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Contumace ha diritto incondionato alla rinnovazione dibattimentale? (Cass. 51041/16)

30 novembre 2016, Cassazione penale

 Il condannato in contumacia, una volta che sia stato restituito nel termine per l'impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, ha diritto ad ottenere la rinnovazione dell'istruzione in appello, non potendo valere nei suoi confronti le limitazioni per la rinnovazione previste dall'art. 603 c.p.p., in ragione del necessario coordinamento, in linea con l'art. 6 Cedu, tra le disposizioni
previste dall'art. 175, comma 2 e art. 603, comma 4:   la reintegrazione non può essere effettiva se non integrale e svincolata da oneri o restrizioni di sorta, soprattutto ove l'imputato rimesso in termini abbia richiesto la riassunzione delle prove dichiarative assunte in primo grado, assolvendo l'onere di allegazione dell'attività istruttoria che intendeva rinnovare.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Sent., (ud. 09/11/2016) 30-11-2016, n. 51041


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente -
Dott. IMPERIALI Luciano - Consigliere -
Dott. PAZZI Alberto - rel. Consigliere -
Dott. DI PISA Fabio - Consigliere -
Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
F.D., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2276/2014 in data 7 ottobre 2015 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alberto Pazzi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Viola Alfredo Pompeo, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 7 ottobre 2015 la Corte di Appello di Milano ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale di Milano emessa in data 5 luglio 2013, che aveva condannato il F., una volta unificati i reati in contestazione nel vincolo della continuazione tra loro e con i reati di cui alla sentenza del Tribunale di Milano
in data 1 aprile 2009, alla pena di due anni e nove mesi di reclusione e Euro 3.000 di multa; questa decisione era stata assunta rispetto all'imputazione contestata al F. di aver acquistato o comunque ricevuto da una persona rimasta sconosciuta, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, una serie di beni provento di furto, in
violazione del disposto dell'art. 648 c.p., e aver illegittimamente utilizzato pur non essendone il titolare una carta di credito con cui aveva effettuato acquisti per un importo di Euro 299.


Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell'imputato, deducendo i seguenti motivi di doglianza, così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. c.p.p.:

1. la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, giacchè la notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore d'ufficio quando il F. era detenuto per altra causa aveva comportato la nullità della vocatio in ius, della conseguente dichiarazione di contumacia e della sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 179 c.p.p.; a questo proposito il ricorrente ha contestato che il mero lapsus digiti commesso al momento dell'elezione del domicilio (quando il civico
di residenza era stato indicato come 14 invece che come 1) avesse trasformato la residenza dell'imputato, verificabile tramite l'esame del certificato di residenza presente nel fascicolo del Pubblico Ministero, in un indirizzo inidoneo, come aveva ritenuto la corte territoriale, di modo che la notifica del decreto di citazione a
giudizio sarebbe dovuta avvenire ai sensi dell'art. 157 c.p.p. e all'esito, in assenza di un positivo rinvenimento in loco dell'imputato, presso il luogo di detenzione in applicazione dell'art. 156 c.p.p.;

2. la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in quanto la Corte d'Appello aveva ingiustamente ritenuto che dalla mancata incolpevole conoscenza del decreto di citazione a giudizio non conseguisse il suo diritto all'integrale rinnovazione del dibattimento.


Motivi della decisione


1. Il primo motivo di ricorso è palesemente inammissibile.
L'odierno ricorrente non ha contestato di aver dichiarato domicilio, con verbale del 23 marzo 2009, a (OMISSIS), ove ritualmente cercato è risultato sconosciuto.

Il risultato di tali ricerche ha fatto sì che le notifiche di tutti gli atti successivi fossero fatte al difensore d'ufficio che, in occasione della redazione verbale in precedenza citato, gli era stato nominato.

Il ricorrente si duole del fatto che l'esito di simili ricerche, viziato da un evidente errore nell'indicazione del numero civico (stante l'indicazione del numero civico 14 invece che del numero 1), non sia stato seguito da una notifica effettuata ai sensi degli artt. 156 e 157 c.p.p..

L'assunto non è affatto condivisibile, giacchè l'inidoneità della dichiarazione di domicilio, nel senso attestato dall'ufficiale giudiziario, abilitava all'esecuzione delle notifiche mediante consegna al difensore, come previsto dall'art. 161 c.p.p., comma 4 ("In tema di notificazione eseguita a mani del difensore  dell'imputato per essere divenuta impossibile quella nel domicilio dichiarato o eletto, ad integrare l'impossibilità della notificazione
stessa non basta l'assenza o l'allontanamento temporaneo dell'imputato stesso dal luogo indicato, ma occorre l'avvenuto trasferimento altrove del domicilio o la sopravvenienza di altra causa che renda definitivamente impossibile la notifica in quel luogo (Nella specie si è ritenuta correttamente eseguita la  notificazione nel luogo indicato dall'imputato a seguito del suo mancato reperimento, accompagnato dall'attestazione dell'ufficiale
giudiziario "sconosciuto al civico") Cass. Sez. 1, n. 36235 del 23/09/2010 - dep. 11/10/2010, Cannella, Rv. 24829701; nello stesso senso si veda Cass. n. 35724 del 10/06/2015 ud. - dep. 26/08/2015 rv. 26587).

