Sez. 4, n. 34138 del 21/12/2011, dep. 2012, Cilardi, Rv., 253754).

Ed è stato al riguardo - opportunamente - puntualizzato quanto segue:

'2.4. Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell’obbligo giuridico di attivarsi previsto dall’art. 189, comma 1, cod. strada, che attribuisce all’utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, una posizione di garanzia per proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso.

La posizione di garanzia trova, nel caso in esame, la sua ratio nel dato di esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne nell’immediatezza le conseguenze dannose o pericolose, dunque di evitare, indipendentemente dall’ascrivibilità agli stessi di tali conseguenze, che dal ritardato soccorso delle persone ferite possa derivarne un danno alla vita ed all’integrità fisica.

Come già affermato da questa Sezione, il combinato disposto dei commi 1, 6 e 7 dell’art. 189 d.lgs. n.285/1992, non lega l’obbligo di assistenza alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo di assistenza è riferito. Nella previsione incriminatrice manca qualsiasi rapporto che condizioni l’esistenza dell’obbligo di attivarsi alla qualificazione come reato della condotta dell’utente. All’evidenza, la sola condizione per la esigibilità della assistenza e la punibilità della sua omissione è posta nella generalissima relazione di collegamento (a qualsiasi titolo) tra incidente e comportamento di guida dell’utente della strada (Sez. 4, n.34138 del 21/12/2011, dep. 2012, Cilardi, Rv. 25374501).

2.5. In definitiva, l’art.189, comma 1, cod. strada, disponendo che l’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona, ha inteso attribuire all’espressione incidente comunque ricollegabile al suo comportamento il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare della posizione di garanzia. La Corte territoriale ha, dunque, correttamente interpretato la disposizione che sanziona la condotta omissiva dell’utente della strada, comunque coinvolto in un sinistro, che non presti assistenza alle persone ferite, ritenendo che l’obbligo di attivarsi sussista indipendentemente dalla responsabilità nel sinistro' (così Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017 Spernanzoni, cit., in motivazione, punti nn. 2.4 e 2.5. del 'ritenuto in diritto').

In altre parole, è il coinvolgimento 'comunque' in un sinistro, persino senza alcuna responsabilità, a far scattare gli obblighi di fermarsi (art. 189, comma 6, del d. Igs. n. 285 del 1992, contestato a M.G. ) e di prestare assistenza ai feriti (art. 189, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992, non contestato a M.G. ), e ciò proprio perché 'In tema di circolazione stradale, il reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso' (Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017 Spernanzoni, cit.).

1.1.2. Ciò precisato, i Giudici di merito hanno - non irragionevolmente tratto la prova della consapevolezza dalle conseguenze materiali dell’incidente, fotograficamente documentate, essendo 'l’auto delle sorelle C. , letteralmente sfondata nella parte anteriore sinistra (...), segno oggettivo di un evento inevitabilmente percepibile e di impossibile sottovalutazione' (p. 1 della sentenza); accanto ai gravi danni ai mezzi, sono stati evidenziati anche il 'fumo sprigionatosi dopo l’impatto, comunque percepito dal M. che sia pure fugacemente arrestò la marcia dopo qualche metro, salvo poi prontamente allontanarsi, (e) le modalità con cui i due conducenti feriti uscirono dall’abitacolo (, elementi che) segnalano l’oggettiva impossibilità di sottovalutare l’accaduto e di escludere danni alle persone coinvolte' (p. 2 della sentenza).

Il ragionamento riferito è congruo e legittimo, in quanto 'L’elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente (art. 189, comma 7, cod. strada), può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti (In motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all’elemento volitivo, può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio)' (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046; in senso conforme, v. Sez. 4, n. 23177 del 15/03/2016, Trinche, Rv. 266969; Sez. 4, n. 17720 del 06/03/2012, Turcan, Rv. 252374; Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007, Agostinone, Rv. 237239).

1.2. Quanto agli ulteriori motivi, incentrati sulla omessa applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., i Giudici di merito hanno escluso la particolare tenuità del fatto, invocata in appello (pp. 5-6), in base alla gravità delle conseguenze dell’incidente, avendo sottolineato essere stata sfondata l’auto delle sorelle C. , la fuoriuscita di fumo dai veicoli e le difficoltà per i conducenti di uscire dagli abitacoli (pp. 1-2 della sentenza), evidentemente disattese le circostanze ipoteticamente valorizzabili in senso opposto.

Consegue alle considerazioni svolte il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge, al pagamento della spese processali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.