Ora, a prescindere dal fatto che l'errore sia stato involontario o frutto di una deliberata scelta di sottrarsi alle notifiche relative al procedimento, incombeva comunque al dichiarante, a cui era stata consegnata copia del relativo verbale, l'onere di verificare e porre rimedio alla propria svista, mentre l'autorità procedente non era
tenuta a verificare se il domicilio dichiarato dall'indagato  corrispondesse all'effettiva residenza dell'indagato e, tanto meno, ad effettuare ulteriori indagini ai sensi dell'art. 157 c.p.p., atteso che questa norma esclude in esordio l'applicazione della sua disciplina in caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ex art. 161
c.p.p..

Nessuna nullità vizia quindi la notifica del decreto di citazione a giudizio e la dichiarazione di contumacia conseguentemente effettuata.

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente individuare il panorama normativo che disciplina la fattispecie in esame.

L'art. 11, comma 2, L. 28 aprile 2014, n. 67 ha abrogato l'art. 603 c.p.p., comma 4 (il cui testo era il seguente: "Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace di primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dall'art. 159, art. 161, comma 4 e art. 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento").

La disciplina transitoria del capo 3^ della L. n. 67 del 2014 è regolata dalla L. n. 67 del 2014, art. 15 bis, introdotto dalla L. 11 agosto 2014, n. 118, art. 1 (a mente del quale "1. Le disposizioni di cui al presente
capo si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della
presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità").

Nel caso in esame alla data di entrata in vigore della L. n. 67 del 2014 era già stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado; ciò nonostante la declaratoria di contumacia dell'imputato e la mancata emissione di un decreto di irreperibilità imponevano, ai sensi della L. n. 67 del 2014, art. 15 bis, comma 2, l'applicazione della disciplina previgente.

E' noto poi che il mancato coordinamento fra la nuova formulazione dell'art. 175 c.p.p., introdotta dal D.L. n. 17 del 2005 convertito dalla L. n. 60 del 2005, e la persistente formulazione dell'art. 603 c.p.p., comma 4 - applicabile, come detto, in questa sede - è stato risolto in via interpretativa in senso difforme da questa Corte.

Un primo orientamento ha ritenuto che il provvedimento che concede la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di primo grado non condizioni il giudice di secondo grado in ordine alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, essendo questi sempre chiamato a valutare in modo autonomo
la sussistenza di ipotesi che la rendano necessaria ("Il  provvedimento che concede la restituzione nel termine
per impugnare la sentenza contumaciale di primo grado non vincola o condiziona il giudice di secondo grado in ordine alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 4 atteso che il giudice di appello deve sempre valutare, in modo autonomo, se l'appellante abbia provato che la sua mancata comparizione in primo grado fu dovuta a caso fortuito, a forza maggiore ovvero se sia stata conseguenza del fatto che egli non ebbe conoscenza del decreto di citazione. Tale valutazione costituisce accertamento di fatto, che, se adeguatamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità" Cass. sez. 5, Sentenza n.
11507 del 03/10/2000 Ud. (dep. 10/11/2000) Rv. 217279; nello stesso senso Cass. Sez. 6, n. 14916 del 25/03/2010 - dep. 19/04/2010, Brustenghi e altro, Rv. 24666601)

Un secondo e più recente orientamento ha sostenuto invece che il condannato in contumacia, una volta che sia stato restituito nel termine per l'impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, ha diritto ad ottenere la rinnovazione dell'istruzione in appello, non potendo valere nei suoi confronti le limitazioni per la rinnovazione previste dall'art. 603 c.p.p., in ragione del necessario coordinamento, in linea con l'art. 6 Cedu, tra le disposizioni previste dall'art. 175, comma 2 e art. 603, comma 4, ("L'imputato condannato in contumacia, che sia stato restituito nel termine per impugnare la sentenza di primo grado per non aver avuto effettiva conoscenza del giudizio a suo carico a causa della mancata conoscenza incolpevole della citazione a giudizio, ha diritto di ottenere in appello la rinnovazione della istruzione dibattimentale, trattandosi dell'unica interpretazione degli artt. 175 e 603 c.p.p. conforme agli artt. 24 e 111 Cost., nonchè all'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, così come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 25 novembre 2008 nel caso Cat Berro c. Italia" Cass. Sez. 3, Sentenza n. 39898 del 24/06/2014 Ud. - dep. 26/09/2014 Rv. 260416; si vedano nello stesso senso Sez. F, Sentenza n. 35984 del 27/08/2015 Ud. - dep. 04/09/2015 Rv. 264556, Sez. 1, Sentenza n. 844 del 25/02/2014 Ud. - dep. 12/01/2015 Rv. 261975, Sez. 1, Sentenza n. 27160 del 16/04/2013 Ud. - dep. 20/06/2013 Rv. 256703).

Nel caso di specie, a seguito della restituzione nel termine
per proporre impugnazione disposto dalla Corte d'Appello di Milano con ordinanza in data 12 marzo 2014, il giudice dell'appello, quand'anche avesse ritenuto di condividere l'orientamento interpretativo più risalente e rigoroso, doveva procedere alla rinnovazione dell'istruzione, una volta constatato che la dichiarazione di contumacia era avvenuta a seguito di notifica del decreto di citazione di citazione a giudizio al difensore
ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4 e avendo egli stesso escluso che l'imputato avesse deliberatamente indicato un indirizzo difforme da quello reale al fine di sottrarsi agli avvisi processuali.

La Corte territoriale, pur orientandosi in questo senso, ha però respinto la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ritenendo insufficiente a tal fine una generica, aspecifica e indeterminata richiesta di riassunzione delle prove dichiarative assunte in primo grado.

Una simile interpretazione è coerente con l'orientamento giurisprudenziale che pretende, a tali fini, l'indicazione specifica da parte dell'imputato delle prove che si vogliano assumere (Cass. Sez. 7, ord. n. 14052 del 10/01/2003, dep. 27/03/2003, Rv. 223821).

La recente sentenza di legittimità richiamata dalla stessa Corte territoriale in nota (Cass. Sez. F n. 35984 del 27/08/2015, dep. 04/09/2015, Rv. 264556) ha tuttavia ricordato come secondo la più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. Sez. 1, sent. n. 844 del 25/02/2014, dep. 12/01/2015, Leone Etchart, Rv.
261975; Cass. Sez. 3, sent. n. 39898 del 24/06/2014, dep. 26/09/2014, G., Rv. 260416) "il condannato in contumacia, restituito nel termine per l'impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, ha diritto ad ottenere la "integrale" rinnovazione della istruzione in appello, non potendo valere nei suoi confronti
le limitazioni per la rinnovazione previste dall'art. 603 c.p.p., in ragione del necessario coordinamento, in linea con l'art. 6 Cedu, tra la disposizione dell'art. 175 c.p.p., comma 2 e art. 603 c.p.p., comma 4" (Sez. 1, n. 27160 del 16/04/2013, dep. 20/06/2013, Voli, Rv. 256703).

Il diritto a un' integrale rinnovazione dell'istruzione costituisce il logico corollario dei principi affermati nella statuizione appena richiamata, che questo collegio ritiene di condividere.

Se infatti:

1) la mancata incolpevole conoscenza del decreto di citazione a giudizio comporta il diritto alla rinnovazione del dibattimento;

2) nel caso di restituzione nel termine la mera possibilità di appellare è insufficiente se non accompagnata da rimedi volti a reintegrare il soggetto nei diritti e nelle facoltà non
esercitate in primo grado;

3) a norma dell'art. 176 c.p.p. a seguito della restituzione in termini il giudice deve provvedere "a richiesta di parte e in quanto sia possibile, alla rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva
diritto di assistere", non si può che ritenere che la rinnovazione debba essere integrale e il relativo diritto sia esercitato in maniera adeguata e sufficiente tramite la mera presentazione di una richiesta in tal senso, senza che alla stessa debba aggiungersi alcuna motivazione in merito a temi che l'imputato ha interesse a
valorizzare rispetto all'attività istruttoria già compiuta.

In altri termini non si tratta di disciplinare le modalità con cui procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello a mente dell'art. 603 c.p.p., comma 4 nel suo previgente tenore (come si preoccupava di fare Cass. 14052/2003), ma, alla luce di un' interpretazione della medesima norma fedele
al disposto degli artt. 24 e 111 Cost. e art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (nel senso riconosciuto da Cass. 35984/2015 e dalle altre sentenze sopra richiamate), di assicurare una concreta reintegrazione nei diritti e nelle facoltà non esercitati in primo grado, nel cui ambito l'imputato "aveva diritto
di assistere" (come si può affermare mutuando la terminologia dell'art. 176 c.p.p.) all'espletamento delle prove dichiarative.

E una simile reintegrazione non può essere effettiva se non integrale e svincolata da oneri o restrizioni di sorta; ciò soprattutto ove l'imputato rimesso in termini abbia richiesto, come nel caso di specie, la riassunzione delle prove dichiarative assunte in primo grado, assolvendo l'onere di allegazione dell'attività istruttoria che intendeva rinnovare.

Lo scostamento da parte della Corte territoriale dal più recente orientamento interpretativo di questa Corte impone l'annullamento della sentenza pronunciata e il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che dovrà procedere a nuovo giudizio in conformità con i principi di diritto sopra enunciati.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2016